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James Ellroy American Tabloid
Traduzione di Stefano Bortolussi 1995 by James Ellroy Titolo originale dell‟opera: American Tabloid 1995 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. Milano. Prima edizione I Miti luglio 2001
AMERICAN TABLOID
Per Nat Sobel
L’America non è mai stata innocente. Abbiamo perso la verginità sulla nave durante il viaggio di andata e ci siamo guardati indietro senza alcun rimpianto. Non si può ascrivere la nostra caduta dalla grazia ad alcun singolo evento o insieme di circostanze. Non è possibile perdere ciò che non si ha fin dall’inizio. La mercificazione della nostalgia ci propina un passato che non è mai esistito. L’agiografia santifica politici contaballe e reinventa le loro gesta Opportunistiche come momenti di grande spessore morale. La nostra narrazione ininterrotta è confusa al di là di ogni verità o giudizio retrospettivo. Soltanto una verosimiglianza senza scrupoli è in grado di rimettere tutto in prospettiva. La vera Trinità di Camelot era Piacere, Spaccare il culo e Scopare. Jack Kennedy è stato la punta di diamante mitologica di una fetta particolarmente succosa della nostra storia. Spandeva merda in modo molto abile e aveva un taglio di capelli di gran classe. Era Bill Clinton senza l’onnipresente scrutinio dei media e qualche rotolo di grasso. Jack venne fatto fuori al momento ottimale per assicurarne la santità. Le menzogne continuano a vorticare attorno alla sua fiamma eterna. È giunto il momento di rimuovere la sua urna e illuminare le azioni di alcuni uomini che spalleggiarono la sua ascesa e facilitarono la sua caduta. Erano sbirri corrotti e artisti del ricatto. Erano intercettatori, soldati
di fortuna e cabarettisti froci. Se un solo istante delle loro esistenze avesse imboccato un percorso diverso, la Storia americana come noi la conosciamo non sarebbe esistita. È tempo di demitizzare un’era e costruire un nuovo mito, dalle stalle alle stelle. È tempo di abbracciare la storia di alcuni uomini malvagi e del prezzo da loro pagato per definire in segreto il loro tempo. Dedicato a loro.
Parte Prima RICATTI Novembre-Dicembre 1958
1 PETE BONDURANT (Beverly Hills, 22.11.58) Si faceva sempre alla luce del televisore. Alcuni latinoamericani agitavano armi da fuoco. Il capo del gruppo si piluccava insetti dalla barba e fomentava i suoi. Immagini in bianco e nero: tecnici della Cbs in divisa mimetica. Cuba, brutta storia, disse un annunciatore. I ribelli di Fidel Castro contro l‟esercito regolare di Fulgencio Batista. Howard Hughes trovò la vena e si iniettò la codeina. Pete lo osservò di soppiatto: Hughes aveva lasciato la porta della camera socchiusa. La droga giunse a destinazione. Il volto di Big Howard si fece vacuo. Dall‟esterno giunse lo sferragliare dei carrelli del servizio in camera. Hughes si tolse la siringa dal braccio e prese a scanalare. Howdy Doody rimpiazzò il telegiornale: perfetto per il Beverly Hills Hotel. Pete uscì sulla veranda: vista sulla piscina, punto ottimale per la ricognizione. Pessimo tempo, oggi: nessuna stellina in
bikini. Controllò l‟ora, teso. A mezzogiorno doveva procurare un divorzio: il marito si scolava i suoi pranzi da solo e adorava la passera in erba. Procurarsi flash di qualità: le fotografie sfocate facevano credere che a scopare fossero due ragni. Per conto di Hughes: scoprire chi si occupa di consegnare i mandati di comparizione per l‟indagine dell‟antitrust sulla Twa e convincerli a suon di dollari a riferire che Big Howard è partito per Marte. Howard il Furbacchione l‟aveva messa così: — Non voglio combattere questa causa, Pete. Me ne starò segregato a tempo indefinito e farò salire i prezzi finché non dovrò vendere. Sono stufo della Twa, ma non la venderò finché non potrò tirarci fuori almeno 500 milioni di dollari. L‟aveva spiegato con il broncio: Lord Fauntleroy, tossico decrepito. Ava Gardner passò accanto alla piscina. Pete la salutò con un cenno; Ava lo mandò affanculo con il dito medio. Avevano dei precedenti: lui le aveva procurato un aborto in cambio di un fine settimana con Hughes. Pete l‟Uomo del Rinascimento: magnaccia, procacciatore di droga, gorilla e investigatore privato con licenza. Con Hughes aveva moooolti precedenti. Giugno „52. Pete Bondurant, vicesceriffo della contea di Los Angeles, comandante della guardia notturna alla stazione di
San Dimas. Quella notte di merda: un violentatore negro uccel di bosco, la cella comune piena di ubriaconi ululanti. Un barbone l‟aveva provocato. — Ti conosco, cattivone. Sei uno che uccide donne innocenti e il proprio… L‟aveva preso a pugni fino a ucciderlo. Lo sceriffo aveva messo tutto a tacere. Ma un testimone oculare aveva cantato con i federali. L‟agente responsabile di Los Angeles aveva definito il barbone “Joe vittima dei diritti civili”. Avevano sguinzagliato due agenti alle sue calcagna: Kemper Boyd e Ward J. Littel. Howard Hughes aveva visto la fotografia di Pete sul giornale e aveva capito che si trattava di un duro. Era riuscito a insabbiare il tutto e gli aveva offerto un lavoro: faccendiere, magnaccia, contatto per la droga. Poi Howard aveva sposato Jean Peters e l‟aveva sistemata in una villa tutta sua. Aveva aggiunto “cane da guardia” alle mansioni di Pete, e la cuccia gratuita più spaziosa del mondo: la villa accanto. Howard Hughes sul matrimonio: — La trovo una deliziosa istituzione, Pete, ma penso anche che la coabitazione sia stressante. Spiegalo ogni tanto a Jean, ti spiace? E se soffre di solitudine, dille che la penso, anche se sono molto occupato.
Pete si accese una sigaretta. Un banco di nubi coprì il sole. I bagnanti attorno alla piscina rabbrividirono. Il citofono gracchiò: Hughes lo chiamava. Entrò nella stanza. La televisione trasmetteva Captain Kangaroo, il volume al minimo. Illuminazione soffusa, bianco e nero, e Big Howard a fuoco nell‟ombra. — Signore? — Quando siamo soli sono “Howard”, lo sai. — Oggi mi sento servile. — Significa che sta andando a gonfie vele con la tua amante, la signorina Gail Hendee. Dimmi, cosa ne pensa della casa? — Le piace. I rapporti stabili la innervosiscono tanto quanto te, ma ventiquattro locali per due persone rendono tutto più facile. — Mi piacciono le donne indipendenti. — Non è vero. Hughes rassettò i cuscini. — Hai ragione. Ma mi piace l‟idea della donna indipendente, che ho sempre cercato di sfruttare nei miei film. E sono sicuro che la signorina Hendee sia una magnifica complice nelle estorsioni e una splendida amante. Ora, Pete, per quanto riguarda la faccenda della Twa…
Pete accostò una sedia al letto. — Non ti troveranno. Ho corrotto ogni singolo impiegato di questo albergo, e ho piazzato un attore in una villetta due schiere più in là. Ti assomiglia e si veste come te, e ho organizzato un viavai continuo di ragazze squillo per perpetuare il mito che scopi ancora. Controllo ogni uomo o donna che faccia richiesta di impiego all‟hotel per sincerarmi che il Dipartimento di Giustizia non ci infiltri una spia. Tutti i responsabili dei turni giocano in borsa, e per ogni mese che tu riesci a evitare un mandato di comparizione il sottoscritto elargisce a ciascuno venti azioni della Hughes Tool Company. Finché rimarrai chiuso in questa villetta, non sarai rintracciato e non dovrai presentarti in tribunale. Hughes prese a pizzicarsi la vestaglia: una serie di piccoli gesti tremanti. — Sei un uomo molto crudele. — No, sono il tuo uomo molto crudele, ed è per questo che mi permetti di risponderti per le rime. — Sei il “mio uomo”, ma insisti a non abbandonare la tua pacchiana attività di investigatore privato. — Perché mi assilli. E perché nemmeno io sono portato alla coabitazione. — Nonostante quello che ti do? — No, proprio per quello che mi dai.
— Per esempio? — Per esempio, ho una villa a Holmby Hills, ma è intestata a te. Guido una Pontiac coupe del „58, ma il foglio rosa e a tuo nome. Ho… — Così non arriveremo a niente. — Howard, tu vuoi qualcosa. Dimmi di che si tratta e lo farò. Hughes premette un pulsante sul suo telecomando. Captain Kangaroo scomparve dallo schermo. — Ho acquistato HushHush. Le mie ragioni per mettere le mani su un simile, triviale fogliaccio scandalistico sono duplici. Primo, sono in contatto con J. Edgar Hoover, e voglio consolidare il nostro rapporto di amicizia. Entrambi andiamo pazzi per il genere di pettegolezzo hollywoodiano che fornisce Hush-Hush, dunque controllare la rivista dovrebbe rivelarsi sia divertente che utile. Secondo, c‟è il lato strettamente politico. Per dirla fuori dai denti, voglio essere in grado di compromettere chiunque non mi vada a genio, specialmente dissoluti dongiovanni come il senatore John Kennedy, che nel 1960 potrebbe decidere di candidarsi alla presidenza contro il mio buon amico Dick Nixon. Come senza dubbio saprai, il padre di Kennedy e io eravamo rivali in affari negli anni Venti, e francamente detesto l‟intera famiglia. — E? — chiese Pete. — E so che tu hai lavorato per Hush-Hush alla sezione “Verifica storie“, e quindi so che capisci quel particolare
aspetto del settore. Si avvicina molto all‟estorsione, per la quale sei molto portato. Pete fece schioccare le nocche. — “Verifica storie” significa “Non fare causa alla rivista se non vuoi finire male”. Se vuoi che ti aiuti in questo modo, non c‟è problema. — Bene. E un buon inizio. — Falla finita, Howard. Li conosco tutti bene; dimmi chi va e chi resta. Hughes trasalì in modo impercettibile. — La receptionist era una negra con la forfora, perciò l‟ho licenziata. Il corrispondente nonché “scavafango” se n‟è andato, e voglio che tu me ne procuri uno al più presto. Terrò Sol Maltzman. Sono anni che scrive ogni singolo articolo sotto pseudonimo, dunque tenderei a continuare così, sebbene sia un comunista sulla lista nera, faccia parte di ben ventinove organizzazioni di estrema sinistra e… — E non hai bisogno d‟altro. Sol sa fare il suo lavoro, e alla peggio Gail può tappare i buchi: ha passato un paio d‟anni a collaborare con Hush-Hush. Hai il tuo avvocato, Dick Steisel, per le questioni legali, e io ti posso procurare Fred Turentine per le cimici e le intercettazioni telefoniche. Ti scoverò un buon scavafango. Inizierò subito a chiedere in giro, ma potrebbe volerci del tempo. — Mi fido di te. Farai al solito un superbo lavoro. Pete fece schioccare le nocche. Le articolazioni gli
dolevano, segno che stava per piovere. — È proprio necessario? — chiese Hughes. — Sono state queste mani a farci incontrare, capo. Volevo solo ricordarti che ci sono ancora. Il salotto di casa era 24 metri per 25. Le pareti dell‟atrio erano di marmo screziato d‟oro. Nove camere da letto. Congelatori da macelleria profondi più di 9 metri. Hughes faceva pulire i tappeti ogni mese: una volta vi aveva visto uno scarafaggio. Le telecamere di sorveglianza erano sistemate sul tetto e sui pianerottoli superiori, puntate sulla stanza da letto della signora Hughes, nella villa accanto. Pete trovò Gail in cucina. Aveva splendide curve e lunghi capelli castani: la sua bellezza lo colpiva ancora. — Di solito si sente quando qualcuno entra in casa — gli disse. — Ma la nostra porta d‟ingresso è a un chilometro di distanza. — Siamo qui da un anno, e non hai ancora rinunciato alle battute. — Sto vivendo nel Taj Mahal. Devo ancora abituarmi. Pete si mise a cavalcioni su una sedia. — Ti vedo nervosa. Gail si scostò. — Per essere una specialista in estorsioni,
sono un tipo nervoso. Come si chiama la vittima di oggi? — Walter P. Kinnard. Ha quarantasette anni, e fa le corna alla moglie fin dalla luna di miele. Vuole molto bene ai figli, e la moglie sostiene che cederà se lo affronterò con le fotografie in mano e la minaccia di mostrarle ai ragazzi. È un alcolizzato e si ubriaca ogni giorno a pranzo. Gail si fece il segno della croce: un po‟ per scherzo, un po‟ sul serio. — Dove? — Lo incontrerai al Dale‟s Secret Harbor. Ha uno scannatoio a qualche isolato di distanza dove va a scopare con la segretaria, ma tu devi insistere sull‟Ambassador. Sei in città per un congresso, e hai una camera di lusso completa di frigobar. Gail rabbrividì. Tremori di primo mattino: segno sicuro che non era a suo agio. Pete le allungò una chiave. — Ho affittato la stanza accanto. Potrai chiudere a chiave e fare tutta la scena. Ho scassinato la serratura della porta comunicante, non credo che farà rumore. Gail si accese una sigaretta. Mani ferme: bene. — Cerca di distrarmi. Raccontami cosa voleva Howard il Recluso. — Ha acquistato Hush-Hush. Vuole che gli procuri un inviato, in modo che possa cazzeggiare con i pettegolezzi
hollywoodiani e goderseli insieme al suo amichetto J. Edgar Hoover. Vuole infangare i suoi nemici politici, come la tua vecchia fiamma, Jack Kennedy. Gail si aprì in un sorriso pieno di calore. — Qualche fine settimana passato insieme non lo rende una mia fiamma. — Quel suo sorriso del cazzo gli sarà pure servito a qualcosa. — Una volta mi portò in aereo ad Acapulco. È un gesto da Howard il Recluso, per questo ti ingelosisce. — Ti convocò durante la sua luna di miele. — E allora? Si era sposato per ragioni politiche, e la politica crea strani compagni di letto. E mio Dio, Pete, sei un tale guardone. Pete sfoderò la sua arma e controllò il caricatore, così in fretta che non capì il perché. — Non pensi che le nostre vite siano strane? — chiese Gail. Presero ciascuno la propria auto e raggiunsero il centro. Gail si sedette al banco, Pete occupò un separé a pochi passi di distanza e prese a sorseggiare un whisky e soda. Il ristorante era affollato: Dale‟s faceva affari all‟ora di pranzo. Pete aveva ottenuto un posto privilegiato: una volta aveva
sventato un ricatto ai danni di quel frocio del proprietario. Molte donne in libera uscita: più che altro impiegatucce della zona di Wilshire. Gail risaltava: beaucoup di più, je ne sais quoi. Pete trangugiava noccioline: si era dimenticato di fare colazione. Kinnard era in ritardo, Pete perlustrò il locale come se fosse dotato di sguardo a raggi x. Jack Whalen, l‟esattore di scommesse numero 1 di tutta Los Angeles, era accanto ai telefoni a gettone. A due separé di distanza, un paio di pezzi grossi del dipartimento di polizia. Bisbigliano, cazzo: — Bondurant… — Certo, la Cressmeyer. Al banco, il fantasma di Ruth Mildred Cressmeyer: triste, ormai decrepita, in preda ai tremori. Pete si abbandonò ai ricordi. Fine del „49. Aveva avviato alcune buone attività collaterali: guardia per le partite a carte e procuratore di aborti. Il medico addetto ai raschiamenti era suo fratello Frank. Pete si era arruolato nei marines per ottenere la carta verde. Frank era rimasto con la famiglia nel Quebec e si era laureato in Medicina. Si era dato alla vita molto presto. Pete l‟aveva seguito più tardi. Non parlare francese, ma solo inglese. Elimina l‟accento e
vai in America. Frank era giunto a Los Angeles con una gran voglia di denaro. Aveva superato gli esami medici e aveva aperto il suo studio: aborti e spaccio di morfina. Frank adorava le ballerine di fila e le carte. Frank adorava i malviventi. Frank adorava le partite a poker del giovedì sera con Mickey Cohen. Frank aveva fatto amicizia con un rapinatore, Huey Cressmeyer. La madre di Huey dirigeva una clinica per aborti nel ghetto nero. Huey aveva messo incinta la sua ragazza e aveva chiesto aiuto a mammina e a Frank. Huey aveva avuto un‟idea stupida e aveva rapinato i pokeristi del giovedì. Quella sera Pete era a casa con l‟influenza. Mickey gli aveva dato l‟incarico di vendicarsi. Pete aveva avuto una soffiata: Huey era nascosto in una villetta a El Segundo. La casa apparteneva a un sicario di Jack Dragna. Mickey odiava Jack Dragna. Mickey aveva raddoppiato il prezzo e gli aveva ordinato di uccidere tutti i presenti. 14 dicembre 1949: nuvoloso, freddo. Pete aveva dato fuoco alla villetta con un cocktail Molotov. Quattro sagome si erano precipitate fuori dalla porta di
servizio, cercando di soffocare le fiamme. Pete le aveva falciate e le aveva lasciate lì a bruciare. I giornali le avevano identificate: Hubert John Cressmeyer, ventiquattro anni. Ruth Mildred Cressmeyer, cinquantasei anni. Linda Jane Camrose, venti anni, incinta di quattro mesi. François Bondurant, ventisette anni, medico, immigrato francocanadese. Gli omicidi erano rimasti ufficialmente insoluti, ma la verità era trapelata nel giro. Qualcuno aveva chiamato suo padre nel Quebec e gli aveva detto tutto. Il vecchio gli aveva telefonato pregandolo di negare. Probabilmente si era tradito, o aveva fatto trapelare il proprio senso di colpa. Quello stesso giorno il padre e la madre si erano suicidati aspirando monossido di carbonio. Cazzo, la donna al banco sembrava la gemella di Ruth Mildred. I minuti si trascinavano lenti. Pete le fece servire un bicchierino offerto dalla casa. Walter P. Kinnard fece il suo ingresso e si sedette accanto a Gail. La recita ebbe inizio. Gail rivolse un cenno al barista. Walter l‟Attento se ne
accorse e fece un fischio. Joe Barista si precipitò con lo shaker colmo di martini: Walter l‟Habitué aveva voce in capitolo. Gail l‟Innocente perlustrò la borsetta alla ricerca di fiammiferi. Walt il Galantuomo porse l‟accendino e sorrise. Walt il Fascinoso aveva le spalle della giacca coperte di forfora. Gail sorrise. Walt il Fascinoso sorrise. Walt l‟Elegantone portava calze bianche con un gessato a tre pezzi. I piccioncini si dedicarono ai loro martini e alle chiacchiere. Pete seguì il riscaldamento prescopata. Gail trangugiava il suo drink per farsi coraggio: la sua tensione era evidente. Sfiorò il braccio di Walt. Il suo senso di colpa era palese: tranne che per il denaro, detestava l‟idea. Pete raggiunse a piedi l‟Ambassador e salì in camera. Tutto era studiato alla perfezione: la sua stanza, quella di Gail, la porta comunicante per un ingresso rapido e inosservato. Preparò la macchina fotografica e vi sistemò un caricatore di flash. Oliò le cerniere della porta. Studiò le inquadrature per i primi piani. Passarono dieci lentissimi minuti. Pete si mise all‟ascolto dei rumori provenienti dalla stanza accanto. Ecco il segnale di Gail: — Dannazione, ma dov‟è finita la mia chiave? — A voce un po‟ troppo alta.
Pete si appiattì contro la parete divisoria. Udì Walt il Solitario lanciarsi nel suo repertorio di lamentele: mia moglie e i miei figli non si rendono conto che un uomo ha certe esigenze. — Ma perché ne hai fatti sette, allora? — chiese Gail. Perché mia moglie rimanga a casa, rispose Walt. Dove una donna è giusto che stia. Le voci sfumarono, dirette verso il letto. Rumori di scarpe gettate a terra. Gail lanciò una delle sue contro il muro: il segnale, tre minuti all‟invasione. Pete scoppiò a ridere: camere da 30 dollari a notte con muri sottili come wafer. Impigliarsi di cerniere. Cigolare di molle. Battere di secondi. Walter P. Kinnard iniziò a gemere. Pete cronometrò: Gail aveva iniziato a cavalcarlo alle 14,44. Attese fino alle 15 precise. Aprì leeentamente la porta: l‟olio aveva eliminato ogni piccolo cigolio. Sul letto, Gail e Walter P. Kinnard che scopavano. Posizione del missionario, le teste vicine: prova sufficiente per una causa di adulterio. Walt impazziva di piacere. Gail fingeva l‟estasi mentre si dedicava alla pellicina di un‟unghia. Pete si portò in posizione da primo piano e scattò. Uno, due, tre: colpi di flash con la velocità di un mitragliatore.
L‟intera stramaledetta stanza venne invasa da una luce accecante. Kinnard strillò ed estrasse il membro molliccio come uno straccio. Gail si lanciò giù dal letto e corse in bagno. Walter il Fascinoso nudo come un verme: un metro e settantacinque, novantacinque chili, grassoccio. Pete lasciò cadere la macchina fotografica e l‟afferrò per il collo. Pete snocciolò il discorsetto in tono lento e controllato. — Tua moglie vuole il divorzio. Chiede 800 al mese, la casa, la Buick del „56 e il dentista pagato per tuo figlio Timmy. Le darai tutto quello che chiede, se non vuoi che ti ammazzi. Kinnard sputava bolle di saliva. Pete ne ammirò il colore: per metà bluastro dallo shock, per metà paonazzo al limite dell‟attacco cardiaco. Una nuvola di vapore giunse da dietro la porta del bagno: la classica doccia postscopata di Gail era una faccenda veloce. Pete lasciò la presa su Walt. Il sollevamento gli faceva vibrare i muscoli delle braccia: quasi cento chili, niente male. Kinnard raccolse i suoi vestiti e barcollò fuori dalla stanza. Pete lo vide inciampare in corridoio mentre cercava di indossare i pantaloni. Gail comparve da dietro una nuvola di vapore. — Non ne posso più — disse, e non fu una sorpresa.
Walter P. Kinnard accettò le richieste senza ricorrere in appello. Il punteggio di Pete balzò a Mariti 23 Mogli 0. La signora Kinnard lo pagò: cinquemila cocuzze subito, più il 25 per cento su ogni mese di alimenti. Prossimo incarico: tre giorni a disposizione di Howard Hughes. Howard il Grande era spaventato dal caso Twa. Pete incrementò i suoi diversivi. Pagò prostitute perché chiacchierassero con i quotidiani: Hughes era nascosto in un gran numero di scannatoi. Prese a bombardare gli addetti del tribunale con soffiate telefoniche: Hughes era a Bangkok, a Maracaibo, a Seul. Piazzò un secondo sosia al Biltmore: un veterano del cinema porno, beaucoup dotato. Il nonnetto si rivelò priapico per davvero: dovette mandare Barbara Payton a fargli un servizietto. Barb, rincoglionita dall‟alcol, credette di avere a che fare con il vero Hughes. Ne parlò a destra e a manca: Howard il Piccolo era cresciuto di quindici centimetri. J. Edgar Hoover avrebbe potuto tranquillamente bloccare il processo. Ma Hughes si rifiutava di chiedergli aiuto. — Non ancora, Pete. Devo prima rendere solido il nostro rapporto. La chiave è l‟acquisizione di Hush-Hush, ma prima ho
bisogno che tu mi trovi un nuovo scopritore di scandali. Sai quanto Hoover adori raccogliere informazioni eccitanti… Pete sparse la voce: Cercasi nuovo scavafango per Hush-Hush. Miserabili interessati contattare Pete B. Pete non si staccò dal telefono di casa. Chiamò una schiera di depravati. Dammi un bocconcino caldo caldo per provare la tua credibilità, chiedeva Pete. E i depravati lo accontentavano. Un gran bel repertorio: Pat Nixon aveva appena sfornato il figlio di Nat “King” Cole. Lawrence Welk gestiva un giro di marchettari. Una coppia bollente: Patti Page e Francis il Mulo Parlante. Eisenhower aveva sangue di negro nelle vene. Rin Tin Tin aveva messo incinta Lassie. Gesù Cristo gestiva un bordello di negre a Watts. E ce n‟era di peggio. Pete aveva segnato diciannove pretendenti, tutti sciroppati. Il telefono prese a squillare: si profilava lo sciroppato numero 20. La linea era disturbata: probabilmente un‟interurbana. — Chi parla? — Pete? Sono Jimmy. HOFFA. — JIMMY, come stai? — Al momento ho freddo. A Chicago si gela. Ti sto
chiamando da casa di un amico, e il riscaldamento fa le bizze. Sicuro che il tuo telefono non sia sotto controllo? — Certo. Fred Turentine passa al setaccio tutti gli apparecchi di Hughes una volta al mese. — Allora si può parlare? — Si può parlare, sì. Hoffa si lasciò andare. Reggendo il ricevitore a mezzo metro dall‟orecchio, Pete lo sentiva benissimo. — La Commissione McClellan mi sta girando attorno come una mosca su uno stronzo. Quel piccolo furbastro succhiacazzi di Bobby Kennedy ha convinto metà del paese che i Teamster siano peggio degli stramaledetti rossi; mi sta perseguitando con mandati di comparizione e ci ha sguinzagliato dietro i suoi investigatori come… — Jimmy… — … pulci su un cane. Prima si è dedicato a Dave Beck, e adesso se la prende con me. Bobby Kennedy è una valanga di merda. Sto costruendo questo villaggio in Florida chiamato Sun Valley, e Bobby sta cercando di rintracciare i tre milioni di dollari con cui l‟ho finanziato. Crede che li abbia prelevati dal Fondo pensioni degli Stati centrali… — Jimmy… —… ed è convinto di potermi usare per far eleggere presidente quel figaiolo del fratello. Crede che James Riddle Hoffa sia un ostacolo politico del cazzo. Pensa che sarò pronto a chinarmi e a prenderlo nel didietro come uno stramaledetto frocio.
Crede… — Jimmy… —… che il sottoscritto sia una fighetta come lui e suo fratello. È convinto che cederò come Dave Beck. E come se tutto questo non bastasse, ho un servizio di taxi a Miami pieno di teste calde cubane che non fanno altro che litigare su Castro e Batista come, come, come… Jimmy rimase senza fiato. — Cosa vuoi da me? — chiese Pete. Jimmy prese fiato. — Ho un lavoretto a Miami. — Quanto? — 10.000. — Prego — disse Pete. Prenotò un posto in prima classe sul volo di mezzanotte. Usò un nome falso e segnò in conto alla Hughes Aircraft. L‟aereo atterrò alle 8 del mattino, in orario. A Miami il clima era mite con tendenza al caldo. Pete prese un taxi fino a un ufficio della U-Drive di proprietà del sindacato e noleggiò una Caddy Eldorado nuova di zecca. Jimmy aveva già messo una buona parola: non gli chiesero caparra né documenti. Un messaggio era attaccato sotto il cruscotto. “Vai alla compagnia dei taxi: Flagler e N.W. 46a. Parla con Fulo Machado.“ Seguivano le indicazioni stradali: dalle
sopraelevate alle strade secondarie segnate su una piccola cartina. Pete partì. Il panorama cambiò in fretta. Le grandi case si fecero sempre più piccole. I bianchi borghesi divennero poveracci, quindi negri e infine latinoamericani. Flagler era una distesa di vetrine da quattro soldi. Sia l‟edificio sede della compagnia che i taxi nel parcheggio erano dipinti a strisce tigrate. Sul marciapiede, latinoamericani con camicie tigrate trangugiavano ciambelle e vinaccio T-Bird. Un cartello campeggiava sopra la porta: “Tiger Kab. Se habla espanol“. Pete parcheggiò di fronte. Gli uomini tigre lo scrutarono e presero a berciare. Pete si stirò in tutto il suo metro e novanta abbondante e lasciò che la camicia rivelasse la pistola. Gli uomini tigre lo videro e berciarono più forte di prima. Entrò nell‟ufficio del centralinista. Bella carta da parati: fotografie di tigri dal pavimento al soffitto. Roba da National Geographic; Pete fu quasi sul punto di scoppiare a ridere. Il centralinista lo chiamò con un cenno. Un volto incredibile, pieno di cicatrici da coltello. Pete accostò una sedia. — Sono Fulo Machado — disse Faccia di Culo. — È stata la polizia segreta di Batista a conciarmi così. Da‟ una bella occhiata subito e non parliamone
più, d‟accordo? — Parli un ottimo inglese. — Lavoravo al Nacional Hotel dell‟Avana. Me lo insegnò un croupier americano. Alla fine scoprii che era un maricon e che cercava di corrompermi. — Cosa gli hai fatto? — Il maricon aveva una capanna in una fattoria alle porte dell‟Avana, dove portava i ragazzini cubani e se li faceva. Lo sorpresi con un altro maricon e li uccisi a colpi di machete. Rubai il cibo dei maiali dalle mangiatoie e lasciai aperta la porta della capanna. Avevo letto sul National Geographic che un maiale affamato non sa resistere alla carne umana in decomposizione. — Fulo, tu mi piaci — disse Pete. — Ti prego di aspettare a giudicarmi. Posso diventare pericoloso quando ho a che fare con i nemici di Gesù Cristo e Fidel Castro. Pete soffocò una risatina. — Uno dei ragazzi di Jimmy dovrebbe aver lasciato una busta per me. Fulo gliela consegnò. Pete l‟aprì con uno strappo, ansioso di passare all‟azione. Carino: un semplice messaggio e una foto. “Anton Gretzler, 114 Hibiscus, Lake Weir, Florida (nei pressi di Sun Valley). 014.8812.“ La foto mostrava un uomo alto e quasi troppo grasso per vivere.
— Jimmy si deve fidare di te — riprese Pete. — Sì. Mi ha fatto ottenere la carta verde, e sa che non lo tradirò. — Com‟è questa Sun Valley? — Credo che venga definita un“„area lottizzata”. Jimmy vende appezzamenti ai membri del sindacato. — Chi pensi sia più importante oggigiorno, Cristo o Castro? — È una gran bella lotta. Pete prese una camera all‟Eden Roc e chiamò Anton Gretzler da un telefono pubblico. Il grassone accettò di incontrarlo: alle 3, appena fuori da Sun Valley. Pete fece un pisolino e si recò all‟appuntamento in anticipo. Sun Valley era una merda di posto: tre strade sterrate strappate alla palude a quaranta metri dalla statale. Era un‟“area lottizzata”: appezzamenti non più grandi di scatole per fiammiferi invasi da cataste di legno da quattro soldi. Il perimetro era delimitato dalla palude: Pete vide alcuni alligatori prendere il sole in tutta tranquillità. Il pomeriggio era caldo e umido. Un sole implacabile arrostiva gli arbusti fino a tingerli di un marroncino leggero.
Pete si appoggiò all‟auto e si stirò gli arti indolenziti. Un camion si avvicinò lentissimo lungo la statale vomitando vapore; l‟uomo seduto accanto al posto di guida chiese aiuto a gesti. Pete si voltò dalla parte opposta e lo lasciò passare. Un alito di brezza sollevò una nuvola di polvere. La strada di accesso scomparve dietro un velo marrone. Una grossa berlina abbandonò la statale e si lanciò alla cieca verso di lui. Pete si scostò. L‟auto fece una gran frenata e si fermò. Anton Gretzler il Grasso ne discese. Pete lo raggiunse. — Il signor Peterson? — chiese Gretzler. — Sono io. Il signor Gretzler? Il grassone allungò la mano. Pete la ignorò. — C‟è qualcosa che non va? Ha detto che voleva vedere un appezzamento. Pete condusse il grassone verso la palude. Gretzler capì subito: non opporre resistenza. Dall‟acqua spuntavano gli occhi degli alligatori. — Da‟ un‟occhiata alla mia auto — disse Pete. — Ti sembro forse il solito stronzo sindacalista alla ricerca di una casa fai-da-te? — Be‟… no. — E allora non credi di fregare Jimmy mostrandomi queste schifezze?
— Be‟… — Jimmy mi ha detto di avere una serie di belle casette pronte per la consegna. Dovresti mostrare quelle ai membri del sindacato. — Ma io pensavo… — Jimmy sostiene che sei un tipo impulsivo. Che non avrebbe dovuto mettersi in società con te. Che sei andato in giro a raccontare che ha ottenuto un prestito dal Fondo pensioni dei Teamster e che ci ha fatto la cresta. Che parli del Fondo come se fossi uno del giro. Gretzler pareva sulle spine. Pete gli serrò il polso e lo spezzò. Le ossa squarciarono la pelle. Gretzler cercò di urlare, ma gli mancò il fiato. — Hai ricevuto un mandato di comparizione da parte della Commissione McClellan? Gretzler annuì con gesti frenetici. — Hai parlato con Robert Kennedy o con i suoi investigatori? Gretzler scosse il capo, terrorizzato al punto di cacarsi addosso. Pete controllò la statale. Niente auto in vista, niente testimoni… — La prego — piagnucolò Gretzler. Pete gli fece saltare le cervella a metà di un rosario.
Capitolo 2 KEMPER BOYD (Filadelfia, 27.11.58) L‟auto: una Jaguar XK-140, verde inglese con interni in pelle rossiccia. Il garage: sotterraneo e silenzioso come una tomba. Il lavoretto: rubare la Jag per l‟FBI e intrappolare il coglione che ti ha dato l‟incarico. L‟uomo scassinò la portiera sinistra e accese l‟auto con i cavetti. Gli interni odoravano di lusso: la pelle avrebbe fatto salire alle stelle il prezzo di vendita. Raggiunse lento il livello stradale e attese un varco nel traffico. L‟aria fredda appannò il parabrezza. Il suo acquirente aspettava all‟angolo. Era il tipico guardone, un Walter Mitty che voleva trovarsi sempre vicino all‟azione. L‟uomo si immise sulla strada. Un‟auto di pattuglia lo bloccò. L‟acquirente si accorse di ciò che stava accadendo e se la diede a gambe.
Agenti della polizia di Filadelfia scesero dall‟auto imbracciando i fucili. Abbaiavano gli ordini classici: — Esci dall‟auto con le mani in alto! — Fuori, subito! —A terra! L‟uomo obbedì. Gli sbirri lo blindarono da capo a piedi: manette ai polsi e catene alle caviglie. Lo perquisirono e lo fecero alzare con uno strattone. L‟uomo batté il capo contro la sirena dell‟auto di pattuglia… La cella gli pareva familiare. Scese dalla brandina e rivelò la sua identità. Sono l‟agente speciale Kemper C. Boyd dell‟FBI, infiltrato nel giro dei furti d‟auto. Non sono Bob Aiken, ladro d‟auto indipendente. Ho quarantadue anni. Sono laureato alla facoltà di Legge di Yale. Sono un veterano con diciassette anni di servizio nel Bureau, sono divorziato, ho una figlia all‟università. E sono un ladro d‟auto in missione per l‟FBI. Individuò la posizione della cella: ala B del Federal Building di Filadelfia. La testa gli pulsava. I polsi e le caviglie gli dolevano. Fece l‟ultimo passo per la definizione della sua identità. Per anni ho truccato le prove relative ai furti d‟auto e mi sono fatto la cresta. Si tratta di un arresto interno al Bureau?
Su entrambi i lati della passerella vide una schiera di celle vuote. Notò alcuni giornali nel lavandino: finti quotidiani su cui campeggiavano titoli a caratteri cubitali. “Ladro d‟auto muore di attacco di cuore in prigione federale.” “Ladro d‟auto spira in cella federale.” Il testo era dattilografato appena sotto. Stamane, la polizia di Filadelfia ha condotto a termine un coraggioso arresto nelle vicinanze della pittoresca Rittenhouse Square. Sulla base di indicazioni fornite da un informatore anonimo, il sergente Gerald P. Griffen e quattro suoi colleghi hanno catturato Robert Henry Aiken, quarantadue anni, cogliendolo sul fatto mentre rubava una costosa Jaguar. Senza opporre resistenza Aiken ha lasciato che gli agenti lo ammanettassero e…
Qualcuno diede un leggero colpo di tosse. — Signore? Kemper sollevò lo sguardo. Un impiegatino aprì la cella e gli tenne la porta spalancata. — Può uscire dal retro, signore. Un‟auto la sta aspettando. Kemper si spazzolò gli abiti e si pettinò. Sbucò dall‟ingresso merci e vide una limousine governativa che bloccava il vicolo. La sua limousine. Kemper salì sul sedile posteriore. — Salve, signor Boyd — lo accolse J. Edgar Hoover.
— Buongiorno, signore. Un divisorio si sollevò a isolare il retro dell‟auto. L‟autista partì. Hoover tossicchiò. — La sua missione d‟infiltrazione è stata soppressa in modo alquanto precipitoso. La polizia di Filadelfia ha calcato un po‟ la mano, ma è famosa per questo, e un‟azione più delicata non sarebbe stata abbastanza verosimile. — Ho imparato a entrare nella mia parte in situazioni del genere. Sono certo che l‟arresto è stato credibile. — Affettava un accento della costa orientale, per il suo ruolo? — No, una cadenza strascicata da Midwest. Avevo imparato accento ed espressioni lavorando nell‟ufficio di St. Louis, e ho creduto che integrassero meglio il mio aspetto fisico. — Ha ragione, naturalmente. E personalmente, non mi permetterei mai di mettere in dubbio le sue scelte teatrali. Quella giacca che indossa, per esempio. Non l‟apprezzerei mai come abbigliamento standard di un mio agente, ma è molto appropriata per un ladro d‟auto di Filadelfia. Vieni al punto, invadente piccolo… — A dire il vero, lei si è sempre vestito in modo molto elegante. Forse il termine esatto è “costoso”. Ad essere sinceri, vi
sono state occasioni in cui mi sono chiesto come potesse permettersi un simile guardaroba con il suo salario. — Signore, dovrebbe vedere il mio appartamento. È privo di tutto ciò che possiede il mio guardaroba. Hoover ridacchiò. — Sia come sia, dubito di averla mai vista due volte con lo stesso abito. Sono sicuro che le donne a cui lei tiene tanto apprezzino i suoi gusti in fatto di sartoria. — Lo spero, signore. — Lei sopporta le mie amenità con considerevole grazia, signor Boyd. La maggior parte dei miei interlocutori si spazientisce subito. Lei invece riesce a esprimere tanto la sua inimitabile prosopopea quanto un rispetto per il sottoscritto che è decisamente intrigante. Sa cosa significa? — No, signore, non lo so. — Significa che lei mi piace, e che sono disposto a perdonarle indelicatezze per le quali metterei in croce qualsiasi altro agente. Lei è un uomo pericoloso e senza scrupoli, ma possiede un certo fascino elusivo. Questo equilibrio di attributi bilancia le sue depravazioni e mi permette di volerle bene. NON CHIEDERE “QUALI INDELICATEZZE?”. TE LE RIVELERÀ E PER TE SARÀ LA FINE. — Signore, apprezzo enormemente il suo rispetto, e lo ricambio fino in fondo. — Il rispetto reciproco non implica i sentimenti, ma non
insisterò. Parliamo di lavoro. Le offro l‟opportunità di guadagnare due stipendi, cosa che dovrebbe farle un infinito piacere. Hoover si rilassò sul sedile, quasi invitandolo a blandirlo. — Signore? — chiese Kemper. La limousine accelerò. Hoover fletté le dita e si aggiustò il nodo della cravatta. — Le recenti iniziative dei fratelli Kennedy mi hanno infastidito. Bobby sembra voler usare il mandato della Commissione McClellan per indagare sui legami fra mafia e sindacati con l‟intento di declassare il Bureau e favorire le mire presidenziali del fratello. La cosa mi da fastidio. Dirigo il Bureau fin da prima che Bobby nascesse. Jack Kennedy è un dongiovanni liberale stagionato con i valori morali di un segugio da punta. Gioca a fare il nemico del crimine con la Commissione McClellan, la cui mera esistenza è un implicito schiaffo in faccia al Bureau. Il vecchio Joe Kennedy è deciso a comprare la Casa Bianca al figlio, e io voglio ottenere informazioni che, nel caso l‟operazione riuscisse, mi permettano di mitigare le iniziative politiche più egualitarie e degenerate del suo ragazzo. Kemper rispose all‟imbeccata: — Signore? — Voglio che si infiltri nel clan dei Kennedy. Il mandato della Commissione McClellan scade la prossima primavera, ma Bobby Kennedy sta tuttora assumendo avvocati-investigatori.
Da questo preciso momento lei è in pensione, sebbene l‟FBI continuerà a versarle lo stipendio fino al luglio 1961, data in cui scadranno i suoi vent‟anni di servizio. Dovrà confezionare una giustificazione convincente per il suo abbandono, e assicurarsi un impiego nella Commissione McClellan. So che sia lei che Jack Kennedy avete avuto rapporti intimi con un‟assistente del Senato di nome Sally Lefferts. La signorina Lefferts ama chiacchierare, dunque sono certo che il giovane Jack abbia già sentito parlare di lei. Il giovane Jack fa parte della Commissione McClellan, e il giovane Jack adora i pettegolezzi a sfondo sessuale e le amicizie pericolose. Signor Boyd, sono sicuro che riuscirà a integrarsi alla perfezione con i Kennedy. Sono certo che sarà per lei una salutare opportunità per mettere in pratica le sue doti di dissimulazione e doppiezza, nonché una possibilità di soddisfare i suoi gusti più promiscui. Kemper si sentiva leggero. La limousine pareva scivolare nel vuoto. — La sua reazione mi delizia — riprese Hoover. — Ora si riposi. Arriveremo a Washington fra un‟ora. La lascerò al suo appartamento. Hoover gli aveva fornito un dossier aggiornato in una
cartella di pelle con il timbro “CONFIDENZIALE”. Kemper si preparò una caraffa di martini cocktail e si sedette sulla sua poltrona preferita. Le note offrivano un‟unica chiave di lettura: Bobby Kennedy contro Jimmy Hoffa. Il senatore John McClellan presiedeva la Commissione scelta del Senato sulle Attività improprie in campo sindacale e aziendale, istituita nel gennaio 1957. Membri subordinati: i senatori Ives, Kennedy, McNamara, McCarthy, Ervin, Mundt, Goldwater. Responsabile legale e investigativo: Robert F. Kennedy. Personale: trentacinque investigatori, quarantacinque contabili, venticinque stenografe e impiegate. Sede: il palazzo del Senato, stanza 101. Obiettivi ufficiali della Commissione: Smascherare la corruzione nelle pratiche sindacali, rivelare le collusioni fra i sindacati e il crimine organizzato. I metodi: mandati di comparizione per testimoni, sequestro di documenti ed esame dei fondi sindacali stornati in attività criminali. Obiettivo reale della Commissione: l‟International Brotherhood of Teamsters, il sindacato dei trasporti più potente sulla faccia della terra, e a quanto si diceva il più corrotto e potente della storia. Il suo presidente: James Riddle Hoffa, quarantacinque
anni. Hoffa, fantoccio della mafia. Subornatore di estorsioni, mazzette, pestaggi, attentati dinamitardi, affari sporchi con le aziende ed epici abusi dei fondi sindacali. Le proprietà di Hoffa, in violazione di quattordici leggi antitrust: aziende di trasporti, concessionarie di auto usate, uno stadio per le corse dei cani, una catena di autonoleggi, una stazione di taxi di Miami con personale costituito da rifugiati cubani dai numerosi precedenti criminali. Gli amici di Hoffa: Sam Giancana, il boss mafioso di Chicago; Santos Trafficante Junior, il caporione di Tampa, Florida; Carlos Marcello, il padrino di New Orleans. Jimmy Hoffa. Che presta ai suoi “amici” milioni di dollari usati a scopi illegali. Che possiede percentuali di case da gioco di proprietà mafiosa a L‟Avana, Cuba. Che finanzia illegalmente il dittatore cubano Fulgencio Batista e l‟agitatore ribelle Fidel Castro. Che sfrutta il Fondo pensioni degli Stati centrali dei Teamster, un ricchissimo abbeveratoio finanziario gestito a quanto pare da Sam Giancana e dalla mafia di Chicago, una struttura di strozzinaggio grazie alla quale gangster e imprenditori corrotti ottengono ingenti prestiti a interessi
altissimi, le cui penali per il mancato pagamento includono la tortura e la morte. Kemper capì il succo: Hoover è geloso. Ha sempre detto che la mafia non esiste, perché sa di non poterla debellare per vie legali. E all‟improvviso Bobby Kennedy si permette di non essere d‟accordo… Seguiva un elenco cronologico. Inizio del „57: la Commissione prende di mira il presidente dei Teamster, Dave Beck. Beck testimonia per ben cinque volte: lo sprone implacabile di Bobby Kennedy riesce a spezzarlo. Un gran giurì di Seattle lo incrimina per furto ed evasione fiscale. Primavera „57: Jimmy Hoffa assume il completo controllo dei Teamster. Agosto „57: Hoffa promette di ripulire il sindacato dalle ingerenze della mafia… una colossale menzogna. Settembre „57: Hoffa sotto processo a Detroit. L‟accusa: intercettazioni telefoniche ai danni dei suoi subordinati all‟interno del sindacato. Una giuria ben disposta: Hoffa se la cava. Ottobre „57: Hoffa viene eletto presidente dei Teamster. Voci insistenti: il 70 per cento dei suoi delegati è stato selezionato illegalmente. Luglio „58: la Commissione inizia a indagare sui
collegamenti diretti fra i Teamster e il crimine organizzato. Attenzione particolare viene dedicata alla riunione degli Appalachi del novembre „57. Cinquantanove pezzi grossi della mafia si incontrano nella villa di un amico “esterno”, nello Stato di New York. Un agente di polizia di nome Edgar Croswell controlla le targhe. Ne segue una retata, e l‟antica affermazione di Hoover, “la mafia non esiste“, diventa indifendibile. Luglio „58: Bobby Kennedy prova che Hoffa risolve gli scioperi corrompendo i dirigenti delle aziende. Una pratica che risale al lontano „49. Agosto „58: Hoffa testimonia di fronte alla Commissione. Bobby Kennedy si scatena, e ne smaschera le innumerevoli menzogne. Le note giungevano alla conclusione. La Commissione era impegnata nelle indagini sul villaggio turistico Sun Valley, di proprietà di Hoffa, alle porte di Lake Weir, Florida. Bobby Kennedy aveva sequestrato i registri contabili del Fondo pensioni degli Stati centrali e aveva notato che 3 milioni di dollari del suddetto fondo erano stati investiti nel progetto. Era una cifra molto superiore rispetto ai normali costi edilizi. La teoria di Kennedy era che Hoffa aveva fatto una cresta di almeno un milione di dollari e stava vendendo ai suoi fratelli del sindacato materiale prefabbricato in una zona
paludosa infestata dagli alligatori. Ergo: frode immobiliare. Un‟appendice conclusiva: Hoffa usa un suo uomo per vendere le proprietà di Sun Valley: Anton William Gretzler, quarantasei anni, residente in Florida, condannato tre volte per truffa. Gretzler ha ricevuto un mandato di comparizione datato 29.10.58, ma al momento se ne sono perse le tracce. Kemper controllò la lista di “complici” di Hoffa. Un nome risaltava sulla pagina: Pete Bondurant, maschio bianco, altezza 1,94, 104 kg, data di nascita 16.7.20, Montreal, Canada. Nessuna incriminazione. Investigatore privato, ex vicesceriffo della contea di Los Angeles. Big Pete: ricattatore e gorilla preferito di Howard Hughes. Kemper e Ward Littell l‟avevano arrestato: aveva picchiato a morte un detenuto. Il commento di Littell: — Forse lo sbirro corrotto più terribile e competente della nostra era. Kemper si versò un altro martini e lasciò che la sua mente vagasse. Il ruolo da sostenere iniziava a prendere forma: gli eroi aristocratici avevano alcune cose in comune. A lui piacevano le donne, con cui aveva tradito la moglie per tutta la durata del loro matrimonio. A Jack Kennedy piacevano le donne, e per questo considerava il voto matrimoniale come poco più di un vago espediente. A Bobby
piaceva sua moglie, che metteva regolarmente incinta: le voci del giro lo davano per fedele. Yale per lui, Harvard per i Kennedy. Ricchissimi cattolici irlandesi, ricchissimi anglicani del Tennessee caduti in disgrazia. La loro famiglia era numerosa e fotogenica, la sua sul lastrico e sepolta. Un giorno forse avrebbe raccontato a Jack e Bobby di come suo padre si fosse sparato e avesse impiegato un mese a morire. Sudisti e irlandesi di Boston: entrambi i gruppi afflitti da improbabili accenti. Avrebbe ripreso la cadenza strascicata che aveva impiegato così tanto a cancellare. Kemper perlustrò il suo armadio a muro. I dettagli del nuovo ruolo si configurarono al giusto posto. L‟abito grigio scuro pettinato per il colloquio. Una „38 con fondina per far colpo su Bobby il Duro. Niente polsini di Yale: Bobby avrebbe potuto rivelare una vena proletaria. Il suo armadio era profondo tre metri e mezzo. La parete posteriore era decorata da una schiera di ritratti incorniciati. La sua ex moglie, Katherine: la donna più bella che esistesse al mondo. Il loro debutto in società al Nashville Cotillion: uno scrivano delle cronache mondane li aveva definiti “la grazia sudista impersonificata“. Lui l‟aveva sposata per il sesso e il denaro del padre. Lei aveva divorziato quando la fortuna dei Boyd era svanita nel nulla e Hoover, in un
discorso alla sua classe di Yale, l‟aveva personalmente invitato ad arruolarsi nell‟FBI. Katherine nel novembre del 1940: — Stai attento a quel frocio piantagrane, mi hai sentito, Kemper? Credo che abbia mire carnali nei tuoi confronti. Non sapeva che Hoover scopava soltanto con il potere. In tre cornici uguali: sua figlia, Claire, Susan Littell ed Helen Agée, tre figlie dell‟FBI con un futuro da avvocatesse. Le ragazze erano amiche per la pelle ma divise dagli studi: Tulane e Notre Dame. Helen era sfigurata. Kemper teneva le fotografie nell‟armadio per evitare commenti pietistici. Tom Agée era seduto sulla sua auto davanti a un bordello, intento a sorvegliare una banda di rapinatori di banche. La moglie l‟aveva appena lasciato: Tom non era riuscito a trovare una babysitter per la piccola Helen, che ai tempi aveva nove anni. Era addormentata sul sedile posteriore quando i rapinatori erano usciti sparando. Tom era rimasto ucciso. Helen, ustionata dalle scintille, era stata abbandonata dai rapinatori, convinti che fosse morta. Sei ore più tardi erano giunti i soccorsi. Le guance di Helen erano rimaste segnate per la vita. Kemper distese sul letto il completo per il colloquio. Ripassò qualche menzogna e chiamò Sally Lefferts.
Il telefono squillò due volte. — Pronto? — rispose il figlio piccolo. — Figliolo, passami tua madre. Dille che è un collega d‟ufficio. — Va bene. Sally rispose. — Chi del corpo impiegatizio del Senato osa disturbare la quiete di una povera assistente oberata dal lavoro? — Sono io. Kemper. — Kemper, che idea ti è venuta di chiamarmi con mio marito in cortile? — Ssssh. Ho bisogno di una raccomandazione. — Cosa stai dicendo? Che Hoover ha scoperto le tue crudeltà ai danni del sesso debole e ti ha cacciato? — Sono andato in pensione, Sally. Mi sono appellato a una clausola per gli incarichi pericolosi e mi sono ritirato con tre anni di anticipo. — Dio del cielo, Kemper Cathcart Boyd! — Frequenti ancora Jack Kennedy, Sally? — Occasionalmente, caro, da quando tu mi hai cancellata dalla tua vita. Di cosa si tratta, diari di scuola e pettegolezzi assortiti, oppure… — Pensavo di chiedere un impiego presso la Commissione McClellan. Sally lanciò un grido di entusiasmo. — Be‟, credo proprio che dovresti*. Lascerò un messaggio di raccomandazione sulla
scrivania di Robert Kennedy, ma tu mi dovrai ringraziare con una dozzina di rose Southern Belle! — Sei tu la bellezza sudista, Sally. — Di certo ero troppo donna per il signor Scaricabarile della Louisiana! Kemper riagganciò con una salve di baci. Sally avrebbe sparso la voce: ex ladro d‟auto dell‟FBI cerca lavoro. Kemper avrebbe raccontato a Bobby come aveva sconfitto il giro delle Corvette rubate. Non avrebbe menzionato i pezzi di ricambio di cui alleggeriva ogni esemplare. Si mosse il giorno successivo. Entrò deciso nella sede del Senato e raggiunse l‟aula 101. La centralinista premette un pulsante del citofono. — Signor Kennedy, c‟è un uomo che vorrebbe far domanda per un posto di investigatore. Ha fatto parte dell‟FBI. L‟ufficio consisteva in un unico locale alle spalle della sua scrivania: pareti divisorie formate da schedari, cubicoli e sale riunioni. Il personale lavorava gomito a gomito. Un ronzio operoso percorreva i corridoi. La donna sorrise. — Il signor Kennedy la riceverà. Percorra quel piccolo corridoio sul retro. Kemper si immerse nel ronzio. L‟ufficio aveva un aspetto di seconda mano: scrivanie e schedari di diversi modelli, pannelli di sughero stracolmi di carte.
— Il signor Boyd? Robert Kennedy fece capolino dal suo cubicolo. Non era più spazioso degli altri, con una scrivania standard e due sedie. Gli offrì la stretta di mano standard: troppo decisa, del tutto prevedibile. Kemper si sedette. Kennedy indicò il gonfiore della fondina. — Non sapevo che gli agenti federali in pensione potessero girare armati. — Nel corso degli anni mi sono fatto dei nemici. Non smetteranno di odiarmi soltanto perché sono in pensione. — Gli investigatori del Senato non portano armi da fuoco. — Se mi assumerà, metterò la mia in un cassetto. Kennedy sorrise e si appoggiò alla scrivania. — Viene dal Sud? — Nashville, Tennessee. — Sally Lefferts mi ha detto che è stato nell‟FBI per quanto, quindici anni? — Diciassette. — Perché ha chiesto la pensione anticipata? — Per gli ultimi nove anni mi sono occupato di furti d‟auto, ed ero giunto al punto in cui ero divenuto troppo conosciuto per potermi infiltrare senza pericolo di essere smascherato. Il regolamento del Bureau contiene una clausola
speciale per gli agenti impiegati in missioni pericolose, e io ho deciso di sfruttarla. — “Sfruttarla”? Le sue missioni l‟avevano in qualche modo danneggiata? — In un primo tempo avevo fatto domanda per dedicarmi al programma contro il crimine organizzato. Hoover in persona ha respinto la mia richiesta, nonostante sapesse che da tempo desideravo occuparmi della mafia. No, non mi ha danneggiato. Mi ha irritato. Kennedy si scostò un ciuffo dalla fronte. — E così se n‟è andato. — È un‟accusa? — No, un‟osservazione. E francamente mi sorprende. L‟FBI è un‟organizzazione ottimamente congegnata che ispira profonda lealtà, e non accade spesso che i suoi agenti se ne vadano sbattendo la porta. Kemper alzò la voce in modo appena percettibile. — Molti agenti si sono resi conto che è la mafia, e non il comunismo interno, a rappresentare la minaccia più grave per l‟America. Le rivelazioni sulla riunione degli Appalachi hanno costretto Hoover a creare il programma contro il crimine organizzato, cosa che ha fatto con comprensibile riluttanza. Il programma sta raccogliendo informazioni, pur senza puntare alle prove per
un‟azione legale a livello federale; ma è un inizio, e io volevo farne parte. Kennedy sorrise. — Capisco la sua frustrazione, e sono d‟accordo con la sua critica nei confronti delle priorità di Hoover. Ma il fatto che lei se ne sia andato non finisce di sorprendermi. Kemper sorrise. — Prima di “andarmene”, ho dato un‟occhiata furtiva al dossier privato che Hoover ha raccolto sulla Commissione McClellan. Sono aggiornato sul vostro lavoro, compresa la questione Sun Valley e la scomparsa del testimone Anton Gretzler. Me ne sono “andato” perché Hoover concentra in modo nevrotico le attenzioni del Bureau su innocui sinistrofili, mentre la Commissione McClellan sta cercando di incastrare i veri cattivi. Me ne sono “andato” perché se posso scegliere i monomaniaci con cui lavorare, preferisco lei. Kennedy si aprì in un gran sorriso. — Il nostro mandato termina fra sei mesi. Si ritroverà senza lavoro. — Ho una pensione dell‟FBI, e a quel punto lei avrà fornito un tale numero di prove ai gran giurì municipali che questi pregheranno in ginocchio i suoi investigatori di continuare a lavorare per loro. Kennedy diede un colpetto a un cumulo di fogli. — In
questo ufficio lavoriamo sodo. Arranchiamo. Emettiamo mandati di comparizione, rintracciamo fondi e interroghiamo. Non rischiamo la vita rubando auto sportive, né ci trastulliamo a pranzo, né portiamo donnette all‟Hotel Willard per una sveltina. La nostra idea di divertimento è parlare di quanto detestiamo Jimmy Hoffa e la mafia. Kemper si alzò. — Odio Hoffa e la mafia tanto quanto Hoover odia lei e suo fratello. Bobby scoppiò a ridere. — Le farò sapere fra qualche giorno. Kemper passò dall‟ufficio di Sally Lefferts. Erano le due e mezzo: probabile che Sally fosse al Willard a farsi una sveltina. La porta era aperta. Sally sedeva alla scrivania, la mano a tormentare un fazzoletto di carta. Accanto a lei, un uomo era a calcioni di una sedia. — Oh, ciao, Kemper — disse Sally. Le sue guance erano colorate di rosa, tendenti al rosso. Ostentava l‟espressione troppo accesa di chi era stata ancora una volta sconfitta in amore. — Sei occupata? Posso tornare. L‟uomo ruotò sulla sedia. — Salve, senatore — disse Kemper.
John Kennedy sorrise. Sally si asciugò gli occhi. — Jack, ti presento il mio amico Kemper Boyd. Si strinsero la mano. Kennedy si produsse in un mezzo inchino. — Signor Boyd, è un piacere. — Il piacere è tutto mio, signore. Sally si sforzò di sorridere. Il suo fard era striato: aveva pianto. — Kemper, com‟è andato il colloquio? — Bene, penso. Sally, devo scappare. Volevo soltanto ringraziarti per la raccomandazione. Vi fu uno scambio di piccoli cenni del capo. Nessuno si guardò negli occhi. Kennedy allungò un fazzolettino a Sally. Kemper scese al pianterreno e uscì in strada. Era scoppiato un temporale. Si riparò sotto una statua e lasciò che la pioggia lo sfiorasse. La coincidenza gli sembrava strana. Era uscito da un colloquio con Bobby e per caso aveva incontrato Jack. Si sentiva come se fosse stato dolcemente sospinto in una direzione obbligata. Ci rifletté. Hoover aveva menzionato Sally come il suo collegamento più diretto con Jack Kennedy. Hoover sapeva che lui e Jack condividevano una forte attrazione per il sesso debole. Hoover
immaginava che subito dopo il colloquio con Bobby Kemper avrebbe fatto visita a Sally. Hoover intuiva che avrebbe immediatamente chiamato Sally per avere una raccomandazione. Hoover sapeva che Bobby aveva bisogno di investigatori e che riceveva di continuo candidati. Kemper giunse alla logica conclusione: Hoover tiene il Senato sotto sorveglianza. Sapeva che avevi rotto con Sally nel suo ufficio, per evitare una scenata in pubblico. Qualcuno l‟aveva informato che Jack Kennedy aveva in programma la stessa mossa, e lui ha fatto in modo che tu fossi presente. Non faceva una grinza. Ed era tipico di Hoover. Hoover non si fidava fino in fondo della tua intesa con Bobby. E così aveva creato una sorta di simbiosi con Jack. La pioggia era piacevole. Un lampo attraversò il cielo e illuminò la cupola del Campidoglio. Gli diede la sensazione di potersene star lì ad aspettare che il mondo si facesse avanti. Udì dei passi alle sue spalle. Capì all‟istante a chi appartenevano. — Signor Boyd? Si voltò. John Kennedy si stava chiudendo il bavero del cappotto. — Senatore.
— Chiamami Jack. — Va bene, Jack. Kennedy rabbrividì. — Perché diavolo stiamo qui sotto la pioggia? — Non appena cesserà potremmo fare una corsa fino al bar del Mayflower. — Potremmo, e credo proprio che dovremmo. Sally mi aveva parlato di lei. Diceva che avrei dovuto impegnarmi a cancellare il mio accento come aveva fatto lei, e così quando ha aperto bocca mi ha sorpreso. Kemper abbandonò la cadenza strascicata. — Noi sudisti siamo gli sbirri perfetti. Si calca un po‟ sull‟accento da campagnolo e la gente inizia subito a sottovalutarci e a rivelare i segreti più nascosti. Immaginavo che tuo fratello lo sapesse, e così mi sono comportato di conseguenza. Visto che anche tu fai parte della Commissione McClellan, mi sono detto che avrei fatto meglio a mantenere l‟accento. Kennedy rise. — Con me il tuo segreto è al sicuro. — Ti ringrazio. E non ti preoccupare per Sally. Le piacciono gli uomini come a noi piacciono le donne, e tende a superare le delusioni d‟amore piuttosto in fretta. — Immaginavo che l‟avessi capito. Sally mi aveva detto che l‟avevi scaricata in modo simile. Kemper sorrise. — Si può sempre richiamarla, di quando
in quando. Sally apprezza sempre un pomeriggio in una bella camera d‟albergo. — Me ne ricorderò. Un uomo con le mie aspirazioni deve mantenere il controllo sui propri legami. Kemper si avvicinò a “Jack”. Poteva quasi vedere il sorriso di Hoover. — Conosco numerose donne che sanno come evitare ogni legame. Kennedy sorrise e lo condusse sotto la pioggia. — Andiamo a bere qualcosa e parliamone. Ho un‟ora a disposizione prima di incontrare mia moglie.
Capitolo 3 WARD J. LITTELL (Chicago, 30.11.58) “Lavoretto da borsa nera”: un classico dell‟FBI, l‟ingresso furtivo in un covo di rossi. Littell fece scattare la serratura con un regolo. Il sudore gli colava dalle mani: le incursioni negli appartamenti erano sempre rischiose. I vicini potevano udire i rumori dell‟effrazione. I rumori in corridoio potevano soffocare i passi in avvicinamento. Si chiuse la porta alle spalle. Il salotto prese forma davanti ai suoi occhi: mobili consunti, librerie, manifesti di protesta sindacale. Era la tipica abitazione da membro del Partito comunista: avrebbe sicuramente trovato qualche documento negli armadietti dell‟angolo cottura. Così fu. Idem per le solite fotografie appese alle pareti: vecchi e tristi ritratti dei Rosenberg. Pathos. Per mesi aveva sorvegliato Morton Katzenbach. Aveva
ascoltato un mucchio di invettive sinistrorse. Una cosa l‟aveva capita: Morty non era una minaccia per l‟America. Una cellula del partito si riuniva presso la bancarella di ciambelle di Morty. Il loro terribile “tradimento”: rifornire di pasticcini gli scioperanti delle fabbriche automobilistiche. Littell estrasse la sua Minox e fotografò alcuni “documenti”. Fece fuori tre rullini sulle ricevute delle donazioni: tutte appena inferiori ai 50 dollari al mese. Era un lavoro di merda, noioso. Il vecchio ritornello scattò automaticamente. Hai quarantacinque anni. Sei un esperto di intercettazioni. Sei un ex seminarista gesuita con una laurea in Legge, ti mancano due anni e due mesi alla pensione. Hai una moglie che si mantiene con i tuoi alimenti mensili e una figlia a Notre Dame, e se riesci a superare l‟esame dell‟Ordine degli avvocati dell‟Illinois e a lasciare l‟FBI i guadagni lordi degli anni a venire compenseranno abbondantemente la rinuncia alla pensione. Immortalò due liste di “spese politiche”. Morty aveva annotato le ciambelle distribuite: “semplici”, “cioccolato”, “glassate”. Udì il rumore della chiave nella serratura. Vide aprirsi la porta a tre metri di distanza. Faye Katzenbach entrò trascinando i sacchetti della spesa.
Lo vide e scosse il capo come se avesse assistito allo spettacolo più triste sulla faccia del pianeta. — Siete diventati dei comunissimi ladri, adesso? Schivandola di corsa, Littell scaraventò a terra una lampada. La sala agenti era semideserta, come sempre all‟ora di pranzo: soltanto qualcuno intento a sforbiciare i messaggi delle telescriventi. Littell trovò un messaggio sulla sua scrivania. Ha chiamato K. Boyd. Di passaggio in città, diretto in Florida. Alla Pump Room alle 19? Kemper: sì! Chicle Leahy gli si avvicinò sventolando le copie carbone di un dossier. — Ho bisogno della cartella completa di Katzenbach, con foto e tutto, per l‟11 dicembre. Toison verrà a fare un‟ispezione, e vuole la situazione per quanto riguarda il Partito comunista. — L‟avrà. — Perfetto. Completa dei documenti? — Alcuni. La moglie di Katzenbach mi ha sorpreso prima che finissi. — Gesù. Ha…?
— No, non ha chiamato la polizia, perché sapeva chi ero e cosa stavo facendo. Signor Leahy, metà dei comunisti del pianeta sa cosa significa il termine “lavoretto da borsa nera”. Leahy liberò un sospiro. — Dillo, Ward. Rifiuterò, ma ti sentirai meglio se l‟avrai detto. — D‟accordo. Voglio essere assegnato alla mafia. Voglio un trasferimento al programma contro il crimine organizzato. — No — rispose Leahy. — Il programma è già al completo. E in qualità di agente speciale responsabile, la mia valutazione è che tu sia più portato alla sorveglianza politica, che considero molto importante. Il signor Hoover reputa i comunisti interni più pericolosi della mafia, e il sottoscritto è d‟accordo con lui. Si fissarono. Littell distolse lo sguardo per primo: se non l‟avesse fatto, Leahy avrebbe resistito tutto il giorno. Leahy fece ritorno nel suo ufficio. Littell chiuse la porta del suo cubicolo ed estrasse dal cassetto il libro di testo per l‟esame. Il codice civile scivolò in secondo piano, sospinto dai ricordi relativi a Kemper Boyd. Fine „53: mettono alle strette un rapitore a Los Angeles. L‟uomo estrae la pistola; lui trema così forte che fa cadere la sua. Alcuni poliziotti lo deridono. Kemper falsifica il rapporto
per farlo risultare come l‟eroe dell‟azione. Insieme combattono contro le disposizioni della pensione di Tom Agee: Hoover vorrebbe concederla alla moglie infedele. Kemper lo convince a girarla a favore della figlia. Helen si vede garantita una consistente sinecura. Arrestano Big Pete Bondurant. Lui fa una gaffe: canzona Pete in francocanadese. Bondurant strappa la catena delle manette e gli si avventa alla gola. Lui scappa. Big Pete scoppia a ridere. Kemper lo corrompe convincendolo a non parlare dell‟accaduto: gli offre cibo preparato all‟esterno del penitenziario. Kemper non lo giudicava per la sua paura. Diceva: “Abbiamo entrambi scelto l‟FBI per evitare la guerra. Che diritto ho di disprezzarti?“. Kemper gli aveva insegnato come scassinare una serratura: un ottimo sistema per controllare la paura. Kemper diceva: — Sei il mio confessore, mezzo prete e mezzo sbirro. Sarò sempre disponibile ad ascoltare le tue confessioni, ma poiché i miei segreti sono peggiori dei tuoi, sarò sempre avvantaggiato. Littell ripose il libro di testo nel cassetto. Il codice civile era una noia mortale.
La Pump Room era stracolma di gente. Un vento forte soffiava dal lago e sembrava sospingere i clienti all‟interno. Littell conquistò un separé sul retro. Il direttore prese la sua ordinazione: due martini lisci. Il ristorante era magnifico: i camerieri di colore e il pubblico di un concerto sinfonico gli conferivano uno speciale scintillio. Gli servirono i due martini. Littell li sistemò sul tavolo per un brindisi veloce. Boyd fece il suo ingresso dall‟atrio dell‟albergo. Littell scoppiò a ridere. — Non dirmi che alloggi qui. — Il volo parte alle due del mattino. Avevo bisogno di un posto in cui sgranchirmi le gambe. Ciao, Ward. — Ciao, Kemper. Un brindisi? Boyd sollevò il bicchiere. — A mia figlia Claire, a tua figlia Susan e a Helen Agée. Che possano andare bene a scuola e diventare avvocati migliori dei loro padri. Fecero tintinnare i calici. — Nessuno dei quali ha mai esercitato. — Tu sei stato impiegato in uno studio. E ho sentito dire che hai steso mandati di deportazione molto efficaci. — Non ce la caviamo così male. Tu, se non altro. Qual buon vento ti porta fin quassù? — Il mio nuovo datore di lavoro temporaneo mi aveva
prenotato una stanza a Midway, ma io ho deciso di buttare via un po‟ di soldi e pagare la differenza di tasca mia. E la differenza fra lo Skyliner Motel e l‟Ambassador-East è alquanto consistente. Littell sorrise. — Quale datore? Lavori per la Cointelpro? — No, è qualcosa di molto più interessante. Te lo dirò fra qualche bicchierino, quando sarai più disposto a diventare blasfemo e lanciarti in uno dei tuoi “Gesù Cristo del cazzo”. — Te lo dico subito. Hai appena eliminato ogni possibilità di chiacchiera, dunque se vuoi ti elargisco subito un bel cazzo. Boyd sorseggiò il martini. — Non ancora. Ma c‟è una bella notizia sul fronte delle figlie ribelli. — Fammi indovinare. Claire si trasferisce da Tulane a Notre Dame. — No. Helen si è laureata con un semestre di anticipo. È stata accettata al corso di specializzazione della University of Chicago, e arriverà in città il mese prossimo. — Gesù! — Sapevo che ti avrebbe fatto piacere. — Helen è una ragazza coraggiosa. Sarà un gran bell‟avvocato. — È vero. E sarà anche una splendida moglie, se non l‟abbiamo rovinata per i maschietti della sua età. — Ci vorrebbe un… — Un giovane speciale per superare
il suo problema? — Sì. Boyd ammiccò. — Be‟, ha Ventun anni. Pensa a quanto una tua relazione con Helen farebbe imbestialire Margaret. Littell scolò il suo martini. — E sconvolgerebbe mia figlia. A proposito, Susan dice che Margaret passa i fine settimana a Charlevoix in dolce compagnia. Ma non si sposerà mai, finché le arriveranno i miei assegni mensili. — Sei il suo demonio. Sei il seminarista che l‟ha messa incinta. E nei termini religiosi che ti piacciono tanto, il vostro matrimonio è stato un purgatorio. — No, quello è il mio lavoro. Oggi sono penetrato nell‟appartamento di un rosso e ho fotografato una pagina di registro interamente dedicata alle ciambelle. Se devo essere sincero, non so quanto potrò andare avanti in questo modo. Giunsero altri due martini. Il cameriere si inchinò: Kemper ispirava servilismo. — Mentre lo facevo, fra le ciambelle al cioccolato e quelle glassate, mi sono reso conto di una cosa — riprese Littell. — E sarebbe? — Che Hoover odia i comunisti perché la loro filosofia è basata sulla fragilità umana, mentre la sua si fonda su una tormentosa rettitudine che nega l‟esistenza di una simile realtà. Kemper sollevò il bicchiere. — Non mi deludi mai.
— Kemper… I camerieri saettavano accanto al separé. Il bagliore delle candele si rifletteva sulle posate dorate. Le crêpes suzettes prendevano fuoco. Un‟anziana donna lanciò uno strillo. — Kemper… — Hoover mi ha incaricato di infiltrarmi nella Commissione McClellan. Odia Bobby Kennedy e suo fratello Jack, e teme che il padre comprerà a Jack la Casa Bianca alle elezioni del „60.Ora sono un finto pensionato dell‟FBI con l‟incarico, a tempo indeterminato, di farmi amici entrambi i fratelli. Ho fatto richiesta per un posto come investigatore della Commissione, e oggi ho saputo che Bobby mi ha assunto. Fra qualche ora volo a Miami alla ricerca di un testimone scomparso. — Gesù Cristo fottuto — esclamò Littell. — Non mi deludi mai — commentò Boyd. — Suppongo che tu abbia due stipendi. — Sai quanto mi piace il denaro. — Già, ma ti piacciono i fratelli? — Sì. Bobby è un piccolo bulldog vendicativo, e Jack è seducente e non così furbo come crede di essere. Bobby è il più forte dei due, e odia il crimine organizzato quanto te. Littell scosse il capo. — Tu non odi nulla. — Non me lo posso permettere.
— Non sono mai riuscito a capire il tuo concetto di lealtà. — Diciamo che è ambiguo.
Documento: 2.12.58. Trascrizione di una telefonata ufficiale interna all‟FBI: “Registrata su richiesta del Direttore“. ”Classificazione Confidenziale 1-A: solo per il Direttore“. Interlocutori: Direttore Hoover, agente speciale Kemper Boyd. JEH: Signor Boyd? KB: Buongiorno, signore. JEH: Sì, è una buona giornata. Chiama da un apparecchio sicuro? KB: Sì, da un telefono a gettoni. Se non mi sente bene, è perché mi trovo a Miami. JEH: Fratello Minore l‟ha già messa al lavoro? KB: Fratello Minore non perde tempo. JEH: Mi parli della sua rapida assunzione. Usi pure i nomi propri, se ne sente l‟esigenza. KB: In un primo tempo Fratello Minore era alquanto sospettoso, e credo che ci vorrà del tempo per conquistarlo. Ho incontrato Fratello Maggiore nell‟ufficio di Sally Lefferts, e le circostanze ci hanno portato a intrattenere una conversazione personale. Siamo usciti a bere qualcosa e abbiamo stabilito un certo rapporto. Come molti uomini seducenti, Fratello Maggiore è anche facilmente seducibile. Siamo subito andati d‟accordo, e sono sicuro che abbia detto a Fratello Minore di assumermi.
JEH: Mi descriva le “circostanze” che ha appena menzionato. KB: Abbiamo scoperto di condividere uno spiccato interesse per le donne sofisticate e interessanti, e siamo andati al bar del Mayflower per discutere di temi ad esso collegati. Fratello Maggiore mi ha confermato che si candiderà per le elezioni del 1960, e che Fratello Minore inizierà a lavorare a sostegno della sua candidatura non appena il mandato della Commissione McClellan scadrà il prossimo aprile. JEH: Continui. KB: Abbiamo discusso di politica. Mi sono dipinto come incongruamente progressista, visti gli standard del Bureau, che Fratello Maggiore… JEH: Lei è del tutto privo di opinioni politiche, il che nel nostro caso non fa che renderla più efficace. Prosegua. KB: Fratello Maggiore ha trovato interessanti le mie finte convinzioni politiche e si è confidato. Dice di considerare l‟odio di Fratello Minore nei confronti di H. abbastanza sconveniente, seppur motivato. Sia Fratello Maggiore che il padre hanno cercato di convincere Fratello Minore a mollare la presa e a proporre a H. un accordo in cambio della promessa di ripulire la sua organizzazione, ma Fratello Minore ha rifiutato. La mia opinione personale è che H. sia ancora legalmente intoccabile. Fratello Maggiore condivide tale opinione, come
del resto un gran numero di investigatori della Commissione. Signore, credo che Fratello Minore denoti una feroce passione e una grande competenza. La mia sensazione è che riuscirà a far crollare H., ma non nel prossimo futuro. Credo che ci vorranno anni e molto probabilmente numerosi atti d‟accusa, e che di sicuro non accadrà prima della scadenza del mandato della Commissione. JEH: Mi sta dicendo che la Commissione passerà la palla ai gran giurì municipali una volta che il mandato sarà scaduto? KB: Sì. Credo che ci vorranno anni prima che i Fratelli riusciranno a ottenere un beneficio politico da H. E penso che si potrebbe verificare un contraccolpo dannoso per Fratello Maggiore. I candidati democratici non possono permettersi di essere considerati antisindacali. JEH: La sua valutazione mi pare alquanto sagace. KB: La ringrazio, signore. JEH: Fratello Maggiore ha mai fatto il mio nome? KB: Sì. Conosce l‟esistenza del suo accurato schedario sugli uomini politici e sulle stelle del cinema che lei reputa sovversive, e teme che lei abbia qualcosa anche su di lui. Gli ho detto che il dossier sulla sua famiglia è lungo mille pagine. JEH: Bravo. Se fosse stato meno sincero avrebbe perso credibilità. Di cos‟altro avete discusso?
KB: Più che altro di donne. Fratello Maggiore ha menzionato un viaggetto a Los Angeles in programma per il 9 dicembre. Gli ho dato il numero telefonico di una donna di facili costumi di nome Darleen Shoftel e gli ho suggerito di chiamarla. JEH: Crede che l‟abbia fatto? KB: No, signore. Ma penso che lo farà. JEH: Mi descriva i suoi compiti all‟interno della Commissione. KB: Sono venuto in Florida alla ricerca di un testimone nei cui confronti è stato spiccato un mandato di comparizione, tale Anton Gretzler. Fratello Minore voleva che mi presentassi con un‟intimazione supplementare. C‟è un aspetto di cui dobbiamo discutere, poiché la scomparsa di Gretzler potrebbe portare a un suo conoscente. JEH: Continui. KB: Gretzler era socio di H. nella supposta frode immobiliare di Sun Valley. Aveva… JEH: Ha detto “era”. Crede che sia morto? KB: Ne sono certo. JEH: Prosegua. KB: È scomparso il pomeriggio del 26 novembre. Ha detto alla sua segretaria di avere un appuntamento con un “possibile acquirente“ a Sun Valley, e non è mai più ritornato.
La polizia di Lake Weir ha trovato la sua auto in una palude nei pressi del paese, ma non è ancora stata in grado di recuperare il corpo. È andata alla ricerca di possibili testimoni e ha trovato un uomo che passava da Sun Valley a bordo del suo camion nello stesso momento in cui il “possibile acquirente” avrebbe dovuto incontrare Gretzler. Dice di aver visto un uomo che aveva parcheggiato sulla strada di accesso al paese. A quanto pare, l‟uomo si è voltato quando l‟ha visto passare, dunque è difficile che possa essere identificato. Ma il camionista ne ha fornito una descrizione: alto 1,90 circa, “enorme”, 120 chili. Capelli scuri, dai trentacinque ai quarant‟anni. Credo che possa… JEH: Il suo vecchio amico Pete Bondurant. È singolarmente corpulento, e fa parte dell‟elenco di conoscenze di H. che le ho fornito. KB: Sì, signore. Ho controllato i registri delle compagnie aeree e di autonoleggio di Los Angeles e Miami e ho trovato un addebito alla Hughes Aircraft che sono certo risalga a Bondurant. So che si trovava in Florida il 26 novembre, e a livello indiziario posso provare che H. l‟abbia assoldato per eliminare Gretzler. So che lei è amico di Howard Hughes, e così ho creduto opportuno informarla prima di dirlo a Fratello Minore. JEH: Non ne parli assolutamente. Il risultato delle sue
indagini dovrà essere il seguente: Gretzler è scomparso, forse morto. Non vi sono indizi né sospetti. Pete Bondurant è fondamentale per Howard Hughes, che è a sua volta un importante amico del Bureau. Hughes ha di recente acquistato un periodico scandalistico che ci aiuterà a spargere indiscrezioni politiche favorevoli al Bureau, e non voglio che gli si mettano i bastoni fra le ruote. Ha capito? KB: Sì, signore. JEH: Voglio che prenda il primo volo per Los Angeles a spese del Bureau e che stuzzichi Pete Bondurant con i suoi sospetti. Cerchi di ottenere un favore da lui, e controbilanci le sue profferte d‟amicizia con la consapevolezza che potrebbe comprometterlo. E non appena i suoi impegni con la Commissione glielo permetteranno, torni in Florida e si occupi delle eventuali questioni irrisolte del caso Gretzler. KB: Concluderò il mio lavoro quaggiù e partirò per Los Angeles domani sera. JEH: Bene. E mentre è a Los Angeles, voglio che predisponga una sorveglianza elettronica dell‟appartamento di Darleen Shoftel. Se Fratello Maggiore la contatterà, voglio esserne tenuto al corrente. KB: Non acconsentirà di sua spontanea volontà, il che significa che dovrò operare clandestinamente. Posso coinvolgere Ward Littell? È un grande esperto di
intercettazioni. JEH: Sì, lo recluti pure. Il che mi fa ricordare che Littell ambisce da tempo a lavorare con la squadra contro il crimine organizzato. Crede che apprezzerebbe un trasferimento come premio per questo lavoro? KB: Ne sarebbe felice. JEH: Bene, ma lasci che sia io a informarlo. A presto, signor Boyd. Complimenti per l‟ottimo lavoro. KB: La ringrazio, signore. A presto.
Capitolo 4
(Beverly Hills, 4.12.58) Howard Hughes alzò di una tacca lo schienale del letto. — Non hai idea di quanto siano stati deboli gli ultimi due numeri. Hush-Hush è diventato settimanale, il che aumenta a livello esponenziale il bisogno di pettegolezzi piccanti. Dobbiamo trovare uno scavafango. Ci sei tu per l‟accertamento, Dick Steisel per le questioni legali e Sol Maltzman in redazione, ma dipendiamo strettamente dagli scandali che pubblichiamo, e il materiale recente è casto e ridicolmente noioso. Pete sprofondò in poltrona e sfogliò l‟ultimo numero. In copertina: “Braccianti immigrati portatori di malattie veneree!”. Subito sotto: “L‟Hollywood Ranch Market è il paradiso degli omo!”. — Continuerò a chiedere in giro. Stiamo cercando qualcuno di molto speciale, ci vuole tempo. — Insisti — disse Hughes. — E di‟ a Sol Maltzman che sulla copertina del prossimo numero voglio un servizio intitolato “Negri: l‟incremento delle nascite provoca epidemie
di tubercolosi”. — Mi sembra un po‟ tirato per i capelli. — I fatti possono essere manipolati affinché si conformino a qualsiasi tesi. — Glielo dirò, capo. — Bene. E già che sei fuori… — Altra roba e siringhe ipodermiche? Sissignore! Hughes trasalì e accese il televisore. Sheriff John’s Lunch Brigade invase la stanza: frugoletti strillanti e topi animati delle dimensioni di Lassie. Pete raggiunse con tutta calma il parcheggio. Seduto sul cofano della sua auto, come se appartenesse a lui, Kemper Boyd, agente speciale del cazzo. Sei anni in più sul groppone e sempre troppo bello per vivere. Quel completo grigio scuro doveva essergli costato quattrocento cocuzze facili facili. — Che cosa significa? Boyd incrociò le braccia sul petto. — Messaggio amichevole da parte del signor Hoover. È preoccupato dai tuoi straordinari per Jimmy Hoffa. — Di cosa stai parlando? — Ho accesso alla Commissione McClellan. Hanno messo sotto sorveglianza una serie di cabine telefoniche nei pressi di
casa Hoffa, in Virginia. Quel cazzone di Hoffa usa i telefoni pubblici per distribuire incarichi ai suoi sicari. — Prosegui. La storia dei sicari è una stronzata, ma vediamo fin dove vuoi arrivare. Boyd ammiccò. Il figlio di puttana aveva le palle di acciaio. — Primo, Hoffa ti ha chiamato due volte alla fine del mese scorso. Secondo, hai acquistato un biglietto di andata e ritorno Los Angeles-Miami sotto falso nome e l‟hai addebitato alla Hughes Aircraft. Terzo, hai noleggiato un‟auto presso una compagnia di proprietà dei Teamster e forse sei stato visto mentre aspettavi un certo Anton Gretzler. Penso che Gretzler sia morto, e penso che Hoffa ti abbia assoldato per eliminarlo. Non ne avrebbero mai trovato il cadavere: l‟aveva gettato nella palude ed era rimasto a guardare mentre gli alligatori lo divoravano. —,E allora arrestami. — No. Al signor Hoover non piace Bobby Kennedy, e sono sicuro che non vorrebbe mai danneggiare Hughes. Se può sopportare l‟idea che tu e Jimmy siate a piede libero, ci riesco anch‟io. — E allora? — E allora facciamo qualcosa di carino per il signor Hoover. — Spiegami meglio. Non vedo l‟ora di collaborare con la
legge. Boyd sorrise. — Il caporedattore di Hush-Hush è un rosso. So che Hughes apprezza chiunque gli faccia spendere poco, ma credo che dovresti licenziarlo. — Lo farò — rispose Pete. — E di‟ al signor Hoover che sono un patriota, e che so cosa significa la parola amicizia. Boyd se ne andò a passo leggero: nessun cenno, nessun ammiccamento, il sospetto era stato scagionato. Superò due file d‟auto e salì su una Ford azzurra con l‟adesivo della Hertz. L‟auto uscì dal parcheggio. Boyd il cazzone agitò la mano in segno di saluto. Pete corse ai telefoni nell‟atrio dell‟albergo e chiamò l‟ufficio informazioni. Un operatore gli recitò il numero degli uffici centrali della Hertz. Lo compose. Rispose una donna: — Buongiorno, autonoleggio Hertz. — Buongiorno, sono l‟agente Peterson del dipartimento di Los Angeles. Ho bisogno dei dati relativi a un vostro cliente. — C‟è stato un incidente? — No, è un controllo di routine. L‟auto è una Ford Fairlane azzurra del „56, targa V come “Victor”, H come “Henry”, 490. — Un minuto, agente. Pete attese in linea. L‟affermazione di Boyd sulla
Commissione McClellan gli danzava nella testa. — Ho i suoi dati, agente. — Spari. — L‟auto è stata noleggiata al signor Kemper C. Boyd, che al momento alloggia presso l‟Hotel Miramar, a Santa Monica. La fattura è intestata alla Commissione scelta del Senato per le Attività investigative. Le può essere utile? Pete riagganciò. La danza cerebrale divenne stereofonica. Strano: Boyd al volante di un‟auto noleggiata dalla Commissione. Strano, perché Hoover e Kennedy erano rivali. Boyd agente FBI nonché sbirro della Commissione? Hoover non gli avrebbe mai permesso di fare il doppio lavoro. Boyd aveva stile, ed era molto astuto. Un ottimo candidato per farsi portavoce di un avvertimento amichevole. Un ottimo candidato per spiare Bobby? Un “forse” che era quasi un “sì”. Sol Maltzman viveva a Silverlake: un cesso di posto sopra un negozietto che affittava smoking. Pete bussò. Sol aprì con l‟aria incazzata: uno sfigato dal ginocchio valgo in bermuda e maglietta. — Che c‟è, Bondurant? Ho da fare. “Bohn-duu-rahn”: la piccola testa di cazzo comunista
l‟aveva pronunciato alla francese. L‟appartamento puzzava di sigarette ed escrementi di gatto. Buste di carta marroncina spuntavano da ogni singola superficie. Uno schedario di legno copriva l‟unica finestra. È pieno di dossier sugli scandali di Hollywood. Maltzman è il tipo che li raccoglie. — Bohn-duu-rahn, cosa vuoi? Pete afferrò una cartella appoggiata sulla base di una lampada. Ritagli stampa su Ike e Dick Nixon: roba noiosa. — Metti giù quella roba e dimmi cosa vuoi! Pete lo prese per il collo. — Sei licenziato. Sono sicuro che tu abbia del materiale che possiamo usare. Se me lo indicherai, risparmiandomi il disturbo, dirò a Hughes di concederti una liquidazione. Sol lo mandò affanculo: gli agitò sotto gli occhi il dito medio di entrambe le mani. Pete lo lasciò andare. Un gran bel segno attorno al collo, il collare tracciato da due mani enormi. — Scommetto che in quello schedario tieni la roba di prima qualità. — No! Non c‟è nulla che ti interessi!
— Allora aprimelo. — No! È chiuso a chiave, e non ti darò mai la combinazione! Pete gli scaricò un gran calcio nei coglioni. Maltzman crollò a terra boccheggiante. Pete gli strappò la maglietta e gliela cacciò in bocca. Il televisore di fronte al divano: ooottima copertura acustica. Pete portò il volume al massimo. Un venditore d‟auto invase lo schermo, sbraitando entusiasta sulla nuova produzione Buick. Pete estrasse il cannone e fece saltare il lucchetto del dossier: una pioggia di schegge schizzò in tutte le direzioni. Tre dossier caddero a terra: una trentina di pagine di porcherie segrete. Sol Maltzman strillava attraverso il suo bavaglio. Pete gli fece perdere conoscenza con un calcio e abbassò il volume della televisione. Aveva tre dossier e un caso grave di fame postviolenza. Quel che ci voleva era Mike Lyman‟s e il suo Menu Fisso DeLuxe. All‟orizzonte anche Pettegolezzi DeLuxe: Sol non avrebbe mai raccolto materiale di seconda scelta.
Pete prese posto in un separé sul retro e ordinò bistecca con l‟osso e patate al forno. Sparse le cartelle sul tavolo per un‟occhiata veloce. Il primo dossier riportava fotografie e appunti dattiloscritti. Nessun pettegolezzo hollywoodiano, niente munizioni per Hush-Hush. Le fotografie riguardavano depositi bancari e dichiarazioni dei redditi. Il nome del contribuente gli era familiare: George Killebrew, amico di Hughes e leccapiedi di Tricky Dick Nixon. Il nominativo sul libretto bancario era “George Killington”. Totale dei versamenti del 1957: 87.416 dollari e 4 centesimi. Imponibile di George Killebrew per lo stesso anno: 16.850 dollari. Un cambiamento di due sillabe… a nascondere quasi settanta bigliettoni. Sol Maltzman aveva annotato: “Gli impiegati della banca confermano che Killebrew ha depositato l‟intera somma di 87.000 dollari in versamenti progressivi da 5.000 a 10.000 dollari. Confermano anche che il numero di identificazione fiscale da lui fornito era falso. Ha prelevato l‟intera cifra in contanti, insieme a circa 6000 dollari di interessi, chiudendo il conto
prima che la banca facesse pervenire alle autorità federali la notifica degli interessi“. Guadagni non denunciati e interessi non dichiarati. Tombola: frode fiscale. Pete ebbe un‟improvvisa, tardiva intuizione. La Commissione della Camera sulle Attività antiamericane aveva incastrato Sol Maltzman. Dick Nixon ne faceva parte, George Killebrew lavorava per lui. Il dossier numero 2 era un festival fotografico di pompini. Il succhiato: una checca adolescente. Il succhiatore, identificato da Sol Maltzman: “Leonard Hosney, legale della Commissione sulle Attività antiamericane, quarantatré anni, di Grand Rapids, Michigan. Il mio umiliante lavoro per Hush-Hush mi ha finalmente ripagato, sotto forma di soffiata fornitami dal buttafuori di un bordello maschile di Hermosa Beach. È stato lui a scattare le foto, e mi ha assicurato che il ragazzino è minorenne. Nel prossimo futuro mi procurerà materiale fotografico supplementare“. Pete si accese una sigaretta con il mozzicone ardente della prima. Il “quadro generale” andò a fuoco. I dossier erano la vendetta di Sol contro la Commissione. Era una sorta di penitenza deviata: Sol scriveva calunnie di tendenze destrorse e nel frattempo scavava fango per una
futura rivalsa. Il dossier numero 3 raccoglieva altre foto: assegni annullati, ricevute di versamento e comunicazioni bancarie. Pete scostò il piatto: quello sì che era materiale di prima scelta. Appunti di Sol Maltzman: “Le implicazioni politiche del prestito di 200.000 dollari effettuato nel 1956 da Howard Hughes a favore di Donald Nixon, fratello di Richard, sono sconcertanti, specialmente se si considera che Nixon dovrebbe essere il candidato repubblicano alle presidenziali del „60. Si tratta di un chiaro caso di tangente politica versata da un industriale immensamente ricco. Può essere supportato da prove indiziarie che riportino esempi facilmente dimostrabili di decisioni politiche nixoniane direttamente favorevoli a Hughes“. Pete ricontrollò le prove documentarie. Erano solide, dall‟inizio alla fine. Il suo cibo era diventato freddo. Il sudore gli aveva trasformato la camicia inamidata in un ammasso di cenci. Le informazioni riservate erano un gran brivido del cazzo. Era una giornata di 8 e di assi: una mano con cui non poteva proseguire né chiudere. Poteva aggrapparsi ai retroscena Hughes-Nixon. Poteva affidare a Gail i compiti di Sol: aveva già lavorato in redazione,
e in ogni caso si stava stancando dei ricatti. Il membro della Commissione significava un poker d‟assi, ma le motivazioni economiche non lo interessavano. La comparsa in scena di Kemper Boyd gli aveva fatto tendere le antenne. Pete raggiunse l‟Hotel Miramar e osservò il parcheggio. L‟auto di Boyd era nascosta nei pressi della piscina. Numerose donne in costume da bagno prendevano il sole: aveva svolto sorveglianze peggiori. Le ore si trascinavano lente. Le donne andavano e venivano. Scese il crepuscolo, e gli impedì di proseguire. Gli tornò in mente Miami: taxi tigrati e alligatori famelici. 18. 18,30. 19. 19,22: Boyd e lo stramaledetto Ward Littell a passeggio ai bordi della piscina. Salirono sull‟auto a noleggio di Boyd. Presero Wilshire Boulevard in direzione est. Littell era il Gattino Spaventato, Boyd il Furbo Gattone. Via dei Ricordi: i due federali e Pete si conoscevano da tempo. Pete si immise nel traffico e prese a seguirli. Una processione di due auto: a est su Wilshire, svolta su Barrington, poi a nord fino a Sunset. Pete si manteneva a distanza e cambiava corsia di continuo: i pedinamenti automobilistici l‟avevano sempre eccitato.
Era un esperto. Boyd non si era accorto di nulla. Proseguirono su Sunset verso est: Beverly Hills, lo Strip, Hollywood. Boyd svoltò a nord su Alta Vista e parcheggiò nel mezzo di un isolato di villette di gesso. Pete accostò al marciapiede tre case più in là. Boyd e Littell scesero dall‟auto; un lampione stradale li illuminò. Si infilarono i guanti. Afferrarono due torce elettriche. Littell aprì il bagagliaio e ne estrasse una cassetta degli attrezzi. Raggiunsero la porta di una villetta rosa, scassinarono la serratura ed entrarono. I raggi delle torce si incrociavano alle finestre. Pete fece un‟inversione a “U” e individuò il numero della casa: 1541 North. Doveva trattarsi di un‟intercettazione. La luce del salotto si accese. I due bastardi procedevano senza timore di dare nell‟occhio. Pete consultò l‟elenco telefonico speciale che teneva sul sedile posteriore. Lo sfogliò alla luce del cruscotto. Il 1541 di North Alta Vista corrispondeva a Darleen Shoftel, HO 3 6811. Lavoretti di quel genere portavano via più o meno un‟ora: avrebbe potuto rintracciarla tramite l‟ufficio informazioni della Contea. Vide un telefono pubblico all‟angolo: poteva chiamare
e nel contempo tenere d‟occhio la casa. Raggiunse l‟apparecchio e compose il numero della Contea. Karen Hiltscher rispose subito. Pete ne riconobbe subito la voce. — Ufficio informazioni. — Karen, sono Pete Bondurant. — Mi hai riconosciuta dopo tutto questo tempo? — Hai una voce inconfondibile. Senti, mi puoi fare un controllo veloce? — Suppongo di sì, anche se non sei più un vicesceriffo e in realtà non dovrei. — Sei un‟amica. — Altroché, specialmente ripensando a come… — Si chiama Darleen Shoftel. Dar-l-e-e-n S-ho-f-te-l. Ultimo domicilio conosciuto, 1541 North Alta Vista, Los Angeles. Controlla tutti… — So io che cosa fare, Pete. Rimani in linea. Pete attese. Le luci della casa scintillavano alla fine dell‟isolato: spioni federali al lavoro. Karen tornò in linea. — Darleen Shoftel, donna bianca, data di nascita 9.3.32. Nessun problema, nessun mandato, nessun precedente. Non ha niente in ballo con la Motorizzazione, ma la buoncostume di West Hollywood ha un
dossier azzurro su di lei. Una sola annotazione, datata 14.8.57. Una lamentela presentata dai gestori della Dino‟s Lodge. Adescava clienti all‟interno del locale. È stata interrogata e rilasciata. L‟investigatore la descrive come una “squillo di lusso”. — Tutto qui? — Non è male, per una semplice telefonata. Pete riagganciò. Vide le luci della casa spegnersi e controllò l‟orologio. Boyd e Littell uscirono e caricarono l‟auto. Sedici minuti netti: un record mondiale. Ripartirono. Pete si appoggiò all‟apparecchio e si dipinse lo scenario. Sol Maltzman aveva un suo piano all‟insaputa dei federali. Boyd era giunto in città per metterlo sul chi vive riguardo all‟omicidio Gretzler e per piantare qualche cimice nell‟abitazione di una squillo. Boyd era un abile bugiardo: “Ho accesso alla Commissione McClellan“. Boyd sapeva che lui aveva fatto fuori Gretzler, un testimone della Commissione. Boyd l‟aveva detto a Hoover. Non me ne frega un cazzo, aveva risposto Hoover. L‟auto di Boyd, pagata dalla Commissione McClellan. Hoover: si sapeva che odiava Bobby Kennedy e che era il re dei sotterfugi.
Boyd, abile e colto: probabilmente un ottimo infiltrato. Domanda numero 1: l‟infiltrazione è collegata alle cimici in casa Shoftel? Domanda numero 2: se tutto questo si traduce in denaro, chi firma il mio assegno? Forse Jimmy Hoffa, il principale obiettivo della Commissione McClellan. Fred Turentine avrebbe potuto allacciarsi all‟intercettazione federale e mettersi all‟ascolto. Pete vide i simboli del dollaro allinearsi come la vincita di una slot machine. Tornò a casa. Gail era sul portico. La brace della sua sigaretta si agitava nel buio: non riusciva a stare ferma. Pete parcheggiò e si diresse verso casa. Diede un calcio a un posacenere pieno e spedì i mozziconi su un cespuglio di rose di prima qualità. Gail arretrò. Pete mantenne un tono di voce tranquillo e sommesso. — Da quanto sei qui fuori? — Da ore. Sol ha chiamato ogni dieci minuti, implorando di restituirgli i suoi dossier. Dice che glieli hai rubati e l‟hai picchiato. — Questioni di affari. — Era agitatissimo. Non sono riuscita a capire. Pete le sfiorò le braccia. — Fa freddo. Entriamo.
— No. Non voglio. — Gail… Lei si ritrasse. — No! Non voglio tornare in quell‟orribile casa! Pete si fece schioccare le nocche. — Ci penso io a Sol. Non ti darà più fastidio. Gail scoppiò a ridere: un suono stridulo, strano e chissà cos‟altro. — Lo so, non lo farà. — Cosa vuoi dire? — Voglio dire che è morto. L‟ho richiamato per cercare di calmarlo, e ha risposto un poliziotto. Sol si è sparato. Pete si strinse nelle spalle. Non sapeva che fare con le mani. Gail raggiunse di corsa la sua auto. Uscendo dal vialetto, fece grattare le marce e per poco non investì una donna con una carrozzina.
Capitolo 5
(Washington, 7.12.58) Ward aveva paura. Kemper ne conosceva il motivo: le riunioni private con Hoover erano leggendarie. Attesero fuori dal suo ufficio. Ward sedeva immobile, come se trattenesse il fiato. Kemper già sapeva: li avrebbe ricevuti con venti minuti esatti di ritardo. Vuole incutere timore a Ward. E mi vuole presente per aumentare l‟effetto. Aveva già fatto un rapporto telefonico: il lavoretto in casa Shoftel era andato liscio come l‟olio. Un agente di Los Angeles era incaricato di registrare da una stazione e inviare i nastri più salienti all‟ufficio di Littell a Chicago. Il mago delle cimici Ward li avrebbe selezionati e ne avrebbe fatta pervenire una scelta a Hoover. Jack non sarebbe giunto a Los Angeles prima del 9 dicembre. Darleen Shoftel si faceva quattro clienti a sera: l‟agente in ascolto ne aveva lodato la resistenza. Il Los Angeles Times
aveva pubblicato un breve articolo sul suicidio di Sol Maltzman. Il commento di Hoover: Pete Bondurant deve averlo “licenziato” con le cattive. Ward accavallò le gambe e si raddrizzò la cravatta. Non farlo: Hoover detesta chi tradisce nervosismo. Ci ha convocati qui per premiarti: per favore, non agitarti. Hoover entrò in ufficio. Kemper e Littell scattarono in piedi. — Buongiorno, signori. — Buongiorno, signor Hoover. — All‟unisono, senza sovrapporsi. — Temo che dovremo essere brevi. Fra pochi minuti devo incontrare il vicepresidente Nixon. — Sono molto lieto di essere qui, signore — disse Littell. Kemper si trattenne a stento dal fare una smorfia: mai intromettersi con un commento, anche se servile. — I miei impegni mi costringono alla brevità. Signor Littell, ho apprezzato il lavoro svolto a Los Angeles da lei e dal signor Boyd. La ricompenso con un incarico presso la squadra contro il crimine organizzato di Chicago. Lo faccio con grande dispiacere dell‟agente responsabile Leahy, che la considera più portato alla sorveglianza politica. Mi rendo conto, signor Littell, che lei considera il Partito comunista americano debole,
se non moribondo. La trovo un‟opinione pericolosamente stupida, e spero sinceramente che cambierà idea in proposito. Ora è un mio collega, ma si lasci mettere in guardia: non si faccia sedurre dai pericoli. Non potrà mai essere bravo quanto Kemper Boyd.
Capitolo 6
(Washington, 8.12.58) Littell studiava in accappatoio. Si sentiva benissimo, nonostante il doposbornia: avevano festeggiato con Cordon Rouge e Glenhvet. I danni si vedevano a occhio nudo: la stanza era disseminata di bottiglie vuote e carrelli ancora pieni di cibo nemmeno sfiorato. Kemper si era controllato, lui no. La “brevità” di Hoover l‟aveva punto sul vivo; lo champagne e lo scotch l‟avevano aiutato a prendersene gioco. Caffè e aspirine non facevano alcun effetto. L‟aeroporto era chiuso per una tempesta di neve: era costretto in quella stanza d‟albergo. Hoover gli aveva inviato la copia mimeografata di un dossier perché l‟esaminasse. CONFIDENZIALE PER LA SQUADRA SCELTA CONTRO IL CRIMINE ORGANIZZATO: FIGURE CRIMINALI, LUOGHI, METODI OPERATIVI E OSSERVAZIONI CORRELATE.
Si dilungava per sessanta pagine colme di dettagli. Littell ingoiò altre due aspirine e prese a sottolineare i fatti più importanti. Obiettivo dichiarato del programma contro il crimine organizzato (abbozzato nella Direttiva N. 3401 del 19.12.57) è la raccolta di informazioni sulle attività criminali Per il momento, e fino a indicazione contraria, ogni informazione ottenuta deve essere esclusivamente riservata a usi futuri. Il programma non ha l‟incarico di istituire procedimenti giudiziari a livello federale. Le informazioni ottenute attraverso la sorveglianza elettronica possono tuttavia, a discrezione dei singoli agenti responsabili, essere trasmesse alle forze di polizia municipali e ai pubblici ministeri.
Fra le righe: Hoover sa benissimo che non si può processare la mafia e ottenere dei successi consistenti. Non è disposto a sacrificare il prestigio del Bureau per qualche condanna occasionale. Le squadre del programma contro la criminalità organizzata potranno liberamente scegliere se impiegare o meno metodi di sorveglianza elettronica. Le trascrizioni integrali e i registri relativi devono essere severamente custoditi e trasmessi all‟agente responsabile regionale per un esame periodico.
Carta bianca per cimici e fili: ottimo. La squadra di Chicago ha effettuato un‟intercettazione (soltanto microfonica) presso il negozio di sartoria Celano‟s Custom Tailors, al 620 di North Michigan Avenue. Sia l‟ufficio del procuratore distrettuale dell‟Illinois settentrionale che la divisione informazioni dello sceriffo della contea di Cook considerano tale indirizzo il quartier generale ufficioso dei pezzi grossi della mafia di Chicago, dei loro luogotenenti e di una serie di tirapiedi scelti Presso la stazione d‟ascolto e stato istituito un nutrito archivio di trascrizioni acustiche e stenografate. Priorità di ogni agente del programma è la subornazione di uno o più informatori. Fino alla data odierna (19.12.57) non e stato ancora attivato alcun canale privilegiato con il crimine organizzato di Chicago Nota qualsiasi transazione che coinvolga l‟offerta di informazioni in cambio di denaro dovrà prima essere approvata dall‟agente speciale regionale
Traduzione: TROVA IL TUO INFORMATORE. Il programma contro la criminalità organizzata autorizza attualmente l‟uso di sei agenti e una segretaria-stenografa per ufficio regionale Gli stanziamenti annuali non dovranno superare le indicazioni della Direttiva N 3403 del 19.12.57
Le cifre degli stanziamenti si susseguivano monotone per alcune pagine. Littell sfogliò il dossier fino alla voce FIGURE CRIMINALI. Sam Giancana. nato nel 1908 Noto anche come “Mo”. “Momo”. “Mooney” Giancana e il “Capo dei capi” della mafia di Chicago Succede ad Al Capone, a Paul Ricca detto “il Cameriere” e ad Anthony Accardo detto “Joe il Battitore” o “Gran Tonno” nel ruolo di sovrano del gioco d‟azzardo, dello strozzinaggio, delle lotterie clandestine, delle distributrici automatiche, della prostituzione e dei racket sindacali. Giancana è personalmente coinvolto in numerose esecuzioni mafiose. Durante la Seconda guerra mondiale è stato rifiutato dal servizio di leva in quanto “psicopatico costituzionale” Giancana vive a Oak Park, alla periferia di Chicago. Viene visto di frequente in compagnia della sua guardia del corpo personale, Dominic Michael Montalvo. detto “Butch Montrose”. nato nel 1919. Giancana mantiene anche stretti rapporti con il presidente dei Teamster, James Riddle Hoffa. Si dice abbia voce in capitolo nelle decisioni relative alle assegnazioni dei prestiti elargiti dal Fondo pensioni degli Stati centrali dei Teamster, un patrimonio fiduciario estremamente ricco e discutibilmente amministrato con cui si crede siano state finanziate numerose attività illegali. Gus Alex, nato nel 1916. (Numerosi soprannomi.) Alex, ex capo del racket della North Side, viene ora impiegato come “faccendiere” politico della mafia e contatto con elementi corrotti del dipartimento
di polizia di Chicago e dell‟ufficio dello sceriffo della contea di Cook. Lavora a stretto contatto con Murray Llewellyn Humphreys, detto “Gobba” e “Il Cammello”, nato nel 1899. Humphreys e lo “statista anziano” della mafia di Chicago. È praticamente in pensione, ma viene spesso consultato per le decisioni strategiche. John Rosselli detto “Johnny”, nato nel 1905. Rosselli e molto vicino a Sam Giancana e funge da uomo di punta nella gestione dell‟Hotel Stardust e relativo Casinò a Las Vegas. Si dice che Rosselli possieda un discreto numero di azioni di alcuni alberghi-casinò dell‟Avana, Cuba, in società con i magnati del gioco d‟azzardo cubano, Santos Trafficante Junior e Carlos Marcello, i boss mafiosi di Tampa, Florida, e New Orleans, Louisiana.
Seguivano elenchi di personaggi secondari e di vari investimenti. Era sbalorditivo: Giancana, Hoffa, Rosselli, Trafficante, Marcello e gli altri avevano contatti con la malavita di ogni singola città americana, e possedevano legittimi interessi in aziende di trasporti, locali notturni, fabbriche, ippodromi, banche, sale cinematografiche, parchi divertimenti e più di trecento ristoranti italiani. Il rapporto collettivo fra capi d‟accusa e condanne era di 308 a 14. Littell sfogliò un‟appendice: FIGURE MINORI. I boss non avrebbero certo spifferato, i pesci piccoli forse sì. Jacob Rubenstein, nato nel 1919. Detto “Jack Ruby”. Gestisce
un locale di spogliarelli a Dallas, Texas, e a tempo perso pratica il piccolo strozzinaggio. Corre voce che funga da corriere per invii periodici di denaro mafioso a personaggi politici cubani, fra cui il presidente Fulgencio Batista e il leader dei ribelli Fidel Castro. Rubenstein. Ruby e nato a Chicago, che visita di frequente, e ha mantenuto solidi collegamenti con la mafia locale. Herschel Meyer Ryskind. nato nel 1901. Detto “Hersh”. “Hesh”. “Heshie”. E un ex membro (negli anni Trenta) della “Banda Viola” di Detroit. Risiede in Arizona e nel Texas, ma mantiene forti contatti con la mafia di Chicago. Si dice sia molto attivo nel traffico di eroina della Costa del Golfo Pare sia amico intimo di Sam Giancana e James Riddle Hoffa. e che in tale ruolo abbia fatto da mediatore nelle dispute sindacali in cui era coinvolta la mafia.
“Pare”, ‟Si dice”, ‟Sembra che”. Espressioni cifrate a rivelare una verità cifrata: il dossier era generico ed equivoco. Hoover non odiava la mafia: il programma era soltanto la sua risposta alla riunione degli Appalachi. Lenny Sands, nato nel 1924. (Già Leonard Joseph Seidelwitz.) Detto “Lenny l‟Ebreo”. E considerato una sorta di mascotte della mafia di Chicago Di professione cantante e cabarettista, si esibisce di frequente alle riunioni dei gruppi mafiosi e dei Teamster della contea di Cook Si dice abbia occasionalmente recapitato denaro del crimine organizzato a ufficiali delle forze dell‟ordine cubane, stanziamenti
destinati dalla mafia a garantire un clima di disponibilità politica sull‟isola e ad assicurare il successo dei casinò dell‟Avana. Sands gestisce una serie di distributrici automatiche ed e stipendiato da una delle società di comodo della mafia di Chicago, la quasi legale “Vendo-King” (Nota: Sands è un noto “personaggio di contorno” dell‟ambiente dello spettacolo di Las Vegas e Los Angeles. Si dice anche che abbia impartito al senatore John Kennedy lezioni di dizione nel corso della campagna per le elezioni al Congresso del 1946.)
Un lacchè della mafia conosceva Jack Kennedy. E lui aveva messo le cimici nell‟appartamento di una baldracca per incastrare il senatore. Littell lesse saltando qua e là nel dossier: da FIGURIMINORI a OSSERVAZIONI CORRELATE I territori controllati dalla mafia di Chicago sono suddivisi con criteri geografici. Le zone North Side, Near North Side, West Side, South Side, Loop, i quartieri sul lago e i sobborghi meridionali sono gestiti da luogotenenti agli ordini diretti di Sam Giancana. Mario Salvatore D‟Onofrio, nato nel 1912. Detto “Mad Sal”, Sal il Pazzo. È uno strozzino e un allibratore indipendente. Gli è consentito di operare soltanto perché versa a Sam Giancana una grossa tangente. D‟Onofrio è stato condannato per omicidio di secondo grado nel 1951 e ha scontato una pena di cinque anni presso il penitenziario di Stato dell‟Illinois, a Joliet. Uno psichiatra
dell‟istituto lo ha definito un “sadico criminale di derivazione psicopatica, con incontrollabili pulsioni sadicosessuali“. Recentemente sospettato della tortura e dell‟assassinio di due golfisti professionisti del Bob O‟Link Country Club, che si diceva gli dovessero del denaro. Gli allibratori-strozzini indipendenti sono molto numerosi a Chicago. Ciò è dovuto alla politica di Sam Giancana. che pretende contributi molto sostanziosi. Uno dei più temibili luogotenenti di Giancana. Anthony Iannone, detto “Tony il Punteruolo”, nato nel 1917, funge da contatto con le fazioni degli allibratori-strozzini indipendenti. Iannone è sospettato di essere responsabile delle morti atroci di non meno di nove creditori.
Le cifre sembravano proiettarsi fuori dalle pagine. Gli strani nomi lo facevano ridere. Tony Spilotro detto “la Formica”, Felix Alderisio detto “Milwaukee Phil“, Frank Ferraro detto ”Franky il Forzuto“. Joe Amato, Joseph Cesar Di Varco, Jackie Cerone detto “Jackie il Lacchè”. Il Fondo pensioni degli Stati centrali dei Teamster rimane fonte costante di interrogativi da parte delle forze dell‟ordine. È vero che Sam Giancana ha l‟ultima parola per la concessione dei prestiti?
Qual è il criterio con cui si garantiscono i prestiti ai criminali, agli uomini d‟affari ai confini della legalità e ai membri dei racket sindacali?
Jimmy Torello detto “il Turco”, Louie Eboli detto “lo Scroccone”. Il centro informazioni del dipartimento di polizia di Miami crede che Sam Giancana sia il socio occulto della Tiger Kab Kompany. un servizio di taxi di proprietà dei Teamster gestito da rifugiati cubani sospettati di numerosi precedenti penali.
Daniel Versace detto “Dan il Mulo”, “Bob il Grasso” Paolucci… Squillò il telefono. Littell cercò la cornetta a tentoni: gli appunti gli avevano confuso la vista. — Pronto? — Sono io. — Ciao, Kemper. — Cosa stai facendo? Quando ti ho lasciato eri ubriaco come una spugna. Littell scoppiò a ridere. — Stavo leggendo il dossier del programma. E per il momento la missione antimafia di Hoover mi
impressiona ben poco. — Bada a come parli, la tua stanza potrebbe essere sorvegliata. — Che idea crudele. — Già, ma tutt‟altro che stiracchiata. Ascolta, Ward, sta ancora nevicando, non riuscirai mai a partire. Perché non vieni a trovarmi agli uffici della Commissione? Bobby e io stiamo mettendo sotto un testimone. È uno di Chicago, potresti anche scoprire qualcosa. — Una boccata d‟aria non mi farebbe male. Siete alla vecchia sede del Senato? — Esatto, ufficio 101. Mi troverai nella saletta per gli interrogatori A. Ha un corridoio con un finto specchio che ti permetterà di assistere. E non dimenticarti la versione ufficiale. Sono un federale in pensione. — Sei un abile dissimulatore, Kemper. È alquanto triste. — Non ti perdere nella neve. L‟ambiente era perfetto: un corridoio chiuso con un finto specchio e un paio di altoparlanti montati alla parete. Chiusi nella saletta A: i fratelli Kennedy, Kemper e un uomo dai capelli biondi. Le salette B, C e D erano vuote. Littell aveva il corridoio tutto per sé: probabilmente la tempesta di neve aveva trattenuto gli impiegati a casa.
Littell accese il sistema audio. Le voci presero a gracchiare con un leggero sottofondo di scariche statiche. I quattro uomini erano seduti attorno a una scrivania. Robert Kennedy faceva da padrone di casa e manovrava il registratore. — Faccia pure con calma, signor Kirpaski. Lei è un testimone volontario, siamo a sua disposizione. — Mi chiami Roland — rispose il biondo. — Nessuno mi chiama signor Kirpaski. Kemper fece un gran sorriso. — Chiunque decida di smascherare Jimmy Hoffa merita una simile formalità. Kemper il Brillante: aveva ripreso la sua cadenza strascicata del Tennessee. — Gentile da parte vostra — replicò Roland Kirpaski. — Ma sapete, Jimmy Hoffa è sempre Jimmy Hoffa. Voglio dire, è come un elefante. Non dimentica. Robert Kennedy allacciò le mani dietro la nuca. — Quando si ritroverà in galera, Hoffa avrà tutto il tempo per ricordare come ha fatto ad arrivarci. Kirpaski diede un colpo di tosse. — Vorrei dire una cosa. E vorrei… ehm… ripeterla quando testimonierò di fronte alla Commissione. — Prego — disse Kemper. Kirpaski si rilassò sulla sedia. — Sono un sindacalista.
Sono un Teamster. Ora, vi ho raccontato tutte quelle storie su Jimmy, su quello che fa, su come dice ai suoi di forzare la mano di chi non segue le regole del gioco e così via. Immagino che siano cose illegali, ma volete sapere una cosa? Non mi danno così fastidio. L‟unica ragione per cui, come dite voi, voglio smascherare Jimmy è che so fare due più due, so che fa quattro, e ho sentito abbastanza alla sezione 2109 di Chicago per rendermi conto che quel cazzone di Jimmy Hoffa si mette d‟accordo in segreto con i padroni, il che significa che è un pezzo di merda puzzolente, scusate il mio francese, e voglio che venga riportato ufficialmente che questa è la ragione per cui ho deciso di parlare. John Kennedy scoppiò a ridere. Littell si rammentò del lavoretto a casa Shoftel e tradì una smorfia. — Ne prendiamo atto, Roland — rispose Robert Kennedy. — Potrà leggere qualsiasi dichiarazione prima di testimoniare. E si ricordi che la faremo parlare soltanto quando ci sarà la televisione. La vedranno milioni di persone. — Più pubblicità otterrà, meno probabile sarà una vendetta di Hoffa — intervenne Kemper. — Jimmy non dimentica — ripeté Kirpaski. — È come un elefante. Avete quelle foto dei mafiosi che mi avete mostrato? Di quei tizi con cui l‟ho visto parlare?
Robert Kennedy sollevò alcune fotografie. — Santos Trafficante Junior e Carlos Marcello. Kirpaski annuì. — Esatto. Voglio che venga riportato ufficialmente che ho sentito parlare molto bene di quegli uomini. Si dice che assumano soltanto gli iscritti ai sindacati. Nessun mafioso mi ha mai dato dello stupido polacco della Southside. Come ho già detto, hanno fatto visita alla suite di Jimmy al Drake, e tutto ciò di cui hanno parlato è stato il tempo, i Cubs e la situazione politica di Cuba. Voglio che venga riportato ufficialmente che non ho un cazzo di niente contro la mafia. Kemper ammiccò, rivolto al finto specchio. — Nemmeno J. Edgar Hoover. Littell scoppiò a ridere. — Come? — chiese Kirpaski. Robert Kennedy tamburellò con le dita sul tavolo. — Il signor Boyd si sta esibendo per un suo collega nascosto. Ora, Roland, torniamo a Miami e Sun Valley. — Quanto mi piacerebbe — replicò Kirpaski. — Gesù, questa neve. Kemper si alzò e stirò le gambe. — Ci ripeta ancora una volta le sue osservazioni. Kirpaski fece un sospiro. — L‟anno scorso ero un delegato al congresso. Alloggiavamo al Deauville di Miami. A quei tempi ero ancora in rapporti amichevoli con Jimmy, perché non mi
ero ancora reso conto che fosse un maledetto succhiacazzi e che si mettesse d‟accordo con… Robert Kennedy lo interruppe. — Non divaghi, per cortesia. — Il punto è che feci alcune commissioni per conto di Jimmy. Passai dalla Tiger Kab, con la K del cazzo, a prendere una busta di contanti che serviva a Jimmy per portar fuori in barca certi tizi di Miami a sparare agli squali con i mitragliatori, che è una delle cose preferite di Jimmy quando è giù in Florida. Ci saranno state almeno tremila cocuzze. La stazione dei taxi era come Marte. Tutti questi pazzi cubani con le camicie tigrate. Il capo si chiamava Fulo. Stava vendendo televisori rubati nel parcheggio sul retro. La Tiger Kab è gestita rigorosamente in contanti. Se volete la mia modesta opinione, ha tutta l‟aria di un trucco per evadere il fisco. Una scarica fece tremare un altoparlante. Littell premette il pulsante del muto e regolò il volume. John Kennedy sembrava annoiato e irrequieto. Robert Kennedy scarabocchiava su un taccuino. — Ci parli di nuovo di Anton Gretzler. — Uscimmo in barca — riprese Kirpaski. — C‟era anche Gretzler. Lui e Jimmy confabulavano a un‟estremità del ponte, tenendosi a distanza da quelli che sparavano. Io ero in coperta, chiuso in bagno. Soffrivo il mal di mare. Immagino che Jimmy e Gretzler fossero convinti che non li sentisse nessuno, perché
stavano discutendo di cose dall‟aria poco legale, cose di cui, e chiedo che questo venga riportato ufficialmente, non me ne frega un cazzo, perché non riguardano accordi segreti con i padroni. John Kennedy si picchiettò l‟orologio. Kemper spronò Kirpaski. — Di cosa discutevano esattamente? — Di Sun Valley. Gretzler disse che aveva fatto fare i rilievi topografici, e che il perito gli aveva assicurato che la terra non sarebbe sprofondata nella palude per almeno cinque anni, che dal punto di vista legale erano sufficienti a scagionarli. Jimmy disse che avrebbe potuto farsi dare tre milioni di dollari dal Fondo pensioni, con cui avrebbero potuto acquistare la terra e i materiali per i prefabbricati e forse anche mettersi in tasca qualcosa fin da subito. Robert Kennedy scattò in piedi. La sua sedia cadde a terra, facendo tremare il finto specchio. — È una testimonianza eccezionale! È praticamente un‟ammissione di frode immobiliare e intento di defraudare il Fondo pensioni! Kemper rimise a posto la sedia. — In tribunale vale soltanto se Gretzler la conferma o giura il falso negandola. Senza Gretzler, si riduce tutto alla parola di Roland contro quella di Hoffa. Diventa un problema di credibilità, e Roland ha due condanne per guida in stato di ubriachezza, mentre
Hoffa è tecnicamente pulito. Bobby fumava di rabbia. — Bob — proseguì Kemper — Gretzler è morto, ne sono sicuro. La sua auto è stata scaricata nella palude, e di lui non c‟è la minima traccia. L‟ho cercato in lungo e in largo, ma non ho trovato alcun indizio valido. — Potrebbe anche aver messo in scena la propria morte per evitare di testimoniare di fronte alla Commissione. — Mi pare poco probabile. Bobby si mise a cavalcioni della sedia e si afferrò alle assicelle. — Forse hai ragione. Ma tornerai comunque in Florida per controllare. — Ho fame — intervenne Kirpaski. Jack sollevò gli occhi al cielo. Kemper gli ammiccò. Kirpaski sospirò. — Ho detto che ho fame. Kemper controllò l‟orologio. — Faccia un bel riassunto per il senatore, Roland. Ci dica di quando Gretzler si ubriacò e cominciò a parlare. — Ho capito. Se vuoi mangiare, canta. — Maledizione… — scattò Bobby. — Va bene, va bene. Accadde dopo la caccia agli squali. Gretzler era incazzato: Jimmy l‟aveva preso in giro perché imbracciava il suo mitragliatore come una mammoletta. E iniziò a blaterare su queste voci che aveva sentito circa il Fondo
pensioni. Disse di aver sentito dire che il Fondo era molto più ricco di quanto la gente credeva, ma che nessuno riusciva a sequestrare i registri, perché i registri erano falsi. Disse che esistevano dei “veri” registri del Fondo pensioni, probabilmente in codice, su cui erano riportate decine di milioni di dollari del cazzo. Il denaro, spiegò, viene prestato a interessi esorbitanti, e il contabile è un gangster di Chicago in pensione, un vero cervello, ma se state pensando a come dimostrare tutto ciò, lasciate pure perdere, perché c‟eravamo soltanto io e Gretzler. Bobby Kennedy si lisciò i capelli all‟indietro. Il suo tono di voce si fece stridulo come quello di un bambino eccitato. — È il nostro piede di porco, Jack. Prima sequestriamo i registri di facciata e stabiliamo la loro solvibilità. Rintracciamo i prestiti riportati ufficialmente e poi cerchiamo di dimostrare l‟esistenza dei fondi segreti e dei registri “veri”. Littell si avvicinò al vetro. Si sentiva attratto come da una calamita: Bobby l‟appassionato dai capelli arruffati… Jack Kennedy tossicchiò. — È roba forte. Sempre che tu riesca a procurarti testimonianze verificabili sui registri prima che scada il mandato della Commissione. Kirpaski applaudì. — Ehi, ma allora parla. Senatore, lieto che ci abbia raggiunti. Jack Kennedy si esibì in una smorfia di finta offesa. — I
miei investigatori passeranno le prove raccolte alle forze dell‟ordine — spiegò Bobby. — Qualsiasi cosa riusciremo a trovare, avrà un seguito. — Ma quando? — chiese Jack. Littell tradusse: “Troppo tardi perché serva alla mia carriera“. Gli sguardi dei fratelli si incrociarono. Kemper si sporse sul tavolo fra loro. — Hoffa ha già costruito un isolato di villette a Sun Valley. In questo momento è giù di persona, impegnato in un giro di pubbliche relazioni. Roland andrà a dare un‟occhiata. Dirige una sezione di Chicago, dunque non susciterà sospetti. Ci chiamerà e ci dirà quello che ha visto. — Già — rispose Kirpaski. — E già che ci sono, “vedrò” anche una camerierina che ho conosciuto durante il congresso. Ma volete sapere una cosa? A mia moglie non dirò che è compresa nel menu. Jack fece cenno a Kemper di avvicinarsi. Littell captò bisbigli intrecciati a scariche statiche: — Appena smette di nevicare andrò a Los Angeles. — Chiama Darleen Shoftel. Sono certo che sarà lieta di conoscerti. Robert Kennedy chiuse la sua cartella. — Andiamo, Roland. La invito a cena e le presento la mia famiglia. Cerchi di non concedersi troppi “cazzo” di fronte ai miei figli. Impareranno il concetto già fin troppo presto.
I quattro uscirono da una porta sul retro. Littell si appoggiò al vetro per un‟ultima occhiata a Bobby.
Capitolo 7 (Los Angeles, 9.12.58) Darleen Shoftel metteva in scena orgasmi selvaggi. Darleen Shoftel invitava a casa propria amiche battone per scambiarsi confidenze di lavoro. Darleen adorava fare nomi. Diceva che a Franchot Tone piacesse essere legato. Chiamava Dick Contino un campione di tuffi nel pelo. Soprannominava Steve Cochran, l‟attore di film di serie B, “Mister Taglia Extra”. Riceveva e faceva telefonate. Darleen chiacchierava con i clienti, le amiche puttane e mammina, di casa a Vincennes, Indiana. A Darleen piaceva parlare. Ma non diceva nulla che potesse spiegare perché due federali le avessero riempito la casa di cimici. Intercettavano le trasmissioni dei federali ormai da quattro giorni. Il 1541 di North Alta Vista era tutto un microfono. Fred Turentine si era agganciato all‟impianto di Boyd e Littell. Udiva tutto ciò che sentiva l‟FBI. I federali avevano
affittato una stazione d‟ascolto a un isolato di distanza; Freddy seguiva a bordo di un furgoncino parcheggiato di fronte e forniva a Pete i nastri delle registrazioni. E Pete, sentendo odore di denaro, aveva chiamato Jimmy Hoffa: forse un po‟ troppo prematuramente. — Hai un odorato fine — aveva risposto Jimmy. — Raggiungimi giovedì a Miami e raccontami cos‟hai scoperto. Se non hai nulla, potremmo uscire in barca a sparare agli squali. Giovedì era l‟indomani. La caccia agli squali era una cosa da depravati. La paga di Freddy, duecento dollari: piuttosto alta per un corso accelerato in chiacchiere sessuali. Pete bighellonava nella sua dimora di lusso. Pregustava già il momento in cui avrebbe detto con noncuranza a Hughes: “So che hai prestato del denaro al fratello di Dick Nixon“. Annoiato, continuava a riascoltare i nastri. Tornò a premere il pulsante dell‟avviamento. Darleen gemeva. Le molle del materasso cigolavano. Qualcosa di simile alla testata di un letto picchiava contro un muro. Immaginò la scena: Darleen montata da un grasso porcaccione. Squillò il telefono. Pete afferrò rapido il ricevitore. — Chi è? — Sono Fred. Vieni subito. Abbiamo fatto centro.
Il furgoncino era invaso da strumenti e aggeggi strani. Salendovi, Pete batté le ginocchia. Freddy sembrava eccitato. La cerniera dei suoi calzoni era abbassata, come se fino a poco prima fosse stato impegnato a sbucciarsi il salame. — Ho riconosciuto immediatamente l‟accento di Boston — annunciò. — Ti ho chiamato non appena hanno iniziato a scopare. Ascolta, è in diretta. Pete si mise le cuffie. Darleen Shoftel parlava forte e chiaro. —… sei più eroico di tuo fratello. Ho letto un articolo sul Time. La tua torpediniera fu silurata dai giapponesi, o qualcosa del genere. — Nuoto meglio di Bobby, questo è vero. Vincita da tre ciliegine: la vecchia fiamma di Gail Hendee, Jack K. Darleen: — Ho visto la foto di tuo fratello su Newsweek. È vero che ha qualcosa come quattromila figli? Jack: — Almeno tremila, ma ne spuntano continuamente di nuovi. Quando vai a casa loro, le piccole merde ti si aggrappano alle caviglie. Mia moglie trova volgare questo suo bisogno di procreare. Darleen: — “Bisogno di procreare”… carino. Jack: — Bobby è un vero cattolico. Deve fare figli e punire
coloro che odia. Se i suoi istinti non fossero così infallibili, sarebbe un enorme dito nel culo. Pete si afferrò alla cuffia. Jack Kennedy proseguì a parlare nel tono languido da dopo-scopata: — Io non odio come Bobby. Bobby odia con rabbia. Nei confronti di Jimmy Hoffa prova qualcosa di molto semplice e potente, ed è proprio per questo che alla fine vincerà. Ieri ero a Washington con lui. Stava ascoltando la deposizione di un sindacalista che, disgustato da Hoffa, ha deciso di parlare. Uno stupido, coraggioso polacco, Roland qualcosa, di Chicago, e Bobby se lo porta a casa a cena. Capisci, ehm… — Darleen. — Giusto, Darleen. Capisci, Darleen? Bobby è più eroico del sottoscritto perché è sinceramente appassionato e generoso. Gli strumenti lampeggiavano, il nastro girava. Avevano vinto il primo premio della lotteria: nell‟udire quel dialogo Jimmy Hoffa si sarebbe CACATO nei pantaloni. Darleen: — Sono ancora convinta che l‟impresa della torpediniera non sia stata affatto male. Jack: — Arlene, sei un‟ottima ascoltatrice. Fred sembrava sul punto di SBAVARE. Le sue pupille del cazzo mostravano i simboli del dollaro. Pete serrò i pugni. — Questa è roba mia. Tu stai seduto tranquillo e fa‟ quello che ti dico.
Freddy si fece piccolo. Pete sorrise: le sue mani facevano sempre paura. Un Tiger Kab era venuto a prenderlo all‟aeroporto. Il taxista non la smetteva di parlare di politica cubana: El Grande Castro avanzava! Puto Batista in ritirata! Pancho lo fece scendere alla stazione dei taxi. Jimmy aveva requisito il capanno del centralino: i suoi sindacalisti stavano indossando giubbotti antiproiettile e imbracciando i mitra. Hoffa cacciò via tutti. —Jimmy, come stai? — lo salutò Pete. Hoffa afferrò una mazza chiodata. — Bene, grazie. Ti piace? Quando gli squali si avvicinano alla barca, gli si può dare qualche bella sberla. Pete sistemò il registratore e attaccò la spina a una presa a terra. La carta da parati tigrata gli faceva girare la testa. — Carino, ma io ti ho portato di meglio. — Hai detto che sentivi odore di soldi. Intendevi dire i miei soldi in cambio del tuo disturbo. — C‟è dietro una storia. — Non mi piacciono le storie, se non quando ne sono l'eroe. E tu sai quanto sono occupato… Pete gli posò una mano sul braccio. — Sono stato contattato da un agente dell‟FBI. Mi ha detto di avere “accesso” alla Commissione McClellan. Ha capito che sono
stato io a eliminare Gretzler, e ha detto che a Hoover non importa. Conosci Hoover, Jimmy. Ha sempre lasciato in pace sia te che l‟Organizzazione. Hoffa liberò il braccio. — E allora? Credi che abbiano qualche prova? È di questo che parla il nastro? — No. Credo che il federale stia spiando Bobby Kennedy e la Commissione per conto di Hoover, o qualcosa del genere, e penso che Hoover sia dalla nostra parte. Ho pedinato l‟agente e un suo amico fino a uno scannatoio di Hollywood. L‟hanno riempito di cimici, e il mio uomo, Freddy Turentine, si è inserito. Ora ascolta. Hoffa picchiettò il piede con fare annoiato. Hoffa si spazzolò dalla camicia un batuffolo di lanugine tigrata. Pete accese il registratore. Il nastro cominciò a sibilare. Gemiti eccitati e cigolii di materasso aumentarono di ritmo. Pete cronometrò la scopata. John F. Kennedy: un uomo da due minuti e quaranta secondi. Darleen Shoftel finse un orgasmo. Eccolo, il lamento da bostoniano: — Mi ha ceduto la schiena, maledizione. — Mmmmm, è stato bello — replicò Darleen. — Breve e dolce è come lo preferisco. Jimmy fece ruotare la mazza da baseball. I peli gli si erano rizzati sulle braccia. Pete premette l‟avanzamento veloce e giunse al bello. Jack
Due Minuti raccontava entusiasta: —… un sindacalista disgustato da Hoffa… un polacco stupido e coraggioso, Roland qualcosa, di Chicago. Hoffa aveva la pelle d‟oca. Hoffa serrò la presa sulla mazza. — Questo Roland ha una certa sfrontatezza da classe operaia… Bobby ha affondato i denti su Hoffa. E quando Bobby morde, non lascia più la presa. Hoffa aveva una doppia pelle d‟oca. Hoffa strabuzzava gli occhi come un negro da operetta. Pete fece un passo indietro. Hoffa si scatenò. La Louisville Slugger chiodata prese a MULINARE… Ridusse le sedie a un ammasso di legnetti. Spezzò le gambe delle scrivanie. Sfondò i muri fino agli zoccoli. Pete si tenne mooolto a distanza. Un Gesù di plastica luminescente usato come fermaporta esplose in otto milioni di pezzi. Volarono cataste di fogli. Rimbalzarono schegge. Gli autisti osservavano dal marciapiede. Jimmy scaricò un gran colpo sulla finestra e li coprì di una pioggia di vetri. James Riddle Hoffa, ansimante e in uno stato di stupore da vudù. La mazza rimase impigliata nel montante di una porta.
Jimmy la fissò: che cazzo succede? Pete lo strinse forte in un abbraccio. Jimmy roteò gli occhi, catatonico. Hoffa si contorceva nella stretta. Pete serrò la presa fin quasi a togliergli il fiato e gli si rivolse come a un bambino. — Posso tenere Freddy di sorveglianza per duecento dollari al giorno. Prima o poi otterremo qualcosa con cui incastrare i Kennedy. Ho messo le mani anche su alcuni scandaletti politici. Un giorno o l‟altro potrebbero tornarci utili. Hoffa tornò alla realtà, quasi lucido. La sua voce strideva come se avesse inspirato gas esilarante. — Che… cosa… vuoi? — Hughes sta perdendo la testa. Stavo pensando di mettermi con te e coprirmi le spalle. Hoffa si liberò dell‟abbraccio. Il suo odore era soffocante: sudore e acqua di colonia da due soldi. Il volto tornò ad assumere un colore normale. La respirazione si fece regolare. La voce scese di qualche ottava. — Ti darò il 5 per cento di questa stazione. Tieni in funzione l‟intercettazione di Los Angeles e fatti vedere ogni tanto per mettere in riga i cubani. Non cercare di arrivare al 10 per cento: ti manderei affanculo e ti rispedirei a Los Angeles in pullman.
— Affare fatto — disse Pete. — Devo andare a Sun Valley — riprese Jimmy. — Vuoi venire? Presero un Tiger Kab. L‟attrezzatura da caccia agli squali riempiva il bagagliaio: mazze chiodate, mitragliatori e oli abbronzanti. Fulo Machado era al volante. Jimmy si era cambiato. Pete si era dimenticato di portare abiti di ricambio: gli era rimasto addosso l‟odore di Hoffa. Nessuno parlava: il broncio di Jimmy Hoffa vanificava ogni conversazione. Superarono pullman pieni di Teamster in visita alle villette-bidone. Pete fece qualche calcolo mentale. Dodici taxisti per un servizio a ciclo completo. Dodici uomini con carte verdi procurate da Jimmy Hoffa che accettavano guadagni da miseria pur di restare in America. Dodici uomini dal doppio lavoro: rapinatori, crumiri, magnaccia. Il 5 per cento degli incassi regolari più tutto ciò che sarebbe riuscito a raggranellare: un affare che prometteva bene. Fulo uscì dall‟autostrada. Pete scorse il luogo in cui aveva fatto fuori Anton Gretzler. Seguirono una processione di pullman diretti verso il villaggio-fregatura: si trovava ad almeno cinque chilometri dalla statale.
Riflettori cinematografici illuminavano la scena: una luce esageratamente brillante, come una prima al Grauman‟s Chinese Theatre. A prima vista Sun Valley faceva una bella impressione: piacevoli villette affacciate su uno spiazzo asfaltato. Gruppi di Teamster bevevano seduti attorno a tavoli da gioco: almeno duecento uomini pigiati come sardine nei sentieri fra casa e casa. Un parcheggio di ghiaia era invaso di auto e pullman. Accanto vi era un grosso barbecue. Un manzo impalato ruotava colando grasso. Fulo parcheggiò vicino alla massa di gente. — Aspettatemi qui — disse Jimmy. Pete scese dall‟auto e si stirò. Hoffa si lanciò fra la folla. Venne subito circondato da una corte di leccapiedi. Fulo prese ad affilare la lama del suo machete con una pietra pomice. Quindi, lo inserì in una guaina allacciata al sedile posteriore. Pete osservò Jimmy lavorarsi la folla. Mostrava le villette. Faceva brevi discorsetti e divorava pezzi di carne. Quindi, abbracciò un biondo dall‟aria polacca e lo sollevò in aria facendogli fare un giro completo. Pete fumava una sigaretta dopo l‟altra. Fulo accese la radio del taxi: una trasmissione religiosa in spagnolo. Qualche pullman ripartì. Due auto cariche di prostitute si
fermarono nel parcheggio: una batteria di donnine cubane con la scorta di alcuni sbirri fuori servizio. Jimmy distribuiva domande d‟acquisto come un piazzista. Alcuni Teamster salirono in auto e ripartirono sbandando, ubriachi ed eccitati. Il polacco montò su una Chevy a noleggio e slittò sulla ghiaia come se avesse un appuntamento scottante. Jimmy tornò al taxi a passi rapidi: le sue gambe tozze avevano inserito la quinta. Non c‟era bisogno di una spiegazione: il polacco era Roland Kirpaski. Salirono sulla slitta tigrata. Fulo premette l‟acceleratore a tavoletta. Il predicatore radiofonico si lanciò in una richiesta di donazioni. Fulo dal piede di piombo aveva capito l‟antifona. Fulo dal piede di piombo accelerò da zero a novanta all‟ora in meno di sei secondi. Pete scorse le luci posteriori della Chevy. Fulo accelerò e la tamponò. L‟auto perse il controllo e finì fuori strada, spezzando qualche alberello e fermandosi. Fulo si accostò. Il fascio dei fari bombardò Kirpaski mentre arrancava attraverso una pianura folta di gramigna. Jimmy scese e lo rincorse, brandendo il machete di Fulo. Kirpaski inciampò e si rialzò, mostrando i due medi sollevati:
vaffanculo, Hoffa. Hoffa gli si fece sotto mulinando il machete. Kirpaski crollò a terra, i polsi che spruzzavano fiotti di sangue. Jimmy gli scaricò un fendente a due mani, sollevando una pioggia di brandelli di cuoio capelluto. Il buffone alla radio continuava a blaterare. Il corpo di Kirpaski era in preda alle convulsioni. Jimmy si ripulì gli occhi dal sangue e riprese a colpire.
Capitolo 8 (Miami, 11.12.58) Era un giochetto che Kemper definiva Avvocato del Diavolo. L‟aiutava a stabilire le giuste fedeltà e affinava la sua abilità nell‟interpretare il personaggio giusto al momento giusto. La sfiducia di Bobby Kennedy gli era d‟ispirazione. Il suo accento sudista l‟aveva tradito soltanto una volta, e a Bobby non era sfuggito. Kemper si aggirava per le vie di South Miami. Iniziò il giochetto ripassando chi sapeva cosa. Hoover sapeva tutto. La “pensione” dell‟agente speciale Boyd era corroborata dalla documentazione ufficiale dell‟FBI: se Bobby l‟avesse cercata, l‟avrebbe trovata. Claire sapeva tutto. Non avrebbe mai giudicato le sue motivazioni, né l‟avrebbe tradito. Ward Littell sapeva dell‟infiltrazione nel clan Kennedy. Molto probabilmente non l‟approvava: il fervore da nemico del crimine di Bobby l‟aveva profondamente impressionato. Ma Ward era anche suo complice nell‟infiltrazione, compromesso
dalle cimici nascoste a casa di Darleen Shoftel. Un lavoretto di cui si vergognava, ma la gratitudine per il trasferimento al programma contro la criminalità organizzata superava i suoi sensi di colpa. Ward non sapeva che Pete Bondurant aveva ucciso Anton Gretzler; Ward non sapeva che Hoover aveva deciso di lasciar correre. Bondurant lo terrorizzava: una reazione naturale a Big Pete e alle leggende che ispirava. La faccenda Bondurant doveva essergli tenuta nascosta a ogni costo. Bobby sapeva che lui stava facendo da magnaccia per Jack, fornendogli un nutrito numero di vecchie fiamme particolarmente sensibili al fascino maschile. La fase successiva del gioco era una serie di domande e risposte: un‟ottima pratica per vincere lo scetticismo. Kemper frenò per far passare una donna carica di sacchetti della spesa. Il giochetto scattò al presente. Bobby crede che stia cercando indizi sulla morte di Anton Gretzler. In realtà sto proteggendo il criminale preferito di Howard Hughes. D: Sembri destinato a intrufolarti nel cuore del clan Kennedy. R: Posso scorgere le persone di successo a chilometri di distanza. Farmi amici dei democratici non significa diventare automaticamente comunista. Il vecchio Joe Kennedy è a destra
quanto Hoover. D: Ti sei “fatto amico” Jack abbastanza in fretta. R: In circostanze diverse, io stesso avrei potuto essere Jack. Kemper controllò il suo taccuino. Doveva passare dalla Tiger Kab. Doveva andare a Sun Valley e mostrare foto segnaletiche al testimone che aveva visto “l‟uomo grande e grosso“ distogliere il volto mentre lo superava sulla statale. Gli avrebbe mostrato immagini vecchie, poco somiglianti al Bondurant del presente. E avrebbe scoraggiato una conferma: non è questo l‟uomo che ha visto, vero? Un taxi tigrato frenò bruscamente davanti a lui. In fondo all‟isolato, Kemper scorse un capanno tigrato. Accostò e parcheggiò sul lato opposto della strada. Alcuni perdigiorno da marciapiede sentirono odore di sbirro e si dispersero. Entrò nel capanno. Scoppiò a ridere: le pareti erano ricoperte di una carta da parati di velluto tigrato irruvidito. Quattro cubani dalle camicie tigrate si alzarono e lo circondarono. Portavano le camicie fuori dai pantaloni, a coprire rigonfiamenti in vita. Kemper estrasse le foto segnaletiche. Gli uomini tigre gli si strinsero attorno. Uno estrasse uno stiletto e prese a grattarsi il
collo con la lama. Gli altri risero. Kemper si rivolse a quello più vicino. — L‟avete mai visto? L‟uomo fece circolare le foto segnaletiche. Lo riconobbero tutti, ma la risposta fu unica: — No. Kemper le riprese. Vide un bianco sul marciapiede intento a controllare la sua auto. L‟uomo con lo stiletto gli si accostò, seguito dalle risatine degli altri. Fece roteare la lama sotto gli occhi del gringo. Kemper lo stese con un colpo di judo, scaricandogli un calcio sul ginocchio. L‟uomo crollò prono a terra e fece cadere il coltello. Kemper l‟afferrò. Gli uomini tigre arretrarono in massa. Kemper bloccò con un piede la mano destra dell‟uomo a terra e vi piantò il coltello. L‟uomo gridò. Gli altri trattennero il fiato e ridacchiarono. Kemper uscì di scena con un piccolo inchino. Imboccò la I-95 verso Sun Valley. Una berlina grigia gli si mise alle calcagna. Kemper cambiò corsia, rallentò, accelerò: l‟auto lo stava pedinando alla classica distanza. Uscì dalla statale e svoltò nel viale principale di una piccola città che correva perpendicolare all‟uscita: quattro stazioni di servizio e una chiesa.
Si immise nello spiazzo di una stazione Texaco e parcheggiò. Si diresse in bagno. Con la coda dell‟occhio vide l‟auto grigia accostarsi alle pompe. Ne scese il bianco che aveva visto accanto alla Tiger Kab e si guardò attorno. Kemper chiuse la porta del bagno ed estrasse la pistola. Il locale era lurido e puzzava. Kemper tenne d‟occhio la lancetta dei secondi del suo orologio. Al cinquantunesimo scatto udì avvicinarsi dei passi. L‟uomo socchiuse la porta. Kemper lo trascinò all‟interno e lo spinse contro la parete. Era sui quarant‟anni, magro, capelli biondo-rossicci. Kemper lo perquisì con attenzione. Niente distintivo, niente pistola, niente portadocumenti in finta pelle. Non batteva le palpebre. Ignorava la rivoltella puntata in piena faccia. — Mi chiamo John Stanton — disse. — Rappresento un‟agenzia governativa, e le voglio parlare. — Di cosa? — Di Cuba — rispose Stanton.
Capitolo 9 (Chicago, 11.12.58). Candidato informatore al lavoro: Lenny Sands l‟Ebreo raccoglieva gli incassi dei jukebox. Littell lo stava pedinando. In un‟ora avevano già sbrigato sei taverne di Hyde Park: Lenny era un tipo veloce. Lenny faceva commenti spiritosi. Lenny sparava battute. Lenny distribuiva bottigliette “mignon” di Johnnie Walker Red Label. Lenny raccontava la barzelletta di Bel Pom Pin, il succhiacazzi cinese, e nel giro di sette minuti intascava gli incassi. Lenny non era un grande esperto in pedinamenti. Lenny aveva caratteristiche uniche secondo il suo dossier: cabarettistagaloppino dei cubani-mascotte mafiosa. Lenny si immise nel parcheggio del Tillerman‟s Lounge. Littell scese dall‟auto e lo seguì dopo una trentina di secondi. Il locale era troppo riscaldato. Lo specchio dietro il bar gli restituì la sua immagine: giaccone da boscaiolo, pantaloni di tela, stivali da lavoro. Aveva sempre l‟aria del professore universitario.
Le pareti erano decorate con le insegne dei Teamster. Spiccava una lucida fotografia incorniciata: Jimmy Hoffa e Frank Sinatra sollevavano pesci da trofeo. Una clientela di lavoratori si serviva a un buffet caldo. Lenny era seduto a un tavolo sul retro in compagnia di un uomo tarchiato intento a divorare un piatto di manzo sotto sale. Littell lo identificò subito: Jacob Rubenstein, noto anche come Jack Ruby. Lenny aveva portato con sé i sacchetti per raccogliere le monete, Ruby una valigia. Un probabile trasferimento degli incassi. Attorno a loro non vi erano tavoli liberi. Alcuni uomini bevevano il pranzo appoggiati al bancone: bicchierini di rye seguiti da boccali di birra. Littell ordinò lo stesso con un cenno. Nessuno rise né commentò. Il barista lo servì e prese il suo denaro. Littell si scolò il pranzo in un sol sorso, come i suoi fratelli Teamster. Il rye lo fece sudare, la birra gli diede la pelle d‟oca. La combinazione gli calmò i nervi. Aveva partecipato alla prima riunione della squadra. Gli altri uomini sembravano offesi: Hoover l‟aveva inserito di persona. Un agente di nome Court Meade era stato amichevole; gli
altri l‟avevano accolto con cenni del capo e strette di mano poco entusiaste. Era al terzo giorno di lavoro con la squadra. Aveva già svolto tre turni alla stazione d‟ascolto, intercettando le voci dei mafiosi di Chicago. Il barista gli si avvicinò. Littell sollevò due dita: lo stesso gesto con cui i suoi fratelli Teamster chiedevano di riempire i bicchieri. Sands e Ruby continuavano a parlare. Ai tavoli attorno al loro non c‟era posto: Littell non riusciva a sentirli. Bevette e pagò. Il rye gli diede subito alla testa. Bere sul lavoro era una violazione delle regole del Bureau. Niente di strettamente illegale, come mettere le cimici in uno scopatoio per incastrare un politico. L‟agente alla stazione d‟ascolto nei pressi di casa Shoftel era probabilmente sommerso dal materiale: non aveva ancora inviato un nastro. L‟odio che Hoover provava per i Kennedy gli sembrava folle e assurdo. Robert Kennedy gli pareva un personaggio eroico. La sua gentilezza nei confronti di Roland Kirpaski gli era sembrata pura e genuina. Si era liberato un tavolo. Littell attraversò la coda per il buffet e lo prese al volo. Lenny e Rubenstein-Ruby erano a meno di un metro di distanza.
Ruby stava parlando. Dalla bocca il cibo colava sul tovagliolo sistemato a bavaglio. — Heshie è convinto di avere il cancro o chissà cosa. Con Hesh, un foruncolo diventa sempre un tumore maligno. Lenny piluccava un panino. — Heshie è un tipo di classe. Quando mi esibivo allo Stardust Lounge, nel „54, veniva a sentirmi ogni sera. Heshie ha sempre preferito noi pesci piccoli ai grandi artisti. Gesù Cristo e i suoi apostoli avrebbero potuto essere alla sala grande del Dunes, ma Heshie si presentava in chissà quale localaccio per sentire l‟ultimo dei gorgheggiatori italiani soltanto perché il cugino era uno dell‟organizzazione. — Heshie adora i pompini — disse Ruby. — Si fa fare soltanto le pompe. Dice che gli fa bene alla prostata. Mi ha confidato di non pucciare il biscotto dai tempi in cui era con i Viola, negli anni Trenta. Una femmina goy aveva cercato di incastrarlo sostenendo che fosse il padre del suo bambino. Heshie sostiene di essersi fatto fare più di diecimila pompini. Mentre viene servito, gli piace guardare il Lawrence Welk Show. Ha nove dottori, uno per ciascuna delle malattie che crede di avere, e tutte le infermiere lo succhiano. È così che ha scoperto che fa bene alla prostata. “Heshie” era con ogni probabilità Herschel Meyer Ryskind: “attivo nel traffico di eroina della Costa del Golfo”. — Jack — tagliò corto Lenny — mi dispiace rifilarti tutta
questa moneta, ma non ho avuto tempo di passare dalla banca. Sam è stato molto chiaro. Ha detto che saresti passato a raccogliere e che avevi poco tempo. Ma sono contento che abbiamo avuto il tempo di fare due chiacchiere: è sempre uno spettacolo guardarti mangiare. Ruby passò la mano sul tovagliolo. — Più il cibo è buono, più faccio disastri. A Dallas c‟è un posto dove si mangia da Dio. Qui, la camicia finisce con qualche spruzzo. Laggiù è come se fosse dipinta. — A chi vanno i soldi? — Sia a Batista che al Barbuto. Santos e Sam si vogliono parare il culo da ogni rischio. Ci andrò la settimana prossima. Lenny scostò il suo piatto. — Ho un nuovo numero in cui Castro viene in America e trova un impiego come poeta beatnik. Si mette a fumare la mariagiovanna e a parlare come un negro. — Sei un talento da sala grande, Lenny. Io l‟ho sempre detto. — Non smettere, Jack. Se continui a ripeterlo, qualcuno potrebbe anche sentirti. Ruby si alzò. — Ehi, non si sa mai. — Hai ragione. Shalom, Jack. È sempre un piacere assistere a un tuo pasto. Ruby uscì con la valigia. Lenny l‟Ebreo si accese una
sigaretta e alzò gli occhi al cielo. Cabarettisti. Pompini. Pranzi a base di rye e birra. Littell fece ritorno all‟auto in preda alle vertigini. Lenny lasciò il locale venti minuti più tardi. Littell lo pedinò fino a Lake Shore Drive, in direzione nord. La schiuma delle onde giungeva a colpire il parabrezza: il vento ululante agitava il lago. Littell portò il riscaldamento al massimo. Un caldo eccessivo rimpiazzò il gelo. L‟alcol gli dava la sensazione che la sua bocca fosse imbottita di cotone e lo faceva sentire un po‟ stordito. La strada davanti a lui sembrava tuffarsi di continuo nel vuoto… ma solo di qualche centimetro. Lenny inserì la freccia. Littell cambiò di corsia e gli scivolò dietro. Scesero verso la Gold Coast: troppo lussuosa per essere territorio da Vendo-King. Lenny imboccò Rush Street verso ovest. Littell scorse una batteria di locali di classe: facciate di arenaria e discrete insegne al neon. Lenny parcheggiò ed entrò nell‟Hernando‟s Hideaway. Littell vi passò accanto a velocità ridottissima. La porta ruotò sui cardini, rivelando due uomini in un bacio appassionato: un‟immagine subliminale di non più di mezzo secondo.
Littell si fermò in seconda fila e si cambiò: dal giaccone da boscaiolo a un blazer blu. Calzoni di tela e stivali dovevano restare. Superò una folata di vento ed entrò. Il locale era immerso nell‟oscurità e nella quiete del pomeriggio. L‟arredamento non era eccessivo: legno lucido e pelle verde scura. Un cordone delimitava la zona del bar. Alle estremità opposte del bancone sedevano due coppie: un paio di uomini di una certa età, Lenny e uno studentello universitario. Littell si sedette nel mezzo. Il barista lo ignorò. Lenny stava parlando. La sua inflessione si era fatta più studiata: aveva abbandonato il brontolio e le inflessioni yiddish. — Larry, avresti dovuto vederlo mangiare, quel disgraziato. Il barista si avvicinò. — Rye e birra — ordinò Littell. Alcune teste si voltarono verso di lui. Il barista riempì un bicchierino. Littell lo scolò in un sorso e prese a tossire. — Ragazzi, che sete — fece il barista. Littell si cacciò la mano in tasca alla ricerca del portafoglio. Il portadocumenti scivolò fuori e atterrò sul bancone, mostrando il distintivo. Littell lo riprese e gettò al suo posto qualche moneta. — Niente birra? — chiese il barista.
Littell tornò in ufficio e scrisse il suo rapporto. Masticò una confezione di Cloret per cancellare l‟alcol dall‟alito. Non menzionò ciò che aveva bevuto, né il disastro dell‟Hernando‟s Hideaway. Mise in evidenza il punto principale: Lenny Sands poteva avere una vita segreta omosessuale. Si sarebbe potuta rivelare un‟ottima leva per ricattarlo: era ovvio che nascondeva quel lato di sé ai suoi amici e soci della mafia. Lenny non l‟aveva notato. Il suo pedinamento non era ancora compromesso. Court Meade picchiettò sul vetro del suo cubicolo. — Interurbana per te, Ward. Un uomo di nome Boyd da Miami sulla linea 2. Littell sollevò il ricevitore. — Ciao, Kemper. Cosa stai facendo ancora in Florida? — Sto lavorando a fini opposti per Bobby e per Hoover, ma non dirlo a nessuno. — Qualche risultato? — Be‟, continuo a ricevere approcci, e contemporaneamente i testimoni di Bobby non smettono di sparire. Direi che siamo pari. Ward… — Hai bisogno di un favore. — Due, a dire il vero. Littell inclinò la sedia all‟indietro. — Ti ascolto.
— Helen arriva stasera a Chicago — spiegò Boyd. — Volo United 84, da New Orleans. Atterra alle 17,10. Andresti a prenderla e l‟accompagneresti in albergo? — Ma certo. E anche a cena. Gesù, è un po‟ all‟ultimo momento, ma che bella notizia. Boyd rise. — È la nostra Helen, viaggiatrice impulsiva. Ward, ti ricordi di Roland Kirpaski? — Kemper, sono passati soltanto tre giorni. — Esatto. Dovrebbe trovarsi qui in Florida, ma non riesco a rintracciarlo. Avrebbe dovuto mettersi in contatto con Bobby e fare rapporto sulla truffa di Sun Valley, ma non ha telefonato. Ieri sera ha lasciato l‟albergo, e da allora non l‟hanno più visto. — Vuoi che vada a casa sua e parli con la moglie? — Sì, se non ti spiace. Se riesci a ottenere qualche informazione utile, lascia un messaggio in codice all‟Ufficio comunicazioni di Washington. Non ho ancora trovato un albergo. Mi metterò in contatto io per vedere se hai chiamato. — Qual è l‟indirizzo? — 818 South Wabash. È probabile che Roland si sia imboscato con qualche puttanella, ma controllare se ha chiamato a casa non ci costa niente. E Ward… — Lo so. Mi ricorderò di chi ti sta pagando e mi comporterò come se vestissi gli abiti liturgici. — Grazie.
— Figurati. A proposito, oggi ho visto un uomo bravo a recitare quasi quanto te. — Impossibile — disse Boyd. La signora Kirpaski lo trascinò all‟interno. L‟appartamento traboccava di mobili ed era surriscaldato. Littell si tolse il cappotto. La donna giunse quasi a spingerlo in cucina. — Roland chiama ogni sera. Prima di partire, mi ha detto che se durante questo viaggio non l‟avessi sentito, avrei dovuto collaborare con le autorità e mostrare il taccuino. Littell sentiva odore di cavolo e bollito. — Non faccio parte della Commissione McClellan, signora Kirpaski. In realtà non ho molto a che fare con suo marito. — Ma conosce il signor Boyd e il signor Kennedy. — Conosco il signor Boyd. È lui che mi ha chiesto di venire a farle visita. La donna si era mangiata le unghie fino a far sanguinare le dita. Aveva sbagliato ad applicarsi il rossetto sulle labbra. — Ieri sera, Roland non ha chiamato. Teneva un taccuino sulle malefatte di Hoffa, ma non l‟aveva portato a Washington perché prima di accettare di testimoniare voleva parlare con il signor Kennedy. — Quale taccuino? — È un elenco di telefonate fatte da Hoffa a Chicago, con
date e tutto il resto. Roland ha detto di aver rubato le ricevute telefoniche di alcuni amici: Hoffa aveva paura di fare interurbane dalla sua camera d‟albergo. Temeva che il telefono fosse sotto controllo. — Signora Kirpaski… La donna prese una cartella dal tavolo. — Roland si arrabbierebbe, se non la mostrassi alle autorità. Littell aprì la cartella. La prima pagina era un elenco di nomi e numeri telefonici, ordinatamente incolonnati. Mary Kirpaski gli si fece sotto. — Roland ha chiamato le compagnie telefoniche delle diverse città e ha scoperto i nomi degli abbonati. Credo che si sia fatto passare per un poliziotto o qualcosa del genere. Littell sfogliò l‟elenco dalla prima all‟ultima pagina. Roland Kirpaski aveva una calligrafia precisa e leggibile. Diversi nomi gli erano familiari: Sam Giancana, Carlos Marcello, Anthony Iannone, Santos Trafficante Junior. Un nome era familiare e spaventoso: Peter Bondurant, 949 Mapleton Drive, Los Angeles. Di recente Hoffa aveva chiamato Big Pete per ben tre volte: il 25.11.58, 1.12.58 e il 2.12.58. Bondurant spezzava manette a mani nude. Si diceva uccidesse per 10.000 dollari e un biglietto aereo di andata e ritorno.
Mary Kirpaski cincischiava con i grani di un rosario. Odorava di Vicks VapoRub e sigarette. — Signora, potrei fare una telefonata? La donna indicò un apparecchio. Littell tese la corda fino all‟estremità più lontana della cucina. Lei capì e lo lasciò solo. Littell udì accendersi una radio nella stanza accanto. Compose il numero dell‟operatore per le interurbane. Chiese di essere messo in contatto con la Squadra di Sicurezza dell‟aeroporto di Los Angeles. Rispose una voce maschile. — Sergente Donaldson, posso esserle utile? — Agente speciale Littell, ufficio dell‟FBI di Chicago. Ho bisogno di ottenere al più presto alcune informazioni. — Sì, signore. Mi dica che cosa le serve. — Faccia una ricerca presso le compagnie aeree che volano da Los Angeles a Miami e ritorno. Sto cercando prenotazioni per Miami nel periodo fra l‟8 e il 10 dicembre, e un ritorno per qualsiasi data dopo quelle che le ho appena fornito. Dovrebbero essere a nome Peter Bondurant, scritto Bon-d-u-r-an-t, oppure Hughes Tool Company, o ancora Hughes Aircraft. Se riesce a confermarmi questo dato, e la prenotazione risulta relativa a un uomo, ho bisogno di una descrizione di chi ha ritirato il biglietto o si è imbarcato sul
volo. — Signore, l‟ultima richiesta è roba da ago nel pagliaio. — Non credo. Il mio sospetto è un maschio bianco fra i trenta e i quaranta, 1,95 di altezza e di costituzione molto robusta. Una volta che lo si è visto, non lo si dimentica. — Ricevuto. Vuole che la richiami? — Attendo in linea. Se non sarà riuscito a ottenere nulla entro i prossimi dieci minuti, si rimetta in comunicazione e prenda nota del mio numero. — Sì, signore. Attenda. Lo faccio immediatamente. Littell non riagganciò. Un‟immagine lo perseguitava: Big Pete Bondurant crocefisso. La cucina invadeva la scena: l‟angustia, il calore, un calendario della parrocchia con i santi… Passarono otto lentissimi minuti. Il sergente tornò in linea, eccitatissimo. — Signor Littell? — Sì. — Abbiamo fatto centro. Non ci credevo, ma abbiamo preso nel segno. Littell estrasse di tasca il taccuino. — Mi dica. — American Airlines, volo 104, Los Angeles-Miami. È partito da Los Angeles alle 8 del mattino di ieri, 10 dicembre, ed è atterrato a Miami alle 16,10. La prenotazione è stata effettuata a nome Thomas Peterson, ed è stata addebitata alla
Hughes Aircraft. Ho parlato con l‟impiegata che ha emesso il biglietto, la quale si ricorda perfettamente l‟uomo che lei mi ha descritto. Aveva ragione, e non si dimentichi… — C‟è anche una prenotazione di ritorno? — Sì, signore. American, volo 55. Arriva a Los Angeles alle 7 di domani mattina. Littell si sentiva in preda alle vertigini. Aprì una finestra per prendere una boccata d‟aria. — Signore, è ancora lì? Littell riagganciò e subito premette lo zero. Un vento gelido invase la cucina. — Operatore. — Mi dia Washington. Il numero è KL4-8801. — Sì, signore, un minuto. Ottenne subito la linea. Rispose una voce maschile: — Comunicazioni, agente speciale Reynolds. — Parla l‟agente speciale Littell di Chicago. Ho bisogno di trasmettere un messaggio all‟agente speciale Boyd, a Miami. — È dell‟ufficio di Miami? — No, è in missione autonoma. Dovrà trasmettere il mio messaggio all‟agente responsabile di Miami e dirgli di mettersi in contatto con Boyd. Credo si tratti soltanto di controllare qualche albergo. Se non fosse così urgente, lo farei io stesso. — È irregolare, ma non vedo perché non possiamo farlo.
Qual è il messaggio? Littell procedette con grande lentezza. — Ho prove indiziarie e ipotetiche… sottolinei le ultime due parole… che J.H. abbia assoldato il nostro gigantesco amichetto francese per eliminare testimone R.K. Il nostro amichetto parte da Miami stanotte, American volo 55. Chiamami a Chicago per dettagli. Urge informarne immediatamente Robert K. Firmato W.J.L. L‟agente ripeté il messaggio. Littell udì Mary Kirpaski singhiozzare appena fuori dalla cucina. Il volo di Helen era in ritardo. Littell attese in un bar nei pressi dell‟uscita. Ricontrollò l‟elenco delle telefonate. Il suo istinto insisteva: Pete Bondurant aveva ucciso Roland Kirpaski. Kemper aveva menzionato un testimone ucciso di nome Gretzler. Se fosse riuscito a collegarlo a Bondurant, avrebbe significato DUE accuse di omicidio. Littell sorseggiava rye e birra. Continuava a occhieggiare lo specchio dietro il bancone per controllare il proprio aspetto. Gli abiti da lavoro stonavano. Gli occhiali e la calvizie incipiente non c‟entravano nulla. Il rye bruciava, la birra lo solleticava. Due uomini si avvicinarono al tavolo e lo afferrarono per le braccia.
Lo fecero alzare. Lo presero per i gomiti. Lo condussero di fronte a una batteria di telefoni pubblici protetta da un muro. Un‟operazione rapida ed efficace: nessuno vi fece attenzione. I due uomini gli tenevano le braccia dietro la schiena. Chuck Leahy uscì dall‟ombra e gli si portò di fronte. Littell sentì che le ginocchia gli cedevano. I due uomini lo tennero dritto. — Il suo messaggio a Kemper Boyd è stato intercettato — disse Leahy. — Avrebbe potuto rovinare la sua infiltrazione. Il signor Hoover non vuole che si aiuti Robert Kennedy, e Peter Bondurant è uno stimato collega di Howard Hughes, che è un grande amico del signor Hoover e del Bureau. Ha idea di cos‟è un messaggio cifrato, signor Littell? Littell batté le palpebre. Gli occhiali gli caddero a terra. Tutto si fece confuso. Leahy gli affondò le dita nel petto. — Da questo momento lei è sollevato dall‟incarico con il programma contro la criminalità organizzata, e torna a far parte della Squadra rossa. E le consiglio vivamente di non protestare. Uno dei due uomini gli sequestrò il taccuino. — Puzza di alcol — commentò l‟altro. Lo fecero scostare con una gomitata e si allontanarono. L‟intera faccenda non era durata più di trenta secondi.
Le braccia gli dolevano. Gli occhiali erano graffiati e ammaccati. Non riusciva a respirare bene, gli mancava l‟equilibrio. Tornò barcollando al suo tavolo. Trangugiò rye e birra fino a calmare i tremori. Gli occhiali erano storti. Controllò la sua nuova immagine allo specchio: il lavoratore più inutile del mondo. Un altoparlante tuonò: — Volo United 84 da New Orleans in arrivo. Littell terminò i suoi drink e masticò due Cloret. Si portò davanti all‟uscita e si fece strada fino alla prima fila. Helen lo vide e lasciò cadere le borse. Il suo abbraccio lo fece quasi cadere. La gente li superava tenendosi alla larga. — Ehi, fatti guardare — disse Littell. Helen sollevò lo sguardo su di lui. Gli sfiorava quasi il mento con la testa: si era fatta alta. — Sei bellissima. — Fondotinta Max Factor numero 4. Fa meraviglie per le mie cicatrici. — Quali cicatrici? — Molto divertente. E adesso cosa saresti, un taglialegna? — Lo sono stato. Per qualche giorno. — Susan dice che Hoover ti ha finalmente permesso di
cacciare i gangster. Un uomo inciampò in una borsa di Helen e li guardò con aria di rimprovero. — Vieni — disse Littell. — Ti porto fuori a cena. Andarono allo Stockyard Inn e ordinarono bistecche. Helen non smise un attimo di parlare, brilla di vino rosso. Da acerba si era fatta slanciata; il suo volto era diventato molto più normale. Aveva smesso di fumare: disse di avere capito che era una finta raffinatezza. Aveva sempre raccolto i capelli in una crocchia per ostentare le sue cicatrici. Ora li portava sciolti: conferivano normalità alla sua deformazione. Un cameriere giunse con il carrello dei dolci. Helen ordinò una fetta di torta ai pecan, Littell un bicchiere di brandy. — Ward, fai parlare solo me. — Stavo aspettando di ricapitolare. — Ricapitolare cosa? — Helen a ventun anni. Helen diede un gemito. — E io che iniziavo a sentirmi matura. Littell sorrise. — Stavo per dire che sei diventata posata, ma non a spese della tua naturale esuberanza. Un tempo, quando volevi esprimere un concetto, inciampavi sulle tue
stesse parole; ora rifletti prima di parlare. — Adesso è la gente a inciampare sulle mie borse quando sono eccitata nel rivedere un uomo. — Un uomo? Intendi dire un amico di ventiquattro anni più vecchio di te che ti ha vista crescere? Gli sfiorò le mani. — Un uomo. Un professore di Tulane sosteneva che le cose fra vecchi amici e fra studenti e insegnanti sono molto diverse. Cosa sarà mai un quarto di secolo? — Mi stai dicendo che aveva venticinque anni più di te? Helen scoppiò a ridere. — Ventisei. Cercava di minimizzare per far sembrare il tutto meno imbarazzante. — Mi stai dicendo che hai avuto una storia con lui? — Sì. E sto dicendo che non era affatto una cosa sporca o patetica, come per esempio frequentare studentelli convinti che le cicatrici mi rendessero una facile. — Gesù Cristo — esclamò Littell. Helen gli agitò la forchetta davanti al volto. — Ora so di averti turbato, perché sotto sotto sei ancora un gesuita, e invochi il nome del nostro Salvatore soltanto quando sei agitato. Littell prese un sorso di brandy. — Stava per dire: “Gesù Cristo, Kemper e io abbiamo davvero rovinato la piazza ai giovani della tua età? Passerai davvero la giovinezza a inseguire
uomini di mezza età?“. — Dovresti sentire i discorsi fra me, Susan e Claire. — Mi stai dicendo che mia figlia e le sue migliori amiche parlano come scaricatori di porto? — No, ma sono anni che parliamo degli uomini in generale e di te e di Kemper in particolare. Nel caso ogni tanto vi siano fischiate le orecchie. — Per Kemper, posso capirlo. È attraente e pericoloso. — Sì, ed eroico. Ma è anche un puttaniere, se ne rende conto perfino Claire. Helen gli strinse le dita fra le sue. Littell sentì che il cuore gli batteva all‟impazzata. Gli era venuta quest‟idea folle, Gesù Cristo del cazzo… Si tolse gli occhiali. — Non sono così sicuro che Kemper sia eroico. Penso che gli eroi debbano essere sinceramente appassionati e generosi. — Suona come un epigramma. — Lo è. L‟ha detto il senatore John F. Kennedy. — Sei innamorato di lui? Non è un terribile progressista? — Sono innamorato di suo fratello Robert, che è eroico per davvero. Helen si diede un pizzicotto. — Questa è la conversazione più strana che si possa intrattenere con un vecchio amico di famiglia che mi conosce da prima della morte di mio padre. Quell‟idea… Gesù Cristo.
— Per te sarò eroico — disse Littell. — Non possiamo permetterci che diventi patetico — replicò Helen. L‟accompagnò all‟albergo e le portò i bagagli in camera. Helen lo salutò con un bacio sulle labbra. I suoi occhiali le si impigliarono fra i capelli e caddero a terra. Littell fece ritorno a Midway e prese il volo delle 2 del mattino per Los Angeles. Una hostess guardò stupita il suo biglietto: il volo di ritorno partiva soltanto un‟ora dopo l‟atterraggio. Un ultimo brandy gli permise di addormentarsi. Si risvegliò intontito proprio mentre l‟aereo atterrava. Aveva un quarto d‟ora di anticipo. I passeggeri del volo 55 da Miami sarebbero sbarcati in orario all‟uscita 9. Littell mostrò il distintivo a una guardia e ottenne il permesso di scendere sulla pista. Un terribile mal di testa da doposbornia iniziò a tormentarlo. Gli addetti allo scarico dei bagagli gli passarono accanto squadrandolo. Aveva l‟aria del barbone di mezz‟età che aveva dormito con i vestiti addosso. L‟aereo atterrò. Il personale di terra spinse le scale fuori dall‟hangar. Bondurant scese da prua. Jimmy Hoffa faceva volare i suoi
sicari in prima classe. Littell gli si parò davanti. Il cuore gli martellava in petto, le gambe gli cedettero. La voce gli tremò e si spezzò. — Un giorno o l‟altro te la farò pagare. Per Kirpaski e tutto il resto.
Capitolo 10 (Los Angeles, 14.12.58) Freddy aveva lasciato un messaggio sotto il tergicristallo: “Sono andato a prendere qualcosa da mangiare. Aspettami”. Pete salì sul retro del furgoncino. Freddy aveva organizzato un sistema di refrigerazione: un ventilatore puntato contro una zuppiera colma di ghiaccio. Le bobine ruotavano. Le luci lampeggiavano. La lancette dei livelli vibravano. Sembrava di essere nella cabina di comando di una nave spaziale da due soldi. Pete aprì un finestrino laterale per far entrare un filo d‟aria. Il classico federale passò accanto al furgoncino. Probabilmente un addetto alla stazione d‟ascolto. Soffiò un alito di vento: l‟aria calda del Santa Ana. Pete si lasciò cadere un cubetto di ghiaccio sotto i pantaloni e diede una risatina in falsetto. Sembrava proprio l‟agente speciale Ward J. Littell. Littell aveva squittito il suo avvertimento. Littell puzzava di alcol e sudore. Littell non aveva una fottuta prova. Avrebbe potuto dirgli: Sono stato io a uccidere Anton
Gretzler, ma a Kirpaski ha pensato Hoffa. Io gli ho imbottito la bocca di pallottole e gli ho incollato le labbra. Gli abbiamo dato fuoco nella sua auto in una discarica di rifiuti. Le pallottole da caccia gli hanno fatto esplodere la testa: non riuscirete mai a identificarlo. Littell non sapeva che era stato quel chiacchierone di Jack a firmare la condanna a morte di Roland Kirpaski. Probabile che l‟agente addetto alla stazione di ascolto gli avesse inviato le registrazioni, ma Littell non aveva fatto due più due. Freddy salì sul furgoncino. Regolò un indicatore di livello ed esplose subito in una pioggia di lamentele. — Quel federale che è appena passato mi sta tenendo d‟occhio. Sono parcheggiato qui davanti a tutte le ore del giorno e della notte: non deve fare altro che controllarmi con un contatore Geiger per rendersi conto che sto facendo la sua stessa cosa. Non posso parcheggiare dall‟altra parte di questo isolato del cazzo, perché perderei il segnale. Ho bisogno di uno schifo di appartamento nel quale mettere su un impianto abbastanza potente da intercettare le chiacchiere di quel gran pezzo della Shoftel, ma quel federale del cazzo si è accaparrato l‟ultima casa in affitto del quartiere, e i duecento miserabili dollari che tu e Jimmy mi state pagando non bastano nemmeno a ripagarmi dei rischi del cazzo che sto correndo. Pete afferrò un cubetto di ghiaccio e lo disintegrò nel
pugno. — Hai finito? — No. Mi sono anche fatto venire una cazzo di vescica sul culo a furia di dormire su questo cazzo di pavimento. Pete fece schioccare le nocche. — Piantala. — Ho bisogno di soldi veri. Perché quello che sto facendo è pericoloso, e per migliorare il livello dell‟operazione. Procurameli e te ne darò una bella fetta. — Ne parlerò con Hughes. Vedrò cosa posso fare. Howard Hughes acquistava la roba da un travestito negro di nome Peaches. Pete si era presentato a casa sua e l‟aveva trovata completamente ripulita: la checca della porta accanto aveva detto che Peaches era stato messo dentro per sodomia. Pete fu costretto a improvvisare. Passò da un supermercato, acquistò una scatola di Rice Krispies e si sistemò sulla camicia il distintivo giocattolo in regalo. Quindi chiamò Karen Hiltscher alla contea e ottenne alcune preziose informazioni: il friggitore dello Scrivner‟s Drive-in vendeva barbiturici e poteva essere ricattato. Glielo descrisse: bianco, magro, cicatrici da acne e tatuaggi nazisti. Pete raggiunse Scrivner‟s. La porta della cucina era aperta; il giovinastro era davanti alla friggitrice, concentrato sulle
patatine. Il giovinastro lo vide. Il giovinastro decretò: — Quel distintivo è falso. Il giovinastro lanciò un‟occhiata alla ghiacciaia: segno sicuro che ci conservava la roba. — Cosa preferisci fare? — gli chiese Pete. Il giovinastro estrasse un coltello. Pete gli scaricò un calcio nei coglioni e gli calò la mano armata nell‟olio bollente. Sei secondi in tutto: gli espropri di pillole non richiedevano un intervento radicale. Il giovinastro si mise a gridare. I rumori della strada assorbirono l‟urlo. Pete lo fece star zitto cacciandogli in bocca un panino. La scorta di roba era nella ghiacciaia, accanto al gelato. Il direttore dell‟albergo aveva regalato a Hughes un albero di Natale. Era decorato da cima a fondo: un fattorino l‟aveva lasciato di fronte alla porta della villetta. Pete lo trasportò in camera da letto e inserì la spina. Le lucine scintillanti presero a baluginare. Hughes spense il televisore interrompendo un cartone animato di Webster Webfoot. — Cos‟è quella roba? E perché hai un registratore in mano? Pete si perlustrò le tasche e lanciò flaconi di pillole ai piedi
dell‟albero. — Oh, oh, oh. Natale è arrivato con dieci giorni d‟anticipo. Codeina e Dilaudid, oh, oh, oh. Hughes si mise a sedere sui cuscini. — Be‟… è bello da parte tua… ma non dovresti essere impegnato nei colloqui per Hush-Hush? Pete diede uno strattone al cavo dell‟albero e inserì la spina del registratore. — Odi ancora il senatore John F. Kennedy, capo? — Certo che sì. Suo padre me lo mise nel culo nel lontano 1927. Pete si ripulì la camicia dagli aghi di pino. — Credo che siamo in grado di ramazzarlo per benino sulle pagine di HushHush, sempre che tu abbia i fondi per mantenere attiva una certa operazione. — Ho i fondi per acquistare il continente nordamericano, e se non la pianti di circuirmi ti imbarcherò sulla nave più lenta in partenza per il Congo belga. Pete accese il registratore. Il senatore Jack e Darleen Shoftel scopavano e gemevano. Howard Hughes si afferrò alle lenzuola, estasiato. La scopata crebbe di intensità e infine si spense. — La mia maledetta schiena — disse Jack K. — E stato bello. Corto e dolce è come lo preferisco — rispose Darleen.
Pete premette lo stop. Howard Hughes tremava dall‟eccitazione. — Possiamo pubblicarlo su Hush-Hush, capo. Basta che stiamo attenti. Dobbiamo pesare con molta cura le parole. — Come… te lo sei… procurato? — La ragazza è una prostituta. L‟FBI l‟ha messa sotto sorveglianza, e Freddy Turentine si è agganciato clandestinamente. Non possiamo pubblicare nulla che smascheri i federali. Non possiamo riportare materiale che possa provenire soltanto dalle intercettazioni. Hughes tirò le lenzuola verso di sé. — Sì, finanzierò la tua “operazione”. Fai scrivere l‟articolo a Gail Hendee: qualcosa sul genere “Senatore malato di priapismo se la spassa con marchetta hollywoodiana“. Abbiamo un numero in uscita dopodomani: se Gail scrive il pezzo oggi stesso e lo consegna entro stasera, dovrebbe farcela. Convincila. La famiglia Kennedy lo ignorerà, ma i giornali e le agenzie potrebbero consultarci per ottenere i dettagli con cui gonfiare la storia, dettagli che noi naturalmente forniremo. Big Howard si aprì in un sorriso da bambino a Natale. Pete gli inserii nuovamente la spina dell‟albero. Gail doveva essere convinta. Pete la fece sedere sulla veranda di casa e attaccò con una serie di moine.
— Kennedy è uno stronzo. Ti ha convocata durante la sua stramaledetta luna di miele. Ti ha scaricata due settimane dopo, con una miserabile pelliccia di visone. Gail sorrise. — Ma è sempre stato carino. E non ha mai detto “Tesoro, mettiamo su un giro di ricatti”. — Quando il tuo vecchio vale cento milioni di dollari, non sei costretto a fare certe cose. Gail diede un sospiro. — Hai vinto, come sempre. E sai perché ultimamente non indosso più quel visone? — No. — L‟ho regalato alla signora Kinnard. Tu le avevi succhiato una bella parte degli alimenti. Ho immaginato che avesse bisogno di consolazioni. Le ventiquattro ore successive sfrecciarono veloci. Hughes mise a disposizione 30.000 cocuzze. Pete se ne intascò 15.000. Se anche la smerdata pubblica di Hush-Hush avesse smascherato l‟intercettazione, avrebbe avuto le spalle coperte. Freddy acquistò un ricetrasmettitore a lungo raggio e iniziò a cercare un appartamento in affitto. Il federale non smetteva di tenergli d‟occhio il furgone. Jack K. non chiamò né fece visita. Darleen vale soltanto una scopata, si disse Freddy.
Pete attese accanto al telefono di casa. Depravati assortiti continuavano a interrompere le sue fantasticherie. Due pretendenti al posto di corrispondente per Hush-Hush, ex sbirri della buoncostume informati sui segreti sporchi di Hollywood. Non superarono la sua interrogazione a sorpresa: chi sta scopando Ava Gardner? Fece lui stesso qualche telefonata, e sistemò un altro sosia di Hughes al Beverly Hilton. L‟aveva raccomandato Karen Hiltscher: era quel miserabile ubriacone di suo suocero. Paparino si offriva per tre pasti caldi al giorno e un letto. Pete prenotò la suite presidenziale e organizzò un servizio in camera a ciclo continuo: T-Bird e cheeseburger a colazione, pranzo e cena. Ricevette una telefonata di Jimmy Hoffa. L‟intervento di Hush-Hush mi piace molto, disse, ma voglio DI PIÙ! Pete non si curò di metterlo al corrente di ciò che pensava: Jack e Darleen si erano fatti una scopata estemporanea. Non smetteva di pensare a Miami. La stazione dei taxi, i pittoreschi cubani, il sole tropicale. Miami significava avventura. Miami significava denaro. Il giorno della pubblicazione si svegliò presto. Gail non c‟era: negli ultimi tempi lo evitava, montando in auto e partendo verso la spiaggia senza una meta precisa.
Pete uscì in giardino. La sua copia fresca di rotativa era stata inserita come da ordini nella cassetta delle lettere. Il titolo: “Senatore gattone adora il pelo morbido! Chiedetelo alle gattine di Los Angeles!“. L‟illustrazione: un fotomontaggio del volto di John Kennedy su una sagoma felina, la coda avvolta attorno a una bionda in bikini. Pete sfogliò le pagine fino a trovare l‟articolo. Gail aveva usato uno pseudonimo: l‟Impareggiabile sapientone politico. I pettegolezzi dello spogliatoio del Senato dicono che sia molto lontano dall‟essere il più amorale degli amoreggiatori d‟America. No, quel titolo spetta probabilmente al senatore L.B. (Lover Boy?) Johnson, seguito a ruota da George F. Smathers della Florida, detto anche “Allungate le svanziche”. No, il senatore John F. Kennedy è piuttosto un perfetto puttaniere, con una pungente predilezione per il pelo di quelle gattine che da parte loro lo trovano stupendamente fascinoso!
Pete scorse il resto del servizio. Gail non ci si era dedicata: l‟attacco non era abbastanza malizioso. Jack Kennedy adorava le donne e le “stregava, strapazzava e sbalordiva” con “gioielli, gingilli” e “brillanti beatitudini bostoniane”. Niente fango di quello vero, nessun riferimento alle scopate, nemmeno una battuta cattiva sui suoi due minuti di resistenza. Vibrazione, vibrazione… le sue superantenne captavano
qualcosa… Si precipitò in centro e passò davanti alla sede di Hush-Hush. Sembrava tutto assolutamente normale. Alcuni uomini spingevano i carrelli con le cataste di riviste. Altri caricavano le casse. I furgoni delle edicole avevano fatto retromarcia fino alle banchine. Tutto a posto, ma: Due auto di pattuglia senza distintivi erano parcheggiate in fondo alla strada. E quel furgone da gelataio di passaggio aveva un‟aria sospetta: il conducente stava parlando in un microfono. Pete fece il giro dell‟isolato. Gli sbirri si moltiplicarono: quattro auto senza distintivi sul marciapiede e due bianche e nere dietro l‟angolo. Fece un altro giro. E vide esplodere il puttanaio. Quattro auto si erano portate sotto alle banchine, con sirene e luci rotanti accese. Una massa di agenti in borghese si riversò sul marciapiede. Un cordone di poliziotti in uniforme circondò il capannone. Un furgone del dipartimento bloccò i camion della distribuzione. I tuttofare lasciarono la presa sul loro carico e sollevarono le mani al cielo. Era il caos. Era la fine del mondo.
Pete ripartì verso il Beverly Hills Hotel. Stava prendendo forma un “brutto quadro”: qualcuno aveva fatto la spia sul numero dedicato a Kennedy. Parcheggiò e superò di corsa la piscina. Una folta folla di curiosi stazionava di fronte alla villetta di Hughes. Allungavano il collo verso la finestra della camera da letto. Sembravano gli sciacalli che si raccolgono attorno alla scena di un incidente. Li raggiunse di corsa e si fece largo fino a giungere in prima fila. Billy Eckstine gli diede di gomito. — Ehi, goditi la scena. La finestra era aperta. Due uomini stavano strapazzando Hughes, aggredendolo da entrambi i lati a Insulti e Paroloni. Robert Kennedy e Joseph P. Kennedy Senior. Hughes sedeva avvolto nelle trapunte. Bobby agitava una siringa ipodermica. Il vecchio Joe imperversava. —… Lei è patetico, lascivo e drogato. Sono sul punto di smascherarla di fronte al mondo intero, e se crede che stia scherzando dia un‟occhiata alla finestra: l‟ho spalancata perché i suoi vicini possano godere di un‟anteprima di quello che saprà tutto il mondo se il suo schifoso fogliaccio scandalistico oserà pubblicare una sola parola sulla mia famiglia. Hughes si ritrasse. Colpì la parete con la nuca e fece cadere
una fotografia incorniciata. Alcuni celebri guardoni mostravano di apprezzare lo spettacolo: Billy, Mickey Cohen, un frocio del Club di Topolino con un enorme berretto a orecchie di topo. Howard Hughes si mise a piagnucolare. Howard Hughes implorò: — Vi prego, non fatemi del male. Pete raggiunse la villetta della Shoftel. Il “brutto quadro” si fece ancora più cupo: o Gail aveva parlato, oppure i federali avevano scoperto la loro intercettazione. Si fermò dietro il furgoncino di Freddy. Freddy era in ginocchio sul marciapiede, ammanettato al supporto del paraurti anteriore. Pete lo raggiunse di corsa. Freddy diede uno strattone alla catena e cercò di tirarsi in piedi. Si era ridotto i polsi a una massa sanguinolenta. Si era squarciato le ginocchia a furia di strisciare sull‟asfalto. Pete gli si inginocchiò di fronte. — Che cosa è successo? Smettila di tirare e guardami in faccia. Freddy tentò un‟altra contorsione. Pete lo schiaffeggiò. Freddy tornò parzialmente in sé. — L‟agente addetto alla stazione d‟ascolto ha inviato le trascrizioni a un federale di Chicago e gli ha comunicato i suoi sospetti sul furgoncino — spiegò. — Pete, questa storia non
mi piace per niente. Ha fatto tutto da solo, come se avesse perso la testa o… Pete attraversò di corsa il prato e fece saltare la serratura della porta. Darleen Shoftel si scostò, spezzandosi un tacco a spillo e cadendo con il culo a terra. Il “brutto quadro finale”: Il pavimento era cosparso di microfoni ancora sporchi di stucco. Due telefoni giacevano rovesciati su un tavolino. E nel bel mezzo l‟agente speciale Ward J. Littell, in piedi a fronteggiarlo con un abito blu nuovo di zecca. Non c‟è niente da fare, pensò Pete. Non posso far fuori un agente dell‟FBI come se niente fosse. Gli si fece sotto. — È una finta retata — gli disse. — Altrimenti non saresti solo. Littell non si mosse. I suoi occhiali gli scivolarono sul naso. — Insisti a tormentarmi. La prossima volta sarà anche l‟ultima. — Ho capito tutto — replicò Littell. Le parole gli uscirono di bocca tremanti. — Ti sto ascoltando. — Kemper Boyd mi aveva detto di dover fare una commissione al Beverly Hills Hotel. Ha parlato con te, e tu ti sei insospettito e l‟hai pedinato fin qui. Ci hai visto mettere le
cimici e hai fatto agganciare il tuo socio. Il senatore Kennedy ha raccontato alla Shoftel della testimonianza di Roland Kirpaski, tu l‟hai sentito e hai convinto Jimmy Hoffa a darti l‟incarico di eliminarlo. Coraggio da alcolizzato. Uno sbirro magro e allampanato con l‟alito puzzolente d‟alcol già alle otto del mattino. — Non hai prove, e Hoover se ne frega. — Hai ragione. Non ti posso arrestare. Pete sorrise. — Scommetto che Hoover apprezzava le registrazioni. Scommetto che non sarà troppo lieto di sapere che hai mandato a puttane l‟operazione. Littell lo schiaffeggiò. — Questo è per il sangue sulle mani di John Kennedy — disse. Fu ridicolo. Molte donne l‟avevano schiaffeggiato con più forza. Sapeva che gli avrebbe lasciato un biglietto. Lo trovò sul letto, accanto al suo mazzo di chiavi. So che ti sei reso conto che ci sono andata leggera con l‟articolo. Ma quando ho visto che il direttore non aveva niente da ridire, ho capito che non era abbastanza. Ho chiamato Bob Kennedy. Mi ha assicurato di essere in grado di tirare qualche filo e ritirare le copie
dal commercio. Jack è un insensibile sotto molti punti di vista, ma non si merita quello che avete in mente. Non voglio più avere a che fare con te. Ti prego, non mi cercare.
Aveva lasciato tutti i vestiti che lui le aveva regalato. Pete li scaricò in mezzo alla strada e rimase a guardare le auto che vi passavano sopra.
Capitolo 11 (Washington, 18.12.58) — Dire che sono furioso sminuisce il concetto di furia. Dire che considero oltraggioso il suo gesto non rende giustizia al concetto di oltraggio. Hoover fece una pausa. Il cuscino della poltrona lo faceva torreggiare sui due interlocutori. Kemper guardò Littell. Erano seduti di fronte alla scrivania di Hoover. — Comprendo la sua posizione, signore — disse Littell. Hoover si tamponò le labbra con il fazzoletto. — Non le credo. E non trovo l‟obiettività importante quanto la lealtà. — Ho agito in modo impetuoso, signore — riprese Littell. — Le chiedo scusa. — “Impetuoso” può descrivere il suo tentativo di mettersi in contatto con il signor Boyd e rifilare a lui e a Robert Kennedy i suoi insensati sospetti su Bondurant. Ma il suo viaggio non autorizzato a Los Angeles e lo smascheramento di un‟operazione ufficiale del Bureau si possono solo descrivere come “infidi” e “sleali”.
— Sospettavo Bondurant di omicidio, signore. Immaginavo che avesse organizzato un‟intercettazione ai danni del nostro impianto in casa Shoftel, e avevo ragione. Hoover non commentò. Kemper sapeva che avrebbe lasciato scendere il silenzio. L‟operazione era saltata su entrambi i fronti. La compagna di Bondurant aveva avvertito Bobby dell‟articolo scandalistico, e Ward era arrivato con la logica all‟eliminazione di Kirpaski. Era una logica piuttosto valida: Pete era a Miami negli stessi giorni di Roland. Hoover aveva preso a giocherellare con un fermacarte. — L‟omicidio è forse un reato federale, signor Littell? — No, signore. — Robert Kennedy e la Commissione McClellan non sono forse avversari diretti del Bureau? — Non a mio parere, signore. — Lei è un uomo ingenuo e confuso, cosa che le sue azioni più recenti confermano in modo chiaro. Littell sedeva perfettamente immobile. Kemper vedeva il cuore pulsargli sotto la camicia. Hoover giunse le mani. — Il 16 gennaio 1961 scade il ventesimo anniversario del suo arruolamento nel Bureau. In quella stessa data lei andrà in pensione. Nel frattempo lavorerà presso l‟ufficio di Chicago. Rimarrà con la Squadra rossa fino al
giorno del suo addio. — Sì, signore — disse Littell. Hoover si alzò. Kemper lo seguì un istante dopo, come da protocollo. Littell scattò troppo in fretta: la sua sedia vacillò. — Lei deve il proseguimento della sua carriera e la sua pensione al signor Boyd, che è stato molto efficace nel convincermi ad essere indulgente. Mi aspetto che ripaghi la mia generosità promettendo di mantenere un assoluto silenzio sull‟infiltrazione del signor Boyd all‟interno della Commissione McClellan e della famiglia Kennedy. Lo promette, signor Littell? — Sì, signore. Lo prometto. Hoover uscì dall‟ufficio. Kemper riprese la sua cadenza sudista. — Puoi respirare, figliolo. Kemper fece sedere Littell a un tavolo del bar del Mayflower e gli ordinò un doppio scotch con ghiaccio. Per raggiungere il locale avevano dovuto superare una barriera di nevischio: non avevano avuto la possibilità di aprire bocca. Sembrava che Ward avesse preso la strigliata meglio del previsto. — Nessun rammarico? — gli chiese Kemper. — Non esattamente. Sarei comunque andato in pensione
allo scadere dei vent‟anni, e il programma contro il crimine organizzato è nella migliore delle ipotesi una mezza misura. — Stai cercando di razionalizzare? — Non credo. Ho avuto… — Finisci. Non lasciare che sia io a spiegartelo. — Be‟… ho avuto l‟assaggio di qualcosa di molto pericoloso e attraente. — E ti è piaciuto. — Sì. E come se avessi sfiorato un mondo nuovo. Kemper mescolò il suo martini. — Sai per quale ragione Hoover ti ha permesso di rimanere nel Bureau? — Non di preciso. — L‟ho convinto che eri una persona volubile, irrazionale e con la tendenza a correre rischi avventati. L‟elemento di verità nelle mie affermazioni l‟ha convinto che fosse preferibile tenerti all‟interno del granaio e farti pisciare verso l‟esterno piuttosto che il contrario. Ha richiesto la mia presenza per aumentare l‟effetto intimidatorio del colloquio. Se mi avesse rivolto un gesto, mi sarei scatenato anch‟io. Littell sorrise. — Kemper, mi stai circuendo. Sei come un avvocato con il suo testimone. — Certo, e tu sei un testimone succulento. Ora lascia che ti faccia una domanda. Cosa pensi abbia in mente Pete Bondurant nei tuoi confronti?
— Uccidermi? — È più probabile che per far questo aspetti che tu vada in pensione. Ha assassinato suo fratello, Ward. Quando l‟hanno scoperto, i genitori si sono suicidati. È una voce a cui ho deciso di credere. — Gesù Cristo — mormorò Littell. Era sgomento. Una reazione perfettamente lucida. Kemper inforcò l‟oliva nel bicchiere. — Continuerai il lavoro che hai iniziato per conto del Bureau? — Sì. Ho un ottimo candidato per il ruolo di informatore, e… — Per il momento non voglio sapere i particolari. Ti chiedo solo di convincermi che hai coscienza dei rischi sia all‟interno che all‟esterno dei Bureau, e che non farai follie. Littell sorrise… e parve quasi audace. — Hoover mi crocifiggerebbe. E se la mafia di Chicago venisse a sapere che sto ficcando il naso nei suoi affari senza avere l‟incarico ufficiale del Bureau, finirei torturato e ucciso. Kemper, sto iniziando a capire dove vuoi farmi arrivare. — Dimmelo. — Stai pensando di lavorare sul serio per Robert Kennedy. Ha fatto breccia, e rispetti il suo lavoro. Cambierai le carte in tavola e inizierai a rifornire Hoover di informazioni ridotte al
minimo e di qualche selezionata disinformazione. Nei pressi dei separé sul retro, Lyndon Johnson ballava un valzer con una rossa. Kemper l‟aveva già vista da qualche parte. Jack aveva detto di potergliela presentare. — Hai ragione, ma è il senatore quello per cui voglio lavorare. Bobby è più il tuo tipo. È cattolico come te, e anche per lui la mafia è una ragione di vita. — E tu passerai a Hoover informazioni di tua scelta. — Sì. — L‟intrinseca doppiezza di un‟idea del genere non ti da perlomeno fastidio? — Non mi giudicare, Ward. Littell scoppiò a ridere. — Ti piace, quando ti giudico. Ti piace che qualcuno oltre a Hoover abbia capito il tuo gioco. E così è il mio turno di metterti in guardia. Stai attento con i Kennedy. Kemper sollevò il bicchiere. — Lo sarò. E tu dovresti sapere che fra due anni Jack potrebbe essere eletto presidente. Se lo sarà, Bobby avrà carta bianca per la sua lotta al crimine organizzato. Un‟amministrazione Kennedy potrebbe significare grosse opportunità per entrambi. Littell si unì al brindisi. — Un opportunista come te
dovrebbe saperlo. — Salud. Posso dire a Bobby che condividerai le tue informazioni con la Commissione? Su base anonima? — Sì. E mi sono appena reso conto che il mio ultimo giorno da federale cadrà appena prima dell‟inaugurazione presidenziale. Se dovesse venire eletto il tuo dissoluto amico Jack, potresti fargli il nome di un degno avvocato-sbirro bisognoso di impiego. Kemper estrasse di tasca una busta. — Hai sempre imparato in fretta. E dimentichi che Claire ha capito sia il mio gioco che il tuo. — Hai un sorriso da furbo, Kemper. Leggimi quella lettera. Kemper spiegò un foglio di taccuino. — Virgolette: “Papà, non crederesti mai alla telefonata notturna che ho ricevuto da Helen. Sei seduto? È uscita a cena con lo zio Ward (data di nascita 8 marzo 1913, mentre quella di Helen è il 29 ottobre 1937) e al ritorno nella sua stanza hanno limonato. Aspetta solo che lo scopra Susan! Helen è sempre stata attratta dagli uomini maturi, ma questo è come se Biancaneve fosse saltata addosso a Walt Disney! E io che credevo che avesse messo gli occhi su di te“. Chiuse le virgolette. Littell si alzò paonazzo in volto. — Mi raggiunge più tardi al mio albergo. Le ho detto che agli uomini piacciono le donne
che viaggiano per loro. E finora è stata lei a spingere. — Sotto la scorza da trattore, Helen Agee è una collegiale. Non dimenticartene, se le cose si fanno complicate. Littell rise e si allontanò con passo orgoglioso. Il portamento non era male, ma gli occhiali ammaccati avrebbero dovuto scomparire. Gli idealisti disprezzavano le apparenze. Ward non aveva sensibilità per le belle cose. Kemper ordinò un altro martini e si mise a osservare i separé sul retro. L‟eco delle conversazioni lo sfiorava appena: i politici discutevano di Cuba. John Stanton aveva definito Cuba una potenziale zona calda per l‟Agenzia. Potrei avere del lavoro per lei, gli aveva detto. Jack Kennedy fece il suo ingresso nel locale. La rossa di Lyndon Johnson gli allungò un messaggio su un tovagliolino. Jack vide Kemper e ammiccò.
Parte Seconda COLLUSIONE Gennaio 1959-Gennaio 1961
Capitolo 12 (Chicago, 1.1.59) Maschio non identificato 1: — Barba, non barba. So soltanto che Mo è tesissimo. Maschio non identificato 2: — A Cuba l‟Organizzazione si è sempre parata il culo. Cazzo, Santos T. è il migliore amico di Batista. Ho parlato con Mo non più di un‟ora fa. Va a prendere il giornale e torna per guardare il Rose Bowl in Tv. Buon anno del cazzo, dice il giornale, Castro ha appena preso il potere e nessuno sa se è pro America, pro Russia o pro Marte. Littell inclinò la sedia all‟indietro e si sistemò gli auricolari. Erano le quattro del pomeriggio e nevicava, ma le chiacchiere alla sartoria Celano non perdevano il ritmo. Era solo nella stazione d‟ascolto della squadra contro il crimine organizzato. Stava violando i regolamenti del Bureau e gli ordini diretti di Hoover. Uomo 1: — Santos e Sam saranno in agitazione per la situazione dei casinò. Si dice che fruttino mezzo milione di dollari al giorno di utile lordo. Uomo 2: — Mo mi ha detto che Santos l‟ha chiamato
subito dopo l‟inizio della partita. Quei pazzi dei cubani di Miami stanno piantando dei grossi casini. Mo ha una fetta di quella stazione di taxi, sai di quale parlo, no? Uomo 1: — Già, la Tiger Kab. L‟anno scorso sono passato da Miami per il congresso dei Teamster e ho fatto una corsa con uno di quei taxi. Cazzo, sei mesi dopo stavo ancora tirandomi fuori dal culo ciuffi neri e arancioni. Uomo 2: — Metà di quei coglioni tifa per il Barbuto, l‟altra metà per Batista. Santos ha raccontato a Sam che la stazione è in pieno casino, come con i negri quando non arrivano gli assegni di disoccupazione. Le risate invasero l‟impianto: gracchianti di scariche statiche e sovramplificate. Littell si tolse gli auricolari e si stirò. Gli mancavano due ore per finire il turno. Fino a quel punto non aveva ottenuto informazioni salienti: la scena politica cubana non lo interessava. Aveva già collezionato dieci giorni di spionaggio segreto: ancora nessuna prova concreta. Si era messo d‟accordo con l‟agente Court Meade: un segreto scambio di incarichi. L‟amante di Meade viveva a Rogers Park, nei pressi dell‟abitazione del responsabile di una cellula comunista. Avevano raggiunto un accordo facile: io faccio il tuo lavoro, tu il mio. Trascorrevano qualche ora alle rispettive missioni e
invertivano i rapporti. Meade stava alle calcagna dei rossi e di una vedovella arricchita dalla polizza sulla vita del marito. Littell ascoltava le chiacchiere dei gangster. Court era pigro e aveva la pensione sicura. Court si era fatto ventisette anni nel Bureau. Lui faceva attenzione. Lui faceva incetta di informazioni riservate sull‟infiltrazione di Kemper nella famiglia Kennedy. Lui stendeva rapporti accuratissimi per conto di Meade, falsificandone la firma su tutte le comunicazioni interne. Teneva sempre d‟occhio la strada nell‟eventualità che si presentasse un altro agente. Entrava e usciva dalla stazione con la massima furtività. Per un po‟ avrebbe funzionato. Ma le deboli chiacchiere dei mafiosi erano irritanti. Aveva bisogno di reclutare un informatore. Aveva pedinato Lenny Sands per sei sere consecutive. Sands non era un frequentatore abituale dei locali omosessuali. Le sue tendenze non sembravano essere un buon materiale da ricatto: Sands avrebbe solo potuto ridere alla minaccia di una rivelazione. La neve vorticava su Michigan Avenue. Littell studiò l‟unica fotografia del suo portafoglio. Era un‟istantanea di Helen. L‟acconciatura le faceva risaltare le cicatrici.
La prima volta che gliele aveva baciate, lei aveva pianto. Kemper la soprannominava “la ragazza trattore”. Per Natale le aveva regalato un attrezzo da camionista. Claire Boyd aveva detto a Susan che lui ed Helen erano amanti. — Quando avrò superato lo shock, dirò a papà cosa ne penso — aveva commentato Susan. Non l‟aveva ancora chiamato. Littell si rimise gli auricolari. Udì sbattere la porta della sartoria. Uomo Sconosciuto 1: — Sal, Sal D. Sal, hai visto questo tempo? Non preferiresti essere giù all‟Avana a giocare a dadi con il Barbuto? “Sal D.”: molto probabilmente Mario Salvatore D‟Onofrio detto “Mad Sal”. Dati-chiave del dossier federale: Allibratorestrozzino indipendente. Una condanna per omicidio colposo nel 1951. Definito “un sadico criminale e psicopatico spinto da un incontrollabile impulso sadico“. Uomo sconosciuto 2: — Che si dice, Salvatore? Raccontaci un po‟ di novità curiose. Sal D.: — Le novità sono che ho perso un mucchio di soldi puntando sui Colts contro i Giants, e ho dovuto chiedere un cazzo di prestito a Sam.
Uomo Sconosciuto 1: — Ti occupi ancora dei gruppi religiosi, Sal? Dei paisà che portavi a Tahoe e a Vegas? La linea fu disturbata da una scarica statica. Littell colpì il ricevitore e ripristinò il collegamento. Sal D.: —… e a Gardena e Los Angeles. Becchiamo Sinatra e Dino, e i casinò ci danno queste salette private piene di slot machine e ci pagano una percentuale. È quella che si chiama una scampagnata: spettacolo, gioco e tutto il resto. Ehi, Lou, hai presente Lenny l‟Ebreo? Lou. Uomo 1: — Sì, Sands. Lenny Sands. Uomo 2: — Lenny l‟Ebreo. Il buffone di corte di Sam G. Un‟altra ondata di disturbi sommerse le voci. Littell colpì il quadro comandi e districò un ammasso di cavetti. Sal D.: —… E così gli dico: “Lenny, ho bisogno di qualcuno che mi venga dietro. Uno che tenga i miei gitanti allegri e ben oliati, in modo che perdano più soldi e facciano aumentare la mia tangente“. Lui mi risponde che non fa audizioni, ma che posso andarlo a vedere il 10 gennaio alla sede degli Elk di North Side. “Farò una serata per i Teamster” mi spiega. “Se non ti andrà…” L‟indicatore della temperatura iniziò a tremare. Littell spense l‟armamentario e con la mano sentì il ricevitore raffreddarsi. Il collegamento fra D‟Onofrio e Sands era interessante. Controllò la copia del dossier di Sal D. archiviata presso la
stazione d‟ascolto. Il riassunto dell‟agente era raccapricciante. D‟Onofrio abita in un quartiere di italiani del sud, circondato dal ghetto nero. La maggioranza dei suoi clienti vive nella stessa zona, e D‟Onofrio fa il suo giro di esazioni a piedi, praticamente ogni giorno. Si considera un faro della comunità, e la squadra antimafia dell‟ufficio dello sceriffo della contea di Cook sospetta che faccia la parte del “protettore”, ovverossia che “protegga” gli italoamericani dai criminali di colore. A quanto pare è proprio questo ruolo, unito alle sue tattiche di intimidazione e di esazione, ad avergli consentito di mantenere il suo lungo regno di scommesse e strozzinaggio. Va altresì notato che D‟Onofrio era ritenuto colpevole della tortura e dell‟uccisione di Maurice Theodore Wilkins del 19.12.57. Wilkins era un giovane di colore sospettato di aver rapinato una chiesa del quartiere.
Acclusa al dossier vi era una foto segnaletica. Mad Sal era coperto di cisti e cicatrici, orrendo e spaventoso. Littell raggiunse la South Side e perlustrò il territorio di caccia di D‟Onofrio. Lo avvistò all‟incrocio fra la 59a e Prairie. Camminava. Littell abbandonò l‟auto e iniziò a pedinarlo da una trentina di metri di distanza. Mad Sal entrava nei caseggiati e ne usciva contando banconote.
Mad Sal annotava transazioni su un libro di preghiere. Mad Sal aveva il tic di mettersi le mani nel naso e girava in una tempesta di neve con un paio di scarpe da tennis basse. Littell non lo perse di vista. Le raffiche di vento ne coprivano le impronte sulla neve. Mad Sal spiava alle finestre. Mad Sal prese il denaro di un poliziotto di ronda: 5 dollari sulla rivincita fra Moore e Durelle. Le strade erano semideserte. Il pedinamento sembrava una prolungata allucinazione. Il commesso di una drogheria cercò di fregare Mad Sal. Mad Sal brandì una cucitrice meccanica e gli cucì le mani al bancone. Mad Sal entrò in una chiesa. Littell si fermò al telefono pubblico di fronte e compose un numero. Helen rispose al secondo squillo. — Pronto? — Sono io, Helen. — Che cos‟è quel rumore? — È il vento. Ti sto chiamando da una cabina. — Sei fuori con questo tempo? — Sì. Stai studiando? — Sono agli illeciti civili, ma sia benvenuta questa distrazione. A proposito, mi ha chiamato Susan. — Merda. E?
— E ha detto che sono maggiorenne, e che tu sei un uomo libero, bianco e quarantacinquenne. E ha aggiunto: “Prima di dirlo a mia madre aspetto per vedere se durate“. Ward, vieni da me più tardi? Mad Sal ricomparve e scivolò sui gradini della chiesa. Un prete lo aiutò a rialzarsi e lo salutò agitando la mano. Littell si tolse i guanti e si alitò sulle dita. — Passerò sul tardi. Devo vedere lo spettacolo di un cabarettista. — Parli per enigmi. Ti comporti come se Hoover passasse il tempo a spiarti. A sua figlia, Kemper racconta tutto del lavoro che fa. Littell scoppiò a ridere. — Vorrei che tu analizzassi il lapsus freudiano che hai appena fatto. Helen lanciò un gridolino. — Oddio, hai ragione! Un giovane di colore gli passò accanto. Mad Sal scattò al suo inseguimento. — Devo andare — disse Littell. — Ci vediamo più tardi. — D‟accordo. Mad Sal correva dietro al ragazzo. I cumuli di neve e le scarpe basse ne rallentavano l‟incedere. Gli scalini della Elks Hall traboccavano di gente.
L‟ingresso dei non iscritti al sindacato era affollato: una schiera di gorilla controllava i documenti. Gli spettatori entravano reggendo sacchetti con bottiglie e confezioni da sei di birra. I distintivi del sindacato erano appuntati ai risvolti dei cappotti, e più o meno delle stesse dimensioni di quello del Bureau. Un nuovo sciame invase gli scalini. Littell mostrò il distintivo dell‟FBI e si inserì nel mezzo. La mandria lo sospinse all‟interno. Una bionda in tanga e copricapezzoli si occupava del guardaroba. Alle pareti del foyer era schierata una batteria di slot machine illegali. Ogni leva abbassata faceva scattare una vincita: i Teamster raccoglievano manciate di monete e gridavano allegri. Littell si rimise in tasca il distintivo. La folla lo trasportò in una grande sala. Una serie di tavoli da gioco fronteggiava un palco rialzato. Ogni singolo tavolo era apparecchiato con bottiglie di whisky, bicchieri di carta e ghiaccio. Alcune spogliarelliste distribuivano sigari. Le mance garantivano toccheggiamenti illimitati. Littell prese posto in prima fila. Una rossa pareva intenta a schivare i palpeggiamenti. Era nuda: le mance le avevano fatto
saltare il tanga. Le luci si abbassarono. Un faretto illuminò il palco. Littell si versò rapido uno scotch con ghiaccio. Al suo tavolo erano seduti altri tre uomini. Non lo avevano mai visto, ma gli davano calorose manate sulla schiena. Lenny Sands giunse sul palco facendo ruotare il cavo del microfono alla Sinatra. Lenny imitava Frank, dal tirabaci alla voce alla canzone: — “Fly me to the moon… in other words, Teamsters are kings!“ Il pubblico rideva e sbraitava. Un uomo afferrò una spogliarellista e la costrinse a qualche passo di una danza oscena. Lenny Sands fece un inchino. — Grazie, grazie, grazie! E benvenuti, amici del Consiglio dell‟Illinois settentrionale dei Teamster! La folla applaudì. Una spogliarellista servì dell‟altro ghiaccio. Littell si beccò una tetta in faccia. — Certo che fa un bel caldo in questo posto! — attaccò Lenny. La ragazza salì sul palco e gli fece scivolare qualche cubetto di ghiaccio nei pantaloni. Il pubblico ululò dalle risate. L‟uomo accanto a Littell diede un gemito stridulo e sputò un bel po‟ di bourbon.
Lenny assunse un‟espressione estatica. Lenny scosse la gamba dei pantaloni fino a farne cadere i cubetti. La folla eccitata fischiò, strillò, picchiò i pugni sui tavoli. La spogliarellista scomparve dietro una tenda. Lenny assunse un accento da bostoniano: la voce di Bobby Kennedy spinta fino a un tono da soprano. — Adesso mi ascolti bene, signor Hoffa! La smetta di frequentare quei brutti gangster e camionisti e tradisca tutti i suoi amici o io lo dirò al mio paparino! Il locale ondeggiò. Il locale si scatenò. Il pubblico batteva i piedi fino a far tremare il pavimento. — Signor Hoffa, lei è un poco di buono e un cattivone! La smetta di cercare di sindacalizzare i miei sei figli o dirò tutto al mio papà e al mio fratellone Jack! Faccia il bravo o dirò al mio paparino di comprarmi il suo sindacato e trasformare tutti i suoi camionisti cattivoni in camerieri della nostra tenuta di Hyannis Port! Il locale ruggì. Littell era in preda a nausea e vertigini. Lenny ci dava dentro. Lenny gongolava. Lenny ERA Robert F. Kennedy, checca crociata. — Signor Hoffa, la smetta immediatamente con quei suoi bracci di ferro da cattivone! — Signor Hoffa, basta gridare, mi fa avvizzire l‟acconciatura!
— Signor Hoffa, faccia il BRAAAVO! Lenny fece ridere il suo pubblico a crepapelle. Lenny lo svuotò da cima a fondo. — Signor Hoffa, lei è così rude! — Signor Hoffa, la smetta di graffiare… mi rovina le calze di nylon! — Signor Hoffa, i suoi Teamster sono TROOOPPO sexy! Hanno mandato in fibrillazione sia me che la Commissione McClellan! Lenny continuò a darci dentro. Dopo tre whisky, Littell si rese conto di qualcosa: non metteva mai in ridicolo John Kennedy. Kemper la definiva la dicotomia Bobby-Jack: se ti piaceva uno dei due, l‟altro non ti andava giù. — Signor Hoffa, la smetta di confondermi con i fatti! — Signor Hoffa, la pianti di rampognarmi o non confiderò a sua moglie il segreto dei miei capelli! La Elks Hall ribolliva. Le finestre aperte lasciavano entrare folate sferzanti di aria gelida. Il ghiaccio terminò: le spogliarelliste presero a servire zuppiere di neve fresca. Gli uomini della mafia passavano di tavolo in tavolo. Littell riconobbe qualche volto. Sam Giancana, detto “Mo”, “Momo”, “Mooney”. Tony “Punteruolo” Iannone, suo luogotenente. Dan “Asino“
Versace, Bob ”il Grasso“ Paolucci, “Mad Sal” D‟Onofrio. Lenny concluse il numero. Le spogliarelliste tornarono in scena e si inchinarono al pubblico. “Fly me to the stars… in other words, Teamsters are kings!” Pugni sui tavoli, battimani, grida, fischi, ululati… Littell raggiunse di corsa un‟uscita posteriore e trasse un profondo respiro. Il sudore gli si gelò addosso, le gambe presero a tremargli. Ma lo scotch gli rimase nello stomaco. Controllò la porta. La sala era attraversata da un trenino di clienti e spogliarelliste danzanti, le mani posate sui fianchi di chi si trovava davanti. Mad Sal si era unito alla danza: le sue scarpe da tennis cigolavano e lasciavano una scia bagnata. Littell prese fiato e si diresse a passo lento verso il parcheggio. Lenny Sands si stava rinfrescando accanto alla sua auto, facendosi impacchi con manciate di neve. Mad Sal lo raggiunse e l‟abbracciò. Lenny fece una smorfia e si liberò con uno strattone. Littell si accovacciò al riparo di una limousine. Le loro voci gli giungevano chiare. — Lenny, che ti posso dire? Sei stato magnifico. — Con gli addetti ai lavori è facile, Sal. Devi soltanto sapere quale pulsante premere. — Lenny, un pubblico è sempre un pubblico. Questi
Teamster sono lavoratori, esattamente come i miei gitanti. Basta che lasci perdere la politica e ti lanci sul repertorio italoamericano. Te lo garantisco, ogni volta che farai una battuta sui paisà ti ritroverai con una sala piena di iene. — Non lo so, Sal. Potrebbero offrirmi uno spettacolo a Vegas. — Ti sto pregando, Lenny. I miei gitanti del cazzo sono famosi per perdere delle cifre assurde. Va-va-vum, Lenny. Più loro perdono, più noi guadagnamo. — Non lo so, Sal. Potrei avere la possibilità di aprire per Tony Bennett al Dunes. — Lenny, ti prego. Mi metto a quattro zampe come un cane, cazzo. Lenny scoppiò a ridere. — Prima di metterti ad abbaiare, sali al 15 per cento. — Al 15? Merda… mi vuoi fregare, ebreo del cazzo. — Facciamo il 20 per cento. Pretendo molto per mettermi con chi odia gli ebrei. — Vaffanculo, Lenny. Hai appena detto il 15. — Vaffanculo a te, Sal. Ho cambiato idea. Scese un silenzio teso. Littell si figurò un lungo duello di sguardi. — D‟accordo, d‟accordo. Vada per il 20 per cento, ebreo del cazzo.
— Sal, tu mi piaci. Ma non stringiamoci la mano, sei troppo unto per i miei gusti. Vi fu uno sbattere di portiere. Littell vide Mad Sal partire con la sua Caddy e raggiungere sbandando la strada. Lenny accese i fari e fece scaldare il motore. Il fumo di una sigaretta usciva dal finestrino di sinistra. Littell raggiunse la sua auto. Lenny era parcheggiato a due file di distanza: l‟avrebbe visto allontanarsi. Lenny non si mosse. Qualche isolato ubriacone barcollò nel raggio dei suoi fari e cadde sul ghiaccio. Littell pulì il parabrezza. La neve aveva raggiunto i paraurti. Lenny partì. Littell gli concesse un minuto di vantaggio e quindi cominciò a seguirne le tracce nella neve infangata. Lo condussero verso Lake Shore Drive in direzione nord. Littell raggiunse la sua preda appena prima dell‟ingresso. Lenny imboccò la rampa. Littell si mantenne a quattro auto di distanza. Procedevano lentissimi. Catene su asfalto incrostato, due auto e una superstrada deserta. Lenny superò l‟uscita di Gold Coast. Littell si mantenne a distanza, concentrandosi sulle luci di posizione. Arrancarono oltre Chicago. Arrancarono oltre Glencoe, Evanston e Wilmette. Una serie di cartelli segnalò i confini di Winnetka. Lenny
sterzò a destra e uscì dalla superstrada all‟ultimo istante. Littell non aveva modo di seguirlo: avrebbe fatto un testacoda o sarebbe finito contro il guardrail. Imboccò l‟uscita successiva. Winnetka era placida, addormentata e bellissima: grandi ville in stile Tudor e strade appena spazzate dalla neve. Superò una serie di incroci fino a giungere a un viale principale. Davanti a un locale, la Perry‟s Little Log Cabin, era parcheggiata una schiera di auto. La Packard Caribbean di Lenny era sistemata con il muso sul marciapiede. Littell posteggiò ed entrò nel locale. Uno striscione gli sfiorò il volto: “Benvenuto 1959!” scritto in lustrini argentati. Il locale era accogliente, in stile rifugio invernale. L‟arredamento era rustico: pareti di finto legno, bancone di legno duro, divanetti Naugahyde. La clientela era totalmente maschile. Il bar non aveva sgabelli. Due uomini seduti su un divanetto si palpeggiavano. Littell distolse lo sguardo. Fissò dritto davanti a sé. Si sentiva bombardato dalle occhiate. Nei pressi dell‟uscita secondaria individuò una batteria di
cabine telefoniche. Chiuse, offrivano un riparo sicuro. Le raggiunse. Nessuno lo avvicinò. La fondina gli aveva irritato le spalle: aveva trascorso l‟intera serata a sudare e ad agitarsi. Entrò nella prima cabina. Aprì la porta di uno spiraglio e iniziò a osservare il bar. Ecco Lenny con un bicchiere di Pernod. Ecco Lenny e un uomo biondo che fanno piedino. Littell li guardò. Il biondo allungò un biglietto a Lenny e si allontanò con passo leggero. Un medley dei Platters si diffuse dal jukebox. Le coppiette abbandonarono il locale alla spicciolata. I due uomini sul divano si alzarono, le cerniere abbassate. Il barista annunciò l‟ultimo giro. Lenny ordinò un bicchiere di Cointreau. La porta d‟ingresso si aprì. Entrò Tony Iannone. “Uno dei luogotenenti più temibili di Sam Giancana” si mise a limonare con il barista. L‟assassino mafioso sospettato per nove casi di tortura e omicidio iniziò a succhiare e mordicchiare l‟orecchio di un altro uomo. Littell sentì che la testa gli girava. Littell sentì che la bocca gli si seccava. Littell sentì che il cuore gli si scatenava in petto. Tony-Lenny-Lenny-Tony: chi sapeva che l‟altro era un FROCIO?
Tony vide Lenny. Lenny vide Tony. Lenny scattò verso l‟uscita secondaria. Tony gli corse dietro. Littell si irrigidì. La cabina telefonica parve succhiargli l‟aria dai polmoni. Aprì la porta. Barcollò all‟esterno. L‟aria gelida lo colpì come un pugno. Un vicolo percorreva il retro dell‟edificio. Littell udì dei rumori provenire dalla sua sinistra, nei pressi del muro posteriore del caseggiato accanto. Tony aveva spinto Lenny a terra su un cumulo di neve. Lenny mordeva, scalciava, graffiava. Tony estrasse di tasca due coltelli a serramanico. Littell impugnò la pistola, ma la fece cadere. Il grido di avvertimento gli si bloccò in gola. Lenny colpì Tony con una ginocchiata. Tony cadde di traverso. Lenny gli staccò il naso con un morso. Littell scivolò sul ghiaccio e cadde a terra. La neve fresca attutì il tonfo. Non c‟erano che 15 metri a separarli, ma i due non l‟avevano visto né sentito. Tony cercò di gridare. Lenny sputò il suo naso e si riempì la bocca di neve. Tony lasciò cadere i coltelli. Lenny li afferrò. Non potevano vederlo. Littell strisciò in ginocchio fino alla pistola.
Tony cercava di aggrapparsi alla neve. Lenny lo pugnalò a due mani: gli occhi, le guance, la gola. Littell strisciò verso la pistola. Lenny scappò. Tony morì sputando neve insanguinata. Dal locale giunse una musica: le note di una lenta ballata conclusiva. La porta sul retro non si era mai aperta. La musica proveniente dal jukebox aveva coperto l‟intera… Littell strisciò fino a Tony e ripulì il cadavere: orologio, portafoglio, portachiavi. I due coltelli a serramanico con le impronte di Lenny affondati ancora fino all‟impugnatura: sì, fallo. Li estrasse. Si rialzò. Corse lungo il vicolo finché i polmoni non gli cedettero.
Capitolo 13 (Miami, 3.1.59) Pete accostò alla stazione dei taxi. Un mango gli si spiaccicò sul parabrezza. In strada non si scorgevano né taxi né cianfrusaglie tigrate. Un gruppo di dimostranti percorreva avanti e indietro il marciapiede reggendo sacchetti colmi di frutti maturi. Jimmy l‟aveva chiamato il giorno prima a Los Angeles. — Guadagnati il tuo 5 per cento del cazzo — aveva detto. — L‟intercettazione Kennedy ha dato i suoi frutti, ma mi sei ancora debitore. Da quando Castro ha preso il potere i miei cubani sono impazziti. Va‟ a Miami e rimetti un po‟ d‟ordine. Allora sì che ti potrai tenere il tuo cazzo di cinque… — Viva Fidel! — gridò qualcuno. — Castro, el grande puto communisto! — rispose un‟altra voce. Poco più in là della stazione esplose una battaglia a colpi di spazzatura: due schieramenti di giovani si fronteggiavano a colpi di melograni gonfi e rossi. Pete chiuse a chiave l‟auto e raggiunse di corsa la stazione. Un bifolco bianco era seduto al centralino, in perfetta
solitudine. — Dov‟è Fulo? — chiese Pete. Il burino ridacchiò. — Il problema di questo posto è che metà degli impiegati è per Batista e l‟altra metà per Castro. Non ci si può permettere di farli venire in ufficio quando c‟è una sommossa nel quartiere, e così eccomi qui solo soletto. — Ho detto: “Dov‟è Fulo?”. — Manovrare questo centralino è molto educativo. Non fanno altro che telefonare per chiedere dove andare e cosa portare. I cubani mi piacciono, ma li trovo inclini a sconvenienti manifestazioni di violenza. Il burino era magro come un cadavere. Ostentava un forte accento strascicato da texano e la dentatura più marcia del pianeta. Pete fece schioccare le nocche. — Perché non mi vuoi dire dov‟è Fulo? — Fulo è andato in cerca di guai, e suppongo che si sia portato dietro il suo machete. E tu sei Pete Bondurant. Mi chiamo Chuck Rogers. Sono un vecchio amico di Jimmy e dei ragazzi dell‟Organizzazione, e sono un appassionato oppositore del complotto internazionale comunista. Una bomba di spazzatura fece tremare la finestra sulla strada. Due file di dimostranti si schierarono in posa bellicosa.
Il telefono prese a squillare. Rogers rispose. Pete si ripulì la camicia dai semi di melograno. Rogers si tolse gli auricolari. — Era Fulo. Ha detto di riferire a “el jefe Big Pete” di raggiungerlo a casa sua per dargli una mano. Credo che stia al 917 della 49a Northwest. Fra tre isolati svolti a sinistra, poi a destra dopo altri due. Pete posò a terra la sua valigia. — Dunque chi preferisci, il Barbuto o Batista? — domandò Rogers. L‟indirizzo corrispondeva a una baracca color pesca. Un Tiger Kab con le quattro gomme sventrate bloccava l‟accesso alla veranda. Pete lo scavalcò e bussò alla porta. Fulo aprì la porta di uno spiraglio e fece scivolare la catenella. Pete entrò di forza. Vide immediatamente il disastro: due cubani con cappellini da festa, muerto sul pavimento del salotto. Fulo richiuse a chiave la porta. — Stavamo festeggiando, Pedro. Hanno osato dare del marxista al mio amato Fidel, e io mi sono offeso. Li aveva uccisi con due colpi di pistola alla nuca. Fori d‟uscita ridotti: ripulire non sarebbe stato un problema. — Diamoci da fare — disse Pete.
Fulo ridusse le dentature in polvere. Pete bruciò i polpastrelli su una piastra bollente. Fulo estrasse le cartucce dai muri e le scaricò nel gabinetto. Pete bruciacchiò le macchie di sangue sul pavimento: gli esami allo spettrografo avrebbero dato esito negativo. Fulo strappò le tende del salotto e vi avvolse i due cadaveri. Sui fori d‟uscita si era già formata una crosta: il sangue si era coagulato. Li raggiunse Chuck Rogers. Fulo assicurò che era abile e fidato. Caricarono i corpi nel bagagliaio della sua auto. — Chi sei? — gli chiese Pete. — Faccio il geologo petrolifero — rispose Chuck. — Ma sono anche un pilota d‟aereo e un anticomunista di professione. — E il conto chi lo paga? — Gli Stati Uniti d‟America — replicò Chuck. Chuck aveva voglia di fare un giro. Pete approvò: Miami lo esaltava come un tempo faceva Los Angeles. Partirono. Fulo scaricò i corpi in un tratto deserto della Bai Harbor Causeway. Pete fumava una sigaretta dietro l‟altra e si
godeva il panorama. Gli piacevano le grandi ville candide e l‟ampio cielo bianco: Miami era come un enorme, lucente candeggio. Gli piaceva la distanza fra le zone eleganti e i ghetti. Gli piacevano gli sbirri che si aggiravano per le strade con espressioni da duri: avevano l‟aria di essere un grosso problema per i negri irrequieti. — Le opinioni politiche di Castro sono ancora vaghe — spiegò Chuck. — Finora le sue dichiarazioni possono essere interpretate sia come filoamericane che come filocomuniste. I miei amichetti dell‟ambiente spionistico stanno preparando alcuni piani per incularlo nel caso vada a sinistra. Fecero ritorno a Flagler. La stazione dei taxi era pattugliata da una squadra di uomini armati: sbirri fuori servizio dalla classica aria pingue e aggressiva. Chuck li salutò con un cenno della mano. —Jimmy si prende cura della polizia, da queste parti. Ha organizzato questa specie di sindacato fantasma, grazie a cui la metà degli agenti di questo settore viene pagata, e bene, anche se non si presenta al lavoro. Un ragazzino inserì un volantino sotto il tergicristallo. Fulo tradusse una serie di assurdi slogan: luoghi comuni di stampo comunista. Una pioggia di sassi si riversò sull‟auto. — Questi sono pazzi — commentò Chuck. — Andiamo a nascondere Fulo.
Rogers viveva in una stanza presso una pensione di latinoamericani. Ogni centimetro quadrato di pavimento era coperto di attrezzatura radiofonica e volantini di estrema destra. Fulo e Chuck stapparono due birre e si rilassarono. Pete scorse i titoli di alcuni volantini e si fece una bella risata: “Gli ebrei controllano il Cremlino!“ ”Fluorizzazione: un complotto del Vaticano?“ “Tempesta rossa: la risposta di un patriota.” “Perché le razze non bianche si riproducono con troppa frequenza: l‟opinione di uno scienziato.“ ”Liste di controllo sul patriottismo: siete rossi o rossi, bianchi e blu?“ — Chuck, qui dentro c‟è troppa roba — commentò Fulo. Rogers cincischiava con un ricevitore a onde corte. Captò la tirata di un predicatore di destra: i banchieri ebrei, bla bla bla. Pete premette qualche tasto. Il delirio si spense nel nulla. Chuck sorrise. — La politica è qualcosa che si scopre lentamente. Non si può pretendere di capire subito la situazione mondiale. — Dovrei presentarti a Howard Hughes. È pazzo quanto te. — Credi che l‟anticomunismo sia una follia? — Penso che sia un buon affare, e tutti i buoni affari mi
vanno bene. — Non lo trovo un atteggiamento troppo illuminato. — Puoi pensare quello che vuoi. — Lo farò. E so cosa stai pensando tu: “Dio santissimo, chi è questo tizio con cui condivido la complicità in un omicidio di primo grado? Perché per quel poco che ci conosciamo, abbiamo già avuto alcune strane esperienze“. Pete si appoggiò alla finestra. A mezzo isolato di distanza scorse con la coda dell‟occhio un‟auto di pattuglia. — La mia opinione è che tu sia un agente a contratto della CIA. Il tuo compito è seguire da vicino i cubani della stazione di taxi mentre tutti aspettano di vedere da che parte si schiererà Castro. Fulo si intromise in tono indignato. — Fidel si schiererà con gli Stati Uniti d‟America. Chuck scoppiò a ridere. — Voi immigrati siete gli americani modello. Dovresti saperlo, vero Pete? Non vieni da fuori anche tu? Pete fece schioccare i pollici. Rogers arretrò spaventato. — Fa‟ conto che sia un americano puro che sa come si fanno gli affari. — Buono, buono. Non ho mai messo in dubbio il tuo patriottismo. Pete udì dei bisbigli fuori dalla porta. I tre si scambiarono
un‟occhiata: Chuck e Fulo capirono al volo. Pete sentì l‟annuncio dell‟entrata in azione dei fucili: tre scatti di pompa, dalla culatta alla canna. Nascose il cannone dietro alcune cataste di volantini. Fulo e Chuck tesero le braccia al cielo. Gli agenti in borghese sfondarono la porta. Si precipitarono all‟interno con i calci dei fucili sollevati. Pete crollò subito a terra nonostante il colpo gli avesse fatto l‟effetto di un piumino da cipria. Fulo e Chuck fecero i duri e vennero massacrati di botte. — Il grosso sta fingendo — disse uno sbirro. — Possiamo ovviare subito — intervenne un altro. Una batteria di calci di fucile imbottiti di gomma gli si scaricò sul capo. Pete arrotolò la lingua per non morderla. Rinvenne in catene. Le assicelle della sedia gli penetravano nella schiena, una musica assordante gli impazzava nel cervello. Una luce improvvisa gli pugnalò gli occhi. O meglio, un occhio solo: brandelli di pelle gli impedivano di vedere meglio. Individuò tre sbirri seduti attorno a un tavolo fissato al pavimento. Un colpo di rullante gli risuonò appena dietro le orecchie. Una batteria di bombe atomiche gli esplose lungo la spina dorsale.
Pete flettè le braccia e spezzò la catena delle manette. Due sbirri fischiarono ammirati. Uno applaudì. Gli avevano chiuso due ceppi alle caviglie: impossibile fare il bis. Il poliziotto più anziano accavallò le gambe. — Abbiamo ricevuto una soffiata anonima, signor Bondurant. Uno dei vicini del signor Machado ha visto Adolfo Herendon e Armando Cruz-Martin fare ingresso nell‟appartamento di Machado, e diverse ore più tardi ha udito quelli che gli sono parsi degli spari. Dopo qualche ora, lei e Rogers vi presentate separatamente. Vi vedono abbandonare l‟appartamento insieme a Machado con due grossi carichi avvolti in tende da finestra, e il vicino segna il numero di targa di Rogers. Abbiamo perquisito l‟auto di Rogers, e vi abbiamo trovato qualcosa di molto simile a frammenti di pelle. Ci piacerebbe sentire un suo commento. Pete si rimise a posto il sopracciglio. — Formulate un‟accusa ufficiale oppure rilasciatemi. Sapete benissimo chi sono e chi conosco. — Sappiamo che conosce Jimmy Hoffa. Sappiamo che è amico di Rogers, di Machado e di altri autisti della Tiger Kab. — O mi accusate, o mi rilasciate — ripeté Pete. Lo sbirro gli lanciò in grembo sigarette e fiammiferi.
Lo sbirro numero 2 gli si fece sotto. — Probabilmente penserà che Jimmy Hoffa tenga in palmo di mano ogni singolo poliziotto di questa città. Figliolo, sono qui per dirle che non è così. — O mi accusate o mi rilasciate. — Figliolo, lei sta mettendo a dura prova la mia pazienza. — Non sono suo figlio, frocio di un burino. — Ragazzo, parlando così finirà per farsi prendere a sberle. — Se mi schiaffeggerà, le strapperò gli occhi dalle orbite. Non mi costringa a farlo. Lo sbirro numero 3 fece da paciere. — Calmi, calmi. Signor Bondurant, sa benissimo che la possiamo trattenere per settantadue ore prima di emettere qualunque accusa ufficiale. È probabile che abbia una commozione cerebrale: avrebbe bisogno di cure mediche. Ora, perché non… — Fatemi fare la telefonata di diritto, e poi accusatemi o rilasciatemi. Lo sbirro anziano intrecciò le dita dietro la nuca. — Al suo amico Rogers l‟abbiamo già concessa. Ha blaterato al secondino un sacco di stronzate sui suoi contatti a livello governativo e ha chiamato un certo Stanton. Lei a chi telefonerà? A Jimmy Hoffa? Crede forse che zio Jimmy verserà una cauzione per l‟accusa di duplice omicidio tirandosi addosso un bel po‟ di pubblicità negativa di cui non ha affatto bisogno?
Un‟atomica lo colpì al collo, facendogli quasi perdere i sensi. Lo sbirro numero 2 sospirò. — Il ragazzo è troppo intontito per collaborare. Lasciamo che si riposi un pochino. Svenne, riprese conoscenza, svenne di nuovo. Il mal di testa diminuì: da bomba atomica a nitroglicerina. Prese a leggere le iscrizioni sui muri. Ruotò il collo per sciogliersi i muscoli. Stabilì il record mondiale di pisciata trattenuta. Esaminò la situazione. Fulo può cedere o non cedere. Chuck può cedere o non cedere. Jimmy può pagare le cauzioni o scaricarci. Il procuratore distrettuale potrebbe farsi furbo: gli omicidi fra latinoamericani non contano un fico secco. Avrebbe potuto chiamare Hughes. Hughes avrebbe potuto convincere Hoover, e il caso sarebbe stato chiuso immediatamente. Aveva detto a Hughes che sarebbe stato via tre giorni. Hughes aveva accettato senza far domande. Hughes aveva accettato perché l‟operazione Kennedy gli si era rivoltata contro. Joe e Bobby gli avevano strizzato le palle fino a farle diventare noccioline.
E Ward J. Littell l‟aveva schiaffeggiato. Succhiacazzi: aveva firmato la sua condanna a morte. Gail se n‟era andata. L‟intercettazione di Jack si era sgonfiata come un palloncino. L‟odio che Hoffa provava verso i Kennedy si stava facendo sempre più bruciante. Hughes era sempre ossessionato dal suo foglio scandalistico e dalla ricerca di un nuovo corrispondente per Hush-Hush. Pete lesse alcune scritte murali. Il premio Oscar: “Il dipartimento di polizia di Miami succhia cazzi di rinoceronte“. Entrarono due uomini e accostarono le loro sedie alla sua. Un secondino gli slacciò i ceppi e se ne uscì in tutta fretta. Pete si alzò e si stirò. Il pavimento della saletta parve sprofondargli sotto i piedi. — Mi chiamo John Stanton, e questo è Guy Banister — disse il più giovane dei due. — Il signor Banister è un agente dell‟FBI in pensione, e per un certo periodo è stato vicecommissario della polizia di New Orleans. Stanton era snello e aveva capelli biondo-rossicci. Banister era grosso e rubizzo, con un‟aria da ubriacone. Pete si accese una sigaretta. Aspirò una boccata, che gli causò una fitta di emicrania. — Vi sto ascoltando. Banister si aprì in un sorriso radioso. — Ricordo quel suo problemuccio per violazione dei diritti civili. Furono Kemper Boyd e Ward Littell ad arrestarla, vero?
— Lo sa benissimo. — Sono stato responsabile dell‟ufficio di Chicago, e ho sempre pensato che Littell fosse una mammoletta. Stanton si mise a cavalcioni della sedia. — Ma Kemper Boyd è tutta un‟altra storia. Si è presentato alla stazione dei taxi e ha fatto circolare la sua foto segnaletica. Uno dei cubani ha tirato fuori il coltello, e Boyd l‟ha disarmato con una mossa alquanto spettacolare. — Boyd è un uomo pieno di stile — commentò Pete. — E visto che questa sta iniziando a sembrarmi una specie di audizione, vi dirò che ve lo raccomando per qualsiasi tipo di impiego. Stanton sorrise. — Nemmeno lei è un candidato da buttar via. Banister sorrise. — È un investigatore privato e un ex vicesceriffo. E‟ l‟uomo di fiducia di Howard Hughes, e conosce Jimmy Hoffa, Fulo Machado e Chuck Rogers. Anche queste sono credenziali che denotano stile. Pete spense la sigaretta contro il muro. — Nemmeno la CIA è così male, dal punto di vista delle credenziali. È da lì che venite, vero? Stanton si alzò. — È libero di andarsene. Nessuna accusa verrà emessa ai danni suoi, di Rogers o di Machado. — Ma voi vi terrete in contatto?
— Non esattamente. Ma un giorno potrei chiederle un favore. Che naturalmente le sarà pagato profumatamente.
Capitolo 14 (New York, 5.1.59) La suite era sfarzosa. Joe Kennedy l‟aveva strappata all‟albergo a suon di dollari. Cento persone riempivano la sala principale soltanto a metà. La finestra panoramica offriva una veduta del Central Park innevato. L‟aveva invitato Jack. Aveva detto che le feste di suo padre al Carlyle erano da non perdere… e Bobby ti deve parlare. Jack aveva anticipato la presenza di belle donne. Aveva detto che la rossa di Lyndon Johnson avrebbe potuto fare capolino. Kemper osservò i gruppetti formarsi e sciogliersi. La festa gli turbinava attorno. Il vecchio Joe si intratteneva con le sue figlie dall‟aspetto cavallino. Peter Lawford dominava un capannello di soli uomini. Jack arpionava gamberetti in compagnia di Nelson Rockefeller.
Lawford profetizzava un gabinetto Kennedy. Frank Sinatra era considerato il favorito per la carica di Primo Ministro della Fica. Bobby era in ritardo. La rossa non si era fatta vedere: Jack gliel‟avrebbe segnalata. Kemper sorseggiava una bevanda calda. La giacca dello smoking gli era larga: l‟aveva fatta fare su misura per nascondere una fondina ascellare. Bobby proibiva categoricamente qualsiasi tipo di arma: i suoi uomini erano avvocati, non sbirri. Kemper era doppiamente sbirro: doppio stipendio e doppio incarico. Aveva riferito a Hoover che Anton Gretzler e Roland Kirpaski erano stati eliminati, ma che il loro stato di “morte presunta” non aveva affatto demoralizzato Bobby Kennedy. Bobby era più che deciso ad andare MOLTO al di là del termine del mandato della Commissione McClellan nella sua persecuzione di Hoffa, dei Teamster e della mafia. Le punte di diamante della lotta a Hoffa sarebbero diventati i singoli dipartimenti di polizia e gli investigatori dei gran giurì locali, armati delle prove raccolte dalla Commissione. Bobby si sarebbe presto dedicato alla preparazione della campagna presidenziale di Jack, ma Jimmy Hoffa sarebbe rimasto il suo obiettivo personale.
Hoover gli aveva chiesto di specificare. Kemper aveva risposto che Bobby progettava di rintracciare i tre milioni di dollari “segreti” che avevano finanziato Sun Valley: era convinto che Hoffa avesse fatto una cresta consistente, e che Sun Valley in sé fosse una frode immobiliare. D‟istinto, Bobby credeva nell‟esistenza di alcuni registri segreti, e forse in codice, del Fondo pensioni degli Stati centrali dei Teamster: registri che riportavano in dettaglio decine di milioni di dollari di fondi segreti prestati a gangster e imprenditori corrotti a interessi pantagruelici. Una voce inafferrabile: a gestire il Fondo era un boss mafioso di Chicago ormai in pensione. L‟istinto personale di Bobby: il Fondo nel suo complesso era l‟arma migliore a sua disposizione per incastrare Hoffa. Kemper aveva due stipendi. Aveva due missioni conflittuali. E aveva John Stanton che insisteva a fargli offerte… sempre che i piani della CIA su Cuba si fossero realizzati. In tal caso avrebbe avuto un terzo stipendio. E denaro a sufficienza per permettersi un suo pied-à-terre. Peter Lawford aveva costretto all‟angolo Leonard Bernstein. Il sindaco Wagner chiacchierava con Maria Callas. Un cameriere riempì il boccale coperto di Kemper. Joe Kennedy si avvicinò in compagnia di un uomo anziano.
— Kemper, le presento Jules Shiffrin. Jules, Kemper Boyd. Voi due dovreste parlare. Siete entrambi furfanti fin dalla nascita. Si strinsero la mano. Joe si allontanò verso Bennett Cerf. — Come va la salute, signor Shiffrin? — Bene, grazie. E so perché vengo definito un furfante, ma lei? Mi sembra troppo giovane. — Ho un anno in più di Jack Kennedy. — E io uno in meno di Joe, dunque siamo pari. Lo fa di professione, il furfante? — Sono un agente dell‟FBI in pensione. Attualmente lavoro per la Commissione McClellan. — Un ex federale? È andato in pensione così giovane? Kemper ammiccò. — Mi ero stancato di rubare auto per conto del Bureau. Shiffrin gli fece il verso. — Stancato? Che problemi aveva, visto che poteva permettersi uno smoking su misura come quello che sta indossando? Un abito del genere dovrebbe essere riservato a quelli come me. Kemper sorrise. — E lei cosa fa? — Sarebbe meglio dire “cos‟ha fatto”. Quello che ho fatto è stato offrire i miei servizi di finanziere e consulente. Sono eufemismi, nel caso si stia chiedendo cosa significhino. Quello che non ho fatto è stato procreare un mucchio di adorabili
marmocchi da godermi nella vecchiaia. Come quelli di Joe. Li guardi. — Lei è di Chicago? — domandò Kemper. Shiffrin si aprì in un sorriso radioso. — Come fa a saperlo? — Ho studiato gli accenti. Sono bravo a riconoscerli. — “Bravo”? È troppo modesto. E quella sua cadenza strascicata… Alabama? — Tennessee. — Aah, lo Stato volontario. Peccato che non ci sia il mio amico Heshie. È un imbroglione di Detroit, ma da anni ormai vive nel sudovest. Ha un accento che la metterebbe in crisi. Bobby fece ingresso nell‟atrio. Shiffrin lo vide e roteò gli occhi. — Ecco il suo principale. Perdoni la mia franchezza, ma non lo trova un farabutto? — A suo modo, sì. — Ora è lei a usare un eufemismo. Ricordo che una volta io e Joe si stava chiacchierando su come trent‟anni prima avevamo inculato Howard Hughes con una manovra sporca. E Bobby ci sgridò per aver usato la parola “inculato”, perché i suoi figli erano nella stanza accanto. Non avrebbero mai potuto sentirci, ma… Bobby gli rivolse un cenno. Kemper se ne accorse e annuì. — Mi perdoni, signor Shiffrin.
— Vada, vada. Il dovere la chiama. Nove figli, ha avuto il vecchio Joe. Una sola testa di cazzo non è una brutta media. Kemper attraversò l‟atrio. Bobby lo condusse immediatamente verso il guardaroba. Si ritrovarono circondati da pellicce e mantelli da sera. — Jack ha detto che volevi vedermi. — Sì. Ho bisogno che tu mi metta insieme i dossier e che mi scriva un riassunto di quanto ha fatto fino a questo punto la Commissione. Dobbiamo essere in grado di inoltrare un rapporto standard a tutti i gran giurì che proseguiranno il nostro lavoro. Mi rendo conto che stendere rapporti non è la tua passione, ma è molto importante. — Inizierò domattina. — Bene. Kemper si schiarì la gola. — Bob, c‟è una cosa di cui ti volevo parlare. — Sarebbe? — Ho un caro amico. È un agente dell‟FBI di Chicago. Non ti posso ancora rivelare il suo nome, ma si tratta di un individuo molto abile e intelligente. Bobby si spazzolò la neve dal cappotto. — Kemper, stai cercando di circuirmi. So che è il tuo modo di fare, ma ti prego di giungere al punto. — Il punto è che questo mio amico è stato sollevato dal
programma contro il crimine organizzato contro la sua volontà. Detesta Hoover e il suo ritornello sul fatto che la mafia non esiste, e tramite me desidera fornirti informazioni di prima mano sul crimine organizzato. Si rende conto dei rischi, ed è pronto ad assumerseli. E per quanto può contare, è un ex seminarista gesuita. Bobby appese il suo cappotto. — Ci possiamo fidare? — Ciecamente. — Non farebbe la spia a Hoover? Kemper scoppiò a ridere. — È molto difficile. Bobby lo fissò. Bobby gli scoccò la sua occhiata da interrogatorio. — D‟accordo. Ma voglio che tu gli dica di non fare niente di illegale. Non voglio dovermi preoccupare di un fanatico che se ne va in giro a piantare cimici e chissà cos‟altro soltanto perché è convinto che io lo spalleggi. — Glielo dirò. Ora, quali aree vuoi che… — Digli che sono interessato alla possibilità dell‟esistenza dei registri segreti del Fondo pensioni. Spiegagli che se davvero esistono, è probabile che a gestirli sia la mafia di Chicago. Fallo partire da quel presupposto, e vedi se nel frattempo potrà ottenere qualsiasi altra informazione relativa a Hoffa. Alcuni ospiti passarono dal guardaroba. Una donna entrò trascinando per terra il suo visone. Dean Acheson per poco
non vi inciampò. Bobby tradì una smorfia. Kemper vide il suo sguardo perdersi in lontananza. — Cosa succede? — Niente. — C‟è qualcos‟altro che… — No, non c‟è. Ora, se mi vuoi scusare… Kemper sorrise e fece ritorno in sala. Si era riempita di gente: farsi strada era un‟impresa. La donna con il visone dava spettacolo. Costrinse un maggiordomo a carezzare la pelliccia. La fece indossare a Leonard Bernstein. Attraversò la folla a passo di mambo e rubò il bicchiere dalle mani di Joe Kennedy. Joe le diede un pacchetto regalo. La donna se lo cacciò nella borsetta. Tre delle sorelle Kennedy si allontanarono sdegnate. Peter Lawford se la mangiava con gli occhi. Bennett Cerf le scivolò accanto e le sbirciò nella scollatura. Vladimir Horowitz la chiamò con un cenno al pianoforte. Kemper scese con l‟ascensore privato nell‟atrio dell‟albergo. Raggiunse un telefono e si fece chiamare Chicago. La centralinista eseguì. Helen rispose al secondo squillo. — Pronto? — Sono io, dolcezza. Quello di cui un tempo eri
innamorata. — Kemper! Cosa stai facendo in giro con quel tremendo accento sudista? — Sono impegnato nei miei sotterfugi. — Be‟, io sono impegnata negli studi di Legge e sto cercando un appartamento, ed è già così difficile! — Tutte le belle cose lo sono. Chiedilo a quel vecchietto del tuo amante, te lo confermerà. Helen iniziò a bisbigliare. — Negli ultimi tempi è diventato chiuso e irascibile. Potresti cercare di… Littell giunse in linea. — Ciao, Kemper. Helen gli mandò un bacio e riagganciò. — Ciao, figliolo — disse Kemper. — Ciao, ciao. Non per essere brusco, ma hai… — Sì. — E? — E Bobby ha accettato. Dice che vuole che ci aiuti in segreto. Chiede di proseguire sulla strada indicata da Roland Kirpaski, e di cercare di stabilire se questi fantomatici registri segreti del Fondo pensioni esistano veramente e nascondano davvero fantastiliardi di dollari. — Bene. Molto bene. Kemper abbassò la voce. — Bobby ha ripetuto quello che ti ho già detto io. Non correre rischi inutili. Ricordatelo. Bobby è molto più attaccato alla legalità di quanto lo sia il sottoscritto.
Stai attento, e non dimenticarti dei tuoi nemici. — Farò attenzione — lo rassicurò Littell. — Potrei avere in mano un mafioso colpevole di omicidio. Credo di poterlo trasformare in un informatore. La donna del visone attraversò l‟atrio. Un drappello di fattorini accorse ad aprirle la porta. — Ward, ora devo andare. — Che Dio ti benedica per quello che hai fatto, Kemper. E di‟ a Kennedy che non lo deluderò. Kemper riagganciò e uscì in strada. Il vento ululava lungo la 76a, rovesciando i bidoni della spazzatura allineati sui marciapiedi. La donna del visone era ancora sotto il tendone dell‟albergo. Stava scartando il regalo di Joe Kennedy. Kemper si fermò a qualche metro di distanza. Il regalo era una spilla di diamanti avvolta in un rotolo di banconote da mille dollari. Un barbone si avvicinò barcollando. La donna del visone gli allungò la spilla. Un colpo di vento squadernò il rotolo di dollari, rivelandone almeno 50.000. Il barbone ridacchiò e guardò la sua spilla. Kemper scoppiò in una sonora risata. Un taxi accostò al marciapiede. La donna si chinò e diede il
suo indirizzo: — 881 5a Avenue. Kemper le aprì la portiera. — Non li trova volgari, i Kennedy? — chiese lei. I suoi occhi erano verdi, luminosi, da rimanerne abbagliati.
Capitolo 15 (Chicago, 6.1.59) Un leggero movimento bastò a far scattare la serratura. Littell estrasse il suo attrezzo e si richiuse la porta alle spalle. I fari delle auto di passaggio mitragliavano le finestre. Il salotto era piccolo, disseminato di pezzi d‟antiquariato e ninnoli art déco. I suoi occhi si abituarono all‟oscurità. Dall‟esterno proveniva luce a sufficienza: non aveva bisogno di rischiare accendendo una lampada. L‟appartamento di Lenny Sands era ordinato e aveva l‟odore di chiuso tipico dell‟inverno. L‟omicidio di Tony il Punteruolo aveva già cinque giorni ed era ancora irrisolto. La televisione e i giornali avevano omesso un piccolo fatto: Iannone era morto nei pressi di un locale dove i froci andavano a rimorchiare. Court Meade sosteneva che fosse stato Giancana a porre il veto: non voleva che Tony venisse smerdato come omosessuale, e perfino lui si rifiutava di crederci. Meade aveva citato qualche minacciosa battuta intercettata:
“Sam ha sguinzagliato le sue spie nell‟ambiente dei culi.“, ”Mo dice che l‟assassino di Tony finirà castrato.“. Giancana non riusciva a credere all‟evidenza. Giancana pensava che Tony fosse entrato nella Perry‟s Little Log Cabin per errore. Littell estrasse di tasca minitorcia e Minox. Negli ultimi giorni Lenny era stato impegnato fino a mezzanotte nell‟esazione degli incassi delle distributrici automatiche. Erano le 21,20: aveva tempo. La rubrica di Lenny era sistemata sotto il telefono in salotto. Littell la sfogliò e notò subito nomi promettenti. Lenny l‟Eclettico conosceva Rock Hudson e Carlos Marcello. Lenny l‟Hollywoodiano conosceva Gail Russell e Johnnie Ray. Lenny il Mafioso conosceva Giancana, Butch Montrose e Rocco Malvaso. Un particolare strano: numeri e indirizzi non corrispondevano a quelli in mano all‟FBI. Littell sfogliò qualche altra pagina. Strani nomi gli saltarono agli occhi. Senatore John Kennedy, Hyannis Port, Massachusetts; Spike Knode, 114 Gardenia Mobile, Alabama; Laura Hughes,
881 5a Avenue, New York; Paul Bogaards, 1489 Fountain, Milwaukee. Fotografò ogni pagina della rubrica, procedendo in ordine alfabetico. Reggeva la minitorcia fra i denti e scattava un‟immagine per pagina. Alla M terminò il rullino. Le gambe gli dolevano per la posizione accovacciata. La torcia continuava a scivolargli di bocca. Udì il suono di una chiave inserita nella serratura. Udì sbattere la porta: UN‟ORA E MEZZO DI ANTICI… Si appiattì alla parete accanto all‟ingresso del salotto. Ripassò ogni mossa di judo che Kemper gli aveva insegnato. Lenny Sands entrò in salotto. Littell gli balzò addosso da dietro e gli premette una mano sulla bocca. Ricordati: “Premi con il pollice la carotide del tuo avversario e fallo cadere a terra supino“. Eseguì la manovra come se fosse Kemper. Lenny andò giù senza opporre resistenza. Littell gli tolse la mano dalla bocca e chiuse la porta con un calcio. Lenny non gridò. Il suo volto affondava nel tappeto incartapecorito. Littell alleggerì la pressione sulla carotide. Lenny ebbe un accesso di tosse e conati di vomito. Littell gli si inginocchiò accanto. Estrasse la rivoltella e
armò il cane. — Sono dell‟FBI di Chicago. Sei colpevole dell‟omicidio di Tony Iannone. Se non accetterai di lavorare per me, ti consegnerò a Giancana e al dipartimento di polizia. Non ti sto chiedendo di fare la spia ai tuoi amici. Quello che mi interessa è il Fondo pensioni dei Teamster. Lenny boccheggiava. Littell si alzò e premette un interruttore. Il salotto brillò di una luce accecante. Vide il carrello degli alcolici accanto al divano. Caraffe di cristallo colme di scotch, bourbon e brandy. Lenny si portò le ginocchia al petto e si abbracciò le gambe. Littell rimise la pistola sotto la cintura ed estrasse di tasca una busta trasparente. Conteneva due coltelli a serramanico insanguinati. Li mostrò a Lenny. — Ho trovato quattro impronte che corrispondono alle tue. Era un bluff. Le impronte sul manico erano indistinguibili. — Non hai scelta, Lenny. Sai cosa ti farebbe Sam. Lenny si sentì invaso dai sudori freddi. Littell gli versò uno scotch. Il profumo gli fece venire l‟acquolina in bocca. Lenny sorseggiò il suo drink reggendo il bicchiere a due mani.
Il suo tono di voce da duro lasciava un po‟ a desiderare. — Del Fondo non so un cazzo. Soltanto che quelli del giro e certi imprenditori chiedono prestiti a interessi spropositati e così facendo avanzano in una specie di scala d‟importanza. — Verso Sam Giancana? — È una delle teorie. — Spiegamela meglio. — La teoria dice che Giancana discute con Jimmy Hoffa le richieste più importanti. Che solo a quel punto vengono accettate o respinte. — Esistono dei registri alternativi? Sto parlando di documenti cifrati per la registrazione di fondi segreti. — Non lo so. Kemper Boyd diceva sempre: INTIMIDISCI I TUOI INFORMATORI. Lenny si trascinò su una sedia. Lenny lo Schizofrenico sapeva che gli ebrei coraggiosi non si rannicchiavano sul pavimento. Littell si versò un doppio scotch. — Fa‟ come se fossi a casa tua — disse Lenny il Cabarettista. Littell si rimise in tasca i coltelli. — Ho controllato la tua rubrica, e ho notato che gli indirizzi non corrispondono a quelli in mano all‟FBI. — Quali indirizzi?
— Quelli dei membri del crimine organizzato di Chicago. — Ah, quelli. — Perché non corrispondono? — Perché sono i loro scopami — rispose Lenny. — Sono appartamenti che i ragazzi usano per cornificare le mogli. Ho le chiavi di alcuni di loro, perché è lì che lascio gli incassi dei jukebox. Stavo proprio ritirando l‟incasso di quel cazzo di locale di froci quando quella zia di Iannone mi è saltata addosso. Littell scolò il suo whisky in un sorso. — Ti ho visto mentre lo ammazzavi. So cosa ci facevi alla Perry‟s Little Log Cabin, come so perché frequenti l‟Hernando‟s Hideaway. So che hai due vite, due voci e due chissà cos‟altro. So che Iannone ti è saltato addosso perché non voleva che sapessi che era come te. Lenny SERRÒ le mani attorno al bicchiere. Il cristallo andò in mille pezzi. Scotch e sangue schizzarono da tutte le parti. Lenny non gridò, non trasalì, non si mosse. Littell gettò il suo bicchiere sul divano. — So che ti sei messo d‟accordo con Sal D‟Onofrio. Nessuna risposta. — So che andrai in giro con i suoi viaggi organizzati. Nessuna risposta.
— Sal è uno strozzino. È in grado di raccomandare candidati per un prestito del Fondo pensioni? Nessuna risposta. — Avanti, parlami. Non me ne andrò finché non avrò ottenuto quello per cui sono venuto. Lenny si ripulì le mani dal sangue. — Non lo so. Forse sì, forse no. Come squalo, Sal è un pesce piccolo. — E Jack Ruby? Anche lui giù a Dallas fa dello strozzinaggio a tempo perso. — Jack è un pagliaccio. Conosce molta gente, ma è un pagliaccio. Littell abbassò la voce. — I ragazzi di Chicago sanno che sei omosessuale? Lenny lottò per non cedere ai singhiozzi. — Rispondi alla domanda e ammetti di esserlo. Lenny chiuse gli occhi e scosse il capo: no, no, no. — E allora rispondi a questa domanda. Sarai il mio informatore? Lenny chiuse gli occhi e agitò il capo: sì, sì, sì. — I giornali dicono che Iannone fosse sposato. Nessuna risposta. — Lenny… — Sì. Era sposato. — Aveva anche lui uno scopatoio?
— Di sicuro. Littell si riabbottonò il cappotto. — Potrei esserti d‟aiuto, Lenny. Nessuna risposta. — Mi terrò in contatto. Sai cosa mi interessa, quindi mettiti al lavoro. Lenny lo ignorò. Lenny iniziò a togliersi le schegge di vetro dalle mani. Aveva preso il portachiavi di Iannone. Reggeva quattro chiavi e una targhetta con una scritta: “Di Giorgio, ferramenta, 947 Hudnut Drive, Evanston“. Due chiavi dell‟auto, una probabilmente di casa. La quarta chiave poteva essere quella dello scopatoio. Littell partì per Evanston. Ebbe un colpo di fortuna notturna: il ferramenta viveva sul retro del negozio. L‟inaspettata irruzione dell‟FBI spaventò il pover‟uomo. Identificò subito le chiavi: le aveva fatte lui. Disse di avere installato tutte le serrature di Iannone. Presso due indirizzi. Il 2409 di Kenilworth, a Oak Park, e l‟84 di Wolverton, a Evanston. Iannone viveva a Oak Park: l‟indirizzo era stato pubblicato dai giornali. Quello di Evanston era molto probabile che fosse lo scopatoio.
Il ferramenta gli fornì una serie di facili istruzioni. Littell trovò la strada nel giro di qualche minuto. Era un appartamentino alle spalle di un dormitorio maschile della Northwestern University. Il quartiere era buio e immerso nel silenzio. La chiave entrò nella serratura. Littell entrò con la pistola spianata. L‟appartamento era disabitato e odorava di muffa. Accese le luci di entrambi i locali. Perlustrò ogni armadietto, scaffale, vano e ripostiglio. Trovò vibratori, frustini, collari da cani borchiati, boccette di nitrito di amile, dodici barattoli di vaselina, un sacchetto di marijuana, un giubbotto borchiato da motociclista, un fucile a canne mozze, nove confezioni di benzedrina, un bracciale nazista, dipinti a olio di scene di sodomia o sessantanove e un‟istantanea di Tony il Punteruolo nudo guancia a guancia con uno studentello. Kemper Boyd diceva sempre: PROTEGGI I TUOI INFORMATORI. Littell chiamò la sartoria Celano. — Sì? — rispose un uomo: inconfondibile, era Butch Montrose. Littell camuffò la voce. — Non state tanto a pensare a Tony Iannone. Era un frocio del cazzo. Andate all‟84 di Wolverton, a Evanston, e vedrete con i vostri occhi. — Ehi, che cosa stai…?
Littell riagganciò. Appese l‟istantanea alla parete con un chiodo perché il mondo intero potesse vedere.
Capitolo 16 (Los Angeles, 11.1.59) Hush-Hush stava arrancando verso la chiusura del numero. La redazione odorava di caffè maggiorato con benzedrina. Il reparto “artistico“ stava montando la copertina: ”Paul Robeson: recidivo rosso“. Un “corrispondente” stava scrivendo il suo servizio: “Spade Cooley malmena la moglie”. Un “ricercatore” sfogliava libelli propagandistici nel tentativo di collegare le abitudini igieniche dei negri con il cancro. Pete osservava. Pete si annoiava. MIAMI continuava a danzargli nel cervello. Hush-Hush era come un gigantesco cactus infilato nel culo. Sol Maltzman si era sparato. Gail Hendee era sparita. Il nuovo staff della rivista era formato al 100 per cento da idioti. Howard Hughes era ossessionato dall‟idea di trovare un nuovo scavafango. NO, avevano invariabilmente risposto i candidati. Sapevano tutti che la polizia aveva sequestrato il numero su Kennedy.
Hush-Hush era diventato il lebbrosario del giornalismo scandalistico. Hughes BRAMAVA i segreti sporchi. Hughes BRAMAVA le porcate da raccontare a Hoover. E ciò che Hughes BRAMAVA, Hughes COMPRAVA. Pete aveva pagato informazioni sufficienti a riempire un numero. I suoi contatti nel dipartimento lo avevano rifornito di un campionario settimanale di schifezze di seconda mano. “Spade Cooley misogino bruciato dalla bottiglia!“ ”Sequestrata scorta di marijuana a Sal Mineo!“, ”Retata di beatnik sconvolge Hermosa Beach!“ Eminenti puttanate. Molto poco Miami. Miami era piacere. Miami era una droga da crisi d‟astinenza. L‟aveva lasciata con una lieve commozione cerebrale: niente male, per le botte che aveva preso. Jimmy Hoffa l‟aveva convocato per ripristinare l‟ordine. Uscito di galera, aveva eseguito. La stazione dei taxi ne aveva bisogno: le beghe politiche avevano mandato a puttane gli affari. Gli incidenti erano finiti, ma la Tiger Kab friggeva ancora di bellicosità. Doveva gestire sia la fazione castrista che quella pro Batista: delinquenti malati
di ideologia da educare all‟uso della toilette e alle leggi dell‟“uomo bianco“. Aveva stabilito alcune regole. Niente alcol né cartelli dimostrativi nelle ore di lavoro. Niente pistole né coltelli: depositare le armi al centralino. Nessuna fraternizzazione politica: le fazioni rivali dovevano mantenersi a distanza. Un sostenitore di Batista aveva osato protestare. Pete l‟aveva massacrato di botte. E aveva stabilito altre regole. Vietata la prostituzione negli orari di lavoro: le vostre baldracche le lasciate a casa. Niente effrazioni né rapine a mano armata. Aveva nominato Chuck Rogers centralinista di giorno. Chuck l‟aveva preso come un incarico politico. Rogers era pagato dalla CIA. Fulo Machado aveva contatti con la CIA. John Stanton era un agente CIA di medio livello, nonché un novello habitué della stazione. Era riuscito a cancellare l‟accusa di omicidio di primo grado ai danni di Fulo con un semplice schiocco delle dita. Il compare di Stanton, Guy Banister, odiava Ward Littell. Banister e Stanton erano interessati a Kemper Boyd. Jimmy Hoffa era il proprietario della Tiger Kab. Jimmy
Hoffa possedeva quote di due casinò dell‟Avana. Littell e Boyd lo credevano responsabile di due omicidi. Stanton e Banister probabilmente non lo sapevano. Stanton l‟aveva stuzzicato: “Un giorno o l‟altro potrei chiederle un favore”. Tutto si combinava alla perfezione. Le sue antenne presero a vibrare e vibrare… Chiamò la centralinista. — Donna, fammi un‟interurbana. Vorrei parlare con un certo Kemper Boyd, agli uffici della Commissione McClellan di Washington, presso la sede del Senato. Se riesci a collegarti di‟ che chiami da parte mia. — Sì, signore. Pete riagganciò e attese. Era un azzardo: probabile che Boyd non fosse in ufficio, occupato a complottare altrove. La spia del suo telefono prese a lampeggiare. Pete sollevò il ricevitore. — Boyd? — In persona. E alquanto sorpreso. — Be‟, ti dovevo un favore, e così ho pensato di fartelo. — Prosegui. — La settimana scorsa ero a Miami. Ho incontrato due persone, John Stanton e Guy Banister, che sembravano mostrare un certo interesse nei tuoi confronti. — Con Stanton ho già parlato. Ma ti ringrazio, fa piacere
sapere che sono ancora interessati. — Ho fornito delle ottime referenze. — Sei un amico. Posso fare qualcosa per te? — Potresti trovarmi un nuovo scavafango per Hush-Hush. Boyd riagganciò ridendo.
Capitolo 17 (Miami, 13.1.59) La Commissione gli aveva prenotato una stanza in un albergo della catena Howard Johnson‟s. Kemper si era trasferito in una doppia suite del Fontainebleau. Aveva versato la differenza di tasca sua. Stava per allungare le mani su tre stipendi: non era uno sperpero così esagerato. Bobby l‟aveva rispedito a Miami. Era stato lui stesso a dargliene l‟idea, promettendo di fare ritorno con qualche deposizione-chiave sulla frode di Sun Valley. Non aveva detto a Bobby che la CIA stava pensando di assoldarlo. Si era concesso una piccola vacanza. Se Stanton si fosse rivelato valido, si sarebbero capiti. Kemper portò una sedia sul balcone. Ward Littell gli aveva spedito un rapporto: doveva rivederlo prima di inoltrarlo a Bobby. Erano dodici pagine dattiloscritte. Ward aveva incluso una prefazione scritta a mano. KB,
visto che siamo soci in questo dolce sotterfugio, ti fornisco un racconto testuale delle mie attività. Naturalmente, considerata la condizione posta da Kennedy, vorrai omettere di menzionare le mie più scandalose illegalità. Come noterai, ho fatto notevoli progressi. E credimi, viste le gravi circostanze, sono stato molto attento.
Kemper lesse il rapporto. “Gravi circostanze” era dir poco. Littell era stato testimone di un omicidio fra omosessuali. La vittima era un piccolo boss della mafia di Chicago. L‟assassino era un habitué del sottobosco criminale di nome Lenny Sands. Sands era diventato l‟informatore di Littell. Sands si era di recente messo in società con un allibratore-strozzino, “Mad Sal“ D‟Onofrio. D‟Onofrio organizzava viaggi a Las Vegas e Lake Tahoe: Sands avrebbe dovuto accompagnare gruppi di turisti-giocatori in qualità di “cabarettista itinerante”. Sands possedeva le chiavi di diversi “scopatoi” dei boss mafiosi. Littell l‟aveva costretto a farne dei duplicati ed era clandestinamente penetrato in tre degli appartamenti alla ricerca di prove. Aveva guardato senza toccare: armi, stupefacenti e 14.000 dollari in contanti, nascosti in una sacca da golf nella tana di un certo Butch Montrose. Littell aveva rintracciato lo scopatoio di Tony Iannone: un monolocale disseminato di articoli omoerotici. Littell aveva
deciso di proteggere il proprio testimone da potenziali vendette: aveva rivelato l‟indirizzo dello scopatoio a membri della mafia di Chicago e si era appostato nei pressi dell‟appartamento per sincerarsi che la sua soffiata anonima fosse stata seguita. Così era stato: un‟ora più tardi Sam Giancana e altri due uomini avevano sfondato la porta del monolocale. E senza alcun dubbio avevano visto l‟attrezzatura omosessuale di Iannone. Incredibile. Tipica esemplificazione della Trinità di Ward Littell: fortuna, istinto e ingenuo coraggio. Littell concludeva: L‟obiettivo ultimo è aiutare un mio candidato a ottenere un prestito da parte del Fondo pensioni degli Stati centrali dei Teamster. Tale candidato, idealmente, dovrebbe essere il mio informatore, già compromesso dal punto di vista legale. Lenny Sands (e potenzialmente Sal D‟Onofrio) potrebbero dimostrarsi validi alleati nel reclutamento del suddetto informatore. Il personaggio ideale dovrebbe essere un uomo d‟affari corrotto e collegato al crimine organizzato, un uomo suscettibile di intimidazioni fisiche e minacce di procedimenti a livello federale. Una figura del genere potrebbe aiutarci a determinare l‟esistenza dei registri alternativi contenenti fondi segreti e quindi illegali. E un imbroglio che offrirebbe a Robert Kennedy illimitate possibilità di azione legale. Se i registri di cui sopra esistono veramente, gli amministratori dei fondi segreti
potranno essere accusati di furto e frode fiscale federale. Sono d‟accordo con Kennedy: potrebbe rivelarsi il sistema per provare un collegamento fra Jimmy Hoffa e i suoi Teamster e la mafia di Chicago, e per minarne il potere collettivo. Se sarà possibile provare collusioni economiche di tale portata e gravità, le teste inizieranno a cadere.
Era un piano ambizioso e stratosfericamente rischioso. Kemper si rese subito conto di un possibile problema. Littell aveva smascherato le tendenze sessuali di Tony il Punteruolo. Ma aveva preso in considerazione tutte le conseguenze? Kemper chiamò l‟aeroporto e cambiò il volo di ritorno. Sarebbe passato da Chicago. Gli sembrava la mossa giusta: se il suo presentimento si fosse dimostrato esatto, avrebbe dovuto dare a Ward una bella strigliata. Giunse il crepuscolo. Puntualissimo, il servizio in camera gli servì la sua ordinazione. Sorseggiò Beefeater e assaggiò il salmone affumicato. Collins Avenue scintillava nel buio, le sue mille luci a fiancheggiare la spiaggia. Il gin gli procurò una lieve ebbrezza. Ripensò alla donna del visone e a una decina di battute che avrebbe potuto sfruttare. Suonarono alla porta. Kemper si passò un pettine fra i
capelli e aprì. — Salve, signor Boyd — disse John Stanton. Kemper lo fece entrare. Stanton si guardò attorno ammirato. — Robert Kennedy la tratta bene. — Lei è in malafede, signor Stanton. — Allora sarò brusco. Lei è cresciuto nell‟agio e ha perso la sua famiglia. Ora ha adottato i Kennedy. Ha in programma di recuperare la sua ricchezza a piccole dosi, e questa è davvero una magnifica stanza. Kemper sorrise. — Le andrebbe un martini? — I martini sanno di gas per accendini. Ho sempre giudicato gli alberghi basandomi sulla carta dei vini. — Posso ordinare ciò che desidera. — Non mi tratterrò abbastanza a lungo. — Che cosa voleva dirmi? Stanton indicò il balcone. — Cuba è laggiù. — Lo so. — Pensiamo che Castro sceglierà il comunismo. In aprile è prevista una visita amichevole in America, ma noi crediamo che Castro si comporterà in modo da costringere il nostro paese a un rifiuto ufficiale. Presto inizierà a deportare i cubani “politicamente indesiderabili“, a cui sarà garantito asilo politico proprio qui in Florida. Abbiamo bisogno di uomini che si
occupino del loro addestramento e della formazione di una resistenza anti-Castro. Offriamo 2000 dollari al mese, più sconti sulle azioni di diverse società di comodo dell‟Agenzia. Non è un‟offerta trattabile, e ha la mia parola che il suo lavoro per l‟Agenzia non interferirà con gli altri suoi incarichi. — “Incarichi”? Al plurale? Stanton uscì in balcone. Kemper lo seguì e si appoggiò al parapetto. — Ha smesso di lavorare per l‟FBI in modo un po‟ precipitoso. Era in ottimi rapporti con Hoover, che odia e teme i fratelli Kennedy. Post hoc, propter ergo hoc. Martedì era un agente dell‟FBI, mercoledì un possibile lenone per conto di Jack Kennedy e giovedì un investigatore della Commissione McClellan. Sono in grado di trarre le logiche… — Qual è lo stipendio regolare degli agenti a contratto? — 850 dollari al mese. — Ma i miei “incarichi” mi rendono speciale? — Esatto. Sappiamo che è sempre più vicino ai Kennedy, e crediamo che Jack Kennedy possa vincere le prossime presidenziali. Se il problema di Castro dovesse farsi più grave, potremmo aver bisogno di qualcuno che ci aiuti a influenzare la sua
politica nei confronti di Cuba. — In qualità di lobbysta? — No. Di abilissimo agente provocatore. Kemper spostò lo sguardo verso il mare. Lo scintillio delle luci sembrava proseguire ben oltre Cuba. — Rifletterò sulla sua proposta.
Capitolo 18 (Chicago, 14.1.59) Littell si precipitò all‟interno dell‟edificio. Kemper l‟aveva chiamato dall‟aeroporto. VIENI IMMEDIATAMENTE ALL‟OBITORIO, gli aveva ordinato. Aveva telefonato mezz‟ora prima. Non gli aveva dato alcuna spiegazione. Aveva pronunciato quelle poche parole e aveva chiuso la comunicazione. Dall‟atrio partiva un corridoio, su cui si affacciava una schiera di sale autopsia. Barelle coperte da lenzuola bianche bloccavano il passaggio. Littell si fece strada. Kemper lo aspettava in fondo, in piedi accanto a una fila di tavoli mortuari. Littell prese fiato. — Ma cosa cazzo…? Kemper tirò fuori una lettiga. Vi era disteso il cadavere di un giovane bianco. Era coperto di tagli e bruciature di sigarette. Il pene gli era stato reciso e inserito in bocca. Littell lo riconobbe subito: era il ragazzo dell‟istantanea osé di Tony il Punteruolo.
Kemper lo afferrò per la collottola e gli fece chinare il capo a pochi centimetri dal corpo. — È colpa tua, Ward. Avresti dovuto distruggere ogni collegamento con estranei prima di spifferare tutto alla mafia. Dovevano farla pagare a qualcuno, colpevole o no, e così hanno deciso di ammazzare il ragazzo della foto che tu hai lasciato in bella evidenza. Littell tentò di scostarsi. Sentiva odore di bile, di sangue e di abrasivo. Kemper lo spinse ancora più vicino al cadavere. — Stai lavorando per Bobby Kennedy grazie a me: se Hoover lo scoprisse, sarebbe la mia fine. Sei stato fortunato che abbia pensato di controllare i rapporti sulle persone scomparse. E a questo punto ti conviene riuscire a convincermi che non farai mai più una cazzata simile. Littell chiuse gli occhi. Stava piangendo. Kemper lo costrinse a un guancia a guancia con il cadavere. — Ci vediamo alle dieci a casa di Lenny Sands. Rimetteremo a posto le cose. Il lavoro non gli fu d‟aiuto. Pedinò comunisti e stese un rapporto di sorveglianza. Le mani gli tremavano: la calligrafia era quasi illeggibile. Helen non gli fu d‟aiuto. La chiamò soltanto per sentirne la voce. Le sue chiacchiere
da studentessa di Legge giunsero quasi a farlo gridare. Court Meade non gli fu d‟aiuto. Si incontrarono in un caffè e si scambiarono i rapporti. Court gli fece notare il suo pessimo aspetto. Court lo rimproverò per l‟esilità del suo rapporto: sembrava che avesse passato ben poco tempo alla stazione d‟ascolto. Non poteva dirgli: sto battendo la fiacca perché ho trovato un informatore. Non poteva dirgli: ho fatto una cazzata e ho causato la morte di un ragazzo. La chiesa gli fu di un certo aiuto. Accese una candela per il ragazzo ucciso. Pregò perché gli fossero concessi competenza e coraggio. Si rinfrescò in bagno e si rammentò di qualcosa che aveva detto Lenny: quella sera Sal D. avrebbe reclutato i suoi turisti alla chiesa di Saint Vibiana. Una puntata al bar gli fu di grande aiuto. Minestra e cracker gli rimisero a posto lo stomaco. Tre rye con birra gli schiarirono la mente. Nella sala per le udienze di Saint Vib, Sal e Lenny stavano dando spettacolo. Una decina di Cavalieri di Colombo ascoltavano attenti. Il gruppo era seduto a un gruppo di tavoli da tombola, nei pressi di un palco. I Cavalieri sembravano una massa di
ubriaconi e mariti violenti. Littell attendeva accanto a un‟uscita antincendio. Aveva aperto la porta di uno spiraglio per guardare e ascoltare. — Si parte fra un paio di giorni — spiegò Sal. — Molti dei miei clienti regolari non sono riusciti a mollare il lavoro, e così ho abbassato la tariffa a 950 dollari, biglietti aerei compresi. Si va prima a Lake Tahoe, poi a Vegas e a Gardena, vicino a Los Angeles. Sinatra canta al Cal-Neva Lodge di Tahoe: avrete biglietti in prima fila centrale. E ora Lenny Sands, già Lenny Sanducci, stella di prima grandezza della scena di Vegas, vi farà un Sinatra ancora più Sinatra di Sinatra. Vai, Lenny! Coraggio, paisà! Lenny prese a soffiare anelli di fumo alla Sinatra. I Cavalieri di Colombo applaudirono. Lenny lanciò la sigaretta rasente le loro teste e li fulminò con lo sguardo. — Non applaudite finché non ho finito! Che razza di Ausiliari del Rat Pack siete? Dino, corri a prendermi un paio di bionde! Sammy, corri a prendermi una cassa di gin e dieci stecche di sigarette, se non vuoi che ti cavi l‟occhio buono! Scattare, Sammy! Quando la sezione 384 dei Cavalieri di Colombo di Chicago fa schioccare le dita, Frank Sinatra balza sull‟attenti! I Cavalieri risero di gusto. Una suora passò la scopa sul pavimento accanto al gruppo senza mai sollevare lo sguardo.
Lenny si mise a cantare: — “Fly me to the Coast… in other words, Vegas beware!“ I Cavalieri applaudirono. Sal versò su un tavolo il contenuto di un sacchetto di carta. I Cavalieri passarono al setaccio le cianfrusaglie e si accaparrarono gli oggetti ricordo. Littell vide gettoni per il poker, preservativi stimolanti, portachiavi di Playboy. Lenny sollevò una penna a forma di pene. — Chi di voi cazzuti vuole essere il primo a firmare? I Cavalieri si misero in coda. Littell si sentì prendere dalla nausea. Raggiunse il marciapiede e vomitò. Il rye e la birra gli bruciavano la gola. Si ingobbì e vomitò fino a non avere una goccia di liquido in corpo. Alcuni Cavalieri gli passarono accanto facendo tintinnare i portachiavi. Qualcuno rise di lui. Littell si afferrò a un lampione stradale. Sulla soglia della sala delle udienze scorse Sal e Lenny. Sal sospinse Lenny con la schiena al muro e gli affondò le dita nel petto. Le labbra di Lenny formarono una sola parola: — Okay. La porta era socchiusa. Littell la spalancò. Kemper stava esaminando la rubrica di Lenny. Aveva acceso ogni singola lampada del salotto.
— Tranquillo, figliolo. Littell richiuse la porta. — Chi ti ha fatto entrare? — Sono stato io a insegnarti l‟arte dell‟effrazione, ricordi? Littell scosse il capo. — Voglio che si fidi di me. La tua entrata in scena potrebbe spaventarlo. — Lo devi spaventare — replicò Kemper. — Non sottovalutarlo soltanto per il fatto che è un frocio. — Ho visto cos‟ha fatto a Iannone. — Si è fatto prendere dal panico. Ward. Se succederà un‟altra volta, potremmo pagarne le conseguenze. Stasera voglio impostare le cose in modo nuovo. Littell udì dei passi avvicinarsi alla porta. Non ebbero tempo di spegnere le luci per l‟effetto sorpresa. Lenny entrò in casa. Si esibì in una reazione ritardata molto teatrale. — E lui chi sarebbe? — Si chiama Boyd. Un amico. — E visto che eravate nei paraggi, avete pensato di penetrare in casa mia e farmi qualche domanda. — Non reagire in questo modo. — In quale modo? Aveva detto che avremmo parlato al telefono, e non mi aveva parlato di altri. — Lenny… — Una domanda ce l‟avrei — intervenne Kemper.
Lenny infilò i pollici nei passanti dei pantaloni. — E allora la faccia. E prego, si serva pure da bere. Il signor Littell non si fa mai pregare. Kemper sembrava divertito. — Ho dato un‟occhiata alla tua rubrica, Lenny. — Non mi sorprende. È un‟altra cosa per cui il signor Littell non si fa pregare. — Conosci Jack Kennedy e molti personaggi di Hollywood. — Sì. E conosco anche lei e il signor Littell, il che dimostra che a volte visito anche i bassifondi. — Chi sarebbe questa Laura Hughes? Il suo indirizzo, 881 5a Avenue, mi interessa. — Laura interessa molti uomini. — Stai tremando, Lenny. Il tuo atteggiamento è cambiato all‟improvviso. Littell si intromise. — Cosa state dicen…? Kemper l‟interruppe. — È sulla trentina? Alta, capelli scuri, lentiggini? — Sembra lei, sì. — Ho visto Joe Kennedy regalarle una spilla di diamanti e almeno 50.000 dollari. Potrebbe voler dire che va a letto con lei. Lenny scoppiò a ridere. Povero ingenuo, diceva il suo
sorriso. — Parlami di lei — insisté Kemper. — No. Laura non ha niente a che fare con il Fondo pensioni dei Teamster o con qualsiasi altra attività illegale. — Stai perdendo terreno, Lenny. Non sembri affatto il duro che ha fatto fuori Tony Iannone. Stai iniziando a parlare come una checca dalla vocetta stridula. Lenny assunse all‟istante una voce baritonale. — Così va meglio, signor Boyd? — Risparmia le spiritosaggini per i tuoi spettacoli. Chi è quella donna? — Non sono tenuto a dirglielo. Kemper sorrise. — Sei un omosessuale e un assassino. Non hai alcun diritto. Sei un informatore federale, e appartieni all‟FBI di Chicago. Littell era in preda alla nausea. Il cuore gli faceva strani sobbalzi in petto. — Chi è? — ripeté Kemper. Lenny tentò di fare il bullo. — Questa non è un‟operazione ufficiale. Se così fosse, ci sarebbero stenografe e documenti da firmare. E una specie di vostra iniziativa privata. E io non vi dirò nulla che possa compromettere Jack Kennedy. Kemper estrasse di tasca una fotografia e costrinse Lenny a guardarla. Littell scorse il cadavere del ragazzo con il pene in
bocca. Lenny rabbrividì, e subito dopo assunse un‟espressione da uomo vissuto. — E allora? Dovrei forse spaventarmi? — È opera di Giancana, Lenny. Credeva che fosse l‟assassino di Tony Iannone. Basta che noi apriamo bocca, e finirai così. Littell gli strappò di mano la fotografia. — Vacci piano, Kemper. Sei stato abbastanza chiaro. Kemper lo condusse in sala da pranzo. Kemper lo costrinse contro un armadietto con la punta delle dita. — Non mi contraddire mai di fronte a un sospetto. — Kemper… — Colpiscilo. — Kemper… — Colpiscilo. Fa‟ che abbia paura di te. — Non posso. Maledizione, non farmi questo. — Colpiscilo, o chiamerò Giancana e gli dirò tutto. — No. Andiamo… per favore. Kemper gli allungò un tirapugni. Kemper lo costrinse a inserirvi le dita. — Colpiscilo, Ward. Oppure lo farò uccidere da Giancana. Littell cominciò a tremare. Kemper lo schiaffeggiò. Littell si avvicinò barcollando a Lenny e gli si fermò di fronte. Gli girava la testa. Lenny gli rivolse un grottesco sorriso da finto duro. Littell
serrò il pugno e lo colpì. Lenny finì contro un tavolinetto e crollò a terra sputando denti. Kemper gli lanciò contro un cuscino del divano. — Chi è Laura Hughes? Dimmelo. Littell fece cadere a terra il tirapugni. La mano gli pulsava intorpidita. — Ti ho chiesto chi è Laura Hughes. Lenny strofinò il muso contro il cuscino. Sputò una batteria di ponti dorati. — Ti ho chiesto chi è Laura Hughes. Lenny tossì e si schiarì la gola. Lenny trasse un profondo respiro: e sia, diceva. Facciamola finita. — È la figlia di Joe Kennedy — rispose. — Sua madre è Gloria Swanson. Littell chiuse gli occhi. L‟interrogatorio non aveva alcun… — Prosegui — disse Kemper. — Fino a dove? Sono il solo a sapere la verità al di fuori della famiglia. — Prosegui — ripeté Kemper. Lenny trasse un altro respiro. Il labbro era lacerato fino alle narici. — Il vecchio Kennedy la mantiene. Laura lo ama e al tempo stesso lo odia. Gloria Swanson lo odia perché quando faceva il produttore cinematografico le ha spillato montagne di
soldi. Sono anni ormai che ha ripudiato Laura, e questo è tutto il “prosegui” che sono in grado di fare, maledizione a voi. Littell riaprì gli occhi. Lenny si afferrò al tavolinetto e si lasciò cadere su una poltrona. Kemper fece roteare il tirapugni con un dito. — Da chi ha preso il nome Hughes? — Da Howard Hughes. Il vecchio Kennedy lo detesta, e Laura ha assunto il suo nome per dargli fastidio. Littell richiuse gli occhi. Iniziava ad avere visioni indipendenti dalla sua volontà. — Larry, fa‟ una domanda al signor Sands. Un‟immagine guizzò rapida e si spense: Lenny con la sua penna a forma di fallo. — Ward, apri gli occhi e fa‟ una domanda al… Littell aprì gli occhi e si tolse gli occhiali. I contorni di ciò che lo circondava si fecero sfumati e confusi. — Ti ho visto litigare con Mad Sal appena fuori dalla chiesa. Di cosa discutevate? Lenny si tolse di bocca un dente traballante. — Cercavo di mollare il colpo con i suoi viaggi organizzati. — Perché? — Perché Sal è pericoloso. È pericoloso come voi. Aveva il tono rassegnato di chi sa di essere diventato un informatore.
— Ma lui non ha voluto? — No. Gli ho detto che lo farò per sei mesi al massimo, se a quel punto sarà ancora… Kemper fece roteare il tirapugni. — Se sarà ancora cosa? — Se sarà ancora vivo. Sembrava calmo. Come un attore si era appena calato nel proprio ruolo. — Per quale ragione non dovrebbe esserlo? — Perché è un degenerato amante del gioco. Perché deve 12.000 dollari a Sam G., e se non glieli restituisce al più presto un sicario si occuperà di lui. Littell si rimise gli occhiali. — Voglio che resti con Sal. Dei suoi debiti me ne occupo io. Lenny si pulì la bocca sul cuscino. Il pugno di Littell gli aveva procurato un labbro leporino nuovo di zecca. — Rispondi al signor Littell — ordinò Kemper. — Oh sì, sì, signor Littell — recitò Lenny con inflessione da arcifrocio. Kemper si infilò il tirapugni nella cintura dei calzoni. — Non dire niente a Laura Hughes. E non aprire bocca con nessuno circa i nostri accordi. Lenny si tirò goffamente in piedi. — Non me lo sognerei mai. Kemper ammiccò. — Hai fegato, figliolo. Conosco un
editore di Los Angeles a cui potresti essere utile, con tutto quello che sai. Lenny si unì i lembi del taglio. Littell rivolse una preghiera al cielo: “ti prego, fammi superare questa notte senza sogni.”
Documento: 16.1.59. Trascrizione di una conversazione telefonica ufficiale: “Registrata su richiesta del direttore“. ”Confidenziale 1-A: riservata al direttore“. In linea: J. Edgar Hoover, agente speciale Kemper Boyd. JEH: Buongiorno, signor Boyd. KB: Signore, buongiorno. JEH: Ottimo collegamento. Chiama da vicino? KB: Sono in un ristorante sulla Northeast “I”. JEH: Capisco. Gli uffici della Commissione sono nei paraggi, dunque immagino che stia lavorando sodo per Fratello Minore. KB: È così, signore. Almeno all‟apparenza. JEH: Mi aggiorni, la prego. KB: Ho convinto Fratello Minore a rimandarmi a Miami. Gli avevo promesso che avrei ottenuto testimonianze sulla frode immobiliare di Sun Valley, e in effetti ho fatto ritorno con alcune deposizioni, seppure inconcludenti. JEH: Prosegua. KB: La vera ragione del mio viaggio in Florida era ottenere informazioni per lei sui casi Gretzler e Kirpaski. Sarà lieto di sapere che ho controllato presso i dipartimenti di polizia di Miami e Lake Weir e che ho scoperto che entrambi i casi sono ancora aperti. La considero una tacita ammissione della loro insolvibilità.
JEH: Eccellente. E ora mi aggiorni sui fratelli. KB: Il mandato della Commissione scadrà fra novanta giorni. La documentazione da diffondere è in fase di preparazione. Le farò pervenire copie carbone di ogni importante memorandum fatto pervenire ai gran giurì selezionati. E ancora una volta, signore, è mia opinione che al momento Jimmy Hoffa sia legalmente inattaccabile. JEH: Prosegua. KB: Fratello Maggiore ha iniziato a interpellare i dirigenti dei sindacati che simpatizzano con il Partito democratico per rassicurarli sul fatto che il polverone sollevato contro Hoffa da Fratello Minore non significa affatto che le sue posizioni siano antisindacali. La mia previsione è che ai primi di gennaio dell‟anno prossimo annuncerà la sua candidatura alla presidenza. JEH: Ed è sempre sicuro che i fratelli non sospettino il Bureau per le intercettazioni a casa Shoftel? KB: Assolutamente, signore. È stata la compagna di Pete Bondurant a informare Fratello Minore del servizio su HushHush, e Ward Littell ha smascherato sia la nostra intercettazione che quella di Bondurant in modo del tutto indipendente. JEH: Ho sentito che il padre dei fratelli ha fatto ingoiare un bel rospo a Howard Hughes.
KB: Esatto, signore. JEH: Hush-Hush è in un periodo di stasi. Le anticipazioni che Hughes mi ha fatto pervenire sono alquanto debolucce. KB: Sono rimasto in contatto con Pete Bondurant, e credo di avergli trovato un personaggio molto addentro ai segreti di Hollywood, che potrebbe usare come corrispondente. JEH: Se vedrò migliorare le mie letture notturne, saprò che ha avuto successo. KB: Sì, signore. JEH: Dobbiamo ringraziare Ward Littell per quel pasticcio con Fratello Maggiore. KB: Due giorni fa sono passato da Chicago e ho visto Littell. JEH: Prosegua. KB: Temevo che l‟espulsione dal programma contro il crimine organizzato avrebbe potuto spingerlo a intraprendere azioni solitarie contro la mafia, e così avevo deciso di controllarlo. JEH: E? KB: E mi sono reso conto che le mie preoccupazioni erano infondate. Littell sembra sopportare in silenzio la sua missione anticomunista. L‟unico cambiamento che ho potuto notare è che sta vivendo un‟avventura con Helen, la figlia di Tom Agee.
JEH: Avventura di tipo sessuale? KB: Sì, signore. JEH: La ragazza è maggiorenne? KB: Ha Ventun anni, signore. JEH: Voglio che lei non lo perda d‟occhio. KB: Lo farò, signore. E già che siamo in linea, posso sottoporle un problema collaterale? JEH: Certamente. KB: Nel corso delle mie visite in Florida, ho avuto occasione di conoscere numerosi rifugiati sostenitori sia di Batista che di Castro. Ora, a quanto pare Castro sta prendendo la strada del comunismo. Ho sentito dire che molti indesiderabili di diverse tendenze politiche verranno espulsi da Cuba e accolti negli Stati Uniti, per la maggior parte a Miami. Gradirebbe informazioni su di loro? JEH: Ha fonti attendibili? KB: Sì, signore. JEH: Ma preferisce non rivelarle? KB: Esatto, signore. JEH: Spero che la stiano pagando. KB: È una situazione ambigua, signore. JEH: Lei è un uomo ambiguo. E sì, qualsiasi informazione sugli immigrati cubani è benvenuta. C‟è altro? Mi aspettano in riunione.
KB: Un‟ultima cosa. Sapeva che il padre dei fratelli ha avuto una figlia illegittima da Gloria Swanson? JEH: No, non ne avevo idea. Ne è sicuro? KB: Non del tutto. Vuole che indaghi più a fondo? JEH: Sì. Ma eviti ogni tipo di coinvolgimento personale che possa disturbare la sua infiltrazione. KB: Sì, signore. JEH: Uomo avvisato, mezzo salvato. Lei ha la tendenza ad adottare certa gente, come nel caso di Ward Littell, che io reputo moralmente menomato. Non estenda tale tendenza ai Kennedy. Temo che i loro poteri di seduzione siano perfino superiori ai suoi. KB: Parò attenzione, signore. JEH: Buona giornata, signor Boyd. KB: Anche a lei, signore.
Capitolo 19 (Los Angeles, 18.1.59) — Se Hughes è così amico di J. Edgar Hoover — disse Dick Steisel — che ci pensi da solo a far richiamare gli stramaledetti ufficiali giudiziari. Pete perlustrò l‟ufficio con lo sguardo. Le fotografie dei clienti erano spassose: Hughes condivideva una parete con alcuni dittatori sudamericani e con Preston Epps, il suonatore di bongo. — Non vuole chiedere favori a Hoover. Pensa di non avergli ancora baciato il culo a sufficienza. — Non potrà continuare in eterno a schivare mandati di comparizione. Dovrebbe semplicemente mollare la Twa, guadagnare i suoi tre o quattrocento milioni di dollari e dedicarsi alla prossima conquista. Pete si dondolò sulla sedia e posò i piedi sulla scrivania di Steisel. — Lui non la vede così. — E tu come la vedi? — Come lui mi paga per vederla. — Che significa, in questo caso?
— Significa che chiamerò la Central Casting, assumerò una mezza dozzina di attori, li farò truccare da Hughes e quindi li spedirò fuori a bordo di limousine della Hughes Aircraft. Dirò loro di fare il giro dei locali notturni, distribuire un po‟ di contanti e parlare di viaggi. Timbuktu, Nairobi… chi se ne frega? Guadagneremo un po‟ di tempo. Steisel esaminò le carte sulla scrivania. — A parte il problema Twa, è meglio che tu lo sappia: la maggior parte degli articoli di Hush-Hush che mi hai inviato per un controllo sono diffamatori. Ti faccio un esempio: il pezzo su Spade Cooley. “Forse che Ella Mae Cooley ha la parola „eterna‟ stampata sul seno? Sarebbe meglio per lei, visto che Spade ci sta dando dentro sul suo delicato décolleté. A quanto pare, Ella Mae gli aveva confessato di volersi dare al libero amore! Spade ha risposto a maschie manate, ed Ella Mae ora mostra al mondo il miracolo della sua manodopera.“ Capisci, Pete, non vengono usate scappatoie retoriche o… Steisel insisteva nelle sue lamentele. Pete smise di ascoltarlo e prese a fantasticare. Kemper Boyd l‟aveva chiamato il giorno prima. — Potrei avere il corrispondente che fa al caso tuo — aveva detto. — Si chiama Lenny Sands. Si esibirà al Cal-Neva Lodge di Lake Tahoe per una comitiva organizzata. Prova a parlargli: mi sembra perfetto per Hush-Hush. Ma è in stretti rapporti con Ward Littell, e ti renderai subito conto che è coinvolto con
l‟FBI. Dovresti anche sapere che Littell ha un testimone oculare per l‟omicidio Gretzler. Hoover gli ha imposto di lasciar perdere, ma Littell è un tipo volubile. Non voglio che lo nomini parlando con Lenny. Lenny Sands sembrava il candidato perfetto. La storia del “testimone oculare” era una stronzata. — Andrò a vederlo — aveva risposto Pete. — Ma parliamo anche di qualcos‟altro. — Cuba? — Già, Cuba. Comincio a pensare che si tratti di un‟occasione d‟oro per noi poliziotti in pensione. — Hai ragione. Sto pensando di coglierla al volo. — Ci sono anch‟io. Howard Hughes mi sta facendo impazzire. — Allora fa‟ qualcosa di carino. Qualcosa che John Stanton possa apprezzare. — Per esempio? — Controlla il mio indirizzo sull‟elenco di Washington e mandami un regalo. Steisel lo riportò alla realtà. — di ai vostri studentelli di inserire qualche “cosiddetto” o “presunto”, e rendi i servizi più ipotetici. Pete, mi stai ascoltando? — Ci vediamo, Dick — tagliò corto Pete. — Ho da fare.
Raggiunse un telefono pubblico e chiamò chi gli doveva dei favori. Un amico poliziotto, Mickey Cohen e Fred Otash, “Occhio privato delle stelle“. Risposero che sì, gli avrebbero procurato qualcosa di succulento, con garanzia di consegna immediata a Washington. Quindi telefonò a Spade Cooley. Ho appena messo a tacere un nuovo pezzo scandalistico, esordì. — Cosa posso fare per te? — replicò Spade il Grato. Ho bisogno di sei ragazze del tuo gruppo, disse Pete. Mandamele alla Central Casting fra un‟ora. Come no, paparino, fece Spade. Chiamò la Central Casting e la Hughes Aircraft. Due impiegati promisero di soddisfare le sue richieste: nel giro di un‟ora alla Central si sarebbero presentati sei sosia di Howard Hughes e sei limousine. Pete si incontrò con le sue esche e le distribuì: sei Howard, sei donne, sei limousine. Gli Howard ricevettero istruzioni dettagliate: scatenatevi fino all‟alba e spargete la voce che siete in partenza per Rio. Le limousine partirono in quarta. Spade accompagnò Pete all‟aeroporto di Burbank. Prese un piccolo aereo per Lake Tahoe. Il pilota iniziò la discesa proprio sopra il Cal-Neva Lodge.
“Non deludermi, Lenny.” Il casinò offriva slot machine, dadi, roulette, black jack, poker, keno e la moquette più alta e folta del mondo. L‟atrio era invaso da un reggimento di Frank Sinatra di cartone. La sagoma accanto alla porta: qualche spiritoso aveva disegnato un batacchio fra le labbra di Frankie. Un cartoncino sul banco del bar: “Lenny Sands alla Swingeroo Lounge!“. — Pete! — gridò una voce. — Pete il Francese! — Doveva trattarsi di qualcuno dell‟Organizzazione… oppure di un suicida. Pete si guardò attorno. Vide Johnny Rosselli salutarlo da un separé appena all‟interno della zona bar. Lo raggiunse. Il separé era ben frequentato: Rosselli, Sam G., Heshie Ryskind, Carlos Marcello. Rosselli ammiccò. — Pete il Francese, che si dice? — Non male, Johnny. E tu? — Ça va, Pete. Ça va. Conosci già i ragazzi? Carlos, Mo ed Heshie? — Solo di fama. Un giro di strette di mano. Pete rimase in piedi: protocollo dell‟Organizzazione. — Pete è francocanadese — spiegò Rosselli. — Ma non
gradisce che glielo si ricordi. — Abbiamo tutti le nostre origini — commentò Giancana. — Tranne me — intervenne Marcello. — Non ho un cazzo di certificato di nascita. Non si sa se sono nato a Tunisi, nel Nordafrica, o nel fottuto Guatemala. I miei genitori erano appena immigrati dalla Sicilia senza un cazzo di documento. Avrei dovuto chiedergli “Ehi, ma dove sono nato?” quando ne avevo la possibilità. — Già — convenne Ryskind. — Ma io? Un ebreo con una prostata che fa i capricci. I miei venivano dalla Russia. E se in questo ambiente non lo trovate uno svantaggio… — Pete sta dando una mano a Jimmy giù a Miami — spiegò Marcello. — Alla stazione dei taxi. — E non credere che non lo apprezziamo — disse Rosselli. — Prima che migliori, la situazione a Cuba deve toccare il fondo — decretò Giancana. — Adesso quello stronzo del Barbuto ha “nazionalizzato” i nostri casinò. Ha messo dentro Santos T., e ci sta costando centinaia di migliaia di dollari al giorno. — È come se Castro avesse appena ficcato una bomba atomica nel culo di ogni picciotto d‟America — commentò Rosselli. Nessuno chiese a Pete di sedersi.
Sam G. indicò un poveraccio intento a contare monete mentre camminava. — D‟Onofrio mi porta questa massa di idioti. Mi fanno una gran puzza in sala e non perdono abbastanza per compensare il disturbo. Io e Frank abbiamo il 40 per cento di questo posto. È un locale di classe, non un rifugio per comitive di coglioni. Rosselli scoppiò a ridere. — Il tuo protetto Lenny si è messo a lavorare per Sal. Giancana prese la mira sul poveraccio e premette un grilletto immaginario. — Qualcuno dovrà dare un po‟ di fertilizzante alla capoccia di Mad Sal. Gli allibratori che fanno più debiti di quanto guadagnano sono come i comunisti del cazzo, sempre a succhiare la tetta dello Stato assistenziale. Rosselli sorseggiò il suo whisky e soda. — Allora, Pete, qual buon vento ti porta al Cal-Neva? — Voglio offrire un lavoro a Lenny Sands. Potrebbe essere un ottimo corrispondente per Hush-Hush. Sam G. gli allungò una collezione di fiche. — Ecco, Francese, perdi pure un mille a mie spese. Ma non portarmi via Lenny da Chicago, d‟accordo? Mi piace averlo attorno. Pete sorrise. I “ragazzi” sorrisero. Capita l‟antifona? Ti hanno gettato tutte le briciole che secondo loro vali. Pete si allontanò. Si ritrovò in mezzo alle ultime schiere di una mandria di giocatori diretta verso la sala secondaria.
Seguì la massa. Tutto in ordine: ogni tavolo era pieno, i ritardatari che reggevano le pareti. Lenny Sands era sul palco, accompagnato da un piano e una batteria. Il tastierista accennò a un giro di blues. Lenny lo colpì al capo con il microfono. — Lew, Lew, Lew. Cosa siamo, una massa di negracci? Cosa stai suonando? “Passami l‟anguria, mamma, che le mie puntine di maiale sono parcheggiate in doppia fila?“. Il pubblico ridacchiò. — Lew, dammi un Frankie — disse Lenny. Lew il Pianista si lanciò in un‟introduzione. Lenny attaccò a cantare, a metà fra Sinatra e un falsetto da checca: — “I've got you under my skin… I've got you… UAW… under my skin. “ I gitanti ululavano dal ridere. Lenny diede un giro di vite alla sua imitazione. Gli idioti ghignavano e si smascellavano. Peter Lawford entrò in sala a controllare la situazione: il leccapiedi numero uno di Sinatra. Il batterista diede un colpo secco di rullante. Lenny si strofinò il microfono sul pube. — Meravigliosi omaccioni dei Cavalieri di Colombo, io vi adoro! Applausi del pubblico.
— E voglio che sappiate che tutte le mie donne e il mio correre dietro alla passera fresca è soltanto un sotterfugio per nascondere la voglia che provo per VOI, uomini della sezione 384 dei Cavalieri di Colombo, splendidi pezzi di manicotti con le vostre superbraciole che non vedo l‟ora di far saltare sulla mia padella pronta e pepata! Lawford sembrava nervoso. Nel giro si sapeva che avrebbe ucciso pur di leccare il culo a Sinatra. I gitanti ruggivano dal ridere. Un pagliaccio prese a sventolare una bandiera dei Cavalieri di Colombo. — Vi amo, vi amo, vi amo! Non vedo l‟ora di travestirmi da femminuccia e invitarvi tutti a dormire a casa mia insieme ai miei amichetti del Rat Pack! Lawford scattò verso il palcoscenico. Pete gli fece lo sgambetto. La caduta del leccaculo: un classico istantaneo. Frank Sinatra si fece strada nella sala. I gitanti persero del tutto la testa. Sam G. intercettò Sinatra. Sam G. gli sussurrò qualcosa di carino, di gentile, di DECISO. Pete ne colse il succo. Lenny è dell‟Organizzazione. Lenny non è il tipo che si può maltrattare per diletto. Sam sorrideva. Sam si divertiva a sentire Lenny.
Sinatra fece dietro front. Una schiera di leccaculo lo circondò all‟istante. Lenny calcò la mano sulla parodia. — Frankie, torna qui! Peter, splendido babbeo che non sei altro, tirati in piedi! Lenny Sands era un bel fenomeno. Aveva allungato un biglietto per Sands al croupier del tavolo da black jack. Lenny lo raggiunse puntualissimo alla caffetteria. — Grazie di essere venuto — lo accolse Pete. Lenny si sedette. — Il suo messaggio parlava di denaro. È un dettaglio che attira sempre la mia attenzione. Una cameriera servì loro del caffè. Risuonò il gong di una vincita: a ogni tavolo era sistemata una piccola slot machine. — Kemper Boyd mi ha fatto il suo nome. Ha detto che sarebbe stato perfetto per un certo impiego. — Lavora per lui? — No. È solo un conoscente. Lenny si carezzò una cicatrice sopra il labbro. — Di che si tratta? — Cerco un corrispondente per Hush-Hush. Dovrà cercare le storie e gli scandaletti e fornirli a chi scrive. — In altre parole, un informatore. — Più o meno. Si guarderà attorno a Los Angeles, a
Chicago e a Las Vegas e farà regolare rapporto. — Quanto? — 1000 cocuzze al mese, in contanti. — Scandali sulla gente del cinema. Fango sul mondo dello spettacolo, giusto? — Esatto. E sui politici progressisti. Lenny si versò un velo di panna nel caffè. — Nessuna obiezione, tranne che per i Kennedy. Di Bobby posso anche farne a meno, ma Jack mi piace. — Ci è andato giù pesante con Sinatra. E un amico di Jack, no? — Gli fa da magnaccia e lecca il culo all‟intera famiglia. Peter Lawford ha sposato una delle sorelle di Jack, ed è il contatto per le leccate di Frank. Jack trova Sinatra buono per qualche risata e poco di più, e lei non mi ha mai sentito dire niente del genere. Pete sorseggiò il suo caffè. — Mi racconti qualcos‟altro. — A domanda risponde. — D‟accordo. Mi trovo sul Sunset Strip e voglio farmi una scopata con un centone. Cosa faccio? — Va a trovare Mel, il custode del parcheggio del Dino‟s Lodge. Per dieci dollari di roba la manderà in un appartamento all‟incrocio fra Havenhurst e Fountain. — E se volessi passera nera?
— Si rivolga al drive-in fra Washington e La Brea e chieda alle cameriere di colore. — Se mi piacciono i ragazzini? Lenny fece una smorfia. — So che odia i froci — riprese Pete — ma mi risponda comunque. — Cazzo, non… aspetti, il portiere del Largo gestisce un giro di prostituti. — Bene. Ora, cosa si dice della vita sessuale di Mickey Cohen? Lenny sorrise. — È una finta. Non è un vero amante della passera, ma gli piace farsi vedere in giro con le belle donne. La sua attuale quasi-ragazza si chiama Sandy Hashhagen. A volte esce con Candy Barr e Liz Renay. — Chi ha fatto fuori Tony Trombino e Tony Brancato? — O Jimmy Frattiano o uno sbirro di nome Dave Klein. — Chi ha l‟uccello più grosso di Hollywood? — Steve Cochran o John Ireland. — Cosa fa Spade Cooley per divertirsi? — Manda giù Benzedrine e manda al tappeto la moglie. — Ava Gardner con chi ha tradito Frank Sinatra? — Con chiunque. — A chi ci si rivolge per un aborto veloce? — Io andrei a trovare Freddie Otash. — Jayne Mansfield?
— Ninfomane. — Dick Contino? — Leccafica supremo. — Gail Russell? — Si sta uccidendo a furia di bere, chiusa in un miserabile appartamento di West Los Angeles. — Lex Barker? — Cacciatore di fica con predilezione per le minorenni. — Johnnie Ray? — Frocio. — Art Pepper? — Drogato. — Billy Eckstine? — Ficaiolo. — Tom Neal? — In rovina a Palm Springs. — Anita O‟Day? — Tossica. — Cary Grant? — Frocio. — Randolph Scott? — Frocio. — Il senatore William F. Knowland? — Ubriacone.
— Il capo della polizia Parker? — Ubriacone. — Bing Crosby? — Ubriacone e marito violento. — Il sergente John O‟Grady? — Incastra i jazzisti con droga che nasconde di persona. — Desi Arnaz? — Puttaniere. — Scott Brady? — Gran fumatore di marijuana. — Grace Kelly? — Frigida. L‟ho scopata anch‟io, e quasi mi sono congelato il pisello. Pete scoppiò a ridere. — Io? Lenny si aprì in un gran sorriso. — Re del ricatto. Magnaccia. Assassino. E nel caso se lo stia chiedendo, sono troppo furbo per occuparmi dei fatti suoi. — Il lavoro è suo — decretò Pete. Si strinsero la mano. Mad Sal comparve agitando due tazze traboccanti di monetine.
Capitolo 20 (Washington, 20.1.59) La United Parcel gli aveva consegnato tre grossi pacchi. Kemper li portò in cucina e li aprì. Bondurant aveva coperto la merce di tela cerata. Bondurant aveva capito il concetto di “regalo”. Bondurant gli aveva spedito due pistole mitragliatrici, due bombe a mano e nove „45 automatiche con silenziatore. Bondurant aveva unito un biglietto succinto e non firmato: “Ora tocca a te e a Stanton.” Le mitragliatrici erano complete di caricatori e manuali di manutenzione. Le „45 erano perfette per la sua fondina ascellare. Kemper ne prese una e raggiunse l‟aeroporto. Arrivò in tempo per imbarcarsi sul volo dell‟una per New York. L‟881 della 5a Avenue era una fortezza in stile Tudor. Kemper schivò il portinaio e premette il citofono interno di “L. Hughes”. Rispose una voce di donna. — Prenda il secondo ascensore sulla sinistra, per favore. Può lasciare la spesa
nell‟atrio. Salì al dodicesimo piano. La porta dell‟ascensore si aprì direttamente sul vestibolo di un appartamento. Era grande quanto il suo salotto. La donna del visone era appoggiata di schiena a una colonna greca. Indossava una vestaglia scozzese e un paio di pantofole. I capelli erano raccolti all‟indietro. Sul volto un piccolo accenno di sorriso. — L‟ho vista alla serata dei Kennedy. Jack mi ha detto che è uno degli sbirri di Bobby. — Mi chiamo Kemper Boyd, signorina Hughes. — E viene da Lexington, Kentucky? — Ci è andata vicina. Da Nashville, Tennessee. Laura incrociò le braccia sul petto. — Mi ha sentito mentre davo il mio indirizzo al taxista e mi ha descritto al portiere. Lui le ha detto come mi chiamavo, e lei ha citofonato. — Ancora una volta, fuocherello. — Mi ha visto dare via quella volgarissima spilla di diamanti. Un uomo elegante come lei dovrebbe apprezzare un simile gesto. — Soltanto una donna nelle sue agiate condizioni se lo potrebbe permettere. Laura scosse il capo. — Osservazione poco acuta.
Kemper fece un passo verso di lei. — Proviamo con questa, allora. L‟ha fatto perché sapeva di avere un pubblico. E stato un gesto tipicamente kennediano, e io non la sto affatto criticando. Laura si strinse la vestaglia. — Non faccia il presuntuoso con i Kennedy. Nemmeno a parole, perché quando meno se l‟aspetta le taglieranno le gambe. — L‟ha visto accadere? — Esatto. — È quello che è successo a lei? — No. — Perché non si può cacciare qualcuno se prima non lo si accoglie? Laura estrasse di tasca un portasigarette. — Ho iniziato a fumare perché lo faceva la maggior parte delle sorelle. Avevano tutte portasigarette come questo, e così il signor Kennedy ne regalò uno anche a me. — Il signor Kennedy? — O Joe. O zio Joe. Kemper sorrise. — Mio padre è andato in miseria e si è suicidato. Mi ha lasciato 99 dollari e la pistola con cui si è ammazzato. — Zio Joe mi lascerà molto di più. — Qual è lo stipendio attuale?
— 100.000 dollari l‟anno più le spese. — Ha arredato questo appartamento perché somigliasse alla suite del Carlyle? — Sì. — È magnifico. A volte penso che potrei vivere in eterno nelle suite dei grandi alberghi. Lei si allontanò. Gli diede le spalle e scomparve alla fine di un corridoio ampio quanto quello di un museo. Kemper lasciò passare cinque minuti. L‟appartamento era enorme e silenzioso: non riusciva a orientarvisi. Provò a girare a sinistra e si perse. Tre corridoi lo ricondussero alla dispensa dalla quale era partito. I quattro accessi alla stanza da pranzo lo fecero girare più volte in cerchio. Superò incroci di corridoi, una biblioteca, ali… Fu il rumore del traffico a restituirgli un punto di riferimento. Udì dei passi sul terrazzo oltre il piano a coda. Lo raggiunse. Il terrazzo era almeno il doppio della sua cucina. Laura era appoggiata alla balaustra. Un vento leggero faceva fluttuare la vestaglia. — Gliel‟ha detto Jack? — gli chiese. — No. L‟ho scoperto da solo. — Mente. Gli unici a saperlo sono i Kennedy e un mio amico di Chicago. È stato Hoover? Bobby sostiene che non lo
sappia, ma io non gli ho mai creduto. Kemper scosse il capo. — Hoover non sa niente. L‟ha detto Lenny Sands a un agente dell‟FBI di Chicago amico mio. Laura si accese una sigaretta. Kemper riparò il fiammifero con le mani. — Non avrei mai immaginato che Lenny aprisse bocca. — Non ha avuto molta scelta, se le può essere di conso… — No, non voglio sapere. Lenny conosce brutta gente, gente che ti può costringere a dire cose che non vorresti dire. Kemper le sfiorò il braccio. — La prego, non dica a Lenny che mi ha conosciuto. — Perché, signor Boyd? — Perché ha troppe conoscenze importanti. — No, non ha capito. Le ho chiesto cosa ci fa qui. — L‟ho vista al ricevimento di Joe Kennedy. Sono sicuro che può giungere da sola alle conclusioni. — Non è una risposta. — Non potevo chiedere il suo numero a Jack o a Bobby. — Perché no? — Perché zio Joe non avrebbe approvato, e Bobby non si fida di me fino in fondo. — Per quale ragione? — Perché ho troppe conoscenze importanti. Laura rabbrividì. Kemper le coprì le spalle con la giacca.
Laura indicò la fondina ascellare. — Bobby mi aveva detto che voi della Commissione non andavate in giro armati. — Sono fuori servizio. — Mi credeva così annoiata e indolente da potersi permettere di suonare il campanello e sedurmi su due piedi? — No, avevo messo in preventivo anche una cena. Laura scoppiò a ridere e tossì una nuvola di fumo. — Kemper è il nome da nubile di sua madre? — Sì. — È ancora viva? — È morta in clinica, nel „49. — Che cosa ne ha fatto della pistola che le ha lasciato suo padre? — L‟ho venduta a un mio compagno di università. — La porta ancora? — È morto a Iwo Jima. Laura spense la sigaretta in una tazzina di caffè. — Conosco così tanti orfani. — Anch‟io. Anche lei è una specie… — No. Non è vero. Lo dice soltanto per fare colpo. — Non ci trovo una gran differenza. Laura si strinse nella giacca. Le maniche si agitavano al vento. — Fare conversazione è una cosa, signor Boyd, dire la
verità è un‟altra. La verità è che mio padre il signorotto medievale ha scopato mia madre la stella del cinema e l‟ha messa incinta. Mia madre la stella del cinema aveva già subito tre aborti, e non voleva rischiarne un quarto. Mia madre la stella del cinema mi ha ripudiata, ma a mio padre il signorotto piace sfoggiarmi di fronte alla sua famiglia legittima una volta l‟anno. Ai ragazzi piaccio perché sono una provocatrice, e mi trovano affascinante perché non possono scoparmi, essendo la loro sorellastra. Le ragazze mi odiano perché sono un messaggio in codice da parte del padre: gli uomini possono scopare chi vogliono, le donne no. Le ho dipinto un quadro abbastanza chiaro, signor Boyd? Ce l‟ho, una famiglia. Mio padre mi ha pagato il collegio e diverse università. Mio padre mi mantiene. Mio padre informò la sua famiglia della mia esistenza quando Jack mi portò a casa dopo una riunione di ex studenti di Harvard che avevo sfruttato in modo astuto per farmi introdurre in casa Kennedy. Immagini la sua sorpresa all‟annuncio di papà: “Jack, non puoi scoparla, è la tua sorellastra”. Il piccolo Bobby, vent‟anni di puro calvinismo, udì per caso la conversazione e sparse subito la voce. Al diavolo, si disse mio padre, ormai lo sanno tutti, e mi invitò a restare per cena. La signora Kennedy reagì piuttosto male. Il nostro comune amico Lenny Sands, quello dalle “conoscenze troppo importanti”, stava dando a Jack lezioni di dizione per la sua
prima campagna per il Congresso, ed era già invitato. Fu lui a impedire a Rose di fare scenate, e da allora ci confidiamo i nostri segreti. Ce l‟ho, una famiglia. Mio padre è malvagio, avido, privo di scrupoli e pronto a distruggere chiunque osi soltanto guardare storto i figli che lui riconosce pubblicamente. E io detesto tutto di lui, tranne il denaro che mi da e il fatto che probabilmente distruggerebbe chiunque cerchi di fare del male anche a me. I clacson delle auto risuonavano lunghi e stridenti. Laura indicò una fila di taxi. — Se ne stanno laggiù, appollaiati come avvoltoi. Fanno sempre il chiasso peggiore quando cerco di suonare Rachmaninoff. Kemper estrasse la pistola. Prese di mira il cartello del posteggio. Posò il braccio sulla balaustra e sparò. Due colpi fecero schizzare via il cartello dal palo. Il silenziatore produsse due schiocchi leggeri: Pete era un ottimo fornitore di artiglieria. Laura lanciò un grido entusiasta. I taxisti indicarono verso l‟alto, spaventati e confusi. — Mi piacciono i tuoi capelli — disse Kemper. Laura li sciolse. Il vento li fece danzare. Parlarono. Lui le raccontò com‟era evaporata la fortuna dei Boyd. Lei
gli raccontò com‟era stata bocciata alla Juillard e come aveva fallito sulla scena mondana. Lei si definì una musicista dilettante. Lui si definì uno sbirro ambizioso. Lei aveva inciso Chopin a sue spese. Lui inviava gli auguri di Natale ai ladri d‟auto che aveva arrestato. Lui ammise di amare Jack ma di non sopportare Bobby. Lei definì Bobby il Beethoven più profondo e Jack il Mozart più disinvolto. Disse che Lenny Sands era il suo unico vero amico e non menzionò il suo tradimento. Lui confidò di non avere segreti per la figlia Claire. L‟Avvocato del Diavolo si mise immediatamente in funzione: sapeva esattamente cosa dire e cosa omettere. Definì Hoover una vecchia checca vendicativa. Si dipinse come un illuminato pragmatista incantato dalla stella di Kennedy. Lei tornò a riflettere su cosa significasse essere orfani. Lui descrisse la combinazione delle tre figlie. Susan Littell era severa e penetrante. Helen Agee era coraggiosa e impetuosa. La sua Claire gli era ancora troppo vicina per inquadrarla. Le spiegò la sua amicizia con Ward. Sentiva la mancanza di un fratello minore, e il Bureau gliel‟aveva fornito. Rivelò che Ward idolatrava Bobby. Lei disse che Bobby aveva intuito la
malvagità di zio Joe, e che dava la caccia ai gangster per espiare la colpa della sua ricchezza. Lui parlò del fratello scomparso. Spiegò che la sua perdita lo spingeva a forzare la mano con Ward in modi strani. Parlarono fino a crollare di stanchezza. Laura chiamò il “21” e ordinò la cena. La chateaubriand e il vino le fecero venir sonno. Non ne parlarono. Non stanotte. La prossima volta. Laura si addormentò. Kemper prese a camminare per l‟appartamento. Due giri completi gli fecero capire la disposizione dei locali. Laura gli aveva confidato che la donna di servizio aveva bisogno di una piantina. La sala da pranzo avrebbe potuto ospitare un piccolo esercito. Chiamò l‟ufficio di Miami dell‟Agenzia. John Stanton rispose all‟istante. — Sì? — Sono Kemper Boyd. Accetto l‟offerta. — Ne sono molto lieto. Mi terrò in contatto. Abbiamo molte cose da discutere. — Buonanotte, allora.
— Buonanotte. Kemper fece ritorno in salotto. Aveva lasciato le tende tirate: i grattacieli sul lato opposto del parco illuminavano Laura. La guardò dormire.
Capitolo 21 (Chicago, 22.1.59) La chiave fornitagli da Lenny aprì la porta. Littell intaccò lo stipite fino al chiavistello per fingere un‟effrazione. Spezzò la lama del suo temperino. L‟emozione gli fece affondare il colpo con troppa energia. Un‟incursione di prova gli aveva permesso di studiare l‟ambiente. Sapeva dove trovare ciò di cui aveva bisogno. Chiuse la porta e subito dopo si diresse verso la sacca da golf. I 14.000 dollari erano ancora nascosti nella tasca per le palline. Si infilò i guanti. Si concesse sette minuti per fingere una rapina. Staccò l‟impianto hi-fi. Svuotò cassetti e saccheggiò l‟armadietto dei medicinali. Scaricò presso la porta un televisore, un tostapane e la sacca da golf. Sembrava il classico colpo da drogato. Butch Montrose non avrebbe mai avuto alcun sospetto.
PROTEGGI I TUOI INFORMATORI, diceva sempre Kemper Boyd. Intascò il denaro. Trascinò il bottino fino all‟auto, andò in riva al lago e scaricò il tutto nelle acque coperte dai rifiuti. Era tardi quando giunse a casa. Helen si era addormentata sul lato del letto dove di solito dormiva lui. Le lenzuola sull‟altro lato erano fredde. Non riusciva a dormire: continuava a ripetere mentalmente la scena dell‟effrazione, alla ricerca di errori. Verso l‟alba prese finalmente sonno. Sognò che un vibratore lo faceva soffocare. Si svegliò tardi. Helen gli aveva lasciato un biglietto. La scuola mi chiama. Ma che ora hai fatto stanotte? Per essere un federale progressista (e preoccupante), sei molto zelante nel cacciare i comunisti. Cosa fanno i rossi a mezzanotte? Ti amo, ti amo, ti amo H.
Si sforzò di mandar giù un caffè e una fetta di pane abbrustolito. Scrisse il suo messaggio su carta bianca di ottima qualità. Signor D‟Onofrio, Sam Giancana ha dato ordine di ucciderla. Verrà eliminato a
patto che non gli restituisca i 12.000 dollari che gli deve. Sono in grado di aiutarla a venirne fuori. Ci vediamo questo pomeriggio alle 16 al Kollege Klub, 1281 58a, Hyde Park.
Inserì il biglietto in una busta e vi aggiunse 500 dollari. Lenny gli aveva detto che il viaggio organizzato si era concluso: Sal era tornato a casa. SEDUCI I TUOI INFORMATORI CON IL DENARO, diceva Sempre Kemper Boyd. Littell chiamò l‟agenzia di consegne rapide Speedy-King. La centralinista gli rispose che avrebbe inviato subito un fattorino. Mad Sal si presentò puntuale. Littell scostò il rye e la birra. Avevano a disposizione l‟intera fila di tavoli. Gli studenti al bar non li potevano udire. Sal gli si sedette di fronte. I suoi rotoli di grasso tremarono, la camicia gli si sollevò fin sopra l‟ombelico. — Allora? — esordì. Littell estrasse di tasca la pistola e se la posò in grembo. Il tavolo copriva i suoi movimenti. — Che cosa ne hai fatto dei 500 dollari? Sal si grattò il naso. — Li ho puntati sui Blackhawks contro i Canadiens. Alle dieci di stasera saranno diventati 1000.
— A Giancana ne devi altri 11.000. — E a te chi cazzo l‟ha detto? — Una fonte attendibile. — Intendi dire un succhiacazzi d‟informatore federale. Sei del Bureau, giusto? Hai troppo l‟aria da vigliacco per essere qualsiasi altra cosa; se fossi del dipartimento di polizia o dell‟ufficio dello sceriffo, a quest‟ora avrei già comprato il tuo silenzio, e starei scopando tua moglie e inchiappettando quel moccioso di tuo figlio. — Devi a Giancana 12.000 dollari che non hai. E Giancana ti farà uccidere. — Dimmi qualcosa che già non so. — Hai ucciso un giovane di colore, Maurice Theodore Wilkins. — È un‟accusa vecchia come il pane secco. Stronzate che hai ricavato da qualche dossier. — Ho trovato un testimone oculare. Sal si rovistò nell‟orecchio con una graffetta. — Puttanate. I federali non si occupano degli omicidi dei negri, e un uccellino mi ha detto che quel ragazzo è stato ucciso da un ignoto aggressore nei sotterranei della chiesa dalla quale aveva rubato. L‟uccellino mi ha detto che l‟aggressore ha aspettato che i preti andassero a una partita di baseball, e che quindi ha sventrato il ragazzo con una sega a motore, dopo essersi fatto
fare un pompino. L‟uccellino mi ha detto che c‟era un sacco di sangue, e che l‟aggressore ha cancellato l‟odore versando vino sacro. MAI MOSTRARE PAURA O DISGUSTO, diceva sempre Kemper Boyd. Littell posò 1000 dollari sul tavolo. — Sono pronto a coprirti il debito. In due o tre rate, in modo che Giancana non si insospettisca. Sal afferrò il denaro. — Lo prendo, non lo prendo. Per quanto ne posso sapere, Mo potrebbe anche decidere di farmi fuori perché è geloso della mia bellezza. Littell armò il cane della pistola. — Rimetti giù il denaro. Sal obbedì. — E allora? — Sei interessato? — E se non lo fossi? — Giancana ti fa fuori. E io spargo la voce che sei stato tu ad ammazzare Tony Iannone. Hai sentito cosa si dice in giro, no? Tony è stato accoltellato sul retro di un locale per froci. Sal, sei un libro aperto. Gesù… “pompino”, “inchiappettare”. Immagino che avrai preso l‟abitudine a Joliet. Sal guardava i contanti di soppiatto. Sal puzzava di sudore misto a tabacco e di lozione Aqua Velva. — Sei uno strozzino, Sal. Quello che ti sto per chiedere non è molto diverso da ciò che fai di solito.
— Tipo? — Tipo che voglio arrivare al Fondo pensioni dei Teamster. E voglio che tu mi aiuti a raccomandare qualcuno. Troverò un candidato per un prestito, e tu mi aiuterai a presentarlo a Sam e a introdurlo nel Fondo pensioni. Semplice. Non ti sto chiedendo di fare la spia. Sal occhieggiava il denaro. Sal sudava come un maiale. Littell aggiunse 3000 dollari alla mazzetta. — D‟accordo — disse Sal. — Portali subito a Giancana — ordinò Littell. — Non puntarli. Sal fece un gestaccio. — Ficcatela dove non batte il sole, la tua predica. E ricordati che ho scopato tua madre, e che quindi sono il tuo paparino. Littell scattò in piedi e calò un fendente con la rivoltella. Mad Sal prese la canna in mezzo ai denti. SPAVENTA I TUOI INFORMATORI, diceva sempre Kemper Boyd. Sal sputò sangue e otturazioni d‟oro. Gli studenti al bar avevano gli occhi fuori dalle orbite. Littell li fissò finché non distolsero lo sguardo.
Capitolo 22 (Miami, 4.2.59) La chiatta era in ritardo. Il pontile era affollato di agenti della Dogana. L‟Ufficio di igiene aveva eretto un tendone nel parcheggio. I rifugiati sarebbero stati sottoposti a raggi x ed esami del sangue. I portatori di contagio sarebbero stati fatti proseguire fino a un ospedale alle porte di Pensacola. Stanton controllò il manifesto del carico. — Uno dei nostri contatti sull‟isola è riuscito a farci pervenire una lista. Tutti i deportati sono maschi. Le onde si frangevano sulle palafitte. Guy Banister lanciò in acqua un mozzicone di sigaretta. — Il che significa che sono tutti delinquenti. Sotto la copertura dell‟“indesiderabilità politica”, Castro ne sta approfittando per sbarazzarsi dei criminali comuni. Capanni per gli interrogatori fiancheggiavano il pontile. Appena dietro erano in agguato i cecchini della Dogana. L‟ordine era di sparare al primo segno di tensione. Kemper aspettava in piedi sopra le prime palafitte. Le onde
gli spruzzavano schiuma sui pantaloni. Il suo compito specifico era interrogare Teofilo Paez, ex responsabile della sicurezza della United Fruit Company. Un dossier informativo della CIA così definiva la United Fruit: “L‟azienda americana più importante, solida e redditizia di tutta Cuba; da lavoro a una gran quantità di cubani di scarsa o nulla professionalità. Un tradizionale bastione anticomunista. Gli assistenti cubani alla sicurezza assoldati dall‟azienda garantiscono da sempre ottimi risultati nel reclutamento di giovani anticomunisti disposti a infiltrarsi nelle organizzazioni sindacali di sinistra e nelle istituzioni didattiche cubane“. Banister e Stanton osservavano l‟orizzonte. Kemper venne investito da una folata di vento e lasciò che gli arruffasse i capelli. Era sotto contratto con l‟Agenzia da dieci giorni: due riunioni a Langley e ora quell‟incarico. Da dieci giorni stava con Laura Hughes: il volo giornaliero per il La Guardia facilitava i convegni amorosi. Laura gli sembrava una storia legittima. Laura impazziva non appena la toccava. Laura diceva cose brillanti e suonava Chopin con brio [Nota: in italiano nel testo]. Laura era una Kennedy. Laura raccontava aneddoti sui Kennedy con grande verve.
Aneddoti che lui nascondeva a Hoover. Si sentiva vicino alla lealtà. Si sentiva vicino alla profondità… e compromesso da Hoover. Aveva bisogno di Hoover. Continuava a fornirgli rapporti telefonici, ma limitati ai lavori della Commissione McClellan. Aveva affittato una suite al St. Regis Hotel, poco distante dall‟appartamento di Laura. La tariffa mensile era disumana. Manhattan ti entrava nel sangue. I suoi tre stipendi giungevano a garantirgli 59.000 dollari l‟anno: non si avvicinavano nemmeno alla cifra necessaria per permettersi la vita che avrebbe desiderato. Bobby lo teneva occupato con noiosi lavori d‟ufficio. Jack gli aveva ventilato la possibilità di un impiego postCommissione. L‟incarico più probabile: responsabile della sicurezza per la campagna. Jack gradiva la sua compagnia. Bobby continuava a non fidarsi fino in fondo. Bobby era incorruttibile… e Ward Littell lo sapeva. Kemper parlava con Ward due volte la settimana. Ward strombazzava di avere un nuovo informatore: un allibratore strozzino di nome Sal D‟Onofrio. Ward il Cauto diceva di averlo spaventato. Ward il Furioso diceva che Lenny Sands si era messo a lavorare per Pete
Bondurant. Ward il Furioso sapeva che era stato lui a organizzare la cosa. Ward gli inviava rapporti dettagliati. Lui ne eliminava le illegalità e li faceva giungere sulla scrivania di Bobby. Bobby conosceva Littell soltanto con il nomignolo “il Fantasma”. Bobby pregava per lui e si stupiva del suo coraggio. Kemper sperava che in quel coraggio ci fosse anche circospezione. Kemper sperava che Ward avesse imparato qualcosa dal ragazzo all‟obitorio. Ward si adattava e ascoltava i consigli. Ward era un altro orfano: cresciuto da famiglie adottive di gesuiti. Ward aveva un ottimo istinto. Ward credeva nell‟esistenza dei registri alternativi del Fondo pensioni. Lenny Sands sosteneva che i registri erano gestiti da un grande vecchio della mafia. Aveva sentito dire che la presentazione di un candidato che portasse a grossi profitti veniva premiata a suon di contanti. Littell poteva essere sulle tracce di grosse cifre. Era una potenziale scoperta da nascondere a Bobby. Kemper gliel‟aveva nascosta. Aveva eliminato ogni riferimento al Fondo dai rapporti del Fantasma. Come fanatico, Littell era alquanto malleabile. La “grande
domanda“ era una sola: sarebbe riuscito a nascondere le sue operazioni segrete a Hoover? Al largo comparve un punto nero. Banister puntò il binocolo. — Non hanno un aspetto troppo sano. A poppa della chiatta stanno giocando a dadi. Gli agenti della Dogana raggiunsero il pontile. Erano armati di rivoltelle, sfollagente e ceppi. Stanton mostrò a Kemper una fotografia. — Questo è Paez. Lo requisiremo immediatamente, prima che la Dogana possa allungare le mani. Paez sembrava la versione ossuta di Xavier Cugat. — Lo vedo — annunciò Banister. — È a prua. È ferito e coperto di lividi. Stanton tradì una smorfia. — Castro odia la United Fruit. La nostra sezione “Propaganda” ha intercettato un articolo scritto nove mesi or sono. Una prima indicazione della sua svolta comunista. Le onde spumeggianti sospingevano la chiatta verso il pontile. Gli uomini a bordo scalciavano e lottavano per un posto in prima fila. Kemper tolse la sicura al suo cannone. — Dove li
portiamo? Banister indicò verso nord. — A Boynton Beach c‟è un motel dell‟Agenzia. Hanno fatto sfollare i clienti con la scusa di una disinfestazione. Cacceremo sei cubani per stanza e sceglieremo i nostri uomini. I rifugiati sbraitavano agitando bandierine giocattolo. Teo Paez era acquattato, pronto a scattare. — Pronti! — gridò il responsabile della Dogana. La chiatta toccò il pontile. Paez saltò a terra. Kemper e Stanton gli si fecero immediatamente sotto e lo circondarono in un doppio abbraccio. Lo sollevarono da terra e scattarono. Banister si lanciò nell‟azione di disturbo: — Sotto custodia della CIA! È nostro! I fucilieri spararono una salve di avvertimento. I rifugiati si abbassarono in cerca di riparo. Gli agenti della Dogana afferrarono la chiatta con i rampini e fissarono le cime alle palafitte. Kemper sospinse Paez fra la folla. Stanton lo precedette e aprì la porta di un capanno. — C‟è un cadavere a bordo! — gridò qualcuno. Fecero entrare il loro uomo. Banister richiuse la porta a chiave. Paez si gettò a terra e la coprì di baci. Gli caddero di tasca alcuni sigari. Banister ne prese uno e
lo annusò. Stanton rifiatò. — Benvenuto in America, signor Paez. Ci hanno detto grandi cose di lei, e siamo lieti che sia qui. Kemper spiò dalla finestra. Il morto passò accanto al capanno su una barella: era stato massacrato a coltellate. Gli agenti della Dogana avevano messo in fila gli esuli: una cinquantina di uomini in tutto. Banister posò il registratore sul tavolo. — Avete avuto un morto a bordo? — domandò Stanton. Paez si lasciò cadere su una sedia. — E stata un‟esecuzione politica. Sospettavamo che quell‟uomo fosse una spia antiamericana. Interrogato, egli ha confermato i nostri sospetti. Abbiamo agito di conseguenza. Kemper si sedette. — Parla un ottimo inglese, Teo. — Parlo l‟inglese lento ed esageratamente formale degli autodidatti. I nativi mi fanno notare che spesso incappo in esilaranti errori e mutilazioni linguistiche. Stanton accostò una sedia. — Le spiace parlare un po‟ con noi? Abbiamo un bell‟appartamento pronto. Il signor Boyd l‟accompagnerà fra non molto. Paez fece un accenno d‟inchino. — Sono a vostra disponibilità.
— Eccellente. Mi chiamo John Stanton, e questi sono i miei colleghi, Kemper Boyd e Guy Banister. Paez strinse loro la mano. Banister intascò il resto dei sigari e accese il registratore. — Possiamo offrirle qualcosa prima di cominciare? — No. Vorrei che il mio primo pasto americano fosse un panino al Wolfie‟s Delicatessen di Miami. Kemper sorrise. Banister scoppiò in una risata sguaiata. — Teo — attaccò Stanton — Castro è comunista? Paez annuì. — Sì. Senza alcun dubbio. È comunista sia a livello ideale che di comportamento. La mia rete di studenti mi ha informato dell‟arrivo notturno di diversi velivoli carichi di diplomatici russi. Il mio amico Wilfredo Olmos Delsol, che era sulla chiatta insieme a me, ha memorizzato i numeri dei voli. Banister si accese una sigaretta. — Che Guevara è rosso già da tempo. — Sì. E anche Raul, il fratello di Fidel, è un porco communisto. Ancora di più, è un ipocriticista. Il mio amico Tomàs Obregon dice che Raul rivende l‟eroina confiscata ai ricchi drogati, mentre al tempo stesso, da vero ipocritico, sparge retorica comunista. Kemper controllò il suo elenco. — Anche Tomàs Obregon era a bordo con lei.
— Sì. — Come fa ad avere informazioni sul mercato cubano dell‟eroina? — Perché, signor Boyd, anch‟egli era coinvolto nel suddetto mercato. Vede, i miei compagni di viaggio sono per la maggior parte criminali. Fidel voleva sbarazzarsene, e li ha inviati in America nella speranza che inizino a praticare sulle vostre coste. Quello che non ha capito è che il comunismo è un crimine più grave dello spaccio di stupefacenti, della rapina o dell‟omicidio, e che perfino i criminali sono in grado di possedere il desiderio patriottico di reclamare la propria terra. Stanton fece dondolare la sedia. — Abbiamo sentito dire che Castro ha requisito gli alberghi e i casinò della mafia. — È vero. Fidel la chiama “nazionalizzazione”. Ha rubato alla mafia i casinò e milioni di dollari. Tomàs Obregon mi ha detto che l‟illustre gangster americano Santos Trafficante Junior è tuttora in stato di fermo al Nacional Hotel. Banister fece un sospiro. — Quel succhiacazzi di Castro vuole morire giovane. Sta scherzando sia con gli Stati Uniti che con la mafia. — La mafia non esiste, Guy. A sentire Hoover, se non altro. — Kemper, perfino Dio si sbaglia. — Ora basta, ragazzi — intervenne Stanton. — Teo, qual
è la situazione dei cittadini americani a Cuba? Paez si grattò e si stirò. — Fidel vuole apparire umano. Sta vezzeggiando gli americani più influenti residenti a Cuba, cercando di mostrar loro soltanto i cosiddetti lati buoni della sua rivoluzione. Li farà uscire alla spicciolata, perché facciano ritorno in America come strumenti della sua propaganda comunista. Nel frattempo, Fidel ha fatto bruciare molti dei campi di canna da zucchero della mia amata United Fruit, torturando e uccidendo numerosi miei studenti informatori con l‟accusa di essere spie per l‟imperialista y fascisto United. Stanton controllò l‟orologio. — Guy, porta Teo alla visita medica. Teo, segui il signor Banister. Subito dopo il signor Boyd ti accompagnerà a Miami. Banister scortò Paez fuori dal capanno. Kemper li osservò mentre si avvicinavano al tendone medico. Stanton richiuse la porta. — Scarica il morto da qualche parte, Kemper. Parlerò io a quelli che l‟hanno visto. E non provocare Guy, è un tipo irascibile. — Me l‟hanno detto. Gira voce che abbia conservato la carica di vicecommissario di New Orleans per una decina di minuti, prima di ubriacarsi e scaricare la pistola nel mezzo di un ristorante affollato. Stanton sorrise. — Gira anche voce che ai bei tempi tu abbia rivenduto qualche Corvette al mercato nero.
— Touché. Fra parentesi, che cosa ne pensi dell‟omaggio di Pete Bondurant? — Ne sono profondamente colpito. Stiamo pensando di fargli un‟offerta. Ne parlerò con il vicedirettore la prossima volta che avrò un colloquio. — Pete è bravo a far rigare dritto la gente — disse Kemper. — Già. Jimmy Hoffa se ne avvantaggia per la sua Tiger Kab. Ma continua, Kemper. Hai in mente qualcosa, l‟ho capito. Kemper spense il registratore. — John, scoprirai presto che una consistente percentuale di quegli uomini là fuori è formata da psicopatici incontrollabili. La tua idea di indottrinarli e addestrarli come potenziali guerriglieri anticastristi potrebbe anche fallire. Con il tuo piano originale, e cioè sistemazione presso famiglie di immigrati cubani e posto di lavoro garantito, una volta dimenticata la novità di trovarsi in questo paese torneranno a cedere alle tentazioni criminali. — Stai dicendo che dovremmo sceglierli con più attenzione. — No, sto dicendo che dovrei farlo io. Sto dicendo che dovremmo allungare il periodo di detenzione nel motel dell‟Agenzia, e che mi dovrebbe essere concessa l‟ultima parola su chi reclutare e chi no. Stanton scoppiò a ridere. — E potrei chiederti che cosa ti
qualificherebbe per un incarico del genere? Kemper rispose tenendo il conto con le dita. — Ho operato clandestinamente per nove anni. Conosco i criminali, e mi piacciono. Mi sono infiltrato nel giro dei furti d‟auto, ne ho arrestato gli esponenti di spicco e ho collaborato con il ministero della Giustizia per portarli in tribunale. Capisco il bisogno che hanno certi criminali di sottomettersi all‟autorità costituita. John, con alcuni di quei ladri d‟auto avevo un rapporto tale che hanno insistito per fornire a me e soltanto a me le loro confessioni. All‟agente che li aveva traditi e arrestati. Stanton fischiò ammirato: un atteggiamento che non gli si confaceva. — Stai suggerendo che ti vengano aumentate le responsabilità e che ti sia assegnata la guida degli uomini da te selezionati? Mi sembra poco realistico, considerati gli altri tuoi impegni. Kemper picchiò una gran manata sul tavolo. — No. Sto raccomandando Pete Bondurant. E sto cercando di farti capire questo: un contingente di criminali incalliti, propriamente indottrinati e diretti, potrebbe rivelarsi molto efficace. Mettiamo che il problema Castro diventi più grave. Credo che già a questo punto si possa tranquillamente supporre che l‟Agenzia avrà di che scegliere, fra deportati politici e cubani legalmente emigrati. Trasformiamo questo primo manipolo in una squadra di élite. Sono nostri, John. Facciamo che siano
anche i migliori. Stanton si picchiettò il mento con un dito. — Dulles era già pronto a richiedere carte verdi per tutti. Gli farà piacere sapere che siamo stati fin da subito così selettivi. Detesta chiedere favori all‟Ufficio immigrazione. Kemper sollevò una mano. — Non dobbiamo deportare quelli che scartiamo. Banister conosce molti cubani a New Orleans, vero? — Sì. C‟è una numerosa comunità di sostenitori di Batista. — Bene, diamo a lui i nostri scarti. Che si arrangino a cercare lavoro e a richiedere i visti in Louisiana. — Quanti uomini credi che potranno soddisfare le tue esigenze? — Non ne ho idea. Stanton sembrava entusiasta. — Dulles ha approvato l‟acquisto a buon mercato di un appezzamento di terra nel sud della Florida, da usare come campo di addestramento. Credo di poterlo convincere a mantenervi il nostro contingente scelto, sempre che tu sia convinto che gli uomini selezionati siano in grado di addestrare i nuovi arrivi prima della distribuzione fra gli altri campi, che sono sicuro spunteranno come funghi. Kemper annuì. — Uno dei miei criteri di giudizio sarà proprio la capacità di addestramento. Dove si trova l‟appezzamento?
— Sulla costa, alle porte di una cittadina chiamata Blessington. — È accessibile da Miami? — Sì. Perché? — Stavo pensando alla Tiger Kab come possibile centro di reclutamento. Stanton sembrava accaldato. — Connotazioni gangsteristiche a parte, penso che possa andar bene. Chuck Rogers ci lavora di già, dunque abbiamo un contatto iniziale. — John… — disse Kemper, molto lentamente. Stanton sembrava in estasi. — La risposta a tutti i tuoi suggerimenti è sì, previa autorizzazione del vicedirettore. E bravo, Kemper. Stai superando le mie aspettative. Kemper si alzò e fece un inchino. — Grazie. Credo che faremo rimpiangere a Castro di aver fatto partire quella chiatta. — Che Dio ti ascolti. A proposito, cosa credi che direbbe Jack della nostra piccola operazione? Kemper scoppiò a ridere. — Jack direbbe: “Dove sono le donne?“. Paez non smetteva un istante di parlare. Kemper abbassò il finestrino per prendere una boccata d‟aria. Giunsero a Miami all‟ora di punta. Paez continuava a blaterare.
Kemper tamburellava con le dita sul cruscotto cercando di rivivere la conversazione con Stanton. —… il mio protettore alla United era il signor Thomas Gordean. Adorava la passera, finché la sua passione per il bourbon I.W. Harper non lo menomò. La maggior parte dei dirigenti della United ha abbandonato all‟avvento di Castro, ma il signor Gordean è rimasto al suo posto. Ora beve ancora più di prima. Ha diverse migliaia di azioni della United Fruit, e rifiuta di andarsene. Paga soldati della milizia nazionale perché gli facciano da guardie del corpo, e in lui inizia a germogliare qualche idea comunista. Temo che finirà per diventarlo del tutto, come il Fidel che un tempo amavo. Temo che la sua eccentricità lo farà diventare un fantoccio propagandistico, e che… “Azioni”… “Thomas Gordean”… Una lampadina gli si accese in testa e quasi lo accecò. Kemper riuscì a malapena a non uscire di strada.
Documento: 10.2.59. Rapporto dal corrispondente di Hush-Hush: da Lenny Sands a Pete Bondurant. Pete, ecco una prelibatezza di cui sono giunto al corrente. Mickey Cohen è alla frutta. Pare abbia incaricato due gorilla (George Piscatelli e Sam Lo Cigno) di organizzare un racket di ricatti a sfondo sessuale. Me l‟ha detto Dick Contino, di passaggio a Chicago per un concerto di fisarmonica. Mickey si è fatto venire l‟idea leggendo le lettere d‟amore di Lana Turner a Johnny Stompanato dopo che la figlia di Lana l‟ha accoltellato. Johnny scopava ricche vedove e faceva filmare le seratine da un operatore disoccupato. Mickey ha dell‟ottimo materiale piccante. di a Hughes che lo mette in vendita per 3 biglietti da 1000. Saluti, Lenny Documento: 24.2.59. Rapporto dal corrispondente di Hush-Hush: da Lenny Sands a Pete Bondurant. Pete, sono stato in tournée con le comitive di Sal D‟Onofrio.
Eccoti qualche primizia. 1. Tutte le cameriere del turno di notte del Dunes Hotel di Vegas sono prostitute. Hanno intrattenuto l‟intero gruppo di agenti del Servizio Segreto di scorta a Eisenhower quando Ike ha parlato all‟assemblea legislativa del Nevada. 2. Rock Hudson si sta inchiappettando il direttore del ristorante del Cal-Neva. 3. Lenny Bruce è strafatto di Dilaudid. Un‟intera squadra di uomini dello sceriffo lo sta aspettando al varco la prossima volta che si fa vedere sul Sunset Strip. 4. Freddy Otash ha procurato un aborto a Jayne Mansfield. Il paparino era un lavapiatti negro con un batacchio di 40 centimetri. Peter Lawford ha delle foto del lavapiatti mentre se lo trastulla. Freddy O. me ne ha venduta una. Te la mando, falla avere a Hughes. 5. Bing Crosby sta cercando di ripulirsi in un ricovero della chiesa cattolica per preti e suore alcolizzati, appena fuori 29 Palms. Il cardinale Spellman gli ha fatto visita. Si sono ubriacati insieme e sono partiti per Los Angeles. Spellman ha centrato di striscio un‟auto carica di messicani, mandandone tre all‟ospedale. Bing ha comprato il loro silenzio distribuendo ritratti firmati e qualche centinaio di dollari. Spellman ha preso il primo volo per New York in preda al “delirium tremens”. Bing è rimasto a Los Angeles il tempo sufficiente a massacrare di botte la moglie, poi è tornato nella casa di cura. Saluti,
Lenny Documento: 4.3.59. Comunicazione riservata da J. Edgar Hoover a Howard Hughes. Caro Howard, poche righe per dirti quanto trovi migliorata Hush-Hush da quando Bondurant ha assunto il nuovo corrispondente. Ecco un uomo che potrebbe ben figurare nell‟FBI! Aspetto sempre con ansia i rapporti che mi fai pervenire. Se volessi accelerare il loro cammino, fa‟ sì che Bondurant si inetta in contatto con l‟agente speciale Rice dell‟ufficio di Los Angeles. Grazie mille anche per i filmini di Stompanato e l‟istantanea del superdotato di colore. Uomo avvisato, mezzo salvato: bisogna conoscere il nemico prima di combatterlo. I miei ossequi, Edgar Documento: 19.3.59. Lettera riservata da Kemper Boyd a J. Edgar Hoover. Contrassegnata: estremamente confidenziale. Signore, come da nostro precedente colloquio, le comunico le
principali indiscrezioni sui Kennedy ottenute da Laura (Swanson) Hughes. Avendo stabilito una relazione di superficiale amicizia con la signorina Hughes, ho guadagnato la sua fiducia. Il mio rapporto con i Kennedy mi conferisce una certa credibilità, e la signorina Hughes è rimasta molto impressionata dal fatto che abbia scoperto il suo segreto senza parlarne con la famiglia o con i suoi amici meglio informati. La signorina Hughes adora parlare della famiglia, ma nei confronti di John, Robert, Edward, Rose e delle sorelle ha soltanto parole gentili. Serba un considerevole rancore nei confronti di Joseph P. Kennedy Senior, citando i suoi legami con il gangster di Boston, Raymond L.S. Patriarca e con un “contrabbandiere-finanziere” in pensione, Jules Shiffrin, e godendo degli aneddoti sulla rivalità fra Kennedy e Howard Hughes. (La signorina Hughes ha adottato quel cognome il giorno del suo diciottesimo compleanno, sostituendo il “Johnson” proposto da Kennedy e dalla Swanson nel tentativo di irritare il padre, uno dei più acerrimi nemici di Howard Hughes.) La signorina Hughes sostiene che i legami di Joseph P. Kennedy con il crimine organizzato siano molto più profondi della definizione di “ex contrabbandiere” appioppatagli dalla stampa in riferimento alla sua redditizia attività di importatore
di whisky prima del Proibizionismo. Non è in grado di citare nomi o rammentare episodi di cui è stata testimone o ha sentito parlare; ciononostante, la sua sensazione che Joseph P. Kennedy abbia “legami profondi con il crimine”, seppur confusa, resta molto forte. Approfondirò la mia amicizia con la signorina Hughes e continuerò a fornirle le informazioni più importanti relative ai Kennedy. I miei rispetti, Kemper Boyd Documento: 21.4.59. Rapporto riassuntivo da Ward J. Littell a Kemper Boyd. “Da rivedere e inoltrare a Robert F. Kennedy.” Caro Kemper, le cose qui a Chicago procedono a buon ritmo. Continuo a pedinare i comunisti di casa come richiede il mio incarico ufficiale, sebbene mi sembrino sempre più patetici e sempre meno pericolosi. Detto questo, passerò ai temi che più ci interessano. Sal D‟Onofrio e Lenny Sands continuano, all‟insaputa l‟uno dell‟altro, a farmi da informatori. Sal ha finito per ripagare i 12.000 dollari a Giancana, il quale si è accontentato di farlo
malmenare. A quanto pare, il furto dei 14.000 dollari di Butch Montrose non è mai stato collegato ai 12.000 improvvisamente spuntati nelle mani di Sal. Ho dato ordine a D‟Onofrio di ripagare Giancana in tre rate, e lui mi ha obbedito. La mia violenza iniziale nei suoi confronti si sta dimostrando una scelta lungimirante: a quanto sembra sono riuscito a intimidirlo. Nel corso di una conversazione normale, gli ho confessato di essere stato un seminarista gesuita. D‟Onofrio, che si definisce un “devoto cattolico”, è parso molto impressionato, e ora mi considera una sorta di padre confessore. Ha già ammesso sei agghiaccianti omicidi, di cui naturalmente posso usare i terribili dettagli per ricattarlo. A parte gli occasionali incubi che i suoi racconti mi provocano, Sal e io sembriamo procedere in armonia. Gli ho detto che avrei apprezzato se si fosse trattenuto dall‟assassinio e dal gioco mentre aveva a che fare con il sottoscritto, e fino a questo momento Sal sembra obbedirmi. Mi ha fornito alcune informazioni di scarso interesse sulla mafia, non degne di menzione in questo rapporto, ma finora non mi è stato d‟aiuto nella mia ricerca di un candidato per un prestito del Fondo pensioni. È la sola ragione per cui l‟ho reclutato come informatore, ma da questo punto di vista Sal mi ha deluso. Comincio a nutrire il sospetto che dimostrare l‟esistenza dei registri alternativi si rivelerà un processo molto lento e laborioso.
Lenny Sands continua a indossare una quantità di cappelli quasi pari alla tua. È corrispondente di Hush-Hush (Dio, che lavoro terribile!), socio di Sal per i viaggi organizzati nonché parassita della mafia di Chicago. Sostiene di essere molto impegnato nel tentativo di procurarsi informazioni sul Fondo pensioni, e dice che la voce che Sam Giancana offra contanti in cambio di nominativi è vera. Crede anche nell‟esistenza di registri alternativi e forse codificati. In definitiva, sto ancora aspettando informazioni decisive sia da Sands che da D‟Onofrio. Su un altro fronte, Hoover sembra intenzionato a lasciarsi sfuggire una potenziale opportunità di sferrare un colpo alla mafia di Chicago. Court Meade ha intercettato il riferimento (alquanto ellittico) a una rapina in una conversazione tenutasi alla sartoria. Boceo Malvaso e Dewey Di Pasquale, due soldati semplici, hanno a quanto pare ricavato 80.000 dollari da un colpo effettuato a Kenilworth ai danni di un gruppo di giocatori di dadi estraneo al giro di Chicago. Gli agenti del programma contro il crimine organizzato hanno fatto pervenire l‟informazione a Hoover, il quale ha ordinato di non fornirla alle forze dell‟ordine interessate. Mio Dio, le priorità deviate di quell‟uomo! E qui concludo. A proposito: Kemper, non smetti mai di sorprendermi. Un agente della CIA! E con la fine delle attività
della Commissione McClellan, cosa farai per i Kennedy? Buona fortuna, WJL Documento: 26.4.59. Comunicazione riservata da Kemper Boyd a J. Edgar Hoover. Contrassegnata: estremamente confidenziale. Signore, le invio due righe di aggiornamento sul fronte Ward Littell. Littell e io continuiamo a sentirci regolarmente per telefono, e sono tuttora convinto che non si sia lanciato in azioni solitarie contro la mafia. Mi diceva che Littell era stato visto nei pressi della sartoria Celano e della stazione di ascolto della squadra contro il crimine organizzato. Gli ho immediatamente chiesto chiarimenti, e sono soddisfatto della sua risposta: aveva appuntamento a pranzo con l‟agente speciale Court Meade. La vita personale di Littell sembra concentrarsi sulla sua relazione con Helen Agee. La situazione ha messo in crisi i suoi rapporti con la figlia, Susan, che non approva. Helen è sempre stata molto vicina a mia figlia Claire, ma ora che studiano in università diverse la frequenza dei loro contatti ha subito una drastica riduzione. La relazione Littell-Agee sembra consistere
in tre o quattro notti alla settimana di ménage domestico. Entrambi conservano le rispettive abitazioni, e credo che continueranno a farlo. Non smetterò di tenerlo d‟occhio. I miei rispetti, Kemper Boyd Documento: 30.4.59. Comunicazione riservata da Kemper Boyd a Ward J. Littell. Ward, ti invito caldamente a tenerti alla larga dalla sartoria Celano e dalla zona della stazione di ascolto, e a evitare di farti vedere in giro con Court Meade. Credo di avere alleviato i vaghi sospetti di Hoover, ma non si sa mai. Ti consiglio vivamente di interrompere il tuo scambio di incarichi con Meade. Distruggi immediatamente questa mia. KB Documento: 4.5.59. Rapporto riassuntivo da Kemper Boyd a John Stanton. Contrassegnato: “confidenziale” “consegna a mano”. John, ecco gli aggiornamenti che mi hai richiesto nell‟ultima
comunicazione. Mi scuso per il ritardo, ma, come hai fatto notare tu stesso, ho “molteplici impegni”. 1. Sì, il mandato della Commissione McClellan è terminato. No, i Kennedy non mi hanno ancora offerto un lavoro fisso. Credo che lo faranno presto. Ci sono numerose possibilità, visto che sono sia un avvocato che uno sbirro. Sì, ho discusso di Cuba con Jack. Non ha ancora alcuna opinione sull‟importanza del problema ai fini della campagna presidenziale. È fermamente anticomunista, nonostante abbia la reputazione di essere un “liberal”. Sono ottimista. 2. Ho concluso le “audizioni” al Boynton Beach Motel. Oggi scadono i novanta giorni di isolamento prescritti dal vicedirettore Bissell, e domani il grosso dei nostri uomini verrà fatto partire per la Louisiana. Guy Banister ha organizzato una rete di immigrati cubani in regola con la legge pronti a riceverli. Forniranno sistemazioni, posti di lavoro e raccomandazioni per ottenere i visti. Guy introdurrà i nuovi arrivati al suo programma di indottrinamento-addestramento. Ho scelto quattro uomini per formare il nucleo del nostro corpo scelto di Blessington. Li considero il meglio dei cinquantatré ospiti della chiatta attraccata il 5 febbraio. Avendo “molteplici impegni”, non ho potuto essere presente per la maggior parte del tempo, ma agenti molto capaci hanno
seguito i criteri di indottrinamento e di analisi psicologica che avevo stabilito. Si tratta di criteri estremamente rigorosi. Ho personalmente diretto gli esami al poligrafo per stabilire l‟eventuale presenza di infiltrati castristi. Tutti e cinquantatré gli uomini li hanno superati (credo che la spia fosse effettivamente l‟uomo eliminato a bordo). Per sicurezza, sono state amministrate anche dosi di Penthotal. Anche in questo caso, tutti hanno superato l‟esame. Si è quindi passati agli interrogatori. Come sospettavo, tutti gli uomini avevano numerosi precedenti penali all‟interno di Cuba. Le loro condanne comprendono rapina a mano armata, furto con scasso, incendio doloso, violenza carnale, spaccio di eroina, omicidio e numerosi “crimini politici”. Un uomo si è rivelato essere un maniaco, colpevole di aver violentato e decapitato sei bambini all‟Avana. Un altro era un ruffiano omosessuale, disprezzato dal resto degli esuli. Li ho giudicati pericolosamente instabili e li ho eliminati come da istruzioni del vicedirettore. Tutti gli uomini sono stati sottoposti a interrogatori implacabili, ai limiti della tortura. La maggior parte ha resistito con grande coraggio. Le sollecitazioni fisiche e l‟abuso verbale hanno seguito i criteri di un campo d‟addestramento dei marines.
Molti fra gli uomini hanno risposto con un misto perfetto di rabbia e sottomissione. I quattro selezionati sono uomini intelligenti, violenti ma dotati di autocontrollo, fisicamente abili, loquaci (saranno perfetti reclutatori), rispettosi dell‟autorità ed esplicitamente pro America, anticomunisti e anticastristi. Te li presento: a.) TEOFILO PAEZ, per iniziare. Data di nascita 6.8.21. Ex responsabile della sicurezza per la United Fruit. Esperto di armi e tecniche d‟interrogatorio. Ex uomo rana della Marina cubana. Abile reclutatore politico. b.) TOMAS OBREGON. Data di nascita 17.1.30. Ex guerrigliero castrista. Ex corriere della droga e rapinatore di banche. Esperto di ju-jitsu e di esplosivi. c.) WILFREDO OLMOS DELSOL. Data di nascita 9.4.27. È il cugino di Obregon. Ex agitatore politico di sinistra, è diventato un fanatico nazionalista quando i suoi conti in banca sono stati “nazionalizzati”. Ex istruttore dell‟Esercito cubano. Esperto di armi leggere. d.) RAMON GUTIÉRREZ. Data di nascita 24.10.19. Pilota. Abile autore di volantini propagandistici. Ex torturatore della Polizia Segreta di Batista. Esperto di tecniche di controinsurrezione. 3. Ho perlustrato la zona circostante il terreno acquistato dall‟Agenzia per il campo di Blessington. È molto povera,
abitata da famiglie di miserabili bianchi, molti dei quali membri del Ku Klux Klan. Per dirigere il campo avremo bisogno di un bianco che susciti rispetto e paura, che sappia reprimere ogni possibile cenno di nervosismo da parte dei retrogradi bianchi turbati all‟idea che un drappello di cubani campeggi nel loro distretto. Ti ho già fatto il nome di Pete Bondurant. Ho controllato il suo dossier presso il corpo dei marines, nel quale ha servito durante la Seconda guerra mondiale, e ne sono rimasto impressionato: a Saipan è sopravvissuto a quattordici combattimenti corpo a corpo, ha ottenuto la Croce della Marina e grazie al suo comportamento sul campo da soldato semplice è giunto alla carica di capitano. Ti consiglio vivamente di assoldarlo come agente a contratto. Per ora è tutto. Se avrai bisogno di parlarmi, mi troverai al St. Regis di New York. Tuo, KB P.S.: Avevi ragione circa la visita di Castro. Ha rifiutato di fermarsi in un albergo che non accettava clienti di colore, poi è andato ad Harlem e ha iniziato a rilasciare dichiarazioni antiamericane. Il suo comportamento alle Nazioni Unite è stato deplorevole. Rendo omaggio alla tua preveggenza: ha effettivamente fatto di tutto per essere respinto.
Documento: 12.5.59. Nota da John Stanton a Kemper Boyd. Kemper, il vicedirettore ha approvato la scelta di Pete Bondurant. Da parte mia nutro qualche seppur minima apprensione: prima di fargli la proposta, vorrei che tu lo mettessi alla prova. A tua discrezione. JS
Capitolo 23 (Chicago, 18.5.59) Helen imburrò una fetta di pane tostato. — La reazione di Susan mi sta mettendo a disagio. Da quando ha saputo di noi, ci saremmo parlate sì e no tre o quattro volte. Littell aspettava la telefonata di Mad Sal. Scostò il piatto della colazione: non aveva il minimo appetito. — Io le ho parlato esattamente due volte. A volte penso che si sia verificato uno scambio: ho guadagnato una compagna e perso una figlia. — Non sembri soffrirne. — Susan si nutre di risentimento. Da quel punto di vista è identica a sua madre. — Claire mi ha detto che Kemper ha una storia con una riccona di New York, ma si rifiuta di fornire altri dettagli. Laura Hughes era per metà una Kennedy. L‟infiltrazione di Kemper si svolgeva ora su due fronti. — Ward, stamattina sei molto distante. — È il lavoro. Mi impensierisce. — Non ne sono così sicura.
Erano quasi le nove: le sette del mattino a Gardena. Sal era un inveterato mattiniero, quando si trattava di giocare. Helen gli agitò un tovagliolo davanti agli occhi. — Iuuhuu, Ward! Mi stai ascoltando, o…? — Che cosa stai dicendo? Che significa “non ne sono così sicura”? — Significa che il tuo lavoro anticomunista ti annoia e ti infastidisce. Lo descrivi sempre con disprezzo, eppure sono mesi che non pensi ad altro. — E? — E la notte fai brutti sogni, e mormori frasi in latino. — E? — E stai iniziando a sfuggirmi quando ci ritroviamo nella stessa stanza. Stai cominciando a comportarti come un quarantaseienne di fronte a una ventunenne a cui non può dire certe cose perché non le capirebbe. Littell le prese le mani fra le sue. Helen le ritrasse e fece cadere un portatovagliolo per terra. — Kemper dice tutto a Claire. Credevo che volessi emularlo anche in questo. — Kemper è il padre di Claire. Io non sono tuo padre. Helen scattò in piedi e afferrò la borsetta. — Ci rifletterò tornando a casa.
— Cos‟è successo alla lezione delle nove e mezzo? — Oggi è sabato, Ward. Sei così “impensierito” che non sai nemmeno che giorno è. Sal chiamò alle 9,35. Sembrava agitato. Littell fece il gentile per tranquillizzarlo. A Sal piacevano le moine. — Come vanno le cose? — Come tutti i viaggi organizzati. Gardena non è male perché è vicina a Los Angeles, ma quello stronzo di Lenny l‟Ebreo continua a sparire per cercare puttanate da pubblicare su Hush-Hush e a presentarsi in ritardo ai suoi spettacoli. Credi che dovrei farlo a fettine come quel tizio che…? — Non confessarti al telefono, Sal. — Mi perdoni, padre, per i miei peccati. — Piantala. Sai cosa mi interessa: se hai notizie, tirale fuori. — Va bene, va bene. Ero a Vegas, e ho sentito una frase di Heshie Ryskind. Pare che i ragazzi siano preoccupati dalla situazione cubana. L‟Organizzazione ha dato al Barbuto vagonate di soldi in cambio della sua parola che se avesse preso il potere i casinò del cazzo avrebbero continuato a funzionare. Ma adesso Castro si è messo a fare il comunista, e ha nazionalizzato i casinò. Hesh dice che Santos T. è in galera all‟Avana. E così ai ragazzi il Barbuto non piace più molto.
Hesh dice che Castro è come se fosse nel bel mezzo di un‟orgia di mongoli. Prima o poi se lo prenderà nel culo. — E? — chiese Littell. — E prima di partire da Chicago, ho parlato al telefono con Jack Ruby. Jack era a corto di cocuzze, e così gli ho prestato una certa cifra per scaricare un locale di spogliarelli e acquistarne un altro, il Carousel o qualcosa del genere. Jack è sempre stato puntuale a ripagare, perché anche lui fa un po‟ di strozzinaggio giù a Dallas, e… — Sal, hai in mente qualcosa. Dimmi di che si tratta. — Ehi ehi ehi… credevo che voi sbirri foste ossessionati dall‟avere le prove. — Sal… — Aspetta, ascoltami. Jack ha confermato le parole di Heshie. Ha detto di aver parlato con Carlos Marcello e Johnny Rosselli: entrambi sostengono che il Barbuto sta costando all‟Organizzazione 75‟000 dollari al giorno in interessi bancari, oltre agli incassi giornalieri dei casinò del cazzo. Pensaci, padre. Pensa a cosa potrebbe fare la Chiesa con settantacinquemila bigliettoni al giorno. Littell tradì un sospiro. — Cuba non m‟interessa. Ruby non ti ha detto niente sul Fondo pensioni? — Be‟… — fece Mad Sal. — Sal, Cristo Dio!
— Padre, lei è un peccatore. Ora dica dieci Ave Maria e ascolti questa. Jack mi ha detto di aver presentato a Sam G. un petroliere texano per un prestito da parte del Fondo pensioni. Sarà successo più o meno un anno fa. Ora, questa è un‟informazione di prima classe, e il sottoscritto si merita un premio, perché deve coprire le sue puntate, e un allibratorestrozzino senza contanti fa una brutta fine e non può più spifferare niente a un vigliacco succhiacazzi federale come te. La definizione di Ruby sul dossier del programma: portaborse-strozzino da strapazzo. — Padre, padre, padre. Mi perdoni per le mie puntate. Mi perdoni per… — Cercherò di procurarti del denaro, Sal. Se riuscirò a trovare un candidato che tu possa presentare a Giancana. Sto parlando di una raccomandazione diretta, da te a Sam. — Gesù, padre. — Sal… — Padre, mi sta inculando così a fondo che fa male. — Ti ho salvato la vita, Sal. E questo sarà l‟unico modo per spillarmi un altro centesimo. — Va bene, va bene, va bene. Mi perdoni, padre, per aver imboccato la via della perdizione con questo ex seminarista dell‟FBI che… Littell riagganciò.
Gli uffici erano vuoti e silenziosi come ogni fine settimana. L‟agente addetto al centralino lo ignorò. Littell si impadronì della telescrivente e inoltrò una richiesta di informazioni all‟ufficio di Dallas. La risposta avrebbe impiegato almeno dieci minuti. Chiamò l‟aeroporto Midway per farsi comunicare gli orari dei voli, ed ebbe un colpo di fortuna. Un volo Pan-Am per Dallas partiva a mezzogiorno. Il volo di ritorno l‟avrebbe riportato a casa poco dopo la mezzanotte. La telescrivente sputò fuori la risposta: Jacob Rubenstein, altrimenti noto come Jack Ruby, data di nascita 25.3.11. Tre arresti per estorsione ma nessuna condanna: nel „47, nel „49 e nel „53. Sospetto magnaccia e informatore del dipartimento di polizia di Dallas. Oggetto nel 1956 di un‟indagine della Società americana per la prevenzione degli abusi sugli animali. Sospettato di molestare sessualmente i suoi cani. Noto per la sua attività occasionale di strozzinaggio nei confronti di imprenditori e trivellatori petroliferi in condizioni disperate. Littell stracciò il foglio. Jack Ruby valeva il viaggio.
Il ronzio dell‟aereo e tre scotch lo fecero addormentare. Le confessioni di Mad Sal gli danzarono in sogno come un medley da hit parade. Sal costringe a pregare il ragazzo di colore. Sal fa inghiottire idraulico liquido allo scommettitore che non ha versato il dovuto. Sal decapita due giovani colpevoli di aver fischiato a una suora. Littell si risvegliò fradicio di sudore. La hostess gli offrì un drink senza che lui gliel‟avesse chiesto. Il Carousel Club era un localaccio a luci rosse del quartiere. Il cartellone all‟ingresso ritraeva una schiera di formose ragazze in bikini. Apertura ore 18,00, recitava un altro cartello. Littell parcheggiò dietro l‟edificio e attese. La sua auto a noleggio odorava di sesso recente e pomata per i capelli. Alcuni poliziotti gli passarono accanto. Uno di loro lo salutò con un cenno. Littell capì: ti credono un fratello con una mano nella tasca di Jack. Ruby arrivò alle 17,15. Era solo. Scopava i suoi cani e faceva il magnaccia. Bisognava andarci giù pesanti. Ruby scese dall‟auto e aprì la porta sul retro. Littell lo
raggiunse di corsa e gli si parò davanti. — FBI — annunciò. — Fammi vedere le mani. — Lo disse nel più tipico stile Kemper Boyd. Ruby pareva scettico. Portava un ridicolo cappello a cupola piatta. — Svuota le tasche — ordinò Littell. Ruby obbedì. Caddero a terra un rotolo di banconote, alcuni biscotti per cani e una „38 a canna corta. Ruby sputò sul mucchietto. — Conosco molto bene le estorsioni di chi non è del posto. So benissimo come gestire sbirri in abiti blu da quattro soldi e puzzolenti d‟alcol. Prenda quel cazzo che vuole e mi lasci in pace. Littell raccolse un biscotto per cani. — Mangialo, Jack. Ruby si bilanciò sulla punta delle dita, in una sorta di posizione da pugile. Littell estrasse pistola e manette. — Voglio che mangi quel biscotto. — Senti un po‟… — “Senta un po‟, signore.” — Senta un po‟, signore, chi cazzo crede… Littell gli cacciò il biscotto in bocca. Ruby iniziò a masticare per sopprimere un conato di vomito. — Ti farò alcune domande, Jack. Se non mi soddisferai, il fisco ti verrà a trovare, gli agenti federali perquisiranno ogni sera la tua clientela e il Dallas Morning News rivelerà le tue tendenze sessuali canine.
Ruby masticò. Ruby produsse una pioggia di briciole. Littell gli scaricò un gran calcio sugli stinchi. Ruby crollò in ginocchio. Littell spalancò la porta con un calcio e con un altro lo spinse all‟interno. Ruby cercò di rialzarsi. Littell lo ricacciò a terra. Il locale era tre metri per tre, invaso da cataste di costumi da spogliarello. Littell gliene gettò un mucchio in faccia con una pedata. Littell gli fece cadere in grembo un altro biscotto per cani. Ruby se lo mise in bocca. Ruby emise orrendi suoni strozzati. — Rispondi a questa domanda — riprese Littell. — Hai mai presentato qualcuno a strozzini più importanti di te? Ruby annuì: sì, sì, sì, sì, sì. — È stato Sal D‟Onofrio a prestarti il denaro per l‟acquisto di questo locale. Annuisci se è vero. Ruby assentì. I suoi piedi erano impigliati in un intrico di reggiseni sudici. — Sal ammazza per abitudine. Lo sapevi? Ruby annuì. Nella stanza accanto i cani iniziarono ad abbaiare. — Tortura la gente, Jack. Gode a infliggere dolore. Ruby agitò freneticamente il capo. Le sue guance erano gonfie come quelle del cadavere del ragazzo all‟obitorio.
— Sal ha bruciato vivo un uomo con la fiamma ossidrica. La moglie della vittima è tornata inaspettatamente a casa. Sal le ha cacciato in bocca uno straccio fradicio di benzina e le ha dato fuoco. Dice che è morta sputando fiamme come un drago. Ruby si pisciò nei pantaloni. Littell vide la macchia stendersi attorno all‟inguine. — Sal vuole che tu sappia un paio di cosette. Primo, il tuo debito nei suoi confronti è cancellato. Secondo, se ti rifiuterai di collaborare con me o farai la spia all‟Organizzazione o a qualcuno dei tuoi amici sbirri, verrà di persona a Dallas, ti violenterà e ti ammazzerà. Ci siamo capiti? Ruby annuì: sì, sì, sì. Briciole di biscotti per cani gli schizzarono fuori dalle narici. NON TENTENNARE, diceva sempre Kemper Boyd. — Non potrai più metterti in contatto con Sal. Non saprai mai il mio nome. Non dirai mai a nessuno di questa mia visita. Mi chiamerai ogni martedì mattina alle 11 a un apparecchio pubblico di Chicago. Ti telefonerò io per darti il numero. Ci siamo capiti? Ruby annuì: sì, sì, sì, sì, sì, sì. I cani raschiavano la porta a pochi metri di distanza. — Voglio che trovi qualcuno per Sal. Qualcuno che Sal possa presentare a Giancana per un prestito del Fondo
pensioni. Fa‟ un cenno del capo se accetti, e altri due se hai capito tutto. Ruby assentì tre volte. Littell se ne andò. Il fracasso dei cani divenne cacofonico. Il volo di ritorno atterrò a mezzanotte. Salì in auto e ripartì, eccitato ed esausto. L‟auto di Helen era parcheggiata di fronte a casa. L‟avrebbe trovata ad aspettarlo, vogliosa e ansiosa di fare pace. Littell proseguì fino a una bottiglieria e acquistò una bottiglia da un quarto di litro di whisky. Un ubriacone gli chiese l‟elemosina. Gli diede un dollaro: il poveraccio gli ricordava vagamente Jack Ruby. Era l‟una di domenica mattina. Court Meade poteva essere al lavoro alla stazione di ascolto. Lo chiamò. Nessuna risposta. L‟agente di turno stava bigiando. Kemper gli aveva raccomandato di tenersi alla larga dalla stazione. Ma Kemper poteva anche non trovare rischiosa un‟ultima visita. Littell raggiunse la stazione ed entrò. Il trasmettitore era staccato, la stanza era stata ripulita e messa in ordine. Un biglietto attaccato sul quadro comandi spiegava il perché.
Memo: la sartoria Celano sarà disinfestata nei giorni dal 17 al 20 maggio „59. Tutti i turni di sorveglianza saranno temporaneamente sospesi.
Littell stappò la bottiglia. Un paio di sorsi lo ravvivarono e proiettarono i suoi pensieri in un milione di direzioni diverse. Alcuni fili cerebrali fecero contatto e scoppiettarono. Sal aveva bisogno di soldi. Court Meade aveva parlato di un colpo ai danni di un gruppo di giocatori di dadi. Hoover aveva dato ordine di lasciar perdere. Littell controllò le trascrizioni delle intercettazioni. Rintracciò un colloquio sulla rapina, riportato il mese prima dall‟agente speciale Russ Davis. 18.4.59. Ore 22,00. Soli in sartoria: Rocco Malvaso e Dewey Di Pasquale, detto “l‟Anatra”. Apparenti brindisi coperti da rumori di martelli pneumatici e altri lavori in corso in Michigan Avenue. Quindi due minuti nei quali sembra che entrambi usino i servizi. Infine la seguente conversazione: Malvaso: Salute, Anatra. Di Pasquale: Quack quack. Il bello, capisci, è che non possono denunciare un cazzo. Malvaso: Gli sbirri di Kenilworth si cagherebbero addosso. Quella è la città più regolare di tutte le città regolari. L‟ultima volta che ci è capitato di farci ottanta bigliettoni mettendolo nel culo a un
gruppo di giocatori d‟azzardo è stato il 12 del mese di mai. Di Pasquale: Quack quack. Era gente che non c‟entrava un cazzo, se lo sono meritato. Se non sei d‟accordo con Momo, sei merda d‟anatra. E noi eravamo mascherati e abbiamo contraffatto le voci. Per giunta, quei succhiacazzi di Indianapolis non sanno che siamo dell‟Organizzazione. Mi sento come Paperinik. Credo che dovrei comprarmi un bel costume da Paperinik e indossarlo la prossima volta che porto i miei ragazzi a Disneyland. Malvaso: Quack e poi quack, succhiacazzi dai piedi palmati che non sei altro. Ma hai dovuto sparare. Come se una fuga non sarebbe completa se un piede d‟anatra del cazzo non facesse esplodere il suo cannone. (Nota: la polizia di Kenilworth conferma alcuni spari uditi nei pressi del 2600 di Westmoreland Avenue alle 23,40 del 16.4.59.) Di Pasquale: Ehi, quack quack. Ha funzionato. Ora li abbiamo al sicuro in un bel posticino… Malvaso: E fin troppo pubblico per i miei gusti. Di Pasquale: Quack quack. Sessanta giorni non sono un gran che. Cazzo, Paperino sono vent‟anni che aspetta di scoparsi Paperina, e Walt Disney non glielo lascia fare. Ehi, ti ricordi l‟anno scorso? Quando Lenny l‟Ebreo si è esibito al mio compleanno? Quel numero in cui Paperina fa una pompa a Paperino con il becco… che risate, cazzo. Malvaso: Quack quack, succhiacazzi.
(Nota: il rumore dei lavori in corso ha impedito la ricezione del resto della conversazione. Alle 23,10 il suono di una porta che sbatte.)
Littell controllò i dossier individuali. Malvaso e Di Pasquale vivevano a Evanston. Inserì la registrazione del 18 aprile e la confrontò con la trascrizione. Russ Davis si era dimenticato di includere le battute di saluto. L‟Anatra canticchiava Chattanooga Choo Choo. Malvaso intonava I‟ve got the key to your heart, ho la chiave del tuo cuore. “Fin troppo pubblico”. “Chiave”. “Choo choo”. Due rapinatori, residenti in periferia, che si erano imposti sessanta giorni di attesa prima di dividersi il bottino. Vi erano circa quaranta stazioni periferiche collegate a Chicago. Con circa quaranta sale d‟attesa delimitate da pareti di armadietti di sicurezza. Gli armadietti venivano affittati mensilmente. Pagamento in contanti, senza alcun tipo di registrazione o di ricevuta.
Due rapinatori. Due serrature per ciascun armadietto. Le serrature venivano sostituite ogni novanta giorni: legge dell‟Illinois. Migliaia di armadietti. Chiavi non contrassegnate. Sessanta giorni alla divisione del bottino, trentatré dei quali già trascorsi. Le serrature erano corazzate d‟acciaio. Le sale d‟attesa erano sorvegliate ventiquattro ore al giorno. Littell passò due giorni a riflettere. Le sue conclusioni: Avrebbe potuto pedinarli. Ma il giorno del ritiro non avrebbe potuto far nulla. Avrebbe potuto pedinarne soltanto uno alla volta. La sua conclusione: le probabilità di riuscita, già scarse, si dimezzavano. Decise di tentare comunque. Decise di gonfiare i rapporti sui comunisti e pedinare i due gangster a giorni alterni per una settimana. Primo giorno: segue Rocco Malvaso dalle 8 del mattino a mezzanotte. Rocco visita le lotterie illegali, le aziende che controlla e l‟amante a Glencoe. Non si avvicina ad alcuna stazione ferroviaria. Secondo giorno: pedina Dewey l‟Anitra dalle 8 del mattino a mezzanotte. Dewey fa il giro delle sue puttane. Non si avvicina ad alcuna stazione ferroviaria.
Terzo giorno: segue Rocco Malvaso dalle 8 del mattino a mezzanotte. Rocco va fino a Milwaukee e malmena alcuni magnaccia disobbedienti. Non si avvicina ad alcuna stazione ferroviaria. Quarto giorno: pedina Dewey l‟Anitra dalle 8 del mattino a mezzanotte. Dewey si esibisce per gli invitati alla festa di compleanno di Dewey Junior, travestito da Paperino. Non si avvicina ad alcuna stazione ferroviaria. Quinto giorno: segue Rocco Malvaso dalle 8 del mattino a mezzanotte. Rocco passa tutta la giornata con una squillo al Blackhawk Hotel di Chicago. Non si avvicina ad alcuna stazione ferroviaria. Sesto giorno, ore 8: inizia a pedinare Dewey l‟Anatra. Ore 9,40: l‟auto di Dewey non vuole saperne di partire. La signora Anatra accompagna Dewey alla stazione ferroviaria di Evanston. Dewey gironzola nella sala d‟attesa. Dewey guarda di sottecchi gli armadietti. Sul numero 19 è affisso un adesivo di Paperino. Littell si sente quasi svenire. Sesta, settima e ottava notte: sorveglia la stazione. Nota che il custode si allontana per un caffè alle 3,10 del mattino, raggiungendo un diner aperto tutta la notte in fondo alla strada. La sala d‟attesa viene lasciata incustodita per almeno
diciotto minuti. Nona notte: entra in azione. È armato di piede di porco, forbicine di stagno, mazzuola e scalpello. Divelle la porta dell‟armadietto 19 e si impadronisce dei quattro sacchetti con la refurtiva. Che ammonta a 81.492 dollari. Si è costituito un fondo informatori. Le banconote sono vecchie e usate. Come inizio, fa avere 10.000 dollari a Mad Sal. Quindi rintraccia l‟ubriacone sosia di Jack Ruby e gliene regala 500. L‟obitorio della contea di Cook gli fornisce un nome. L‟amante di Tony il Punteruolo era un certo Bruce William Sifakis. Invia anonimamente diecimila dollari ai genitori del ragazzo. Ne versa 5000 nella cassetta per l‟elemosina di Saint Anatole, e si trattiene a pregare. Chiede perdono per la sua arroganza. Confessa a Dio di avere acquisito forza di carattere a spese di altri. Confessa a Dio di essere giunto ad amare il pericolo, a sentirsene eccitato molto più che spaventato.
Capitolo 24 (L‟Avana, 28.5.59) L‟aereo rullò fino a fermarsi. Pete estrasse di tasca il passaporto e un grosso rotolo di biglietti da dieci. Il passaporto era canadese, falsificato dalla CIA. Gli uomini della milizia si riversarono sulla pista. Gli sbirri cubani, in cerca di mazzette, non si lasciavano sfuggire i voli provenienti da Key West. Boyd l‟aveva chiamato due giorni prima. Gli aveva detto che John Stanton e Guy Banister avevano apprezzato il suo modo di fare. Boyd aveva appena firmato per l‟Agenzia. Gli aveva offerto un lavoretto da Big Pete, un possibile collaudo per la CIA. — Prendi il volo Key West-L'Avana con passaporto canadese — aveva detto. — Parla un inglese con forte accento francese. Rintraccia Santos Trafficante e ritira un messaggio da parte sua. Il messaggio dovrebbe essere indirizzato a Carlos Marcello, Johnny Rosselli, Sam Giancana e altri. Dovrebbe riportare un consiglio di Trafficante: non vendicatevi della decisione di Castro di nazionalizzare i casinò. Devi anche
rintracciare uno spaventatissimo dirigente della United Fruit di nome Thomas Gordean e riportarlo in America per una serie di interrogatori. È necessario che tu parta molto presto: Castro e il vecchio Ike sono decisi a cancellare tutti i voli commerciali dagli Stati Uniti a Cuba. — Perché proprio io? — aveva chiesto Pete. — Perché ti sai muovere — aveva risposto Boyd. — Perché la stazione dei taxi ti ha fornito un corso accelerato sui comportamenti dei cubani. Perché non sei un uomo della mafia sul quale la polizia segreta di Castro potrebbe avere un dossier. — Che cosa ci guadagno? — aveva domandato Pete. — 5000 dollari. E se sarai catturato, lo stesso agente che sta cercando di far uscire da Cuba Trafficante e altri cittadini americani si occuperà del tuo rilascio. È soltanto un problema di tempo, prima che Castro faccia uscire tutti gli stranieri. Pete si era mostrato indeciso. — Avrai anche la mia promessa — aveva aggiunto Boyd — che Ward Littell, un uomo molto instabile e pericoloso, non ti sfiorerà mai. In realtà, ti ho presentato Lenny Sands proprio per mitigare i toni della vostra sfida. Pete era scoppiato a ridere. — Se la polizia cubana ti interrogherà, di‟ la verità — aveva concluso Boyd. I portelli si aprirono. Pete inserì un biglietto da dieci nel
passaporto. I miliziani salirono a bordo del velivolo. Portavano cinture e fondine male assortite e strane pistole. Le decorazioni sulle camicie uscivano dritte dritte dalle scatole di cereali Kellogg‟s. Pete si fece strada verso la cabina di pilotaggio. Una batteria di lampade ad arco bombardava i portelli e i finestrini. Scese la scaletta riparandosi dalla luce accecante. Una guardia gli strappò di mano il passaporto. Il biglietto da dieci sparì all‟istante. La guardia fece un piccolo inchino e gli offrì una birra. Gli altri passeggeri gli sfilavano accanto. I gorilla della milizia controllavano i passaporti in cerca di mance e ne uscivano a mani vuote. Il capo delle guardie scosse il capo. I suoi tirapiedi presero a sequestrare borsette e portafogli. Un viaggiatore protestò, aggrappandosi al suo denaro. I cubani lo fecero distendere bocconi sull‟asfalto della pista. Gli strapparono via i calzoni con lamette da rasoio e gli svuotarono le tasche. Gli altri passeggeri smisero di strillare. Il capo delle guardie fece una razzia. Pete sorseggiava la birra. Alcuni miliziani gli si
avvicinarono a mani aperte. Diede dieci cocuzze a ciascuno. Guardò divertito le loro uniformi: cotone consunto color cachi e mostrine come quelle degli uscieri del Grauman‟s Chinese Theatre. Un piccolo cubano gli agitò in faccia una macchina fotografica. — Giochi a “fùtbol”, hombre? Ehi tu, grandone, giochi a “fùtbol”? Qualcuno gli lanciò una palla ovale. Pete l‟afferrò con una mano sola. Un flash gli esplose davanti al volto. Capito? Vogliono che ti metta in posa. Si accovacciò e prese ad agitare la palla come Johnny Unitas. Scattò a dettare un passaggio, bloccò un‟ala invisibile e palleggiò di testa come un asso negro del calcio che aveva visto in Tv. I cubani applaudirono. I cubani esultarono. I flash schioccarono rapidi. — Ehi, ma è Robert Mitchum! — gridò qualcuno. Una schiera di contadini si riversò sulla pista agitando blocchetti per gli autografi. Pete raggiunse di corsa la stazione dei taxi accanto al cancello. I ragazzini lo circondavano incalzandolo. Le portiere dei taxi gli si spalancarono davanti.
Pete schivò un carro trainato da buoi e si lanciò a bordo di una vecchia Chevy. — Lei non è Robert Mitchum — decretò il conducente. Perlustrarono L‟Avana. Il traffico era intasato dagli animali e dalla folla. Non riuscirono mai a superare i quindici chilometri orari. Alle dieci di sera c‟erano 35 gradi. Una buona metà dei miserabili che affollavano le strade portava divise militari e barbe alla Gesù Cristo. Costruzioni spagnoleggianti tinteggiate di bianco. Manifesti appesi a ogni facciata disponibile: Fidel Castro sorridente, Fidel Castro urlante, Fidel Castro con un sigaro in mano. Pete estrasse l‟istantanea fornitagli da Boyd. — Conosce quest‟uomo? — Sì — rispose il taxista. — È il signor Santos Junior. È in arresto al Nacional Hotel. — Mi ci porti. Pancho fece un‟inversione a U. In lontananza, Pete scorse la zona degli alberghi: una schiera di sfigatissimi grattacieli che fronteggiavano la spiaggia. Le luci scintillavano sull‟acqua. Mezzo miglio di lungomare illuminato accendeva le onde di un turchese brillante. Il taxi accostò di fronte al Nacional. I fattorini accorsero in
massa: pagliacci in smoking consunti. Pete estrasse un biglietto da dieci per il taxista: ci mancò poco che scoppiasse a piangere, il coglione. I fattorini allungavano le mani. Pete li oliò con 10 svanziche a testa. Il cordone umano lo sospinse all‟interno del casinò. Il locale era affollatissimo. Ai comunisti piaceva giocare. I croupier portavano fondine ascellari. Gorilla della milizia si occupavano del tavolo del black jack. La clientela era al 100 per cento cubana. Capre si aggiravano per i corridoi. Cani giocavano a un tavolo per i dadi colmo d‟acqua. Grande spettacolo nei pressi delle slot machine: un Airedale e un Chihuahua scopavano come ricci. Pete afferrò un fattorino per le spalle. — Conosci Santos Trafficante? — gli gridò nell‟orecchio. Apparvero tre mani. Scomparvero tre banconote da dieci. Qualcuno lo spinse nell‟ascensore. La Cuba di Fidel Castro avrebbe dovuto essere ribattezzata Paradiso dei Negri. L‟ascensore salì rapido. Un miliziano aprì la porta con la pistola spianata. Le tasche gli traboccavano di dollari. Pete ve ne aggiunse altri dieci. La pistola scomparve, rapidamente.
— Desidera essere imprigionato, senor? La tariffa è 50 dollari al giorno. — Che cosa include? — Camera con televisione, cucina a cinque stelle, gioco d‟azzardo e donne. Vede, per il momento i titolari di passaporto americano non possono lasciare Cuba, e le strade dell‟Avana sono piene di pericoli. Perché non godere di una detenzione di lusso? Pete estrasse il passaporto. — Sono canadese. — Già. E francofono, a quanto capisco. Il corridoio era fiancheggiato da una schiera di vassoi coperti. I fattorini andavano e venivano spingendo i carrelli dei cocktail. A due porte di distanza, una capra stava cagando sulla moquette. Pete scoppiò a ridere. — Il vostro Castro è un grande locandiere. — Già. Perfino il signor Santos Trafficante Junior ammette che in America non esistono prigioni a quattro stelle. — Vorrei vedere il signor Trafficante. — Mi segua, la prego. Pete obbedì. Pezzi grossi gringo barcollavano ubriachi
lungo il corridoio. La guardia illustrò i servizi della prigione. La suite 2314 offriva film porno proiettati su un lenzuolo. La suite 2319 comprendeva roulette, dadi e baccarà. La suite 2329 nascondeva prostitute nude sempre pronte. La suite 2333 proponeva uno spettacolino lesbico. La suite 2341 serviva maialini da latte allo spiedo. Le suite dalla 2350 alla 2390 costituivano un campo pratica golfistico di dimensioni regolamentari. Un caddie cubano li superò con un pesante carico di mazze. Giunti di fronte alla suite 2394, la guardia batté i tacchi. — Signor Santos, ci sono visite! Santos Trafficante Junior aprì la porta. Era sulla quarantina, di corporatura tozza. Indossava un paio di bermuda di seta a pallini e occhiali. La guardia si allontanò rapida. — Le due cose che odio di più al mondo sono il comunismo e la confusione — disse Trafficante. — Signor Trafficante, sono… — Ce li ho ancora, gli occhi. Quattro, ad essere precisi. Sei Pete Bondurant, che fa fuori la gente per conto di Jimmy. Quando mi vedo bussare alla porta da un gorilla di due metri con l‟aria servile, faccio subito due più due. Pete entrò in camera. Trafficante sorrise.
— Sei venuto per riportarmi a casa? — No. — Ti ha mandato Jimmy, vero? — No. — Mo? Carlos? Cazzo, sono così annoiato che gioco a indovinello con un gorilla di due metri. Ehi, che differenza c‟è fra un gorilla e un negro? — Nessuna? — tentò Pete. Trafficante sospirò. — L‟avevi già sentita, coglione. Una volta mio padre uccise un tizio che gli aveva rovinato una battuta. Mai sentito parlare di mio padre? — Santos Trafficante Senior} — Salute, Francese. Gesù, sono così annoiato che sto giocando a chi ce l‟ha più duro con un gorilla di due metri. Del grasso di maiale schizzava da un foro di ventilazione. La suite era arredata con gusto moderno e pacchiano: un profluvio di assurde combinazioni di colori. Trafficante si grattò le balle. — Chi ti manda, allora? — Un agente della CIA di nome Boyd. — L‟unico che conosco nella CIA è un burino chiamato Chuck Rogers. — Lo conosco anch‟io. Trafficante chiuse la porta. — Lo so. So tutto di te e della
stazione dei taxi, di quello che hai fatto con Fulo e Rogers, e so cose di te che scommetto non vorresti che sapessi. E sai perché so tutto? So tutto perché tutti, in questo nostro ambiente, adorano parlare. E l‟unica cosa che ci salva è che nessuno di noi parla con quelli al di fuori del giro. Pete guardò fuori dalla finestra. L‟oceano risplendeva turchese oltre le boe. — Boyd vuole che lei mi consegni un messaggio per Carlos Marcello, Sam Giancana e Johnny Rosselli, nel quale si raccomanda di non vendicarsi ai danni di Castro per la nazionalizzazione dei casinò. Credo che l‟Agenzia tema che l‟Organizzazione si scateni e mandi a puttane i piani cubani. Trafficante afferrò un blocchetto e una penna dal televisore. Scrisse a gesti rapidi, enunciando chiaramente. — Caro premier Castro, stronzo di cane comunista. La sua rivoluzione è un mucchio di merda rossa. L‟abbiamo profumatamente pagata perché lei ci lasciasse i casinò in caso di vittoria, ma lei ci ha preso i soldi e ce l‟ha messo così a fondo nel tunnel marrone che stiamo ancora sanguinando. Lei è un pezzo di merda più puzzolente di quel frocio di Bobby Kennedy e della sua frocissima Commissione McClellan. Che possa beccarsi la sifilide al cervello e alla nerchia, succhiacazzi di un comunista, per aver distrutto il nostro magnifico
Nacional Hotel. Dal corridoio provennero gli schiocchi delle palline da golf che rimbalzavano sulle pareti. Trafficante trasalì e gli allungò il biglietto. Pete lo lesse. Santos Junior aveva fatto come gli si chiedeva: chiaro, preciso, corretto. Pete si mise il biglietto in tasca. — Grazie, signor Trafficante. — Prego. Ti vedo sorpreso dal fatto che sia in grado di scrivere una cosa e dirne un‟altra allo stesso tempo. Riferisci al signor Boyd che la mia promessa vale un anno, non un giorno di più. Digli che per quanto concerne Cuba siamo tutti sulla stessa barca, e che quindi abbiamo valutato che non ci convenga pisciargli in faccia. — Lo apprezzerà. — „Sto cazzo, apprezzerà. Se apprezzasse sul serio, mi porteresti a casa con te. Pete controllò l‟orologio. — Ho soltanto due passaporti canadesi, e devo riportare un dirigente della United Fruit. Trafficante afferrò una mazza da golf. — Allora non posso lamentarmi. I soldi sono soldi, e la United Fruit ha ricavato da Cuba molto di più dell‟Organizzazione. — Se ne andrà molto presto. Un agente si sta impegnando a far rimpatriare tutti i cittadini americani.
Trafficante si preparò per un putt immaginario. — Bene. Ti procurerò una guida. Ti porterà in giro e vi accompagnerà all‟aeroporto. Prima di farvi scendere vi deruberà, ma con questi cazzo di comunisti al potere non si trova di meglio. Un croupier gli spiegò come raggiungere la villa: Tom Gordean vi aveva organizzato un bel falò proprio la settimana prima. Jesus, la guida, disse che il signor Tom incendiava i campi con entusiasmo: era ansioso di correggere la sua immagine di fascisto. Jesus indossava una tuta mimetica e un berretto da baseball. Guidava una Volkswagen con una mitragliatrice montata sul cofano. Uscirono dall‟Avana seguendo una serie di strade sterrate. Jesus guidava con una mano e mitragliava palme con l‟altra. I campi di canne in fiamme tingevano il cielo di arancione e rosa: i falò erano di gran moda, nella Cuba del dopo-Batista. I pali del telefono si rincorrevano ai lati delle strade. Su ognuno di loro campeggiava il volto di Fidel Castro. Pete scorse le luci della villa in lontananza, a circa duecento metri. Jesus uscì di strada in uno spiazzo punteggiato di ceppi di palma. Rallentò come se sapesse già dove andare. Non fece un
cenno, non disse una parola. C‟era qualcosa che non andava. C‟era qualcosa di prestabilito. Jesus frenò e spense i fari. In quel preciso istante si accese una fiaccola. La luce si diffuse per lo spiazzo. Pete scorse una Cadillac decappottabile, sei cubani e un bianco ubriaco fradicio. — Quello è il senor Tom — annunciò Jesus. I cubani imbracciavano fucili a canna mozza. La Caddy era carica di valigie e pellicce di visone. Jesus saltò fuori dall‟auto e prese a gridare qualcosa in spagnolo. I cubani rivolsero un cenno al gringo a bordo della Volkswagen. I visoni erano accatastati fino a superare la base del finestrino. Una valigia gonfia traboccava di dollari. Pete capì tutto alla perfezione. Thomas Gordean si dava un gran daffare. Agitava una bottiglia di rum Demerara. Recitava un repertorio di frasi fatte comuniste. Strascicava le parole. Era sbronzo marcio, e condannato. Pete vide fiaccole pronte per essere accese. Pete vide una latta di benzina posata sul ceppo di un albero.
Gordean continuava a blaterare. Produceva una gran nuvola di fumo retorico. Jesus raggiunse il gruppo di cubani. Tornarono a rivolgere cenni al gringo. Gordean vomitò sul cofano della Caddy. Pete scivolò dietro il mitragliatore. I cubani si voltarono e portarono le mani alle cinture. Pete aprì il fuoco. Una raffica veloce li prese alla schiena. Il rumore spaventò uno stormo di uccelli, che prese il volo protestando. Gordean si gettò a terra e si rannicchiò in posizione fetale. La pioggia di proiettili lo mancò di pochi centimetri. I cubani morirono fra le urla. Pete crivellò i loro corpi fino a renderli poltiglia. La cordite e le interiora bruciate si unirono a formare un olezzo terribile. Pete cosparse di benzina i cadaveri e la Volkswagen e vi diede fuoco. Una scatola di proiettili calibro „50 esplose con un botto. Il senor Tom Gordean giaceva a terra svenuto. Pete lo caricò sul sedile posteriore della Caddy. I visoni formavano un comodo giaciglio. Controllò le valigie. Vide montagne di soldi e di certificati azionari. Il volo partiva all‟alba. Pete trovò una cartina stradale nel cassettino del cruscotto e si segnò un percorso verso L‟Avana.
Salì a bordo della Caddy e diede gas. Le palme che friggevano come patatine illuminavano la strada a giorno. Raggiunse l‟aeroporto prima del sorgere del sole. El senor Mitchum venne subito attorniato da miliziani ben disposti. Tom Gordean si svegliò in preda ai tremori. Pete lo tenne a bada con rum e Coca. I cubani avevano nazionalizzato il denaro e le pellicce: non era una sorpresa. Pete firmò autografi come Robert Mitchum. Un commissario comunista li scortò fino all‟aereo. — Lei non è Robert Mitchum — disse il pilota. — Bravo, Sherlock — rispose Pete. Gordean si riaddormentò. Gli altri passeggeri li fissavano strabuzzando gli occhi: puzzavano di benzina e alcol. Il volo atterrò alle 7. Kemper Boyd era venuto a prenderli. Consegnò a Pete una busta con 5000 dollari. Boyd era un pochiiiiino nervoso. Boyd era più che un pochino distante. — Grazie, Pete — disse. — Prendi il pulmino con gli altri passeggeri, ti dispiace? Ti chiamo fra qualche giorno a Los Angeles. Aveva guadagnato cinque bigliettoni. Boyd aveva guadagnato Gordean e una valigia piena di certificati azionari. Gordean sembrava sconcertato. Boyd sembrava assolutamente
poco Boyd. Pete salì sul pulmino. Vide Boyd condurre Gordean in un deposito. Un piccolo aeroporto deserto. Un uomo della CIA e un ubriacone, da soli. Le sue antenne presero a vibrare come dannate.
Capitolo 25 (Key West, 29.5.59) Il deposito non era più grande di una scatola di fiammiferi. Aveva fatto fatica a stiparvi un tavolo e due sedie. Kemper trattava Gordean con i guanti di velluto. L‟interrogatorio si trascinava lento: il soggetto era in preda a delirium tremens. — La sua famiglia sa che lei è in possesso di azioni della United Fruit? — Quale “famiglia”? Ho sul groppone più matrimoni e divorzi di Artie Shaw e Mickey Rooney messi insieme. Ho dei cugini a Seattle, ma tutto quello che sanno è la strada per il bar del Woodhaven Country Club. — Chi altri a Cuba è a conoscenza delle azioni? — Le mie guardie del corpo. Stiamo bevendo e approntandoci a distruggere i campi di canne imperialisti, quando all‟improvviso mi ritrovo sul sedile posteriore della mia auto, con alla guida quel suo amico. Non mi vergogno di dire che ero un po‟ fatto, e che tutto mi è sembrato confuso. Quel suo amico va in giro con un mitragliatore?
— Non credo. — Una Volkswagen? — Signor Gordean… — Signor Boyce, o come diavolo si chiama, cosa sta succedendo? Mi fa sedere in questa baracca e inizia a frugare nella mia valigia. Poi mi fa strane domande. Crede che soltanto perché sono un ricco uomo d‟affari sia automaticamente dalla sua parte? Pensa che non sappia come voi bastardi della CIA avete truccato le elezioni in Guatemala? Quando il suo amico mi ha rapito, stavo andando a un cocktail a casa del premier Castro. Fidel Castro. Il liberatore di Cuba. Uomo gentile e magnifico giocatore di basket. — Firmi qui, signor Gordean, per favore. Sono certificati per il rimborso del suo biglietto aereo. Gordean firmò tre copie di un documento. Kemper firmò l‟autentica notarile e appose il sigillo ai tre autografi di Gordean. Un amico aveva falsificato il sigillo. Gordean scoppiò a ridere. — Uomo della CIA e notaio. Che combinazione. Kemper estrasse la „45 e gli sparò alla testa. Gordean volò via dalla sedia. Una nuvola di sangue gli schizzò fuori da un orecchio. Kemper gli posò sopra il piede
per arrestare il flusso. Udì un rumore all‟esterno. Aprì la porta con la canna della pistola. Era Pete Bondurant, in piedi sulla soglia con le mani in tasca. Si sorrisero. Pete tracciò un segno nel vuoto: “50.50”.
Documento: 11.6.59. Rapporto riassuntivo da Kemper Boyd a John Stanton. Contrassegnato: confidenziale. consegna a mano. John, ho rimandato la stesura di questa comunicazione per due ragioni. Primo, ho voluto risolvere un inconveniente prima di contattarti. Secondo, questa nota si riferisce a una missione che ho francamente fallito. Mi avevi chiesto di affidare a Pete Bondurant un incarico di prova perché ci potessimo sincerare delle sue potenzialità come agente a contratto. L‟ho fatto, inviando Bondurant a Cuba con l‟incarico di farne uscire un dirigente della United Fruit di nome Thomas Gordean, un uomo che Teofilo Paez aveva descritto come “volubile” e “pronto a sposare la linea comunista”. Bondurant ha avuto successo nella prima parte della missione. Abbiamo messo Gordean al Rusty Scupper Motel di Key West per interrogarlo, e abbiamo fatto l‟errore di lasciarlo da solo a riposarsi. Gordean si è suicidato con una calibro „45 che aveva con sé. Ho chiamato la polizia di Key West, e insieme a Bondurant l‟ho informata dell‟accaduto. L‟ufficio di medicina legale ha confermato il suicidio. Bondurant ha testimoniato
sull‟apparente problema di alcolismo di Gordean e sulla sua depressione. L‟autopsia ha confermato uno stato di avanzata epatopatia. Il corpo di Gordean è stato fatto pervenire a un lontano cugino di Seattle (Gordean non aveva famiglia). Nel caso avessi bisogno di verifiche, ti prego di contattare il capitano Hildreth della polizia di Key West. Naturalmente mi scuso per il pasticcio. E ti assicuro che non accadrà mai più. Cordiali saluti, Kemper Boyd. Documento: 19.6.59. Comunicazione riservata da John Stanton a Kemper Boyd. Caro Kemper, certo che sono furioso. E certo, avresti dovuto immediatamente informarmi del fallimento. Grazie a Dio Gordean non aveva una famiglia in grado di causare problemi all‟Agenzia. Detto questo, ammetto che molto probabilmente sei stato vittima di circostanze particolari. Dopo tutto, come hai detto una volta tu stesso, sei un avvocato e uno sbirro, non una spia. Sarai lieto di sapere che il vicedirettore Bissell è alquanto entusiasta della tua idea di creare un‟elite di uomini scelti che gestisca il campo di addestramento di Blessington. Il campo è
attualmente in costruzione; i tuoi quattro prescelti (Paez, Obregon, Delsol e Gutiérrez) stanno ricevendo un addestramento supplementare a Langley, e se la cavano piuttosto bene. Come ti ho già detto, il vicedirettore ha approvato il reclutamento di Pete Bondurant come responsabile del campo. Questo, ovviamente, prima del pasticcio Gordean. Al momento voglio concedermi una pausa di riflessione. In conclusione, l‟incidente Gordean non mi va affatto giù, ma il mio entusiasmo nei tuoi confronti rimane forte. Finché non ti avrò dato precise istruzioni in merito, non prendere mai più iniziative individuali. John Stanton Documento: 28.6.59. Comunicazione riservata da Ward J. Littell a Kemper Boyd. “Da rivedere e inoltrare a Robert F. Kennedy.“ Kemper, la mia raccolta di informazioni sulla mafia continua a passo spedito. Sono ormai riuscito a procurarmi diverse, indipendenti conferme dell‟esistenza dei registri alternativi (e forse codificati) del Fondo pensioni. Lenny Sands ne è convinto. Sal D‟Onofrio ha udito voci in tal senso. Altre fonti mi
hanno fornito le seguenti conferme: i registri sono amministrati da un ex mafioso di Chicago, e Sam Giancana funge da “ratificatore dei prestiti”. Per quanto diffuse siano queste voci, purtroppo non ho ancora nulla che possa avvicinarsi a una prova. E naturalmente sarà così finché non riuscirò a procurarmi un finto candidato, acquisendo così un vero e proprio accesso al Fondo. Il 18 maggio mi sono aggiudicato un altro informatore. Si tratta di un gestore di locali per spogliarello e strozzino di Dallas, il quale mi sta cercando un candidato da presentare a Sal D‟Onofrio, che a sua volta lo porterà alla corte di Giancana. Considero quest‟ultimo acquisto un informatore di primaria importanza, poiché ha già avuto occasione di presentare a Giancana un candidato al prestito del Fondo pensioni. Mi chiama ogni martedì mattina a un telefono pubblico nei pressi del mio appartamento. In diverse occasioni gli ho dato del denaro. Mi teme e mi rispetta come dovuto. Come Sal D‟Onofrio, è perennemente al verde. Credo che prima o poi mi presenterà un candidato al prestito. Mi sono procurato un fondo per le mie operazioni, ovvero un fondo informatori. Alla une di maggio ho sottratto la refurtiva di una rapina, 81.000 dollari mai denunciati alle
autorità. Da questo fondo ho versato 32.000 dollari a Sal D‟Onofrio, rafforzando il mio potere su di lui. È strano: all‟inizio avevo creduto che sarebbe stato Lenny Sands il mio informatore più valido, ma sia Sal che l‟uomo di Dallas si sono dimostrati più competenti (o forse soltanto più disperatamente bisognosi di denaro?). La colpa è tua, Kemper. Presentando Lenny a Pete Bondurant per Hush-Hush mi hai messo il bastone fra le ruote. Lenny mi sembra sempre più distratto. Va in giro con i viaggi organizzati di Sal e fa il corrispondente di HushHush, e sembra essersi dimenticato della minaccia che rappresento per lui. Parla spesso con la tua amica Laura Hughes? Sarei curioso di saperlo. Come da tue istruzioni, sto evitando ogni contatto con Court Meade e la stazione di ascolto. Inoltre, Court e io abbiamo ufficialmente interrotto i nostri scambi di incarichi. Sto facendo attenzione, ma non posso impedirmi di fare sogni utopistici. Il sogno di base? John F. Kennedy presidente degli Stati Uniti, con Robert Kennedy a occuparsi della missione antimafia. Dio, Kemper, non sarebbe il paradiso? di a Kennedy che è nelle mie preghiere. Tuo, WJL
Documento: 3.7.59. Comunicazione riservata da Kemper Boyd a Robert F. Kennedy. Caro Bob, due righe per aggiornarti sul lavoro del tuo anonimo collega, il “Fantasma di Chicago”. Sta lavorando duro, e spero che tu trovi gratificante il fatto che esista al mondo almeno un altro essere umano che odia il crimine organizzato quanto te. Ma per quanto si stia impegnando, sempre entro i margini legali che tu mi hai indicato, la sua ricerca dei registri segreti del Fondo pensioni dei Teamster sta dando scarsi risultati. La mafia di Chicago è un circolo chiuso, e il nostro amico finora non è stato in grado di ottenere le informazioni riservate che sperava. Cambiando discorso: tu e Jack non avete intenzione di offrirmi un impiego post-Commissione? Tuo, Kemper Documento: 9.7.59. Lettera personale da Robert F. Kennedy a Kemper Boyd.
Caro Kemper, grazie per la tua comunicazione sul Fantasma. È bello sapere che un agente dell‟FBI nonché ex seminarista condivide il mio fervore antimafia. Quello che più mi impressiona di lui è che non sembra chiedere nulla. (I giovani gesuiti vengono addestrati alla negazione di sé.) Tu, al contrario, vuoi tutto. E così, certo, Jack e io abbiamo una proposta da farti. (Discuteremo in seguito dello stipendio e dei dettagli.) Vogliamo che tu rimanga nella nostra organizzazione con due incarichi. Il primo: direttore dell‟Ufficio traffico per quanto riguarda la documentazione legale della Commissione McClellan. Pur essendosi ormai sciolta, il sottoscritto, come il Fantasma, non ha ancora mollato. Voglio mantenere lo slancio antimafia e anti-Hoffa acquisito nel tempo. Potresti essermi di grande aiuto nell‟assicurarti che i documenti uniscano nelle mani giuste. Il secondo: Jack annuncerà la propria candidatura alla presidenza il prossimo gennaio. Vuole che tu sia il responsabile della sicurezza della campagna per le primarie e, si spera, di quella per le elezioni di novembre. Che cosa ne dici? Bob Documento: 13.7.59. Comunicazione confidenziale da
Kemper Boyd a Robert F. Kennedy. Caro Bob, accetto. Sì, a differenza del Fantasma io voglio tutto. Inchiodiamo Jimmy Hoffa e portiamo Jack alla presidenza degli Stati Uniti. Kemper Documento: 27.7.59. Trascrizione ufficiale di una telefonata interna all‟FBI: “Registrata su richiesta del direttore“.”Contrassegnata Confidenziale 1-A: riservata al direttore“. In linea: direttore Hoover, agente speciale Kemper Boyd. JEH: Buongiorno, signor Boyd. KB: Buongiorno, signore. JEH: Il suo messaggio accennava a buone notizie. KB: Eccellenti, signore. I fratelli mi hanno assunto su basi più o meno permanenti. JEH: Con quale incarico? KB: Dovrò dirigere la distribuzione delle prove raccolte dalla Commissione McClellan presso i vari gran giurì e le rispettive strutture investigative e al tempo stesso occuparmi della sicurezza della campagna elettorale di Fratello Maggiore.
JEH: Dunque Fratello Minore insiste sul fronte Hoffa. KB: Presto o tardi riuscirà a crocifiggerlo. JEH: È noto che i cattolici esagerano, in materia di crocifissioni. KB: Sì, signore. JEH: Proseguiamo sul fronte dei fanatici. Littell sta continuando a seguire la retta via? KB: Sì, signore. JEH: L‟agente speciale Leahy mi ha fatto pervenire i suoi rapporti. A quanto sembra sta svolgendo un buon lavoro. KB: Il suo intervento l‟ha spaventato, signore. Vuole soltanto raggiungere la pensione in santa pace. Come ho già avuto occasione di dirle, è assorbito dalla bottiglia e dalla relazione con Helen Agee. JEH: Mi consenta di approfittare dell‟argomento. Come procede la sua relazione con la signorina Laura Hughes? KB: Non la definirei in questi termini, signore. JEH: Signor Boyd, lei sta parlando con il campione del mondo nell‟arte della menzogna e del sotterfugio. Per quanto bravo possa essere, ed è bravissimo, io sono meglio. Lei sta scopando Laura Hughes, e sono sicuro che scoperebbe tutte le sorelle legittime e perfino mamma Rose, se fosse convinto di riuscire in questo modo a ingraziarsi Jack. Detto questo, cosa racconta Laura Hughes della sua famiglia?
KB: Limita i suoi aneddoti al padre, signore. Quando la conversazione si sposta su di lui e sui suoi amici, diventa piuttosto mordace. JEH: Prosegua. KB: A quanto sembra, nel corso degli anni Venti Joe e il suo amico Jules Shiffrin facevano entrare illegalmente negli Stati Uniti manodopera messicana. Usavano gli uomini come manovali nella costruzione dei set, ai tempi in cui Joe possedeva gli studi RKO. Entrambi approfittavano sessualmente delle donne, assumendole come domestiche e trattenendo metà delle loro paghe per il vitto e l‟alloggio; quando se ne stancavano, le denunciavano alla polizia di confine e le facevano deportare. Shiffrin portò un certo numero di donne a Chicago, dove aprì una casa di tolleranza che serviva esclusivamente mafiosi e uomini politici. Laura dice che Joe ha realizzato un filmino segreto ambientato nel bordello. Protagonisti Huey Long e due nane messicane dai seni enormi. JEH: La signorina Hughes ha il gusto del racconto. Che cosa dice dei fratelli? KB: Non si sbilancia. JEH: Come lei. KB: Sì, ammetto di essermi affezionato. JEH: Credo che lei si sia imposto dei limiti per quanto
riguarda i suoi tradimenti. Penso che non si renda conto di quanto quella famiglia l‟affascini. KB: Opero una rigida compartimentazione, signore. JEH: Già, questo glielo devo concedere. Ma parliamo dell‟elemento emigrazione cubana. Si ricorda, mi disse di avere accesso a certe informazioni sugli esuli. KB: Certamente, signore. Le farò avere un rapporto dettagliato quanto prima. JEH: Laura Hughes dev‟essere una donna molto dispendiosa. KB: Signore? JEH: Non cerchi di ingannarmi, Kemper. È abbastanza evidente che lavora per la CIA. Tre stipendi, mio Dio. KB: Come le ho detto, signore, opero una rigida compartimentazione. JEH: Me ne rendo conto, e lungi da me il voler creare confusione. Buona giornata, signor Boyd. KB: Buona giornata, signore. Documento: 4.8.59. Rapporto dal corrispondente di HushHush: da Lenny Sands a Pete Bondurant. Pete, negli ultimi tempi ogni checca in cattività sembra vogliosa
di mordermi le chiappe; è strano, visto che sto frequentando giri decisamente regolari. Come sai, sto esibendomi per i paisà di Sal D‟Onofrio. Siamo stati a Reno, Vegas, Tahoe, Gardena e su alcune navi da crociera del lago Michigan complete di sale da gioco. E non faccio che incontrare froci, una vera e propria processione di zie. 1. Tutti i camerieri del Delores‟ Drive-in, all‟incrocio fra Wilshire e La Ciénega a Los Angeles, esercitano anche “la professione”. Un cliente abituale: Adlai Stevenson, candidato per ben due volte alla poltrona di presidente degli Stati Uniti e sostenitore di idee rossastre (o forse dovrei dire rosa?) che Hughes probabilmente disapprova profondamente. 2. Dave Garroway del Today Show è stato recentemente beccato mentre allungava le mani sui ragazzini in Times Square, a New York. La cosa è stata messa sotto silenzio, ma “Dave lo Schiavo”, com‟è conosciuto nel giro dei froci, è stato visto in una casa di tolleranza maschile alle porte di Vegas. 3. A Tahoe mi sono imbattuto in un appuntato dei marines in permesso. Mi ha confidato di conoscere un sergente artigliere che gestisce un giro particolare a Camp Pendleton. Funziona così: marines giovani e bellocci perlustrano le zone calde della checcaggine, Silverlake e il Sunset Strip, e intrappolano i froci. Al momento cruciale non stanno al gioco e li ripuliscono fino all‟ultimo dollaro. Ho chiamato il sergente e gli ho inviato un centone. Mi ha subito spifferato i nomi di
alcune checche del giro hollywoodiano a cui i suoi uomini hanno spillato fior di verdoni. Senti un po‟: Walter Pidgeon (30 centimetri di batacchio) inchiappetta fanciullini in un appartamentino riccamente arredato a Los Feliz. L‟idolo del teatro britannico, Larry Olivier, ha di recente “preso in mano la situazione” quando ha palpeggiato un bell‟esponente della polizia militare dei marines nel buio del Wiltern Theatre. Altri froci identificati dalla Squadra speciale checche includono Danny Kaye, Liberace (sai che sorpresa), Monty Clift e Leonard Bernstein. Ehi, hai notato che sto iniziando a scrivere nello stile di Hush-Hush? Seguiranno aggiornamenti. A presto, Lenny Documento: 12.8.59. Memorandum confidenziale da Kemper Boyd a John Stanton. Contrassegnato: confidenziale. consegna a mano. John, qualche considerazione supplementare su Pete Bondurant, la stazione dei Tiger Kab e il nostro gruppo scelto di esuli. Più ci penso, più vedo la sede della Tiger Kab come il potenziale fulcro della nostra attività a Miami. Ne ho accennato a Fulo Machado, un ex castrista ora appassionato oppositore
del Barbuto, condirettore della stazione nonché buon amico dell‟agente a contratto Chuck Rogers. Machado condivide il mio entusiasmo. Ha accettato di dare a Rogers l‟incarico di responsabile permanente della stazione. Ha anche ottenuto l‟approvazione di Jimmy Hoffa, il quale francamente preferisce che le posizioni di responsabilità siano affidate a uomini bianchi. In questo momento Fulo sta esaminando possibili candidati per noi, ma è pagato dalla Tiger Kab. Hoffa sa benissimo che collaborare con l‟Agenzia è una scelta intelligente. Jimmy vede Cuba come una causa comune: lungimirante, per un uomo della sua brutale semplicità. Vorrei proporre Fulo Machado come quinto membro del nostro gruppo scelto. Vorrei inoltre che tu dessi a Rogers il permesso di assumere Tomàs Obregon, Wilfredo Olmos Delsol, Teofilo Paez e Ramon Gutiérrez come taxisti a tempo pieno. Sebbene la costruzione del campo di Blessington sia quasi completata, non abbiamo ancora esuli da addestrare. Fino alla prossima partita di deportati, penso che il modo migliore di utilizzare i nostri uomini sia il reclutamento presso la comunità cubana di Miami. Per quanto riguarda Bondurant: sì, lui e io abbiamo fallito con Thomas Gordean. Ma Bondurant è già pagato da Hoffa
per far rigare dritto i taxisti della stazione. È anche riuscito a ottenere un messaggio autografo nel quale Santos Trafficante richiede personalmente che non vengano organizzate vendette mafiose ai danni di Castro per la nazionalizzazione dei casinò dell‟Avana. Bondurant ha consegnato il messaggio a S. Giancana, C. Marcello e J. Rosselli, i quali si sono detti d‟accordo con Trafficante. Ancora una volta, uomini brutali e miopi stanno collaborando con l‟Agenzia in quella che sentono come una causa comune. Bondurant è anche, in pratica, il direttore di un periodico scandalistico che potremmo usare come organo di controspionaggio. E per concludere, credo che sia il miglior candidato per la direzione del campo di addestramento. Non esiste al mondo uomo più duro, come credo capirà ogni bifolco locale che proverà a scherzarci. Che cosa ne pensi delle mie proposte? Kemper Boyd Documento: 19.8.59. Messaggio confidenziale da John Stanton a Kemper Boyd. Kemper,
hai fatto centro. Sì, Machado può unirsi al gruppo scelto. Sì, Rogers può assumere Delsol, Obregon, Paez e Gutiérrez come taxisti. Sì, diamo loro l‟incarico di reclutare cubani a Miami. Sì, assolda Bondurant per dirigere Blessington, ma digli di conservare l‟impiego con Howard Hughes. Hughes è un alleato potenzialmente importante, non vogliamo inimicarcelo. Ottimo lavoro, Kemper. John Documento: informazioni del all‟agente speciale pervenire come speciale Littell.
21.8.59. Rapporto dalla Divisione dipartimento di polizia di Los Angeles Ward J. Littell dell‟FBI di Chicago. Fatto “Posta Privata“ all‟abitazione dell‟agente
Signor Littell, circa la sua richiesta telefonica sulle recenti attività di Salvatore D‟Onofrio nel corso della sua permanenza a Los Angeles: Il soggetto è stato identificato come una nota figura della malavita. È stato visto chiedere in prestito denaro a strozzini indipendenti. Interrogati in proposito, detti strozzini hanno rivelato che
D‟Onofrio avrebbe promesso “ottimi guadagni” in cambio di segnalazioni relative a individui in cerca di “grossi prestiti”. Il soggetto è stato in seguito visto mentre scommetteva ingenti cifre all‟ippodromo di Santa Anita. Gli agenti di sorveglianza l‟hanno sentito confidare a un conoscente le seguenti parole: “Ho già fatto fuori la metà del gruzzolo che mi ha dato il mio finanziatore”. Il soggetto si è comportato in modo strano nel corso del viaggio organizzato presso il casinò Lucky Nuggett di Gardena. Il suo socio in affari, Leonard Joseph Seidelwitz (alias Lenny Sands), anch‟egli noto esponente della malavita, è stato visto mentre faceva ingresso in numerosi locali per omosessuali. Va notato che le esibizioni di Seidelwitz si sono fatte sempre più oscene e violentemente antiomosessuali. Nel caso desiderasse ulteriori informazioni, la prego di farmelo sapere. James E. Hamilton. Capitano Divisione Informazioni del dipartimento di polizia di Los Angeles.
Capitolo 26 (Chicago, 23.8.59) L‟amplificatore faceva rimbombare le chiacchiere. Littell era all‟ascolto di amenità mafiose. Aveva collegato il salotto di Mad Sal all‟armadio a muro della camera di servizio. Aveva sistemato troppi microfoni alle pareti, ottenendo vibrazioni eccessive. L‟armadio a muro era caldo e stipato. Littell sudava sotto la cuffia. In salotto, Mad Sal e il “produttore cinematografico” Sid Kabikoff. Sal aveva giocato pesante. Littell l‟aveva fronteggiato con il rapporto della polizia di Los Angeles. Sal aveva ammesso di aver finito i quasi 50.000 dollari che Littell gli aveva versato. Il furto all‟armadietto della stazione era ancora irrisolto: Sal non aveva nessuna idea sulla provenienza dei soldi. Le cimici alla sartoria riportavano un sacco di chiacchiere sull‟argomento, ma Malvaso e l‟Anatra restavano senza indizi. L‟aveva chiamato Jack Ruby. — Ho finalmente trovato un candidato per Sam G. e il
Fondo pensioni — aveva annunciato. Tutti i suoi informatori erano in sincronia… eccetto Lenny Sands. Littell asciugò la cuffia, madida di sudore. Kabikoff parlava, sovramplificato: —… ed Heshie dice che sta arrivando a ventimila pompini. Mad Sal: — Sid, Sid lo Yid. Non sarai venuto fin qui da Schifo City nel Texas per perdere tempo in chiacchiere. Kabikoff: — Hai ragione, Sal. Sono passato da Dallas e ho fatto due chiacchiere con Jack Ruby. “Va‟ a trovare Sal D. a Chicago. È Sal l‟uomo giusto da interpellare per ottenere un bel prestito dal Fondo pensioni“, ha detto. “Sal è l‟intermediario”, mi ha spiegato. “Ti potrà presentare a Momo e a quelli sopra di lui. È Sal quello che può arrivare al denaro.“ Mad Sal: — Dici “Momo” come se fossi uno dei picciotti. Kabikoff: — E tu che parli yiddish, allora? Piace a tutti pensare di avere un contatto, di essere nel giro. Mad Sal: — Il giro è tondo, grassone di un ciambellaio. Kabikoff: — Sal, Sal. Mad Sal: — Sal „sto braciolone, testa di cazzo. E adesso dimmi il tuo piano, perché ci dev‟essere un piano; non vorrai certo chiedere un prestito al Fondo per il bar mitzvah del tuo piccolo divoratore di ciambelle. Kabikoff: — Il piano è il cinema porno, Sal. Sarà ormai un
anno che giro giù in Messico. Tijuana, Juarez: laggiù gli interpreti costano poco. Mad Sal: — Vai al sodo. Lascia stare i preliminari del cazzo. Kabikoff: — Ehi, cercavo di creare un‟atmosfera. Sal: — Te la do io l‟atmosfera, mammalucco. Kabikoff: — Sal, Sal. Film porno. Sono uno specialista. A proposito, ne inizierò uno giù in Messico fra un paio di giorni. Userò le spogliarelliste del locale di Jack. Sarà fantastico: Jack si è procurato dei gran pezzi di topa per il suo spettacolo. Sal, Sal, non mi guardare a quel modo. Ti spiego il mio progetto. Quello che voglio fare è girare normali film dell‟orrore e d‟azione, ma con i cast dei miei porno. Distribuirò i film normali come secondi titoli dei doppi spettacoli, e farò girare la roba porno per recuperare i costi di produzione. Sal, Sal, non ti accigliare a quel modo. Sono soldi sicuri. Offrirò a Sam e al Fondo pensioni il 50 per cento dei profitti più la restituzione del prestito con gli interessi. Sal, ascoltami. Cazzo, è un affare che c‟ha scritto sopra “soldi” come un‟insegna al neon. Silenzio: ventisei lunghi secondi. Kabikoff: — Sal, smettila di farmi l‟occhio truce e ascoltami. Sono soldi a palate, e voglio coinvolgere il giro. Sai, in un certo senso ho dei precedenti con il Fondo. Ho sentito dire che lo amministra Jules Shiffrin. Hai presente, i registri
veri, quelli di cui nessuno fuori dal giro sa nulla. Bene, Jules e io ci conosciamo da tempo. Dagli anni Venti, se riesci a immaginarlo, quando Jules spacciava droga e usava gli incassi per finanziare i film della RKO di Joe Kennedy. Di‟ a Sam di parlare di me a Jules, capito? Per ricordargli che sono un uomo degno di fiducia, e che faccio ancora parte del giro. Littell si afferrò alle cuffie. Gesù Cristo del… “Jules Shiffrin”. “amministratore!” “registri veri.” Il sudore iniziò a colare negli auricolari. Le voci gracchiarono e divennero indistinguibili. Littell trascrisse testualmente le parole sulla parete dell‟armadio. Kabikoff: —… e fra qualche giorno torno giù in Texas. Ecco, Sal, prendi il mio biglietto da visita. No, facciamo due, danne uno a Momo. I biglietti da visita fanno sempre una buona impressione. I due si salutarono, una porta sbatté. Littell si tolse la cuffia e fissò le parole sul muro. Mad Sal lo raggiunse. I rotoli di grasso gli tremolavano sotto la camicia. — Come sono andato? Ho dovuto calcare la mano, altrimenti non avrebbe creduto di trovarsi di fronte il vero Sal. — Sei stato bravo. Ora fa‟ attenzione al denaro. Finché non sarò arrivato al Fondo, non ti darò più un centesimo. — Cosa faccio con Kabikoff?
— Ti chiamerò nel giro di una settimana e ti dirò se presentarlo o meno a Giancana. Sal ruttò. — Chiamami a Los Angeles. Ho un‟altra comitiva da accompagnare a Gardena. Littell tornò a fissare il muro. Memorizzò ogni singola parola e trascrisse tutto sul suo taccuino.
Capitolo 27 (Gardena, 25.8.59) Lenny gongolava e mandava baci con lo schiocco. I gitanti se lo mangiavano con gli occhi: vai, Lenny, vai, vai, vai. Lenny odiava i froci. Lenny divorava i froci come Godzilla divorava Tokyo. Lenny si faceva in un sol boccone la sala del Lucky Nugget. Pete osservava. Lenny schizzava battute a raffica: Castro la checca palpeggia Ike la zia al summit dei Froci!!! — Fidel! Toglimi la barba da lì sotto immediatamente! Fidel! Ma che sigarone Avana che ti ritrovi! I gitanti impazzivano di gioia. I gitanti la scambiavano per nobile satira politica. Pete era annoiato. Battute stantie, birra stantia: il Lucky Nugget era un cesso di posto. L‟aveva mandato Dick Steisel. Con una lamentela: il fango più recente scavato da Lenny era troppo cattivo per essere pubblicato. Hughes e Hoover lo adoravano, ma le offese a raffica
contro gli omosessuali avrebbero finito per danneggiare HushHush. — Fidel! Passami la vaselina e riprenderemo le relazioni diplomatiche! Fidel! Le mie emorroidi stanno bruciando come un campo di canne della United Fruit! Kemper Boyd pensava che Lenny avesse talento. Kemper aveva avuto un‟idea: usiamo Hush-Hush per alimentare la rabbia anticastrista. Lenny poteva scrivere il materiale. Lenny faceva il portaborse fra la mafia e Batista: conosceva l‟ambiente e lo stile, e i comunisti cubani non potevano certo fare causa. Lenny ci dava dentro. Pete proiettava nella propria mente fantasticherie da una del mattino. QUEL MOMENTO tornò in Technicolor. Tom Gordean, morto. Boyd, sorridente. La valigia, colma di azioni della United Fruit. Si erano messi d‟accordo accanto al cadavere. Poi avevano preso una stanza di motel, esploso un colpo di pistola e sistemato Gordean in posa da suicida. Gli stupidi sbirri di Key West l‟avevano bevuta. Boyd aveva venduto le azioni. Avevano ricavato 131.000 dollari a testa. Si erano incontrati a Washington per dividersi i soldi. — Ti posso far entrare nel giro cubano — aveva detto Boyd — ma
probabilmente ci vorranno mesi. Dovrò giustificare la morte di Gordean come una missione fallita. — Dimmi di più — aveva replicato Pete. — Torna a Los Angeles, riprendi il lavoro per Hush-Hush e fa‟ da babysitter a Hughes — l‟aveva istruito Boyd. — Credo che Cuba e i nostri contatti ci potranno arricchire. Pete era tornato a casa e aveva obbedito agli ordini. Aveva avvertito Hughes che presto si sarebbe preso una licenza. Hughes si era incazzato. Pete gliel‟aveva fatta passare con una montagna di codeina. La Causa cubana gli faceva venire l‟acquolina in bocca. Voleva esserci con tutte le sue forze. Santos Trafficante era stato cacciato da Cuba il mese precedente, e aveva iniziato a spargere la voce che Castro meritasse di essere inchiappettato per i suoi “crimini contro i profittatori del gioco d‟azzardo”. Boyd aveva definito la stazione dei taxi una “potenziale piattaforma di lancio“. Boyd aveva questo grande, ricorrente sogno proibito: Jimmy Hoffa che vendeva la Tiger Kab all‟Agenzia. Chuck Rogers gli telefonava una volta alla settimana. La stazione procedeva senza problemi. Jimmy Hoffa gli inviava il suo 5 per cento mensile… senza che lui facesse un cazzo per guadagnarselo. Boyd aveva fatto assumere i suoi cubani: Obregon, Delsol,
Paez e Gutiérrez. Chuck aveva licenziato i sostenitori di Castro: i coglioni se n‟erano andati lanciando anatemi di morte. La Tiger Kab era ormai al 100 per cento anticastrista. Lenny terminò il suo numero con una serie di battute su Adlai Stevenson, il frocio “re dei ladri”. Pete scivolò fuori dal salone alle spalle del pubblico, che era scattato in piedi per gli applausi. I gitanti adoravano il loro Lenny. Lenny attraversò la massa vociante come una primadonna in visita ai quartieri bassi. Le antenne di Pete iniziarono a vibrare, vibrare, vibrare. Gli era venuta un‟idea: pediniamolo, lo stronzetto. Procedevano verso nord; tre auto li separavano. La Packard di Lenny aveva una lunga antenna: Pete la usava come punto di riferimento. Imboccarono Western Avenue verso il centro di Los Angeles. Lenny svoltò a ovest su Wilshire e quindi a nord su Doheny. Il traffico si era diradato: Pete rallentò e concesse alla Packard un po‟ di vantaggio. Lenny svoltò a est su Santa Monica. Pete guardò con affetto la schiera di bar per froci: il 4-Star, il Klondike e altri
spuntati da poco. Era in piena Via dei Ricordi: ai tempi della squadra dello sceriffo, ogni locale sottostava alle sue estorsioni. Lenny procedeva a fianco del marciapiede, moooolto lento. Superò il Tropics, l‟Orchid e la Larry‟s Lasso Room. Lenny, non ostentare il tuo odio in modo così aggressivo ed esplicito. Pete lo seguiva a due auto di distanza. Lenny si immise nel parcheggio sul retro del Nat‟s Nest. Big Pete ha lo sguardo a raggi x. Big Pete è come Superman e Diabolik. Pete fece un giro dell‟isolato e attraversò il parcheggio. L‟auto di Lenny era posteggiata nei pressi della porta di servizio. Pete gli lasciò un biglietto. Se hai beccato, rimandalo a casa. Raggiungimi allo Stan‟s DriveIn, all‟incrocio fra Sunset e Highland. Ti aspetto fino alla chiusura del bar. Pete B.
Sistemò il biglietto sul tergicristallo della Packard. Un frocio gli sculettò di fianco e lo squadrò da capo a piedi. Pete mangiò in macchina. Due chili burger, patatine fritte e
caffè. Le cameriere schettinavano da un‟auto all‟altra. Indossavano calzamaglie e reggiseni a balconcino. Gail Hendee diceva che era un guardone. Gli piaceva, quando una donna lo smascherava. Le cameriere erano un bel vedere. Il gran lavoro con schettini e vassoio le manteneva in forma. La bionda che si occupava dei gelati con cioccolata calda sembrava ottima materia prima per i suoi ricatti. Pete ordinò torta di pesche à la mode. La bionda lo servì. Lenny si avvicinò all‟auto. Aprì la portiera di destra e salì a bordo. Ostentava un‟espressione stoica. La primadonna era una brutta checca da pelare. Pete si accese una sigaretta. — Mi avevi detto di essere troppo furbo perché ti venisse la voglia di prendermi per il culo. Vale ancora? — Sì. — È con questo che ti ricattano Kemper Boyd e Ward Littell? — “Con questo”? Sì, è “con questo”. — Non ci credo, Lenny, e non penso che alla fine a Sam Giancana importi poi molto. Credo che potrei chiamarlo immediatamente e dirgli “Sam, Lenny Sands incula i ragazzini”.
Ne sarebbe colpito per un paio di minuti, ma poi lascerebbe correre. Se Boyd e Littell avessero cercato di fregarti con questa stronzata, penso che avresti avuto il cervello e il fegato di mandarli al diavolo. Lenny si strinse nelle spalle. — Littell disse che avrebbe spifferato tutto a Sam e alla polizia. Pete lasciò cadere il mozzicone di sigaretta nel bicchiere d‟acqua. — Non ci casco, Lenny. Vedi quella brunetta sui pattini, laggiù? — La vedo, sì. — Voglio che tu mi dica la verità prima che raggiunga quella Chevy azzurra. — E se non me ne ricordassi? — Pensa che tutto quello che hai sentito dire di me è vero, e traine le dovute conclusioni. Lenny fece un gran sorriso da primadonna. — Ho ucciso Tony Iannone, e Littell l‟ha capito. Pete diede un fischio. — Sono colpito. Tony era un tipo tosto. — Non mi tormentare, Pete. Dimmi cosa vuoi fare a questo punto. — La risposta è: niente. Tutti i tuoi segreti sono finiti. — Cercherò di crederci.
— Poi credere a questo: Littell lo conosco da tempo, e non mi piace. Boyd e io siamo in rapporti amichevoli, ma Littell è tutt‟altra storia. Non posso calcare la mano senza fare incazzare Boyd, ma se iniziasse a esagerare, fammelo sapere. Lenny rizzò il pelo, irritato. — Non ho bisogno di un protettore. Non sono quel tipo di… Le cameriere saettavano in ogni direzione. Pete abbassò il finestrino per prendere una boccata d‟aria. — Le tue credenziali sono buone, Lenny. Quello che fai nel tempo libero sono cazzi tuoi. — Sei un uomo illuminato. — Grazie. Ora, te la senti di dirmi su chi o cosa stai facendo la spia per Littell? — No. — Solo “no”? — Voglio continuare a lavorare per te. Lascia che me ne vada con qualcosa in mano. Pete aprì la portiera di destra. — Niente più frociate per Hush-Hush. D‟ora in avanti ti dedicherai esclusivamente al repertorio anticastrista e anticomunista. Scriverai direttamente per la rivista. Io ti fornirò le informazioni di base, e tu potrai inventare il resto. Sei stato a Cuba, e conosci le posizioni politiche di Hughes. Fai tu. — Tutto qui?
— A meno che tu non voglia un caffè e una fetta di torta. Lenny Sands inchiappetta i fanciulli. Howard Hughes presta denaro al fratello di Dick Nixon. Segreti. Big Pete vuole una donna. Esperienza in ricatti preferibile, ma non necessaria. Il telefono prese a squillare: cazzo, troppo presto. Pete rispose. — Sì? — Sono Kemper. — Kemper, merda, ma che ore sono? — Sei assunto, Pete. Stanton ti metterà immediatamente sotto contratto. Dirigerai il campo di addestramento di Blessington. Pete si strofinò gli occhi. — Questo è il compito ufficiale, ma qual è il nostro obiettivo? — Agevolare una collaborazione fra la CIA e il crimine organizzato.
Capitolo 28 (New York, 26.8.59) Joe Kennedy distribuiva fermacravatte con il sigillo della Casa Bianca. La suite del Carlyle risplendeva di un bagliore fintopresidenziale. Bobby sembrava annoiato. Jack sembrava divertito. Kemper si sistemò la spilla. — Kemper è un ladro — annunciò Jack. — Siamo qui per discutere della campagna, ricordi? — disse Bobby. Kemper si strofinò via una traccia di lanugine dai pantaloni. Indossava un completo di cotone increspato e scarpe scamosciate bianche: Joe gli aveva dato del gelataio disoccupato. A Laura piaceva. L‟aveva acquistato con il denaro ricavato dalle azioni rubate. Era un‟ottima scelta per un matrimonio estivo. — Fu Franklin Delano Roosevelt a donarmi quelle spille — disse Joe. — Le ho conservate perché ho sempre saputo
che un giorno avrei indetto una riunione come questa. Joe voleva qualcosa di speciale. Il maggiordomo aveva predisposto un vassoio di antipasti su una credenza accanto alle poltrone. Bobby si slacciò la cravatta. — Il mio libro uscirà in febbraio in edizione rilegata, circa un mese dopo l‟annuncio di Jack. L‟edizione economica sarà pubblicata in luglio, nel periodo della Convention democratica. Spero che riuscirà a mettere nella giusta prospettiva la crociata contro Hoffa. Non vogliamo che il collegamento di Jack con la Commissione McClellan rovini i suoi rapporti con i sindacati. Jack scoppiò a ridere. — Quello stramaledetto libro ti sta prendendo troppo tempo. Dovresti procurarti uno che lo scriva per te. Io l‟ho fatto… e ho vinto il premio Pulitzer. Joe spalmò una cucchiaiata di caviale su un cracker. — Ho sentito che Kemper vuole che si cancelli il suo nome dal testo. Peccato, avresti potuto intitolarlo Il gelataio all‟Inferno. Kemper giocherellava con la sua spilla. — Là fuori ci sono milioni di ladri d‟auto che mi odiano, signor Kennedy. Preferisco che non conoscano la mia nuova occupazione. — Kemper è un tipo furtivo — disse Jack. — Sì, e Bobby dovrebbe imparare da lui — convenne Joe. — L‟ho già detto mille volte, e lo ripeterò altre mille. Questa tua ossessione per Jimmy Hoffa e la mafia è una stronzata. Un
giorno o l‟altro potresti aver bisogno di quella gente per influenzare le elezioni, e tu cosa fai? Dopo il danno, la beffa: scrivi un libro su quella tua stramaledetta Commissione. Kemper sta sempre molto attento a non sbilanciarsi, Bobby. Dovresti imparare da lui. Bobby ridacchiò. — Cogli l‟attimo, Kemper. Di fronte a un estraneo, papà si schiera contro i suoi figli una volta ogni decennio. Jack si accese un sigaro. — Sinatra è amico dei gangster. Se avessimo bisogno di loro, potremmo usarlo come intermediario. Bobby affondò un pugno nel cuscino della poltrona. — Frank Sinatra è un codardo e un degenerato, e io non scendo a patti con la feccia del pianeta. Jack roteò gli occhi. Kemper lo interpretò come un segnale per far valere le sue doti di intermediario. — Credo che il libro abbia buone possibilità. Potremmo distribuirne copie gratuite ai membri dei sindacati durante le primarie e guadagnare qualche punto. Lavorando per la Commissione ho allacciato un gran numero di contatti nelle forze dell‟ordine. Sono convinto che riusciremo a ottenere l‟appoggio dei procuratori distrettuali repubblicani calcando la mano sulle credenziali anticrimine di Jack. Jack formò una serie di anelli di fumo. — È Bobby l‟eroe,
non io. — Ma tu facevi parte della Commissione — gli fece notare Kemper. Bobby sorrise. — Farò di te un ritratto eroico, Jack. Non dirò che tu e papà siete stati fin dall‟inizio troppo teneri con Hoffa. Risero tutti e quattro. Bobby prese una manciata di tartine. Joe si schiarì la gola. — Kemper, l‟abbiamo invitata a questa riunione principalmente per parlare di J. Edgar Hoover. Dovremmo discuterne subito, perché stasera do una cena al Pavillon, e devo prepararmi. — Parla dei dossier che Hoover ha raccolto su di voi? Jack annuì. — Stavo pensando, in particolare, a una storiella d‟amore che ho avuto durante la guerra. Si dice che Hoover si sia autoconvinto che si trattasse di una spia nazista. — Inga Arvad? — Proprio lei. Kemper rubò una delle tartine di Bobby. — Sì, è nel dossier di Hoover. Me ne parlò anni or sono, vantandosene. Posso darvi un suggerimento e chiarire una cosa una volta per tutte? Joe annuì. Jack e Bobby si sporsero sui bordi delle poltrone. Kemper si chinò verso di loro. — Sono sicuro che Hoover
sappia del mio lavoro per la Commissione. Sono sicuro che sia deluso dal fatto che non mi sia messo in contatto con lui. Lasciate che mi rifaccia vivo e che gli dica esplicitamente che sto lavorando per voi. Lasciate che lo rassicuri sul fatto che, nel caso venga eletto, Jack non lo sostituirà alla guida dell‟FBI. Joe annuì. Jack e Bobby annuirono. — La trovo una mossa intelligente e molto prudente. E già che ci siamo, vorrei ricordarvi della questione cubana. Sia Eisenhower che Nixon si sono già dichiarati anticastristi. Penso che Jack dovrebbe procurarsi qualche credenziale in tal senso. Joe prese a giocherellare con la spilla. — Tutti si sono messi a odiare Castro. Non vedo Cuba come un argomento che divida l‟opinione pubblica. — Papà ha ragione — intervenne Jack. — Ma pensavo di inviare un contingente di marines, se verrò eletto. — Quando verrai eletto — lo corresse Joe. — Giusto. Manderò i marines a liberare i bordelli. Kemper potrà condurre l‟operazione. Sarà il nostro uomo di punta all‟Avana. Joe ammiccò. — Non se ne dimentichi, Kemper. — Non lo farò. Ma seriamente, vi terrò informati sul fronte cubano. Conosco alcuni ex agenti dell‟FBI con ottime informazioni su Castro. Bobby si scostò un ciuffo dalla fronte. — A proposito di
FBI, come sta il Fantasma? — In una parola, non molla. E sulle tracce di quei registri del Fondo pensioni, ma non sta facendo molta strada. — Comincia a sembrarmi patetico. — Credimi, non lo è. — Posso conoscerlo? — Non prima del giorno in cui andrà in pensione. Ha paura di Hoover. — Anche noi — intervenne Joe. Risero tutti e quattro. Il St. Regis era un po‟ meno lussuoso del Carlyle. La suite di Kemper era un terzo di quella dei Kennedy. Kemper teneva anche una camera in un modesto alberghetto attorno alla West 40a: Jack e Bobby lo contattavano lì. In strada faceva un caldo soffocante. La suite era perfetta: 20 gradi. Kemper scrisse un messaggio per Hoover. E confermato, diceva: se verrà eletto, Jack Kennedy non la licenzierà. Subito dopo si dedicò a una partita di Avvocato del Diavolo: un rituale che faceva sempre seguire a una riunione con i Kennedy. Gli scettici sospettavano dei suoi viaggi. Gli scettici sospettavano dei suoi complessi intrecci di fedeltà. Kemper tese a se stesso trappole logiche e le superò con
successo. Quella sera avrebbe visto Laura: cena e concerto alla Carnegie Hall. Poi lei avrebbe messo in ridicolo il pianista, suonando e risuonando il suo pezzo forte. Era la quintessenza dei Kennedy: competitiva, ma mai in pubblico, se non quando sapeva di poter vincere. Laura era una mezza Kennedy e una donna vera: della famiglia possedeva lo spirito, ma non la benedizione. Le sue sorellastre avevano sposato donnaioli ed erano rimaste fedeli; Laura, invece, si concedeva avventure. Diceva che Joe amava le sue ragazze, ma sotto sotto le considerava come negre. Erano ormai sette mesi che stava con Laura. I Kennedy non nutrivano alcun sospetto sulla relazione. Quando si fossero fidanzati ufficialmente, li avrebbe informati. In un primo tempo ne sarebbero rimasti sconvolti, ma alla lunga sollevati. Si fidavano di lui, e sapevano che avrebbe mantenuto una rigida compartimentazione. Laura amava gli uomini veri e le arti. Era una donna solitaria, senza amici, a parte Lenny Sands. La tipica orbita kennediana: un cabarettista legato alla mafia aveva dato lezioni di dizione a Jack ed era diventato il migliore amico della sorellastra. Il loro rapporto era ai limiti del rischio. Lenny avrebbe potuto dirle qualcosa. Lenny avrebbe potuto rivelarle dettagli
spiacevoli. Laura non lo nominava mai, nonostante fosse stato Lenny a rendere possibile il loro incontro. Probabilmente gli parlava al telefono. Lenny era un tipo volubile. Un Lenny infuriato o spaventato avrebbe potuto dire: Boyd ha costretto Littell a picchiarmi. Boyd e Littell sono due crudeli ricattatori. Boyd mi ha messo in contatto con Hush-Hush: un lavoro spregevole. I suoi timori su Lenny avevano raggiunto il massimo livello alla fine di aprile. Le audizioni di Boynton Beach avevano rivelato due personaggi “ rischiosi: un molestatore di bambini e un magnaccia omosessuale. Le istruzioni della CIA ne richiedevano l‟eliminazione. Kemper li aveva condotti nelle Everglades e li aveva uccisi con due colpi di pistola. Il magnaccia aveva capito tutto e si era messo a pregarlo in ginocchio. Lui gli aveva sparato un colpo in bocca per interromperne gli strilli. Aveva confidato a Claire di avere ucciso due uomini a sangue freddo. Lei aveva replicato con una sequela di luoghi comuni anticomunisti. Il magnaccia gli aveva rammentato Lenny. Il magnaccia aveva provocato crisi di Avvocato del Diavolo impossibili da
archiviare con una menzogna. Lenny avrebbe potuto rovinare tutto. Un‟azione di forza sarebbe stata un rischio: Lenny era un tipo volubile. Non c‟era una soluzione facile. Alleviare la solitudine di Laura avrebbe potuto rivelarsi utile: sarebbe stata meno incline ad appoggiarsi a Lenny. A metà maggio aveva fatto venire Claire da Tulane e l‟aveva presentata a Laura. Claire ne era rimasta incantata: una donna sofisticata dieci anni più anziana di lei. Era subito nata un‟amicizia. Erano diventate confidenti telefoniche. Di quando in quando Claire raggiungeva Laura per un fine settimana di concerti e visite ai musei. Kemper viaggiava per guadagnarsi i suoi tre stipendi. Sua figlia, nel frattempo, teneva compagnia alla sua futura fidanzata. Laura aveva raccontato la sua storia a Claire. Claire ispirava una confidenza totale. Claire era in visibilio: chissà, un giorno mio padre potrebbe essere il cognato segreto del presidente. Nel frattempo, Kemper era il ruffiano del possibile futuro presidente. Negli ultimi sei mesi, Jack si era dedicato alla sua rubrica nera, allungando le mani su un centinaio di donne. Sally Lefferts lo definiva un violentatore de facto. — Ti costringe in
un angolo e ti seduce finché non sei presa nella rete. Ti convince che dirgli di no ti trasformerebbe nella femmina più inutile che abbia mai messo piede sul pianeta. La sua rubrica nera era quasi esaurita. Prima o poi Hoover sarebbe venuto fuori con l‟idea di procurargli ragazze squillo assoldate dall‟FBI. Era possibile. Se la campagna avesse avuto successo, Hoover avrebbe potuto ordinarglielo: “LO FACCIA”. Il telefono prese a squillare. Kemper rispose al secondo trillo. — Sì? Il rumore tipico di un‟interurbana. — Kemper? Sono Chuck Rogers. Ti chiamo dalla stazione dei taxi. È successo qualcosa di cui ho creduto opportuno informarti. — Che cosa? — I castristi che ho licenziato hanno fatto una spedizione punitiva ieri sera e hanno sparato contro il parcheggio. Abbiamo avuto fortuna, nessuno è stato colpito. Fulo pensa che abbiano un covo qui vicino. Kemper si distese sul divano. — Arrivo fra qualche giorno. Sistemeremo la faccenda. — Sistemeremo come? — Voglio convincere Jimmy a vendere la stazione all‟Agenzia.
Vedrai, ci metteremo d‟accordo con lui. — Secondo me dovremmo rispondere con decisione. Non possiamo perdere la faccia di fronte alla comunità cubana facendoci sparare addosso da quelle teste di cazzo di comunisti. — Glielo faremo sapere, Chuck. Fiducia, non ne sarai deluso. Kemper entrò con la sua chiave. Laura aveva lasciato aperte le porte finestre sul terrazzo. Le luci del concerto facevano scintillare il Central Park. Era troppo semplice, troppo ordinato. Nulla in confronto a certe fotografie scattate a Cuba dalle forze di ricognizione. Immagini di edifici della United Fruit in fiamme contro un cielo buio. Immagini assolutamente affascinanti… Qualcosa gli disse: Controlla le bollette telefoniche di Laura. Perlustrò i cassetti dello studio e le trovò. Nel corso degli ultimi tre mesi, Laura aveva fatto undici telefonate a Lenny Sands. Qualcosa gli disse: convinciti, una volta per tutte. Molto probabilmente non era nulla. Laura non aveva mai nominato Lenny, né aveva agito in modo sospetto. Qualcosa gli disse: fa‟ che te lo dica lei. Si sedettero con i loro martini. Laura si era scottata al sole:
era stata una lunga giornata di compere. — Da quanto mi aspettavi? — gli chiese. — Un‟oretta — rispose Kemper. — Ti ho chiamato al St. Regis, ma il centralinista ha detto che eri già uscito. — Avevo voglia di fare una passeggiata. — Con il caldo che fa? — Dovevo controllare i messaggi all‟altro albergo. — Avresti potuto chiamare il centralino e farteli leggere. — Mi piace farmi vedere, una volta ogni tanto. Laura rise. — Il mio amante è una spia. — Non proprio. — Cosa penserebbe il mio surrogato di famiglia se sapesse che hai una suite al St. Regis? Kemper rise. — La considererebbero un‟emulazione, e si chiederebbero come possa permettermela. — Me lo sono chiesto anch‟io. La pensione dell‟FBI e lo stipendio della famiglia non sono così generosi. Kemper le posò una mano sulle ginocchia. — Ho avuto fortuna in borsa. Te l‟ho già detto, Laura. Se sei curiosa, fammi domande. — D‟accordo. Prima d‟ora non hai mai parlato di fare passeggiate. Perché hai scelto il giorno più caldo dell‟anno per iniziare?
Kemper chiamò a raccolta un‟espressione malinconica. — Stavo pensando al mio amico Ward, alle camminate in riva al lago che facevamo a Chicago. Negli ultimi tempi mi manca molto. Credo di aver confuso il clima di Chicago con quello di Manhattan. Che cos‟hai? Sembri triste. — Oh, niente. Aveva abboccato. Le chiacchiere su Chicago e sull‟amicizia l‟avevano ingannata. — “Niente”? Balle, Laura… — No, davvero, non è niente. — Laura… Lei si ritrasse. — Kemper, non è niente. Kemper sospirò. Kemper finse una perfetta, umiliata esasperazione. — No, si tratta di Lenny Sands. Qualcosa che ho detto te l‟ha rammentato. Laura parve rilassarsi. Stava seguendolo su tutta la linea. — Quando dicesti di conoscerlo fosti molto evasivo. Non te ne ho mai parlato perché temevo che ti desse fastidio. — Lenny ti ha detto che mi conosce? — Sì. E anche un altro misterioso agente dell‟FBI. Non mi ha voluto rivelare altro, ma ho capito che vi teme entrambi. — L‟abbiamo aiutato a tirarsi fuori da un pasticcio, Laura. Ma il nostro intervento ha un prezzo. Vuoi che te lo spieghi? — No. Non voglio sapere. Il mondo in cui vive Lenny è orribile, e… insomma, tu vivi in una suite di lusso e lavori per
la mia quasi-famiglia e Dio sa chi altri. Mi piacerebbe soltanto che fra noi vi fossero meno segreti. Furono i suoi occhi a convincerlo a farlo. Era mortalmente rischioso, ma un gesto da leggenda. Kemper disse: — Indossa il vestito verde che ti ho regalato. Il Pavillon era una distesa di broccati di seta e candele. Gli invitati erano tutti in ghingheri. Kemper allungò al maître un biglietto da cento. Un cameriere li condusse alla saletta privata della famiglia. Il tempo si fermò. Kemper si portò accanto Laura e aprì la porta. Joe e Bobby sollevarono lo sguardo e si bloccarono. Ava Gardner posò il bicchiere al rallentatore. Jack sorrise. Joe lasciò cadere la forchetta. Il suo soufflé esplose. Ava Gardner ricevette un proiettile di cioccolata sul corpetto. Bobby scattò in piedi e serrò i pugni. Jack lo afferrò per la fusciacca e lo costrinse a risedersi. Jack scoppiò a ridere. Jack disse qualcosa come: — Ha più coglioni che cervello. Joe e Bobby ardevano di rabbia, incazzati a livello radioattivo.
Il tempo si fermò. Ava Gardner sembrava una donnina qualunque.
Capitolo 29 (Dallas, 27.8.59) Aveva preso una suite all‟Adolphus Hotel. La camera da letto si affacciava sul lato meridionale di Commerce Street e sull‟ingresso del Carousel Club di Jack Ruby. Kemper Boyd diceva sempre: NON LESINARE SUGLI ALLOGGI QUANDO SEI DI SORVEGLIANZA. Littell osservava l‟ingresso del locale con un binocolo. Erano le 4 del pomeriggio. Gli spettacoli di spogliarello sarebbero iniziati alle 6. Aveva controllato le prenotazioni da Chicago a Dallas. Sid Kabikoff era giunto in città il giorno prima. Il suo itinerario comprendeva il ritiro di un‟auto a noleggio. La destinazione finale era McAllen, Texas, proprio al confine con il Messico. Era venuto a fare un film porno. Aveva detto a Mad Sal che l‟avrebbe girato con le spogliarelliste di Jack Ruby. Littell si era messo in malattia. Al telefono con Leahy si era fatto prendere da un accesso di tosse. Quindi aveva acquistato il biglietto aereo usando uno pseudonimo. Kemper Boyd
diceva sempre: CONFONDI LE TUE TRACCE. Kabikoff aveva detto a Mad Sal che i “veri” registri esistevano. Kabikoff aveva detto a Mad Sal che Jules Shiffrin li amministrava. Kabikoff aveva detto a Mad Sal che Jules Shiffrin conosceva Joe Kennedy. Doveva trattarsi di una normale relazione di affari. Joe Kennedy era un uomo dalle molteplici attività. Littell fissò l‟ingresso del locale fino a farsi venire il mal di testa. All‟esterno del Carousel Club si formò un capannello. Tre giovani muscolosi e tre donne dall‟aspetto dozzinale. E Sid Kabikoff in persona, grasso e sudaticcio. Si salutarono e accesero varie sigarette. Kabikoff agitava le mani con gesti espansivi. Jack Ruby aprì la porta. Un bassotto corse fuori e cagò sul marciapiede. Con il piede Ruby sospinse gli stronzi fino al tombino. Il gruppo si spostò all‟interno. Littell visualizzò l‟uscita di servizio. La porta era chiusa con un gancio che lasciava uno spiraglio da cui osservare. Un camerino fungeva da collegamento con la sala principale.
Attraversò la strada e svoltò nel parcheggio sul retro. Vide soltanto un‟auto: una Ford del „56 con la capote abbassata. La targa era fissata al piantone dello sterzo. Il proprietario era un certo Jefferson Davis Tippit. Alcuni cani abbaiarono. Ruby avrebbe dovuto ribattezzare il suo locale il Canile Carousel. Littell raggiunse la porta e fece scattare il chiavistello con il temperino. Era buio. Uno spiraglio di luce attraversava il camerino. Littell si avvicinò in punta di piedi alla fonte di luce. Odorò un misto di profumo e tanfo canino. Lo spiraglio di luce proveniva da una porta socchiusa. Udì diverse voci che si sovrapponevano. Ruby, Kabikoff e un terzo uomo dal forte accento texano. Socchiuse gli occhi, colpito dalla luce. Vide Ruby, Kabikoff e un poliziotto in uniforme in piedi accanto alla pista per gli spogliarelli. Allungò il collo. La sua visuale si ampliò. La pista era affollata. Scorse quattro ragazze e quattro ragazzi, nudi come vermi. — J.D., non sono stupendi? — chiese Ruby. — A me piacciono le donne, ma devo ammettere che hai ragione — rispose il poliziotto. I ragazzi si carezzavano le erezioni. Le ragazze mugolavano ammirate. Tre bassotti giocavano in mezzo alla pista.
Kabikoff ridacchiò. — Jack, sei un talent scout migliore di Major Bowes e Ted Mack messi insieme. Ci siamo al 100 per cento, Jack. Per questi bocconcini non ammetto rifiuti. — Quand‟è l‟appuntamento? — domandò J.D. — Domani pomeriggio, diciamo alle 2 — rispose Kabikoff. — Ci vedremo alla caffetteria del Sagebrush Motel di McAllen e da lì raggiungeremo insieme il set. Perfetto! Tutte le audizioni dovrebbero filare così lisce! Uno dei ragazzi ostentava un tatuaggio sul pene. Due ragazze rivelavano cicatrici e lividi. I cani cominciarono a litigare. — No, bambini, no! — gridò Ruby. Littell ordinò la cena al servizio in camera: bistecca, insalata e Glenlivet. Era uno spreco enorme… e più nello stile di Kemper che nel suo. Tre bicchieri gli affilarono l‟istinto. Un quarto gli diede la certezza. Un bicchierino finale lo spinse a chiamare Mad Sal a Los Angeles. Sal gli fece una scenata: ho bisogno di soldi, soldi, soldi. Cercherò di procurarteli, rispose Littell. Impegnati, disse Sal. Ci siamo, tagliò corto Littell. Voglio che tu presenti
Kabikoff per un prestito. Chiama Giancana e organizza un incontro. Poi telefona a Sid entro le prossime trentasei ore e confermagli l‟appuntamento. Sal deglutì. Sal stillava terrore da tutti i pori. Cercherò di procurarti del denaro, ripeté Littell. Sal accettò. Littell riagganciò prima che si rimettesse a pregarlo. Non aveva detto a Sal che la riserva di denaro era scesa a 800 dollari. Lasciò detto al centralino di svegliarlo alle 2 del mattino. Le sue preghiere durarono molto: Bobby Kennedy aveva una famiglia numerosa. Impiegò undici ore per arrivare a McAllen. Aveva sedici minuti di vantaggio. Il Texas meridionale era calore e umidità concentrati. Littell accostò e fece un inventario di ciò che aveva sistemato sul sedile posteriore. Un album vuoto, dodici rotoli di nastro adesivo, una Polaroid Land Camera con uno zoom a lunga portata Rolliflex, quaranta pellicole a colori, un passamontagna e una luce lampeggiante dell‟FBI per il tettuccio dell‟auto. Un vero e proprio corredo portatile per la raccolta di prove. Littell si immise nuovamente nel traffico. Scorse il
Sagebrush Motel: una schiera di villette disposte a ferro di cavallo a fianco della strada principale. Accostò e parcheggiò di fronte alla caffetteria. Mise l‟auto in folle e lasciò acceso il motore per non rinunciare all‟aria condizionata. J.D. Tippit arrivò alle 14,06. La sua decappottabile era stracarica: sei ragazzi nell‟abitacolo e l‟attrezzatura cinematografica che sporgeva dal bagagliaio. Entrarono tutti nella caffetteria. Littell scattò un‟immagine con lo zoom per catturare il momento. La macchina fotografica ronzò. Un‟istantanea spuntò fuori dal lato inferiore e gli si sviluppò in mano in meno di un minuto. Incredibile… Kabikoff accostò e strombazzò. Littell scattò inquadrando la sua targa posteriore. Tippit e i ragazzi uscirono con una scorta di bibite. Si divisero fra le due auto, che ripartirono verso sud. Littell contò fino a venti e le seguì. Il traffico era rado: proseguirono per cinque minuti lungo strade secondarie e attraversarono il confine sfrecciando: uno, due, tre. Una guardia li fece passare a gesti. Littell scattò un campo lungo: due auto lanciate verso un reato federale. Il Messico era un polveroso prolungamento del Texas. Superarono una lunga serie di villaggi di baracche di lamiera.
Un‟auto si inserì alle spalle di Tippit. Littell la usò come copertura. Raggiunsero una catena di colline coperte di arbusti. Littell fissava l‟antenna di J.D., decorata con una coda di volpe. La strada era asfaltata soltanto a tratti: sassi e ghiaia schioccavano di continuo sotto le gomme. Kabikoff svoltò a destra a un cartello: Domicilio de Estado: Policia. “Caserma della polizia di Stato”: una traduzione facile. Tippit lo seguì. La strada si era fatta sterrata: le auto sollevavano vortici di polvere. Proseguirono arrampicandosi lente su un‟alta collina dal versante disseminato di massi. Littell proseguì sulla strada principale. A una cinquantina di metri, sul versante della collina, scorse una copertura: una macchia di pini nani dalla quale scattare. Accostò e parcheggiò sul lato della strada. Mise l‟attrezzatura in una borsa e mimetizzò l‟auto con rami e cespugli di amaranto. L‟eco lo raggiungeva dalla collina successiva, dietro la quale si svolgevano le “riprese”. Seguì i suoni e le voci. Superò con l‟attrezzatura in spalla una pendenza di 90 gradi. Dalla cima della collina si dominava una distesa di terra battuta.
Il suo punto di osservazione era superbo. La “caserma” era una baracca dal tetto di lamiera. Accanto erano parcheggiate alcune auto della polizia di Stato: Chevy e vecchie Hudson Hornet. Tippit trasportava scatole di pellicola. Sid il Grassone ungeva gli sbirri messicani. I ragazzi guardavano alcune donne ammanettate. Littell si accovacciò al riparo di un cespuglio ed estrasse la macchina fotografica. Lo zoom gli consentì di avvicinarsi in primo piano. Vide finestre spalancate, e all‟intero della baracca una distesa di materassi. Vide poliziotti in camicia nera e fascia al braccio. Le auto della polizia avevano sedili con rivestimenti leopardati. Le donne portavano manette. I curiosi si dispersero. Le camicie nere tolsero le manette alle donne. Kabikoff trasportò l‟attrezzatura all‟interno della caserma. Littell si mise al lavoro. Il caldo lo faceva barcollare. Lo zoom lo avvicinò all‟azione. Scattò fotografie e le osservò mentre si sviluppavano. Quindi le sistemò in file ordinate all‟interno della borsa. Fotografò un intrico di corpi femminili su un materasso.
Fotografò Sid Kabikoff intento a imporre un rapporto lesbico. Fotografò penetrazioni oscene. Fotografò stupri di massa con vibratori. Fotografò ragazzi che frustavano a sangue donne messicane. La Polaroid sfornava primi piani istantanei. Sid il Grassone collezionava capi d‟accusa a colori. Subornazione di atti osceni. Aggressione. Pornografia a scopo commerciale, in violazione di nove leggi federali. Littell scattò e scattò fino a terminare i quaranta rullini. Attorno a lui, il suo sudore scuriva la terra. Sid Kabikoff era incastrato. Tratta delle bianche. Violazione del decreto Mann. Rapimento e violenza sessuale. Scatto! Una pausa per rifocillarsi: sbirri che si scaldano tortillas sul tettuccio di un‟auto di pattuglia. Scatto! Una prigioniera cerca di fuggire. Scatto! Scatto! Scatto! Due sbirri la raggiungono e la violentano sul posto. Littell fece ritorno all‟auto. Iniziò a singhiozzare appena superato il confine. Sistemò le fotografie nell‟album e si tranquillizzò pregando e scolandosi una bottiglia da un quarto di litro. Trovò un buon posticino in cui fermarsi: il bordo della strada di accesso, quasi
un chilometro a nord del confine. Era una strada a senso unico. Era l‟unica via per raggiungere la statale. Era ben illuminata: si potevano quasi leggere le targhe delle auto di passaggio. Littell attese. Il getto dell‟aria condizionata gli impediva di assopirsi. La mezzanotte giunse e passò. Le auto procedevano lente e circospette: la polizia di confine distribuiva multe fino a McAllen. I fari scivolavano nel buio. Littell leggeva le targhe. Il gelo dell‟aria condizionata iniziava a farlo star male. Passò la Cadillac di Kabikoff. Littell gli si mise alle calcagna. Sistemò la luce sul tettuccio e si calò il passamontagna sul capo. La luce fece ruotare il suo raggio rosso. Littell accese gli abbaglianti e diede un colpo di clacson. Kabikoff accostò. Littell gli bloccò la via di fuga, scese dall‟auto e si avvicinò alla sua portiera. Kabikoff strillò: il passamontagna era rosso acceso, con corna bianche da diavolo. Littell si ricordava di averlo minacciato. Littell si ricordava del suo ordine finale: PARLERAI CON GIANCANA CON I FILI ADDOSSO. Si ricordava un cric. Si ricordava uno schizzo di sangue sul cruscotto.
Si ricordava di aver pregato Dio: TI PREGO, NON LASCIARE CHE LO AMMAZZI.
Capitolo 30 (Miami, 29.8.59) — Quelle teste di cazzo di comunisti hanno preso di mira la mia stazione di taxi! Prima Bobby Kennedy, e adesso „sti bastardi di cubani! Le teste si voltavano verso di loro: Jimmy Hoffa stava alzando la voce. Un pranzo con Jimmy era un‟operazione rischiosa: il coglione spruzzava regolarmente cibo e caffè. Pete aveva mal di testa. La stazione della Tiger Kab era in linea diagonale rispetto al ristorante: quelle cazzo di pareti tigrate gli facevano bruciare gli occhi. Distolse lo sguardo dalla finestra. —Jimmy, parliamo… Hoffa lo interruppe. — Bobby Kennedy ha convinto ogni schifoso gran giurì d‟America a perseguitarmi. Ogni pezzente di procuratore distrettuale del pianeta vorrebbe piazzarlo nel didietro a James Riddle Hoffa. Pete sbadigliò. Il volo notturno da Los Angeles era massacrante. Boyd gli aveva comunicato gli ordini. Raggiungi un accordo per la stazione, aveva detto: voglio un centro di
reclutamento e raccolta informazioni in piena Miami. Sono in arrivo altre chiatte di profughi. Quando il campo di Blessington partirà, avremo bisogno di altri posti di lavoro per i nostri ragazzi. Una cameriera tornò a riempire le tazze di caffè: Hoffa aveva versato e spruzzato il suo in ogni direzione. — Jimmy, parliamo di affari — riuscì a dire Pete. Hoffa versò latte e zucchero nella sua tazza. — Immaginavo che non fossi venuto fin qui per quel panino al roastbeef. Pete si accese una sigaretta. — L‟Agenzia vuole assumere la gestione della stazione di taxi. Molti esponenti dell‟Agenzia e dell‟Organizzazione stanno iniziando a preoccuparsi per la situazione cubana, e l‟Agenzia reputa la stazione un‟ottima base di reclutamento. Sono in arrivo carrettate di esuli cubani: significa ottimi affari, se la stazione prenderà una decisa posizione anticastrista. Hoffa ruttò. — Cosa intendi dire con “assumere la gestione”? — Intendo dire 5000 dollari garantiti al mese, in contanti, più la metà degli utili lordi, più una parolina da parte dell‟Agenzia all‟orecchio del fisco, tanto per essere sicuri. Del mio 5 per cento non ti devi preoccupare; Chuck Rogers e Fulo continueranno a dirigere l‟attività, e io mi farò vedere a
intervalli regolari per dare una controllata non appena inizierò il mio lavoro a Blessington. Gli occhi di Jimmy ebbero un lampo: $$$$$. — Mi piace. Ma Fulo dice che Kemper Boyd è culo e camicia con i Kennedy, e questo non mi piace. Pete scrollò le spalle. — Fulo ha ragione. — Pensi che Boyd riuscirebbe a convincere Bobby a lasciarmi in pace? — Direi che la sua posizione è già abbastanza delicata perché possa permettersi di tentare. Con Boyd, il dolce si porta sempre dietro l‟amaro. Hoffa si tamponò una macchia sulla cravatta. — L‟amaro è quella banda di comunisti che sparano contro la mia stazione. Il dolce è che se tu ti occupassi di loro, potrei convincermi ad accettare l‟offerta. Pete chiamò a raccolta una squadra all‟interno della stazione. Gente fidata: Chuck, Fulo e Teo Paez, l‟uomo di Boyd. Portarono le sedie di fronte al condizionatore. Chuck fece girare una bottiglia. Fulo affilava il machete con una pietra. — Mi è stato detto che tutti e sei i traditori hanno abbandonato i rispettivi appartamenti. Pare si siano trasferiti in un luogo che chiamano “casa
sicura“. Si trova qui vicino, e credo che sia finanziata dai comunisti. Chuck pulì il collo della bottiglia da una traccia di saliva. — Ieri ho visto Rolando Cruz mentre controllava la stazione, dunque credo di poter dire che ci sorvegliano. Un poliziotto mio amico ha segnato i numeri di targa delle loro auto: se decideremo di andare a caccia, ci saranno utili. — Morte ai traditori — decretò Paez. Pete divelse il condizionatore dal muro. Una nuvola di vapore invase il locale. — Ho capito — disse Chuck. — Vuoi offrirgli un obiettivo. Pete chiuse la stazione badando bene a farsi vedere da tutti. Fulo convocò un tecnico per il condizionatore. Chuck chiamò via radio i conducenti e ordinò di riportare le auto alla stazione, immediatamente. Il tecnico giunse e ritirò l‟impianto. I conducenti lasciarono le rispettive auto e tornarono a casa. Fulo appese un cartello alla porta: TEMPORANEAMENTE CHIUSI. Teo, Chuck e Fulo partirono in missione, alla guida delle loro auto private, prive di strisce e distintivi della Tiger Kab e collegate via radio al centralino. Pete fece ritorno all‟interno della stazione. Tenne le luci
spente e le imposte chiuse. Faceva un caldo terribile, in quel cesso di posto. Stabilirono un collegamento a quattro vie: dalle tre auto al centralino della Tiger Kab. Fulo perlustrava Coral Gables, Chuck e Teo si occupavano di Miami. Pete era collegato con auricolari e microfono a mano. Il suo compito era stare seduto a grattarsi il culo. Chuck invase le onde radio con una lunga sparata contro il dominio di ebrei e negri. Tre ore strisciarono lente. Le auto in missione non smettevano di ciarlare. Non videro nemmeno l‟ombra dei castristi del cazzo. Pete si assopì con la cuffia sulle orecchie. L‟aria viziata lo faceva ansimare. Gli scambi di stronzate via radio accendevano in lui rapidissime scene da incubo, lunghe non più di due secondi. Gli incubi standard: le cariche della fanteria giapponese e il volto di Ruth Mildred Cressmeyer. Pete si assopì su un letto di scariche e riverberi. All‟improvviso credette di udire la voce di Fulo: — Auto due a base, urgente, passo. Scattò a sedere e accese il microfono. — Sì, Fulo. Fulo si collegò. Il traffico echeggiava sotto la sua voce. — Ho avvistato Rolando Cruz e César Salcido. Si sono
fermati a una stazione di servizio Texaco e hanno riempito di benzina due bottiglie di CocaCola. Si sono rimessi in auto e stanno venendo verso la stazione a velocità sostenuta. — Lungo la Flagler o la 46a? — La 46a. Pete, credo che… — Vogliono incendiare i taxi. Fulo, stagli dietro, e quando svoltano nel parcheggio bloccagli l‟uscita. Niente sparatorie, hai capito? — Sì, comprendo. 10 4, passo e chiudo. Pete si strappò gli auricolari. Su uno scaffale appena sopra il pannello comandi scorse la mazza da baseball chiodata di Jimmy. L‟afferrò e si precipitò nel parcheggio. Il cielo era nero come il carbone, l‟aria sembrava stillare umidità. Pete fece ruotare la mazza e si sciolse qualche nodo muscolare. Due fari si avvicinavano lungo la 46a: bassi, da classica auto truccata. Pete si accovacciò accanto a una Mercury tigrata. La tacomobile svoltò nel parcheggio. La Chevy di Fulo la seguiva a ruota, a luci e motore spenti. Rolando Cruz scese dall‟auto. Reggeva una Molotov e un pacchetto di fiammiferi. Non si era accorto di Fulo… Pete gli si portò alle spalle. Fulo accese gli abbaglianti e illuminò a giorno la sagoma di Cruz.
Pete calò la mazza con tutte le sue forze. I chiodi lacerarono la carne di Cruz e gli fracassarono le costole. Cruz gridò. Fulo si lanciò fuori dall‟auto. I suoi abbaglianti bersagliavano Cruz, che sputava sangue e frammenti ossei. César Salcido si gettò fuori dalla tacomobile, terrorizzato al punto da pisciarsi addosso. Con uno strattone, Pete liberò la mazza. La Molotov cadde a terra e NON SI INFRANSE. Fulo si proiettò contro Salcido. L‟auto truccata aveva il minimo alto: ottimo rumore di copertura. Pete estrasse il cannone e colpì Cruz alla schiena. Gli abbaglianti illuminavano l‟esibizione di Fulo. Eccolo mentre copre la bocca di Salcido con il nastro isolante. Eccolo mentre spalanca il bagagliaio della tacomobile. Eccolo mentre, rapido come un derviscio, srotola la manichetta dell‟acqua. Pete caricò il corpo di Cruz nel bagagliaio. Fulo usò il getto d‟acqua per sospingerne le interiora nel tombino. Era buio. Le auto in strada andavano e venivano, ignare dell‟accaduto. Pete afferrò la Molotov. Fulo parcheggiò la Chevy. Continuava a ripetersi un numero fra sé e sé: Salcido aveva
probabilmente rivelato l‟indirizzo del covo. La tacomobile era dipinta di viola metallizzato, gli interni ricoperti di finta pelliccia: un‟Impala del „58 nuova di zecca truccata come una macchina di negri. Fulo si mise al volante. Pete salì sul sedile posteriore. Salcido cercò di gridare da sotto il bavaglio. Si lanciarono sulla Flagler. Fulo gridò un indirizzo: 1809 Northwest 53a. Pete accese la radio e la portò al massimo volume. Bobby Darin cantava Dream Lover a un volume da spaccare i timpani. Pete uccise Salcido con un colpo alla nuca: un‟esplosione di denti gli strappò il nastro isolante dalle labbra. Fulo procedeva MOLTO, MOLTO LENTO. Il sangue colava dal cruscotto e dai sedili. Il fumo dello sparo li soffocava. Tenevano i finestrini chiusi per non diffondere l‟odore di cordite. Fulo girò a sinistra e poi a destra. Fulo segnalava le svolte con grande diligenza. Portarono il carro funebre sulla Coral Gables Causeway. MOLTO, MOLTO LENTI. Trovarono un pontile abbandonato. Procedeva per una trentina di metri verso il largo. Era deserto. Nessun ubriacone, nessuna coppietta, nessun pescatore notturno. Scesero dall‟auto. Fulo la mise in folle e la sospinse sulle
assi del pontile. Pete accese la Molotov e la gettò all‟interno. Fuggirono. Le fiamme raggiunsero il serbatoio. L‟Impala esplose. Le assi presero fuoco immediatamente, come ramoscelli secchi. Il pontile esplose in un‟unica palla di fuoco. Le onde vi sciabordavano contro con un continuo sfrigolio. Pete tossì fino a sputare i polmoni. In bocca sentiva la cordite e il sangue dei due morti. Il pontile cedette. L‟Impala crollò sugli scogli. Il vapore si sollevò dall‟acqua per un minuto intero. Fulo riprese fiato. — Chuck vive qui nei paraggi. Ho la chiave della sua stanza, e so che ha qualcosa che ci può essere utile. Trovarono rivoltelle con silenziatori e giubbotti antiproiettile. Trovarono il taxi di Chuck parcheggiato di fianco al marciapiede. Presero le pistole e indossarono i giubbotti. Pete fece partire il taxi collegando i fili. Fulo guidava un pelo troppo veloce. Pete non smise un secondo di pensare a Ruth Mildred. La casa aveva un‟aria decrepita. La porta sembrava impossibile da sfondare. Il covo era riparato da una macchia di
palme. Era l‟unica abitazione in tutto l‟isolato. Le luci sul davanti erano accese. Tendine leggere riparavano le finestre. Le ombre vi si stagliavano nette. Pete e Fulo si accovacciarono accanto alla veranda, appena sotto il davanzale. Pete distinse quattro sagome e altrettante voci. Si figurò quattro uomini intenti a bere seduti su un divano DI FRONTE ALLA FINESTRA. Fulo parve sintonizzarsi sulla sua stessa frequenza cerebrale. Controllarono i giubbotti e le pistole: quattro rivoltelle cariche, per un totale di ventiquattro colpi. Pete iniziò a contare. Al “tre” scattarono in piedi e presero a sparare attraverso la finestra. Il vetro esplose. Gli spari attutiti dai silenziatori si mischiarono alle grida. La finestra cedette. Le tende crollarono. Ora potevano mirare gli obiettivi veri: comunisti cubani costretti contro una parete schizzata di sangue. I cubani gesticolavano nel tentativo di impugnare le pistole. I cubani portavano fondine ascellari e cinturoni. Pete superò con un balzo il davanzale. Un proiettile gli colpì il giubbotto e lo fece arretrare. Fulo passò all‟attacco. I comunisti sparavano in ogni
direzione. I comunisti erano mortalmente imprecisi. Usavano pistole di grosso calibro senza silenziatori: un baccano infernale. Un colpo deviato dal giubbotto fece ruotare Fulo su se stesso. Pete raggiunse barcollando il divano e scaricò entrambe le pistole a distanza ravvicinata. Colpì teste, colli e petti, aspirò una boccata di qualcosa di grigio e viscido… Un anello di diamanti rotolò sul pavimento. Fulo lo afferrò e lo baciò. Pete si pulì gli occhi dal sangue. Accanto al televisore vide una pila di mattonelle ricoperte di plastica. Ne usciva della polvere bianca. Capì subito che si trattava di eroina.
Capitolo 31 (Miami, 30.8.59) Kemper leggeva ai bordi della piscina dell‟Eden Roc. Un cameriere passava di frequente a riempirgli la tazza di caffè. L‟Herald riportava la notizia a piena pagina: “Quattro morti in una faida di droga fra cubani“. Il giornale non segnalava testimoni né indizi. Si supponeva che il massacro fosse da imputare a una “banda rivale”. Kemper collegò i fatti. Tre giorni prima John Stanton gli invia un rapporto. Lo informa che gli stanziamenti per le operazioni cubane approvati dal presidente Eisenhower sono molto inferiori alle loro richieste. Lo informa che Raul Castro sta finanziando la propaganda castrista a Miami con lo spaccio di eroina. Lo informa che è già stato occupato un covo-centro di spaccio. Lo informa che la banda comprende due dipendenti della Tiger Kab: César Salcido e Rolando Cruz. Lui incarica Pete di ottenere un contratto di gestione per la stazione dei taxi. Prevede che Jimmy Hoffa chiederà in cambio
vendetta contro i pistoleri castristi. E sa che Pete porterà a termine la missione con grande abilità. Esce a cena con John Stanton. Discutono a lungo del suo rapporto. I comunisti spacciatori di eroina sono una brutta gatta da pelare, dice John. Ike ci concederà altro denaro più avanti, ma a noi serve subito. Sono in arrivo altre navi cariche di profughi. La Florida verrà invasa da orde di fanatici anticastristi. Le teste calde idealiste si uniranno alla Causa e pretenderanno che si entri in azione. Potrebbe scatenarsi una guerra di faide. Il campo di addestramento di Blessington non ha ancora iniziato le attività, e il gruppo scelto non è ancora stato messo alla prova. La cricca dell‟eroina potrebbe usurpare il nostro vantaggio strategico e la nostra egemonia finanziaria. Hai ragione, risponde Kemper. I comunisti spacciatori di eroina sono una brutta gatta da pelare. Non si può competere con gente disposta a tanto. Lo fa dire a Stanton: a patto che non si oltrepassino i loro limiti. Le parole diventano ambigue. Astrazioni che passano per fatti. Un linguaggio pieno di eufemismi.
“Autofinanziati“, ”autonomi“, ”compartimentazione“. ”Informazioni necessarie“. ”Utilizzazione specifica di risorse appartenenti all‟Agenzia.“ “Cooptazione di fonti farmacologiche approvate dall‟Agenzia con pagamenti in contanti.“ “Senza divulgare la destinazione della merce.” Formalizzano l‟accordo con ellissi retoriche. Lui lascia credere a Stanton di aver ideato gran parte del piano. Kemper sfogliò il giornale. Notò un titolo a pagina quattro: “Agghiacciante ritrovamento sulla Causeway”. Una Chevy in fiamme fa crollare un vecchio pontile. Rolando Cruz e César Salcido sono a bordo dell‟auto. “Le autorità credono che l‟uccisione di Cruz e Salcido possa essere collegata alla strage di ieri notte a Coral Gables, nella quale sono morti altri quattro cubani.“ Kemper tornò alla prima pagina. Un paragrafo lo colpì in modo particolare. “Sebbene si dica che le vittime fossero trafficanti di eroina, nessuna traccia di droga è stata rinvenuta sul luogo della strage.“ Fa‟ in fretta, Pete. E mostrati intelligente e lungimirante come credo tu sia. Pete lo raggiunse poco dopo, reggendo un grosso sacchetto di carta. Non guardò le donne in piscina, né si avvicinò con la consueta tracotanza. Kemper scostò una sedia. Pete vide il giornale sul tavolino,
piegato a evidenziare il titolo in prima pagina. — Tu? — chiese Kemper. Pete posò il sacchetto sul tavolo. — Io e Fulo. — Tutti e due i lavoretti? — Esatto. — Cosa c‟è nel sacchetto? — Sei chili e mezzo di eroina e un anello di diamanti. Kemper pescò l‟anello. Le pietre e la montatura d‟oro erano magnifiche. Pete si versò una tazza di caffè. — Tienilo pure. Per consacrare il mio matrimonio con l‟Agenzia. — Grazie. Potrei usarlo anch‟io per una proposta di matrimonio. — Spero che dica di sì. — Hoffa l‟ha detto? — Già. Ha posto una condizione, che ho soddisfatto, come immagino saprai. Kemper toccò il sacchetto. — Avresti potuto tenertela. Non avrei fatto obiezioni. — Voglio stare alle regole. Al momento mi diverto troppo per rovinare il tuo gioco. — Che sarebbe? — Compartimentazione. Kemper sorrise. — È la definizione più ricercata che ti
abbia mai sentito usare. — Leggo molto per imparare l‟inglese. Avrò divorato il dizionario Webster almeno una decina di volte. — Sei un immigrante di successo. — Vaffanculo. Ma prima di andarci, spiegami i miei compiti di agente CIA. Kemper fece ruotare l‟anello con un dito. La luce del sole scintillò sui diamanti. — Sulla carta dirigerai il campo di Blessington. Stanno costruendo alcuni edifici addizionali e una pista di atterraggio, e tu seguirai i lavori. Il tuo compito è addestrare rifugiati cubani per missioni anfibie di sabotaggio sul territorio cubano e trovar loro impieghi negli altri campi, alla stazione dei taxi o in generale nell‟area di Miami. — Suona fin troppo legale. L‟acqua della piscina sciabordava ai loro piedi. La sua suite era di dimensioni quasi kennediane. — Boyd… — Eisenhower ha tacitamente affidato all‟Agenzia l‟incarico di sovvertire Castro. L‟Organizzazione rivuole indietro i suoi casinò. Nessuno desidera una dittatura comunista a 150 chilometri dalla costa della Florida. — Dimmi qualcosa che non so. — Gli stanziamenti di Ike sono un po‟ deludenti. — Dimmi qualcosa di interessante.
Kemper affondò un dito nel sacchetto. Ne uscì una sottile nuvoletta di polvere bianca. — Ho un piano per rifinanziare le nostre attività per la Causa. È implicitamente approvato dalla CIA. Credo che possa funzionare. — Sto iniziando a capire, ma voglio sentirtelo dire. Kemper abbassò la voce. — Ci mettiamo d‟accordo con Santos Trafficante. Utilizziamo i suoi contatti nel mondo della droga e i miei uomini scelti come spacciatori, e vendiamo questa roba, la roba di Santos e tutta quella su cui riusciamo a mettere le mani a Miami. L‟Agenzia è in contatto con una piantagione di papaveri in Messico: potremo acquistare roba fresca e farcela consegnare da Chuck Rogers. Finanziamo la Causa con il grosso del ricavato, versiamo una percentuale a Trafficante e facciamo penetrare parte della roba a Cuba con i nostri uomini di Blessington. La distribuiranno ai nostri contatti sull‟isola, che la venderanno e useranno il ricavato per l‟acquisto di armi. Il tuo compito specifico è dirigere il mio gruppo scelto, sincerarti che spaccino soltanto ai neri, che non usino la droga e che limitino al minimo le loro creste. — Qual è la nostra percentuale? — chiese Pete. Reazione totalmente prevedibile. — Nessuna. Se Trafficante approva il mio piano, otterremo qualcosa di ancora più dolce.
— Di cui al momento non mi vuoi parlare. — Vedrò Trafficante a Tampa oggi pomeriggio. Ti farò sapere la sua risposta. — E nel frattempo? — Se Trafficante dice di sì, partiremo nel giro di una settimana o giù di lì. Nel frattempo, raggiungi Blessington e controlla come vanno le cose, conosci i membri del gruppo scelto e avverti Hughes che ti prendi qualche giorno di vacanza in più. Pete sorrise. — S‟incazzerà. — È un inconveniente a cui sai come ovviare. — Se lavorerò a Miami, chi dirigerà il campo? Kemper estrasse di tasca la rubrica. — Va‟ a trovare Guy Banister a New Orleans. Digli che abbiamo bisogno di un bianco con le palle che si occupi del campo, un bifolco che sia in grado di tenere a bada i suoi simili della zona. Guy conosce ogni fanatico di destra della Costa del Golfo. Digli che abbiamo bisogno di un personaggio non troppo fuori di testa, e disposto a trasferirsi nella Florida del Sud. Pete trascrisse il numero di Banister su un tovagliolo di carta. — Sei davvero convinto che funzionerà? — Ne sono certo. Prega soltanto che Castro non decida di appoggiare gli Stati Uniti.
— Belle parole, dette da un uomo del clan Kennedy. — Jack apprezzerebbe l‟ironia. Pete si fece schioccare le nocche. — Jimmy crede che tu dovresti dire a Jack di tenere Bobby al guinzaglio. — Mai. Voglio vedere Jack alla Casa Bianca, e non intercederò con i Kennedy per aiutare Hoffa. Compar… —… timentazione, lo so. Kemper sollevò l‟anello. — Stanton vuole che lo aiuti a influenzare la politica cubana di Jack. I problemi con Cuba devono proseguire, Pete. Si spera fino a un‟amministrazione Kennedy. Pete fece schioccare i pollici. — Jack ha dei bei capelli, ma non lo vedo come presidente degli Stati Uniti. — Le doti individuali non contano. Tutto quello che ha fatto Ike è stato invadere l‟Europa e somigliare a suo zio. Pete si stirò. Il lembo della camicia scivolò verso l‟alto rivelando due rivoltelle. — Qualsiasi cosa succeda, ci sto. È un‟occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. La sua auto a noleggio era dotata di un piccolo Gesù Cristo da cruscotto. Kemper gli fece scivolare l‟anello attorno al collo. Il condizionatore esalò l‟ultimo respiro alle porte di Miami.
Un concerto alla radio lo distrasse dal caldo. Un virtuoso eseguiva Chopin. Kemper si riproiettò la scena del Pavillon. Jack aveva fatto da paciere, appianando i contrasti. Il vecchio Joe, in un primo tempo immobilizzato dallo shock, aveva finito per sciogliersi. Lui e Laura erano rimasti per un tesissimo drink. Bobby aveva tenuto il broncio. Ava Gardner era sconcertata. Non aveva idea di cosa fosse accaduto. Il giorno dopo, Joe gli aveva fatto avere una lettera. La frase finale: “Laura si merita un uomo con le palle”. Quella notte Laura gli aveva detto “ti amo”. Lui aveva deciso di chiedere la sua mano a Natale. Ora se la poteva permettere. Aveva tre stipendi e due suite d‟albergo a tempo pieno. Aveva un conto in banca a sei cifre. E se Trafficante avesse accettato… Trafficante capiva i concetti astratti. I termini “autofinanziati”, “autonomi”, “compartimentazione” lo fecero sorridere. “Fonti farmacologiche approvate dall‟agenzia” provocò un‟esplosione di ilarità. Indossava un completo di seta a pallini. Il suo ufficio era
modernamente arredato in legno chiaro danese. Fu entusiasta del piano di Kemper. Ne afferrò immediatamente l‟importanza politica. L‟incontro andò per le lunghe. Un leccapiedi servì pasticcini e anisetta. La conversazione prese pieghe inaspettate. Trafficante criticò il mito di Big Pete Bondurant. Non parve notare il sacchetto di carta ai piedi di Kemper. Il leccapiedi servì espresso e Curvoisier riserva speciale. Kemper sottolineò il momento con un cenno di inchino. — Questa è eroina di Raul Castro, signor Trafficante. Pete e io vogliamo offrirla a lei come simbolo della nostra buona fede. Trafficante prese il sacchetto. Sorrise sentendone il peso e lo tastò ripetutamente. Kemper fece roteare il bicchiere di brandy. — Se Castro verrà eliminato come risultato diretto o indiretto dei nostri sforzi, io e Pete ci assicureremo che il suo contributo venga riconosciuto. Cosa più importante, cercheremo di convincere il suo successore al governo di Cuba di restituire a lei, al signor Giancana, al signor Marcello e al signor Rosselli il pieno controllo dei vostri casinò e di autorizzare la costruzione di nuove case da gioco.
— E nel caso rifiuti? — Lo uccideremo. — E quanto chiedete per il vostro duro lavoro? — Se Cuba verrà liberata, vorremmo dividere il 5 per cento dei profitti del Capri e del Nacional, su basi permanenti. — E se Cuba resta comunista? — In quel caso non prendiamo niente. Trafficante fece un leggero inchino. — Ne parlerò con i ragazzi. Naturalmente, il mio voto è “sì”.
Capitolo 32 (Chicago, 4.9.59) Littell fu disturbato da una scarica statica. I collegamenti da una casa all‟auto erano sempre problematici. Il segnale giungeva da una cinquantina di metri di distanza. Sid Kabikoff aveva un microfono assicurato al petto con del cerotto adesivo. Mad Sal aveva organizzato l‟incontro. Sam G. aveva insistito: ci si vede da me, prendere o lasciare. Butch Montrose era andato incontro a Sid sugli scalini e l‟aveva condotto nell‟appartamento in fondo a sinistra. L‟auto era un forno. Littell teneva i finestrini chiusi per escludere i rumori dell‟esterno. Kabikoff: — Un gran bel posticino, Sam. Davvero, che delizioso pied-à-terre. Littell udì un rumore gracchiante. Immaginò la scena. Sid sta armeggiando con il cerotto. Si sta strofinando i lividi che gli ho fatto giù in Texas. La voce di Giancana gli giungeva confusa. Littell credette di udire il nome di Mad Sal.
Quel mattino aveva cercato di rintracciarlo. Aveva coperto il suo percorso abituale nel quartiere, ma non l‟aveva trovato. Montrose: — Sappiamo che ai vecchi tempi conoscevi Jules Shiffrin. Sappiamo che frequenti qualcuno dei ragazzi. È come se fossi raccomandato fin dall‟inizio. Kabikoff: — È il giro. Se sei nel giro, sei nel giro. Le auto gli sfrecciavano accanto. I finestrini tremavano a pochi centimetri dall‟impianto. Kabikoff: — Chiunque nel giro sa che sono il miglior produttore di porno dell‟emisfero occidentale. Tutti sanno che Sid lo Yid ha sempre le passere più belle e i fanciulli con i batacchi più lunghi. Giancana: — È stato Sal a dirti di chiedere un prestito al Fondo pensioni? Kabikoff: — Sì. Montrose: — Sal ha per caso problemi di soldi, Sid? I suoni del traffico coprirono il segnale. Littell calcolò sei secondi netti. Montrose: — Lo so che Sal fa parte del giro, e so anche che chi è nel giro è nel giro, ma sto dicendo che lo scorso gennaio qualcuno ha saccheggiato il mio piccolo nido d‟amore, rubandomi quattordici bigliettoni da mille dalla sacca da golf. Giancana: — E in aprile a due amici nostri sono stati fregati 80.000 dollari che avevano nascosto in un armadietto.
E, caso strano, subito dopo i due colpi Sal si è messo a spendere e spandere. Butch e io abbiamo capito tutto, anche se non abbiamo prove. Littell si sentì mancare. Il cuore prese a pulsargli all‟impazzata. Kabikoff: — No. Sal non farebbe mai una cosa del genere. No, non farebbe… Montrose: — Il giro è il giro e il Fondo è il Fondo, ma non sono necessariamente la stessa cosa. Jules Shiffrin si occupa del Fondo, ma questo non significa che si debba fare in quattro per concederti un prestito soltanto perché ai bei tempi andati avete fatto lingua in bocca. Giancana: — Pensiamo che qualcuno voglia incastrare Jimmy Hoffa e il Fondo attraverso una finta richiesta di finanziamento. Ne abbiamo parlato con Sal, ma lui non ci ha detto niente. Littell respirò profondamente. Chiazze colorate gli annebbiarono la vista. Montrose: — Allora, ti ha avvicinato qualcuno? I federali, forse, o lo sceriffo della contea di Cook? Una serie di profonde pulsazioni risuonarono nel microfono. Doveva essere il battito cardiaco di Sid. Vi si sovrappose
uno sfrigolio sinistro: il sudore di Sid stava occludendo i contatti. Il collegamento gracchiò e si interruppe. Littell ruotò la manopola del volume e non ottenne che un vuoto invaso dalla statica. Abbassò i finestrini e conteggiò quarantasei secondi. L‟aria fresca gli schiarì le idee. Non mi può tradire. In entrambi i nostri incontri portavo il passamontagna. Kabikoff comparve barcollando sul marciapiede. Un groviglio di fili gli spuntava dal lembo posteriore della camicia, salì a bordo della sua auto e passò senza badare al semaforo rosso. Littell ruotò la chiavetta dell‟accensione. l‟auto non partì: il collegamento audio aveva scaricato la batteria. Sapeva cosa avrebbe trovato a casa di Sal. Quattro rye e birra lo aiutarono a penetrarvi e controllare di persona. Avevano torturato Sal in cantina. L‟avevano spogliato e legato a una tubatura che correva lungo il soffitto. L‟avevano bagnato e gli avevano applicato i cavetti elettrici. Sal non aveva parlato. Giancana non aveva nominato alcun Littell. Sid il Grasso non sapeva il suo nome né conosceva il suo aspetto. Forse l‟avrebbero lasciato tornare in Texas. O forse
l‟avrebbero ammazzato. Avevano lasciato un cavetto attaccato alla lingua di Sal. Le scariche elettriche gli avevano ridotto il volto a una poltiglia nera e lucida. Littell chiamò l‟albergo di Sid il Grasso. Il centralinista lo informò che il signor Kabikoff era in camera: proprio un‟ora fa ha ricevuto due visitatori. — Non me lo passi — disse Littell. Si fermò per scolarsi altri due rye e birra e andò di persona. Avevano lasciato la porta aperta. Avevano lasciato Sid in una vasca da bagno traboccante d‟acqua. Gli avevano gettato dentro un televisore acceso. L‟acqua stava ancora ribollendo. La scarica elettrica aveva reso Kabikoff totalmente calvo. Littell cercò di piangere. Ma il rye e la birra l‟avevano anestetizzato. Kemper Boyd diceva sempre: MAI GUARDARSI INDIETRO.
Capitolo 33 (New Orleans, 20.9.59) Banister gli aveva fornito dossier e pedigree. Pete aveva individuato tre candidati. La sua camera d‟albergo era inondata di documenti. Era un‟alluvione di fedine penali e rapporti federali: l‟estrema destra sudista catturata sulla carta. Individuò pagliacci del Ku Klux Klan e neonazisti. Scoprì l‟esistenza del Partito dei diritti degli Stati nazionali. Si meravigliò della quantità di teste a punta sui libri paga dell‟FBI: metà del Klan era mantenuto dai federali. Informatori federali che se ne andavano in giro a castrare e linciare. E l‟unica vera preoccupazione di Hoover erano le minuzie, come la possibilità che il Klan fosse colpevole di frode postale. Un ventilatore scompigliava i fogli dei dossier. Disteso sul letto, Pete soffiava anelli di fumo. Memorandum per Kemper Boyd: L‟Agenzia avrebbe dovuto finanziare una Kaverna del Ku Klux Klan a Blessington. Il campo era circondato da bifolchi poverissimi e
razzisti. Il baccano fatto dal Klan avrebbe contribuito a distrarli. Pete sfogliò le fedine penali. Il suo istinto non l‟aveva tradito: i tre prescelti erano i meno scatenati di tutto il branco. I selezionati: Reverendo Wilton Tompkins Evans, ex finto messia radiofonico. Pastore della Crociata anticomunista dell‟etere, una tirata settimanale trasmessa in onde corte. Ottima conoscenza dello spagnolo; ex paracadutista; tre condanne per violenza carnale. Il giudizio di Banister: “Capace e duro, ma forse troppo antipapista per poter lavorare con i cubani. Sarebbe uno splendido addestratore e sono sicuro che sarebbe disposto a trasferirsi ovunque purché gli si consenta di trasmettere il suo programma radio. Amico intimo di Chuck Rogers“. Douglas Frank Lockhart, informatore dell‟FBI, uomo del Klan. Ex sergente carrista; ex poliziotto a Dallas; ex trafficante d‟armi per il dittatore Rafael Trujillo. Il giudizio di Banister: “Forse il più prezioso informatore di tutto il Sud, è d‟altra parte un fedelissimo del Klan. Forte e coraggioso, ma anche facilmente circuibile e alquanto volubile. Non sembra aver nulla contro i latinoamericani, specialmente se anticomunisti“. Henry Davis Hudspeth, il fornitore numero 1 di propaganda estremista di tutto il Sud. Ottima conoscenza dello spagnolo; esperto di jujitsu. Asso dell‟aviazione nella Seconda
guerra mondiale, con tredici abbattimenti sul Pacifico nel suo carnet. Il giudizio di Banister: “Hank mi piace, ma può essere testardo e sconvenientemente offensivo. Al momento lavora per me come collegamento fra il mio campo nei pressi del lago Pontchartrain e la vicina Kaverna del Klan diretta da Dougie Frank Lockhart. (I terreni su cui entrambi sono dislocati sono di mia proprietà.) Hank è un brav‟uomo, ma forse non è adatto alla posizione di vicedirettore“. Tutti e tre i candidati si trovavano nei paraggi. Tutti e tre quella sera avevano programmi festaioli: il Klan avrebbe bruciato una croce nei pressi del campo di Guy. Pete cercò di farsi un sonnellino preincendio. Era in deficit di sonno: le sue ultime tre settimane erano state febbrili, massacranti. Boyd si era procurato della morfina dalla piantagione messicana. Lui era volato a Los Angeles e l‟aveva regalata a Hughes. Hughes aveva apprezzato il pensiero. Hughes aveva detto: torna a Miami con i miei migliori auguri. Non gli aveva detto di essere diventato un crociato anticomunista. Con il 5 per cento di due casinò fino alla fine dei suoi
giorni… sempre che Cuba fosse passata dal rosso al rosso, bianco e blu. Boyd aveva fatto centro con Trafficante. Giancana, Marcello e Rosselli avevano accettato. Il calcolo di Boyd: almeno 15 milioni di dollari annui a testa. Aveva ordinato a Lenny di riempire le pagine di Hush-Hush di propaganda anticastrista. Gli aveva detto di mollare le stronzate sessuali per cui sbavavano Hughes e Hoover. Gli aveva suggerito di inventare qualcosa ogni tanto per farli felici. Los Angeles era una prigione. La Florida era una vacanza. Era tornato come un razzo a Miami. Boyd si era accaparrato la fornitura della piantagione messicana per la sua squadra scelta. Chuck aveva caricato sul suo aereo sette chili di roba, si era occupato di farli tagliare e li aveva resi sei volte più pesanti. Trafficante aveva coperto di regali i membri della squadra scelta. Aveva fornito fucili a canne mozze e Magnum, giubbotti antiproiettile e auto nuove di zecca. Fulo aveva scelto una Eldo del „59, Chuck una deliziosa Ford Vicky. Delsol, Obregon, Paez e Gutiérrez erano tutti uomini da Chevy. I cubani non si smentivano mai: avevano subito trasformato le loro carrette nelle più classiche tacomobili.
Pete li aveva conosciuti. Gutiérrez era fidato e silenzioso. Delsol furbo e calcolatore. Su suo cugino Obregon nutriva qualche dubbio: Boyd iniziava a pensare che non avesse i coglioni. Santos Junior aveva ristrutturato la sua rete di spaccio su Miami. La squadra scelta si occupava esclusivamente dei negri. Boyd aveva ordinato una distribuzione gratuita per tutti i tossici del luogo. La squadra aveva elargito montagne di roba senza chiedere un centesimo. Chuck aveva ribattezzato il ghetto Settimo Cielo. Dal filantropismo erano passati agli affari. Perlustravano il ghetto in auto e vendevano la roba a equipaggi di due, con i fucili a canne mozze in piena vista. Un tossico aveva cercato di derubare Ramon Gutiérrez. Teo Paez l‟aveva steso con una scarica di pallettoni intinti nel veleno per topi. Santos Junior sembrava soddisfatto. Santos aveva stabilito il Primo comandamento della squadra: non assaggiare la mercanzia. Pete aveva stabilito il Secondo: se scopro che vi fate di ero, vi ammazzo. Miami era il Paradiso del Crimine. Blessington era le Porte del Cielo. Il campo si stendeva per quattordici acri e comprendeva
due baracche per gli alloggi, un deposito per le armi, un centro operativo, un campo di addestramento e una pista di atterraggio. Il pontile e la rampa per i motoscafi erano ancora in costruzione. I reclutatori della squadra scelta avevano prematuramente rifiutato alcuni candidati locali. I bifolchi del paese si erano offesi per l‟invasione di latinoamericani. Pete aveva assunto membri disoccupati del Klan per la costruzione del pontile. La mossa aveva procurato una pace provvisoria: i Klavernicoli e gli esuli sgobbavano insieme. Gli occupanti del campo erano già quattordici. Altri esuli fuggivano quotidianamente da Cuba. Era prevista la costruzione di altri campi CIA: l‟obiettivo era una quarantina entro la metà del „60. Castro sarebbe sopravvissuto… abbastanza per arricchire lui e Boyd. Il crocifisso bruciava alla grande. Pete ne distinse il bagliore a quasi un chilometro di distanza. Una strada sterrata si allontanava dalla statale. Alcuni cartelli indicavano la via: “Negro, sta‟ alla larga!“. ”KKK: bianchi uniti!“. Gli insetti penetravano nell‟abitacolo attraverso i bocchettoni. Pete li scacciava a manate. Scorse una barriera di filo
spinato e un gruppo di manifestanti del Klan. Indossavano vesti bianche e cappucci con cordoncini viola. Notare i loro kompagni kanini: Doberman drappeggiati di lenzuoli bianchi. Pete mostrò il lasciapassare fornitogli da Banister. Le teste a punta lo squadrarono e lo fecero entrare. Parcheggiò accanto ad alcuni camion e proseguì a piedi. Il crocifisso illuminava una radura isolata nel mezzo di un bosco di pini. Su un lato si aggiravano gruppi di cubani. Sull‟altro si divertivano i bianchi. Una schiera di roulotte coperte di insegne divideva le due zone. Alla sua sinistra: dolcetti del Klan, poligono di tiro del Klan, piazzisti di cianfrusaglie del Klan. Alla sua destra: una replica del campo di Blessington. Pete si avventurò nella zona dei bifolchi. Le teste a punta si voltavano perplesse verso di lui: ehi, amico, ma dove hai lasciato il lenzuolo? Gli insetti ronzavano attorno al crocifisso. Gli spari dei fucili si accavallavano ai colpi secchi dei bersagli colpiti. L‟umidità era vicina al 100 per cento. Bracciali nazisti in vendita a 2 dollari e 99. Bamboline vudù di rabbini, occasione, tre per 5 dollari! Pete sfilò accanto alle roulotte. Vide un doppio cartello
appoggiato a una vecchia Airstream: “WKKK: la Crociata anticomunista del reverendo Evans“. Fissato all‟assale vi era un altoparlante. Sputacchiava suoni: pure puttanate da pazzoidi. Pete sbirciò dalla finestra. Vide una ventina di gatti intenti a pisciare, cagare e montarsi. Uno spilungone stava sbraitando in un microfono. Un gatto giocava con i cavi della radio, rischiando di farsi friggere all‟istante. Pete eliminò un candidato e proseguì. Tutti i bianchi portavano cappucci: gli era impossibile identificare Hudspeth o Lockhart. — Bondurant! Quaggiù! Era la voce di Guy Banister, e tuonava da sottoterra. Un portello spuntò dalla polvere. Una specie di periscopio fece capolino e si produsse in una piccola danza. Guy si era costruito un cazzo di rifugio antiatomico. Pete si lasciò scivolare all‟interno. Banister chiuse subito il portello. Era un locale quadrato di tre metri e mezzo per tre metri e mezzo. Le pareti erano tappezzate di paginoni centrali di Playboy. Guy aveva fatto scorta di scatolette di maiale, fagioli Van Camp e bottiglie di bourbon. Banister recuperò il telescopio. — Avevi un‟aria così
sperduta, solo e senza lenzuolo. Pete si stirò. La testa sfiorava il soffitto. — Carino, Guy. — Immaginavo che ti sarebbe piaciuto. — Chi lo paga? — Tutti. — In che senso? — Nel senso che la terra è mia, mentre la CIA si è occupata delle strutture. Carlos Marcello ha fatto una donazione di 300.000 cocuzze per le armi, e Sam Giancana ci ha messo del suo per corrompere la polizia di Stato. I membri del Klan pagano per avere la possibilità di vendere la loro mercanzia, e gli esuli lavorano quattro ore al giorno per un‟impresa di costruzioni stradali e versano alla Causa metà dei loro stipendi. Un condizionatore ronzava al massimo. Il rifugio era freddo come uno stramaledetto igloo. Pete rabbrividì. — Hai detto che Hudspeth e Lockhart sarebbero stati qui. — Hudspeth è stato arrestato stamattina per furto d‟auto aggravato. È il suo terzo reato, e così niente cauzione. Ma c‟è Evans. Non è un cattivo cristo, se non si sfiora l‟argomento religioso.
— Ha l‟aria dello psicopatico — replicò Pete. — E io e Boyd non vogliamo psicopatici ai nostri ordini. — Ma siete disposti ad assumere psicopatici più presentabili. — Pensala come vuoi. Ma se la scelta è ristretta a Lockhart, voglio che mi sia concesso qualche minuto da solo con lui. — Perché? — Chiunque se ne vada in giro coperto da un lenzuolo deve riuscire a convincermi di capire il concetto di compartimentazione. Banister scoppiò a ridere. — È un parolone per uno come te, Pete. — Me lo sento dire di continuo. — Perché ora che sei dell‟Agenzia, hai a che fare con individui di qualità superiore. — Come Evans? — Touché. Ma così, su due piedi, direi che Evans offre credenziali anticomuniste più forti delle tue. — Il comunismo fa male agli affari. Non facciamo finta che la questione sia più profonda. Banister inserì i pollici sotto la cintura. — Se credi che affermazioni del genere ti diano un‟aria cinica e vissuta, ti sbagli di grosso.
— Davvero? Banister sorrise, soddisfatto di sé. — Accettare il comunismo significa promuoverlo. La tua vecchia nemesi, Ward Littell, è uno che accetta il comunismo, e un amico di Chicago mi ha confidato che Hoover sta raccogliendo su di lui informazioni che lo dipingono come un sinistrofilo, basandosi più su ciò che non fa che su ciò che fa. Vedi dove ti porta l‟accettazione e il cinismo, alla resa dei conti? Pete fece schioccare le nocche. — Vai a prendere Lockhart. Sai che cosa vuole Boyd, dunque spiegaglielo. E da questo momento in poi, lascia perdere le prediche. Banister si ritrasse. Banister fece per aprire bocca. — Buh! — fece Pete. Banister si precipitò fuori dal portello, rapido come un fulmine. Il silenzio e l‟aria fredda erano piacevoli. Il cibo in scatola e il liquore avevano un aspetto invitante. La carta da parati era altrettanto deliziosa, specialmente Miss Luglio. Diciamo che i russi lanciano l‟atomica. Diciamo che tu ti rifugi quaggiù. Il delirio dell‟isolamento potrebbe arrivare a convincerti che le donnine sono vere. Lockhart scese dal portello. Indossava un lenzuolo macchiato di fango, raccolto in vita da un cinturone con due
rivoltelle. Aveva capelli rossi e lentiggini. E un accento strascicato da profondo Mississippi. — I soldi mi piacciono, e trasferirmi in Florida mi va bene. Ma il divieto di linciaggio deve sparire. Pete gli mollò un manrovescio. Dougie Frank rimase in piedi: 10 e lode in equilibrio. — Amico, ho ucciso energumeni bianchi per molto meno di quello che hai appena fatto! Spavalderia da bullo: 6 meno meno. Pete lo schiaffeggiò di nuovo. Lockhart estrasse il cannone destro… ma senza puntarlo. Coraggio: 10 e lode. Cautela: 7 meno. Lockhart si pulì il mento dal sangue. — I cubani mi piacciono. Potrei rivedere la mia politica di esclusione razziale e accettarvi nella mia Kaverna. Senso dell‟umorismo: 10 e lode. Lockhart sputò un dente. — Ma mi dica qualcosa anche lei. Mi faccia sapere che sono qualcosa di più di un sacco da pugile. Pete ammiccò. — Il signor Boyd e io potremmo inserirla in un programma speciale. E l‟Agenzia potrebbe garantirle il suo Ku Klux Klan privato. Lockhart si produsse in un passo di danza alla Stepin
Fetchit. — Grazie, padrone! Se appoggiasse il Klan come un vero bianco, le bacerei l‟orlo del lenzuolo! Pete gli sferrò un calcio nei coglioni. Lockhart crollò a terra, ma senza un gemito né un mugolio. Armò il cane della rivoltella, ma non sparò. Il candidato aveva superato l‟esame.
Capitolo 34 (New York, 29.9.59) Il taxi procedeva a passo d‟uomo. Kemper esaminava documenti e li sistemava via via nella ventiquattr‟ore. Un grafico riportava l‟elenco degli Stati in cui si sarebbero tenute le primarie, diviso per contee. Sulle colonne trasversali aveva segnato i nomi dei suoi contatti nelle forze dell‟ordine. Segnò i presunti democratici. Cancellò i presunti fanatici repubblicani. Era un lavoro noioso. Joe avrebbe fatto meglio a comprare a Jack la Casa Bianca. Il traffico procedeva a fatica. Il taxista pigiava sul clacson. Kemper intraprese una partita di Avvocato del Diavolo: un supplemento di analisi non avrebbe nuociuto. Bobby si era mostrato sospettoso sui suoi frequenti soggiorni in Florida. La sua risposta aveva sfiorato l‟indignazione. — Sono incaricato di distribuire le prove raccolte dalla Commissione McClellan o no? Bene, il caso Sun Valley non mi è andato giù, e la Florida è uno Stato di cui Jack avrà bisogno
alle elezioni di novembre. Sto parlando con membri delusi dei Teamster. Il taxi stava attraversando i bassifondi. Ward Littell si insinuò nei suoi pensieri. Da un mese non si parlavano né si scrivevano. L‟omicidio D‟Onofrio aveva fatto scatenare la stampa per qualche giorno, ma era rimasto insoluto. Ward non aveva telefonato o scritto per commentare. Avrebbe dovuto rintracciarlo. Avrebbe dovuto scoprire se la morte di Mad Sal era dovuta al suo lavoro come informatore di Ward. Il taxi si fermò davanti al St. Regis. Kemper pagò e si avvicinò a passi rapidi alla portineria. Un portiere gli si avvicinò. — Chiamerebbe la mia suite e chiederebbe alla signora Hughes di scendere? — disse Kemper. Il portiere inforcò una cuffia e premette un pulsante sulla consolle. Kemper controllò l‟orologio: erano molto in ritardo per la cena. — È al telefono, signor Boyd. Kemper sorrise. — Probabile che stia parlando con mia figlia. Chiacchierano per ore senza curarsi delle tariffe alberghiere. — A dire il vero si tratta di un uomo.
Kemper si sorprese a irrigidirsi. — Le spiacerebbe darmi la sua cuffia? — Be‟… Kemper gli allungò dieci dollari. — Be‟… Kemper salì a cinquanta. Il portiere li intascò e gli porse i suoi auricolari. Kemper se li fece scivolare sulle orecchie. Lenny Sands parlava in toni acuti e agonizzanti. —… Per quanto fosse terribile, ora è morto, e lavorava per l‟ubriacone, proprio come me. C‟è l‟ubriacone e c‟è il bruto, che adesso mi costringe a scrivere questi assurdi articoli su Cuba. Non posso fare nomi, ma Laura, Dio mio… — Stai parlando del mio compagno, Kemper Boyd? — Non è di lui che ho paura. Sono il bruto e l‟ubriacone. L‟ubriacone è imprevedibile, e non si fa sentire dalla morte di Sal, il che mi sta facendo uscire pazzo… Disturbi al processo di compartimentazione. Era necessario reprimerli.
Capitolo 35 (Chicago, 1.10.59) Le onde spingevano a riva i rifiuti. Bicchieri di carta e programmi di crociera gli si sbriciolavano fra i piedi. Littell se ne liberò con un calcio. Superò il punto in cui aveva scaricato la refurtiva della rapina allo scopatoio di Montrose. Rifiuti allora, rifiuti ora. Aveva tre morti per cui accendere candele. Jack Ruby sembrava al sicuro: chiamava il Carousel Club una volta la settimana soltanto per sentirne la voce. Sal aveva resistito alla tortura. Sal non aveva nominato né “Littell” né “Ruby”. Kabikoff l‟aveva conosciuto soltanto come uno sbirro mascherato. “Mad Sal” e “Sid lo Yid”: soprannomi che un tempo lo divertivano. A quanto si diceva, Bobby Kennedy adorava i nomignoli mafiosi. Aveva interrotto i rapporti del Fantasma. Aveva interrotto i pedinamenti dei rossi. Aveva detto a Leahy che Dio e Gesù
Cristo erano di sinistra. Vedeva Helen soltanto una notte la settimana. Non chiamava più Lenny Sands. Aveva due compagni fidati: l‟Old Overholt e la Pabst Blue Ribbon. Una rivista inzuppata d‟acqua giunse a riva. Littell scorse una fotografia di Jack e Jackie Kennedy. Kemper diceva che il senatore aveva sangue di segugio nelle vene. E che Bobby considerava sacro il vincolo matrimoniale. Sid il Grasso aveva detto che il vecchio Joe conosceva Jules Shiffrin. Shiffrin era l‟amministratore dei veri registri del Fondo pensioni: era una consapevolezza che l‟alcol non poteva obnubilare. Littell si diresse verso Lake Shore Drive. I piedi gli dolevano, i risvolti dei pantaloni spargevano sabbia. Era sceso il crepuscolo. Camminava da ore verso sud. La sua bussola interna entrò in azione. Si rese conto di trovarsi a tre isolati di distanza da una destinazione concreta. Vi si diresse e bussò alla porta di Lenny Sands. Lenny l‟aprì e rimase immobile a guardarlo. — È finita — disse Littell. — Non ti chiederò più niente. Lenny fece un passo avanti. Un fiume di insulti gli straripò di bocca. Littell udì “stupido”, “indegno” e “codardo”. Fissò Lenny
negli occhi e non si scostò mentre l‟altro ruggiva fino a restare senza fiato.
Capitolo 36 (Chicago, 2.10.59) Kemper fece scattare la serratura con la sua carta Diners. Lenny non aveva ancora imparato che erano necessari i chiavistelli rinforzati per tenere a distanza gli sbirri corrotti. Littell non aveva ancora imparato che UN INFORMATORE NON VA MAI IN PENSIONE. Kemper aveva seguito la scena dalla strada. Aveva visto Ward subire passivo gli insulti come un vero flagellante. Kemper chiuse la porta e si fermò al buio. Lenny era uscito da dieci minuti per fare la spesa: avrebbe dovuto essere di ritorno nel giro di mezz‟ora. Laura aveva imparato a non fare domande imbarazzanti. Non aveva mai accennato alla telefonata. Kemper udì dei passi e il suono metallico di una chiave. Si avvicinò all‟interruttore della luce e avvitò il silenziatore alla pistola. Lenny fece il suo ingresso. — Non è finita — disse Kemper.
Lenny lasciò cadere il sacchetto della spesa. Rumore di vetri rotti. — Non parlerai mai più con Laura o con Littell. Continuerai a scrivere su Hush-Hush per Pete. Scoprirai tutto ciò che potrai sui registri del Fondo pensioni e farai rapporto esclusivamente a me. — No — disse Lenny. Kemper accese la luce. Il salotto si illuminò: stipato di antichità e très, très decadente. Lenny batté le palpebre. Kemper fece saltare le gambe di una dispensa. Il crollo mandò in mille pezzi porcellane e cristalli. Sparò a una libreria. Ridusse un divano Luigi XIV a un ammasso di gommapiuma e schegge di legno. Crivellò di colpi un guardaroba Chippendale dipinto a mano. Si alzò un turbine di fumo e segatura. Kemper estrasse un caricatore pieno. — Sì — disse Lenny.
Documento: 5.10.59. Articolo pubblicato da Hush-Hush. Scritto da Lenny Sands sotto lo pseudonimo L‟Impareggiabile sapientone politico. CASTRO IL CANCEROSO CALCIFICA COMUNISTICAMENTE CUBA, MENTRE GLI EROICI ESULI PALPITANO PER LA PATRIA! È al potere da dieci mesi scarsi, ma quel delirante dittatore di Fidel Castro si è già smascherato agli occhi del “mondo libero”. Il primo dell‟anno Castro ha cacciato da Cuba il premier anticomunista Fulgencio Batista, democraticamente eletto dal popolo. Il pomposo, barbuto bardo beatnik ha promesso riforme agrarie, giustizia sociale e pietanze in ogni piatto: le solite strimpellate dei sinistrofili sostenitori dello Stato sociale. Ha preso il potere in un minuscolo bastione di libertà a 150 chilometri dalle coste americane e si è messo a piluccare patologicamente i portafogli dei patriarchi patriottici, a “nazionalizzare” (nenia nauseabonda) gli alberghi, casinò di proprietà di cittadini americani, a friggere i friabili frutteti della United Fruit Company, e in generale ad accaparrarsi un astronomico ammontare dell‟articolo di esportazione più
eminente d‟America: il denaro!!! Certo, gattini e gattine, si riduce tutto ai divini dollaroni, i venerati verdoni completi di potenti primi piani di presidenti, cerberi cattivi nella loro corrosiva condanna del comunismo!!! Udite udite: il bardo beatnik ha fregato i fattorini dei magnifici alberghi Nacional e Capri dell‟Avana, mangiandosi le loro mance e rimpiazzandoli con un reggimento di cani da guardia rossi, banditelli barbuti che impiega anche come croupier, così corrotti da crocifiggerli! Udite udite: frutteti fanaticamente fritti! I poveracci protetti dall‟economia egualitaria dell‟America si sono trasformati in recidivi rossi alla reiterata ricerca di ricompensa rivoluzionaria! Udite udite: Raul Castro ha irresponsabilmente invaso l‟iridescente Florida con enormi quantità di esecrabile eroina!!! Vorrebbe siringare schiere di schiavi in esilio trasformandoli in tremebondi trombettieri della trappola castrista! Udite udite: vi è un numero crescente di esuli cubani e patrioti americani che obiettano all‟obbrobrio delle operazioni dei fratelli barbuti. Stanno reclutando nuove forze a Miami e nella Florida del Sud. Si tratta di tipi tosti, tigri che si sono guadagnate le strisce nere e arancioni (non rosse) nelle gremite e grevi galere di Castro. Ogni giorno arrivano sulle amate coste
d‟America sempre più uomini vogliosi di intonare l‟inimitabile inno nazionale. Chi scrive ha parlato con un americano chiamato “Big Pete”, un devoto anticomunista impegnato nell‟addestramento della guerriglia anticastrista. “È una questione di patriottismo”, ha detto Big Pete. “Vogliamo davvero una dittatura comunista a 150 chilometri da casa? Io no; per questo mi sono unito alla Causa della libertà cubana. E vorrei invitare tutti gli esuli e gli americani di discendenza cubana a fare lo stesso. Unitevi a noi. Se vivete a Miami, chiedete in giro. I vostri fratelli cubani vi confermeranno che facciamo sul serio.“ Udite udite: con uomini come Big Pete coinvolti nella partita, Castro dovrebbe cominciare a pensare a una nuova carriera. Ehi! Conosco diversi locali della decaduta Venice West, a Los Angeles, a cui potrebbe far comodo un poeta beatnik fuori moda come Fidel! Ehi, Fidel! Che cosa ne pensi, paparino? E tu ricorda, caro lettore: l‟hai sentito prima qui. In via confidenziale, in gran segreto e sottovoce. Documento: 19.10.59. Messaggio personale da J. Edgar Hoover a Howard Hughes. Caro Howard, l‟articolo dell‟Impareggiabile sapientone politico pubblicato
sul quinto numero di Hush-Hush mi è piaciuto davvero. Era naturalmente tirato per i capelli, ma anche non tenendo conto dello stile artificioso la sostanza politica rimane inalterata. Lenny Sands si è adattato molto bene allo stile di HushHush, e come novello propagandista promette veramente molto bene. Ho trovato i riferimenti subliminali alla Tiger Kab Kompany una deliziosa strizzata d‟occhio agli addetti ai lavori, e ho particolarmente apprezzato i nobili sentimenti del nostro pragmatico amico Pete Bondurant. Tutto considerato, un numero salutare. Con i miei più sentiti ossequi, Edgar Documento: 30.10.59. Rapporto da John Stanton a Kemper Boyd. Contrassegnato: confidenziale consegna a mano. Caro Kemper, un breve messaggio per tenerti aggiornato su alcune decisioni importanti. È sempre difficile rintracciarti, dunque ti inoltro queste note via corriere. Prima di tutto, i nostri superiori sono più che mai convinti che il problema cubano peggiorerà. Sebbene gli ultimi
stanziamenti da parte del presidente siano stati inferiori alle nostre aspettative, nutriamo la speranza che la forza di resistenza di Castro ci aiuterà ad allentare i cordoni della Casa Bianca. Per parafrasare il nostro amico, l‟Impareggiabile sapientone politico: “Nessuno vuole una dittatura comunista a 150 chilometri da casa“. (Quanto vorrei che i miei rapporti avessero il brio dei suoi pezzi di giornalismo scandalistico.) Dulles, il vicedirettore Bissell e alcuni agenti esperti nella situazione cubana si sono messi al lavoro per pianificare un‟invasione di esuli per la fine del 1960 o l‟inizio del 1961. Si da per scontato che a quel punto l‟Agenzia avrà un corpo di almeno diecimila esuli addestratissimi da utilizzare, e che l‟opinione pubblica sarà tutta dalla nostra parte. L‟idea di partenza sarebbe lanciare un attacco anfibio, spalleggiato da una copertura aerea, partendo dai campi d‟addestramento sulla Costa del Golfo. Ti terrò informato sugli sviluppi. Tu insisti con il nostro amico Jack. Se l‟attacco non riuscirà a scattare prima del 20 gennaio 1960, forse sarà proprio lui a dare un via o un contrordine. Dall‟ultima volta che ci siamo parlati, altre chiatte di profughi hanno attraccato alle coste della Florida e della Louisiana. Gli agenti responsabili a livello regionale si occupano dei gruppi di immigranti, distribuendoli fra i vari campi di
addestramento. Coloro che rifiutano l‟assistenza diretta dell‟Agenzia finiscono a Miami. Sarei curioso di vedere se la nostra squadra scelta riuscirebbe a riportarli all‟ovile. Come immagino tu già sappia, il campo di Blessington è ormai pronto a ospitare le truppe. Ho approvato il reclutamento di Douglas Frankie Lockhart per la direzione del campo, e credo che sia giunto il momento di far ruotare l‟attività della nostra squadra scelta attorno all‟asse Miami-Blessington. Incarica subito Pete Bondurant e Chuck Rogers di seguire le operazioni della squadra, e di‟ a Bondurant di farmi avere un rapporto entro le prossime sei settimane. Per quanto riguarda l‟attività di Miami, e per restare fedeli al nostro modo alquanto ellittico di discuterne, ti dirò che sono lieto di notare che i profitti sembrano aumentare, e che l‟accordo che tu stesso hai raggiunto con la fonte messicana pare procedere a gonfie vele. Prevedo che giungerà il giorno in cui i nostri superiori approveranno questa “attività” come una scelta sensata, ma finché il rancore anticastrista non raggiungerà quel livello devo insistere su una rigida compartimentazione e segretezza. La partecipazione di Trafficante deve restare segreta, così come non vorrei si sapesse dei contributi alla Causa di S. Giancana e C. Marcello. Tienimi aggiornato, e brucia questa comunicazione.
Saluti,
John
Documento: 1.11.59. Rapporto da Kemper Boyd a Robert F. Kennedy. Caro Bob, ho fatto due chiacchiere con James Dowd, il responsabile della Sezione crimine organizzato del Dipartimento di Giustizia. (Lo conosco dai tempi in cui faceva parte dell‟ufficio del Procuratore generale.) A titolo di cortesia, gli avevo fatto pervenire le copie dei documenti che avevo inviato ai vari gran giurì per la faccenda Hoffa, e ora quella cortesia sembra aver dato i suoi frutti. Come saprai, la riforma sindacale Landrum-Griffin è stata approvata dal Congresso, e ora il Dipartimento di Giustizia, controllato dai repubblicani, ha ricevuto l‟esplicito ordine di incastrare Hoffa. Dowd ha assegnato investigatori e assistenti legali a numerosi gran giurì in Ohio, Louisiana e Florida. È stata la Commissione McClellan a dare il via all‟approvazione della riforma Landrum-Griffin: lo sanno tutti. Dowd ha avuto un‟illuminazione politica e ha deciso di concentrarsi sulle nostre indagini relative a Sun Valley. (È convinto che i due
testimoni scomparsi, Gretzler e Kirpaski, conferiscano peso morale alla faccenda.) Il 25.10.59 ha incaricato sei dei suoi uomini di seguire il lavoro di tre gran giurì della Florida del Sud. Sono alla ricerca di Teamster delusi dai loro acquisti di Sun Valley. Dowd è convinto che il processo di raccolta delle prove procederà con estrema lentezza, il che è perfetto per il nostro disegno politico. Sono assolutamente convinto che non dovremmo permettere che il rancore anti-Hoffa assuma connotazioni troppo partigiane, e che dovremmo spingere Jack come il candidato presidenziale più decisamente schierato contro la corruzione nei sindacati. Dowd mi ha confidato di aspettarsi che Hoffa si lanci in un giro degli Stati in cui si tengono le primarie e sommerga le folle con un‟alluvione di discorsi antikennediani, e credo che una cosa del genere possa unire per avvantaggiarci. Per quanto cerchi di nasconderlo, nei momenti difficili Hoffa ne esce sempre come uno psicopatico. Che i Teamster appoggino pure il candidato repubblicano. Che Richard Nixon prenda pure il denaro di Hoffa ed eviti il tema della corruzione sindacale nei dibattiti elettorali. Ciò detto, trovo imperativo che Jack raddoppi i propri sforzi per conquistarsi la fiducia dei leader dei sindacati in regola con la legge, convincendoli di considerarli ben diversi dai seguaci di Hoffa.
Al momento mi sto concentrando soprattutto sulle primarie. L‟immagine di nemico del crimine ha fatto leva su molti dei miei conoscenti nelle forze dell‟ordine, normalmente di inclinazioni repubblicane. Sto lavorando, contea dopo contea, sul Wisconsin, sul New Hampshire e sulla West Virginia. Le vostre organizzazioni locali sembrano solide. Ho avvertito ogni singolo volontario di tenere le orecchie bene aperte per l‟offensiva verbale di Hoffa. Ti terrò aggiornato. Scrivi il tuo libro. Credo che mi potrò rivelare un valido aiuto nel corso della campagna. Tuo, Kemper Documento: 9.11.59. Memorandum da Robert F. Kennedy a Kemper Boyd. Kemper, grazie per la tua comunicazione. Stai iniziando a ragionare in termini politici: ho trovato alquanto acute le tue osservazioni su Hoffa e i repubblicani. Sono lieto che il Dipartimento di Giustizia si stia occupando di Sun Valley, che ho sempre considerato il nostro caso più importante. Sono sempre stato convinto che una cifra illegale
proveniente dal Fondo pensioni (i famosi 3 milioni “segreti”) abbia finanziato la costruzione di Sun Valley, e che Hoffa se ne sia ritagliata una bella fetta. Giunti a questo punto, indizi concreti sul Fondo pensioni e/o informazioni sull‟esistenza dei “veri” registri ci sarebbero molto utili. Che cosa sta combinando il Fantasma di Chicago? Hai sempre ritratto l‟anonimo crociato gesuita come un lavoratore indefesso, eppure sono mesi che non mi fai avere un suo rapporto. Bob Documento: 27.11.59. Nota da Kemper Boyd a Robert F. Kennedy. Caro Bob, hai ragione. Indizi sul Fondo pensioni ci sarebbero molto utili. Il Fantasma si sta dando da fare, ma non fa che cozzare contro muri di omertà. E non dimenticarti che si tratta di un agente dell‟FBI, con un suo incarico ufficiale. Non molla, ma come ho già avuto occasione di dirti è un processo lento. Kemper Documento: 4.12.59. Rapporto di sorveglianza FBI dall‟agente responsabile di Chicago, Charles Leahy, a J. Edgar Hoover. Contrassegnato: estremamente confidenziale riservato
AL DIRETTORE. Signore, come da sua richiesta, gli uomini dell‟ufficio di Sioux City hanno tenuto sotto sorveglianza l‟agente Ward Littell a partire dal 15.9.59. Non è stato visto avvicinarsi alla sartoria Celano, e a quanto pare non ha svolto alcuna attività segreta contro il crimine organizzato. Non è più stato visto in compagnia dell‟agente Kemper Boyd, e l‟intercettazione telefonica (iniziata il 20.11.59) indica che le sue unione conversazioni si svolgono con Helen Agee e occasionalmente con l‟ex moglie Margaret. Non fa né riceve telefonate dalla figlia Susan, e dall‟inizio dell‟intercettazione Boyd non si è fatto sentire. Le prestazioni professionali di Littell sono in continuo peggioramento. Il suo declino era iniziato prima dell‟inizio della sorveglianza. Incaricato di tenere d‟occhio membri del Partito comunista di Hyde Park e Rogers Park, Littell abbandona frequentemente le sue postazioni per recarsi in bar e spesso in chiese cattoliche. I suoi rapporti sono sempre più trascurati. Indica regolarmente orari diversi da quelli che osserva nel corso dei suoi incarichi, e i suoi commenti sui membri del Partito comunista sono come minimo esageratamente caritatevoli.
Il 26.11.59 l‟agente speciale W.R. Hinckle ha visto il responsabile di cellula Malcolm Chamales avvicinarsi a Littell nei pressi del suo appartamento. Chamales ha accusato Littell di essere “uno spione dell‟FBI”, e l‟ha sudato a replicare. Littell l‟ha invitato in un bar. L‟agente Hinckle li ha visti intrecciare una discussione politica. Si sono rivisti il 29.11 e l‟1.12. Hinckle ha seguito entrambi gli incontri, e crede che i due stiamo diventando amici, o se non altro compagni di bevute. Fonti dell‟Università di Chicago vicine al Bureau hanno riferito che Littell ed Helen Agee sono stati visti litigare in modo molto acceso. La loro relazione sembra in crisi, e la Agee è stata udita mentre invitava Littell a cercare aiuto professionale per il suo alcolismo. Il 3.12.59 l‟agente speciale J.S. Burtler è stato testimone di una discussione politica fra Littell e la Agee. La Agee ha espresso ammirazione per il vicepresidente Richard Nixon. Littell l‟ha chiamato “Tricky Dick”, l‟Infido Dick, e l‟ha definito un “criptofascista cacciatore di rossi finanziato da denaro sporco“. Per concludere: un profilo di Littell come simpatizzante di sinistra è ormai tracciato. Credo che le sue dichiarazioni sovversive, le sue proditorie omissioni dai rapporti e la sua amicizia con Malcolm Chamales proseguiranno, trasformando
il suo ritratto attuale in quello di un individuo pericoloso. Con i miei rispetti, Charles Leahy. Agente responsabile dell‟Ufficio di Chicago Documento: 21.12.59. Rapporto da Pete Bondurant a Kemper Boyd. “Da far pervenire a John Stanton.” Contrassegnato: “KB ATTENZIONE A COME LO TRASMETTI”. KB, mi dispiace di essere in ritardo sui tempi richiesti da Stanton. Non mi piace che le cose rimangano scritte, dunque cancella ciò che vuoi e fagli avere il rapporto. Sincerati che Stanton lo distrugga. So che è convinto che l‟Agenzia finirà per approvare al 100 per cento ciò che stiamo facendo, ma potrebbe passare del tempo. 1. I miei manovali del Klan hanno finito di costruire il pontile e la rampa. Blessington è ormai operativa al 100 per cento. 2. Dougie Frank Lockhart è un tipo fidato. Ha le solite idee folli, come tutti gli altri del suo ambiente, ma non credo
sia un problema se queste idee non interferiscono con il suo lavoro. Il suo contatto nell‟FBI si è incazzato quando Lockhart si è rifiutato di rivelare i nomi dei membri del Klan della Louisiana, ma nel sentire che tu eri dietro a tutta l‟operazione ha subito cambiato musica. Credo che abbia interpellato Hoover, il quale gli avrà detto di averti dato carta bianca. Lockhart sta facendo un ottimo lavoro. Ho ottenuto qualche dollaro da Trafficante, e Dougie li ha usati per fondare una sua cellula del Klan alle porte di Blessington. Ha offerto iscrizioni gratuite, e tutti i membri dei Klan locali hanno abbandonato le loro cellule e si sono uniti alla sua. Gli ho detto che non vuoi linciaggi, bombe nelle chiese o pestaggi. Ci è rimasto male, ma ha accettato. Va d‟accordo con i cubani, e ha ordinato ai suoi amichetti del Klan di non creare tensioni razziali con i membri della squadra scelta o con gli allievi. Per il momento, i bifolchi hanno mostrato di rispettare i suoi ordini. 3. La nostra attività di Miami sta procedendo sempre meglio. Gli utili lordi del mese scorso nella zona delle Case popolari Booker T. Washington hanno superato del 14 per cento il record dell‟organizzazione Trafficante. E nel mese di ottobre le Case popolari George Washington Carver hanno reso il 9 per cento in più della migliore prestazione di ST.
Chuck Rogers dice che gli uomini giù in Messico sono fidati. Hanno raggiunto un accordo grazie al quale lui può fare avanti e indietro senza dover presentare i piani di volo alla polizia di Stato messicana. Ormai la pista di atterraggio di Blessington è pronta, dunque Chuck corre ancora meno rischi. Ogni settimana vado a Tampa per consegnare di persona a ST la sua percentuale degli incassi. È molto soddisfatto dei guadagni, e continua a versare $ come contributi per la squadra scelta. Mi restituisce il 15 per cento degli incassi da rimettere nelle casse della Causa e un 5 per cento per un fondo armamenti che Guy Banister ha organizzato a New Orleans. Pino a questo punto Fulo, Chuck, Paez, Obregon, Delsol e Gutiérrez si sono dimostrati assolutamente onesti. Non hanno toccato né la mercanzia né i Dollari. 4. Stanton chiedeva aggiornamenti sull‟idoneità degli uomini. La mia sensazione è che, a patto che a nessuno venga in mente di rubare la mercanzia o i $, o di tradire le aspettative per una missione, si meritino tutti un bel 10 e lode. Obregon teme l‟idea delle missioni di disturbo con i motoscafi lungo le coste cubane, suo cugino Delsol è un po‟ sfuggente, ma per il momento sono problemi minori. L‟importante è che rimangano tenacemente anticastristi, e che non rubino a
Trafficante. Lasciamo che si facciano la cresta sulle tariffe dei taxi e che si sfoghino con alcol e puttane. Non bisogna tenere il guinzaglio troppo corto; correremmo il rischio di innervosirli. 5. Come reclutatori non sono male. A Blessington abbiamo quarantaquattro cuccette, e sono sempre occupate. Chuck, Fulo, Lockhart e io ci occupiamo dell‟addestramento a cicli di quindici giorni. Insegniamo l‟uso delle armi leggere e dei fucili, le tecniche di combattimento corpo a corpo e quelle di sabotaggio con i motoscafi, quindi mandiamo gli uomini a Miami con indicazioni per trovare lavoro. I nostri amici reclutano a loro volta nuovi candidati, che un agente chiamato in codice H.K. Cougar distribuisce presso i diversi campi dell‟Agenzia, a seconda dei posti letto disponibili. Se l‟invasione di cui mi hai parlato andasse in porto, dovremmo avere un‟eccedenza di soldati bene addestrati fra cui scegliere. 6. Paez, Obregon, Delsol, Gutiérrez, Fulo e io ci siamo spinti in motoscafo fino a Cuba. Abbiamo consegnato mercanzia ai nostri contatti sull‟isola e abbiamo affondato alcuni ricognitori della milizia. Nel corso di una missione, Fulo e Gutiérrez si sono imbattuti in un gruppo di militi addormentati sulla spiaggia. Li hanno uccisi tutti e trenta a mitragliate. Fulo ha preso lo scalpo del comandante e l‟ha attaccato all‟antenna radio del primo motoscafo.
7. Come mi hai chiesto di fare, mi sto dividendo fra Blessington, la nostra attività di Miami e la stazione dei taxi. Jimmy Hoffa è un po‟ incazzato per la tua amicizia con i Kennedy, ma il contratto di concessione gli piace, e più immigrati cubani arrivano a Miami, più la Tiger Kab guadagna. A proposito, grazie della roba che mi hai fornito per HH. Visto che sono sempre in Florida, immagino sia quella che mi mantiene sul suo libro paga. Fosse per me lo lascerei, ma so che tu vuoi mantenere un contatto fra lui e l‟Agenzia. Lo chiamo una volta la settimana per tenere il piede nella porta. A quanto pare, c‟è una banda di mormoni che si occupa di lui. Lo aiutano a evitare gli ufficiali giudiziari e svolgono il lavoro che un tempo era mio, se si eccettua la roba. Credo che finché riuscirò a procurargliela avrò uno stipendio garantito. 8. Lenny Sands sta facendo tutto da solo a Hush-Hush. Ho trovato il servizio su Cuba piuttosto buono e me ne sono servito per pubblicizzare la Causa. È tutto. Non mi piace l‟idea che queste cose rimangano scritte, quindi per favore di‟ a Stanton di distruggere questo rapporto. Viva la Causa! P.B
Capitolo 37 (Blessington, 24.12.59) Lockhart posò i piedi sul cruscotto. Il costume sintetico da Babbo Natale lo faceva sudare. — Non mi lasciate incendiare chiese o uccidere negri. Ma che ne dici di far rispettare il Kodice morale del Klan? Pete decise di stare al gioco: con Dougie Frank si faceva sempre qualche risata. — E sarebbe? — Be‟, ti giunge voce che Sally, la sorella di Joe Bifolco, ha messo gli occhi su Leroy, che si dice abbia un batacchio di 30 centimetri. Un bel giorno li sorprendi mentre ci danno dentro. Riscaldi il tuo ferro del KKK e marchi a fuoco Sally. — E Leroy? — Gli chiedi come se l‟è procurato, e se non li fanno di quelle dimensioni per i bianchi. Pete scoppiò a ridere. Dougie Frank si soffiò il naso fuori dal finestrino. — Parlo sul serio, Pete. Sono il Mago imperiale dei Kavalieri reali del Ku Klux Klan della Florida del Sud, e finora tutto quello che ho fatto è stato distribuire regalini monetari
della CIA e fondare una squadra di baseball per sfidare quegli stramaledetti criptonegri dei vostri esuli. Pete sterzò per evitare un cane randagio. Il camioncino urtò una buca, facendo rimbalzare e scivolare i tacchini regalo accatastati sul retro. — Non mi dirai che l‟FBI ti permetteva di linciare la gente. — No. Ma nemmeno mi veniva a dire “Dougie Frank, fintantoché sei nel libro paga del governo non puoi ammazzare negri“. Capisci la differenza? Voi mi state dicendo esplicitamente di non farlo, e parlate sul serio. Pete scorse una schiera di baracche in lontananza: un ottimo punto per la distribuzione dei tacchini. Santos Junior aveva suggerito di ingraziarsi i locali: una rapina l‟aveva rifornito di pollame, e una distribuzione gratuita di tacchini natalizi avrebbe promosso l‟amicizia fra le parti. — Continua a fare il tuo lavoro. Questa è una faccenda seria: affrontala come si merita. — Lo sto facendo — rispose Lockhart. — Sto svolgendo il mio lavoro e sto tenendo la bocca chiusa sul fatto che Chuck Rogers atterra sulla pista di Fort Blessington con carichi di polvere bianca, sissignore. Ma dico anche che i miei ragazzi hanno bisogno di qualche distrazione. Pete svoltò l‟angolo. — Ne parlerò con Jimmy Hoffa. Potrebbe portarvi fuori a sparare agli squali.
— In realtà stavo pensando al Codice morale 69. — Sarebbe? — È quando sorprendi i fratelli di Leroy, Tyrone e Rufus, mentre bussano alla porta di Sally. — E cosa fai? — Copri Sally di catrame e piume. — E Tyrone e Rufus? — Li costringi a tirarsi giù i calzoni e vedi se è una caratteristica di famiglia. Pete rise. Dougie Frank si grattò la barba candida. — Come mai sono io a dovermi travestire da Babbo Natale? — Non ho trovato un vestito rosso della mia taglia. — Avresti potuto travestire uno degli esuli. — Andiamo, Dougie. Un Babbo Natale cubano? — Lo trovo umiliante. Pete si fermò in un misero campo da giochi di terra battuta. Alcuni bambini di colore videro Babbo Natale e strillarono di gioia. Dougie Frank scese dall‟auto e lanciò loro i tacchini. I bambini accorsero per tirargli la barba. I bianchi locali ricevettero tacchini. I negri locali ricevettero tacchini. Gli sbirri di Blessington ricevettero tacchini e Jim Beam rubato.
Agli esuli furono regalate cene a base di tacchino e profilattici Trojan. Santos Junior inviò una sorpresina natalizia: un pullman traboccante di puttane di Tampa. Quarantaquattro uomini e quarantaquattro baldracche si dedicarono a far scricchiolare quarantaquattro cuccette. A mezzanotte Pete rimandò a casa le ragazze. Lockhart bruciò un crocifisso in una radura in mezzo al bosco. Pete provava una voglia irrefrenabile di fare una puntata a Cuba e ammazzare qualche rosso. Chiamò Fulo a Miami. Fulo approvò l‟idea. Fulo disse: carico qualcuno dei nostri e arrivo. Chuck Rogers atterrò con un carico di roba. Pete fece il pieno al motoscafo. Lockhart li raggiunse con una bottiglia di whisky. Pete e Chuck bevvero a canna. Nessuno fumò: la roba avrebbe potuto prendere fuoco. Si sedettero sul pontile. I proiettori illuminavano il campo. Un esule gridò nel sonno. Tizzoni ardenti piovevano dal crocifisso. Pete si rammentò del Natale „45: appena uscito dai marines, era stato arruolato nel corpo dello sceriffo di Los Angeles. L‟auto di Fulo attraversò furtiva la pista di atterraggio. Chuck posò mitragliatori e munizioni accanto agli ormeggi
del pontile. — Posso andare? — chiese Dougie Frank. — Certo — rispose Pete. Delsol, Obregon e Fulo uscirono dalla Chevy. Camminavano a pancia in fuori, strafatti di birra e tacchino. Raggiunsero barcollando il pontile. Tomàs Obregon inforcava un paio di occhiali scuri. Alle due del mattino. Occhiali scuri e maniche della camicia allacciate. Nel mezzo di una notte tiepida. Un cane abbaiò nel bosco. Chuck Rogers si lanciò in un latrato, imitando un deejay notturno di cui non perdeva una trasmissione. Gli uomini si salutarono con grandi manate sulle spalle. Pete strappò gli occhiali dal volto di Obregon. Il coglione aveva pupille ridotte a capocchie di spillo: la luce dei riflettori lo smascherò subito. Obregon si irrigidì. Rogers lo immobilizzò facendogli passare il braccio attorno al collo. Nessuno aprì bocca. Non era necessario: il quadro si fece chiaro, rapidamente. Obregon si contorceva per liberarsi della stretta. Fulo gli sollevò le maniche. Le braccia erano coperte di buchi arrossati. Si voltarono tutti verso Delsol. Il cugino di Obregon. L‟immagine si delineò: deve farlo lui.
Chuck lasciò andare Obregon. Pete consegnò la sua pistola a Delsol. Obregon cominciò a tremare e per poco non cadde dal pontile. Delsol gli sparò sei colpi al petto. Obregon ruotò su se stesso e precipitò in acqua. Tracce di vapore si alzarono dai fori d‟uscita. Fulo si tuffò e gli prese lo scalpo. Delsol distolse lo sguardo.
Capitolo 38 (Hyannis Port, 25.12.59) Un albero di Natale sfiorava il soffitto. La neve artificiale copriva un‟enorme pila di regali. Kemper sorseggiava la sua bevanda calda. — Le feste ti rattristano, me ne sono accorto — disse Jack. — Non esattamente. — I miei genitori hanno esagerato con i figli, ma i tuoi avrebbero dovuto essere lungimiranti e darti un fratello o due. — Avevo un fratello minore. E morto in un incidente di caccia. — Non lo sapevo. — Mio padre e io eravamo a caccia di cervi nei boschi della nostra villa in campagna. Continuavamo a intravedere qualcosa, e insistevamo a sparare al minimo accenno di movimento. Uno dei movimenti era stato causato da Compton Wickwire Boyd, otto anni. Indossava una giacca rossiccia e un cappello con i copriorecchie bianchi. Era il 19 ottobre del 1934.
Jack distolse lo sguardo. — Kemper, mi dispiace. — Non avrei dovuto dirtelo. Mi volevi parlare, e fra un‟ora devo partire per New York. Quella storia bloccherebbe ogni conversazione. Nel salottino faceva troppo caldo. Jack scostò la sedia dal caminetto. — Devi vedere Laura? — Sì. Mia figlia ha una cena natalizia con delle amiche a South Bend, dopodiché partirà per la montagna. Al ritorno ci raggiungerà a New York. L‟anello di Pete era pulito e lucidato. Quella sera le avrebbe chiesto di sposarlo. — Tu e Laura ci avete fatto una bella sorpresa. — L‟avete digerita? — Credo di sì, chi più chi meno. — Mi sembri nervoso, Jack. — Fra otto giorni annuncerò la mia candidatura. Nella mia mente continuano a spuntare nuovi ostacoli, e mi chiedo come superarli. — Per esempio? — West Virginia. Cosa rispondo a un minatore che mi dice “Figliolo, ho sentito dire che tuo padre è uno degli uomini più ricchi d‟America e che in vita tua non hai mai dovuto lavorare nemmeno un giorno“?
Kemper sorrise. — Rispondi che è vero. Al che un vecchio attore brizzolato sistemato ad arte nel mezzo della folla aggiunge: “Figliolo, non hai perso un cazzo”. Jack esplose in una gran risata. Kemper si rese conto all‟improvviso di qualcosa: Giancana e Trafficante avevano in mano intere zone dello Stato. — Conosco qualcuno che ti potrebbe dare una mano. — E allora indebitami con loro fino al collo, cosicché possa andare incontro al mio destino genetico di corrotto politico irlandese. Kemper rise. — Sei ancora nervoso. E hai detto di volermi parlare, il che presuppone qualcosa di serio. Jack si dondolò all‟indietro sulla sedia e si spazzolò una traccia di neve finta dal maglione. — Ci preoccupa Hoover. Ci preoccupa la possibilità che sappia tutto di Laura. L‟Avvocato del Diavolo si inserì automaticamente. — Lo sa da anni. Sa anche che la frequento. È stato lui a rivelarmi il suo segreto, prima ancora di lei. I figli di Bobby irruppero in salotto. Jack li fece uscire e chiuse la porta con la punta del piede. — Quel succhiacazzi di un guardone pederasta. Kemper improvvisò. — Sa anche tutto delle cifre che hai pagato per evitare diverse paternità, e molto delle tue frequenti avventure. Jack, io sono la tua migliore protezione contro
Hoover. Si fida di me, e vuole soltanto conservare il suo posto di lavoro nel caso di una tua elezione. Jack prese a picchiettarsi un sigaro sul mento. — Papà è quasi convinto che Hoover ti abbia incaricato di spiarci. — Tuo padre non è uno stupido. — Cosa? — Hoover ha scoperto che facevo la cresta sulle auto rubate e mi ha costretto alla pensione anticipata. Ho fatto richiesta di impiego alla Commissione McClellan di mia spontanea volontà, e Hoover ha iniziato a farmi sorvegliare. Ha saputo che frequentavo Laura e mi ha chiesto informazioni su di te. Ho risposto di no, e Hoover ha ribattuto che gli dovevo un favore. Jack annuì. Ti crederò, diceva la sua espressione. — Papà ti ha fatto pedinare da un investigatore privato. Gli ha riferito che vivi in una suite al St. Regis. Kemper ammiccò. — Il tuo stile di vita è contagioso, Jack. Ho una pensione, uno stipendio e un certo numero di azioni, e sto facendo la corte a una donna costosa. — Vai molto spesso in Florida. — Hoover mi fa spiare i gruppi castristi. È il “favore” che gli dovevo. — Per questo sei così insistente sul problema cubano. — Esatto. Credo che Castro sia maledettamente
minaccioso, e penso che dovresti prendere una posizione intransigente. Jack si accese il sigaro. Grazie a Dio è finita, diceva la sua espressione. — Dirò a papà che è tutto a posto. Ma vuole una promessa. — Quale? — Che non sposerai Laura nel prossimo futuro. Teme che i giornalisti diventino curiosi. Kemper gli consegnò l‟anello. — Conservalo per me. Avevo intenzione di chiedere la mano di Laura proprio stasera, ma suppongo che dovrò aspettare che tu sia presidente. Jack se lo fece scivolare in tasca. — Grazie. Significa che sei a corto di un regalo di Natale? — Troverò qualcosa a New York. — Sotto l‟albero c‟è una spilla di smeraldi. Il verde dona moltissimo a Laura. Prendila, Jackie non ne sentirà la mancanza.
Capitolo 39 (South Bend, 25.12.59) Littell scese dal treno e si guardò attorno per sincerarsi di non essere pedinato. I passeggeri in arrivo e in partenza sembravano normali: studenti di Notre Dame e genitori in ansia. Un gruppo di ragazze pon-pon rabbrividiva dal freddo: in minigonna con dieci gradi sotto zero. La folla si disperse. Nessuno indugiò vicino a lui. In una frase: il Fantasma vede i fantasmi. L‟impressione di essere pedinato era probabilmente una conseguenza dell‟alcol. I ticchettii sulla linea telefonica erano quasi certamente un prodotto dei suoi nervi iperattivi. Aveva smontato i due telefoni pezzo per pezzo. Non vi aveva trovato alcuna cimice. La mafia non poteva approntare intercettazioni esterne: soltanto le forze dell‟ordine. Quell‟uomo che la settimana prima aveva visto sorvegliare lui e Mal Chamales: forse era soltanto un ubriacone incuriosito dalla loro conversazione sinistrofila. Littell fece un salto al bar della stazione e si scolò tre rye e
birra. La cena di Natale con Susan richiedeva una certa fortificazione. Le amenità si trascinavano stanche. La conversazione rimbalzava fra argomenti innocui. Susan si era irrigidita quando l‟aveva abbracciata. Helen si teneva a distanza. Claire era diventata una Kemper al femminile: la somiglianza si era fatta incredibile. Susan non lo interpellava mai per nome. Claire lo chiamava “Ward, baby”: Helen sosteneva che fosse nella “fase Rat Pack”. Susan aveva preso a fumare come sua madre, perfino nel modo in cui spegneva i fiammiferi ed esalava il fumo. Il suo appartamento imitava quello di Margaret: troppi ninnoli di porcellana, troppi mobili dall‟aspetto severo. Claire suonava dischi di Sinatra. Susan serviva una bevanda calda poco alcolica: Helen doveva averle confidato che suo padre beveva troppo. Disse che erano mesi che non sentiva Kemper. Claire sorrise: lei conosceva i segreti del padre. Susan servì la cena: prosciutto glassato e patate dolci, tipico di Margaret. Si sedettero. Littell chinò il capo e recitò una preghiera. — Padre Nostro, chiediamo la Tua benedizione per noi e i
nostri amici assenti. Ti raccomando le anime di tre uomini scomparsi di recente, le cui morti sono state causate da arroganti seppur sinceri tentativi di facilitare il corso della giustizia. Ti chiedo di benedirci in questo giorno sacro e per l‟anno che verrà. — Amen — disse Susan roteando gli occhi. Claire tagliò il prosciutto. Helen versò il vino. Bicchieri pieni per le amiche, solo un goccio per lui. Un Cabernet Sauvignon da quattro soldi. — Stasera mio padre chiederà alla sua amante di sposarlo — annunciò Claire. — Facciamo un brindisi a mio padre e alla mia deliziosa nuova mammina, che ha soltanto nove anni più di me. Littell rischiò di mandare il vino per traverso. Kemper l‟arrampicatore sociale cognato segreto dei Kennedy… — Claire, insomma — intervenne Susan. — “Amante” e “deliziosa” nella stessa frase? Claire mostrò le unghie. — Dimentichi la differenza d‟età. Come hai potuto? Sappiamo tutti che è un tuo punto debole. Helen tradì un gemito. Susan scostò il piatto e si accese una sigaretta. Littell si riempì il bicchiere. — Ward, baby, assegnaci i nostri ruoli da avvocati — disse Claire.
Littell sorrise. — Non è difficile. Susan è la pubblica accusa, Helen difende agenti federali ribelli e Claire si occupa di diritto aziendale per finanziare i costosissimi gusti di suo padre. Helen e Claire scoppiarono a ridere. — Non mi piace essere definita meschina — disse Susan. Littell trangugiò un sorso di vino. — Potresti unirti al Bureau, Susie. Fra un anno e Ventun giorni andrò in pensione. Potresti prendere il mio posto e tormentare i poveretti di sinistra per conto di Hoover. — Non definirei i comunisti in termini così patetici, papà. E non credo che con una pensione di vent‟anni riuscirai a pagare i conti dei bar. Claire trasalì. — Susan, ti prego — disse Helen. Littell afferrò la bottiglia. — Potrei andare a lavorare per John F. Kennedy. Potrebbe essere il nostro futuro presidente. Suo fratello odia il crimine organizzato più dei comunisti, e forse è un fatto di famiglia. — Non riesco a capacitarmi di come tu possa considerare dei comuni malviventi alla stessa stregua di un sistema politico che ha schiavizzato mezzo mondo — ribatté Susan. — Non riesco a credere che tu possa farti infinocchiare da un fatuo politico progressista il cui padre progetta di comprargli la Casa Bianca. — Kemper Boyd lo ammira.
— Scusami, papà, e perdonami, Claire, ma Kemper Boyd venera il dio del dollaro, e tutti sappiamo che di dollari John F. Kennedy ne ha una montagna. Claire scappò via dalla sala. Littell si scolò tutto il vino. — I comunisti non castrano uomini innocenti. I comunisti non attaccano cavetti elettrici ai genitali della gente. I comunisti non lanciano televisori nelle vasche da bagno, o… Helen si alzò di scatto e si allontanò di corsa. — Papà, che Dio ti maledica per la tua debolezza — scattò Susan. Sfruttò i suoi giorni di malattia e passò il Capodanno chiuso in casa. L‟A&P gli consegnò cibo e alcolici. Helen era concentrata sugli esami finali dell‟università. Parlavano al telefono: più che altro futili chiacchiere e sospiri. Di quando in quando udiva in linea degli scatti, che adduceva ai propri nervi. Kemper non chiamò né scrisse. Lo stava ignorando. Lesse il libro di Bobby Kennedy sulla guerra a Hoffa. Il racconto lo elettrizzò. Kemper Boyd non veniva mai nominato. guardò il Rose Bowl e il Cotton Bowl in televisione. Dedicò un elogio funebre a Tony Iannone detto il Punteruolo, morto esattamente un anno prima. Quattro rye e birra gli provocarono un attacco di euforia. Fantasticò su una precisa forma di coraggio: la decisione di
passare all‟attacco di Jules Shiffrin e dei registri segreti. Una razione supplementare di alcol soppresse l‟idea. Era una mossa che avrebbe provocato il sacrificio di vite umane. Il suo coraggio era una debolezza spinta fino a trasformarsi in grandiosità. Guardò John Kennedy annunciare la sua candidatura. La sala del Senato pullulava di sostenitori. Le telecamere inquadrarono un picchetto all‟esterno dell‟edificio. Esponenti dei Teamster lanciavano slogan: — Ehi, ehi, oh, oh, Kennedy dice sindacati NO! Un inviato commentava fuori campo: — In Florida, un gran giurì locale sta indagando su James R. Hoffa, presidente dei Teamster. È sospettato di frode immobiliare per il villaggio Sun Valley, di proprietà dei Teamster. Le immagini mostravano Hoffa mentre rideva delle accuse. Littell sovrappose altre parole: Pete, uccidimi qualcuno, ti dispiace? Papà, che Dio ti maledica per le tue debolezze.
Capitolo 40 (Tampa, 1.2.60) — Sono disperato — disse Jack Ruby. — Quel noto indigente di Sal D. mi doveva un mucchio di soldi, e ora il fisco mi sta mettendo un dito dove sai perché versi tasse arretrate che non mi posso permettere. I termini per i pagamenti del locale sono scaduti, Sam si è già rifiutato di aiutarmi, ma tu sai che sono un grande sostenitore della Causa. Insieme a un amico ho portato un pullman di puttane per intrattenere i ragazzi di Blessington, ma l‟ho fatto di mia volontà, non c‟entra niente con la richiesta che ti ho appena fatto. Santos Junior era seduto alla sua scrivania. Ruby era di fronte a lui, in piedi. Tre grassi pastori tedeschi languivano con i musi a penzoloni dal divano. Pete assisteva all‟umiliazione di Ruby. L‟ufficio puzzava: Santos permetteva tutto ai suoi cani. — Sono disperato — ripeté Ruby. — Sono venuto come un supplicante al cospetto del suo pontefice. — No — rispose Trafficante. — Quando ero in galera all‟Avana mi procurasti qualche fanciulla, ma niente che valesse
10.000 cocuzze. Te ne posso dare 1000 di tasca mia, non di più. Ruby allungò la mano. Santos la riempì di biglietti da cento estratti da un rotolo gonfio. Pete si alzò e aprì la porta. Ruby se ne uscì carezzando le banconote. Santos spruzzò una nuvola di acqua di colonia sul punto in cui il questuante si era soffermato. — Si dice che quell‟uomo abbia strani gusti sessuali. Ti può attaccare malattie che farebbero impallidire il cancro. Ma adesso dammi qualche buona notizia: non mi piace iniziare la giornata con i mendicanti. — In dicembre e gennaio i profitti sono saliti del 2 per cento — annunciò Pete. — Credo che Wilfredo Delsol abbia accettato l‟eliminazione del cugino, e non penso che tradirà la squadra scelta. Nessuno osa fare la cresta: la fine di Obregon ha messo a tutti una bella strizza. — Qualcuno sta combinando qualcosa che non va, altrimenti non avresti chiesto di vedermi. — Fulo ha un giro di puttane. Le fa lavorare in cambio di qualche razione di droga. Versa alla Causa tutto il ricavato, ma credo comunque che non sia una buona idea. — Fallo smettere — decretò Trafficante. Pete si sedette sul bordo del divano. Re Tut emise un pigro brontolio.
— Lockhart e i suoi amichetti del Klan hanno costruito un club a pochi passi dal campo, e ora iniziano a blaterare di linciaggi. Oltre a ciò, Lockhart è amico di quello sbirro di Dallas, J.D., che è venuto giù con Ruby. Chuck Rogers vuole portarsi J.D. a bordo dell‟aereo e fare un lancio di manifestini estremisti. Ha intenzione di sommergerne l‟intera Florida del Sud. Trafficante calò una gran manata sul piano della scrivania. — Falli smettere immediatamente. — Lo farò. — Nessuno ti costringeva a parlarmene. — Kemper pensa che tutte le decisioni disciplinari debbano essere prese da te. Vuole che gli uomini pensino che noi siamo dalla loro parte e non da quella dei padroni. — Kemper è molto sottile. Pete carezzò Re Farouk e Re Artù. Quello stronzo di Re Tut gli fece l‟occhiaccio feroce. — L‟hai detto. — Castro ha trasformato i miei casinò in porcili. Permette che le capre caghino sui tappeti scelti di persona da mia moglie. — Pagherà — rispose Pete. Tornò a Miami. La stazione dei taxi era affollata di fannulloni: Lockhart, Fulo e l‟intera squadra scelta.
Tutti meno Chuck Rogers, intento a volare e lanciare volantini deliranti. Pete chiuse la stazione e dettò La Legge. La chiamò la Dichiarazione di Non-Indipendenza della “squadra scelta” e la Nuova Dichiarazione dei Non-Diritti del Ku Klux Klan. Niente prostituzione. Niente rapine. Niente truffe. Niente furti con scasso. Niente estorsioni. Niente piraterie. Niente linciaggi. Niente aggressioni a negri. Niente chiese in fiamme. Niente razzismi nei confronti dei cubani. La missione specifica del Klan di Blessington: Amare tutti i cubani. Lasciarli in pace. Farla pagare a chiunque rompa i coglioni ai nuovi fratelli cubani. Lockhart protestò: siamo ai confini del genocidio. Pete si fece schioccare le nocche. Lockhart chiuse la bocca. La riunione terminò. Jack Ruby si presentò chiedendo un passaggio: gli era saltato il carburatore e doveva accompagnare un carico di ragazze a Blessington. Pete diede il suo assenso. Le ragazze indossavano pantaloncini e corpetti prendisole: aveva visto di peggio. Ruby prese posto nell‟abitacolo. J.D. Tippit e le spogliarelliste si sistemarono sul retro del camion. Il cielo si stava rannuvolando: se fosse esploso un temporale, sarebbe stato un disastro. Pete procedette verso sud seguendo un percorso di strade
secondarie. Teneva accesa la radio per far star zitto Ruby. Chuck Rogers scese dall‟alto dei cieli e si produsse in un triplo giro della morte all‟indietro. Le ragazze applaudirono. Chuck lanciò una confezione da sei birre; J.D. la prese al volo. Alcuni volantini piovvero dalla carlinga. Pete riuscì ad afferrarne uno e lo lesse. “Sei ragioni per cui Gesù era a favore del Klan.” Già la prima indicava il tono generale: perché i comunisti hanno fluorizzato il Mar Rosso. Pete si guardò in giro. Tippit e le ragazze tracannavano birra. Chuck interruppe le sue evoluzioni e bombardò di mattoni una chiesa di negri. Il segnale radio si affievolì. Ruby attaccò con le sue lamentele. — Santos non ha la memoria più lunga del mondo. Santos mi rifila un decimo di quello che gli ho chiesto perché la sua memoria è per nove decimi andata. Santos non capisce i casini che ho dovuto passare per portargli quelle ragazze giù all‟Avana. Certo, il Barbuto lo stava tormentando. Ma lui non aveva nessun pazzo federale di Chicago a succhiargli il sangue. Pete ebbe un soprassalto. — Che federale di Chicago?
— Non lo conosco di nome. E grazie ad Allah l‟ho visto di persona soltanto una volta. — Descrivimelo. — Un metro e ottantacinque circa, attorno ai quarantasei, quarantasette anni. Occhialini, capelli grigi e sottili e a mio ponderato parere alcolizzato, visto che l‟unica volta che ci siamo visti il suo alito puzzava di whisky. La strada parve inclinarsi all‟improvviso. Pete pigiò sul freno fin quasi ad arrestare il camion. — Spiegami come ti succhia il sangue. — E perché? Dammi una buona ragione per cui dovrei raccontarti i miei guai. — Ti darò 1000 dollari. E se quello che mi dirai mi piacerà, altri 4000. Ruby contò sulla dita: da uno a cinque per una dozzina di volte. Pete tamburellò le dita sul volante. Una canzoncina dal ritmo regolare: 1 2 3 4 5. Ruby mosse le labbra a formare i numeri: 1 2 3 4 5, 1 2 3 4 5. Pete sollevò le cinque dita. Ruby le contò a voce alta. — 5000 se ti piace? — Esatto, Jack. E 1000 se non. — Rischio molto, a raccontartelo.
— Allora non farlo. Ruby prese a giocherellare con la sua collanina. Pete posò la mano aperta sul cruscotto. Ruby baciò la stella di David e trasse un profoooondo respiro. — Lo scorso maggio, a Dallas, questo stronzo di federale mi becca dietro il mio locale. Mi riversa addosso ogni concepibile minaccia, e io gli credo, perché mi rendo conto che si tratta di un fanatico goy e che non ha niente da perdere. Sa che ho fatto lo strozzino a Dallas e Chicago, e sa che ho raccomandato gente a Sam Giancana per un prestito del Fondo pensioni. È proprio questo che lo eccita. Vuole arrivare al Fondo pensioni dei Teamster. Tipicamente Littell: coraggioso e al tempo stesso stupido. — Mi costringe a chiamarlo una volta la settimana a un telefono pubblico di Chicago. Quando gli faccio capire di essere alla canna del gas, mi da qualche dollaro. Si fa raccontare di questo produttore cinematografico di mia conoscenza, Sid Kabikoff, che è interessato a contattare un usuraio di nome Sal D‟Onofrio, il quale a sua volta dovrebbe presentarlo a Momo per un prestito del Fondo pensioni. Cosa succede a questo punto non lo so. Ma i giornali riportano che sia D‟Onofrio che Kabikoff sono stati, come si dice, “torturati e uccisi”, e che entrambi i casi sono insoluti. Non sono Einstein, ma “tortura” a Chicago significa Sam G. Il quale non sa che c‟entra anche il
sottoscritto: in caso contrario, avrei ricevuto una visita. Ma non ci vuole certo Einstein per capire che quel pazzo di un federale è all‟origine dell‟intero disastro. Littell operava al di fuori della legge. Littell era il migliore amico di Boyd. Lenny Sands lavorava sia per Littell che per D‟Onofrio. Ruby si tolse un pelo di cane dal grembo. — È una storia da 5000 dollari? La strada si fece confusa. Pete rischiò di tranciare in due un alligatore. — Il federale non ti ha più chiamato dopo le morti di Sal D. e Kabikoff? — No, sia lodato Allah. Ma che mi dici dei miei cinque… — Li avrai. Te ne darò altri 3000 se ti richiamerà e tu me lo dirai immediatamente. E se mi darai una mano, ne aggiungerò altri 5000. Ruby ebbe un attacco apoplettico. — Ma perché? Cosa cazzo ti interessa di questa storia per farti spendere tanti soldi? Pete sorrise. — Deve rimanere fra noi, siamo intesi? — Vuoi la segretezza? L‟avrai. Sono un tipo riservato, lo sanno tutti, e sono in grado di tenere la bocca chiusa. Pete impugnò la Magnum e prese a guidare con le ginocchia. Ruby sorrise: oh, oh, e adesso cosa succede?
Pete estrasse il cilindro, tolse cinque colpi e lo fece ruotare. Ruby sorrise: oh, oh, ragazzo, sei proprio forte. Pete gli sparò un colpo alla tempia. Il calcolo delle probabilità si dimostrò valido: il cane scattò a vuoto. Ruby divenne pallido come un lenzuolo del Klan. — Chiedi in giro — disse Pete. — Senti cosa dicono di me. Giunsero a Blessington al crepuscolo. Ruby e Tippit approntarono lo spettacolo di spogliarello. Pete chiamò l‟aeroporto di Chicago e impersonò un agente di polizia. Un impiegato confermò il racconto di Ruby: il 18 maggio un certo Ward J. Littell era andato a Dallas e aveva fatto ritorno quella stessa notte. Riagganciò e chiamò l‟Eden Roc Hotel. La centralinista disse che Kemper Boyd era “fuori per tutta la giornata”. Pete gli lasciò un messaggio: “Stasera alle 10 alla Luau Lounge. Urgente“. Boyd minimizzò. — Sapevo che Ward stava indagando sul Fondo pensioni — disse nel tono di chi era troppo annoiato per respirare. Pete fece una serie di anelli di fumo. Il tono di Boyd lo
faceva incazzare: aveva fatto centoquaranta chilometri per assistere alla sua stramaledetta espressione annoiata. — Non mi sembri preoccupato. — Ne ho un po‟ piene le tasche di Littell, ma a parte questo non credo ci sia nulla per cui perdere il sonno. Vuoi dirmi chi ti ha raccontato questa storia? — No. Non sa che si tratta di Littell, e l‟ho già spaventato a sufficienza. Una candela polinesiana illuminava il loro tavolo. Boyd andava e veniva nel suo strano, piccolo alone di luce tremolante. — Non vedo come la cosa ti coinvolga, Pete. — Coinvolge Jimmy Hoffa. Jimmy è con noi per quanto riguarda Cuba, e il Fondo pensioni non è altri che lui. Boyd tamburellò con le dita sul tavolo. — Littell è ossessionato dalla mafia di Chicago e dal Fondo pensioni. Non sfiora nemmeno la nostra attività, e personalmente non credo di dovere alcun avvertimento a Jimmy. E non voglio che ne parli a Lenny Sands. Non è al corrente della faccenda, e non c‟è alcun bisogno di coinvolgerlo. Tipicamente Boyd: il principio della “necessità di sapere” portato alle estreme conseguenze. — Non siamo costretti ad avvertire Jimmy, ma ti dirò una cosa forte e chiara. Jimmy mi ha assoldato per ammazzare
Anton Gretzler, e non voglio che Littell mi incastri. Ha già capito che sono stato io, ed è abbastanza pazzo da decidere di dirlo ai quattro venti, Hoover o non Hoover. Boyd fece ruotare il bastoncino del suo martini. — Hai ucciso anche Roland Kirpaski. — No. L‟ha fatto Jimmy in persona. Boyd diede un fischio: très, très disinvolto. Pete non riuscì più a trattenersi. — Concedi troppo a Littell. Lasci correre cose che non dovresti. — Abbiamo entrambi perso un fratello, Pete. Lascia stare. Non aveva senso. A volte Boyd diceva strane cose. Pete si rilassò sulla sedia. — Lo stai sorvegliando? Quanto è lungo il guinzaglio con cui lo tieni? — Non lo sento da mesi. Sto prendendo le distanze sia da lui che da Hoover. — Perché? — Un istinto. — Di sopravvivenza? — Più che altro di accasamento. Ci si allontana da certa gente, ci si avvicina ad altri. — Come i Kennedy. — Già. Pete scoppiò a ridere. — Ti si vede poco, da quando Jack è
sceso in pista. — Non mi vedrai più fino alle elezioni. Stanton sa che non posso moltiplicarmi. — Dovrebbe saperlo. Ti ha assunto proprio per avvicinarsi ai Kennedy. — Non se ne pentirà. — Nemmeno io. Significa che posso condurre da solo la squadra scelta. — Ce la puoi fare? — I negri sanno forse ballare? — Direi proprio di sì. Pete sorseggiò la sua birra. Aveva perso ogni effervescenza: si era dimenticato di averla ordinata. — Hai detto “elezioni” come se fossi sicuro che arriverete a novembre. — Sono ragionevolmente certo che ce la faremo. Jack è in testa nel New Hampshire e nel Wisconsin. Se ci riusciremo anche in West Virginia, credo proprio che arriveremo in fondo. — Spero proprio che sia anticastrista. — Lo è. Non batte il chiodo come Richard Nixon, ma Dick ce l‟ha con i rossi fin dai tempi dei tempi. — Il presidente Jack. Gesù Cristo. Boyd richiamò l‟attenzione di un cameriere. Un altro martini giunse subito al tavolo.
— È pura seduzione, Pete. Costringerà l‟intero paese in un angolo con il suo fascino, come se si trattasse di una donna. Quando l‟America si renderà conto che la scelta è fra Jack e l‟irritabile vecchio Dick Nixon, con chi credi che sceglierà di andare a letto? Pete sollevò il boccale di birra. — Viva la Causa. Viva Jack Mal di Schiena. Brindarono. — Appoggerà la Causa — riprese Boyd. — E se ci sarà un‟invasione, vogliamo che accada durante la sua amministrazione. Pete si accese una sigaretta. — Non è quello che mi preoccupa. A parte Littell, c‟è soltanto una cosa da temere. — Hai paura che l‟Agenzia scopra le nostre attività con la squadra scelta. — Esatto. — Voglio che le scopra — replicò Boyd. — Anzi, ne informerò io stesso i responsabili prima di novembre. È inevitabile che venga fuori la verità, e quando ciò succederà il mio rapporto con i Kennedy mi avrà reso troppo prezioso. I nostri uomini avranno reclutato troppi volontari di valore e avranno guadagnato troppi soldi, e visto che stiamo parlando di moralità, credi sia peggio spacciare eroina ai neri o invadere illegalmente un‟isola?
Seguì un profluvio di espressioni tipicamente boydiane: “autofinanziati”, “indipendenti”… — E non ti preoccupare di Littell. Sta cercando di raccogliere informazioni da fornire a Bobby Kennedy, ma io filtro tutti i suoi rapporti e non lascerò che Littell ti danneggi in alcun modo, o incastri Jimmy per l‟omicidio Kirpaski o qualsiasi altro fatto in cui tu o la Causa siete coinvolti. Ma presto o tardi Bobby riuscirà a far crollare Hoffa, e non voglio che ti ci ritrovi immischiato. Pete si sentiva girare la testa. — Non ho nulla da obiettare. Ma a questo punto posso arrivare a Littell, e se reputerò che il tuo amichetto avrà bisogno di un bello spavento, non mi tirerò indietro. — Nemmeno io ho nulla da obiettare. Puoi fare ciò che credi, a patto che non lo uccidi. Si strinsero la mano. — Les gens que l'on comprend… ce sont eux que l'on domine — disse Boyd. En français, Pierre, souviens-toi: Coloro che comprendiamo sono coloro che controlliamo.
Capitolo 41 (New York. Hyannis Port. New Hampshire. Wisconsin. West Virginia, 4.2.60, 4.5.60) A Natale ne aveva avuto la certezza. Ogni giorno successivo non aveva fatto che rafforzarla. Jack si era tenuto l‟anello di Laura. Kemper aveva preso la spilla di smeraldi di Jackie. Quando era stato sul punto di tornare a New York, la sua auto non era partita. L‟aveva fatta controllare a un autista di casa Kennedy. Passeggiando per la tenuta, aveva sorpreso Jack in piena trasformazione. Era in piedi sulla spiaggia, solo. Provava a piena voce il suo personaggio pubblico. Kemper si era tenuto in disparte e l‟aveva osservato. Da piuttosto alto, all‟improvviso Jack sembrava alto. Da stridente, la sua voce si era fatta tuonante. Le sue mani gesticolanti colpivano bersagli che prima di allora avevano sempre mancato. Jack rideva. Jack reclinava il capo, in ascolto. Jack riassumeva con maestria la questione russa, i diritti civili, la corsa allo spazio, Cuba, il cattolicesimo, la sua cosiddetta
giovinezza e ritraeva Richard Nixon come un falso e ozioso reazionario incapace di guidare il paese più grande del mondo in tempi difficili come quelli. Aveva un aspetto eroico. Cogliendo l‟attimo, si era sbarazzato dei suoi lati più infantili. La sicurezza di sé c‟era sempre stata. Aveva rinviato il momento finché non aveva avuto la possibilità di ottenere in cambio il mondo intero. Jack sapeva che avrebbe vinto. Kemper sapeva che avrebbe impersonato la grandezza con la forza di un enigma a cui era stata concessa una forma. Quella nuova libertà avrebbe fatto sì che la gente lo adorasse. Laura aveva adorato la spilla. Jack aveva conquistato il New Hampshire e il Wisconsin. Jimmy Hoffa aveva preso d‟assalto entrambi gli Stati. Aveva mobilitato i Teamster e delirato sui canali televisivi nazionali. Jimmy tradiva la sua fondamentale follia ogni volta che apriva bocca. Kemper aveva organizzato il contrattacco. Picchetti di sostenitori di Jack si erano azzuffati con quelli dei Teamster. I suoi uomini erano ottimi urlatori e agitatori di cartelli. Il libro di Bobby era entrato nella lista dei più venduti.
Kemper ne distribuiva copie gratuite nelle sedi sindacali. L‟opinione unanime dopo quattro mesi di lavoro: Jimmy Hoffa ne stava uscendo a pezzi. Jack era affascinante. Hoffa era tronfio e molesto. Tutti i suoi fendenti antikennediani tradivano una didascalia: “Sotto indagine per frode immobiliare“. La gente amava Jack. La gente voleva toccarlo. Kemper lasciava che le folle gli si facessero pericolosamente vicine. Kemper permetteva ai fotografi di farsi sotto. Voleva che tutti pensassero che il sorriso divertito di Jack significasse amore. Nel Nebraska non avevano opposizione. Mancavano sei giorni alle primarie in West Virginia: Jack era in grado di eliminare Hubert Humphrey. Frank Sinatra incitava i provinciali. Un tirapiedi del Rat Pack aveva composto un inno per Jack. Le bustarelle riuscivano a farlo trasmettere in continuazione. Laura definiva Sinatra un pene piccolo con una grande voce. L‟ascesa di Jack la rendeva furiosa. Era una reietta, nonostante fosse sua consanguinea. Kemper Boyd era un estraneo a cui era stata concessa una condizione da affiliato. La chiamava ogni sera. Laura la considerava una formalità. Kemper sapeva che Lenny le mancava. Laura non sapeva
che era stato lui a bandirlo dalla sua vita. Lenny aveva cambiato il numero telefonico di Chicago: non vi era alcuna possibilità che Laura potesse rintracciarlo. Kemper aveva controllato le bollette del telefono di Lenny: non l‟aveva più chiamata. Bobby si era ricordato di Lenny il “maestro di dizione”. Alcuni membri dello staff avevano consigliato un corso di aggiornamento. Lenny era stato invitato nel New Hampshire. Jack l‟aveva “presentato” a Kemper. Lenny era stato al gioco e non aveva mostrato un‟ombra di risentimento o paura. Lenny aveva plasmato la voce ufficiale di Jack fino alla perfezione. Bobby l‟aveva inserito nel libro paga per le elezioni del Wisconsin, come scaldapubblico. Lenny rallegrava le masse per pochi soldi. Bobby ne era molto soddisfatto. Claire passava con Laura la maggior parte dei fine settimana. A sentir lei, la sorellastra di Jack era una seguace accanita di Nixon. Come Hoover. Avevano parlato a metà febbraio. Era stato Hoover a chiamarlo. — Mio Dio, ne è passato di tempo! — aveva esordito in
tono di profonda falsità. Kemper l‟aveva informato delle novità e gli aveva riferito i sospetti di Joe Kennedy. — Creerò un dossier per sostanziare la sua copertura — gli aveva promesso Hoover. — Ne risulterà che i suoi viaggi in Florida dipendono esclusivamente da me. La consacrerò osservatore speciale dei gruppi castristi. Kemper gli aveva fornito le date in cui si era trovato in Florida. Hoover gli aveva inviato falsi itinerari da memorizzare. Hoover non aveva mai menzionato la campagna. Kemper si era reso conto che intuiva una vittoria di Kennedy. Hoover non aveva mai menzionato Jack e le donne. Hoover non aveva suggerito di infiltrare prostitute. Hoover non aveva capito la ragione per cui Kemper Boyd si era tenuto a distanza. Non voleva mettere in atto un altro ricatto sessuale. Voleva conservare un valido compartimento di lealtà. Ricatti sessuali? No. Servizi sessuali? Certo. Procurava a Jack una squillo per notte. Chiamava i suoi contatti locali presso la buoncostume per farsi dare i nomi giusti. Perquisiva intimamente ogni ragazza che Jack si portava a letto. Le ragazze adoravano Jack.
Come l‟agente speciale Ward Littell. Non si parlavano da più di sei mesi, quando Ward si era presentato alla grande manifestazione di Milwaukee: il vecchio Fantasma di Chicago nelle vesti della nuova Apparizione di Chicago. Gli era parso fragile e arruffato. Non somigliava affatto alla classica immagine comune di un agente federale. Si era rifiutato di parlare della mafia o del Fondo pensioni. Si era rifiutato di discutere dell‟omicidio D‟Onofrio. Aveva confessato di trascurare il suo incarico anticomunista. Aveva raccontato di aver fatto amicizia con un rosso che avrebbe dovuto pedinare. La campagna Kennedy gli piaceva. Ne indossava i distintivi in ufficio, e quando l‟agente responsabile Leahy gli aveva detto di toglierli aveva reagito facendo una scenata. La crociata antimafia di Littell era finita nel nulla. Hoover non poteva più toccarli: il collegamento Boyd-Littell era inattivo. Kemper aveva detto a Bobby che il Fantasma non aveva smesso di scavare. Non mi disturbare con queste sciocchezze, aveva risposto Bobby. Mancavano otto mesi alla pensione di Littell. Il suo sogno alcolico era un incarico nell‟amministrazione Kennedy.
Ward ama Jack. Il New Hampshire ama Jack. Il Wisconsin ama Jack. La West Virginia era a disposizione. La contea di Greenbrier era cruciale e totalmente in mano alla mafia. Kemper aveva deciso di non chiedere aiuto ai ragazzi. Perché indebitare Jack con individui che Bobby detestava? L‟America ama Jack. Sinatra aveva detto bene: That old Jack Magic has me in its spell. La vecchia magia di Jack mi ha incantato.
Capitolo 42 (Blessington. Miami, 4.2.60, 4.5.60) Quella frase sui “fratelli persi” continuava a tormentarlo. Pete non riusciva a togliersela dalla mente. A metà marzo John Stanton era venuto a visitare il campo. Pete l‟aveva interrogato sul passato di Kemper Boyd. Stanton aveva risposto che la CIA aveva fatto le sue indagini. La storia dell‟incidente di caccia l‟aveva messo in ottima luce: Kemper non si lasciava abbattere dalle sventure. Boyd parlava francese. Boyd faceva vibrare paroloni. Boyd lo confondeva… I suoi ultimi tre mesi: “autonomi”, direttamente dal dizionario Webster. La tabella di marcia di Kemper aveva un solo obiettivo: KENNEDY. Quella di Pete un altro: CUBA. Fulo aveva rinunciato al suo giro di puttane. Lockhart aveva sposato il Nuovo Kodice del Klan. Blessington aveva preparato settecentoquarantasei uomini in totale: sei corsi di due settimane ciascuno.
Avevano imparato l‟uso delle armi, il judo, la navigazione con i motoscafi e i fondamenti delle tecniche di demolizione. Chuck Rogers li aveva ingozzati di propaganda anticomunista. La squadra scelta reclutava esuli a Miami. Le teste calde cubane si univano di buon grado. L‟Agenzia aveva creato sessanta campi di addestramento. Avevano fondato una “scuola di specializzazione” in Guatemala: un campo militare completamente attrezzato. Ike aveva allentato i cordoni della borsa. Ike aveva approvato i piani per un‟invasione di esuli. Era un importante cambiamento politico: tre piani segreti per eliminare Castro erano falliti e avevano confuso le idee agli uomini di Langley. I cecchini non erano riusciti ad avvicinarsi. Gli assistenti avevano fumato i sigari esplosivi destinati al Barbuto. Fanculo, si erano detti a Langley. Invadiamo Cuba. Forse ai primi dell‟anno successivo. Forse durante la presidenza di Jack Mal di Schiena. Boyd aveva detto che Jack avrebbe approvato il piano. Boyd era molto persuasivo. Santos Junior aveva sparso la voce: Jack Kennedy da retta a Kemper Boyd. L‟Organizzazione aveva contribuito alla campagna di Jack, in silenzio e anonimamente. Pingui, succosi versamenti, seguendo il principio della compartimentazione.
Jimmy Hoffa non lo sapeva. Jack non lo sapeva: non ne sarebbe stato informato finché non fosse giunto il momento di battere cassa. Sam G. aveva dichiarato di essere in grado di comprargli l'Illinois. Lenny Sands raccontava che Sam aveva speso una fortuna nel Wisconsin. Lo stesso in West Virginia: il denaro della mafia di Chicago aveva acquistato i voti per Jack. Pete aveva chiesto a Lenny se Boyd fosse a conoscenza di quei retroscena. Non credo, aveva risposto Lenny. Sinceriamoci che continui così, aveva detto Pete. Kemper non avrebbe gradito l‟idea di aver dato Jack in pegno alla mafia. Boyd ispirava fiducia. Trafficante lo adorava. Santos faceva passare il cappello della Causa cubana… e Giancana, Rosselli e Marcello lo riempivano allegri. Classica compartimentazione. I pezzi grossi della CIA accettavano gli omaggi della ditta. E avevano saputo del giro di droga gestito dalla squadra scelta… prima ancora che Kemper li informasse. Avevano lasciato correre. La consideravano un‟iniziativa plausibilmente negabile. Continuate pure, avevano detto a John Stanton. Ma non rivelate il nostro coinvolgimento a chi non fa parte della CIA. Come le forze dell‟ordine esterne all‟operazione. Come i politici moralisti.
Stanton aveva reagito con sollievo, Kemper con divertimento. È un‟esemplificazione della dicotomia fra Jack e Bobby, aveva detto: lo spaccio di droga come spartiacque morale. Fratello Maggiore avrebbe reagito trasalendo, ma cercando subito di dimenticare l‟alleanza. Fratello Minore si sarebbe schierato dalla parte di Dio e avrebbe cercato di bandire ogni collegamento fra CIA e mafia. Fratello Maggiore era un uomo di mondo, come suo padre. Fratello Minore faceva lo schizzinoso, come un Ward Littell senza la bottiglia e con due coglioni funzionanti. Bobby aveva i soldi del padre e l‟appoggio del fratello. Littell aveva l‟alcol e la religione. Jack Ruby aveva un‟ipoteca su 5000 dollari: se Littell gli si fosse avvicinato di nuovo, Big Pete ne sarebbe stato informato. Boyd gli aveva ordinato di non ucciderlo. Boyd appoggiava l‟ossessione di Littell per il Fondo pensioni: significava come minimo una vaga possibilità di allungare le mani su grandi cifre di denaro. Littell adorava Jack Mal di Schiena. Come Darleen Shoftel. Come Gail Hendee. Come lui stesso. Ehi, Jack, ti sei scopato la mia ex. Ma non m‟importa, Kemper Boyd dice che sei a posto.
Sto spacciando eroina per te. Ho un giro di denaro sporco con un uomo di nome Guy Banister, che ti associa a un complotto ebraico-papista per inchiappettare l‟America. Fort Blessington ti piacerebbe, Jack. È diventato un luogo di villeggiatura della mafia: i ragazzi ci vengono per assistere allo spettacolo degli anticastristi. Santos Junior si è comprato un motel alle porte della cittadina. Ti ospiterebbe gratis… sempre che tu accettassi di scaricare il fratellino nelle Everglades. Sam G. si fa vedere. Carlos Marcello viene a trovarci. Johnny Rosselli si porta dietro Dick Contino con la sua fisarmonica. Lenny Sands si esibisce spesso: il suo Fidel travestito fa crollare i muri dalle risate. I profitti della droga erano alti. Il morale della squadra scelta era al settimo cielo. Ramon Gutiérrez teneva il conto delle vittime delle razzie notturne a Cuba a cui era stato preso lo scalpo. Heshie Ryskind aveva stabilito un premio speciale per ogni scalpo. Lenny Sands si dedicava agli scandali, con il Barbuto come capro espiatorio. Hughes apprezzava lo slancio politico, ma avrebbe preferito che Hush-Hush si fosse occupato esclusivamente di scandali sessuali.
Pete lo chiamava una volta la settimana. Il coglione era un lamento continuo. Il processo per la Twa si trascinava. Dick Steisel teneva diversi sosia sul libro paga. Hughes era convinto che i negri causassero il cancro, e continuava a insistere perché Ike reintegrasse la schiavitù. Gli teneva compagnia la sua banda di mormoni ossessionati dai germi. Si occupavano dell‟igiene della sua villetta: nubi d‟insetticida della forza di una bomba atomica facevano miracoli. Un certo Duane Spurgeon era a capo del gruppo. Copriva con preservativi lubrificati ogni singola maniglia potenzialmente sfiorata da un negro. Hughes aveva una nuova ossessione: farsi fare una trasfusione alla settimana. Succhiava esclusivamente puro sangue mormone, acquistato da un‟emoteca alle porte di Salt Lake City. Grazie per la roba, ripeteva ogni volta. Ringrazia l‟Agenzia, rispondeva sempre Pete. Riceveva ancora il suo stipendio. Godeva ancora di ventitré riduzioni degli alimenti. Aveva il 5 per cento della Tiger Kab e la sua paga di agente a contratto. Fino a poco tempo prima faceva il magnaccia e il ricattatore.
Ora correva al passo con la Storia. Jimmy Hoffa passava dalla stazione a intervalli irregolari. Il suo repertorio classico era fare una sfuriata ai conducenti che non sapevano l‟inglese. Wilfredo Delsol si occupava del centralino: l‟eliminazione del cugino gli aveva fatto passare la voglia di violenza. Wilfredo sapeva l‟inglese. Sosteneva che Jimmy si incazzasse con i cubani, ma che non andasse mai fino in fondo. Chiunque si beccasse la prima salve di “teste di cazzo” finiva per essere dimenticato. Hoffa non riusciva a gridare una frase che non terminasse con la parola “Kennedy”. Pete aveva visto Jack e Jimmy in televisione uno dopo l‟altro. Con il suo fascino, Kennedy aveva fatto ammutolire il suo avversario. Hoffa indossava calzini bianchi e una cravatta macchiata di tuorlo d‟uovo. E Pete sapeva riconoscere un cavallo vincente. A volte non riusciva a chiudere occhio. Tutto gli sfrecciava in testa come dopo l‟esplosione di una bomba all‟idrogeno.
Capitolo 43 (Greenbrier, 8.5.60) Due cordoni fiancheggiavano la strada fino ai piedi del podio. Picchetti a favore di Jack e sostenitori dei Teamster: un bell‟assortimento di duri. La via principale era stata chiusa al traffico. La folla convenuta per la manifestazione si allungava per tre isolati: almeno seimila persone pigiate come sardine. Cianciavano e mormoravano. I cartelli si agitavano a tre metri da terra. Jack avrebbe dovuto parlare per primo. Humphrey, sconfitto in un lancio della monetina truccato, l‟avrebbe seguito. Le insegne di Jack erano il triplo di quelle di Hubert: era il leitmotiv della campagna in West Virginia. I gorilla dei Teamster sbraitavano nei megafoni. Un bifolco imbracciava un cartello con una caricatura: Jack con un paio di zanne e una papalina in testa. Kemper si tappò le orecchie. Il ruggito della folla era insostenibile.
Una pioggia di sassi mandò in frantumi il cartello: aveva pagato dei ragazzini perché si accovacciassero e facessero partire i loro proiettili. Era il momento di Jack. La cattiva acustica e le invettive dei sostenitori di Hoffa ne avrebbero coperto le parole. Non era una gran perdita: la gente l‟avrebbe comunque visto. E alla comparsa di Humphrey si sarebbe dispersa: alcuni bar del centro offrivano da bere. Erano bottiglie procurate da Kemper Boyd. Un vecchio amico aveva rubato un camion della Schenley e gli aveva inviato il carico. La strada brulicava di gente. I marciapiedi brulicavano di gente. Peter Lawford lanciava spille omaggio a un branco di suore. Kemper si mischiò alla folla e cominciò a guardare il podio. A qualche metro di distanza scorse due volti che lo sorpresero: Lenny Sands e il prototipo del mafioso. Il mafioso rivolse a Lenny il pollice sollevato. Lenny rispose con un doppio pollice. Lenny non era più nel libro paga della campagna. Lenny non aveva alcun incarico ufficiale. Il mafioso si diresse verso destra. Lenny deviò a sinistra e
imboccò un vicolo costeggiato di bidoni della spazzatura. Kemper lo seguì. I gomiti e le ginocchia della folla lo rallentarono. Un gruppo di liceali lo spintonò fino al marciapiede opposto. Lenny era giunto a metà del vicolo. Stava confabulando con due poliziotti. Il fracasso della folla diminuì. Kemper si accovacciò dietro un bidone e si mise all‟ascolto. Lenny agitava un rotolo di banconote. Un poliziotto ne prese qualcuna. — Per altri 200 dollari possiamo rallentare il pullman di Humphrey e convocare un gruppo di provocatori — disse il suo compare. — Fatelo — rispose Lenny. — È un‟iniziativa del signor G. Non parlatene con nessuno dell‟organizzazione Kennedy. I poliziotti intascarono il rotolo di denaro e si allontanarono attraverso il vicolo. Lenny appoggiò la schiena al muro e si accese una sigaretta. Kemper gli si avvicinò. — Allora? — lo apostrofò Lenny il Vissuto. — Allora spiegami. — Cosa c‟è da spiegare? — Riempi le caselle vuote.
— Cosa c‟è da riempire? Siamo entrambi dalla parte di Kennedy. Lenny sapeva il fatto suo. Lenny poteva fregare ogni furbastro sul pianeta. — Giancana è intervenuto anche nel Wisconsin, giusto? Non ci avresti dato dentro come hai fatto per la miseria che ti dava Bobby. Lenny scrollò le spalle. — Sam e Hesh Ryskind. — Chi gliel‟ha consigliato? Tu? — Il mio parere non conta così tanto, lo sai. — Parla, Lenny. Stai facendo il furbo, e la cosa inizia a darmi fastidio. Lenny spense la sigaretta contro il muro. — Sinatra si vantava della sua influenza su Jack. Diceva che da presidente Jack non sarebbe stato il Kennedy della Commissione McClellan. Non so se mi spiego. — E Giancana ci ha creduto subito? — No. Sei stato proprio tu a dare una grossa mano a Frank. Sono tutti molto contenti di quello che stai facendo sul fronte cubano, e così si sono detti che se Jack piace a te, non può essere così male. Kemper sorrise. — Non voglio che Bobby e Jack lo vengano a sapere.
— Non lo vuole nessuno. — Finché non si tratterà di battere cassa. — Sam non crede nei solleciti. E a proposito, lascia che te lo dica subito. Non ho scoperto un cazzo sul Fondo pensioni. Kemper udì dei passi. Vide Teamster a destra e Teamster a sinistra. Erano armati di catene, e bloccavano entrambe le uscite del vicolo. Puntavano Lenny. Il piccolo Lenny, Lenny l‟Ebreo, Lenny il leccapiedi di Kennedy… Lenny non li vedeva. Lenny la Testa di Cazzo era ancora assorbito dal suo ruolo di furbastro e duraccione. — Mi terrò in contatto — disse Kemper. — Ci vediamo — rispose Lenny. Kemper arretrò fino a un edificio all‟estremità del vicolo e ne chiuse a chiave la porta. Udì grida, sferragliare di catene, colpi sordi. Il classico trattamento da servizio d‟ordine sindacale. Lenny non gridò né si lamentò. Kemper cronometrò il pestaggio: un minuto e sei secondi.
Capitolo 44 (Chicago, 10.5.60) Il lavoro lo stava rendendo schizofrenico. Doveva rispondere al Bureau e anche alla sua coscienza. Chuck Leahy odiava Mal Chamales. La Commissione d‟inchiesta del Congresso aveva collegato Mal a sedici organizzazioni comuniste. Il mentore di Leahy era l‟ex agente responsabile di Chicago, Guy Banister. Banister odiava Mal. Il dossier federale su Mal era lungo ottanta pagine. Mal gli piaceva. Di quando in quando si vedevano per un caffè. Dal „46 al „48 Mal era stato in galera a Lewisburg: Banister aveva gonfiato il suo profilo di sovversivo e aveva convinto il procuratore distrettuale a emettere un capo d‟accusa. Leahy l‟aveva chiamato quella mattina. — Non devi perdere d‟occhio Mal Chamales, Ward. Voglio che frequenti le sue stesse riunioni e che prendi nota delle dichiarazioni sovversive che potremo usare in seguito. Littell aveva telefonato a Chamales per avvertirlo. — Oggi
pomeriggio devo parlare a una riunione del Partito socialista — disse Mal. — Fingeremo di non conoscerci. Littell si preparò un rye e soda. Erano le 5,40: aveva tempo di lavorare prima del notiziario nazionale. Riempì il rapporto di dettagli inutili. Tralasciò la tirata anti FBI di Mal. Concluse con osservazioni ambigue. “Il discorso del soggetto alla riunione del Partito socialista si è rivelato tiepido e pieno di confusi luoghi comuni di marca sinistrofila ma non sovversiva. I suoi commenti nel corso delle domande e risposte non sono parsi particolarmente sovversivi o provocatori.“ Mal aveva definito Hoover come “un fascista in stivaloni e calzoncini di pelle color lavanda“. Una dichiarazione sovversiva? Sì e no. Littell accese il televisore. John Kennedy riempiva lo schermo. Si era appena aggiudicato le primarie in West Virginia. Suonò il campanello. Littell premette il pulsante di apertura ed estrasse di tasca qualche dollaro per il fattorino dell‟A&P. Si trovò davanti Lenny Sands. Il volto coperto di croste, lividi e punti. Una stecca fasciata gli raddrizzava il naso fratturato. Lenny entrò barcollando. Lenny fece un sorriso affettato. Lenny agitò le dita rivolto allo schermo: — Ciao, Jack, bel
pezzo di agnello arrosto irlandese! Littell scattò in piedi. Lenny barcollò fino a una libreria e vi si aggrappò. — Ward, ma che bella cera! Quei vecchi pantalonacci di J.C. Penney e quella camicia bianca da quattro soldi ti donano così tanto! Kennedy stava affrontando il tema dei diritti civili. Littell spense il televisore a metà frase. Lenny agitò la mano in segno di saluto. — Addio, Jack, mio cognato nel migliore dei mondi possibili, se mi piacessero le ragazze e se tu avessi il coraggio di riconoscere la mia cara amica Laura, che il magnifico ma crudele Kemper Boyd ha cancellato dalla mia vita. Littell gli si avvicinò. — Lenny… — Non cercare di avvicinarti o di toccarmi o di lenire il tuo senso di colpa o di farmi passare questa fantastica stonatura da Percodan, triste caricatura di poliziotto che non sei altro, se vuoi che spifferi tutto quello che so e ho sempre saputo sul Fondo pensioni! Littell si aggrappò a una poltrona. Le sue dita lacerarono il tessuto. Iniziò a girargli la testa, esattamente come a Lenny. La libreria traballò. Lenny ondeggiava sui tacchi, drogato e ubriaco fradicio. — Jules Shiffrin conserva i registri da qualche parte a Lake Geneva. Ha una villa, e tiene i registri in cassaforte o in cassette
di sicurezza di qualche banca della zona. Lo so perché mi sono esibito da lui e l‟ho sentito parlare con Johnny Rosselli. Non mi chiedere dettagli perché non ne ho, e concentrarmi mi fa venire il mal di testa. Il braccio gli scivolò. La poltrona lo seguì a ruota. Littell finì contro il mobiletto della televisione. — Perché me lo stai dicendo? — Perché sei un po‟ meglio della Bestia e di Boyd, perché a mio parere Boyd vuole le stesse informazioni per guadagno personale e perché sono stato massacrato di botte per aver fatto un piacere a Sam… — Lenny… —… e Sam ha detto che l‟avrebbe fatta pagare a qualcuno di molto importante, ma io gli ho chiesto di non farlo… — Lenny… —… e Jules Shiffrin era con lui, e stavano parlando di qualcuno che negli anni Venti era soprannominato “Joe l‟Irlandese”, e di come facevano strisciare queste ragazze degli studi cinematografici… — Lenny, andiamo… —… e tutto all‟improvviso mi è sembrato così tremendo che mi sono sparato un altro paio di Percodan e ora eccomi qui, e se sarò un ometto fortunato domattina mi sarò dimenticato tutto. Littell gli si avvicinò. Lenny cominciò ad agitare le mani, a graffiare, a scalciarlo. La libreria crollò a terra. Lenny vi inciampò e uscì barcollando dalla porta.
I libri di legge precipitarono a terra. Una foto incorniciata di Helen Agee andò in mille pezzi. Littell partì per Lake Geneva. Vi giunse a mezzanotte e prese una stanza in un motel lungo la statale. Pagò anticipatamente in contanti e diede un nome falso. L‟elenco telefonico in camera riportava il nome di Jules Shiffrin. Il suo indirizzo era segnato come “Rural Free Delivery”. Littell controllò una cartina geografica della zona e lo individuò: un terreno boscoso nei pressi del lago. Lo raggiunse e parcheggiò al margine della strada. Il binocolo lo avvicinò all‟obiettivo. Vide una villa di muratura circondata da una proprietà di almeno dieci acri riparata dagli alberi. Non vi erano muri né recinzioni. Niente proiettori. Duecento metri dalla porta d‟ingresso alla strada. Allarmi alle finestre. Niente guardiola, niente cancello. La polizia di Stato del Wisconsin probabilmente la sorvegliava a livello informale. Lenny aveva detto “casseforti o cassette di sicurezza”. Lenny aveva detto “Boyd“.”informazioni‟? “guadagno personale”. Lenny era drogato ma lucido. L‟uscita su Boyd era facile da
decifrare. Kemper era interessato al Fondo pensioni per ragioni indipendenti dalle sue. Littell fece ritorno al motel. Consultò le Pagine Gialle e prese nota degli indirizzi delle nove banche locali. La discrezione avrebbe protetto la sua mancanza di investitura ufficiale. Kemper Boyd aveva sempre insistito sul coraggio unito alla discrezione. Kemper ricattava Lenny per i suoi interessi. Era una rivelazione che non lo sconvolgeva affatto. Dormì fino alle dieci. Controllò la cartina e vide che le banche erano poco distanti. I primi quattro direttori collaborarono. Le loro risposte furono immediate: il signor Shiffrin non è nostro cliente. I due successivi scossero il capo. Le loro risposte furono immediate: non abbiamo cassette di sicurezza. Il direttore numero 7 chiese di vedere un mandato. Non fu una gran perdita: il nome di Shiffrin non gli aveva provocato alcuna reazione. Le banche numero 8 e 9: niente cassette di sicurezza. Nei paraggi vi erano numerose importanti cittadine. Più di venti centri abitati in un raggio di centocinquanta chilometri. Arrivare a controllare tutte le cassette di sicurezza era pura illusione.
“Cassaforte” significava installazione nella villa. Le aziende produttrici di casseforti e sistemi di allarme conservavano piante e diagrammi, ma non li tiravano fuori senza una richiesta ufficiale. Lenny si era esibito a domicilio. Poteva aver visto di persona la cassaforte. Lenny era in un momento troppo delicato. Ma… Jack Ruby probabilmente conosceva Shiffrin. Jack Ruby era corruttibile e remissivo. Littell trovò un telefono pubblico. Un operatore lo collegò con Dallas. Ruby rispose al terzo squillo. — Risponde il Carousel Club, dove i vostri soldi vengono… — Sono io, Jack. Il tuo amico di Chicago. — Fanculo, non voglio averci… Sembrava sconcertato, sbalordito e profondamente irritato. — Quanto a fondo conosci Jules Shiffrin, Jack? — Poco. Lo conosco solo superficialmente. Perché? Perché? Perché? — Voglio che tu vada nel Wisconsin e ti presenti con un pretesto qualsiasi nella sua villa di Lake Geneva. Devo sapere com‟è fatta all‟interno, Jack. Se lo farai, ti darò tutti i miei risparmi. — Fanculo, non voglio averci… — 4000 dollari, Jack.
— Fanculo, non voglio averci… Un latrato interruppe le sue proteste.
Capitolo 45 (Blessington, 12.5.60) — Capisco come si deve essere sentito Gesù Cristo — disse Jimmy Hoffa. — I faraoni del cazzo salirono al potere a sue spese, proprio come quei cazzoni dei fratelli Kennedy stanno facendo con me. — Ripassa la storia — intervenne Heshie Ryskind. — Fu Giulio Cesare a fregare Gesù Cristo. — Joe Kennedy è un uomo con cui si può ragionare — decretò Santos Junior. — La pecora nera è soltanto Bobby. Se Jack ce la farà, Joe gli farà capire un paio di cosette. — J. Edgar Hoover odia Bobby — disse Johnny Rosselli. — E sa che non potrà mai sconfiggere l‟Organizzazione. Se il ragazzo verrà eletto, prevarranno teste meno calde di quel succhiacazzi di Bobby. I ragazzi erano seduti sulle sdraio lungo il pontile. Pete badava a tenere i bicchieri sempre pieni e li lasciava chiacchierare. — Gesù fece il miracolo dei pani e dei pesci — riprese Hoffa.
— Cazzo, è più o meno l‟unica cosa che non ho tentato. Ho speso 600.000 cocuzze per le primarie, ho comprato ogni singolo sbirro, assessore, consigliere, sindaco, gran giurì, senatore, giudice, procuratore distrettuale e investigatore che me l‟abbia concesso. Sono come Gesù Cristo che cerca di dividere le acque del fottuto Mar Rosso e non riesce a superare il primo motel sulla spiaggia. — Jimmy, tranquillizzati — disse Ryskind. — Fatti fare un bel pompino e rilassati. Ho qualche nominativo interessante. Sono ragazze che sanno il fatto loro, e sarebbero felici di soddisfare un tipo famoso come te. — Se Jack verrà eletto — riprese Rosselli — Bobby scomparirà dietro le quinte. Scommetto che si candiderà per la poltrona di governatore del Massachusetts, e a quel punto saranno cavoli di Raymond Patriarca e dei ragazzi di Boston. — Non succederà mai — obiettò Santos Junior. — Joe e Raymond sono vecchi amici. E alla resa dei conti è sempre Joe che comanda, non Jack o Bobby. — Sono gli atti d‟accusa dei gran giurì che mi preoccupano — insistette Hoffa. — Il mio avvocato sostiene che la faccenda di Sun Valley ci darà qualche problema, il che significa una pioggia di atti d‟accusa in arrivo entro la fine dell‟anno. Non venite a dipingermi Joe Kennedy come Gesù che passa a Dio i dieci comandamenti sul fottuto Vesuvio.
— Santos stava soltanto rispondendo a Johnny — disse Ryskind. — È il monte Ararat, Jimmy — intervenne Rosselli. — Il Vesuvio è a Yellowstone. — Voi non conoscete Jack Kennedy — riprese Hoffa. — Quello stronzo di Kemper Boyd vi ha convinti che è un fanatico anticastrista, mentre in realtà è un socialista, un amante dei negri, un frocio mascherato da figaiolo. La schiuma delle onde raggiungeva il pontile. I passi cadenzati dei cubani risuonavano a cinquanta metri di distanza: Lockhart era in pieno addestramento. — Avrei voglia di un pompino — disse Ryskind. — A che punto sei arrivato, Hesh? — chiese Rosselli. — Vicino ai diciassettemila — rispose Ryskind. — A me non la dai a bere — intervenne Santos Junior. — Io dico non più di ottomila. Saresti troppo occupato per guadagnarti da vivere. Il telefono del pontile prese a squillare. Pete inclinò la sedia all‟indietro e rispose. — Bondurant. — Ne sono lieto, ma non dite mai pronto, voi soldatini? Jack Ruby, inconfondibile. Pete coprì il microfono con una mano. — Che cosa c‟è? Ti avevo detto di non chiamare a patto che non fosse importante.
— C‟è il federale pazzo, ecco cosa c‟è. Mi ha chiamato ieri, e io sto cercando di tirarla per le lunghe. — Che cosa voleva? — Mi ha offerto 4000 cocuzze per andare a Lake Geneva, nello stramaledetto Wisconsin, e fargli una piantina della villa di Jules Shiffrin. Ho l‟impressione che c‟entri con quella faccenda del Fondo pensioni… — Digli che lo farai. Organizza un incontro in un luogo tranquillo fra quarantotto ore e richiamami. Ruby prese a deglutire e balbettare. Pete riagganciò e si fece schioccare tutte e dieci le nocche. Lo stramaledetto telefono riprese a suonare… Pete lo strappò dalla forcella. —Jack, che cosa vuoi fare? — Non sono Jack — rispose una voce. — Sono un certo Giancana e sto cercando un certo Hoffa, che un uccellino mi ha detto è lì con te. Pete agitò il ricevitore. — E per te, Jimmy. È Mo. Hoffa ruttò. — Premi il pulsante del vivavoce su quel palo. Sam e io non abbiamo niente da nascondere. Pete obbedì. — Eccomi, Sam — gridò Hoffa rivolto al microfono. La cassa acustica iniziò a rimbombare: — Jimmy, i tuoi ragazzi in West Virginia hanno fatto il culo al mio amico Lenny Sands. Fa‟ sì che non succeda più, se non vuoi che mi venga
voglia di costringerti a chiedere scusa in pubblico. Ti consiglio di lasciar perdere la politica del cazzo e concentrarti su come stare alla larga dalia galera. Giancana sbatté giù la cornetta. Il rumore fece tremare l‟intero pontile. Heshie, Johnny e Santos si scambiarono un‟occhiata esasperata. Hoffa lasciò partire una salve di imprecazioni. Uno stormo di uccelli spiccò il volo dagli alberi e coprì il cielo.
Capitolo 46 (Lake Geneva, 14.5.60) La strada divideva due pascoli recintati. Le nubi nascondevano la luna: la visibilità era quasi nulla. Littell fermò l‟auto al margine della strada e cacciò il denaro in un sacchetto della spesa. Erano le 22,06. Ruby era in ritardo. Littell spense i fari. Le nubi si dispersero al vento. La luna illuminò una sagoma enorme che si avvicinava. Il parabrezza esplose. Il cruscotto gli cadde in grembo. Una sbarra di acciaio spezzò il volante e divelse la leva del cambio. Due mani lo afferrarono e lo trascinarono sul cofano. Le schegge del parabrezza gli squarciarono le guance e gli si conficcarono in bocca. Due mani lo gettarono in un fossato. Due mani lo riafferrarono e lo inchiodarono al recinto di filo spinato. Vi rimase appeso, penzolante. Il metallo aveva fatto presa sui suoi vestiti e lo teneva in piedi.
Il mostro gli strappò di dosso la fondina. Il mostro lo colpì, lo colpì, lo colpì. Il recinto tremò. Il ferro contorto gli penetrò nella schiena fino all‟osso. Tossì sangue e schegge di vetro e un grosso frammento del simbolo metallico della Chevy. Sentì odore di benzina. L‟auto esplose. Un‟ondata di calore gli bruciacchiò i capelli. Il recinto cedette. Sollevò lo sguardo e vide le nubi prendere fuoco.
Documento: 19.5.60. Memorandum interno dell‟FBI da John Campion, agente responsabile di Milwaukee, a J. Edgar Hoover. Signore, le nostre indagini sull‟aggressione che ha quasi ucciso l‟agente speciale Ward Littell stanno procedendo senza consistenti progressi, principalmente a causa del discutibile atteggiamento e della scarsissima collaborazione offerta da Littell. Agenti degli uffici di Milwaukee e di Chicago hanno battuto a tappeto Lake Geneva alla ricerca di testimoni dell‟aggressione e più in generale per scoprire il motivo della presenza di Littell nella zona, ma non hanno ottenuto alcun risultato. L‟agente responsabile di Chicago, Leahy, mi ha informato che Littell era sotto sorveglianza per ragioni di sicurezza interna, e che in due recenti occasioni (il 10 e il 14 maggio) gli agenti che lo pedinavano avevano perduto le sue tracce sulla strada per il confine settentrionale con il Wisconsin. La natura dell‟attività di Littell a Lake Geneva rimane al momento sconosciuta. Informazioni specifiche raccolte nel corso delle indagini: 1. L‟aggressione è avvenuta lungo una strada secondaria in aperta
campagna, a sudest di Lake Geneva. 2. Lo stato del terreno nei pressi dei resti dell‟auto di Littell indica che l‟aggressore ha cancellato le tracce dei propri pneumatici, rendendo impossibile qualsiasi identificazione. 3. L‟automobile di Littell è stata incendiata con un gas nitroso altamente infiammabile, del tipo usato nella preparazione degli esplosivi militari. Tali miscele gassose bruciano molto rapidamente e vengono usate proprio perché minimizzano il rischio di intaccare l‟area circostante l‟obiettivo. L‟aggressore ha con ogni probabilità una profonda conoscenza delle pratiche militari e/o accesso agli armamenti. 4. La squadra scientifica ha scoperto la presenza di resti carbonizzati di banconote e frammenti di un sacchetto di carta marrone. Il peso globale dei resti indica che Littell aveva con sé una considerevole cifra di denaro nascosta in un sacchetto da supermercato. 5. Littell, ancora imprigionato da un tratto di filo spinato che aveva ceduto, è stato soccorso da alcuni contadini. È stato condotto all‟ospedale Overlander, nei pressi di Lake Geneva, dove è stato ricoverato con la seguente diagnosi: estesi tagli e lacerazioni dorsali, costole spezzate, contusioni, frattura del setto nasale, frattura della clavicola, emorragie interne e ferite facciali causate da schegge di vetro. Quattordici ore più tardi, Littell si è allontanato dall‟ospedale nonostante il parere contrario dei medici, è salito
su un taxi e si è fatto accompagnare a Chicago. Gli agenti dell‟ufficio di Chicago incaricati del suo pedinamento l‟hanno visto entrare nel suo condominio. Ha perso i sensi nell‟atrio, e gli agenti l‟hanno soccorso di propria spontanea iniziativa e l‟hanno accompagnato all‟ospedale Saint Catherine‟s. 6. Littell è ancora ricoverato. Le sue condizioni sono buone, e con ogni probabilità verrà rilasciato nel giro di una settimana. Un medico incaricato ha dichiarato agli agenti di sorveglianza che le cicatrici sul volto e sulla schiena saranno permanenti, ma che le altre lesioni non dovrebbero lasciare tracce irrimediabili. 7. Gli agenti hanno più volte interrogato Littell su tre argomenti: la sua presenza a Lake Geneva, la presenza del denaro bruciato e i suoi ipotetici nemici. Littell ha dichiarato di trovarsi a Lake Geneva per visitare una proprietà in vendita e ha negato di aver avuto con sé il denaro. Ha detto di non avere nemici, e considera l‟aggressione un errore di persona. Alla domanda se pensava che qualche membro del Partito comunista potesse essersi vendicato per il suo lavoro con il Bureau, Littell ha così risposto: “State scherzando? I rossi sono persone a modo”. 8. Gli agenti hanno stabilito che Littell era stato a Lake Geneva almeno in due occasioni. Il suo nome non compare su alcun registro di albergo o motel: ne deduciamo che abbia fornito un nome falso o che si sia fatto ospitare da amici o
conoscenti. La risposta fornitaci da Littell (che dormiva in auto) non è convincente. Le indagini continuano. Attendo rispettosamente ordini specifici. John Campion Agente responsabile dell‟Ufficio di Milwaukee Documento: 3.6.60. Memorandum interno dell‟FBI da Charles Leahy, agente responsabile di Chicago, a J. Edgar Hoover. Signore, qualche riga per informarla della situazione relativa all‟agente speciale Ward J. Littell. Littell è tornato al lavoro ed è stato incaricato di rivedere i mandati federali di estradizione in collaborazione con l‟Ufficio del procuratore distrettuale, lavoro che utilizza al meglio le conoscenze legali acquisite da Littell alla facoltà di Legge. Si rifiuta di parlare dell‟aggressione e, come l‟agente responsabile Campion le avrà già detto, dobbiamo ancora trovare testimoni che confermino le sue trasferte a Lake Geneva. Helen Agee ha dichiarato che Littell non le ha confidato nulla in relazione alle percosse subite. Ho personalmente interrogato l‟agente speciale
Court Meade, l‟unico amico di Littell nell‟ufficio di Chicago, e ho raccolto le seguenti informazioni. a.). Meade dichiara che fra la fine del 1958 e l‟inizio del 1959, nel periodo appena successivo alla sua espulsione dal programma contro il crimine organizzato, Littell si “aggirava” presso la stazione di ascolto della squadra ed esprimeva interesse per la sua attività. Tale interesse finì presto per spegnersi, sostiene Meade, il quale si dice molto dubbioso sulla possibilità che Littell abbia preso iniziative antimafia solitarie. Meade si è fatto beffe dell‟idea che la mafia di Chicago sia responsabile dell‟aggressione al collega, o che i comunisti sorvegliati da Littell si siano voluti vendicare. Meade pensa che la “spiccata attrazione” che Littell prova per le giovani donne, testimoniata dalla sua relazione con Helen Agee, sia stata la causa dell‟aggressione. “Tornate nel Wisconsin”, ha aggiunto con accenti coloriti, “e cercate qualche ragazzina di inclinazioni idealiste con una schiera di fratelli maneschi poco entusiasti del fatto che la piccola ci desse dentro con un beone di quarantasette anni, federale o non federale.“ Personalmente, la trovo una teoria plausibile. b.) Il dossier relativo agli arresti portati a termine da Littell a partire dal 1950 è stato riesaminato prestando particolare attenzione ai criminali violenti scarcerati di recente. È stata compilata una lista di dodici elementi, tutti forniti di alibi. Mi sono rammentato dell‟arresto del 1952 ai
danni di Pierre “Pete” Bondurant, e di come, nel corso della sua detenzione, Bondurant avesse ripetutamente minacciato Littell. Controllati dagli agenti incaricati, i movimenti di Bondurant nei giorni dell‟aggressione ci hanno confermato la sua presenza in Florida. Il profilo filocomunista di Littell prende sempre più forma. Littell non ha interrotto la sua amicizia con il noto sovversivo Mal Chamales, e le intercettazioni telefoniche riportano ormai un totale di nove conversazioni fra i due, ognuna delle quali contiene articolate espressioni di simpatia da parte di Littell per la causa della sinistra e condanne della “caccia alle streghe“ operata dall‟FBI. Il 10 maggio ho telefonato personalmente a Littell ordinandogli di passare immediatamente a una stretta sorveglianza di Mal Chamales. Cinque minuti più tardi, Littell ha telefonato a Chamales per metterlo in guardia. Quel pomeriggio, Chamales ha tenuto un discorso presso una riunione del Partito socialista. Erano presenti, all‟insaputa l‟uno dell‟altro, sia Littell che un fidato informatore del Bureau. L‟informatore mi ha inoltrato una trascrizione letterale delle sediziose, violente affermazioni che Chamales ha diretto contro il Bureau e il suo direttore. Il rapporto di Littell dipinge invece le stesse affermazioni come “moderate”. Lo stesso rapporto pullula di numerose altre menzogne e proditorie distorsioni.
Signore, credo sia giunto il momento di affrontare Littell, per quanto riguarda il suo rifiuto di collaborare con le indagini relative all‟aggressione ma anche e soprattutto per le sue recenti azioni sediziose. La prego di rispondermi. Credo che la questione richieda un intervento immediato. Documento: 11.6.60. Memorandum interno dell‟FBI: dal direttore J. Edgar Hoover a Charles Leahy, agente speciale di Chicago. Signor Leahy, per quanto concerne Ward Littell non muova un dito. Lo riassegni ai soliti compiti di sorveglianza anticomunista, allenti il controllo su di lui e mi tenga informato circa le indagini sull‟aggressione. JEH Documento: 9.7.60. Trascrizione di una conversazione telefonica ufficiale: “Registrata su richiesta del direttore“.”Classificazione confidenziale 1-A: riservata al direttore“. In linea: direttore Hoover, agente speciale Kemper Boyd. KB: Buon pomeriggio, signore.
JEH: Kemper, sono molto arrabbiato con lei. Mi sta evitando. KB: Non mi esprimerei in questi termini, signore. JEH: Certo che no. Si esprimerebbe in modo da minimizzare il mio rancore nei suoi confronti. La domanda è: si sarebbe messo in contatto se non l‟avessi fatto io? KB: Sì, signore, l‟avrei fatto. JEH: Prima o dopo l‟incoronazione di re Jack I? KB: Non darei l‟incoronazione per sicura, signore. JEH: Ha la maggioranza dei delegati? KB: Quasi. Credo che verrà nominato al primo scrutinio. JEH: E pensa che vincerà. KB: Sì. Ne sono ragionevolmente sicuro. JEH: Non lo metto in dubbio. Fratello Maggiore e l‟America mostrano tutti i segni di uno sciocco innamoramento. KB: La terrà al suo posto, signore. JEH: Sicuro. L‟ha fatto ogni presidente da Calvin Coolidge in avanti, e lei dovrebbe rivedere il suo processo di allontanamento con la consapevolezza che il principe Jack rimarrà alla Casa Bianca per una durata massima di otto anni, laddove invece il sottoscritto conserverà lo scettro fino al nuovo millennio. KB: Lo terrò a mente, signore.
JEH: Glielo consiglio. E le faccio anche notare che il mio interesse nei confronti di Fratello Maggiore va al di là del desiderio di conservare il mio posto di lavoro. Al contrario di lei, ho motivazioni altruistiche, quali la sicurezza interna del nostro paese. Al contrario di lei, la mia preoccupazione primaria non è l‟autoconservazione e l‟arricchimento economico. Al contrario di lei, non considero la mia abilità nei sotterfugi la mia sola e unica dote. KB: Sì, signore. JEH: Mi permetta di interpretare la sua reticenza a mettersi in contatto con me. Temeva che le avrei chiesto di organizzare incontri fra Fratello Maggiore e donne vicine al Bureau? KB: Sì e no, signore. JEH: In che senso? KB: Nel senso che Fratello Minore non si fida fino in fondo del sottoscritto. Nel senso che gli impegni della campagna per le primarie mi hanno completamente assorbito, lasciandomi solo il tempo di procurare ragazze squillo a livello locale. Nel senso che sarei stato in grado di sistemare Fratello Maggiore in locali sorvegliati permanentemente dal Bureau, ma Fratello Minore ha ormai un‟esperienza di diversi anni nelle forze dell‟ordine, e potrebbe essere a conoscenza dell‟esistenza di tali sistemazioni. JEH: Quando parlo con lei giungo sempre a un punto
morto. KB: In che senso? JEH: Nel senso che non riesco mai a capire se sta mentendo o meno, e in qualche modo non m‟importa. KB: Grazie, signore. JEH: Di niente. Era un complimento alquanto agghiacciante, ma sincero. Andrà a Los Angeles per il congresso democratico? KB: Parto domani. Sarò allo Statler, in centro. JEH: Mi metterò in contatto. Non crede che re Jack proverà il desiderio di compagnia femminile, bombardato come sarà da elogi e approvazioni? KB: Compagnia elettronicamente rifornita? JEH: No, solo capace di ascoltare. Discuteremo di intercettazioni nel corso della campagna autunnale, sempre che Fratello Minore si fidi di lei per i programmi di viaggio. KB: Sì, signore. JEH: Chi ha aggredito Ward Littell? KB: Non ne sono sicuro, signore. JEH: Ha parlato con lui? KB: Helen Agee mi ha avvertito dell‟aggressione. Ho chiamato Ward all‟ospedale, ma si è rifiutato di dirmi chi è stato. JEH: Verrebbe in mente Pete Bondurant. È coinvolto
nella sua avventura cubana, vero? KB: Sì. JEH: Soltanto sì? KB: Collaboriamo per conto dell‟Agenzia. JEH: L‟ufficio di Chicago si è detto soddisfatto dell‟alibi di Bondurant. A fornirlo è stato un presunto trafficante di eroina ripetutamente incriminato per violenza carnale dalle autorità cubane, ma, come ha detto Al Capone, un alibi è un alibi. KB: Sì, signore. E come ha detto lei, l‟anticomunismo procura strani compagni di letto. JEH: La saluto, Kemper. E spero ardentemente che sia lei a dare inizio alla prossima conversazione. KB: A presto, signore.
Capitolo 47 (Los Angeles, 13.7.60) Il portiere gli consegnò una chiave placcata in oro. — Abbiamo avuto un problema con le prenotazioni, signore. La sua stanza è stata inavvertitamente occupata, ma le daremo una suite al prezzo di una camera normale. I clienti in arrivo si riversavano al banco della registrazione. — La ringrazio — disse Kemper. — È un inconveniente che posso sopportare. Il portiere esaminò alcuni fogli di carta. — Posso farle una domanda? — Mi lasci indovinare. Se la mia stanza viene messa in conto alla campagna Kennedy, per quale ragione sono qui invece che al Biltmore con il resto dello staff? — Sì, signore. Era proprio questa la domanda. Kemper ammiccò. — Perché sono una spia. Il portiere scoppiò a ridere. Alcuni delegati richiamarono a gesti la sua attenzione. Kemper li superò senza rispondere, raggiunse l‟ascensore e salì al dodicesimo piano. Si ritrovò nella suite presidenziale:
doppie porte, dorature, pezzi antichi. L‟attraversò. Assaporò l‟eleganza dei mobili e controllò la magnifica vista a nord-nordest. Due camere da letto, tre televisori e tre telefoni. Champagne offerto dalla casa in un secchiello di peltro contrassegnato dal marchio presidenziale. Colse all‟istante il “problema”: c‟era lo zampino di J. Edgar Hoover. Ti vuole spaventare. “Mi appartieni”, ti sta dicendo. Sta prendendosi gioco del tuo fervore kennediano e del tuo amore per le suite di lusso. Vuole raccogliere potenziali informazioni. Kemper accese la televisione in salotto. Sullo schermo comparve un servizio sul congresso. Accese anche gli altri apparecchi e portò il volume al massimo. Perlustrò la suite. Trovò microfoni nascosti in cinque lampade da tavolo e pannelli finti dietro gli specchi del bagno. Trovò due microfoni ausiliari stuccati dietro la tappezzeria del salotto. Piccole perforazioni fungevano da conduttori sonori: un dilettante non li avrebbe mai individuati. Controllò i telefoni. Tutti e quattro rivelarono cimici. Kemper rifletté cercando di assumere il punto di vista di
Hoover. Qualche giorno fa abbiamo parlato di intercettazioni. Sa che non intendo incastrare Jack con “donne vicine al Bureau”. Ha detto di essere convinto che l‟avvento di Jack sia inevitabile. Potrebbe essere una finzione. Potrebbe essere alla ricerca di prove di adulterio per aiutare il suo ottimo amico Dick Nixon. Sapeva che avresti capito la verità circa il “problema di prenotazione”. Pensa che farai le tue telefonate confidenziali da telefoni pubblici. Pensa che censurerai le conversazioni all‟interno della suite o che per ripicca distruggerai cimici e microfoni. Sa che Littell ti ha insegnato i fondamenti dell‟arte intercettatoria. Non sa che Littell ti ha edotto anche su qualche segreto del tutto speciale. Sa che scoprirai i microfoni principali. Ma crede che non riuscirai a scoprire quelli di riserva, quelli che progetta di usare per colpirti sotto la cintola. Kemper spense i televisori. Kemper finse un violento accesso di rabbia: “Hoover, che tu sia maledetto!”, e insulti anche peggiori. Strappò i microfoni principali.
Quindi, tornò a perlustrare la suite, con più attenzione di prima. Trovò cimici di riserva nei telefoni. Individuò perforazioni per microfoni su due materassi e tre cuscini da poltrona. Scese in portineria e prese sotto falso nome la stanza 808. Chiamò la segreteria di John Stanton e lasciò detto il suo pseudonimo e il numero della stanza. Pete era a Los Angeles, in visita a Howard Hughes. Lo chiamò a casa e lasciò un messaggio al custode della piscina. Gli rimaneva del tempo libero. Prima delle cinque del pomeriggio Bobby non aveva bisogno di lui. Entrò in un negozio di ferramenta. Acquistò tagliafili, pinze, un cacciavite, tre rotoli di nastro isolante e due piccole calamite. Fece ritorno allo Statler e si mise al lavoro. Ristabilì i contatti del cicalino e dell‟alimentatore. Attutì il livello della suoneria con la gommapiuma di un cuscino. Tolse il rivestimento di plastica ai cavetti principali: le voci in entrata sarebbero risultate impossibili da decifrare. Dispose ordinatamente i singoli pezzi per facilitare il montaggio. Quindi chiamò il servizio in camera e ordinò Beefeater‟s e salmone.
Ricevette diverse telefonate. Il suo sistema funzionava alla perfezione. Riusciva a malapena a udire le voci degli interlocutori. Le scariche statiche avrebbero sommerso la metà delle conversazioni: le cimici avrebbero registrato soltanto la sua voce. Ricevette la telefonata del suo contatto al dipartimento di polizia. Come programmato: una squadra di agenti in motocicletta avrebbe scortato il senatore Kennedy fino al congresso. Ricevette la telefonata di Bobby. Poteva procurargli alcuni taxi per riaccompagnare al Biltmore i membri dello staff? Kemper chiamò un servizio di radiotaxi ed eseguì l‟ordine di Bobby. Fece fatica a udire la voce della centralinista. Dal Wilshire Boulevard si innalzò un muggito di clacson. Kemper controllò l‟ora e si portò alla finestra del salotto. Il suo corteo automobilistico di “Protestanti per Kennedy” stava passando davanti all‟albergo. Perfettamente in orario e pagati in anticipo: 50 dollari a macchina. Kemper prese a fare la spola fra i tre televisori. La Storia brillava in un abbagliante bianco e nero. La Cbs dava Jack per favorito. L‟Abc mostrava una panoramica: una grossa manifestazione a favore di Stevenson. La Nbc mandava in onda una leziosa Eleanor Roosevelt: — Il
senatore Kennedy è semplicemente troppo giovane! L‟Abc mandava ripetutamente il volto di Jackie Kennedy. La Nbc mostrava Frank Sinatra mentre si lavorava i delegati. Frankie il Vanesio: Jack sosteneva che si tingesse la chierica per evitare che la telecamera evidenziasse il bagliore delle luci riflesse. Kemper si aggirava per la sala e da un canale all‟altro. Un pot-pourri pomeridiano. Analisi dei temi congressuali e una partita di baseball. Interviste ai delegati e un film con Marilyn Monroe. Immagini del congresso, immagini del congresso, immagini del congresso. Vide alcune ottime inquadrature della suite del quartier generale di Jack. Vide Ted Sorensen, Kenny O‟Donnell e Pierre Salinger. Salinger e O‟Donnell li aveva incontrati soltanto una volta. Jack gli aveva indicato Sorensen: — Quello che mi ha scritto Ritratti di coraggio. Era la più classica delle compartimentazioni. Jack e Bobby lo conoscevano, ma nessun altro poteva dire di essere in confidenza con lui. Per loro era solo “lo sbirro” che risolveva la grane e procurava le donne a Jack. Kemper accostò i televisori. Creò una composizione: Jack
in primo piano e campo medio. Spense le luci del salotto e abbassò il volume. Ottenne tre immagini e un sussurro omogeneo. Il vento scompigliava i capelli di Jack. Pete li definiva il suo attributo più importante. Pete si era rifiutato di parlare dell‟aggressione a Littell. Pete aveva evitato l‟argomento sviando il discorso sui soldi. Pete l‟aveva chiamato quando Littell era ancora all‟ospedale. Pete era giunto subito al punto. — Sei ossessionato dai registri segreti del Fondo pensioni, e Littell non è da meno. Lo stai manovrando perché li trovi per poter allungare le mani sul denaro. La mia proposta è questa: dopo le elezioni, diamo insieme una spinta a Littell. E dividiamo i profitti, qualunque sia il risultato. Pete era intervenuto su Ward. Gli aveva procurato lo “spavento” promesso. Kemper aveva chiamato Ward in ospedale. La sua risposta aveva seguito una rigida compartimentazione. — Non mi fido di te in questa storia, Kemper. Il Bureau ti potrà fornire i particolari che vorrai, ma io non ti dirò CHI né PERCHÉ. Il DOVE era Lake Geneva, nel Wisconsin. Doveva avere una qualche pertinenza con il Fondo pensioni. “Non mi fido di
te in questa storia“ aveva una sola spiegazione: Lenny Sands gli aveva detto qualcosa. Pete conosceva il concetto di compartimentazione. Ward e Lenny anche. John Stanton sosteneva che la CIA l‟avesse addirittura inventato. John l‟aveva chiamato a Washington a metà aprile. Langley ha appena creato una compartimentazione, gli aveva detto. — Ci stanno mollando, Kemper. Sanno tutto dell‟attività della nostra squadra scelta, e l‟approvano, ma non ci daranno un centesimo in più. Siamo stipendiati come membri del campo di Blessington, ma la squadra scelta è stata scomunicata. Significava niente più criptonimi di marca CIA. Niente più acronimi di marca CIA. Niente più nomi in codice, niente più sigle, iniziali e burocratismi di marca CIA. La squadra scelta era diventata pura compartimentazione. Kemper cambiò i canali con il volume al minimo. Ottenne una splendida sovrapposizione: Jack e Marilyn Monroe su due schermi adiacenti. Scoppiò a ridere. Gli era venuto in mente il sistema ideale per stuzzicare Hoover. Sollevò il ricevitore e compose il numero delle previsioni meteorologiche. Si mise all‟ascolto di un ronzio indistinto, impossibile da decifrare.
— Kenny? — disse. — Ciao, sono Kemper Boyd. — Attese quattro secondi. — No, devo parlare con il senatore. Aspettò quattordici secondi. — Jack, come stai? — chiese quindi in tono allegro. Concesse cinque secondi per una risposta plausibile. — Sì, la scorta è organizzata — disse. Ventidue secondi. — Sì. Certo. Lo so, sei molto preso. Otto secondi. — Sì. di a Bobby che ho dato istruzioni agli agenti di sicurezza appostati in casa. Dodici secondi. — Esatto, scopo di questa telefonata è capire se hai voglia di farti una scopata. In caso affermativo, sono in attesa di parlare con diverse fanciulle che non vedono l‟ora di conoscerti. Ventiquattro secondi. — Non ci posso credere. Nove secondi. — L‟ha organizzato Lawford? Otto secondi. — Andiamo, Jack. Marilyn Monroe} Otto secondi. — Ti crederò solo se mi ordinerai di non mandarti le mie ragazze. Sei secondi. — Gesù Cristo. Otto secondi. — Ne rimarranno deluse, ma glielo dirò. Otto secondi. — Certo. Naturalmente dovrai fornirmi i dettagli. Sicuro. Ciao, Jack. Kemper riagganciò. Sugli schermi, le teste di Jack e Marilyn
si stavano toccando. Aveva appena creato il Paradiso del guardoneintercettatore. Hoover sarebbe venuto nei pantaloni. E forse avrebbe dato origine a un mito folle.
Capitolo 48 (Beverly Hills, 14.7.60) Il Wyoming aveva votato per Jack Mal di Schiena. I delegati erano impazziti d‟amore. Hughes abbassò il volume e si raddrizzò sui cuscini. — È stato nominato. Ma è ancora lontano dall‟essere eletto. — Sissignore — rispose Pete. — Stai deliberatamente fingendo ottusità. “Sissignore” non è la risposta giusta. Te ne stai seduto su quella sedia e mi manchi volutamente di rispetto. Una pubblicità invase lo schermo Tv: Yeakel Oldsmobile, la scelta di chi vota! — “Sissignore, Jack ha dei bei capelli, ma il suo amico Nixon lo distruggerà alle elezioni generali.“ Va meglio così? — Va meglio, sì, ma continuo a sentire una traccia di impertinenza — replicò Hughes. Pete fece schioccare i pollici. — Sono accorso perché hai detto che avevi bisogno di vedermi. Ti ho portato una scorta di roba che ti basterà per tre mesi. Hai detto che mi volevi parlare di come evitare le citazioni in giudizio, ma finora non hai fatto
che delirare sui Kennedy. — Questa è un‟impertinenza inaccettabile. Pete tradì un sospiro. — E allora di‟ ai tuoi mormoni di cacciarmi. E chiedi pure a Duane Spurgeon di trovarti la roba violando sei miliardi di leggi statali e federali. Hughes trasalì. I tubicini dell‟endovenosa si tesero, la bottiglietta del sangue oscillò. Howard il Vampiro: si succhiava trasfusioni per assicurarsi una longevità senza germi. — Sei un uomo molto crudele, Pete. — No. Come ti ho già detto una volta, sono il tuo uomo molto crudele. — I tuoi occhi si sono fatti più piccoli e cattivi. E mi guardi in modo strano. — Sto aspettando il momento in cui mi morderai al collo. Ne ho viste di stranezze, ma questa tua esibizione da Dracula è qualcosa di speciale. Quel cazzone di Hughes sorrise. — Non più della tua battaglia contro Fidel Castro. Pete sorrise. — C‟era qualcosa di importante che volevi dirmi? La televisione tornò a inquadrare il congresso democratico. I sostenitori di Jack Mal di Schiena erano in delirio. — Voglio che ascolti i piani approntati dai miei mormoni per farmi evitare le citazioni. Sono venuti fuori con certe idee
che… — Avremmo potuto parlarne al telefono. È dal „57 che resisti alle ingiunzioni per il processo Twa: credo che al Dipartimento di Giustizia non gliene freghi più un cazzo. — Sia come sia, ho una ragione speciale per resistere fino al momento più opportuno. Pete sospirò. — Ti ascolto — disse. Hughes collegò il macchinario della trasfusione. La bottiglietta del sangue passò dal rosso al rosa. — Quando finalmente cederò la Twa, voglio usare il ricavato per acquistare alberghi e casinò a Las Vegas. Voglio accumulare enormi profitti in nero e respirare l‟aria sana e priva di germi del deserto. I miei mormoni amministreranno gli alberghi per assicurarsi che venga gentilmente ma fermamente vietato l‟accesso ai negri che potrebbero inquinare l‟ambiente, e io creerò una base di liquidi che mi permetterà di diversificare le mie attività in diversi settori dell‟industria militare senza pagare tasse sui capitali iniziali. Farò… Pete smise di ascoltarlo. Hughes sparava cifre su cifre: milioni, miliardi, miliardi di miliardi. In televisione, Jack K. sparava “Votate per me!” con il volume abbassato. Pete fece i suoi calcoli mentali. C‟è Littell a Lake Geneva, sulle tracce del Fondo pensioni. C‟è Jules Schiffrin, un rispettato membro anziano della mafia di Chicago. È possibile che Jules tenga i registri a casa
propria. — Pete, non mi stai ascoltando — stava dicendo Hughes. — Smettila di guardare quel ragazzino e prestami attenzione. Pete spense il televisore. Jack il Capelluto scomparve. Hughes tossì. — Così va meglio. Lo guardavi con qualcosa di simile all‟ammirazione. — Sono i suoi capelli, capo. Mi stavo chiedendo come facesse a farli stare in piedi a quel modo. — Hai la memoria corta. E io perdo subito la pazienza, quando mi accorgo che si sta facendo dell‟ironia. — Ah sì? — Già. Ricorderai che due anni or sono ti diedi 20.000 dollari per compromettere quel ragazzino con una prostituta. — Me ne ricordo, sì. — Non è una risposta completa. — La risposta completa è questa: “Le cose cambiano”. E credi davvero che l‟America abbia intenzione di andare a letto con Dick Nixon quando ha la possibilità di farlo con Jack? Hughes si tirò a sedere. Le sbarre del letto vibrarono, la bottiglietta della trasfusione ondeggiò. — Richard Nixon è mio. — Lo so — rispose Pete. — E sono sicuro che ti è grato per quel prestito che hai fatto ottenere al fratello. Dracula prese a tremare. La dentiera gli si impigliò sul
palato superiore. Dracula riuscì a balbettare qualcosa. — Io… io… mi ero dimenticato che ne fossi al corrente. — Un uomo impegnato come te non può ricordarsi tutto. Dracula allungò la mano verso una siringa fresca. — Dick Nixon è un brav‟uomo, e la famiglia Kennedy è marcia fino al midollo. Joe Kennedy presta denaro alla mafia fin dagli anni Venti, e so per certo che il famigerato Raymond L.S. Patriarca gli deve tutto. Pete aveva la documentazione del prestito Nixon. Avrebbe potuto allungarla a Boyd e accattivarsi i favori di Jack. — Come io devo tutto a te — disse rivolto a Hughes. Hughes si aprì in un sorriso radioso. — Sapevo che avresti capito.
Capitolo 49 (Chicago, 15.7.60) Littell studiò il suo nuovo volto. La mascella debole era stata rimessa in sesto con punti e frammenti ossei. Il mento sfuggente era stato ridotto a una fenditura. Il naso che aveva sempre detestato era appiattito e irregolare. Helen diceva che aveva un aspetto pericoloso. Helen diceva che le sue cicatrici la facevano sfigurare. Littell si ritrasse dallo specchio. La luce sfuggente gli offriva nuovi punti di vista. Zoppicava. La mascella gli doleva. In ospedale era ingrassato di dieci chili. Pete Bondurant era un chirurgo plastico. Aveva un volto nuovo e coraggioso. La sua psiche da preFantasma non era più adeguata. Aveva paura di avvicinarsi a Jules Schiffrin. Aveva paura di affrontare Kemper. Aveva paura di parlare al telefono: la linea continuava a riempirgli le orecchie di piccoli ticchettii.
Poteva essere colpa della sua mascella. Poteva trattarsi di delirium tremens acustico. Mancavano sei mesi alla pensione. Mal Chamales aveva detto che il Partito era sempre alla ricerca di avvocati. Un televisore tuonava dall‟appartamento accanto. Il discorso di accettazione di John Kennedy venne sommerso dagli applausi. Il Bureau aveva rinunciato alle indagini sull‟aggressione. Hoover sapeva che avrebbe rischiato di compromettere l‟infiltrazione di Boyd nel clan Kennedy. Littell si riavvicinò allo specchio. Le cicatrici sulla fronte gli si corrugarono. Non riusciva a smettere di guardarsi.
Capitolo 50 (Miami, Blessington, 16.7.60, 12.10.60) Pete aveva compiuto quarant‟anni in motoscafo, durante una traversata verso Cuba. Aveva capitanato una spedizione contro un posto di guardia della milizia e si era procurato sedici scalpi. Ramon Gutiérrez aveva disegnato la mascotte della squadra scelta: un Pitbull con il muso da alligatore e denti affilati come rasoi. La sua compagna aveva confezionato stemmi per tutti. Una tipografia aveva stampato i biglietti da visita. “CUBA LIBERA!”, ruggiva la Bestia. Carlos Marcello ne aveva uno sempre in tasca. Sam G. ne aveva uno sempre in tasca. Santos Junior li distribuiva ad amici e conoscenti. La Bestia era assetata di sangue. La Bestia voleva la barba di Castro su uno spiedo. I corsi di addestramento si susseguivano incalzanti. Il piano d‟invasione richiedeva altri armamenti. Dougie Frank Lockhart si era procurato mezzi da sbarco supplementari e a
ogni corso organizzava l‟invasione dell‟Alabama. La Costa del Golfo faceva la parte di Cuba. Gli esuli sbarcavano a riva spaventando a morte i bagnanti. Dougie Frank addestrava a tempo pieno. Pete addestrava part-time. Chuck, Fulo e Wilfredo Delsol si occupavano della stazione dei taxi. Pete guidava spedizioni in motoscafo sulle coste cubane. Vi partecipavano tutti tranne Delsol. L‟uccisione di Obregon gli aveva strappato le palle. Pete non lo biasimava: eliminare a bruciapelo un consanguineo non era affatto uno scherzo. Tutti vendevano droga. La squadra scelta riforniva esclusivamente i tossici negri. Il dipartimento di polizia di Miami approvava tacitamente. Le mazzette agli uomini della narcotici fungevano da assicurazione. Alla fine di agosto una banda di bifolchi aveva cercato di invadere il loro territorio. Un coglione aveva ucciso un vicesceriffo della contea di Dade. Pete l‟aveva scovato, nascosto con 70.000 dollari e una cassa di Wild Turkey. L‟aveva massacrato con il machete di Fulo e aveva donato il denaro alla vedova del vicesceriffo. I profitti erano alle stelle. Il sistema a percentuale filava liscio come l‟olio: grosse cifre rimpinguavano Blessington e
Guy Banister. Lenny Sands dirigeva la guerra propagandistica di HushHush. La sua prosa barocca castigava il Barbuto settimana dopo settimana. Dracula chiamava con la stessa frequenza. Sparava stronzate da record: voglio comprarmi Las Vegas e liberarla dai germi! Dracula era a metà strada fra lucidità e follia… e diventava guardingo soltanto quando si parlava di denaro. Boyd chiamava due volte la settimana. Boyd era responsabile della sicurezza e capomagnaccia di Jack Mal di Schiena. Hoover insisteva nel tempestarlo di telefonate. Kemper insisteva nell‟evitarle. Hoover voleva che presentasse a Jack qualche passera infestata di cimici. Boyd la definiva una gara: evitare le autorità finché Jack non sarebbe diventato l‟Autorità Massima. Hoover aveva messo sotto sorveglianza la suite di Boyd a Los Angeles. Kemper l‟aveva ripagato con un piccante esempio di disinformazione: Jack K. si scopa Marilyn Monroe! Hoover l‟aveva bevuta. Un agente di Los Angeles aveva confidato a Boyd che la Monroe era stata messa sotto intensa sorveglianza: cimici, intercettazioni e una squadra di sei uomini a tempo pieno.
Gli agenti erano perplessi. Jack il Capelluto e MM non si vedevano mai. Pete aveva riso fino a star male. Dracula aveva confermato la voce: Marilyn e Jack avevano una storia!!! Boyd sosteneva di perquisire intimamente tutte le ragazze di Jack. Boyd diceva che Kennedy e Nixon procedevano testa a testa. Pete non gli aveva confidato la verità: aveva informazioni scottanti. Poteva VENDERLE a Jimmy Hoffa. Poteva REGALARLE a Boyd per smerdare Nixon. Jimmy è un collega. Boyd è un socio. Chi è più favorevole alla Causa: Jack o Nixon? Tricky Dick era furiosamente anti-Barbuto. Jack si faceva sentire, ma non aveva ancora tirato fuori i coglioni. John Stanton aveva soprannominato Nixon “Mr Invasione”. Kemper garantiva che Jack avrebbe autorizzato il piano. Il principio primo della campagna di Boyd era COMPARTIMENTAZIONE. Ike e Dick sapevano che l‟Agenzia e la mafia avevano interessi a Cuba. I Kennedy non ne avevano idea… e avrebbero potuto continuare a non saperlo, anche se Jack fosse entrato alla Casa Bianca.
Chi deciderà se parlare o no? Kemper Cathcart Boyd in persona. Il fattore decisivo: l‟influenza di Bobby su Fratello Maggiore. Bobby avrebbe potuto tranciare ogni contatto fra Cia e mafia. Bobby avrebbe potuto cancellare l‟incentivo BoydBondurant: la percentuale sui ricavi dei casinò cubani. Jack o Dick: una decisione difficile. La scelta intelligente: non sputtanare lo stagionato anticomunista Nixon. Non così acuta, ma molto ardita: smerdarlo e spingere Jack alla Casa Bianca. Votate Boyd. Votate la Bestia. Votate per la barba di Castro su uno spiedo.
Documento: 31.10.60. Memorandum interno dell‟FBI: da Charles Leahy, agente responsabile di Chicago, al direttore J. Edgar Hoover. Contrassegnato: “confidenziale riservato al DIRETTORE“. Signore, il profilo dell‟agente speciale Ward J. Littell è ormai completo. Questa comunicazione sostituisce ogni precedente rapporto confidenziale su Littell. Dettagliati documenti di prova seguiranno sotto diversa copertura. Per aggiornarla brevemente sugli sviluppi più recenti: 1. Claire Boyd (figlia dell‟agente speciale Kemper C. Boyd e amica di lunga data della famiglia Littell) è stata contattata con la precisa richiesta di non informare suo padre del colloquio. La signorina Boyd ha rivelato che il Natale scorso Littell si è abbandonato a osservazioni oscene e denigratorie ai danni del Bureau e del suo direttore, lodando invece il Partito comunista americano. 2. Le indagini sull‟aggressione continuano a non rivelare alcun indizio. Non sappiamo ancora cosa facesse Littell a Lake Geneva. 3. Il mese scorso l‟amante di Littell, Helen Agee, è stata sorvegliata per un periodo di due settimane. Numerosi
professori della facoltà di Legge della Chicago University sono stati interrogati in merito alle convinzioni politiche della Agee. Ci hanno confermato che anche lei si è dimostrata molto critica nei confronti del Bureau. Un professore (informatore numero 179, ufficio di Chicago) ha rivelato che la signorina Agee si è scagliata contro l‟FBI a causa della mancata soluzione di “un semplice caso di aggressione nel Wisconsin“ e che ha definito il Bureau “la Gestapo americana che ha ucciso mio padre e trasformato l‟uomo che amo in uno storpio“. (Un preside di facoltà della University of Chicago proporrà che la borsa di studio della signorina Agee venga revocata in base alla dichiarazione di fedeltà che tutti gli iscritti alla facoltà di Legge hanno il dovere di firmare.) In conclusione, credo che sia giunto il momento di affrontare l‟agente Littell. Attendo ordini specifici. Con i miei rispetti, Charles Leahy Agente responsabile di Chicago Documento: 15.10.60. Memorandum interno dell‟FBI: dal direttore J. Edgar Hoover all‟agente responsabile Charles Leahy. Signor Leahy,
non prenda iniziative con l‟agente Littell finché non glielo ordinerò io. JEH
Capitolo 51 (Chicago, 16.10.60) Il doposbornia era terribile. Gli incubi l‟avevano reso paranoico: ogni singolo cliente del ristorante gli sembrava uno sbirro. Littell mescolò il caffè. Gli tremava la mano. Mal Chamales giocherellava con un dolcetto. I suoi tremori non erano da meno. — Mal, stai cercando di dirmi qualcosa? — Non sono nella posizione di chiedere favori. — Se si tratta di un favore ufficiale da parte dell‟FBI, dovresti sapere che fra tre mesi esatti vado in pensione. Mal scoppiò a ridere. — Come ti ho già detto, il Partito ha sempre bisogno di avvocati. — Dovrei prima passare gli esami dell‟Ordine dell‟Illinois. Non ho scelta, a patto che non voglia trasferirmi a Washington e occuparmi di diritto federale. — Non sei un granché come simpatizzante. — Nemmeno come apologeta del Bureau. Mal… — Sono in lizza per un posto da insegnante. Si è sparsa la voce che la
Commissione statale per la Pubblica istruzione sta finalmente mettendo da parte le liste nere. Ma voglio coprirmi le chiappe, e mi stavo chiedendo se non potessi scrivere nel tuo rapporto che ho lasciato il Partito. Lo spilungone al banco aveva un aspetto familiare. Idem l‟uomo che bighellonava davanti all‟entrata. — Ward… — Certo, Mal. Lo scriverò nel mio prossimo rapporto. Dirò che hai abbandonato il Partito per lavorare con Nixon. Mal represse le lacrime. Mal giunse quasi a rovesciare il tavolo cercando di abbracciarlo. — Adesso vattene — disse Littell. — Non mi piace sbaciucchiare i comunisti in pubblico. Il ristorante era di fronte a casa. Littell prese posto accanto a una finestra e ammazzò qualche minuto facendo un sondaggio sugli adesivi delle auto. Due Nixon erano parcheggiate lungo il marciapiede. Il parabrezza dell‟auto del suo padrone di casa ostentava un adesivo del binomio Nixon-Lodge. Il traffico sfrecciava veloce. Visioni fugaci: sei Nixon, tre Kennedy. La cameriera tornò a riempirgli la tazza di caffè. Littell lo corresse con due colpi di fiaschetta.
I primi risultati del sondaggio: Nixon conquista Chicago! Il sole colpì la finestra. Splendide immagini distorte colpirono i suoi occhi: il nuovo volto, l‟attaccatura irregolare dei capelli. Helen salì gli scalini che conducevano al suo appartamento. Sembrava agitata: niente trucco, niente cappotto, gonna e camicia male assortite. Scorse la sua auto. Spostò lo sguardo sul lato opposto della strada e lo vide alla finestra del ristorante. Attraversò la strada di corsa. Fogli di carta le volavano via dalla borsetta. Littell raggiunse la porta del locale. Helen la spalancò a due mani. Littell cercò di trattenerla. Helen gli strappò la pistola dalla fondina e tentò di colpirlo. Lo martellò di pugni sul petto. Lo martellò di pugni sulle braccia. Cercò di premere il grilletto con la sicura ancora inserita. Lo colpì con un gran mulinare delle braccia: troppo veloce per poterla fermare. Le sue guance erano rigate di mascara. La borsetta si rovesciò e fece cadere una cascata di libri. Helen gridava strane frasi: “borsa di studio ritirata“, ”giuramento di fedeltà“, ”FBI“,
”È COLPA TUA“. Le teste si voltarono verso di loro. Due uomini al banco estrassero la pistola. Helen smise di colpirlo. — È colpa tua, maledizione — gridò. — Lo so che è colpa tua. Salì in auto e partì per l‟ufficio. Giunto nel parcheggio, bloccò l‟uscita all‟auto di Leahy e si precipitò nella sala agenti. La porta dell‟ufficio di Leahy era chiusa. Court Meade lo vide e gli diede le spalle. Due uomini gli passarono accanto in maniche di camicia e fondine ascellari. Littell li riconobbe: gli impiegati della compagnia telefonica al lavoro davanti a casa sua. La porta di Leahy si aprì all‟improvviso. Un uomo cacciò fuori la testa. Littell lo riconobbe: il giorno prima all‟ufficio postale. La porta si richiuse. Alcune voci trapelavano in corridoio: “Littell”, “Agee”. Littell sfondò la porta con un calcio. Visualizzò la scena, manco fosse Mal Chamales. Quattro fascisti in grigio seduti attorno a un tavolo. Quattro parassiti, quattro sfruttatori, quattro reazionari… — Ricordatevi di quello che so — disse. — Ricordatevi di come
posso danneggiare il Bureau. Acquistò un paio di pinze tagliafili, occhialoni di protezione, nastro isolante, un diamante tagliavetro, guanti di gomma, un fucile calibro 10, una confezione di cento pallettoni da caccia, dinamite per uso industriale, trecento metri di schermatura acustica, un martello, chiodi e due grosse borse da viaggio. Portò la sua auto in un garage a pagamento. Noleggiò una Ford Victoria del „57 fornendo un documento falso della Cointelpro. Comprò tre litri di whisky: quel tanto che bastava per smettere gradualmente. Partì verso sud per Sioux City, nell‟Iowa. Giunto a destinazione, restituì l‟auto a noleggio e tornò verso nord prendendo il primo treno per Milwaukee.
Documento: 17.10.60. Memorandum confidenziale da John Stanton a Kemper Boyd. Kemper, ho ricevuto un‟inquietante telefonata da parte di Guy Banister, e ho creduto opportuno informartene. In questi giorni è diventato difficile mettersi in contatto con te: spero che questa mia ti raggiunga entro un ragionevole lasso di tempo. Guy è molto amico dell‟agente responsabile dell‟FBI di Miami, il quale a sua volta è intimo del comandante del nucleo informativo della polizia di Miami. La sua squadra tiene sotto osservazione diversi cubani sospettati di attività castrista, con controlli delle targhe di tutti i maschi latinoamericani con cui vengono visti. Uno dei nostri uomini, Wilfredo Olmos Delsol, è stato sorpreso in due occasioni mentre conferiva con Gaspar Ramon Blanco, trentasette anni, un noto comunista membro del Comitato per la comprensione di Cuba; un‟organizzazione propagandistica finanziata da Raul Castro. La cosa mi preoccupa, principalmente a causa del fattaccio che coinvolse P.B. e il cugino di Delsol, Tomàs Obregon. Chiedi a P.B. di controllare, ti dispiace? Le nostre procedure di compartimentazione mi impediscono di contattarlo direttamente.
A presto,
John
Capitolo 52 (Miami, 20.10.60) Il pilota annunciò che sarebbero atterrati in ritardo. Kemper controllò l‟ora: il tempo che aveva concesso a Pete era appena sfumato. Pete l‟aveva chiamato quella mattina a Omaha. Ho qualcosa per te, aveva detto. Qualcosa che credo gradiresti vedere. Aveva promesso che non ci sarebbero voluti più di venti minuti. Ti rimetterò di persona a bordo del volo successivo per tornare da Jack, gli aveva assicurato. Sotto di lui, Miami scintillava. A Omaha aveva cose importanti da fare, cose che aveva rimandato per quella digressione di sei ore. La corsa alla Casa Bianca era troppo combattuta per poter dire chi l‟avrebbe spuntata. Forse Nixon aveva un lieve vantaggio… e mancavano diciotto giorni. Aveva chiamato Laura dall‟aeroporto. Lei l‟aveva aggredito
per la sua alleanza con i Kennedy. Claire insisteva nel dire che Laura volesse a tutti i costi una vittoria di Nixon. Claire gli aveva confidato che l‟FBI l‟aveva interrogata il mese prima. Interesse esclusivo: le opinioni politiche di Ward Littell. Gli agenti l‟avevano intimidita. Le avevano ordinato di non dire nulla a suo padre. Claire aveva tradito e l‟aveva chiamato tre giorni prima. E lui aveva subito telefonato a Ward. Non aveva trovato nessuno. Il segnale di libero tradiva il tipico tono da intercettazione. Aveva chiamato Court Meade per avere notizie di Ward. Meade gli aveva raccontato che Littell aveva sfondato la porta dell‟ufficio di Leahy ed era sparito. La sera precedente Claire l‟aveva chiamato a Omaha: l‟FBI aveva revocato la borsa di studio di Helen. Hoover aveva smesso di cercarlo da due giorni. In qualche modo era tutto collegato. Ma la campagna lo impegnava così a fondo da impedirgli di avere paura. I venti contrari resero difficile l‟atterraggio. L‟aereo si fermò davanti al terminal con una frenata sibilante. Kemper guardò fuori dal finestrino. Scorse Pete sulla pista, circondato dal personale di manovra. Gli inservienti intascavano rotoli di contanti e rivolgevano occhiate adulatorie
al generoso omaccione. Le scale vennero accostate alla carlinga. Kemper si portò davanti al portello. Il copilota lo aprì. Ecco Pete: con un carrello per i bagagli parcheggiato sulla pista a pochi passi dalla scala. Kemper scese tre gradini alla volta. Pete si avvicinò e gesticolò. — Il tuo volo è in ritardo! — gridò. — Abbiamo mezz‟ora! Kemper saltò sul carrello. Pete partì alla velocità della luce. Schivarono cataste di valigie e aggirarono il capanno degli inservienti. Uno degli uomini aprì la porta. Pete gli allungò 20 dollari. Una tovaglia di lino copriva un banco da lavoro. Il buffet offriva gin, vermouth, un bicchiere e sei fogli di carta. — Leggi — disse Pete. Kemper scorse la prima pagina. I peli del collo gli si rizzarono all‟istante. Howard Hughes aveva prestato 200.000 dollari al fratello minore di Dick Nixon. A provarlo erano le copie fotostatiche degli assegni, le annotazioni sui registri e le ricevute bancarie. Qualcuno aveva compilato un elenco dettagliato: le proposte di legge di Nixon erano legate a doppio filo alle concessioni governative ottenute da Hughes. Kemper si versò da bere. Gli tremavano le mani. Rovesciò
il Beefeater‟s sulla tovaglia. Sollevò lo sguardo su Pete. — Non mi hai chiesto soldi. — Se avessi voluto denaro, avrei chiamato Jimmy. — Dirò a Jack che ha un amico a Miami. — Digli di lasciarci invadere Cuba e saremo pari. Il martini era meravigliosamente secco. Il capanno degli inservienti risplendeva come il Carlyle. — Tieni d‟occhio Wilfredo Delsol. Non è il momento giusto per dirtelo, ma temo che stia tramando qualcosa. — Chiama Bobby — replicò Pete. — Voglio sentirti mentre indebiti lo stronzetto nei miei confronti.
Documento: 23.10.60. Titolo del Cleveland Plain Dealer: RIVELAZIONI SU UN PRESTITO HUGHES-NIXON AGITANO LE ACQUE DELLA CAMPAGNA ELETTORALE Documento: 24.10.60. Sottotitolo del Chicago Tribune: Kennedy attacca le “collusioni” fra Nixon e Hughes. Documento: 25.10.60. Titolo e sottotitolo del Los Angeles Herald-Express: NIXON NEGA L‟ACCUSA DI CORRUZIONE. Lo scandalo del prestito Hughes arresta la marcia del vicepresidente nei sondaggi Documento: 26.10.60. Sottotitolo del New York JournalAmerican: Nixon definisce lo scandalo del prestito “una tempesta in un bicchier d’acqua” Documento: 28.10.60. Titolo del San Francisco Chronicle:
IL FRATELLO DI NIXON DEFINISCE “NON POLITICO” IL PRESTITO DI HUGHES Documento: 29.10.60. Sottotitolo del Kansas City Star: Kennedy attacca Nixon per il prestito Hughes Documento: 3.11.60. Titolo del Boston Globe: SONDAGGIO GALLUP. TESTA A TESTA PER LA CASA BIANCA!
Capitolo 53 (Lake Geneva, 5.11.60) Littell rifece un controllo generale. Occhialoni, tappi per le orecchie, pinze tagliafili, diamante tagliavetro: presenti. Nastro isolante, guanti, fucile, munizioni: presenti. Dinamite impermeabile: presente. Schermatura acustica, martello, chiodi: presenti. Controllo: hai eliminato qualsiasi impronta dalla stanza. Controllo: hai lasciato sul comodino il saldo del conto. Controllo: hai evitato qualsiasi contatto con gli altri clienti. Littell ripassò le sue tre ultime settimane di precauzioni. Hai cambiato motel ogni due giorni procedendo a zigzag per il Wisconsin meridionale. Non ti sei mai tolto barba e baffi finti. Hai cambiato auto a noleggio a intervalli irregolari. Fra un‟auto e l‟altra sei andato in giro in autobus. Hai ritirato le auto in luoghi distanti fra loro: Des Moines, Minneapolis e Green Bay. Le hai noleggiate con documenti falsi.
Hai pagato in contanti. Le hai parcheggiate a distanza dai motel nei quali pernottavi. Non hai fatto telefonate dalle camere. Prima di andartene hai strofinato ogni superficie per cancellare le tue impronte. Hai adottato tattiche evasive. Hai limitato la tua razione d‟alcol: sei bicchierini per sera, giusto per rinsaldare i nervi. Non hai avvistato pedinatori. Hai fissato uomini soli studiando le loro reazioni e non hai registrato nulla di poliziesco o mafioso. Molti di loro hanno mostrato disagio: ormai hai l‟aspetto del duro. Hai sorvegliato la proprietà di Jules Schiffrin. Hai capito che il vecchio non ha servitù fissa né guardiani. Hai inquadrato le abitudini di Schiffrin: Sabato sera, cena al Badger Glen Country Club. Quindi, fino a tarda notte, visita all‟abitazione di una certa Glenda Rae Mattson. Jules Schiffrin restava fuori casa dalle 19,05 di ogni sabato sera alle 2 del mattino di domenica. La sua proprietà era pattugliata ogni due ore dalla polizia: frettolosi controlli del perimetro stradale. Hai scoperto i nascondigli delle casseforti e il diagramma del sistema d‟allarme. Per ottenerli hai interpellato diciassette società. Ti sei spacciato per un tenente di polizia di Milwaukee,
rendendo più credibile l‟impersonificazione con documenti e credenziali realizzati ad arte da un falsario che avevi arrestato in passato. Tutte le tue recite da poliziotto sono state effettuate con un travestimento. La villa ha due casseforti corazzate di acciaio. Pesano quarantacinque chili l‟una. Ne hai memorizzato le precise posizioni. Controllo finale. La tua nuova stanza di motel alle porte di Beloit: prenotata. L‟articolo di giornale sulla collezione d‟arte di Schiffrin: ritagliato per essere abbandonato sulla scena. Littell trasse un profondo respiro e trangugiò cinque rapide sorsate di whisky. I suoi nervi ebbero un tremito e giunsero quasi a calmarsi. Si osservò nello specchio del bagno. Un‟ultima occhiata per farsi coraggio… Le nubi coprivano la luna. Littell raggiunse in auto il punto contrassegnato a poco meno di un chilometro dalla villa. Erano le 23,47. Aveva due ore e tredici minuti per agire. Un‟auto di pattuglia lo superò diretta a est. In orario: il solito passaggio delle 23,45. Littell uscì dalla strada asfaltata. La terra battuta scricchiolò sotto le gomme. Accese gli abbaglianti e procedette a slalom
verso la base della collina. Il terreno si appiattì. Le gomme posteriori modificate non lasciavano alcuna traccia. La radura era costellata di alberi: l‟auto non poteva essere vista dalla strada. Spense i fari e afferrò la borsa da viaggio. Scorse le luci della villa in cima alla collina occidentale: un vago bagliore da usare come punto di riferimento. S‟incamminò in quella direzione. Un letto di foglie eliminava il problema delle impronte. Il bagliore aumentava di secondo in secondo. Raggiunse il vialetto che conduceva alla tettoia per le auto. L‟Eldorado Brougham di Schiffrin mancava all‟appello. Corse fino alla finestra della biblioteca e vi si accovacciò sotto. Una lampada all‟interno gli forniva luce a sufficienza per mettersi al lavoro. Estrasse gli attrezzi dalla borsa e tagliò due fili assicurati con del nastro isolante al canale per le acque piovane. Un faretto esterno crepitò e si spense. Littell individuò l‟allarme lungo il perimetro della finestra, sistemato fra due spessi pannelli di vetro. Tracciò una circonferenza. Tagliò strisce di nastro magnetico per coprirla.
Le sistemò sul pannello esterno in un cerchio quasi perfetto. Le gambe gli dolevano. Il sudore freddo faceva bruciare i tagli della rasatura. Percorse la circonferenza con una calamita. Tracciò un cerchio più piccolo all‟interno con il diamante tagliavetro. Il vetro era SPESSO: dovette fare forza con entrambe le mani e usare tutto il suo peso per inciderlo. L‟allarme non scattò. Le luci non si accesero. Continuò a tracciare il cerchio nel vetro. Le sirene non ulularono. Non accadde nulla. I muscoli delle braccia gli bruciavano. La punta del diamante si smussò. Il sudore gli si ghiacciò addosso e iniziò a farlo tremare. Il pannello esterno cedette. Littell inserì le maniche della camicia sotto i guanti e prese a spingere. ERANO TRASCORSI VENTINOVE MINUTI. La pressione dei gomiti fece cedere anche il pannello interno. Littell creò lo spazio per strisciare all‟interno. Si appiattì nel passaggio. Era stretto: il vetro gli tagliuzzò i vestiti fino alla pelle. La biblioteca era rivestita di quercia e arredata con
poltrone di pelle verde. Sulle pareti laterali campeggiava una collezione d‟arte: un Matisse, un Cézanne, un Van Gogh. Le lampade a stelo gli concedevano luce a sufficienza per operare. Littell sistemò a terra gli attrezzi. Localizzò le casseforti: incassate nella parete, a mezzo metro l‟una dall‟altra. Coprì con la schermatura acustica ogni centimetro quadrato di parete. La fissò con una serie di chiodi ai pannelli di quercia laccata. Segnò con una x le sezioni di parete che coprivano le casseforti. Si mise gli occhialoni di sicurezza e si riparò le orecchie con i tappi di cera. Quindi caricò il fucile e iniziò a sparare. Un colpo, due colpi: esplosioni smorzate ma impressionanti. Tre colpi, quattro colpi: una pioggia di materiale isolante e legno duro. Ricarica e spara, ricarica e spara, ricarica e spara. Schegge di legno gli ferirono il volto. Il fumo e la cordite gli causavano conati di vomito. La visibilità era nulla: il pacciame gli frustava gli occhialoni. Ricarica e spara, ricarica e spara, ricarica e spara. Una raffica di più di quaranta colpi fece crollare la parete e le travi
del soffitto. Una montagna di legno e stucco. Alcuni mobili precipitarono dal primo piano e andarono in mille pezzi. Due casseforti fecero capolino dalle macerie. Littell si fece strada a calci: Dio, ti prego, fammi respirare. Vomitò schegge e whisky. Tossì cordite e catarro scuro. Scavò nel mucchio e trascinò le casseforti verso la borsa da viaggio. ERANO TRASCORSI SETTANTADUE MINUTI. Ora la biblioteca sventrata dava direttamente sulla sala da pranzo. Le quaranta esplosioni avevano fatto cadere i quadri dalle pareti. Il Cézanne era intatto. Il Matisse rivelava un danno leggero alla cornice. Il Van Gogh era stato maciullato da frammenti impazziti. Littell lasciò cadere il ritaglio di giornale. Littell si caricò la borsa sulla schiena usando strisce di tessuto ricavate dalle tende. Littell prese i dipinti e fuggì dall‟ingresso principale. L‟aria fresca gli fece girare la testa. Trasse un profondo respiro e prese a correre. Scivolò sulle foglie, cozzò contro gli alberi. La vescica gli cedette: non aveva mai provato una sensazione più piacevole. Inciampò, ingobbito dal carico: cento chili di acciaio gli
impedivano di scivolare e precipitare a valle. Cadde. Le membra gli si fecero di gomma: non era più in grado di rialzarsi o sollevare la borsa. Prese a strisciare e trascinò il bottino per l‟ultima parte del tragitto. Lo caricò in auto e partì sbandando verso la strada sterrata. Boccheggiava. Scorse il proprio volto nello specchietto retrovisore. L‟aggettivo “eroico” non bastava a descriverlo. Procedette verso nord-nordovest per una serie di tornanti. Ritrovò il punto che aveva selezionato per l‟esplosione: una radura alle porte di Prairie du Chien. Illuminò il prato con tre grosse lanterne. Bruciò i quadri e disperse le ceneri. Schiacciò le estremità di sei candelotti di dinamite e li inserì sotto i dischi combinatori delle casseforti. Procedette con le micce fino a un centinaio di metri di distanza e vi diede fuoco. Le casseforti esplosero. I portelli vennero proiettati fino alle cime degli alberi. Il vento disperse mazzette bruciacchiate di contanti. Littell le esaminò. L‟esplosione aveva distrutto almeno 100.000 dollari. Non danneggiati: Tre grossi registri avvolti nella plastica.
Littell seppellì i resti delle banconote e gettò ciò che restava delle casseforti in uno scarico nei pressi della radura. Quindi raggiunse il motel, rispettando rigorosamente i limiti di velocità. Tre registri. Duecento pagine ciascuno. Cifre incolonnate su ogni pagina, riportate nel tipico sistema contabile. Cifre enormi, da sinistra a destra. Littell aprì i registri sul letto. Il suo primo istinto: erano somme di denaro che superavano qualsiasi possibile registrazione di debiti mensili o annuali. I due registri di pelle marrone erano in codice. Le serie di numeri e lettere riportate sulla colonna di sinistra corrispondevano a prima vista alle lunghezze di nomi e cognomi. Dunque: AH795/WZ458YX = un nome proprio di cinque lettere e un cognome di sette. FORSE. Il registro nero riportava cifre e nomi non codificati: somme altrettanto consistenti e sigle di due o tre lettere sulla colonna di sinistra. Potevano essere le iniziali di chi aveva emesso o ricevuto un prestito. Era suddiviso in colonne verticali, segnate da diciture esplicite: “Interessi” e “Trasferimenti”.
Littell ripose il registro nero. Il suo secondo istinto: decifrare il codice non sarebbe stato facile. Tornò a dedicarsi ai volumi marroni. Seguì nomi criptati e cifre e vide che i numeri aumentavano in senso orizzontale. Le somme raddoppiavano: la percentuale di interessi applicata dal Fondo pensioni era un 50 per cento da usurai. Individuò ripetizioni di lettere in singole voci da quattro a sei lettere: molto probabilmente un semplice codice per dissimulare le date. A per 1, B per 2, eccetera: qualcosa gli diceva che era davvero così semplice. Trasformò le lettere in numeri e DEDUSSE: I primi prestiti del Fondo risalivano a trent‟anni prima. Lettere e numeri procedevano da sinistra a destra fino agli inizi del 1960. Il prestito medio ammontava a 1.600.000 dollari. Con gli interessi: 2.400.000. Il prestito più contenuto: 425.000 dollari. Il più generoso: 8.600.000. Cifre che aumentavano da sinistra a destra. Moltiplicazioni e divisioni sulla colonna di estrema destra: strani calcoli percentuali. Littell DEDUSSE: Le strane cifre erano i profitti ricavati grazie ai prestiti, al netto degli interessi pagati. Gli bruciavano gli occhi. Fu costretto a fermarsi. Tre
bicchierini veloci gli ridiedero energia. Gli venne in mente qualcosa: Cerca il prestito ottenuto da Hoffa per Sun Valley. Passò in rassegna le colonne aiutandosi con una matita. Collegò i punti: dalla metà del „56 alla metà del „57, dieci simboli per formare il nome “Jimmy Hoffa”. Trovò 1.200.000 e 1.800.000 dollari: forse i 3 milioni “segreti” di Bobby Kennedy. Individuò una serie di cinque, sei e cinque simboli nella colonna trasversale. 5,6,5 = James Riddle Hoffa. Hoffa aveva riso delle accuse relative a Sun Valley. A ragione: la sua truffa era perfettamente coperta. Littell perlustrò i registri e scoprì cifre sorprendenti. I piccoli zeri proseguivano all‟infinito: il Fondo era miliardario. Iniziò a vederci doppio. Ovviò al problema con una lente d‟ingrandimento. Riprese a studiare i registri. Una serie di numeri identici si ripeteva di continuo, riportata fra parentesi: (1408). Sfogliò i registri marroni pagina per pagina. La strana cifra era ripetuta ventuno volte, una delle quali in relazione ai 3 milioni segreti. Una rapida somma totale: un giro d‟affari di 49 milioni di dollari. Il signor 1408 era ben fornito. Tornò a controllare la colonna iniziale del registro nero. Era in ordine alfabetico e trascritta nello stampatello ordinato
di Jules Schiffrin. Erano le 9 del mattino. Aveva cinque ore di tempo per studiare. Il titolo “Interessi” lo incuriosiva. Vide le lettere “BE” percorrere tutta la pagina: nel codice numero-lettera significava il 25 per cento. DEDUSSE: Le iniziali indicavano i prestatori del Fondo pensioni, ripagati con pingui ma non eccessivi interessi. Controllò la colonna “Trasferimenti”. Le voci erano molto simili: al massimo sei iniziali. DEDUSSE: Indicavano i numeri dei conti bancari: il denaro ripagato dalla mafia riciclato nel sistema bancario. Le sigle finivano tutte con la lettera B: molto probabilmente stava per “branch”, filiale. Littell trascrisse le lettere su un taccuino. BOABHB: Bank of America, filiale di Beverly Hills. HSALMB: Home Savings & a Loan, filiale di Miami Beach. Funzionava. Era in grado di ottenere nomi di banche da ogni sigla in codice. Saltò da una colonna all‟altra cercando il 1408. Eccolo: JPK, SR.SFNBB.811512404. SFN significava Security-First National. BB poteva stare per filiale di Buffalo, di Boston o di qualsiasi altra città il cui
nome iniziava per B. L‟SR indicava probabilmente la sigla “Senior”. Ma perché era stata aggiunta? Appena sopra a JPK,SR: JPK (1693) BOADB. Un piccolo giocatore, se paragonato a 1408: aveva prestato al Fondo soltanto 6.400.000 dollari. La sigla aggiunta SR serviva semplicemente a distinguere il prestatore da qualcuno con le medesime iniziali. JPK, SR (1408) SFNBB.811512404. Qualcuno di schifosamente ricco… Fermati. Non fare un passo in più. JPK, SR. Joseph P. Kennedy, Senior. BB: filiale di Boston. Agosto „59: Sid Kabikoff a Mad Sal: “Conosco Jules fin dai tempi dei tempi„/‟quando SPACCIAVA DROGA e USAVA I PROFITTI per finanziare film della RKO di JOE KENNEDY“. Fermati. Telefona. Impersona un duro federale e conferma o confuta la scoperta. Littell compose lo zero. Il sudore colava sull‟apparecchio telefonico. Rispose l‟operatore. — Che numero desidera? — La Security-First National Bank di Boston, nel
Massachusetts. — Un momento, signore. Rintraccio il numero e la collego. Littell attese. L‟adrenalina gli dava le vertigini e gli seccava la bocca. Rispose una voce maschile. — Security-First National. — Agente speciale Johnson, FBI. Mi faccia parlare con il direttore, per cortesia. — Attenda in linea. Glielo passo. Littell udì gli scatti del collegamento interno. — Parla Carmody — disse un uomo. — Posso esserle utile? — So… sono l‟agente speciale Johnson, dell‟FBI. Ho un numero di conto presso la sua banca. Devo sapere a chi è intestato. — È una richiesta ufficiale? È domenica, mi trovo in ufficio soltanto per dirigere l‟inventario mensile. — È una richiesta ufficiale. Posso ottenere un mandato, ma preferivo risparmiarle il disturbo di una visita di persona. — Capisco. Be‟, immagino… Littell lo incalzò deciso. — Il numero è 811512404. Al direttore sfuggì un sospiro. — Ehm, il 404 finale significa che si tratta di cassette di sicurezza. Dunque, se è il saldo che le interessa, temo che… — Quante cassette sono riservate a questo conto?
— Be‟, è un cliente che mi è familiare, viste le dimensioni del suo conto. Vede… — Quante cassette} — Al momento un‟intera camera blindata di novanta unità. — I valori possono essere trasferiti direttamente? — Certamente. Possono essere sistemati a scatola chiusa nelle cassette da estranei muniti della parola d‟ordine del titolare. Novanta cassette. Milioni di dollari mafiosi riciclati e IN CONTANTI… — A chi è intestato il conto? — Be‟… — Devo chiedere un mandato? — Be‟, io… Quello di Littell fu quasi un grido. — È intestato a Joseph P. Kennedy Senior! — Be‟… ehm… sì. — Il padre del senatore? — Sì, il padre del… Il telefono gli scivolò di mano. Littell gli fece percorrere la stanza a suon di calci. Il registro nero. Il signor 1408, strozzino miliardario. Tornò a esaminare le cifre ed ebbe la conferma. Ripassò tre volte ogni singolo numero finché la vista non gli si annebbiò. Sì: Joe Kennedy prestava capitali al Fondo pensioni. Sì: il Fondo aveva finanziato James Riddle Hoffa. Sun Valley era una truffa immobiliare. Sun Valley aveva
spinto Pete Bondurant a uccidere due uomini: Anton Gretzler e Roland Kirpaski. Littell seguì il percorso cartaceo del signor 1408. Una serie infinita di zeri, e nessun prelievo conclusivo. Joe si limitava a ritirare gli interessi. Gli stanziamenti iniziali di Joe restavano a formare il liquido del Fondo. E crescevano. Riciclati, nascosti, riparati, al sicuro dalle tasse, reinvestiti: prestati a sindacalisti corrotti, spacciatori di droga, strozzini e dittatori fascisti legati alla mafia. I registri criptati riportavano ogni singola operazione. Una volta decifrato il codice, avrebbe scoperto le destinazioni del denaro. Sono segreti miei, Bobby: non ti permetterò mai di odiare tuo padre. Littell superò il limite di otto bicchieri. Perse conoscenza sbraitando numeri e cifre.
Capitolo 54 (Hyannis Port, 8.11.60) Jack conduceva con un milione di voti. Nixon gli era sempre alle calcagna. Il Midwest non prometteva bene. Kemper seguiva tre televisori e giostrava quattro telefoni. La sua stanza di motel era tutta un cavo: il Servizio Segreto pretendeva linee multiple in entrata e in uscita. L‟apparecchio rosso era la sua linea privata. I due bianchi si collegavano direttamente alla tenuta dei Kennedy. Il telefono azzurro metteva in comunicazione il Servizio Segreto con il futuro presidente. Erano le 23,35. La Cbs definiva “combattuta” la corsa per l‟Illinois. “Mozzafiato!” proclamava l‟Nbc. L‟Abc sosteneva che Jack l‟avrebbe spuntata con il 51 per cento. Kemper guardò fuori dalla finestra. Gli uomini del Servizio Segreto si mischiavano alla folla in strada: avevano prenotato l‟intero motel. Il telefono bianco numero 2 prese a squillare. Bobby, con lamentele varie.
Un giornalista era riuscito a penetrare nella tenuta. Un‟auto truccata coperta di striscioni nixoniani aveva danneggiato il prato principale. Kemper convocò due poliziotti fuori servizio. Diede loro istruzioni di malmenare chiunque oltrepassasse la recinzione e sequestrare i veicoli. Poi fu il turno del telefono rosso. Era Santos Junior, con pettegolezzi mafiosi. Disse: l‟Illinois è una scommessa. Disse: Sam G. è intervenuto. Lenny Sands era in giro a riempire le urne, aiutato da un centinaio di assessori. Jack si sarebbe dovuto aggiudicare la contea di Cook con una valanga di voti, raggiungendo la vittoria nello Stato per il classico pelo di fica di suora. Kemper riagganciò. Il telefono rosso riprese subito a squillare. Era Pete, con altri pettegolezzi di seconda mano. Hoover aveva chiamato Hughes. Hughes gli aveva confermato che Marilyn Monroe era piuttosto allegra. I federali avevano iniziato a sorvegliarla. Nel corso delle ultime due settimane Marilyn aveva scopato il disc-jockey Allan Freed, Billy Eckstine, Freddy Otash, l‟addestratore di Rin Tin Tin, Joe Hall “Ramar della Giungla”, l‟addetto alla pulizia della sua piscina, due fattorini di pizzeria, il conduttore di talk-show
Tom Duggan e il marito della sua domestica… ma non il senatore John F. Kennedy. Kemper riagganciò con una risata. La Cbs giudicava la corsa “troppo equilibrata per potersi sbilanciare”. L‟Abc aveva fatto marcia indietro. La corsa era diventata “troppo equilibrata per potersi sbilanciare”. Squillò il telefono bianco numero 1. Kemper rispose. — Bob? — Sono io. Chiamavo soltanto per dirti che siamo in testa nelle proiezioni, e che l'Illinois e il Michigan dovrebbero garantirci la vittoria. Lo scandalo del prestito Hughes ci ha dato una grossa mano, Kemper. La tua “fonte anonima” dovrebbe esserne informata. — Non mi sembri così eccitato. — Non ci credo finché non lo vedo scritto. E un amico di papà è appena morto. Era più giovane di lui, e papà l‟ha presa male. — Qualcuno che conosco? — Jules Schiffrin. Mi pare che tu l‟abbia conosciuto qualche anno fa. Ha avuto un attacco di cuore nella sua villa del Wisconsin. È tornato a casa e ha trovato la casa sventrata e derubata. È crollato lì sul posto. Un amico di papà ha chiamato da Lake Geneva e… — Lake Geneva?
— Sì. A nord di Chicago. Kemper… Il luogo dell’aggressione subita da Littell. Schiffrin: un affarista senza scrupoli con legami mafiosi. — Kemper… — Scusami. Ero distratto. — Volevo dirti una cosa… — Riguarda Laura? — Come fai a saperlo? — Non esiti mai, se non quando si parla di Laura. Bobby si schiarì la gola. — Chiamala. Dille che gradiremmo che per un certo periodo si tenesse a distanza dalla famiglia. Sono sicuro che capirà. Court Meade aveva detto che Littell si era volatilizzato. Non aveva nessuna vera prova, ma… — Kemper, mi stai ascoltando? — Sì. — Chiama Laura. Sii gentile ma deciso. — Lo farò. Bobby riagganciò. Kemper usò il telefono rosso per chiamare un numero di Chicago: BL8 4908. Riuscì a prendere la linea. Udì due squilli e due lievissimi ticchettii da intercettazione. — Pronto? — disse Littell. Kemper coprì il microfono con la mano. — Sei tu, Boyd? Ti ripresenti nella mia vita perché hai paura o perché credi che abbia qualcosa che ti interessa?
Kemper interruppe la comunicazione. Ward J. Littell: Gesù Cristo fottuto.
Capitolo 55 (Miami, 9.11.60) Guy Banister strillava in interurbana. Pete sentiva salire il mal d‟orecchi. — Si stabilirà una nuova egemonia papista. Lui va pazzo per negri ed ebrei, e fin dal primo giorno al Congresso ha avuto la mano leggera con i comunisti. Non riesco a credere che abbia vinto. Non riesco a credere che l‟America abbia bevuto le sue stron… — Dacci un taglio, Guy. Mi stavi dicendo che J.D. Tippit ha sentito una voce. Banister tolse il piede dall‟acceleratore verbale. — Dimenticavo di averti chiamato per una ragione. E dimenticavo che hai un debole per Kennedy. — Mi piacciono i suoi capelli — rispose Pete. — Me lo fanno venir duro. Banister ripartì in quarta. Pete lo interruppe immediatamente. — Sono le 8 del mattino, Guy. Ho un chilometro di
chiamate in lista d‟attesa e tre taxisti malati. Dimmi che cosa vuoi. — Voglio che Dick Nixon chieda un nuovo conteggio. — Guy… — Va bene, va bene. Boyd avrebbe dovuto dirti di parlare con Wilfredo Delsol. — L‟ha fatto. — E tu gli hai parlato? — No. Sono stato occupato. — Tippit sostiene di aver sentito dire che Delsol è stato visto in giro con dei castristi. Alcuni di noi pensano che ci dovrebbe dare una spiegazione. — Andrò a trovarlo. — Fallo. E già che ci sei, cerca di farti venire una coscienza politica. Pete scoppiò a ridere. — Jack è un tipo a posto. E i suoi capelli me lo fanno venir duro. Pete raggiunse l‟appartamento di Wilfredo e bussò alla porta. Delsol andò ad aprire in mutande e maglietta. Aveva lo sguardo appannato. Era scheletrico. Sembrava troppo assonnato per stare in piedi. Rabbrividì e si pizzicò i coglioni. Scosse il capo per spezzare le ragnatele mentali e subito si rese conto della realtà.
— Qualcuno ti ha detto brutte cose su di me. — Prosegui. — Uno come te va a trovare la gente solo quando deve spaventarla. — Esatto. O quando deve chiedere spiegazioni. — Chiedimele, allora. — Sei stato visto mentre parlavi con certi castristi. — E vero. — E allora? — E allora, erano venuti a sapere com‟era morto mio cugino Tomàs. Credevano di potermi convincere a tradire la squadra scelta. — E? — Ho risposto che quello che era successo a Tomàs mi fa orrore, ma che Fidel Castro mi fa ancora più ribrezzo. Pete si appoggiò alla porta. — Le missioni in motoscafo non sono la tua passione. — Uccidere qualche miliziano non serve a niente. — Supponiamo che tu venga assegnato a una squadra d‟invasione. — Ci andrei. — Supponiamo che ti ordini di eliminare uno di quelli con cui sei stato visto parlare.
qui.
— Ti risponderei che Gaspar Blanco vive a due isolati da
— Uccidilo — disse Pete. Pete si aggirava per il ghetto nero, tanto per far passare il tempo. La radio trasmetteva esclusivamente notizie elettorali. Nixon ammetteva la sconfitta. Frau Nixon frignava. Jack Mal di Schiena ringraziava il suo staff e annunciava che Frau Mal di Schiena aspettava un pargoletto. Un capannello di drogati di colore era raccolto attorno a un banchetto di lustrascarpe. Fulo e Ramon accostarono l‟auto al marciapiede e li rifornirono. Chuck distribuiva pacchetti di roba in cambio di assegni della previdenza già girati. Jack parlava della Nuova Frontiera. Fulo consegnò al lustrascarpe un grosso quantitativo di ero. Un notiziario locale si intromise nelle trasmissioni. Spari davanti a una bottiglieria di Coral Gables! La polizia ha identificato la vittima come un certo Gaspar Ramon Blanco! Pete sorrise. 8 novembre 1960: una giornata storica. Dopo pranzo andò alla Tiger Kab. Teo Paez aveva organizzato una vendita nel parcheggio: televisori rubati a 20 cocuzze al pezzo. Gli apparecchi erano alimentati da un generatore. Jack K. sorrideva da una decina di schermi.
Pete si mescolò ai potenziali acquirenti. Jimmy Hoffa fece capolino dalla folla, sudando come una fontana nonostante il clima fresco. — Ciao, Jimmy. — Togliti quel sorriso di dosso. So benissimo che tu e Boyd volevate alla Casa Bianca quel frocio leccafighe. — Non ti devi preoccupare. Terrà al guinzaglio il fratellino. — Come se fosse l‟unica mia preoccupazione. — Che cosa intendi dire? — Intendo dire che Jules Schiffrin è schiattato. Dalla sua villa di Lake Geneva sono stati rubati dei quadri inestimabili, e con loro sono sparite anche certe carte inestimabili. Jules ha avuto un infarto, e ora la nostra roba è probabilmente nello scantinato di qualche scassinatore del cazzo. LITTELL. Era completamente pazzo. Pete iniziò a ridere. — Cosa cazzo c‟è di così divertente? — chiese Hoffa. Pete esplose. — Piantala, testa di minchia — sbraitò Hoffa. Pete non riuscì a trattenersi. Hoffa estrasse il cannone e fece esplodere sei primi piani di Jack il Capelluto.
Capitolo 56 (Washington, 13.11.60) Il postino gli consegnò un espresso. Era stato spedito da Chicago, ma non riportava il mittente. Kemper aprì la busta. L‟unico foglio all‟interno era stato attentamente dattiloscritto. Ho i registri. In caso di morte o scomparsa del sottoscritto, sono assicurati con una decina di accorgimenti diversi. Li consegnerò soltanto a Bobby, ma soltanto se entro i prossimi tre mesi mi verrà offerta una carica all‟interno dell‟amministrazione Kennedy. I registri sono al sicuro, insieme a una deposizione di ottantatré pagine nella quale descrivo in dettaglio la tua infiltrazione all‟interno della Commissione McClellan e della famiglia Kennedy. Distruggerò tale deposizione soltanto se mi verrà offerto un incarico ufficiale. Continuo a volerti bene, e ti sono grato per ciò che mi hai insegnato. In certe occasioni hai agito con sorprendente generosità, mettendo a rischio le tue innumerevoli relazioni ambigue nel tentativo di aiutarmi a raggiungere quella che superficialmente sono costretto a descrivere come la mia virilità. Ciò detto, devo anche aggiungere che non mi fido delle tue motivazioni per quanto concerne i registri. Ti
considero tuttora un amico, ma non mi fido di te.
Kemper inviò un messaggio a Pete Bondurant. Lascia perdere i registri dei Teamster. Littell ci ha fregati, e io sto iniziando a rimpiangere il giorno in cui ho deciso di insegnargli alcune cosette. Ho rivolto qualche discreta domanda alla polizia di Stato del Wisconsin, la quale sembra francamente disorientata. La prossima volta che ci parleremo ti fornirò qualche dettaglio in più. Penso che ne sarai impressionato, anche se non ti farà piacere. Ma basta con le lamentele. Dedichiamoci a Fidel Castro.
Capitolo 57 (Chicago, 8.12.60) Il vento scuoteva l‟auto con violenza. Littell alzò il riscaldamento e abbassò lo schienale per stirarsi. La sua sorveglianza era pura finzione. Avrebbe perfino potuto iscriversi al Partito: Mal ne avrebbe riso. Avevano organizzato una festa: Abbasso le Liste Nere. Il Provveditorato agli studi di Chicago aveva accettato Mal Chamales come insegnante per le ripetizioni di matematica. Un gruppo di invitati si avvicinò alla casa. Littell riconobbe esponenti della sinistra dalla fedina federale lunga un chilometro. Alcuni lo salutarono. Mal gli aveva promesso che avrebbe fatto uscire sua moglie con del caffè e qualche biscotto. Littell spostò lo sguardo sulla casa. Mal aveva acceso le lucine di Natale: l‟albero accanto alla veranda diffondeva i suoi bagliori azzurri e gialli. Sarebbe rimasto fino alle nove e mezzo. Avrebbe descritto la festa come la classica serata natalizia. Leahy avrebbe accettato il rapporto per pura formalità: il punto morto a cui
erano giunti precludeva ogni confronto diretto. La sua irruzione nell‟ufficio e la sua trasferta a Lake Geneva non avevano provocato domande. Gli mancavano trentanove giorni alla pensione. La tattica attendista del Bureau sarebbe andata avanti fino al suo ingresso nella vita civile. Aveva nascosto i registri nella cassetta di sicurezza di una banca di Duluth. Si era procurato una ventina di manuali di criptografia. Aveva raggiunto il diciassettesimo giorno senza una goccia d‟alcol. Avrebbe potuto inviare i registri a Bobby. Avrebbe potuto cancellare il nome di Joe Kennedy con qualche semplice tratto di matita. Le foglie morte bersagliavano il parabrezza. Littell scese dall‟auto e si stirò le gambe. Vide alcuni uomini percorrere di corsa il vialetto d‟accesso di casa Chamales. Udì gli scatti metallici dei fucili a pompa. Sentì dei passi alle sue spalle. Mani sconosciute lo scaraventarono sul cofano dell‟auto e gli strapparono di dosso la fondina. Si tagliò il volto su una cromatura affilata. Vide Charles Leahy e Court Meade sfondare a calci la porta di Mal. Venne circondato da una schiera di energumeni in giacca, cravatta e cappotto. I suoi occhiali caddero a terra. Tutto si fece claustrofobico e confuso.
Lo trascinarono verso la strada. Gli ammanettarono polsi e caviglie. Una limousine blu notte si accostò al marciapiede. Lo spinsero a bordo dell‟auto. Lo spinsero faccia a faccia con J. Edgar Hoover. Gli coprirono le labbra con del nastro isolante. La limousine ripartì. — Mal Chamales sta per essere arrestato per sedizione e per aver tentato di rovesciare il governo degli Stati Uniti d‟America — annunciò Hoover. — Il suo servizio nell‟FBI viene interrotto a partire da questo preciso istante, la sua pensione è revocata e un suo dettagliato profilo di simpatizzante comunista è stato trasmesso al Dipartimento di Giustizia, agli Ordini degli avvocati dei cinquantacinque Stati e ai presidi di ogni facoltà di Legge sul continente americano. Se decidesse di rivelare al mondo ciò che sa delle attività clandestine di Kemper Boyd, le garantisco che sua figlia Susan ed Helen Agee non riuscirebbero mai a esercitare la professione legale, e che l‟interessante coincidenza fra le sue tre settimane di assenza e la penetrazione all‟interno della proprietà di Jules Schiffrin a Lake Geneva verrebbe fatta notare a esponenti del crimine organizzato che potrebbero trovarla intrigante. Conformemente alle sue simpatie sinistrofile e alle sue umanitarie preoccupazioni per i poveri e i deboli di spirito, verrà ora depositato in un luogo in cui le sue
tendenze all‟abnegazione, all‟autoflagellazione e al socialismo saranno debitamente apprezzate. Autista, si fermi. La limousine decelerò. Gli slacciarono le manette. Lo trascinarono fuori. Lo gettarono in mezzo a una strada della South Side. Una schiera di barboni di colore gli si fece sotto con aria incuriosita. Che cazzo vuoi, bianco?
Documento: 18.12.60. Messaggio personale da Kemper Boyd al ministro della Giustizia incaricato, Robert F. Kennedy. Caro Bob, prima di tutto congratulazioni. Sarai un magnifico ministro della Giustizia: mi figuro già Jimmy Hoffa e compagnia bella che penzolano dai pennoni. A proposito di Hoffa. Scopo di questa mia è raccomandarti l‟ex agente speciale Ward J. Littell per una carica presso il Dipartimento di Giustizia. Littell (il Fantasma di Chicago che ha lavorato segretamente per noi dall‟inizio del 1959) si è laureato nel 1940 a Notre Dame con 110 e lode, e gode della licenza dell‟Ordine federale degli avvocati. È considerato molto bravo nel campo delle deportazioni federali, e si porterà dietro un bel po‟ di informazioni sulla mafia e sui Teamster. Mi rendo conto che come Fantasma è un bel pezzo che Littell non si fa più vivo, ma spero che questo dettaglio non smorzerà il tuo entusiasmo. È un magnifico avvocato e un acerrimo nemico del crimine. Tuo Kemper Documento: 21.12.60. Messaggio personale da Robert F.
Kennedy a Kemper Boyd. Caro Kemper, per quanto riguarda Ward Littell, la mia risposta è un “no” deciso. Ho ricevuto un rapporto da Hoover nel quale, forse con un minimo di preconcetto ma con grande efficacia, lo si dipinge come un alcolizzato dalle tendenze politiche di estrema sinistra. Hoover ha anche accluso alcune prove che indicano come Littell abbia ricevuto mazzette da diversi esponenti della mafia di Chicago. Questo, per quanto mi riguarda, basta a confutare l‟importanza delle sue cosiddette informazioni su mafia e Teamster. Mi rendo conto che Littell è tuo amico, e che a un certo punto si è impegnato per aiutarci. Ma sinceramente non possiamo permetterci la minima macchia nei curriculum dei nostri uomini. Con questo, considero chiusa la questione Littell. Resta aperto l‟interrogativo sui tuoi compiti nell‟amministrazione Kennedy, ma credo proprio che sarai piacevolmente sorpreso nello scoprire cosa abbiamo pensato io e il presidente eletto. I miei ossequi, Bob Documento: 17.1.61. Lettera personale da J. Edgar Hoover
a Kemper Boyd. Caro Kemper, devo congratularmi per ben tre motivi. Primo, le sue recenti tattiche di evasione si sono dimostrate superbamente efficaci. Secondo, la sua piccola digressione su Marilyn Monroe mi ha tenuto occupato per un bel pezzo. Che mito ha creato! Con un po‟ di fortuna, entrerà in quello che Hush-Hush definirebbe il “Pantheon dei pettegolezzi”! Terzo, bravo per la sua nomina a legale itinerante del Dipartimento di Giustizia. I miei contatti mi informano che si dedicherà agli abusi del diritto di voto nel Sud. Perfetto! Ora sarà in grado di ergersi a paladino degli interessi dei neri di sinistra con la stessa tenacia con cui appoggia i cubani di estrema destra! Credo che abbia trovato il suo mestiere ideale. Avrei difficoltà a concepire un impiego più adatto a un uomo dai codici di lealtà tanto elastici. Spero che avremo la possibilità di tornare a lavorare insieme. Con l‟affetto di sempre, JEH
Capitolo 58 (New York, 20.1.60) Aveva pianto. Le lacrime le avevano sciupato il trucco. Kemper fece ingresso nel salone. Laura si strinse la vestaglia sul petto e si scostò. Lui le offrì un piccolo bouquet di fiori. — Vado all‟inaugurazione. Sarò di ritorno fra qualche giorno. Lei ignorò l‟omaggio. — Me l‟ero immaginato. Non mi ero illusa che lo smoking fosse per me. — Laura… — Non sono stata invitata. Ma ci sarà una coppia di miei vicini. Hanno contribuito alla campagna con 10.000 dollari. Il mascara le colava sulle guance. Il suo volto aveva un‟espressione inquietante. — Sarò di ritorno fra qualche giorno. Ne parleremo. Laura indicò un armadio. — Nel cassetto c‟è un assegno di 3 milioni di dollari. Sono miei, se accetterò di tenermi alla larga dalla famiglia. — Potresti stracciarlo. — Tu lo faresti?
— Non posso risponderti. Le sue dita erano ingiallite dalla nicotina. Il salone era disseminato di posaceneri traboccanti. — Loro o me? — chiese Laura. — Loro — rispose Kemper.
Parte Terza PORCI Febbraio-Novembre 1961
Documento: 7.2.61. Memorandum da Kemper Boyd a John Stanton. Contrassegnato: confidenziale. consegna a mano. John, ho fatto lievi pressioni nei confronti di Fratello Minore e di alcuni assistenti della Casa Bianca al fine di ottenere informazioni, e sono spiacente di comunicarti che al momento il presidente ha ancora opinioni ambigue riguardo al nostro piano d‟invasione. L‟imminenza dell‟operazione ha evidentemente aumentato la sua indecisione. È ovvio che non abbia intenzione di fronteggiare una situazione così delicata nei primi tempi della sua amministrazione. Il presidente e il ministro della Giustizia Kennedy sono stati messi al corrente della situazione dal direttore Dulles e dal vicedirettore Bissell. Fratello Minore partecipa a molti importanti consessi presidenziali; si sta con ogni evidenza trasformando nel Primo consigliere del presidente sui temi più scottanti. Con grande costernazione di alcuni nostri amici, Fratello Minore ha conservato la sua fissazione per il crimine organizzato, e pare disinteressarsi del problema cubano. I miei contatti mi informano che il presidente non l‟ha informato dello stato di “allerta” dei nostri contingenti. Il campo di Blessington è pronto per l‟azione. I corsi di
addestramento sono stati sospesi; al 30.1.61, i quarantaquattro posti-letto sono occupati dagli uomini usciti dagli altri campi, uomini specificamente addestrati alle tattiche anfibie. Si tratta del cosiddetto Reparto d‟invasione Blessington. Pete Bondurant e Douglas Frank Lockhart li stanno sottoponendo a rigorose esercitazioni giornaliere, e mi informano che il morale è alle stelle. Ho visitato il campo la settimana scorsa, per valutare lo stato di allerta prima dell‟ispezione del 10.2.61 da parte del vicedirettore Bissell. Sono lieto di riferirti che Pete e Lockhart hanno fatto uno splendido lavoro. I mezzi da sbarco sono ormeggiati in insenature perfettamente mimetizzate, approntate dalla manovalanza del Klan. Chuck Rogers ha fatto ripassare a Ramon Gutiérrez le tecniche di volo. Il piano, studiato da Bondurant, prevede che Gutiérrez impersonifichi un disertore castrista e atterri a Blessington il giorno dell‟invasione, carico di fotografie di atrocità castriste ricreate ad arte e fatte pervenire alla stampa come vere. Armamenti e munizioni sono pronti. A circa un chilometro dal campo è in via di costruzione un pontile: nasconderà la nave per il trasporto del Reparto d‟invasione Blessington. Dovrebbe essere pronto per il 16.2.61. Ho finalmente la possibilità di passare un po‟ di tempo in
Florida, principalmente grazie al fatto che i fratelli credono ancora alla menzogna da me raccontata più di un anno fa: che cioè Hoover mi costringa a spiare le organizzazioni cubane della zona di Miami. Il mio incarico per il Dipartimento di Giustizia (indagare sulle accuse formulate da cittadini di colore a cui pare sia stato impedito di esercitare il diritto di voto) dovrebbe tenermi nel Sud per qualche tempo. Ho specificamente richiesto questo incarico proprio per la sua prossimità a Miami e Blessington. Il mio passato sudista ha convinto Fratello Minore a concedermelo, dandomi anche la possibilità di scegliere i distretti su cui concentrare inizialmente la mia azione. Ho individuato la zona attorno ad Anniston, nell‟Alabama. Dall‟aeroporto partono otto voli al giorno per Miami, il che significa che non mi ci vorranno più di novanta minuti per passare da un lavoro all‟altro. Se dovessi aver bisogno di me, mettiti in contatto con il mio servizio di segreteria a Washington o chiamami direttamente al Wigwam Motel, alle porte di Anniston. (Non dirlo: lo so, non è al mio solito livello.) Permettimi di sottolineare ancora una volta l‟importanza di nascondere a Fratello Minore tutti i collegamenti fra Agenzia e Organizzazione. Quando ho saputo che Fratello Maggiore l‟aveva nominato ministro della Giustizia, sono rimasto
sorpreso e sgomento quanto i nostri colleghi siciliani. La sua febbre antimafia sembra, se è possibile, aumentata; non vogliamo certo che scopra le sovvenzioni alla Causa da parte di cm, sg e jr o l‟attività collaterale della nostra squadra scelta. Passo e chiudo. Ci vediamo a Blessington il 10 febbraio. KB Documento: 9.2.61. Memorandum da John Stanton a Kemper Boyd. Contrassegnato: confidenziale consegna a mano. Kemper, ho ricevuto il tuo messaggio. Sembra che le cose procedano al meglio, sebbene preferirei che Fratello Maggiore fosse più deciso. Ho studiato alcune aggiunte alla formulazione iniziale del Piano d‟invasione. Mi comunicherai la tua opinione quando ci vedremo al campo. 1. Pete Bondurant e Chuck Rogers dovranno coordinare la sicurezza a Blessington e le comunicazioni fra il campo e le altre basi di lancio in Nicaragua e Guatemala. Rogers può volare da base a base, e credo che Pete potrà rivelarsi perfetto in qualità di paciere. 2. Teo Paez ha proposto una nuova recluta: Néstor Javier
Chasco, nato il 12.4.23. Teo lo conosceva all‟Avana, dove Chasco dirigeva un giro di informatori per conto della United Fruit, infiltrandosi in numerose organizzazioni di sinistra e in un‟occasione giungendo perfino a sventare un attentato ai danni di un dirigente della United Fruit. Quando Castro giunse al potere, Chasco si infiltrò nella rete di spaccio interna di Raul Castro, dirottando grandi quantità di eroina verso i ribelli anticastristi, i quali poterono venderla e usare il ricavato per l‟acquisto di armamenti. Chasco è esperto nel traffico di droga e nelle tecniche di interrogatorio, ed è un cecchino addestrato dall‟esercito e ripetutamente “prestato” dal presidente Batista ad altri capi di governo sudamericani. Teo sostiene che fra il 1951 e il 1958 Chasco abbia assassinato non meno di quattordici militanti di sinistra. Chasco, che si manteneva con lo spaccio di marijuana, è fuggito in motoscafo da Cuba il mese scorso. Giunto a Miami, si è messo in contatto con Paez e l‟ha pregato di procurargli un lavoro per la Causa. Teo l‟ha presentato a Pete Bondurant, e più tardi mi ha descritto l‟abboccamento come “amore a prima vista“. Tu eri irreperibile, e così Pete mi ha interpellato raccomandando Néstor Chasco per un impiego immediato sia a Blessington che nei ranghi della squadra scelta. Conosciuto
Chasco di persona, ne sono rimasto davvero colpito. L‟ho assunto immediatamente e ho detto a Pete di presentarlo al resto degli uomini scelti. Paez mi ha riferito che gli incontri si sono svolti amichevolmente. Chasco sta imparando i fondamenti dell‟attività con la squadra scelta, e nel frattempo lavora già come addestratore a Blessington. Farà la spola fra il campo, Miami e le nostri basi in Guatemala e Nicaragua: un responsabile dell‟Agenzia di passaggio da Blessington ha subito notato le sue credenziali e ha sottoposto una richiesta di impiego direttamente al vicedirettore Bissell. Conoscerai Chasco il giorno dell‟ispezione. Penso che anche tu ne sarai impressionato. 3. Durante le attività d‟invasione, voglio che tu e Chasco teniate d‟occhio le zone in cui si svolge l‟attività collaterale della squadra scelta. Le nostre fonti sull‟isola prevedono fughe di notizie verso Cuba, e voglio avere la certezza che le organizzazioni castriste locali non tentino di attaccarci credendo di approfittare della nostra esclusiva concentrazione sulle logistiche dell‟invasione. Ti dovrebbe essere facile abbandonare temporaneamente Anniston. Miami è vicina, e puoi sempre dire a Fratello Minore che Hoover ti ha spedito a sorvegliare i castristi. Chiudo con una richiesta imbarazzante.
Carlos M. ha donato a Guy Banister altri 300.000 dollari per gli armamenti. Quell‟uomo è un grande sostenitore della Causa, ma nutre profondi (e credo giustificati) timori per quanto concerne Fratello Minore. Potresti scoprire che cosa ha in mente il ministro della Giustizia nei suoi confronti? Ti ringrazio in anticipo dell‟interessamento. Ci vediamo domani a Blessington. John
Capitolo 59 (Blessington, 10.2.61) Front sinist, front dest. Presentat arm, caricat: mostriamo le camere di scoppio degli M-1. Il campo d‟addestramento ferveva di attività. Gli uomini si muovevano come ballerine cubane: ogni mossa era sincronizzata. Lockhart dava la cadenza. Néstor Chasco era il portabandiera. Le stelle, le strisce e il Pitbull fluttuavano al vento. Pete conduceva un‟ispezione di ufficiali in guanti bianchi. Lo seguivano Richard Bissell e John Stanton, in abiti di lana pettinata. Gli uomini indossavano tute militari inamidate ed elmetti cromati. Fulo, Paez, Delsol e Gutiérrez erano schierati a parte, a formare la squadra dei responsabili. Boyd osservava dal pontile. Non voleva che la truppa lo vedesse di persona. Pete controllava i fucili e li riconsegnava agli uomini. Bissell dava pacche affettuose sulle spalle e sorrideva. Stanton
soffocava a fatica gli sbadigli: sapeva che erano tutte puttanate di facciata. — Spallarm! — sbraitò Lockhart. Quarantaquattro fucili si sollevarono all‟unisono. Chasco proseguì per dieci passi e si voltò. Chasco salutò. Chasco tese il braccio con le bandiere. — Riposo! — ordinò Lockhart. Gli uomini si rilassarono uno dopo l‟altro, creando un magnifico effetto-onda. Bissell rimase a bocca aperta. Stanton applaudì. Boyd non perdeva d‟occhio Chasco. Stanton glielo aveva presentato come un Gesù Cristo senza misericordia. Chasco mangiava carne di tarantola e beveva piscio di pantera. Chasco aveva sterminato rossi da Rangoon a Rio. Chasco tossì e sputò per terra. — È un piacere essere qui in America con voi. È un onore essere in grado di combattere il tiranno Fidel Castro. Sono fiero di presentarvi il señor Richard Bissell. La truppa si lanciò in un‟acclamazione collettiva: cinquanta voci che imitavano la marcia di un locomotore. Bissell chiese silenzio con un gesto. — Il señor Chasco ha ragione. Fidel Castro è un tiranno assassino, e ha bisogno di essere
ridimensionato. Sono qui per dirvi che è quello che faremo, e molto probabilmente nel prossimo futuro. CHU-CHU-CHU-CHU-CHU-CHU… Bissell fendeva l‟aria con le mani alla maniera di Kennedy. — Il vostro morale è alle stelle, e questo è un gran bene. Anche il morale all‟interno di Cuba è alto, e direi che al momento attuale è un morale comune a tre o quattro brigate. Sto parlando dei nostri uomini sull‟isola, che stanno aspettando soltanto che voi stabiliate una testa di sbarco e mostriate loro la strada per irrompere nel salotto di Fidel Castro. CHU-CHU-CHU-CHU-CHU-CHU… — Voi, insieme a molti altri, invaderete e vi riprenderete la vostra patria. Vi unirete alle forze anticastriste interne e deporrete Fidel Castro. Abbiamo quasi milleseicento uomini appostati in Guatemala, in Nicaragua e lungo tutta la Costa del Golfo, pronti a partire dalle installazioni costiere. Voi fate parte di questo enorme contingente. Siete un‟unità di punta che andrà in avanscoperta. Sarete appoggiati dai B-26 e scortati sulle acque cubane da un contingente scelto di mezzi della Marina. Ce la farete. Festeggerete il Natale con i vostri cari in una Cuba libera. Pete diede il segnale. Una salve di quarantaquattro fucili lasciò Bissell senza parole.
Stanton diede un pranzo al Breakers Motel. La lista degli invitati era “riservata ai bianchi”: Pete, Bissell, Boyd, Chuck Rogers. L‟albergo apparteneva a Santos Junior. Gli uomini di Blessington mangiavano e bevevano gratis. La caffetteria serviva piatti amidacei da paisà: una vera merda. Avevano occupato un tavolo accanto alla finestra. Bissell non smetteva un secondo di parlare: nessuno riusciva ad aprire bocca. Seduto accanto a Boyd, Pete piluccava un piatto di linguine. Chuck distribuì le birre. Boyd allungò un biglietto a Pete. Chasco mi piace. Ha quell‟espressione da “Non sottovalutatemi soltanto perché vi sembro gracilino“ che mi fa venire in mente W.J. Littell. Non potremmo fargli uccidere Fidel?
Pete rispose sul suo tovagliolo di carta. Ordiniamogli di sparare sia a Fidel che a WJL. Jimmy è spaventato e incazzato nero per la scomparsa dei registri del Fondo, e noi siamo gli unici a sapere chi è stato. Non possiamo farci niente?
NO, scrisse Boyd sul suo menu. Pete scoppiò a ridere. Bissell parve offendersi. — Ho forse detto qualcosa di
spassoso, signor Bondurant? — No, signore. — Non mi pareva. Stavo dicendo che il presidente Kennedy è stato sollecitato in diverse occasioni, ma che non ha ancora stabilito una data per l‟invasione, cosa che il sottoscritto non trova affatto divertente. Pete si versò una birra. — Il signor Dulles descrive il presidente come “entusiasta ma prudente” — disse Stanton. Bissell sorrise. — La nostra arma segreta è il signor Boyd. È in confidenza con Kennedy, e immagino che in caso di necessità possa rivelare la sua appartenenza all‟Agenzia e appoggiare apertamente il nostro piano di invasione. Pete immortalò l‟attimo: Boyd in procinto di prenderlo in quel posto. — Il signor Bissell sta scherzando, Kemper — intervenne Stanton. — Lo so. E so anche che si rende conto di quanto complesse siano diventate le nostre alleanze. Bissell prese a giocherellare con il tovagliolo. — Certo, signor Boyd. So anche quanto siano stati generosi nei confronti della Causa il signor Hoffa, il signor Marcello e diversi altri gentiluomini di origini italiane, e so che lei possiede un certo grado di influenza nel clan Kennedy. E in qualità di ufficiale di collegamento fra la Casa Bianca e la questione cubana, so
anche che Fidel Castro e il comunismo rappresentano un pencolo molto maggiore della mafia, sebbene non mi sognerei mai di chiederle di intercedere per i nostri amici, poiché ciò potrebbe costarle la sua credibilità di fronte alla sacra famiglia Kennedy. Stanton fece cadere il cucchiaio della minestra. Pete liberò un leeeento respiro. Boyd chiamò a raccolta un sorriso ossequioso. — Sono lieto che la pensi così, signor Bissell. Perché se me l‟avesse chiesto, sarei stato costretto a mandarla affanculo.
Capitolo 60 (Washington, 6.3.61) Tre bicchierini a sera: non uno di più, non uno di meno. Dal whisky era passato al gin puro. Il fuoco interno compensava la quantità ridotta delle dosi. Tre sorsi solleticavano l‟odio. Quattro o più sorsi lo scatenavano. Sei minaccioso, dicevano tre sorsi. Fai schifo e zoppichi, dicevano quattro o più sorsi. Beveva sempre davanti allo specchio del corridoio. Il vetro era scheggiato e incrinato: il suo nuovo appartamento era arredato con pochi soldi. Littell trangugiò i suoi tre bicchierini in rapida successione. Il calore gli si diffuse in corpo e gli permise di affrontare se stesso. Ti mancano due giorni ai quarantotto anni. Helen ti ha lasciato. J. Edgar Hoover te l‟ha messo nel culo: tu l‟hai messo a lui, ma lui te l‟ha restituito in modo molto più efficace. Hai rischiato la vita per niente. Robert F. Kennedy ti ha respinto.
Hai fatto un viaggio di andata e ritorno all‟inferno per una lettera standard di rifiuto. Hai cercato di parlargli di persona. I suoi leccapiedi ti hanno cacciato via. Gli hai inviato quattro messaggi. Non hai avuto risposta. Kemper ha cercato di farti assumere dal Dipartimento di Giustizia. Bobby ha detto di no: colui che diceva di detestare Hoover si era inchinato ai suoi voleri. Hoover aveva sparso le sue menzogne: nessun ufficio legale o università ti accetterà più. Kemper sa che hai in mano i registri del Fondo. Il vostro legame è ormai definito dalla sua stessa paura. Sei andato in ritiro presso i gesuiti di Milwaukee. I giornali hanno lodato la tua temerarietà di scassinatore: MISTERIOSO LADRO D‟ARTE SVENTRA VILLA DI LAKE GENEVA! Hai svolto qualche lavoretto per il monsignore e hai imposto un tuo codice del silenzio. Hai eliminato l‟alcol dal tuo corpo. Ti sei forgiato qualche muscolo. Hai studiato i manuali di criptografia. La preghiera ti ha svelato chi odiare e chi perdonare. Hai letto un necrologio sul Chicago Tribune: Court Meade è morto di infarto. Hai visitato i luoghi del tuo passato. Le famiglie adottive presso le quali sei cresciuto sfornano ancora robot gesuiti.
Hai la licenza per praticare a Washington. Hoover ti ha concesso una via di scampo… nel suo cortile di casa. Trasferendoti a est hai ritrovato le forze. Nel leggere i tuoi precedenti sinistrofili, gli studi legali di Washington hanno reagito con orrore. E‟ intervenuto Kemper. Kemper l‟egualitario ha ancora amicizie nel giro dei ladri d‟auto, perseguitati dai capi d‟accusa federali e sempre bisognosi di avvocati a buon mercato. I ladri d‟auto ti danno da lavorare: abbastanza per pagarti l‟appartamento e i tre bicchierini serali. Kemper ti chiama per chiacchierare. Non menziona mai i registri del Fondo. Non puoi odiare un uomo in una situazione così pericolosa. Non puoi odiare un uomo così immune all‟odio. Ti ha dato molto. Ciò che ti ha dato ti compensa dei suoi tradimenti. Kemper definisce “commovente” il suo lavoro per i diritti civili. È la stessa noblesse oblige a buon mercato che i Kennedy manifestano con la loro tipica condiscendenza. Odi la seduzione di massa finanziata da Joe Kennedy. A Natale, i tuoi genitori adottivi ti regalavano un solo giocattolo a buon mercato. Ai suoi figli Joe ha comprato il mondo con un fiume di denaro marcio.
La preghiera ti ha insegnato a odiare la falsità. La preghiera ti ha fatto capire. La preghiera smaschera la menzogna. Osservi il volto del presidente e ci vedi attraverso. Jimmy Hoffa viene scagionato per Sun Valley: un giornalista parla di insufficienza di prove. Hai i numeri per rovesciare quell‟ingiustizia. Hai i numeri per smascherare la seduzione dei Kennedy. Puoi decifrare l‟ultimo codice dei registri. Puoi puntare il dito sul Signorotto e sul Giovane Führer Lascivo. Littell riprese in mano i manuali di criptografia. Tre bicchierini a sera gli avevano insegnato qualcosa: Sei a terra, ma sei capace di tutto.
Capitolo 61 (Washington, 14.3.61) Bobby teneva banco. Quattordici legali accostarono le sedie e si posarono taccuini e posaceneri sulle ginocchia. La sala riunioni era fredda. Kemper, la schiena appoggiata alla parete, si teneva il cappotto sulle spalle. Il ministro della Giustizia latrava: non c‟era bisogno di avvicinarsi. Aveva qualche ora libera: il maltempo aveva ritardato il suo volo per l‟Alabama. — Sapete già perché vi ho convocati — disse Bobby — e sapete qual è il vostro compito di base. Dal giorno dell‟inaugurazione sono stato sommerso da problemi burocratici che mi hanno impedito di dedicarmi ai casi specifici. Pertanto ho deciso di farlo fare a voi, autonomamente. Siete l‟Unità contro il crimine organizzato, e sapete benissimo qual è il vostro compito. Che io sia dannato se indugerò un giorno di più. Gli uomini impugnarono penne e matite. Bobby si sedette a cavalcioni su una sedia di fronte a loro. — Abbiamo avvocati e investigatori, e ogni legale che sia
degno di definirsi tale è anche un investigatore dilettante. Possiamo utilizzare gli agenti dell‟FBI, sempre che si riesca a convincere Hoover a modificare anche di poco le sue priorità. È sempre convinto che i comunisti americani siano più pericolosi della mafia, e temo che aggiudicarci una maggiore collaborazione da parte dell‟FBI sia un grosso ostacolo da superare. Gli uomini risero. — Vinceremo — disse un ex piedipiatti della Commissione McClellan. Bobby si allentò il nodo della cravatta. — Certo. E l‟avvocato Kemper Boyd, che ci spia dalla galleria, vincerà il razzismo elettorale negli Stati del Sud. Non chiederò al signor Boyd di unirsi a noi, poiché nascondersi è il suo modus operandi preferito. Kemper accennò a un saluto. — Sono una spia. Bobby ricambiò. — Un‟affermazione che il presidente mi ha sempre contestato. Kemper scoppiò a ridere. Ormai aveva quasi conquistato la fiducia di Bobby: la rottura con Laura aveva dato la spinta decisiva. Claire e Laura erano rimaste amiche: da New York gli giungevano aggiornamenti regolari. — Basta con gli scherzi — riprese Bobby. — Le udienze della Commissione McClellan ci hanno fornito una lista di
obiettivi, in cima alla quale abbiamo Jimmy Hoffa, Sam Giancana, Johnny Rosselli e Carlos Marcello. Voglio vedere i dossier pensionistici di ognuno di loro, e voglio che vengano passate al setaccio le informazioni segrete su di loro in possesso dei dipartimenti di polizia di Chicago, New York, Los Angeles, Miami, Cleveland e Tampa. Dovrete anche preparare delle ingiunzioni perché ci presentino le documentazioni aziendali e personali. — Cosa facciamo con Hoffa? — chiese uno degli uomini. — Per Sun Valley se l‟è cavata, ma ci saranno pure altri modi. Bobby si arrotolò le maniche della camicia. — Se Hoffa se l‟è cavata la prima volta, la seconda verrà assolto con formula piena. Ho abbandonato ogni speranza di rintracciare i 3 milioni di dollari segreti, e sto iniziando a pensare che i cosiddetti “veri” registri del Fondo pensioni non siano altro che una fantasia. Credo che dovremo selezionare alcuni gran giurì e sommergerli di prove contro Hoffa. E già che ci siamo, voglio far approvare un decreto legge federale che obblighi tutti i dipartimenti di polizia locali a ottenere mandati dal Dipartimento di Giustizia prima di organizzare la sorveglianza elettronica: in questo modo avremo accesso a qualsiasi intercettazione a livello nazionale. Gli uomini esultarono. Un vecchio membro della McClellan affondò una serie scherzosa di pugni.
Bobby si alzò. — Ho trovato un vecchio ordine di deportazione nei confronti di Carlos Marcello. È nato a Tunisi, nel Nordafrica, da genitori italiani, ma ha un finto certificato di nascita guatemalteco. Voglio che venga deportato in Guatemala, e voglio che venga fatto immediatamente. Kemper si coprì di un sottile velo di sudore…
Capitolo 62 (Campagna messicana, 22.3.61) I campi di papaveri invadevano l‟orizzonte. Steli e bulbi colanti d‟oppio coprivano una vallata grande come metà del Rhode Island. Del raccolto si occupavano i detenuti. Gli sbirri messicani facevano schioccare le fruste e si dedicavano alla lavorazione. Heshie Ryskind guidava la piccola comitiva. Pete e Chuck Rogers seguivano a ruota, lasciandogli fare la parte del maestro di cerimonie. — Sono anni che questa fattoria rifornisce di roba me e Santos. Lavora anche per l‟Agenzia, trasformando l‟oppio in morfina, per i ribelli di destra che vengono feriti e hanno bisogno di cure. Molti degli zombie che vedete lavorare rimangono anche dopo il termine delle loro detenzioni: tutto quello che chiedono è farsi qualche pipata e rimpinzarsi di tortillas. Vorrei tanto avere bisogni così semplici. Vorrei tanto non essere costretto a pagare nove medici del cazzo soltanto perché sono uno stronzo ipocondriaco, e vorrei tanto non avere il chutzpah, che per voi goyim sono i coglioni, di cercare di battere il record mondiale dei pompini, perché credo di
essere arrivato al punto in cui tutto quel succhiare mi fa male alla prostata. E non sono più la calamita da pompini che ero ai bei tempi. Ormai per trovare qualcosa devo girare con un buon figaiolo. Ultimamente mando in avanscoperta Dick Contino. Seguo i suoi spettacoli, e Dick mi manda tutte le succhiatrici che avanza e che io riesco a sopportare. Il sole batteva come un fabbro. La gita si svolgeva a bordo di alcuni risciò trainati da detenuti. — Abbiamo bisogno di cinque chili di roba già tagliata per la squadra scelta — disse Pete. — Non sarò più in grado di tornare quaggiù se non dopo l‟invasione. Chuck ridacchiò. — Se e quando il tuo caro Jack l‟approverà. Pete diede un colpetto a un bulbo, che prese a colare una poltiglia bianca. — E voglio un grosso rifornimento di morfina per l‟infermeria di Blessington. Facciamo finta che questa sia la nostra ultima visita per un bel pezzo. Heshie si appoggiò allo schienale del risciò. Il portantino indossava un perizoma e un berretto dei Dodgers. — Si può fare. È molto più semplice che procurare pompini a un congresso di sessanta Teamster. Chuck si spalmò uno strato di poltiglia bianca su un taglio da rasatura. — La mascella si anestetizza. È un effetto piacevole, ma non mi rovinerei la vita per la droga.
Pete scoppiò a ridere. — Sono stanco — riprese Heshie. — Andrò a organizzare il vostro carico e poi mi farò un pisolino. Chuck risalì sul suo risciò. Cazzo, il portantino pareva Quasimodo. Pete si sollevò sulle punte dei piedi. Il panorama si stendeva per mooolti chilometri. Forse un migliaio di filari. Forse una ventina di schiavi a filare. Costo della manodopera molto basso: brandine, riso e fagioli costavano poco. Chuck ed Heshie si lanciarono in una folle corsa di risciò. Boyd diceva che Hoover aveva una massima: il comunismo procura strani compagni di letto. Dal Messico volarono in Guatemala. Il Piper Deuce procedeva lento: Chucky l‟aveva imbottito di merce. Fucili, volantini di propaganda, eroina, morfina, tortillas, tequila, stivali dell‟esercito, bamboline vudù di Martin Luther King, arretrati di Hush-Hush e cinquecento copie mimeografate di un rapporto fatto pervenire a Guy Banister dall‟ufficio dell‟FBI di Los Angeles, nel quale si dichiarava che sebbene Hoover sapesse benissimo che il presidente John F. Kennedy non stesse pucciando il biscotto con Marilyn Monroe, la si continuava a tenere sotto intensa sorveglianza, e si procedeva a
elencare le scopate relative alle ultime sei settimane della signorina Monroe: Louis Prima, due marines fuori servizio, Spade Cooley, Franchot Tone, Yves Montand, Stan Kenton, David Seville del gruppo David Seville & the Chipmunks, quattro fattorini di pizzeria, il peso gallo Fighting Harada e un disc-jockey di una stazione radio di musica nera. Chuck la definiva “attrezzatura essenziale”. Pete cercò di sonnecchiare. Il mal d‟aria lo teneva sveglio. Il campo d‟addestramento sbucò all‟improvviso da un banco di nubi: erano in perfetto orario. Sembrava enoooorme. Dal cielo pareva dieci volte più grande di Blessington. Chuck abbassò i deflettori e iniziò la discesa. Pete vomitò dal finestrino appena prima che toccassero terra. Si fermarono all‟estremità della pista. Pete si sciacquò la bocca con un gargarismo di tequila. I cubani del campo aprirono il portellone e scaricarono le armi. Un addetto dell‟Agenzia li raggiunse trottando con i moduli su cui segnare le provviste. Pete scese e fornì l‟elenco: fucili, alcol, propaganda anticastrista di Hush-Hush. — Potete mangiare subito, oppure aspettare il signor Boyd e il signor Stanton — disse l‟addetto. — Mi lasci fare un giro di perlustrazione. È la prima volta che vedo questo posto.
Chuck stava pisciando sulla pista. — Nessuna novità sull‟invasione? L‟addetto scosse il capo. — Kennedy è indeciso. Il signor Bissell inizia a pensare che saremo fortunati se ci muoveremo prima dell‟estate. —Jack si deciderà. Si renderà conto che è un‟occasione d‟oro. Pete girovagò per il campo. Era la Disneyland degli assassini. Seicento cubani. Cinquanta bianchi a guidare il contingente. Dodici camerate, un campo di esercitazioni, un poligono di tiro, una pista di atterraggio, una mensa, un percorso per le tattiche d‟infiltrazione e un tunnel per la simulazione della guerra chimica. A un chilometro di distanza, tre rampe nascoste proiettate sulle acque del Golfo. Quattro dozzine di cingolati anfibi armati con mitragliatori calibro 50. Un deposito per le munizioni. Un ospedale da campo. Una cappella cattolica completa di prete bilingue. Pete girovagò. Vecchi diplomati di Blessington gli rivolsero cenni di saluto. Gli addetti gli mostrarono dettagli interessanti. Néstor Chasco mentre mostra le tecniche di assassinio.
Un gruppo di indottrinamento anticomunista. Gli abusi verbali degli istruttori: calcolati per incrementare la remissività della truppa. La scorta di amfetamine del portaferiti: coraggio preinvasione preconfezionato. Un gruppo di poveracci in uno spazio cintato da filo spinato: strafatti di una droga chiamata LSD. Alcuni gridavano. Alcuni piangevano. Alcuni sorridevano come se quell‟LSD fosse il paradiso in terra. Un addetto spiegò che era un‟idea di John Stanton: invadiamo Cuba con questa merda prima di sbarcare. Langley aveva approvato. Langley aveva contribuito di suo: provochiamo allucinazioni di massa e mettiamo il scena il secondo Avvento di Cristo!!! Langley aveva trovato un drappello di attori suicidi. Langley li aveva truccati da Gesù Cristi. Langley li teneva pronti alla preinvasione di Cuba, da effettuarsi in concomitanza con la diffusione della droga. Pete esplose in una gran risata. — Non c‟è niente da ridere — disse seccato l‟addetto. Un poveraccio allucinato estrasse il batacchio e iniziò a menarselo. Pete girovagò. Ogni dettaglio sembrava perfetto. Esercitazioni alla baionetta. Jeep tirate a lucido. Un prete ubriacone che elargiva la comunione all‟aperto.
Gli altoparlanti annunciarono la cena. Erano le cinque e non era ancora sceso il buio: i militari mangiavano presto. Pete raggiunse il capanno della ricreazione. Un tavolo da biliardo e un piccolo bar occupavano quasi tutto lo spazio. Boyd e Stanton fecero ingresso nel capanno. Un energumeno si fermò sulla soglia, bloccandola con la sua mole. Era elegantissimo nella sua tuta cachi da para francese. — Entrez, Laurent — lo invitò Kemper. Aveva le orecchie a sventola ed era enorme. Procedeva con la tipica camminata tracotante da francese imperialista. Pete si inchinò. — Salut, capitaine. Boyd sorrise. — Laurent Guéry, Pete Bondurant. Il francese batté i tacchi. — Monsieur Bondurant. C’est un grand plaisir de faire votre connaissance. On dit que vou êtes un grand patriote. Pete chiamò a raccolta il suo canadese. — Tout le plaisir est à moi, capitaine. Mais je suis beaucoup plus profiteur que patriote. Il francese rise. — Traduci per me, Kemper — intervenne Stanton. — Sto iniziando a sentirmi un ignorante. — Non stai perdendo molto. — Intendi dire che Pete sta solo facendo l‟educato con l‟unico altro francese di due metri che esista al mondo? Il francese fece spallucce: — Quoi! Quoi! Quoi! Pete ammiccò. — Vous êtes quoi donc, capitaine? Etes-vous un
“fanatico di destra“? Etes-vous un ”mercenario appeso al carro cubano“? Il francese tornò a fare spallucce: — Quoi! Quoi! Quoi! Boyd condusse Pete sulla veranda. Sul lato opposto del campo di esercitazione, i cubani formavano una doppia fila per la mensa. — Fa‟ il bravo, Pete. È dell‟Agenzia. — In quale cazzo di ruolo? — Cecchino. — E allora digli di ammazzarci Fidel e imparare l‟inglese. Digli di fare qualcosa di importante, altrimenti per il sottoscritto rimarrà sempre un francese di merda. Boyd scoppiò a ridere. — Il mese scorso nel Congo ha ucciso un certo Lumumba. — E allora? — Ha fatto fuori anche un bel po‟ di ribelli algerini. Pete si accese una sigaretta. — E allora di‟ a Jack di spedirlo all‟Avana. E manda Néstor a fargli compagnia. E ricorda a Jack che mi deve un favore per la faccenda NixonHughes, e che per come la vedo io la Storia non si muove sufficientemente in fretta. Digli di stabilire una data, o andrò a Cuba di persona a far fuori Fidel. — Ci vuole pazienza — ribatté Boyd. — Jack sta ancora
imparando a nuotare, e invadere un paese comunista non è cosa da poco. Dulles e Bissell gli stanno alle costole. Sono convinto che presto darà il suo assenso. Pete allontanò una lattina con un calcio. Boyd estrasse il cannone e prese a sparare. La lattina attraversò lo spiazzo a passo di danza. Gli uomini in fila applaudirono. Il riecheggiare del grosso calibro costrinse qualcuno a tapparsi le orecchie. Pete prese a calci i bossoli vuoti. — Parlagli. Fagli capire che l‟invasione significa affari. Boyd fece ruotare la pistola sull‟indice. — Non posso spingerlo apertamente all‟invasione senza rivelare il mio ruolo nell‟Agenzia, e sono già fortunato ad avere la copertura dell‟FBI per le mie trasferte in Florida. — Il lavoro per i diritti civili non dev‟essere male. Fai finta di impegnarti, e quando i negri iniziano a darti sui nervi prendi il primo volo per Miami. — Non è così. — Ah, no? — No. I neri con cui lavoro mi piacciono quanto a te piacciono i cubani, e così su due piedi direi che hanno motivi ben più gravi per lamentarsi. — Come credi. Ma lascia che te lo ripeta: dai troppa corda a chi ti circonda.
— Intendi dire che non permetto che mi si faccia perdere il sonno? — No, non è questo. Quello che voglio dire è che accetti troppo le debolezze degli altri, e per come la vedo io è un atteggiamento di condiscendenza da rampollo dell‟alta borghesia che hai ereditato dai Kennedy. Boyd inserì un caricatore pieno e fece scivolare un colpo nella camera di scoppio. — È una caratteristica che ammetto in Jack,, ma non in Bobby. Bobby giudica e odia sul serio. — Odia gente che ci è molto vicina. — È vero. E sta iniziando a concentrarsi su Carlos Marcello in modo alquanto preoccupante. — Hai avvertito Carlos? — Non ancora. Ma se le cose peggiorano, potrei chiederti di trarlo d‟impiccio. Pete fece schioccare qualche nocca. — La mia risposta è sì, senza tante storie. Ma devi fare lo stesso anche tu. Boyd mirò una montagnola di terra a venti metri di distanza. — No, non puoi uccidere Ward Littell. — Perché? — Ha messo i libri al sicuro. — Vorrà dire che lo torturerò finché non avrà parlato, e poi lo ucciderò.
— Non funzionerà. — Perché? Boyd sparò mozzando la testa a un serpente a sonagli. — Ti ho chiesto perché, Kemper. — Perché morirebbe soltanto per dimostrare di poterti resistere.
Capitolo 63 (Washington, 26.3.61) Il suo biglietto da visita: Ward J. Littell Avvocato con licenza federale OL6 4809 Niente indirizzo: non voleva che i clienti sapessero che lavorava nel suo appartamento. Niente carta patinata né stampa in rilievo: non poteva permettersele. Littell percorreva il corridoio del terzo piano. Gli accusati prendevano il biglietto da visita e lo fissavano come se fosse pazzo. Avvocato da strapazzo. Inseguitore di ambulanze. Legale di mezza età in rovina. Al palazzo di giustizia federale c‟era un gran daffare. Sei divisioni e un nutrito elenco di chiamate in giudizio: tutti i malviventi non accompagnati erano potenziali clienti. Littell distribuiva biglietti. Un uomo gli lanciò addosso un mozzicone acceso.
Kemper Boyd gli venne incontro. Il bellissimo Kemper, così in forma e azzimato che pareva scintillare. — Posso offrirti un bicchierino? — Non bevo più come un tempo. — Il pranzo, allora? — Certo. La sala da pranzo dell‟Hay-Adams si trovava di fronte alla Casa Bianca. Kemper continuava a sbirciare fuori dalla finestra. —… E il mio lavoro consiste nel registrare le loro deposizioni e presentarle alla Corte distrettuale federale. Stiamo cercando di garantire che la gente di colore a cui in precedenza era vietato votare non venga emarginata sulla base di imposizioni fiscali istituite illegalmente o non sia ostacolata da esami di lettura e scrittura imposti dalle autorità locali proprio per quel motivo. Littell sorrise. — E sono sicuro che i Kennedy interverranno sulle clausole legali più severe per assicurarsi che ogni singolo cittadino di colore dell‟Alabama si registri come democratico. Sono dettagli da tenere a mente, quando si sta per costruire una dinastia. Kemper scoppiò a ridere. — La battaglia del presidente per i diritti civili non ha motivazioni così ciniche.
— E la tua applicazione? — Niente affatto. Ho sempre considerato la repressione controproducente e inutile. — E la gente ti piace? — Certo. — Il tuo accento sudista è tornato in forze. — Mi serve per disarmare i miei interlocutori. Apprezzano molto che un bianco del Sud si schieri dalla loro parte. Stai sorridendo, Ward. Che cosa c‟è? Littell sorseggiò il suo caffè. — Mi sono appena reso conto del fatto che l‟Alabama è a due passi dalla Florida. — Sei sempre stato sagace. — Il ministro della Giustizia sa che hai un doppio lavoro? — No. Ma ho una sorta di copertura ufficiale per le mie trasferte in Florida. — Fammi indovinare. Hoover ti sta fornendo un alibi, e per quanto professi di detestarlo, Bobby non farebbe mai nulla per irritarlo. Kemper allontanò il cameriere con un gesto. — Il tuo odio è trasparente, Ward. — Non odio Hoover. Non si può odiare un uomo così coerente con se stesso. — Ma Bobby… Littell sussurrò. — Tu sai quanto ho rischiato per lui. E sai anche come sono stato ricompensato.
Ma ciò che non posso sopportare è che i Kennedy pretendano di essere superiori. — Hai i registri — disse Kemper. Si sistemò il polsino della camicia, rivelando un Rolex d‟oro massiccio. Littell indicò la Casa Bianca. — Sì, ce li ho. E sono assicurati con una decina di stratagemmi diversi. Quando ero ubriaco ho dato istruzioni ad almeno dieci studi legali: nemmeno io riesco a ricordarmeli tutti. Kemper giunse le mani. — Con istruzioni di fornire al Dipartimento di Giustizia il racconto dettagliato della mia infiltrazione nel clan Kennedy in caso tu morissi o sparissi dalla circolazione? — No. Con istruzioni di fornire alle squadre antimafia dei dipartimenti di polizia di tutto il paese e a ogni membro repubblicano della Camera e del Senato prove della tua infiltrazione in un‟organizzazione finanziata dagli enormi guadagni illegali e mafiosi di Joseph P. Kennedy. — Bravo — esclamò Kemper. — Grazie — disse Littell. Un cameriere posò un telefono sul tavolo. Kemper vi sistemò accanto una cartella. — Sei sul lastrico, Ward? — Quasi. — Non hai espresso una parola di rancore circa il mio
recente comportamento. — Non sarebbe servita a nulla. — Cosa provi al momento attuale nei confronti del crimine organizzato? — Provo sentimenti relativamente caritatevoli. Kemper picchiettò un dito sulla cartella. — Questo è un dossier segreto. E tu sei il miglior specialista in deportazioni del pianeta. I suoi polsini erano luridi e lisi. Kemper ostentava gemelli d‟oro massiccio. — 10.000 dollari di anticipo, Ward. Sono sicuro di poterteli garantire. — E cosa dovrei farei Consegnarti i registri? — Lascia perdere i registri. Tutto quello che ti chiedo è che non li consegni a nessun altro. — Kemper, che cosa stai dic… — Il tuo cliente sarà Carlos Marcello. Ed è Bobby Kennedy che lo vuole deportare. Il telefono squillò. Littell fece cadere la tazza di caffè. — È Carlos — disse Kemper. — Su ossequioso, Ward. Si aspetterà di sicuro una buona dose di salamelecchi.
Documento: 2.4.61. Trascrizione letterale di una conversazione telefonica: “su richiesta del direttore”. “Riservata al direttore”. In linea: direttore J. Edgar Hoover, ministro della Giustizia Robert F. Kennedy. RFK: Parla Bob Kennedy, signor Hoover. Speravo di poterla disturbare per qualche minuto. JEH: Certamente. RFK: Ci sono alcune questioni di protocollo che vorrei discutere. JEH: Sì. RFK: Comunicazioni, tanto per iniziare. Le avevo fatto pervenire una direttiva in cui richiedevo copie carbone di tutti i rapporti presentati dalle vostre squadre contro il crimine organizzato. Era datata 17 febbraio. Siamo al 2 aprile, e non ho ancora visto un singolo rapporto. JEH: Sono direttive che richiedono tempo per essere svolte. RFK: Sei settimane mi sembrano più che sufficienti. JEH: Lei lo ritiene un ritardo ingiustificato, io no. RFK: Le spiacerebbe accelerare l‟adempimento della mia direttiva? JEH: Lo farò. E lei sarebbe così gentile da rinfrescarmi la
memoria sulle ragioni della sua iniziativa? RFK: Voglio valutare ogni singola prova contro la mafia che il Bureau riesce a raccogliere e trasmetterla, ove necessario, ai gran giurì locali, che spero di mettere al lavoro. JEH: Potrebbe rivelarsi una mossa imprudente. Una fuga di informazioni che soltanto le nostre squadre potrebbero essersi procurate potrebbe compromettere gli informatori e le postazioni di sorveglianza elettronica. RFK: Le informazioni saranno trattate con la massima riservatezza. JEH: È una funzione che non dovrebbe essere affidata a personale esterno all‟FBI. RFK: Mi trovo in completo disaccordo. Signor Hoover, lei sarà costretto a condividere le sue informazioni. La semplice attività di sorveglianza non metterà mai in ginocchio il crimine organizzato. JEH: Il nostro mandato non prevede la distribuzione del materiale per accelerare il lavoro dei gran giurì. RFK: Vuol dire che dovremo rivederlo. JEH: Lo considero un gesto precipitoso e avventato. RFK: Lo consideri come vuole, e lo consideri fatto. Consideri che il mandato del programma contro il crimine organizzato passerà sotto la mia diretta giurisdizione. JEH: Lasci che le rammenti un semplice fatto: la mala non
si può sconfiggere. RFK: E lei lasci che le rammenti che per anni ha negato che la mafia esistesse. Lasci che le rammenti che l‟FBI non è che un singolo ingranaggio della macchina globale del Dipartimento di Giustizia. Lasci che le rammenti che non è l‟FBI a dettare la politica del Dipartimento. Lasci che le rammenti che il presidente e io consideriamo il 99 per cento delle organizzazioni di sinistra che l‟FBI tiene sotto costante sorveglianza innocue se non moribonde, e ridicolmente inoffensive se paragonate al crimine organizzato. JEH: Posso dichiarare ufficialmente che considero queste sue invettive sbagliate e sciocche dal punto di vista della prospettiva storica? RFK: Faccia pure. JEH: C‟è qualcos‟altro di simile o di meno offensivo che aveva intenzione di dirmi? RFK: Sì. Volevo informarla che intendo imporre la centralizzazione delle attività di sorveglianza elettronica. Voglio che il Dipartimento di Giustizia venga informato di ogni singola iniziativa di sorveglianza intrapresa dalle forze dell‟ordine municipali. JEH: Molti considererebbero la sua iniziativa come un‟assurda ingerenza federale e un flagrante abuso dei diritti dei singoli Stati.
RFK: Il concetto di diritto del singolo Stato si è trasformato in una cortina di fumo per nascondere di tutto, dalle pratiche di segregazione alle obsolete leggi contro l‟aborto. JEH: Non sono d‟accordo. RFK: Ne prendo atto. E vorrei che lei prendesse atto del fatto che da oggi avrà il dovere di informarmi di ogni singola operazione di sorveglianza elettronica intrapresa dal Bureau. JEH: Sì. RFK: Ne ha preso atto? JEH: Sì. RFK: Voglio che chiami personalmente l‟agente responsabile di New Orleans e che gli ordini di incaricare quattro uomini dell‟arresto di Carlos Marcello. Voglio che venga effettuato entro le prossime settantadue ore. Dica all‟agente responsabile che sto facendo deportare Marcello in Guatemala. Lo avverta che la Guardia di frontiera si metterà in contatto per definire i dettagli. JEH: Sì. RFK: Ne ha preso atto? JEH: Sì. RFK: Buona giornata, signor Hoover. JEH: Buona giornata.
Capitolo 64 (New Orleans, 4.4.61) Era arrivato troppo tardi. Questione di secondi. Quattro uomini stavano trascinando Carlos Marcello in un‟auto federale. Proprio di fronte a casa sua, con la signora Marcello a sbraitare in veranda. Pete accostò al marciapiede di fronte e seguì l‟arresto. La sua missione di salvataggio era scattata con mezzo minuto di ritardo. Marcello era in mutande e ciabatte da spiaggia. Marcello sembrava un ducetto da strapazzo con i coglioni strappati. Boyd aveva fatto una cazzata. Bobby vuole deportare Carlos, aveva detto. Corri a New Orleans con Chuck e precedi i federali. Non avvertirlo, aveva detto: corri laggiù e basta. Boyd aveva valutato che le stronzate burocratiche li avrebbero avvantaggiati. Boyd si era sbagliato di grosso. I federali partirono. Frau Carlos rimase sulla veranda, torcendosi le mani: il ritratto della mogliettina preoccupata. Pete iniziò il pedinamento. Il traffico mattutino si mise di mezzo. Pete tenne come punto di riferimento l‟antenna dei
federali e si tenne al riparo di una Lincoln viola. Chuck stava facendo rifornimento all‟aeroporto Moisant. I federali sembravano procedere nella stessa direzione. Avrebbero imbarcato Carlos su un volo civile o l‟avrebbero affidato alla Guardia di frontiera. Destinazione Guatemala… e il Guatemala adorava la CIA. L‟auto del Bureau procedeva verso est lungo un intrico di strade secondarie. Pete scorse un ponte in lontananza: barriere a pagamento e due carreggiate ad attraversare il fiume. Entrambe le carreggiate erano delimitate da guardrail. Due stretti marciapiedi correvano lungo i bordi del ponte. Di fronte ai caselli le auto formavano due code: almeno venti auto per carreggiata. Pete cambiò corsia e superò l‟auto dei federali. Scorse un passaggio fra il casello di sinistra e il guardrail. Accelerò e lo raggiunse. Un supporto del guardrail gli staccò di netto il deflettore laterale. Le auto in coda strombazzarono. I cerchioni di sinistra si staccarono e rotolarono via. Un casellante si voltò di scatto e versò il caffè addosso a una vecchietta. Pete strinse i denti, superò la barriera e si lanciò sul ponte a sessanta all‟ora. La carretta federale era ancora ferma. Giunse a Moisant in pochi minuti. L‟auto a noleggio era
sfregiata, ammaccata, scrostata. La scaricò in un parcheggio sotterraneo. Pagò un facchino in cambio di qualche informazione. Voli civili per il Guatemala? Nossignore, non oggi. L‟ufficio della Guardia di frontiera? Vicino al banco della Trans-Texas. Pete si avvicinò all‟ingresso e si mise in ascolto al riparo di un giornale aperto. La porta dell‟ufficio si apriva e chiudeva di continuo. Qualcuno entrò con i ceppi. Qualcuno uscì con i giornali di bordo. Qualcuno si fermò a spettegolare davanti alla porta. — Dice che l‟hanno beccato in mutande — commentò un agente. — Il pilota odia i mangiaspaghetti — disse un altro. — Decollano alle 8,30 — aggiunse un terzo. Pete raggiunse di corsa l‟hangar dei velivoli privati. Chucky era appollaiato sul muso del suo Piper, immerso nella lettura di una rivista di estrema destra. Pete prese fiato. — Hanno arrestato Carlos. Dobbiamo arrivare a Guatemala City prima di loro e vedere che cosa riusciamo a organizzare. — Significa volare all‟estero, maledizione — protestò Chuck. — Dovevamo soltanto riportarlo a Blessington. Abbiamo
carburante appena sufficiente per… — Partiamo. Faremo qualche chiamata e inventeremo qualcosa. Chuck ottenne l‟autorizzazione per il decollo e l‟atterraggio. Pete chiamò Guy Banister e spiegò la situazione. Guy disse che avrebbe avvertito John Stanton e insieme avrebbero cercato di approntare un piano. Al campo di Lake Pontchartrain aveva un impianto radio a onde corte con il quale avrebbe potuto immettersi sulla frequenza di Chuck. Decollarono alle 8,16. Chuck si calcò la cuffia sul capo e si mise all‟ascolto delle comunicazioni di volo. L‟aereo della Guardia di frontiera decollò in ritardo. L‟ora stimata di arrivo a Guatemala City garantiva loro quarantasei minuti di vantaggio. Chuck volava a un‟altitudine media, senza togliersi la cuffia. Annoiato, Pete si mise a leggere i volantini di propaganda. I titoli erano uno spasso. Il migliore: “KKK. Krociata per la Krocifissione dei Komunisti!“. Sotto il suo sedile trovò una pubblicazione a metà fra la pornografia e la propaganda di destra. Carina, la bionda carnosa con gli orecchini a forma di svastica. Big Pete vuole una donna. Esperienza nel campo dell‟estorsione apprezzata ma non necessaria.
Le luci del quadro comandi presero a luccicare. Chuck intercettò un messaggio da volo a base e lo trascrisse sul giornale di bordo. I ragazzi della Guardia di frontiera scherzano alle spalle di Carlos. Hanno comunicato al quartier generale di non avere gabinetti a bordo. Carlos si rifiuta di pisciare in una lattina. (Dicono che ce l‟abbia piccolo.)
Pete scoppiò a ridere. Pete pisciò in una lattina e versò il contenuto nel Golfo da 2000 metri di altitudine. I minuti si trascinavano. Lo stomaco si faceva sentire. Pete mandò giù una Dramamina con una lattina di birra tiepida. Le luci lampeggiarono. Chuck ricevette un messaggio da Ponchartrain e lo trascrisse. Guy ha contattato JS. JS ha tirato qualche filo e è arrivato alle autorità del Guat. Abbiamo il permesso di atterrare senza controllo dei passaporti. Se riusciamo a riprenderci CM dovremo portarlo all‟Hilton di G.C. Stanza a nome di José Garcia. KB suggerisce che CM si metta in contatto stasera stessa con avvocato di Washington, numero OL6-4809.
Pete intascò il messaggio. La Dramamina fece effetto: buonanotte, dolce principe.
Lo svegliarono i crampi alle gambe. Sotto di loro si stendeva la giungla, attraversata da una larga pista nera. Chuck atterrò e spense il motore. Una squadra di latinoamericani srotolò un tappeto rosso. Leggermente consunto, ma un bel colpo d‟occhio. Avevano l‟aria dei leccapiedi di destra. In passato l‟Agenzia aveva salvato le chiappe al Guatemala: con un finto colpo di Stato aveva eliminato una marea di rossi. Pete saltò a terra e vi batté i piedi per ristabilire la circolazione. Chuck e i locali parlavano in uno spagnolo velocissimo. Erano di nuovo in Guatemala… ma troppo presto. La discussione aumentò d‟intensità. Pete si sentì schioccare le orecchie. Avevano quarantasei minuti per inventare qualcosa. Pete si diresse verso l‟ufficio della Dogana. Aveva proiettato nella propria mente uno spezzone in Technicolor: Carlos Marcello ha bisogno di pisciare. Il bagno era accanto al banco del controllo passaporti. Pete entrò e vi diede un‟occhiata. Era un quadrato di circa due metri e mezzo per lato. La finestra sulla parete posteriore era coperta da una fragile zanzariera. Si affacciava su altre piste e su una schiera di vecchi
biplani. Carlos era di costituzione massiccia. Chuck era magro come un chiodo. Lui era enorme. Chuck lo raggiunse e si abbassò la cerniera davanti all‟orinatoio. — C‟è una novità. Non so se sono buone o cattive notizie. — Che cosa stai dicendo? — Sto dicendo che la Guardia di frontiera atterra fra diciassette minuti. Devono fare rifornimento e ripartire subito per un altro aeroporto a un centinaio di chilometri di distanza. È lì che Carlos verrà consegnato alla Dogana. L‟ora stimata di arrivo che ho intercettato era riferita a un altro stramaledetto… — Quanto abbiamo a bordo? — 16.000 dollari. Santos ha detto di consegnarli a Banister. Pete scosse il capo. — Li usiamo per ungere gli agenti della Dogana. Li copriamo di soldi e li convinciamo a darci una mano. Abbiamo soltanto bisogno di una macchina con autista appena al di là di questa finestra. Tu spingerai Carlos. — Ho capito — disse Chuck. — Se non deve pisciare, ce l‟abbiamo nel culo — mormorò Pete. Il piano scatenò l‟entusiasmo dei locali. Chuck allungò
2000 dollari a testa. Garantirono che avrebbero tenuto occupati gli agenti della Guardia di frontiera mentre Carlos Marcello si concedeva la pisciata più lunga della storia. Pete allentò la zanzariera della finestra. Chuck nascose il Piper a due hangar di distanza. I locali procurarono una Mercedes del „49 completa di autista: un frocio muscoloso di nome Luis. Pete accostò la Mercedes al muro su cui si apriva la finestra. Chuck si sedette sulla tazza del cesso con l‟ultimo numero di Hush-Hush. L‟aereo della Guardia di frontiera atterrò. Una squadra di addetti lo raggiunse con le autopompe. Pete si accovacciò dietro la baracca della Dogana e attese. I locali srotolarono il tappeto rosso. Un piccoletto lo spolverò con una spazzola per vestiti. Due pagliacci della Guardia di frontiera scesero a terra. — Lasciatelo fare — disse il pilota. — Dove può scappare? Carlos ruzzolò fuori dall‟aereo. In mutande e canottiera, si lanciò in una goffa corsa verso la baracca. Luis teneva acceso il motore della Mercedes. Pete udì sbattere la porta del bagno. Carlos gridò: — ROGERS, MA CHE CAZZO… La zanzariera si staccò dalla cornice. Carlos Marcello
strisciò fuori. Le mutande gli si incastrarono alla finestra, lasciandolo a culo nudo. Impiegarono un‟ora per giungere all‟Hilton. Marcello non smise un secondo di insultare Bobby Kennedy. In inglese. In italiano. In dialetto siciliano. Nel patois della New Orleans cajun. Non male per un paisà. Luis si fermò di fronte a un negozio di abbigliamento. Chuck prese nota delle misure di Marcello e acquistò qualche straccio per lui. Carlos si vestì a bordo dell‟auto. Le abrasioni che si era procurato fuggendo gli macchiarono di sangue la camicia. Il direttore dell‟albergo venne loro incontro di fronte all‟ingresso merci. Presero il montacarichi e salirono fino all‟attico in gran segreto. Il direttore aprì la porta. Una semplice occhiata confermò che Stanton sapeva come muoversi. La suite comprendeva tre camere da letto, tre stanze da bagno e un salone tappezzato di slot machine. Il salotto era ampio come una fantasia alla Kemper Boyd. Il bar era rifornito all‟inverosimile. Su un tavolo era stato preparato un buffet freddo all‟italiana. La busta accanto al vassoio dei formaggi conteneva 20.000 dollari e un biglietto. Pete & Chuck,
scommetto che siete stati in grado di intercettare Marcello. Prendetevi cura di lui. È un prezioso amico della Causa.
JS
Marcello allungò le mani sul denaro. Il direttore si inchinò. Pete lo accompagnò alla porta e gli allungò un centone. Marcello si lanciò sul salame e sui grissini. Chuck si preparò un enorme Bloody Mary. Pete misurò la stanza a passi. Quaranta metri di lunghezza: incredibile. Chuck si acciambellò sul divano con una delle sue riviste. — Dovevo davvero pisciare — disse Marcello. — Quando si trattiene una pisciata così a lungo, ci si incazza a morte. Pete prese una birra e qualche cracker. — Stanton ti ha trovato un avvocato a Washington. Lo dovresti chiamare. — Ci ho già parlato. Ho i migliori avvocati ebrei che il denaro possa comprare, e ora mi ritrovo anche questo. — Ti conviene chiamarlo subito e non pensarci più. — Chiamalo tu. E resta in linea nel caso abbia bisogno di una traduzione. Gli avvocati parlano una lingua che a volte non capisco. Pete sollevò il ricevitore dell‟apparecchio sul tavolino. Il centralinista dell‟albergo formò il numero. Marcello prese il telefono del bar. Il segnale interurbano
era debole. — Pronto? — rispose una voce maschile. — Chi parla? — chiese Marcello. — È lei quello con cui ho parlato all‟Hay-Adams? — Sì, sono Ward Littell. Parlo con il signor Marcello? Pete per poco non si CAGÒ… Carlos si lasciò cadere su una poltrona. — Sì, sono io, e la chiamo da Guatemala City, nel Guatemala, dove non vorrei essere. Ora, se vuole attirare la mia attenzione, dica qualcosa di spiacevole sull‟uomo che mi ha spedito qui. Pete serrò la cornetta fin quasi a farla esplodere. Coprì il microfono con una mano perché non lo sentissero respirare a quel modo. — Lo odio — stava dicendo Littell. — Mi ha ferito, e c‟è ben poco che non farei per mettergli i bastoni fra le ruote. Carlos ridacchiò: strano, con quella sua voce fra basso e baritono. — Ha attirato la mia attenzione. Ora si metta in quel posto il repertorio da baciaculo che mi ha riservato l‟altra volta e dica qualcosa per convincermi che è bravo. Littell si schiarì la gola. — Sono specializzato nelle pratiche di deportazione. Sono stato un agente dell‟FBI per quasi vent‟anni. Sono un buon amico di Kemper Boyd, e sebbene non approvi la sua ammirazione per i Kennedy, sono convinto
che la sua devozione alla Causa cubana sia più forte. Boyd la vuole rivedere a casa sua sano, salvo e in regola con la legge, e io sono qui per questo. Pete si sentì montare la nausea. BOYD, TESTA DI… Marcello spezzava grissini. — Kemper sostiene che lei valga 10.000 cocuzze. Se manterrà le promesse che mi sta facendo, 10.000 saranno soltanto l‟inizio. Littell replicò in tono servile. — È un onore lavorare per lei. E Kemper le chiede scusa per l‟imprevisto. È stato informato del raid soltanto all‟ultimo secondo, e non immaginava che sarebbero stati così rapidi. Marcello si grattò il collo con un grissino. — Kemper è sempre efficace. Nei suoi confronti non ho lamentele che non possano aspettare il momento in cui rivedrò quella sua faccia fin troppo belloccia. E i Kennedy l‟hanno messo nel culo al 49,8 per cento dell‟elettorato americano, ivi compresi alcuni amici miei, dunque è un‟ammirazione che non posso rinfacciargli. Sempre che non inizi a rompermi le uova nel paniere. — Sarà lieto di sentirglielo dire — rispose Littell. — E lei dovrebbe sapere che sto già stendendo una richiesta di reintegrazione che sarà esaminata da una commissione di tre giudici federali.
Mi metterò in contatto con il suo legale di New York, con il quale studierò una strategia a lungo termine. Marcello si tolse le scarpe. — Proceda. Chiami anche mia moglie e l‟avverta che sto bene, e faccia il possibile per farmi uscire da questo paese di merda. — Lo farò. E presto le porterò alcuni documenti da firmare. Dovrei arrivare entro settantadue ore. — Voglio tornare a casa — disse Marcello. Pete riagganciò. Il fumo gli usciva dalle orecchie, manco fosse Paperino. Ammazzarono il tempo. L‟enormità della suite consentì loro di farlo separatamente. Chuck guardava la televisione locale. Re Carlos chiamava i suoi lacchè in interurbana. Pete fantasticava sui novantanove modi per ammazzare Ward Littell. John Stanton chiamò per sapere com‟era andata. Pete gli raccontò la storiella della fuga attraverso la finestra del bagno. Stanton disse che l‟Agenzia li avrebbe ripagati del denaro usato per corrompere gli agenti della Dogana. Boyd ha procurato a Carlos un avvocato, disse Pete. Ho sentito dire che è piuttosto bravo, rispose Stanton. Così non posso più ucciderlo, fu sul punto di dire Pete.
BOYD, TESTA DI CAZZO. Stanton disse che era cosa fatta. 10.000 cocuzze avrebbero procurato un visto provvisorio. Il ministro degli Esteri guatemalteco avrebbe dichiarato pubblicamente che: Il signor Marcello è nato in Guatemala. Il suo certificato di nascita è in regola. Il ministro della Giustizia Kennedy si sbaglia. Le origini del signor Marcello non sono affatto ambigue. Il signor Marcello è tornato in America, ma legalmente. Purtroppo non abbiamo prove che lo confermino. Al signor Kennedy il compito di trovarle. Stanton spiegò che il ministro odiava Jack K. Stanton rivelò che Jack si era scopato sua moglie ed entrambe le figlie. Jack ha scopato la mia ex compagna, fece notare Pete. Incredibile, rispose Stanton: e tu gli hai dato una mano alle elezioni! Di‟ a Chuck di ungere il ministro, concluse Stanton. A proposito, Jack è ancora indeciso sulla data dell‟invasione. Pete riagganciò e guardò fuori dalla finestra. Guatemala City al crepuscolo: il buco del culo del mondo. Si addormentarono presto. Alle prime ore del mattino Pete venne svegliato da un incubo. Si ritrovò appallottolato sotto le lenzuola, boccheggiante. Chuck era uscito in missione. Carlos era già al secondo
sigaro. Pete aprì le tende del salotto. Al pianterreno scorse una gran folla. Vide uomini con telecamere sulle spalle. Vide cavi televisivi tendersi verso l‟atrio dell‟albergo. Vide qualcuno che indicava verso l‟alto. Vide una grossa cinepresa puntata direttamente su di loro. — Ci hanno scoperti — disse. Carlos gettò il sigaro nel piatto di patate e corse alla finestra. — L‟Agenzia ha un campo a un‟ora da qui — spiegò Pete. — Se riusciamo a trovare Chuck e a decollare subito, ce la faremo. Carlos guardò in strada. Carlos vide la folla. Carlos sfondò la finestra con il vassoio della colazione e lo guardò precipitare per diciotto piani.
Capitolo 65 (Campagna guatemalteca, 8.4.61) Il calore si sollevava sinuoso dalla pista. Era un forno: Kemper avrebbe dovuto avvertirlo di vestirsi leggero. Kemper l‟aveva avvertito della presenza di Bondurant. Tre giorni prima aveva fatto fuggire Marcello da Guatemala City e si era messo d‟accordo con la CIA perché lo ospitasse al campo. Kemper aveva aggiunto un post scriptum: Pete sa che hai i registri del Fondo. Littell si allontanò dall‟aereo. Si sentiva mancare. Da Houston era arrivato in Guatemala a bordo di un apparecchio per il trasporto truppe della Seconda guerra mondiale. Il turbinio delle eliche aumentava il calore. Il campo era immenso e polveroso: strani edifici piantati su una radura di argilla rossa circondata dalla giungla. Una jeep lo raggiunse sbandando. L‟autista lo accolse con un saluto militare. — Il signor Littell? — Sì. — L‟accompagno, signore. I suoi amici la stanno
aspettando. Littell salì a bordo. Lo specchietto retrovisore gli restituì l‟immagine del suo nuovo volto audace. A Houston si era concesso tre bicchierini. La dose giornaliera per aiutarlo ad affrontare un‟occasione unica. La jeep ripartì a gran velocità. Le truppe marciavano in formazioni serrate: le cadenze si accavallavano fra loro. Raggiunsero una corte quadrangolare di edifici. L‟autista si fermò di fronte a una piccola baracca di lamiera ondulata. Littell afferrò la valigetta ed entrò deciso. L‟interno era rinfrescato dall‟aria condizionata. In piedi, accanto a un tavolo da biliardo, lo aspettavano Bondurant e Carlos Marcello. Pete ammiccò. Littell rispose a tono. Il volto gli si contorse in una smorfia. Pete fece schioccare le nocche: il suo vecchio avvertimento intimidatorio. — Cazzo siete, finocchi, che vi fate l‟occhiolino? — intervenne Marcello. Littell posò a terra la valigetta. Le fibbie cigolarono. La sua sorpresina era sul punto di farle esplodere. — Come sta, signor Marcello? — Sto perdendo soldi. Pete e i miei amici dell‟Agenzia mi trattano sempre meglio, e così ogni giorno che passa finisco
per promettere denaro alla Causa. Questa sistemazione mi sta costando 2500 cocuzze al giorno. Pete strofinò con il gesso la punta di una stecca. Marcello si cacciò le mani in tasca. Kemper l‟aveva avvertito: non stringeva la mano a nessuno. — Qualche ora fa ho parlato con i suoi legali newyorkesi. Vogliono sapere se ha bisogno di qualcosa. Marcello sorrise. — Ho bisogno di baciare mia moglie sulla guancia e scopare la mia amante. Ho bisogno di mangiare l‟anatra alla Rochambeau da Galatoire‟s, e qui non riesco a fare niente di tutto questo. Bondurant raccolse le palle sul tavolo. Littell sollevò la valigetta e la calò sul panno, bloccandogli il gioco. Marcello ridacchiò. — Sto iniziando a intravedere qualche conto in sospeso fra voi due. Pete si accese una sigaretta. Littell venne investito in pieno volto da una nuvola di fumo. — Ho un mucchio di carte da farle vedere, signor Marcello. Dovremo passare qualche ora insieme per approntare una versione ufficiale e dettagliata circa il suo ingresso negli Stati Uniti, qualcosa che possa essere usato dal signor Wasserman quando richiederà l‟annullamento del suo ordine di deportazione. Ci sono persone molto influenti che la vogliono
vedere di nuovo a casa, e io lavorerò anche con loro. Mi rendo conto che tutti questi spostamenti inaspettati devono essere stressanti. Kemper Boyd e io faremo sì che nel giro di qualche giorno Chuck Rogers la riaccompagni in Louisiana, dove potrà starsene nascosto. Marcello si produsse in un accenno di balletto, agile e rapidissimo sui piedi. — Che cos‟ha la tua faccia, Ward? — chiese Pete. Littell aprì la valigetta. Pete prese la palla numero 8 e la spezzò in due fra le dita. Le schegge di legno schioccarono. — Non sono sicuro di gradire come stanno andando le cose — commentò Marcello. Littell tirò fuori i registri del Fondo. Una preghiera veloce gli calmò i nervi. — Sono sicuro che entrambi siete al corrente del furto subito da Jules Schiffrin lo scorso novembre. Furono rubati alcuni quadri e tre registri che si diceva riportassero la contabilità del Fondo pensioni dei Teamster. Il ladro era l‟informatore di un agente dell‟FBI di nome Court Meade. Quando si accorse che i quadri erano troppo celebri e riconoscibili perché riuscisse a venderli, lo scassinatore consegnò i registri a Meade. Meade è morto di infarto in gennaio, e mi ha lasciato i registri in eredità. Mi ha confidato di non averli mostrati a nessuno. La mia opinione è che stesse
aspettando di rivenderli a qualcuno dell‟Organizzazione di Giancana. Alcune pagine sono state strappate, ma a parte questo mi sembrano intatti. Glieli ho portati perché so quanto sia vicino a Hoffa e ai Teamster. Marcello spalancò la bocca dalla sorpresa. Pete spezzò una stecca in due. A Houston aveva strappato quattordici pagine. Le operazioni di Kennedy erano al sicuro. Marcello gli tese la mano. Littell baciò un grosso anello di diamanti, come se fosse al cospetto di un papa.
Capitolo 66 (Anniston, 11.4.61) Liste di votanti e relazioni sulle imposizioni fiscali. Risultati di esami di lettura e scrittura e deposizioni giurate. Quattro pareti ricoperte di sughero e tappezzate di carta: prove bianco su nero di una sistematica repressione. La sua stanza era piccola e squallida. Il Wigwam Motel non era certo il St. Regis. Kemper stava stendendo un rapporto, dove denunciava la violazione del diritto di voto. Un esame di lettura e scrittura e una deposizione fornivano prove a sufficienza. Delmar Herbert Bowen era un uomo di colore. Era nato il 14.6.19 ad Anniston, nell‟Alabama. Sapeva leggere e scrivere, e si descriveva come un “grande lettore”. Il 15.6.40 Bowen aveva cercato di iscriversi alle liste elettorali. Ragazzo, aveva chiesto l‟ufficiale di Stato Civile, sai leggere e scrivere? Bowen aveva dimostrato di non essere analfabeta. L‟ufficiale di Stato Civile era passato a rivolgergli domande impossibili di calcolo avanzato.
Bowen non aveva saputo rispondere. Bowen si era visto negare il diritto di voto. Kemper aveva sequestrato i test scritti di Bowen. Aveva provato che l‟ufficiale di Stato Civile di Anniston aveva falsificato i risultati. Sosteneva che Bowen non fosse in grado di sillabare le parole “cane” e “gatto”. Che non sapesse che il coito è all‟origine del concepimento. Kemper ritagliava carte e documenti. Il lavoro lo annoiava. La missione affidatagli dai Kennedy per la difesa dei diritti civili non era abbastanza audace per i suoi gusti. La sua missione era la diplomazia dell‟invasione. Il giorno prima aveva ordinato un panino sedendosi nella sezione del banco riservata ai clienti di colore. Così, perché gli andava di farlo. Un buzzurro locale lo aveva chiamato “amante dei negri”. Con una mossa di judo, Kemper lo aveva fatto cadere a faccia in giù in una ciotola di farina d‟avena. Quella notte avevano sparato alla sua porta. Un nero gli aveva raccontato che il Klan aveva bruciato un crocifisso in fondo all‟isolato. Kemper terminò il rapporto sul caso Bowen. Tagliò corto e chiuse la pratica: tre ore più tardi aveva appuntamento con John Stanton a Miami.
Quel mattino aveva ricevuto una serie di telefonate che l‟avevano fatto tardare. Bobby aveva chiamato per un aggiornamento sul suo lavoro. Littell aveva lanciato la sua ultima bomba atomica. Aveva consegnato i registri del Fondo a Carlos Marcello. Pete Bondurant aveva assistito alla scena. A quanto sembrava, Marcello aveva bevuto l‟assurda versione di Ward. — Ho fatto delle copie, Kemper — aveva aggiunto. — E la deposizione sulla tua infiltrazione nell‟impero costruito con le malefatte di Joe Kennedy rimane al sicuro. Apprezzerei molto se dicessi al Grande Pierre di non ammazzarmi. Kemper aveva immediatamente chiamato Pete. — Non uccidere Littell — gli aveva intimato — e non smascherarlo con Carlos. — Anch‟io so usare il cervello, aveva risposto Pete. E, come te, conosco le regole del gioco. Littell li aveva fregati. Non era una perdita grave: i registri rimanevano sempre una scommessa troppo rischiosa. Kemper lubrificò la sua 45. Bobby sapeva che la portava sempre con sé: lo considerava un gesto ridicolo e pretenzioso. L‟aveva portata durante l‟inaugurazione. Aveva rintracciato Bobby lungo il percorso della parata e l‟aveva informato di aver lasciato Laura. Jack l‟aveva visto durante la festa alla Casa Bianca. Per la prima volta l‟aveva chiamato “signor presidente”. Il primo
editto presidenziale di Jack: — Trovami qualche fanciulla per stasera. Kemper gli aveva scovato un paio di universitarie di Georgetown. Il presidente Jack gli aveva dato istruzioni per nasconderle e tenerle pronte per una sveltina notturna. Kemper le aveva fatte accomodare in due camere per gli ospiti della Casa Bianca. Jack l‟aveva sorpreso mentre sbadigliava e si spruzzava il viso di acqua fredda. Erano le 3 del mattino, e la festa dell‟inaugurazione sarebbe continuata fin dopo l‟alba. Jack aveva suggerito un tiramisu. Avevano raggiunto l‟Ufficio ovale, dove un medico era intento a preparare siringhe e fialette. Il presidente si era arrotolato una manica. Il dottore gli aveva praticato l‟iniezione. John F. Kennedy si era abbandonato a un‟espressione di puro orgasmo. Kemper si era arrotolato la manica. Il dottore aveva inserito l‟ago. La carica esplosiva di un missile gli aveva colpito le membra. Il “viaggio” era durato ventiquattro ore. Il momento e il luogo gli erano sembrati tutt‟uno con lo sballo. L‟ascesa di Jack era divenuta la sua. Quella semplice verità gli era diventata meravigliosamente chiara. Quel momento e
quel luogo dovevano tutto a Kemper Cathcart Boyd. In quel senso, lui e Jack erano indistinguibili. Aveva abbordato una delle vecchie fiamme di Jack e aveva fatto l‟amore con lei al Willard. Aveva descritto il Momento a taxisti e senatori. Judy Garland gli aveva insegnato a ballare il twist. Il “viaggio” era terminato in sordina, lasciandogli una stramaledetta voglia di ripartire. Ma sapeva che in quel modo avrebbe soltanto reso volgare il Momento. Il telefono prese a squillare. Kemper afferrò la borsa da viaggio e rispose. — Parla Boyd. — Kemper, sono Bob. Sono qui con il presidente. — Vuole che gli ripeta l‟aggiornamento che ti ho già fornito? — No. Abbiamo bisogno che ci aiuti a risolvere un problema di comunicazioni. — Riguardo a cosa? — A Cuba. Mi rendo conto che hai soltanto una conoscenza superficiale degli ultimi sviluppi, ma credo comunque che tu sia l‟uomo migliore per un incarico come questo. — Per quale incarico? Di cosa stai parlando? Bobby rispose, esasperato. — Del progetto di invasione, di
cui non so se sei al corrente. Richard Bissell è appena passato da me: dice che la CIA sta mordendo il freno e che gli esuli sono fin troppo agitati. Hanno individuato il punto di sbarco. È un posto chiamato Playa Giron, nella Baia dei Porci. Notizie INEDITE. Stanton non gli aveva mai detto che Langley si era spinta così avanti. Kemper finse smarrimento. — Non vedo come potrei esservi utile. Sapete che non conosco nessuno alla CIA. Jack giunse in linea. — Kemper, Bobby non aveva idea che la faccenda fosse a uno stadio così avanzato. Allen Dulles ce ne aveva informati prima dell‟inaugurazione, ma era da allora che non se ne parlava. I miei consiglieri sono divisi a metà, maledizione. Kemper si allacciò la fondina. — Ciò di cui abbiamo bisogno — riprese Bobby — è una valutazione indipendente della situazione degli esuli. Kemper scoppiò a ridere. — Perché se l‟invasione fallisse e venisse fuori che avete appoggiato i cosiddetti “ribelli”, ce l‟avreste nel culo a livello di opinione pubblica mondiale. — Immagine molto colorita — commentò Bobby. — E centrata — aggiunse Jack. — Avrei dovuto parlarne con Bobby diverse settimane fa, ma era troppo occupato a rincorrere gangster. Kemper… — Sì, signor presidente. — Sto tirando in lungo sulla data, e Bissell mi sta facendo
sentire il fiato sul collo. So che stai svolgendo una missione anticastrista per Hoover, e che quindi sei in qualche modo… — Sono pratico della situazione cubana, se non altro dal punto di vista delle organizzazioni castriste. Bobby tagliò corto. — Cuba è sempre stata una tua specie di fissazione. Va‟ in Florida e renditi utile. Visita i campi di addestramento della CIA e fa‟ un giro a Miami. Poi richiamaci e dicci se credi che l‟operazione abbia qualche possibilità di successo. E fa‟ presto, maledizione. — Parto subito — rispose Kemper. — Vi farò rapporto nel giro delle prossime quarantotto ore. John per poco non schiattò dal ridere. Kemper fu quasi sul punto di chiamare un cardiologo. Erano seduti sul terrazzo privato di Stanton. Langley gli aveva concesso di passare al Fontainebleau: gli agi delle suite erano contagiosi. Una brezza leggera soffiava da Collins Avenue. Kemper aveva mal di gola: aveva ripetuto la conversazione telefonica imitando perfino l‟accento bostoniano di Jack. — John… Stanton riprese fiato. — Perdonami, non credevo che l‟indecisione presidenziale potesse essere così spassosa. — Cosa credi che dovrei riferire?
— Che ne dici di “L‟invasione vi garantirà la rielezione”? Kemper scoppiò a ridere. — Ho qualche ora libera a Miami. Hai qualcosa da suggerirmi? — Sì, due cose. — Procedi, allora. E dimmi per quale ragione volevi vedermi quando sapevi benissimo che in Alabama ero sommerso di lavoro. Stanton si versò mezzo bicchiere di scotch e acqua. — Il lavoro per i diritti civili dev‟essere seccante. — Non esattamente. — Il fatto che i neri possano votare non mi convince fino in fondo. Non è gente facilmente influenzabile? — Li definirei leggermente meno malleabili dei nostri amici cubani. E molto meno inclini all‟attività criminale. Stanton sorrise. — Smettila. Mi farai ricominciare a ridere. Kemper posò i piedi sulla balaustra. — Qualche risata ti farebbe bene. Langley ti sta massacrando di lavoro, e stai già bevendo all‟una del pomeriggio. Stanton annuì. — È vero. Tutti, da Dulles in giù, gradirebbero che l‟invasione scattasse nel giro dei prossimi cinque minuti, e io non faccio eccezione. Ma per rispondere alla tua domanda iniziale, voglio che tu trascorra le prossime quarantotto ore ad approntare un rapporto realistico sullo stato di allerta delle truppe da riferire al presidente, e voglio che
pattugli il territorio di caccia della squadra scelta insieme a Fulo e Néstor Chasco. Miami è la nostra prima fonte di informazioni. Voglio che tu valuti quanto siano diffuse e accurate le voci di un‟invasione presso la comunità cubana. Kemper si preparò un gin tonic. — Mi ci dedicherò subito. C‟è qualcos‟altro? — Sì. Durante l‟invasione, l‟Agenzia ha intenzione di stabilire un “governo in esilio” cubano, con sede a Blessington. Si tratta sostanzialmente di una facciata, ma dobbiamo comunque avere una parvenza di consenso sulla leadership che installeremo se riusciremo a cacciare Castro entro, diciamo, tre o quattro giorni dall‟inizio dell‟invasione. — E vorresti la mia opinione su chi piace di più agli uomini? — Esatto. So che non sei molto pratico degli intrighi dell‟esilio politico, ma potresti aver raccolto le opinioni della squadra scelta. Kemper finse una profonda riflessione. Tranquillo, fallo aspettare… Stanton sollevò le mani al cielo. — Andiamo, non ti ho chiesto di andare in trance per rispondere… Kemper si riscosse, energico e raggiante. — Vogliamo che gli estremisti di destra accettino di collaborare con Santos e gli altri nostri amici dell‟Organizzazione. Vogliamo una figura rappresentativa che sia in grado di mantenere l‟ordine, e l‟unico sistema per
riportare a galla l‟economia cubana è far riprendere l‟attività dei casinò con margini di profitto il più possibile elevati. Se Cuba resta instabile o i rossi se la riprendono, dobbiamo essere in grado di ottenere di nuovo l‟appoggio finanziario dell‟Organizzazione. Stanton intrecciò le dita con le mani appoggiate su un ginocchio. — Mi aspettavo qualcosa di più illuminato da Kemper Boyd, combattente per i diritti civili. E sono sicuro che tu sappia che i contributi dei nostri amici italiani non rappresentano che una minima parte del budget approvato e legittimato dal governo. Kemper scrollò le spalle. — L‟economia cubana dipende dal turismo americano. L‟Organizzazione può aiutarci a garantirlo. La United Fruit è ormai fuori da Cuba, e soltanto un estremista di destra corruttibile potrebbe essere disposto a denazionalizzare i beni della compagnia. — Prosegui — disse Stanton. — Stai riuscendo a convincermi. Kemper si alzò. — Carlos si trova al campo in Guatemala con il mio amico avvocato. Chuck lo accompagnerà in Louisiana fra qualche giorno, dove Carlos starà nascosto per un po‟. Mi dicono che la Causa lo stia appassionando ogni giorno di più. Sono pronto a scommettere che l‟invasione avrà
successo, ma che subito dopo Cuba precipiterà nel caos. Chiunque sia il personaggio che installeremo al potere, si troverà addosso gli occhi del mondo, il che significa che dovrà giustificare pubblicamente ogni sua mossa. Sappiamo entrambi che anche l‟Agenzia sarà nell‟occhio del ciclone, e ciò darà come risultato una limitata libertà per quanto riguarda le attività clandestine. A quel punto avremo più che mai bisogno della squadra scelta, nonché probabilmente di una mezza dozzina di altri gruppi della stessa efficacia e autonomia, finanziati segretamente. Il nostro nuovo leader avrà bisogno di una polizia segreta, e l‟Organizzazione gliela fornirà. Se mostrerà indecisione nel suo appoggio degli Stati Uniti, sarà l‟Organizzazione a eliminarlo. Stanton scattò in piedi. Gli brillavano gli occhi come se avesse la febbre. — Non posso avere l‟ultima parola, ma mi hai convinto. Il tuo discorso non è arzigogolato come quello del tuo Jack all‟inaugurazione, ma mi è sembrato molto più astuto dal punto di vista politico. E MOTIVATO DAL PROFITTO. — Grazie — disse Kemper. — È un onore essere paragonato a John F. Kennedy. Fulo guidava. Néstor parlava. Kemper osservava.
Si aggiravano per il territorio di caccia della squadra scelta procedendo a casaccio da un luogo all‟altro. Baracche e case popolari scorrevano ai lati. — Rimandatemi a Cuba — disse Néstor. — Sparerò a Fidel da un tetto. Diventerò il Simon Bolivar del mio paese. La Chevy di Fulo traboccava di ero. Sbuffi di polvere bianca si sollevavano dai sacchetti e si posavano sui sedili. — Rimandatemi a Cuba travestito da pugile — disse Néstor. — Ammazzerò Fidel a pugni come Kid Gavilàn. Sguardi velati saettavano verso di loro: i tossici della zona riconoscevano l‟auto. Gli ubriaconi si facevano sotto con la mano tesa: Fulo era noto per la sua generosità. Fulo lo definiva il Nuovo Piano Marshall. Fulo diceva che le sue donazioni ispiravano obbedienza. Kemper osservava. Néstor si fermava ai punti di consegna e vendeva sacchetti preconfezionati. Fulo sorvegliava ogni transazione con la pistola spianata. Kemper osservava. Fulo adocchiò la concorrenza di fronte alla Lucky Time Liquors. Néstor caricò di sale grosso il fucile calibro 12 e fece la doccia al gruppetto. La concorrenza si disperse in ogni direzione. Il sale grosso
lacerava gli abiti e bruciava come un figlio di puttana. Kemper osservava. — Rimandatemi a Cuba travestito da subacqueo — disse Néstor. — Infilzerò Fidel con una fiocina. Agli angoli delle strade, gli ubriaconi trangugiavano T-Bird. I drogati sniffavano stracci imbevuti di colla. Una buona metà dei praticelli di fronte alle case era invasa da carcasse di vecchi macinini. Kemper osservava. Le chiamate per i taxi gracchiavano dalla radio dell‟auto. Fulo li condusse dal ghetto nero a Poquito Habana. I volti si schiarirono. I colori sullo sfondo mutarono, scivolando gradualmente verso tinte pastello. Chiese dalle facciate color pastello. Locali notturni e spacci di vini color pastello. Uomini vestiti con camicie alla guayabera dagli allegri colori pastello. Fulo guidava. Néstor parlava. Kemper osservava. Superarono partite di dadi nei parcheggi. Superarono comizi improvvisati su scatole di detersivi. Superarono due giovani che massacravano di botte un attivista pro Barbuto. Kemper osservava. Fulo percorse Flagler offrendo alle prostitute contanti in cambio di pettegolezzi.
Una ragazza disse che Castro era frocio. Secondo un‟altra, aveva un chorizo di 30 centimetri. Tutte volevano sapere una cosa: quando si farà questa famosa invasione? Una ragazza disse di aver sentito una voce a Blessington. Non è prevista per la settimana prossima? Una ragazza disse che su Guantanamo stava per essere sganciata la bomba atomica. Ti sbagli, ribatté un‟altra: succederà a Playa Giron. Una ragazza disse che presto all‟Avana sarebbero scesi i dischi volanti. Fulo guidava. Néstor interpellava i cubani a passeggio lungo Flagler. Tutti avevano sentito indiscrezioni sull‟invasione. Tutti le riferivano con entusiasmo. Kemper chiudeva gli occhi e ascoltava. Alcuni nomi venivano a galla in un mare di spagnolo. L‟Avana, Playa Giron, Baracoa, Oriente, Playa Giron, Guantanamo, Guantanamo. Kemper capì l‟antifona: La gente ne parla. Ne parlano gli esuli in licenza dai campi di addestramento. Ne parlano gli uomini delle organizzazioni di facciata dell‟Agenzia. Allusioni, stronzate, speranze e verità per esclusione: elenca un numero sufficiente di punti di sbarco e finirai per
nominare quello giusto. Era un piccolo problema di sicurezza. Fulo non sembrava preoccupato. Néstor minimizzava. Kemper lo giudicò un problema “arginabile”. Presero a percorrere le trasversali di Flagler. Fulo controllava le chiamate dei taxi. Néstor elencava metodi di tortura da infliggere a Fidel Castro. Kemper guardava fuori dal finestrino e si godeva la vista. Fanciulle cubane mandavano baci nella loro direzione. Alcune autoradio gracchiavano mambo. Dei perdigiorno trangugiavano meloni zuppi di birra. Fulo riagganciò. — Era Wilfredo. Dice che Don Juan sa qualcosa di una consegna di droga, e che dovremmo fargli visita. Don Juan Pimentel aveva una tosse da tubercolosi. Il suo salotto era disseminato di Barbie e Ken personalizzati. Si fermarono appena oltre la porta. Don Juan puzzava di pomata al mentolo. — Puoi parlare in presenza del signor Boyd — disse Fulo. — È un grande amico della Causa. Néstor prese da terra una Barbie nuda. La bambola aveva una parrucca alla Jackie Kennedy e un triangolo di peluria riccia fra le gambe.
Don Juan tossì. — 25 dollari per la storia, 50 se volete anche l‟indirizzo. Néstor fece cadere la bambola e si fece il segno della croce. Fulo allungò a Don Juan due biglietti da 20 e uno da 10. Don Juan si cacciò il denaro nel taschino della camicia. — L‟indirizzo è il 4980 di Balustrol. Ci vivono quattro esponenti del Cuban Intelligence Directorate. Hanno una gran paura che la vostra invasione abbia successo e che il loro rifornimento dall‟isola venga, come si dice, interrotto. In casa hanno una gran quantità di dosi singole già pronte per essere vendute per, come si dice, sovvenzionare la resistenza alla vostra resistenza. Hanno mezzo chilo di eroina pronta per essere venduta a piccole dosi per, come si dice, garantire il massimo profitto. Kemper sorrise. — La casa è sorvegliata? — Non lo so. — A chi venderebbero la roba? — Di sicuro non ai cubani. Direi ai negritos e ai poveracci bianchi. Kemper diede una gomitata a Fulo. — Il signor Pimentel è un informatore fidato? — Sì. Credo di sì. — È un convinto anticastrista? — Sì. Credo di sì.
— Ti fideresti di lui in qualsiasi circostanza? — Be‟… è difficile a… Don Juan sputò per terra. — Lei è un codardo, per non rivolgermi direttamente domande come queste. Kemper lo atterrò con una mossa di judo. Don Juan finì contro uno scaffale traboccante di bambole e crollò a terra senza fiato. Néstor gli calò un cuscino sul volto. Kemper estrasse la 45 e gli sparò a bruciapelo. Il silenziatore assorbì l‟esplosione. Una nuvola di piume insanguinate si sollevò dal cuscino. Néstor e Fulo sembravano sconvolti. — Vi spiegherò poi — disse Kemper. I RIBELLI RISCATTANO CUBA! I ROSSI SI VENDICANO VENDENDO EROINA ASSASSINA! STRAGE DI SIRINGHE! CASTRO SPACCIATORE! IL DITTATORE DISPERATO IN ESILIO! AUMENTANO LE VITTIME DELLA DROGA! Kemper trascrisse i titoli su un modulo per le comunicazioni. I taxi della Tiger Kab gli turbinavano attorno: il turno di mezzanotte stava per montare.
Aggiunse un messaggio introduttivo. PB, di‟ a Lenny Sands di scrivere articoli per Hush-Hush sulla base dei titoli allegati. Che faccia in fretta, controllando i quotidiani di Miami per avere i punti di riferimento e, se necessario, interpellandomi. Ha naturalmente a che fare con l‟invasione, che ho la sensazione sia ormai prossima. Non posso ancora spiegarti il mio piano nei dettagli, ma penso si tratti di qualcosa che apprezzeresti. Se Lenny trova strani i miei ordini, digli di inventare partendo dai titoli nel suo inimitabile stile. So che ti trovi da qualche parte fra il Nicaragua e il Guatemala, e spero che questa comunicazione giunga in tempo. Cerca di pensare a WJL come a un collega. La convivenza non significa per forza pacificazione. KB
Sulla busta scrisse: C. ROGERS.PROSSIMO VOLO.URGENTE. Fulo e Néstor gli passarono accanto con aria confusa: non aveva ancora spiegato perché aveva ucciso Don Juan. Santos Junior teneva uno squalo che aveva chiamato Batista. Avevano raggiunto Tampa e avevano scaricato Don Juan nella sua vasca. Kemper si chiuse nella stanza da bagno con un telefono.
Prima di comporre il numero fece tre prove, complete di pause e incisi. Quindi chiamò la segretaria di Bobby. Le disse di accendere il registratore. Lei obbedì senza indugi, bevendosi tutto d‟uno fiato il suo studiatissimo tono di gravità. Kemper lodò, inneggiò, descrisse il morale alle stelle e la voglia di combattere degli esuli. Il piano della CIA era brillante. La sicurezza preinvasione era a prova di bomba. Dimostrò l‟entusiasmo di uno scettico appena convertito. Infarcì il suo discorso di retorica da Nuova Frontiera. La sua cadenza strascicata del Tennessee colava rettitudine da ogni parola. La segretaria gli assicurò che avrebbe consegnato immediatamente il nastro a Bobby. La sua voce tremò e si spezzò. Kemper riagganciò e uscì sul parcheggio. Teo Paez gli si fermò accanto e gli consegnò un biglietto. Ha chiamato W. Littell. Dice che con CM va tutto bene. Il legale newyorkese di CM informa che gli agenti del Dipartimento di Giustizia stanno passando al setaccio la Louisiana. Secondo Littell, CM dovrebbe restare per qualche tempo ancora al campo in Guatemala, o se non altro fuori dal paese.
Ward Littell in ascesa: davvero incredibile. Si alzò una brezza leggera. Kemper si stirò su un cofano tigrato e guardò il cielo. La luna vi si stagliava, vicina. Batista aveva denti dello stesso bianco luccicante. Kemper si addormentò. Fu risvegliato da una nenia collettiva. VAI VAI VAI VAI VAI… quell‟unica parola e niente altro. Era un coro di entusiasmo. La stazione dei taxi tuonava di un‟eco profonda. La data dell‟invasione era stata stabilita. Poteva trattarsi soltanto di quello. Santos nutriva Batista a bistecche e pollo fritto. La sua vasca era una chiazza d‟unto formato olimpionico. Batista aveva staccato la testa di Don Juan con un morso. Néstor e Fulo avevano distolto lo sguardo. Kemper non si era voltato. Uccidere stava iniziando a piacergli più del dovuto.
Capitolo 67 (Campagna nicaraguense, 17.4.61 PORCI! PORCI! PORCI! PORCI! PORCI! PORCI! PORCI! Seicento uomini scandivano la parola magica. La zona tremava al suono delle loro voci. Gli uomini balzarono sui camion. I camion partirono in fila indiana verso il pontile. PORCI PORCI PORCI PORCI… Pete osservava. John Stanton osservava. Pattugliavano la zona a bordo di una jeep e controllavano che tutto fosse pronto all‟azione. Pronta all‟AZIONE sul pontile: una nave per il trasporto truppe senza contrassegni ufficiali. A bordo: mezzi da sbarco, mortai, bombe a mano, fucili, mitragliatori, attrezzatura radio, pronto soccorso, antizanzare, mappe, munizioni e seicento profilattici Sheik: uno strizzacervelli di Langley prevedeva lo stupro di massa come conseguenza della vittoria. Pronti all‟AZIONE: seicento cubani strafatti di Benzedrina. Pronti all‟AZIONE sulla pista: sedici bombardieri B-26,
incaricati di martellare la forza aerea permanente di Castro. Ogni contrassegno americano era stato cancellato: non era una missione imperialista. PORCI PORCI PORCI PORCI… L‟abbreviazione indicava la destinazione. John Stanton aveva lanciato lo slogan all‟adunata: lo stesso strizzacervelli sosteneva che la ripetizione dava coraggio. Pete innaffiava le pastiglie di Benzedrina concentrata con litri di caffè. Lo vedeva, se lo sentiva, lo odorava… Dal cielo si neutralizza la forza aerea castrista. Poi si attacca via mare: partenze scaglionate da una mezza dozzina di basi. Un secondo blitz aereo stermina i miliziani. Il caos provoca la diserzione di massa. I combattenti per la libertà sbarcano sulla spiaggia. Marciano. Uccidono. Bruciano. Si uniscono ai dissidenti dell‟isola e si riprendono una Cuba indebolita dalla droga e dalla propaganda preliminare. Erano in attesa che Jack Mal di Schiena desse il via al primo attacco aereo. Tutti gli ordini dovevano provenire dal Capelluto. PORCI PORCI PORCI PORCI… Pete e Stanton pattugliavano il campo. Sistemato sul cruscotto avevano un impianto radio a onde corte: contatti
facilitati da base a base. Erano in collegamento con il Guatemala, la Tiger Kab e Blessington. Comunicavano esclusivamente a quel livello: soltanto a Langley era concessa la linea diretta con la Casa Bianca. L‟ordine arrivò: Jack dice di far decollare sei bombardieri. Pete sentì che il cazzo gli si ammosciava. Jack vuole muoversi con estrema cautela, spiegò l‟addetto radio. Sei su sedici era una riduzione con i controcoglioni. Non interruppero il giro di ispezione. Pete fumava come una ciminiera. Stanton si rigirava fra le dita un medaglione di san Cristoforo. Tre giorni prima Boyd gli aveva inviato un messaggio. Una serie di strani ordini per Lenny Sands. Glieli aveva trasmessi. Lenny aveva risposto che si sarebbe messo subito al lavoro. Lenny non lo deludeva mai. Ward Littell non smetteva di sorprenderlo. La consegna dei registri era stata una mossa superba. La leccata di culo di Carlos si era rivelata ancora meglio. Boyd li aveva fatti restare al campo guatemalteco. Marcello si era accaparrato una linea telefonica privata, dalla quale dirigeva a distanza i suoi racket. Carlos amava mangiare pesce fresco. Carlos adorava dare
grandi cene. Littell aveva organizzato una spedizione giornaliera di cinquecento aragoste dal Maine al Guatemala. Carlos aveva trasformato una truppa d‟assalto in una banda di golosi con l‟acquolina in bocca. Carlos li aveva resi suoi Schiavetti personali: guerriglieri addestrati che gli lucidavano le scarpe e correvano a fargli le commissioni. Boyd era responsabile dell‟operazione Marcello. Boyd gli aveva dato un solo ordine esplicito: LASCIA IN PACE LITTELL. La tregua Bondurant-Littell era imposta da Boyd, e soprattutto temporanea. Pete fumava come una ciminiera. Le sigarette e la Benzedrina gli avevano seccato la bocca. Le sue mani insistevano a fare cose che non ordinava loro di fare. Proseguirono la perlustrazione. Stanton era fradicio di sudore. PORCI! PORCI! PORCI! PORCI! PORCI! Si fermarono nei pressi del pontile e osservarono le truppe varcare la passerella. Seicento uomini furono a bordo in poco meno di due minuti. L‟impianto a onde corte crepitò. L‟ago scattò sulla frequenza di Blessington. Stanton si calcò la cuffia sul capo. Pete si accese la milionesima sigaretta della giornata.
La nave cigolava e ondeggiava. A poppa, un grasso cubano vomitò fuori bordo. — Il nostro governo in esilio è istituito — annunciò Stanton. — Bissell ha finito per approvare i miei candidati di estrema destra. È una buona notizia, ma la farsa del finto disertore ci si è rivoltata contro. Gutiérrez è atterrato a Blessington, ma i giornalisti che Dougie Lockhart aveva convocato hanno riconosciuto Ramon e hanno iniziato a fischiare. Niente di drammatico, ma una grana è sempre una grana. Pete annuì. L‟aria odorava di vomito, di acque di sentina e dell‟olio di seicento fucili. Stanton sganciò la cuffia. Il suo san Cristoforo era consunto a furia di ditate. Ripresero il giro. Un grande spreco di benzina e Benzedrina. Ti prego, Jack, fa‟ partire altri aerei. Ordina alle navi di salpare. Pete era sempre più agitato. Stanton non smetteva un secondo di blaterare dei suoi figli. Le ore si trasformarono in decenni. Per non ascoltare Stanton, Pete cominciò a stendere elenchi mentali. Gli uomini che aveva ucciso. Le donne che aveva scopato. I migliori hamburger di Los Angeles e Miami. Cosa avrebbe
fatto se non avesse mai lasciato il Quebec. Cosa avrebbe fatto se non avesse mai conosciuto Kemper Boyd. Stanton armeggiava con la radio. I rapporti giungevano fra le scariche. L‟attacco aereo era fallito. I bombardieri avevano distrutto meno del 10 per cento delle forze aeree di Fidel. Jack Mal di Schiena aveva preso male la notizia. Aveva reagito come una fighetta: sospendiamo il secondo attacco aereo. Chuck Rogers giunse in linea fra i sibili. Marcello e Littell erano ancora in Guatemala. In risposta a finti avvistamenti di Carlos, l‟FBI aveva invaso New Orleans! Era stata un‟idea di Boyd. Aveva previsto che una serie di finte spifferate telefoniche avrebbero tenuto occupato Bobby e li avrebbero aiutati a nascondere le tracce di Carlos. Chuck passò e chiuse. Stanton si tolse la cuffia e tenne ritte le orecchie in caso di altre chiamate. I secondi si trasformarono in anni. I minuti si allungarono in fottuti millenni. Pete si grattò i coglioni fino a farli sanguinare. Pete fumò fino a perdere la voce. Pete sparò alle palme giusto per sparare a qualcosa. Stanton rispose a una chiamata. — Era Lockhart. Dice che il nostro governo in esilio è prossimo alla rivolta. Hanno
bisogno di te su a Blessington. Rogers ti sta venendo a prendere dal Guatemala. Deviarono per sorvolare le coste cubane. Chuck garantì che non avrebbero accumulato alcun ritardo. — Scendiamo! — gridò Pete. Chuck abbassò la cloche. Giunti a seicento metri di altitudine, Pete scorse le fiamme a circa un chilometro di distanza. Scesero al di sotto del livello dei radar e procedettero rasente la spiaggia. Pete puntò il binocolo fuori dal finestrino. Vide carcasse aeree, sia cubane che ribelli. Vide boschetti di palme in fiamme e autocisterne ferme sulla sabbia. Le sirene antiaeree barrivano impazzite. I fari montati sui pontili erano accesi. Appena al di là della linea di alta marea era stata eretta una barriera di fortini di calcestruzzo rinforzati da sacchetti di sabbia e completi di uomini di guardia. I miliziani affollavano i pontili. Piccoletti armati di mitraglie e manuali di identificazione dei velivoli. Si trovavano a centoventi chilometri da Playa Giron, e quella piccola spiaggia era già in allarme rosso. Se la Baia dei Porci si fosse rivelata altrettanto fortificata, l‟invasione ce l‟aveva nel culo. Pete udì i colpi di una mitraglia. Una pioggia di piccoli e
innocui proiettili picchiettò sulla carlinga. Chuck capì l‟antifona: ci stanno sparando. Diede un‟improvvisa virata facendo rovesciare il Piper. Pete finì a gambe all‟aria. Colpì il tetto con la nuca. La cintura di sicurezza lo immobilizzava. Chucky proseguì a testa in giù fino alle acque territoriali americane. Scese il crepuscolo. Blessington scintillava alla luce violenta delle lampade ad arco. Pete buttò giù due Dramamine. Appena fuori dal cancello d‟ingresso vide una barriera di bifolchi curiosi e furgoncini dei gelati. Chuck giunse sbandando alla fine della pista e spense il motore. Pete saltò a terra. Era intontito: nausea e Benzedrina formavano una miscela assassina. Un capanno prefabbricato sorgeva nel mezzo del campo per le esercitazioni, protetto da una tripla rete di filo spinato. Dall‟interno provenivano grida disordinate: molto lontane dall‟eccitante cantilena PORCI PORCI PORCI … Pete si stirò i muscoli. Lockhart lo raggiunse trafelato. — Dannazione, entra lì dentro e dai una calmata a quei
cubani! — Che cosa è successo? — domandò Pete. — Kennedy non si decide, ecco che cosa è successo. Dick Bissell dice che pretende una vittoria, ma che non vuole andare fino in fondo e assumersi la colpa in caso di fallimento. La mia vecchia nave da carico è pronta a salpare, ma quel succhiacazzi di un papista alla Casa Bianca non… Pete lo schiaffeggiò. La testa di cazzo barcollò ma rimase in piedi. — Ti ho chiesto che cosa è successo. Lockhart si passò una mano sul naso e prese a ridacchiare. — È successo che i miei del Klan hanno venduto ai membri del governo provvisorio qualche bottiglia di whisky, e questi si sono messi subito a discutere di politica con la truppa. Ho formato una squadra speciale e ho isolato le teste calde con quel filo di ferro che vedi, ma il fatto è che lì dentro abbiamo sessanta cubani ubriachi e incazzati che perdono tempo a mordersi fra loro come serpenti quando invece dovrebbero concentrarsi su come liberare il loro paese da una dittatura comunista. — Sono armati? — Nossignore. Il capanno degli armamenti è sotto stretta sorveglianza. Pete allungò la mano nella cabina di guida. Appena sopra il quadro comandi si trovavano la mazza da baseball di Chuck e
la cassetta degli attrezzi. Le prese entrambe. Estrasse le forbici dalla cassetta e si infilò la mazza nella cintura dei pantaloni. — Che cosa vuoi fare? — chiese Lockhart. — Credo di aver capito — disse Chuck. Pete indicò le pompe antincendio. — Fra cinque minuti esatti, apri i getti d‟acqua. Lockhart scoppiò a ridere. — Sventreremo il capanno. — E quello che voglio. I cubani sotto sequestro ridevano e sbraitavano. Lockhart si allontanò di corsa verso le pompe. Pete scattò verso il filo spinato e ne tagliò una spira. Chuck si riparò le mani con la giacca a vento e ne sollevò da terra un‟intera sezione. Pete si abbassò e vi strisciò sotto. Proseguì di corsa verso il capanno, chino su se stesso come un terzino di football. Un singolo colpo di mazza bastò a sfondare la porta. I cubani non si accorsero di nulla. I ragazzi del governo provvisorio avevano altro a cui pensare. Sfide a braccio di ferro, partite a carte e gare di bevute. E una corsa di piccoli alligatori organizzata in mezzo al locale. Tifoseria divisa in sezioni. Coperte stese a terra e disseminate di cartoncini per le scommesse. Letti curvi sotto il peso delle bottiglie di whisky.
Pete serrò le mani sulla mazza. Pronto a scattare: il caro vecchio sistema da campo d‟addestramento militare. Si lanciò nella calca. Il serrato mulinare della mazza prese a spezzare menti e costole. I ragazzi del governo in esilio non rimasero a guardare, rispondendo con una disordinata scarica di pugni. La mazza sfondò le assi dei letti a castello. La mazza polverizzò la dentiera di un grassone. Gli alligatori approfittarono della confusione per scappare. I ragazzi del governo capirono presto: non opponiamo resistenza a questo pazzo gigante bianco. Pete raggiunse l‟estremità opposta del capanno. I cubani si raccolsero dietro di lui… a distanza di sicurezza. Pete sfondò la porta di servizio e si lanciò sui montanti del capanno. Cinque colpi a sinistra, cinque a destra, cambiando direzione manco fosse Mickey Mantle. Le pareti tremarono. Il tetto traballò. Il pavimento danzò. I cubani fuggirono: terremoto, terremoto! Entrarono in azione le pompe. La pressione sfondò il recinto di filo spinato. La forza idraulica strappò il tetto del capanno. Pete fu colpito da uno spruzzo e finì a gambe all‟aria. Il capanno esplose in una pioggia di calcestruzzo. Il governo provvisorio correva, inciampava, ballava al
ritmo dei getti d‟acqua. Nello stile di Hush-Hush: CUBANI CALIENTI CALMATI! BEONI BAGNATI BALLANO COME BAMBINI! I getti si interruppero. Pete iniziò a ridere. Gli uomini si rialzarono da terra, fradici e tremanti. La risata di Pete si diffuse contagiosa, trasformandosi in un ruggito generale. Il campo per le esercitazioni si era trasformato in una discarica di materiale da prefabbricato. Le risate si trasformarono nel rumore di una locomotiva, assunsero una perfetta cadenza marziale e infine lasciarono il posto a una cantilena: PORCI! PORCI! PORCI! PORCI! PORCI! Lockhart distribuì le coperte. Pete fece passare la sbornia alla truppa con un giro di Kool-Aid e Benzedrina. A mezzanotte si imbarcarono. Duecentocinquantasei esuli salirono a bordo, pronti a riprendersi il loro paese. Caricarono armi, mezzi da sbarco e medicinali. I canali radio rimasero aperti: da Blessington a Langley e a tutte le altre postazioni di comando. La voce si diffuse. Jack il Capelluto ha detto no a un secondo attacco aereo. Nessuno aveva ancora comunicato le perdite del primo
attacco. Nessuno aveva ancora fatto rapporto sulle fortificazioni cubane lungo la costa. Dei fari antiaerei e dei fortini di calcestruzzo non si era fatta parola. Pete sapeva il perché. Langley se ne rende conto: ora o mai più. Perché informare le truppe che da questo momento in poi si gioca d‟azzardo? Pete trangugiò whisky per addolcire l‟effetto della Benzedrina. Si addormentò sulla sua branda nel mezzo di una strana allucinazione. Musi gialli, musi gialli, musi gialli. Saipan, „43: in Technicolor e su schermo gigante. L‟avevano circondato. Lui uccideva, uccideva, uccideva. Gridando avvertimenti in francocanadese che nessuno capiva. I gialli morti tornavano in vita. Lui li riammazzava a mani nude. Loro si trasformavano in donne morte: clonazioni di Ruth Mildred Cressmeyer. Chuck lo svegliò all‟alba. — Kennedy ha dato un via a metà. Le truppe sono partite da un‟ora.
L‟attesa si trascinava interminabile. La radio a onde corte li aveva traditi. Le trasmissioni dalle navi giungevano molto disturbate. Quelle da base a base erano un intrico incomprensibile di scariche statiche. Chuck non riusciva a capire quale fosse il problema. Pete provò con il telefono: chiamò la Tiger Kab e il suo contatto a Langley. Sempre occupato in entrambi i casi. Chuck era convinto che fossero le proteste dei sostenitori di Fidel. Lockhart aveva memorizzato un numero di emergenza: l‟ufficio Operazioni di Miami dell‟Agenzia. Boyd l‟aveva ribattezzato “Centrale invasione”: era il nucleo operativo a cui i membri della squadra scelta non si erano mai avvicinati. Pete compose il numero. Il segnale di occupato gli spaccò i timpani. Chuck gli spiegò il perché: le linee telefoniche segrete erano sovraccariche. Rimasero seduti nei pressi delle camerate. La radio tossicchiava strani gorgoglii. Il tempo trascorreva lento. I secondi si trasformarono in anni. I minuti divennero anni luce. Pete fumava una sigaretta dietro l‟altra. Dougie Frank e Chuck gliene scroccarono un intero pacchetto.
Un membro del Klan si era messo a lavare il Piper. Pete e Chuck si scambiarono una luuuunga occhiata. Dougie Frank si inserì subito sulla lunghezza d‟onda giusta. — Posso venire anch‟io? Riuscirono ad avvicinarsi volando molto bassi. La Baia dei Porci si rivelò in tutto il suo orrore. Videro un‟imbarcazione incagliata su una scogliera. Videro i cadaveri uscire da una falla nello scafo. Videro gli squali divorare arti umani a una ventina di metri dalla riva. Chuck fece una virata completa e ripassò. Pete urtò il quadro comandi. Il passeggero in più concedeva poco spazio per muoversi. Videro attrezzature da sbarco abbandonate. Videro superstiti calpestare i caduti. Videro una distesa di cadaveri tingere di rosso vivo almeno cento metri di bagnasciuga. Gli invasori continuavano a sbarcare. I lanciafiamme li colpivano nell‟istante in cui toccavano terra. Finivano fritti e bolliti vivi. Una cinquantina di ribelli era distesa bocconi sulla spiaggia, in ceppi e catene. Un comunista percorreva la fila brandendo una sega a motore. Pete vide la lama rallentare a contatto con la carne. Pete vide i fiotti di sangue. Pete vide le teste rotolare verso l‟acqua.
Una fiammata salì verso di loro, mancandoli di qualche centimetro. Chuck si tolse la cuffia. — Ho intercettato una chiamata del comando operativo! Kennedy ha vietato il secondo attacco aereo e l‟appoggio militare per i nostri! Pete puntò la Magnum fuori dal finestrino. Una fiammata gliela strappò di mano. Sotto di loro gli squali facevano ribollire le acque. Un grasso e stronzo comunista agitava al cielo una testa mozzata.
Capitolo 68 (Guatemala rurale, 18.4.61) La loro camera era adiacente al locale radio. Le ultime notizie sull‟invasione filtravano invadenti dalle pareti. Marcello cercava di dormire. Littell cercava di studiare le leggi sulla deportazione. Kennedy si era rifiutato di ordinare un secondo attacco aereo. I soldati ribelli venivano catturati e massacrati sulle spiagge. — PORCI! PORCI! PORCI! PORCI! PORCI! — scandivano le truppe di riserva. Lo stupido slogan tuonava nel quadrilatero formato dalle caserme. Demenza di destra: una lieve distrazione. Una lieve soddisfazione: il netto aumento del disprezzo nei confronti di John F. Kennedy. Littell guardò Marcello agitarsi nel suo giaciglio. Era nascosto con un caporione mafioso: piuttosto sorprendente. La sua messinscena aveva funzionato. Carlos aveva studiato le colonne dei registri e aveva individuato le proprie
transazioni. La sua gratitudine si era moltiplicata a livello esponenziale. Carlos stava accumulando grossi debiti legali. Carlos doveva la propria salvezza a un ex nemico del crimine ravveduto. Guy Banister aveva chiamato quella mattina. Sosteneva di aver sentito una voce sicura: Bobby Kennedy sapeva che Carlos si stava nascondendo in Guatemala. Bobby aveva fatto pressione a livello diplomatico. Il primo ministro guatemalteco aveva ceduto. Carlos sarebbe stato deportato, “ma non subito”. Un tempo Banister lo chiamava “donnetta”. Ora il suo tono al telefono era quasi deferenziale. Marcello iniziò a russare. Dormiva su una cuccetta dell‟esercito in un pigiama di seta con le proprie iniziali. Littell udì grida e colpi secchi provenire dal capanno accanto. Immaginò la scena: qualcuno calava manate su una scrivania e prendeva a calci oggetti inanimati. “È un fiasco„ / ‟Quel pusillanime indeciso / “Non vuole inviare aerei o navi a bombardare la spiaggia.“ Littell uscì all‟aperto. La truppa creò un nuovo slogan. — KENNEDY, NON TI INCASINARE! KENNEDY, LASCIACI ANDARE!
Vagavano per il quadrilatero. Trangugiavano gin liscio e vodka. Si sparavano pillole e prendevano a calci i vasetti come fossero palloni da calcio. Il bar degli ufficiali era stato saccheggiato. La porta del dispensario era stata ridotta a poltiglia. KENNEDY, LASCIACI ANDARE! KENNEDY, FATTI INCULARE! Littell rientrò e afferrò il telefono appeso al muro. Dodici cifre codificate lo misero direttamente in contatto con la Tiger Kab. — Sì? — rispose una voce maschile. — Stazione dei taxi. — Sto cercando Kemper Boyd. Gli dica che è Ward Littell. — Sì,… Un secondo. Littell si sbottonò la camicia: l‟umidità era tremenda. Carlos borbottò qualcosa nel sonno. Kemper rispose. — Che c‟è, Ward? — Dimmelo tu. Sembri agitato. — C‟è una sommossa nel quartiere cubano, e l‟invasione non sta andando come previsto. Ward, che cosa… — Mi è giunta voce che il governo guatemalteco è sulle tracce di Carlos. Bobby Kennedy sa che è quaggiù. Credo che dovremmo spostarlo di nuovo. — Procedi pure. Prendi in affitto un appartamento alle porte di Guatemala City e richiamami quando hai il numero di
telefono. Ti manderò giù Chuck Rogers e ti farò accompagnare in un luogo più isolato. Ward, ora non posso parlare. Chiamami quando… La linea si interruppe. Circuiti sovraccarichi: piuttosto fastidioso. Piuttosto spassoso: Kemper C. Boyd piuttosto in difficoltà. Littell tornò fuori. Ormai gli slogan erano ben più che piuttosto incazzati. — KENNEDY, SEI UN DISASTRO! KENNEDY, HAI PAURA DI CASTRO!
Capitolo 69 (Miami, 18.4.61) Kemper preparava la droga. Néstor preparava il veleno. Lavoravano su due scrivanie accostate. La stazione dei taxi era tutta per loro. Fulo aveva chiuso la Tiger Kab alle 18 con un ordine preciso: unitevi ai manifestanti e punite i Fidelistos. Kemper e Néstor lavoravano. La loro catena di montaggio letale procedeva con lentezza. Tagliavano una polvere bianca simile a eroina con stricnina e veleno per topi e ne preparavano bustine monodose. La radio a onde corte sputava terribili computi di morte. Hush-Hush era andato alle stampe il giorno prima. Lenny l‟aveva chiamato per avere qualche dettaglio. Il suo articolo descriveva una clamorosa vittoria alla Baia dei Porci. Jack era ancora in grado di strappare un successo con la forza. Le morti per overdose avrebbero infamato Castro. O LA VA O LA SPACCA. Due giorni prima erano penetrati nel covo degli spacciatori: una visita di ricognizione. Avevano trovato duecento sacchetti di eroina nascosti dietro a un pannello del
riscaldamento. Don Juan Pimentel aveva detto la verità. Uccidendolo avevano eliminato l‟unico testimone. Néstor scaldò una dose. Kemper caricò la siringa e provò a premere lo stantuffo. L‟ago spruzzò un liquido latteo. — E credibile — decretò Néstor. — Penso che riuscirà a ingannare i negritos che la compreranno. — Passiamo dal covo. Lo scambio dev‟essere effettuato stanotte. — Sì. E preghiamo che il presidente Kennedy agisca con più decisione. Un temporale aveva costretto i rivoltosi a ritirarsi al coperto. Auto di pattuglia della polizia erano parcheggiate in seconda fila davanti a una buona metà dei locali notturni lungo e attorno alla Flagler. Raggiunsero un telefono pubblico. Néstor compose il numero del covo e udì il segnale di libero. Si trovava a due isolati di distanza. Vi girarono attorno più volte. Si trovava in una via costeggiata da abitazioni della media borghesia cubana: piccole, con davanti praticelli disseminati di giocattoli.
La base dello spaccio era una villetta in stile spagnolo color pesca. Era immersa nel silenzio e pericolosamente buia. Nessuna luce. Nemmeno un‟auto sul vialetto d‟accesso. Nessun bagliore televisivo a illuminare la finestra. Kemper accostò al marciapiede. Non si aprì alcuna porta, non si scostò alcuna tendina. Néstor controllò la valigia. — L‟ingresso di servizio? — Non voglio rischiare di nuovo. L‟altra volta abbiamo quasi fatto saltare la serratura. — E allora come ti aspetti di entrare? Kemper si infilò i guanti. — La porta della cucina ha un passaggio per il cane. Ti chini, fai passare il braccio e apri dall‟interno. — Un passaggio per il cane significa che c‟è un cane. — L‟altra volta non c‟era. — L‟altra volta non significa stavolta. — Fulo e Teo hanno tenuto la casa sotto sorveglianza. Sono sicuri che non ci siano cani. Néstor inserì le mani nei guanti. — D‟accordo. Percorsero a piedi il vialetto. Kemper teneva d‟occhio la strada. Una coltre di basse nubi temporalesche offriva una maggior copertura. Il passaggio era perfetto per grossi cani e uomini piccoli.
Néstor si chinò e scivolò all‟interno. Kemper si sistemó i guanti sulle dita. Néstor aprì la porta dall‟interno. Se la richiusero alle spalle. Si tolsero le scarpe. Attraversarono la cucina verso il pannello del riscaldamento. Tre passi in avanti, quattro verso destra: Kemper aveva preso nota delle distanze. Néstor reggeva la torcia elettrica. Kemper rimosse il pannello. I sacchetti di roba erano nello stesso nascondiglio. Néstor li ricontò. Kemper aprì la valigia e ne estrasse la Polaroid. — Duecento — disse Néstor. — Kemper scattò un primo piano del mucchio. Attesero. La fotografia venne espulsa dall‟apparecchio. Kemper l‟attaccò al muro e vi puntò sopra il raggio della torcia. Néstor procedette alla sostituzione. Riprodusse l‟esatta disposizione dei sacchetti fino all‟ultima piega della plastica. Sul pavimento si era formata una chiazza di sudore. Kemper l‟asciugò con uno strofinaccio. — Chiamiamo Pete per sapere come procedono le cose — propose Néstor. — Non possiamo farci nulla — disse Kemper.
“Jack, ti prego”… Tornati in auto, decisero di tenere d‟occhio la villetta fino all‟alba. I residenti della zona parcheggiavano sulla strada: l‟Impala di Néstor non avrebbe dato nell‟occhio. Abbassarono gli schienali e tennero gli occhi aperti. Kemper prese a fantasticare sui diversi modi in cui Jack avrebbe Salvato la Faccia. “Vi prego, tornate a casa e ritirate la roba. Vi prego, spacciatela rapidamente e confermate la propaganda appena sfornata dalle rotative.” Néstor sonnecchiava. Kemper fantasticava sugli eroismi della Baia dei Porci. Un‟auto si immise sul vialetto d‟accesso. Lo sbattere delle portiere svegliò Néstor di soprassalto. Kemper gli tappò la bocca. — Ssssh, guarda. Due uomini entrarono nella villetta. Le luci dell‟interno illuminavano la soglia. Kemper li riconobbe. Agitatori castristi e spacciatori a tempo perso. Néstor indicò l‟auto. — Hanno lasciato il motore acceso. Kemper non distolse lo sguardo dalla porta. I due uomini se la richiusero alle spalle e si incamminarono verso l‟auto
trasportando una grossa ventiquattrore. Néstor abbassò il finestrino di uno spiraglio. Kemper afferrò qualche parola in spagnolo. Néstor tradusse. — Vanno a venderla in un locale notturno. I due uomini risalirono sull‟auto. Kemper vide chiaramente i loro volti alla luce dell‟abitacolo. Il conducente aprì la valigetta. Il suo complice forò un sacchetto e diede una sniffata. E tremò. E si dimenò. E si contorse. RIPRENDILA. ORA NON LA VENDERANNO PIÙ. Kemper si proiettò fuori dall‟auto e si lanciò sul vialetto. Tirò fuori il cannone e si lanciò all‟attacco dell‟auto. In preda alle convulsioni da overdose, il cubano sfondò con un calcio il parabrezza. Kemper prese di mira il conducente. Dimenandosi, l‟altro si mise di mezzo. Il conducente estrasse una pistola a canna mozza e fece fuoco. Kemper rispose deciso. Néstor lo raggiunse sparando: due proiettili mandarono in frantumi un finestrino e sfondarono con un sibilo il tettuccio dell‟auto. Kemper venne colpito. Il volto dell‟uomo in preda alle convulsioni esplose sotto una pioggia di proiettili di rimbalzo.
Néstor colpì il conducente alla schiena e lo gettò contro il clacson dell‟auto, che iniziò a muggire a un volume ASSORDANTE. Kemper sparò al conducente in piena faccia. Gli occhiali andarono in frantumi, strappando di‟ netto il ciuffo del parrucchino. Il clacson non smetteva di barrire. Néstor scaricò una raffica di colpi contro il volante, strappandolo dal piantone dello sterzo. Lo stronzo prese a suonare PIÙ FORTE. Kemper vide che la clavicola gli spuntava da uno squarcio della camicia. Barcollò lungo il vialetto asciugandosi gli occhi dal sangue di qualcuno. Néstor lo raggiunse e lo portò in spalla fino all‟auto. Kemper udì il clacson. Kemper vide una folla di curiosi sul marciapiede. Kemper scorse alcuni teppistelli piombare sull‟auto della morte e rubare la ventiquattrore. Kemper gridò. Néstor gli cacciò sotto il naso una dose di ero. Ebbe l‟impulso di vomitare. Starnutì. Il cuore gli andò su di giri e prese a ronfare contento. Sputò sangue rosso vivo. Néstor partì in quarta. I curiosi corsero ai ripari. Quello strano osso spuntava tremante formando un angolo assurdo.
Documento: 19.4.61. Titolo del Des Moines Begister: L‟INVASIONE FALLITA AVEVA SOSTENITORI INTERNI. Documento: 19.4.61. Titolo del Los Angeles HeraldExpress: I LEADER STRANIERI CONDANNANO L‟INTERVENTO ILLEGALE“. Documento: 20.4.61. Titolo del Dallas Morning News: KENNEDY ATTACCATO PER LA SUA “AVVENTATA PROVOCAZIONE”. Documento: 20.4.61. Titolo e sottotitolo del San Francisco Chronicle: IL FIASCO ALLA BAIA DEI PORCI SUSCITA LE CRITICHE DEGLI ALLEATI. Castro festeggia l’enorme numero di vittime fra i ribelli. Documento: 20.4.61. Titolo e sottotitolo del Chicago Tribune: KENNEDY DIFENDE LO SBARCO ALLA BAIA DEI PORCI. Il biasimo del mondo mina il prestigio del presidente.
Documento: 21.4.61. Titolo e sottotitolo del Cleveland Plain Dealer: LA CIA SOTTO ACCUSA PER IL FIASCO ALLA BAIA DEI PORCI. I leader degli esuli cubani accusano Kennedy di codardia. Documento: 22.4.61. Titolo e sottotitolo del Miami Herald: KENNEDY “UN SECONDO ATTACCO AEREO AVREBBE POTUTO SCATENARE LA TERZA GUERRA MONDIALE“. La comunità degli esuli onora i suoi eroi caduti e fatti prigionieri. Documento: 23.4.61. Titolo e sottotitolo del New York Journal-American: KENNEDY DIFENDE LA BAIA DEI PORCI. I leader della sinistra attaccano l’“aggressione imperialista”. Documento: 24.4.61. Articolo del periodico Hush-Hush scritto da Lenny Sands con lo pseudonimo di Impareggiabile sapientone politico. CACCIATO CASTRO, IL CODARDO CASTRATO! I rossi in ritirata ricorrono alla vendetta!
Il suo spietato regno rosso è durato due demoniaci anni. Potete gridarlo ai quattro venti: Fidel Castro, il barbuto bardo beatnik dai bamboleggiamenti bambineschi è stato decisamente e drammaticamente deposto la scorsa settimana da un contingente di coraggiosi combattenti decisi a vendicarsi delle violenze del Recidivo Rosso. Chiamatelo pure il D-Day del „61, gattoni e gattine. Ribattezzate la Baia dei Porci la Cartagine dei Caraibi, e Playa Giron il Partenone patriottico. E Castro pensatelo debilitato e depilato: si dice che si sia rasato per evitare il riconoscimento e la rabbia dei ribelli! Fidel Castro, il Sansone scacciato del sessantuno! Le sue Dalila: eroi cubani calientemente coccolati dalle stelle e dalle strisce! Castro e le sue malate macchinazioni: sconfitta sicura. Ma le maldestre manovre del Mostro minano moralmente Miami! Udite udite: Fidel Castro brama mucchi di banconote per finanziare la fuga e i futuri deliri! Udite udite: Fidel Castro ha codardamente condannato l‟eminentemente egualitaria politica razziale americana, rimproverando rudemente i nostri governanti per le loro nauseanti negligenze nei confronti dei neri. Udite udite: come sopra suggerito, Fidel Castro e il suo fosco fratello Raul vendono dannosissima droga a Miami.
Udite udite: mentre la Baia dei Porci diventava la debacle del dittatore, i miserabili miscredenti agli ordini del mendace mastino hanno minato i quartieri neri di Miami con eroina avvelenata! Schiere di strafatti neri si sono iniettati i criminali cocktail comunisti e sono schiattati fra scandalose sofferenze! Udite udite: questo numero è stato mandato in stampa con la massima urgenza, per non lesinare alla legione dei lettori la prevista parata di piatti forti su Playa Giron. Per questo non possiamo darvi i dettagli della straziante strage di cui sopra, né altri dolorosi dati sui morti. Tali informazioni appariranno sui fantastici fascicoli di prossima uscita, in coraggiosa congiunzione con uno straordinario servizio: “Risultati della Repubblica delle Banane: chi è rosso e chi è rotto?“. Adios, cari lettori. Festeggeremo insieme con un bel Cuba Libre la dolorosa liberazione dell‟Avana. Documento: 1.5.61. Messaggio personale da J. Edgar Hoover a Howard Hughes. Caro Howard, è evidente che in questi ultimi tempi non ti occupi molto di Hush-Hush. Se darai un‟occhiata al numero del 24 aprile, ti accorgerai che è andato in stampa nella migliore delle ipotesi in
modo precipitoso, e nella peggiore con colpevole negligenza o in seguito a chissà quale progetto criminale. Forse L. Sands era in grado di prevedere eventi impossibili a predirsi? Il suo articolo parla di un certo numero di neri di Miami morti per overdose di eroina, laddove invece il mio contatto nel dipartimento di polizia nega che tali fatti si siano verificati. Tuttavia nove adolescenti cubani sono morti a causa di dosi di eroina avvelenata. Il mio contatto mi ha informato che il 18 aprile due giovani cubani avevano rubato una valigetta contenente grosse quantità di eroina tagliata da un‟auto i cui due occupanti, entrambi cubani, erano stati uccisi in una sparatoria, e mi ha chiesto spiegazioni sul profetico (sebbene storicisticamente impreciso) articolo comparso su Hush-Hush. Gli ho risposto che si trattava di una delle strane coincidenze della vita, e la mia spiegazione è parso soddisfarlo. Ti consiglio di avvertire il signor Sands di controllare i fatti di cui scrive. Hush-Hush non deve ridursi a pubblicare fantascienza, a patto che ciò non sia di comune interesse. I miei migliori ossequi, Edgar Documento: 8.5.61. Articolo pubblicato dal Miami Herald: IL PRESIDENTE CONVOCA UN GRUPPO DI ESPERTI
PER STUDIARE IL FIASCO DELLA BAIA DEI PORCI. Definendo “un‟amara lezione” la fallita invasione dei ribelli cubani presso la Baia dei Porci, il presidente Kennedy ha dichiarato oggi di voler far tesoro dell‟esperienza. Il presidente ha confidato in modo informale ad alcuni giornalisti di aver organizzato un gruppo di studio allo scopo di indagare sui motivi del fallimento e di affrontare i problemi dei rapporti fra Stati Uniti e Cuba alla luce di quello che egli ha definito “un episodio catastroficamente spiacevole”. Il gruppo di studio interrogherà i sopravvissuti all‟invasione evacuati dall‟isola, il personale della CIA coinvolto nella pianificazione dell‟attacco e i portavoce delle numerosissime organizzazioni anticastriste che in questo periodo stanno prosperando in Florida. Il consesso di esperti comprenderà l‟ammiraglio Arleigh Burke e il generale Maxwell Taylor. Lo presiederà il ministro della Giustizia, Robert F. Kennedy. Documento: 10.5.61. Messaggio personale da Robert F. Kennedy a Kemper Boyd. Caro Kemper, detesto oberare di lavoro un ferito, ma conosco le tue capacità di recupero, so che stai meglio e che non vedi l‟ora di
riprendere il lavoro per il Dipartimento di Giustizia. Mi sento in colpa per averti mandato allo sbaraglio: grazie a Dio stai guarendo. Ho un altro incarico pronto per te, geograficamente perfetto per la tua attività di Anniston e le tue occasionali incursioni a Miami per conto di Hoover. Il presidente ha formato un gruppo di esperti per studiare il disastro della Baia dei Porci e la questione cubana in generale. Incontreremo i responsabili della CIA, gli agenti del posto, i superstiti dell‟invasione e i rappresentanti delle numerose fazioni anticastriste, appoggiate o meno dalla CIA. Io sono il presidente della Commissione, e voglio che tu mi faccia da uomo di testa e collegamento con il contingente CIA di Miami e i relativi cubani da esso gestiti. Credo che tu sia perfetto per un lavoro del genere, nonostante la tua valutazione preinvasione si sia rivelata alquanto inesatta. Sappi che né il presidente né io ti diamo la colpa per il fallimento dell‟invasione. Per quanto ne ho capito fino a questo punto, credo che la responsabilità sia da imputare all‟eccesso di zelo di certi esponenti della CIA, alla mancanza di misure di sicurezza e a una notevole sopravvalutazione del malcontento all‟interno di Cuba. Goditi un‟altra settimana di riposo a Miami. Il presidente ti invia i suoi migliori auguri. Troviamo entrambi estremamente
ironico che un uomo di quarantacinque anni che ha passato tutta la vita a corteggiare il pericolo venga colpito da un proiettile vagante durante una sommossa razziale. Guarisci e chiamami la settimana prossima. Bob Documento: 11.5.61. Memorandum trasmessi dal direttore dell‟FBI J. Edgar Hoover agli agenti speciali responsabili degli uffici di New York, Los Angeles, Miami, Boston, Dallas, Tampa, Chicago e Cleveland. Contrassegnati: “Confidenziali 1A”/“DISTRUGGERE AL RICEVIMENTO”. Signor…, il suo nome è stato cancellato da questa comunicazione per ragioni di sicurezza. Consideri queste righe top-secret e faccia rapporto direttamente al sottoscritto una volta eseguito l‟ordine che segue. Incarichi gli agenti più fidati della sua squadra contro il crimine organizzato di accelerare l‟installazione di spie elettroniche e microfoni nei luoghi di ritrovo della mafia. La consideri una priorità assoluta. Non comunichi le informazioni ottenute usando i canali del Dipartimento di Giustizia. Fornisca tutti i rapporti orali e scritti solo e soltanto a me. Consideri questa operazione come riservata al Bureau e indipendente
dagli ordini del Dipartimento di Giustizia.
JEH
Documento: 27.5.61. Dalla rubrica “Osservatorio sul crimine” dell‟Orlando Sentinel. LA STRANA ODISSEA DI CARLOS MARCELLO. Nessuno sembra sapere dove sia nato. Pare ormai accertato che il (presunto) boss mafioso Carlos Marcello sia originario di Tunisi, nel Nordafrica, o del Guatemala. Ma i primi ricordi di Marcello non appartengono ad alcuno dei due luoghi. Si riferiscono piuttosto alla sua patria adottiva, gli Stati Uniti d‟America, il paese da cui il ministro della Giustizia Robert F. Kennedy l‟ha deportato il 4 aprile di quest‟anno. Carlos Marcello, un uomo senza patria. A sentire Marcello, la Guardia di frontiera statunitense l‟aveva letteralmente rapito da New Orleans, depositandolo nei pressi di Guatemala City. Marcello racconta di essere eroicamente fuggito dall‟aeroporto e di essersi nascosto in “diversi postacci guatemaltechi” in compagnia di un legale incaricato a farlo tornare a casa, al focolare domestico e ai (presunti) 300 milioni di dollari annui del suo impero criminale. Nel frattempo, Robert F. Kennedy si è scatenato alla ricerca del (presunto) boss seguendo una serie di segnalazioni
anonime che lo localizzavano in numerose località della Louisiana. Ma le soffiate non davano alcun risultato, e presto Kennedy si è reso conto che Marcello si nascondeva in Guatemala, con la protezione del governo locale, fin dal giorno della sua “eroica fuga”. Kennedy ha esercitato qualche pressione di carattere diplomatico. Il primo ministro guatemalteco ha ceduto e ha ordinato alla polizia di Stato di mettersi alla ricerca di Marcello. Il (presunto) sultano della mafia e il suo legale sono stati rintracciati in un appartamento che avevano affittato nei pressi di Guatemala City. Entrambi sono stati immediatamente condotti nel Salvador. Hanno proceduto a piedi di villaggio in villaggio, mangiando in malfamate “cantinas” e dormendo in capanne di fango. L‟avvocato ha cercato di mettersi in contatto con un luogotenente di Marcello, un pilota che avrebbe potuto portarli in località più piacevoli, ma non è riuscito a trovarlo; e così Marcello e il suo compagno di sventure, temendo un‟ennesima deportazione, hanno proseguito il loro cammino. Nel frattempo, Robert F. Kennedy e i legali del Dipartimento di Giustizia preparavano la documentazione per
le pratiche ufficiali. L‟avvocato di Marcello ha approntato la sua, trasmettendola per via telefonica allo studio legale newyorkese del (presunto) pascià mafioso. L‟amico pilota è ricomparso dal nulla e (secondo una nostra fonte attendibile) ha accompagnato i suoi compari dal Salvador a Matamoros, nel Messico, volando a bassa quota per sfuggire ai radar. Dal Messico, Marcello e il suo avvocato hanno varcato il confine con gli Stati Uniti. Il (presunto) maragià mafioso si è costituito presso il Centro di detenzione della Guardia di frontiera di McAllen, nel Texas, sicuro che una commissione di appello gli avrebbe concesso la libertà su cauzione e quindi la permanenza sul suolo americano. La sua sicurezza era fondata. La scorsa settimana Marcello è stato rilasciato: ora è un uomo libero, sebbene perseguitato dal terribile spettro dell‟apolidia. Un membro del Dipartimento di Giustizia ci ha confidato che la pratica di deportazione di Carlos Marcello potrebbe a questo punto protrarsi per anni. Quando gli è stato chiesto se considerasse possibile il raggiungimento di un compromesso legale, il ministro della Giustizia Kennedy si è così espresso: “Sì, è possibile, sempre che Marcello rinunci alle sue ricchezze e accetti di trasferirsi in Russia o nel Basso Mozambico“. E così la strana odissea di Carlos Marcello continua…
Documento: 30.5.61. Messaggio personale da Kemper Boyd a John Stanton. John, grazie per il gin e il salmone affumicato. Si sono rivelati decisamente superiori al menu ospedaliero, e sono stati molto apprezzati. Dal 12 del mese mi trovo ad Anniston. Fratello Minore non ha alcuna considerazione per il concetto di convalescenza, e così eccomi a indagare sui diritti civili e a raccogliere testimonianze per il suo “Gruppo di studio” su Cuba. (Dobbiamo ringraziare N. Chasco per avermi registrato in ospedale senza che la polizia lo venisse a sapere. Néstor è bravissimo a corrompere medici bilingui.) I compiti del Gruppo di studio mi preoccupano. Ho a che fare con la Causa fin dall‟inizio dei giochi, e basterebbe che a qualcuno sfuggisse una sola parola per rovinare la mia posizione nei confronti di entrambi i fratelli, provocare la mia espulsione dall‟Ordine degli avvocati e impedirmi di ottenere qualsiasi incarico nelle forze dell‟ordine o nelle agenzie di spionaggio. Ciò detto, sappi che sto deliberatamente selezionando esuli cubani che non ho mai incontrato e che sono ignari della mia posizione di agente a contratto. Sto anche passando al setaccio le loro deposizioni per dipingere il lavoro
di pianificazione dell‟Agenzia nella miglior luce possibile. Come sai, Fratello Maggiore ha assunto una decisa posizione anti CIA. Fratello Minore condivide il suo fervore, ma sta anche dimostrando un sincero entusiasmo per la Causa. La cosa mi rincuora, sebbene debba ancora una volta insistere sull‟assoluta necessità di nascondergli ogni legame fra l‟Agenzia, gli esuli e l‟Organizzazione, compito sempre più problematico, vista la prossimità alla Causa di Fratello Minore. Ho intenzione di assentarmi dal lavoro per l‟Agenzia e concentrarmi sui due incarichi per il Dipartimento di Giustizia. Credo di poter servire al meglio l‟Agenzia svolgendo un ruolo di collegamento con Fratello Minore. Con la questione cubana al centro di una profonda rivalutazione politica, restando più vicino a chi decide riuscirò a servire meglio la Causa. L‟attività della nostra squadra continua a dare ottimi frutti. Confido nell‟abilità di Fulo e Néstor perché prosegua in questo senso. Santos mi informa che i nostri colleghi italiani continueranno a elargire consistenti donazioni. Playa Giron ha dato a tutti un assaggio di ciò che potrebbe accadere. Nessuno vuole più fermarsi, a questo punto. Non sarebbe tutto molto più semplice se Fratello Minore non odiasse così profondamente gli italiani?
Capitolo 70 (Miami. Blessington, 6.61 11.61) Su una parete della stazione avevano appeso un tiro a segno. I taxisti vi attaccavano ritratti di Fidel Castro e li facevano a pezzi a furia di frecciate. Pete aveva i suoi obiettivi privati. Come Ward Littell. Era diventato il cocco di Carlos Marcello: culo e camicia con la mafia, intoccabile. Come Howard Hughes, il suo ex datore di lavoro e benefattore. Hughes l‟aveva licenziato. Lenny Sands sosteneva che fosse colpa dei mormoni. Ma il fiasco di Hush-Hush aveva dato il suo contributo. Quando era uscito il numero, Boyd era all‟ospedale, fatto di morfina. Non poteva chiamare Lenny e ordinargli di fermare le rotative. Lenny si era dato alla macchia con un ragazzino. Non sapeva nemmeno che l‟invasione fosse andata a puttane. Dracula adorava i suoi mormoni. Il capo dei mormoni, Duane Spurgeon, si era procurato qualche buon contatto per la roba. Dracula poteva ormai volare con le linee aeree Narco
senza che fosse Pete Bondurant a procurargli il biglietto. Le buone notizie: Spurgeon aveva il cancro. Le cattive notizie: Hughes aveva affondato Hush-Hush. L‟articolo sulla Baia dei Porci e sull‟ero avvelenata aveva scatenato un polverone tremendo. Hughes continuava a pagare Lenny perché gli scrivesse un foglio scandalistico privato. Avrebbe pubblicato fango troppo denso per poter diventare di dominio pubblico. Sarebbe stato letto soltanto da due appassionati fangofili: Dracula e J. Edgar Hoover. Dracula pagava Lenny 500 cocuzze la settimana. Dracula telefonava a Lenny ogni benedetta sera. Lenny ne aveva le tasche piene di Dracula e dei suoi sogni notturni sulla conquista di Las Vegas. Ma Hughes e Littell erano puri e semplici preliminari per le sue freccette. Il vero obiettivo era il presidente John F. Kennedy. Il quale aveva blaterato, giocherellato, balbettato finché non si era ritirato rovinando la Baia dei Porci. Il quale si era cacato addosso come un coglione lasciando Cuba ai comunisti. Il quale aveva scansato e svicolato mentre undici uomini di Blessington venivano sterminati. Era stato lui a regalare a Jack lo scandalo Hughes-Nixon. Era stato lui a firmare l‟ipoteca del succhiacazzi sulla Casa
Bianca. La percentuale Boyd-Bondurant nelle case da gioco cubane: più o meno au courant quanto Dick Nixon il Viscido. L‟Agenzia insisteva a donare esuli fanatici. I motoscafi continuavano a fare incursioni lungo le coste cubane. Erano dispetti da ragazzini, scorregge nel mezzo di una tempesta. Jack definiva “possibile” una seconda invasione. Ma non forniva una data, né andava al di là di una vaga retorica. Jack è un cacasotto. Jack è un frocio, una fighetta, un fanfarone. Blessington era ancora pieno fino all‟orlo. L‟attività collaterale della squadra scelta andava a gonfie vele. Fulo aveva corrotto i testimoni della sparatoria in cui era stato ferito Boyd: quaranta persone avevano ricevuto consistenti bustarelle. Néstor aveva salvato la vita a Boyd. Néstor non conosceva la paura. Néstor tornava in gran segreto all‟Avana una volta la settimana, nella vaga speranza di incontrare il Barbuto. Wilfredo Delsol dirigeva la stazione dei taxi. Il ragazzo aveva messo la testa a posto. La sua danza castrista si era rivelata non più di un giro di tango. Di quando in quando Jimmy Hoffa faceva capolino alla Tiger Kab. Jimmy odiava i Kennedy come nessun altro al mondo, e ne aveva ben donde. Bobby K. lo faceva ballare a piacimento: il Blues
delibazione di disturbo“ e del “gran giurì”. Jimmy aveva un prurito al culo di dimensioni cosmiche… che si manifestava in un‟acuta nostalgia per le intercettazioni a casa di Darleen Shoftel. — Potremmo rifarlo — ripeteva. — Potrei neutralizzare Bobby colpendo Jack. Sono sicuro che la topa gli piaccia ancora. Jimmy insisteva. Jimmy dava voce all‟odio condiviso dall‟intera Organizzazione. — Rimpiango il giorno in cui gli ho comprato l‟Illinois — diceva Sam G. — Jack piaceva a Kemper Boyd — aggiungeva Heshie Ryskind — e noi gli abbiamo dato fiducia. Boyd faceva ormai il triplo o quadruplo gioco. Boyd si definiva malato d‟insonnia. Boyd diceva che organizzare le sue menzogne gli impediva di dormire. Boyd era il collegamento con il Gruppo di studio su Cuba. Boyd era in vacanza dal suo lavoro con la squadra scelta: uno stratagemma per semplificarsi l‟esistenza. Boyd rimpinzava Bobby di fandonie pro-CIA. Boyd passava alla CIA i segreti del Gruppo di studio. Boyd faceva pressioni su Bobby e Jack. Boyd insisteva perché facessero assassinare Castro e approvassero una seconda invasione.
I fratelli rifiutavano. Boyd definiva Bobby più favorevole alla Causa di Jack: ma era un appoggio ambiguo e parziale. Niente seconda invasione, diceva Jack. E si rifiutava di approvare l‟eliminazione del Barbuto. Il Gruppo di studio se n‟era uscito con un programma alternativo, chiamato Operazione Mangusta. Era un piano imbottito di deliziose terminologie a lungo raggio. Riprendiamoci Cuba entro la fine del secolo. Questi sono 50 milioni di dollari l‟anno: prendi, CIA, prendi! L‟Operazione Mangusta aveva dato origine a JM/Wave. JM/Wave era il delizioso nome in codice di sei edifici nel complesso della Miami University: laboratori superattrezzati per aggiornatissimi studi segreti. JM/Wave era l‟università dei buffoni. Prendi, CIA, prendi. Tieni d‟occhio i tuoi gruppi di esuli, ma non entrare in azione: potrebbe mandare a puttane l‟indice di gradimento di Jack il Capelluto. Boyd amava ancora Jack. Era troppo coinvolto per poter vedere la realtà. Boyd diceva di apprezzare il suo lavoro per i diritti civili, proprio perché non comportava alcun sotterfugio. Boyd non riusciva a dormire. Sei fortunato, Kemper: non hai idea di cosa siano i miei incubi claustrofobici.
Capitolo 71 (Washington, 6.61 11.61) Amava il suo ufficio. Gliel‟aveva regalato Carlos Marcello. Era una spaziosa suite di tre locali. L‟edificio si trovava a due passi dalla Casa Bianca. L‟aveva arredato un architetto. Le pareti rivestite di quercia e pelle verde erano quasi paragonabili a quelle dello studio di Jules Schiffrin. Non aveva centraliniste né segretarie. Carlos preferiva non condividere i segreti. Carlos l‟aveva comprato armi e bagagli. L‟ex Fantasma di Chicago era diventato un avvocato della mafia. La simmetria era reale. Si era unito a un uomo che condivideva i suoi odi. Kemper aveva facilitato l‟unione. Sapeva fin da subito che avrebbe funzionato. John F. Kennedy aveva fatto compiere a Kemper un giro completo. Erano entrambi uomini affascinanti ma superficiali, mai del tutto cresciuti. Kennedy aveva scatenato una banda di criminali contro un paese straniero per poi scaricarla non appena aveva visto come si mettevano le cose. Kemper
proteggeva i diritti civili di certi neri mentre ad altri vendeva eroina. Carlos Marcello conduceva lo stesso gioco sporco. Carlos usava il prossimo, ma si sincerava che le regole fossero chiare. Carlos sapeva che avrebbe pagato per la sua vita con la dannazione eterna. Avevano camminato insieme per centinaia di chilometri. Erano stati a messa nei villaggi nel mezzo della giungla e avevano versato decime esorbitanti. Avevano camminato da soli. Nessuna guardia del corpo o lacchè li aveva scortati. Avevano mangiato in luride cantinas. Avevano offerto il pranzo a interi villaggi. Lui aveva preso appunti su tavolacci e li aveva trasmessi a New York per telefono. Chuck Rogers li aveva accompagnati in Messico. — Mi fido di te, Ward — aveva detto Carlos. — Se mi consigli di costituirmi, lo farò. Aveva meritato la fiducia di Carlos. Tre giudici avevano studiato la documentazione di Marcello e avevano deciso di rilasciarlo su cauzione. L‟audace e brillante lavoro di Littell aveva suscitato commenti ammirati. In segno di gratitudine, Carlos gli aveva presentato James Riddle Hoffa. Jimmy era ben disposto nei suoi confronti: Carlos gli aveva restituito i registri del Fondo pensioni
spiegandogli le circostanze del loro recupero. Hoffa era diventato il suo secondo cliente. Robert Kennedy era rimasto il suo solo e unico avversario. Stendeva istruzioni scritte per i difensori d‟ufficio di Hoffa. I risultati confermavano la sua bravura. Luglio „61: Hoffa viene prosciolto da un secondo capo d‟accusa per l‟affare Sun Valley. Littell dimostra che il gran giurì è stato istituito in modo irregolare. Agosto „61: a un gran giurì della Florida vengono tagliate le gambe. La documentazione fornita da Littell dimostra che le prove sono state ottenute con l‟inganno. Aveva compiuto un giro completo. Aveva smesso di bere. Aveva affittato uno splendido appartamento a Georgetown ed era finalmente riuscito a decifrare l‟ultimo codice del Fondo pensioni. Numeri e lettere erano divenuti parole. Le parole avevano formato nomi, da rintracciare nei dossier di polizia, negli elenchi municipali e in ogni registro finanziario di pubblico dominio. Si era dedicato a quei nomi per quattro mesi filati. Si era messo sulle tracce di personaggi famosi, uomini politici, criminali e gente comune. Aveva spulciato i necrologi e i registri penali. Aveva controllato quattro volte nomi, date e cifre,
collegando fra loro i dati salienti. I nominativi l‟avevano condotto ai numeri, che a loro volta l‟avevano fatto giungere a certi rendiconti azionari. Aveva trascritto nomi e cifre nel suo portafoglio investimenti personale, raccogliendo una strabiliante storia segreta di collusioni finanziarie. Fra chi aveva usufruito di prestiti da parte del Fondo pensioni degli Stati centrali dei Teamster c‟erano: ventiquattro senatori, nove governatori, centoquattordici membri del Congresso, Allen Dulles, Rafael Trujillo, Fulgencio Batista, Anastasio Somoza, Juan Peron, premi Nobel per la scienza, stelle del cinema tossicodipendenti, strozzini, sindacalisti corrotti, padroni nemici del sindacato, membri del jet set di Palm Beach, imprenditori d‟assalto, estremisti di destra francesi con consistenti interessi in Algeria e sessantasei famiglie delle vittime di omicidi insoluti che con ogni probabilità non avevano restituito il dovuto. Il maggior prestatore e fonte di liquidi: Joseph P. Kennedy Senior. Jules Schiffrin era morto all‟improvviso. Forse aveva immaginato potenzialità assurde per il Fondo: macchinazioni che andavano ben oltre il livello dei comuni mafiosi. Lui avrebbe potuto mettere in pratica l‟intuizione di Schiffrin.
Avrebbe potuto concentrare la forza della sua volontà su quell‟unico obiettivo. Cinque mesi di sobrietà assoluta gli avevano insegnato una cosa: Sei capace di tutto.
Parte Quarta
EROINA Dicembre 1961, Settembre 1963
Capitolo 72 (Miami, 20.12.61) I ragazzi dell‟Agenzia la chiamavano “Università dell‟abbronzatura”. Fanciulle in pantaloncini e canottiera cinque giorni prima di Natale… ed era vero. Big Pete vuole una donna. Esperienza nel campo dell‟estorsione preferibile ma non… — Mi stai ascoltando? — chiese Boyd. — Certo — rispose Pete — e sto anche osservando. È una bella gita, ma le studentesse mi stanno facendo più impressione di JM/Wave. Presero una scorciatoia fra due edifici. La stazione operativa era posizionata diagonalmente rispetto alla palestra femminile. — Pete, mi stai… — Stavi dicendo che Fulo e Néstor potrebbero occuparsi da soli della squadra scelta. Stavi dicendo che Lockhart ha lasciato l‟Agenzia per fondare una sua cellula del Klan nel Mississippi e fare l‟informatore dei federali. Chuck prenderà il suo posto a Blessington, mentre il mio nuovo
compito è far arrivare le armi a Guy Banister. Lockhart ha qualche contatto che posso sfruttare e Guy si sta coccolando un certo Joe Milteer, il quale a sua volta è collegato ad alcuni esponenti della John Birch Society e dei Minutemen. Hanno una montagna di soldi, e Milteer ne lascerà un bel mucchietto alla stazione dei taxi. Imboccarono un sentiero ombreggiato e si sedettero su una panchina al riparo dal sole. Pete stirò le gambe e cominciò a fissare la palestra. — Hai un‟ottima memoria, per essere così annoiato. Pete sbadigliò. — JM/Wave e l‟Operazione Mangusta sono f una gran noia. Il mordi e fuggi lungo le coste cubane, il traffico d‟armi e la sorveglianza dei gruppi di esuli mi fanno russare. — Descrivimi il tuo piano ideale. Pete si accese una sigaretta. — Dovremmo far fuori Fidel. Lo voglio io, lo vuoi tu. Gli unici che non ci stanno sono i tuoi amichetti Jack e Bobby. Boyd sorrise. — Sto iniziando a pensare che dovremmo farlo comunque. Se riuscissimo a trovare un capro espiatorio, la responsabilità dell‟assassinio potrebbe non ricadere mai sull‟Agenzia o su di noi. — Jack e Bobby crederebbero di avere avuto fortuna. Boyd annuì. — Dovrei parlarne a Santos.
— L‟ho già fatto io. — Gli è piaciuta l‟idea? — Gli è piaciuta, e l‟ha proposta a Johnny Rosselli e Sam G., che hanno subito detto di voler essere della partita. Boyd si massaggiò la clavicola. — E così sei già riuscito a raggiungere il quorum… — Non esattamente. L‟idea è piaciuta, ma a quanto sembra hanno bisogno di una spintarella in più. — Forse dovremmo incaricare Ward Littell di fare qualche proposta scritta. È di certo il più ascoltato del momento. — Intendi dire che apprezzi il modo in cui ha incantato Carlos e Jimmy. — E tu no? Pete cominciò a fare anelli di fumo. — So apprezzare un ritorno spettacolare, ma, giunto a Littell, passo la mano. Stai sorridendo perché quella fighetta del tuo fratellastro ha finalmente iniziato a dimostrare un‟ombra di competenza. Un gruppo di studentesse li superò. Big Pete vuole una… — Ora è dalla nostra parte, ricordi? — riprese Boyd. — Ricordo, sì. E ricordo che un tempo lo era anche il tuo amico Jack. — Lo è ancora. E ascolta Bobby più di chiunque altro, e Bobby si sta schierando sempre più decisamente a favore della Causa.
Pete formò una serie di perfetti anelli concentrici. — Buono a sapersi. Forse significa che quando quello stronzo di Bobby sarà eletto presidente riusciremo a mettere le mani sulle nostre percentuali nei casinò. Boyd sembrava distratto. Forse era l‟effetto della sparatoria: a volte traumi di quel genere ti incasinavano a lungo. — Kemper, mi stai ascol… Boyd lo interruppe. — Stavi sparando insulti generici ai danni dei Kennedy. Eri sul punto di insultare il presidente, nonostante rimanga la nostra arma migliore per giungere a quelle percentuali, e sebbene il disastro della Baia dei Porci sia stato causato principalmente dall‟impreparazione generale della CIA e non dalla codardia di Kennedy. Pete lanciò un grido ironico e calò una gran manata sulla panchina. — Avrei dovuto pensarci bene prima di maltrattare i tuoi amici. — “Amico”, al singolare. — Scusami tanto, sebbene non riesca a capire cosa cazzo ci sia di tanto eccitante nel leccare il culo al presidente degli Stati Uniti. Boyd si aprì in un gran sorriso. — Sono i luoghi in cui ti manda. — Come Meridian nel Mississippi, dove stai proteggendo i negri?
— Ormai ho sangue nero nelle vene. Al Saint Augustine mi hanno fatto una trasfusione per gentile concessione di un uomo di colore. Pete scoppiò a ridere. — Quello che hai è il “complesso del padrone bianco“. Hai i tuoi negri e i tuoi cubani, e ti sei fatto questa assurda idea di essere il loro salvatore aristocratico del Sud. — Hai finito? — chiese Boyd. Pete distolse lo sguardo da una brunetta slanciata. — Sì, ho finito. — Hai voglia di parlare seriamente dell‟eliminazione di Fidel? Pete lanciò la sigaretta contro un albero. — L‟unico mio contributo serio è il seguente: “Facciamolo fare a Néstor”. — Stavo pensando a Néstor e a due cecchini di appoggio sacrificabili. — Dove li troviamo? — Guardandoci in giro. Tu recluti due coppie, io ne trovo una. Néstor entra in azione con i due finalisti, succeda quel che succeda. — Procediamo — disse Pete. Dougie Frank Lockhart era in collegamento con tutto il
Sud di estrema destra. Chi cercava armi sapeva quale numero comporre: quello di Dougie Pel di Carota a Puckett, Mississippi. Santos e Carlos avevano messo 50.000 cocuzze a testa. Pete ritirò i soldi e andò a far compere. Dougie Frank entrò in gioco in cambio di una commissione del 5 per cento. Gli procurò una partita di A-1 usati dal giro del razzismo sudista. Lockhart sapeva come muoversi. Lockhart sapeva che la Destra Dixie stava rivalutando le proprie esigenze in fatto di armamenti. La “minaccia rossa” aveva provocato una corsa alle armi pesanti: mitragliatori, mortai e bombe a mano. Ma ora i negri ribelli eclissavano i rossi, e le armi leggere tornavano ad essere la soluzione migliore. Il profondo Sud era una gigantesca, folle svendita bellica. Pete barattò pistole ormai arrugginite con bazooka nuovi di zecca. Acquistò Thomson in condizioni perfette a 50 cocuzze l‟uno. Rifornì di munizioni sei campi di addestramento: mezzo milione di colpi. A rifornire lui furono i Minutemen, il Partito per i diritti degli Stati nazionali, il Partito della rinascita nazionale, gli Elevati kavalieri del Ku Klux Klan, i Kavalieri reali del Ku Klux Klan, i Kavalieri imperiali del Ku Klux Klan e la
Koalizione del Klan di Klarion per una nuova konfederazione. I sei campi traboccavano di cecchini di appoggio. Pete dedicò tre settimane all‟acquisto delle armi. Percorse per cinque volte il circuito Miami-New Orleans. I 50.000 dollari scomparvero. Heshie Ryskind ne aggiunse altri 20.000. Heshie aveva paura: i medici gli avevano diagnosticato il cancro ai polmoni. Per distrarsi, organizzò una due giorni di sesso e gozzoviglie al campo del lago Pontchartrain. Convocò Jack Ruby e le sue spogliarelliste, Dick Contino e la sua fisarmonica. Le spogliarelliste si spogliarono e se la spassarono con gli esuli. Heshie offrì un giro di pompini a tutti. Dick Contino suonò Lady of Spain seimila volte. Jimmy Hoffa si fece vedere, e non smise un secondo di ululare, abbaiare e ringhiare contro i Kennedy. Joe Milteer si unì alla festa alle porte di Mobile. Versò 10.000 dollari per il fondo armamenti, senza che nessuno gli avesse chiesto nulla. Per Guy Banister, il vecchio Joe era “innocuo”. A sentire Lockhart, gli piaceva bruciare le chiese dei negri. Pete esaminò candidati per l‟azione contro Fidel. Due semplici domande riassumevano i suoi criteri di scelta. Sei un tiratore esperto? Moriresti per facilitare il colpo letale di Néstor Chasco?
Interpellò almeno un centinaio di cubani. Quattro uomini giunsero in finale. CHINO CROMAJOR: Superstite della Baia dei Porci. Disposto a far saltare in aria Castro con un clistere esplosivo a prova di perquisizione. RAFAEL HERNANDEZ-BROWN: Produttore di sigaripistolero. Disposto a offrire al Barbuto un panatela avvelenato e ad andare all‟inferno insieme all‟uomo che gli aveva rovinato i campi di tabacco. CÉSAR RAMOS: Ex cuoco dell‟esercito cubano. Disposto a cucinare un maiale da latte esplosivo e crepare all‟Ultima Cena di Castro. WALTER “JUANITA” CHACÓN: Travestito con tendenze sadiche. Disposto a inchiappettare Fidel e gettarsi in pieno orgasmo nel fuoco incrociato degli esuli. Messaggio per Kemper Boyd: “Prova a battere i miei candidati, se ci riesci.”
Capitolo 73 (Meridian, 11.1.62) Kemper sniffò lo speedball di coca ed ero. Era esattamente il suo sedicesimo assaggio. Il dodicesimo da quando il dottore aveva smesso di somministrargli la morfina: una media non da tossico di 1,3 assaggi al mese. Cominciò a girargli la testa. Il cervello aumentò di giri. La miserabile stanzetta del Seminole Motel gli parve quasi gradevole. Ricordarsi di: Andare a trovare quel predicatore di colore. Sta organizzando un gruppo di dimostranti per i diritti civili. Ricordarsi di: Parlare con Dougie Frank Lockhart. Deve presentarti due candidati per l‟assassinio di Castro. L‟assaggio giunse deciso a destinazione. La clavicola smise di pulsare. I chiodi che la tenevano insieme tornarono al loro posto. Kemper si strofinò il naso. Il ritratto che dominava la scrivania pareva brillare di luce propria. Era Jack Kennedy, fotografato prima dell‟invasione fallita.
La dedica post-Porci: “A Kemper Boyd. Mi sa che negli ultimi tempi abbiamo preso entrambi qualche pallottola“. L‟assaggio numero 16 era roba di prima scelta. Il sorriso di Jack era grande: il dottor Siringa era intervenuto appena prima dello scatto. Jack sembrava ancora giovane e invincibile. Proprietà che gli ultimi nove mesi gli avevano quasi del tutto cancellato. Era stata la Baia dei Porci. Jack era cresciuto, sommerso da un‟onda sismica di critiche. Jack incolpava se stesso e l‟Agenzia. Jack aveva licenziato Allen Dulles e Dick Bissell. Jack aveva detto: — Farò a pezzetti la CIA. Jack odiava l‟Agenzia, Bobby no. Bobby era giunto a detestare Fidel Castro con la stessa intensità di Hoffa e della mafia. L‟autopsia della Baia dei Porci si protraeva dolorosamente. Kemper faceva il doppio gioco e si riproponeva come chaperon dell‟esilio. Presentava a Bobby legioni di esuli santificati: i tipi innocui che Langley voleva fargli conoscere. Il Gruppo di studio aveva così definito l‟invasione: “donchisciottesca”, “scarsamente equipaggiata“ e ”basata su informazioni false“. Kemper era d‟accordo, Langley no. Langley lo credeva un apologeta dei Kennedy. Criticava le
sue posizioni politiche. Gliel‟aveva riferito John Stanton. E aveva implicitamente approvato la valutazione. Esplicitamente, Kemper aveva approvato: certo, JM/Wave darà i suoi frutti. Ma implicitamente disapprovava. Aveva cercato di convincere Bobby a far eliminare Fidel Castro. Bobby aveva risposto di no: era una mossa da gangster, contraria alla politica kennediana. Bobby era un bulletto dalle forti convinzioni morali. La sua linea di condotta spesso era difficile da inquadrare. Bobby il Bulletto aveva istituito squadre speciali antiracket in dieci grandi città. Loro unico obiettivo era reclutare informatori nel mondo del crimine organizzato. La mossa aveva mandato Hoover su tutte le furie. Una forza indipendente di quel genere avrebbe potuto surclassare il suo programma federale. Bobby il Bulletto detesta Edgar il Bulletto. Edgar il Bulletto ricambia cordialmente. Era un odio senza precedenti: il Dipartimento di Giustizia ne ribolliva. Hoover provocava ad arte rallentamenti burocratici. Bobby non rispettava l‟autonomia del Bureau. Guy Banister sosteneva che Hoover avesse illegalmente piazzato cimici e microfoni in ogni locale di mafia del continente.
Bobby non ne aveva idea. Hoover sapeva come mantenere un segreto. Come Ward Littell. Il miglior segreto di Ward erano le “malefatte” di Joe Kennedy con il Fondo pensioni. Alla fine dell‟anno precedente, Joe aveva avuto un colpo apoplettico quasi fatale. Claire aveva detto che Laura ne era rimasta “devastata”. Aveva cercato di rimettersi in contatto con il padre, ma Bobby gliel‟aveva impedito. I 3 milioni di dollari avevano siglato un accordo vincolante e definitivo. Claire si era laureata a Tulane con 110 e lode ed era stata accettata dal corso di specializzazione di New York. Si era trasferita a Manhattan e aveva preso un appartamento vicino alla casa di Laura. Laura lo nominava di rado. Claire le aveva raccontato che era stato ferito da un “proiettile vagante” a Miami. — Kemper ferito per caso? — aveva ribattuto Laura. — Mai. Claire aveva creduto alla sua studiatissima versione della sparatoria. Claire era accorsa al Saint Augustine l‟istante successivo alla telefonata del dottore. Claire gli aveva rivelato che Laura aveva un nuovo compagno. Claire gliene aveva parlato come di una persona a posto. Claire gli aveva detto di aver conosciuto un “amico
simpatico” di Laura, Lenny Sands. Lenny aveva violato i suoi ordini e aveva ripreso i contatti con Laura. Lenny giocava sempre in modo indiretto: il suo famoso articolo sulla Baia dei Porci era infarcito di allusioni a doppio taglio. Ma non gli importava. Lenny era facilmente ricattabile, e ormai era uscito dalla sua vita. Lenny scavava fango per Howard Hughes. Lenny smascherava certi segreti e ne nascondeva altri. Lenny possedeva prove dettagliate di ogni singola cazzata che Kemper Boyd aveva fatto nell‟aprile del‟61. Kemper fece un altro tiro. Il cuore tornò a salire di giri. La clavicola smise di dolere. Kemper ripensò a come il mese di maggio avesse compensato il disastro di aprile. Bobby gli aveva ordinato di seguire alcuni attivisti per i diritti civili. — Limitati a osservare — gli aveva detto — e chiedi aiuto se il Klan dovesse calcare la mano. Ricordati che sei ancora in convalescenza. Kemper aveva osservato. Kemper si era avvicinato più dei giornalisti e delle troupe televisive. Aveva visto gli attivisti salire a bordo dei pullman. Li aveva seguiti. Gli inni tuonavano dai finestrini aperti. I buzzurri si erano messi alla calcagna dei pullman. Le
autoradio sbraitavano Dixie. Kemper aveva allontanato alcuni lanciatori di sassi mostrando il distintivo, il braccio destro ancora ingessato. Si era fermato ad Anniston. Una banda di razzisti gli aveva sventrato le gomme dell‟auto. Una folla di bianchi aveva preso d‟assalto la stazione e aveva cacciato a sassate un pullman di dimostranti. Kemper aveva preso a noleggio una vecchia Chevy e si era lanciato al loro inseguimento. Aveva imboccato come un razzo la H-78 e aveva raggiunto una folla in tumulto. Il pullman era stato incendiato. Sbirri, dimostranti e buzzurri si azzuffavano nei campi che costeggiavano l‟autostrada. Aveva visto una ragazzina di colore tentare di spegnersi le trecce in fiamme. Aveva visto l‟incendiario fuggire a bordo di un‟auto. Era riuscito a farlo uscire di strada e l‟aveva massacrato con il calcio della pistola. “Faccio un assaggio ogni tanto. Solo per aiutarmi a chiarire le idee.” —… E l‟aspetto migliore di ciò che vi sto proponendo è che non sarete costretti a testimoniare in un processo a porte aperte. I giudici federali leggeranno le vostre deposizioni e i miei affidavit e partiranno da lì. Se qualcuno di voi sarà
chiamato a testimoniare, sarà sempre in udienze a porte chiuse, senza giornalisti, avvocati della parte avversa o membri delle forze dell‟ordine locali. La chiesetta traboccava di gente. Il predicatore aveva convocato una sessantina di persone. — Avete domande? — chiese Kemper. — Da dove viene lei? — gridò un uomo. — E a noi chi ci protegge? — domandò una donna. Kemper si sporse sul pulpito. — Vengo da Nashville, nel Tennessee. Ricorderete che nel 1960 vi furono alcuni boicottaggi e sit-in, e ricorderete che in quell‟occasione furono fatti grandi passi avanti verso l‟integrazione, con il minimo spargimento di sangue. Mi rendo conto che il Mississippi è molto meno civilizzato del mio Stato, e per quanto concerne la protezione posso soltanto assicurarvi che quando andrete a iscrivervi alle liste elettorali avrete dalla vostra parte la legge dei numeri. Più saranno coloro che si offriranno di deporre, meglio sarà. Più saranno quelli che andranno a votare, meglio sarà. Non sto dicendo che i soliti elementi reagiranno bene, ma più saranno i votanti, maggiori saranno le possibilità di eleggere uomini disposti a tenere sotto controllo quegli elementi. — Abbiamo un bel cimitero, qui fuori — intervenne un uomo. — È solo che nessuno di noi ha una gran voglia di andarci
prima del previsto. — Non ci si può aspettare che la legge si schieri improvvisamente dalla nostra parte — disse una donna. Kemper sorrise. Due assaggi e un pranzo innaffiato da due martini facevano risplendere l‟interno della chiesa. — Per quanto riguarda il cimitero, pur essendo il vostro il più bello che abbia mai visto, nessuno di noi ha voglia di visitarlo prima dell‟anno 2000, e dal punto di vista della protezione posso soltanto dirvi che l‟anno scorso il presidente Kennedy ha fatto un discreto lavoro nel proteggere i dimostranti, e che se i retrogradi razzisti di cui sopra si presenteranno in forze per reprimere i diritti che Dio vi ha concesso, vorrà dire che il governo federale risponderà in modo ancora più deciso, perché il vostro desiderio di libertà non deve essere sconfitto, perché è bello, giusto e vero, e perché voi avete dalla vostra parte la forza della bontà, della correttezza e della rettitudine. La congregazione scattò in piedi e applaudì. —… E‟ quello che chiamano un accordo vantaggioso per entrambi. Grazie all‟FBI io mi sono organizzato la mia Kaverna dei Kavalieri reali, e tutto ciò che devo fare è aguzzare le orecchie e spifferare le frodi fiscali degli Elevati kavalieri e dei Kavalieri imperiali, che è l‟unico aspetto per cui Hoover è
interessato al Klan. Ho infiltrato alcuni informatori in entrambe le organizzazioni, e li pago con parte della somma che mi passa il Bureau, somma che mi aiuta a consolidare il mio gruppo. Il capanno odorava di calze sporche e marijuana. Dougie Frank indossava jeans e un lenzuolo del Klan. Kemper schiacciò una mosca che si era posata sul bracciolo della sedia. — E che mi dici di quei tiratori scelti di cui mi avevi accennato? — Sono qui. Dormono con me, perché gli alberghi della zona non fanno differenza fra negri e cubani. Ma si sta cercando di cambiare anche questo. — Dove sono adesso? — Ho un poligono di tiro a due passi da qui. Si stanno esercitando con alcuni dei miei Reali. Vuoi una birra? — Che ne dici di un martini secco? — Non esiste, da queste parti. E chiunque lo chieda viene subito additato come provocatore federale. Kemper sorrise. — Un barista dello Skyline Lounge sta dalla mia parte. — Sarà un ebreo o un frocio. Kemper assunse la cadenza strascicata da sudista. — Figliolo, mi stai facendo perdere la pazienza. Lockhart trasalì. — Allora dovresti sapere che a quanto
pare Pete ha trovato i suoi quattro candidati. Guy Banister dice che sei ancora indietro di due, e la cosa non mi sorprende, considerato quanto sei impegnato per la causa dell‟integrazione. — Parlami dei cecchini. Limita al minimo i tuoi commenti e giungi al punto. Lockhart arretrò con la sedia. Kemper gli si fece sotto. — Be‟, ehm, insomma, me li ha mandati Banister. Hanno rubato un motoscafo a Cuba e hanno puntato dritto sull‟Alabama. Sono sbarcati, hanno rapinato qualche stazione di servizio e bottiglieria e si sono rimessi in contatto con un francese di nome Laurent Guéry, il quale ha detto loro di rivolgersi a Guy e di farsi arruolare nelle file anticastriste. — E? — E Guy li ha giudicati troppo pazzi per i suoi gusti, il che significa che sono assolutamente fuori di testa. Li ha mandati da me, ma io li ho graditi più o meno come un cane gradisce un branco di pulci. Kemper gli si avvicinò. Lockhart arretrò con la sedia fino alla parete. — Ehi, mi stai mettendo un po‟ troppo alle strette. — Parlami di questi cubani. — Gesù, credevo fossimo amici. — Lo siamo. Ma ora dimmi dei cubani.
Lockhart scostò la sedia di lato. — Si chiamano Flash Elorde e Juan Canestel. “Flash” non è il vero nome di Elorde. Era il soprannome di un famoso pugile cubano che si chiamava come lui. — E? — E sono entrambi ottimi tiratori, e odiano Castro. Flash aveva una tratta di prostitute all‟Avana, e Juan è stato castrato dalla polizia segreta di Castro per aver violentato qualcosa come trecento donne fra il 1959 e il 1961. — E sono pronti a morire per la liberazione di Cuba? — Sì. Ripensando a ciò che ha passato, dice Flash, ogni giorno che scopre di essere ancora vivo e vegeto gli sembra un puro miracolo. Kemper sorrise. — Dovresti avere anche tu un atteggiamento simile, Dougie. — E questo cosa significa? — Significa che alle porte di Meridian c‟è una deliziosa chiesetta di neri, la First Pentecostal Baptist. Accanto alla chiesetta c‟è uno splendido cimitero ricoperto di muschio. Lockhart si tappò una narice e soffiò un grumo di muco sul pavimento. — E allora? Cosa cazzo sei diventato, un esperto di chiese negre? Kemper diede fondo al suo accento. — Di‟ ai tuoi ragazzi di non sfiorarla nemmeno.
— Cazzo, amico, cosa credi che possa dirti un bianco con un minimo di rispetto di sé? — “Sissignore, signor Boyd.” Lockhart iniziò a farfugliare. Kemper prese a mugolare We Shall Overcome. — Sissignore, signor Boyd — disse Lockhart. Flash aveva un taglio alla Mohawk. Juan aveva una grossa sporgenza inguinale: lo spazio un tempo occupato dai testicoli era imbottito di fazzoletti o garza appallottolata. Il poligono non era altro che un terreno deserto situato accanto a un campeggio di roulotte. Membri del Klan bardati di tutto punto sparavano a lattine tracannando birra e Jack Daniel‟s. Colpivano una lattina su quattro a trenta metri. Da una distanza doppia, Flash e Juan non sbagliavano un colpo. Usavano vecchi M-1 alla luce del tardo pomeriggio. Fucili migliori e mirini telescopici li avrebbero resi invincibili. Dougie Frank si aggirava fra i suoi uomini. Kemper osservava i cubani. Flash e Juan si tolsero le camicie e le usarono per scacciare le zanzare. Entrambi erano ricoperti di cicatrici, ricordo delle torture. Kemper diede un fischio e fece cenno a Lockhart: mandameli subito.
Dougie Frank li convocò. Kemper si appoggiò con la schiena a un vecchio camioncino Ford. Il pianale era stipato di bottiglie di whisky e armi da fuoco. I due cubani lo raggiunsero. Kemper li accolse con affettata cortesia. Si scambiarono inchini e sorrisi. Si strinsero la mano. Flash e Juan si rimisero la camicia: segno di rispetto per il “grande padrone bianco“. Kemper mise fine alle smancerie. — Mi chiamo Boyd. Ho una missione da offrirvi. - Sì, trabajo — replicò Flash. — Quién el… Juan lo azzittì. — Che genere di missione? Kemper provò a rispondere in spagnolo. — Trabajo muy importante. Para matar el grande puto Fidel Castro. Flash iniziò a saltare dalla gioia. Juan lo afferrò e lo trattenne. — Non è uno scherzo, signor Boyd? Kemper estrasse di tasca il fermaglio portadenaro. — Quanto ci vuole per convincervi? Gli si fecero sotto. Kemper sventagliò alcuni biglietti da cento. — Odio Fidel Castro quanto ogni patriota cubano. Chiedetelo a Banister, o al vostro amico Laurent Guéry. Vi
pagherò di persona finché non otterremo l‟appoggio dei nostri sostenitori, e se riusciremo a stendere Castro vi prometto un grosso premio. Il contante li aveva ipnotizzati. Kemper affondò il colpo finale. Allungò un centone a Flash e uno a Juan. E poi un altro a Flash, e un altro a Juan, e un altro ancora a Flash… Canestel lo bloccò. — Le crediamo. Kemper afferrò una bottiglia dal pianale del camion. Flash prese a tamburellare un mambo sul paraurti posteriore. — Ne risparmi un po‟ per noi bianchi! — gridò un uomo del Klan. Kemper diede un sorso. Flash lo imitò. Juan si scolò metà bottiglia. Dopo l‟aperitivo, fu il momento di conoscersi meglio. Kemper acquistò degli abiti per Flash e Juan. Insieme raccolsero le loro poche cose e sgombrarono la capanna di Lockhart. Kemper chiamò il suo agente di borsa a New York. Vendi qualche azione, gli disse, e mandami 5000 dollari. —Per quale ragione?, rispose l‟agente. —Devo assumere qualcuno, spiegò Kemper. Flash e Juan avevano bisogno di una sistemazione.
Kemper si rivolse al gentile impiegato dell‟albergo e gli chiese di fare uno strappo alla regola. L‟impiegato accettò. Flash e Juan si trasferirono al Seminole Motel. Kemper chiamò Pete a New Orleans. Organizziamo il provino finale, gli disse. Ne discussero. Kemper fissò gli stanziamenti a 50.000 per cecchino e 200.000 per le spese generali. Pete suggerì di introdurre una piccola liquidazione: 10.000 cocuzze a ogni candidato respinto. Kemper accettò. — Facciamolo a Blessington, propose Pete. Santos può ospitare Sam G. e Johnny al suo Breakers Motel. Kemper si disse d‟accordo. — Avremo bisogno di un capro espiatorio cubano, aggiunse Pete. — Non collegato alla CIA né alla squadra scelta. Lo troveremo, rispose Kemper. —I miei ragazzi sono meglio dei tuoi, disse Pete. —No che non lo sono, replicò Kemper. Flash e Juan avevano voglia di bere. Kemper li accompagnò allo Skyline Lounge. —Non sono bianchi, protestò il barista. Kemper gli allungò 20 svanziche. — Adesso lo sono, decretò il barista. Kemper ordinò un martini, Juan una bottiglia di I.W. Harper, Flash rum Myers‟s e Coca.
Flash parlava in spagnolo, Juan traduceva, Kemper imparava i rudimenti della tratta delle prostitute. Flash rapiva le ragazze. Laurent Guéry le trasformava in eroinomani con la sua roba algerina. Juan le sverginava e cercava di trasformarle in amanti del sesso facile. Kemper ascoltava. Gli orrori scivolavano via, resi estranei dalla compartimentazione. Juan disse di rimpiangere i suoi testicoli. Era ancora in grado di scopare, ma gli mancava l‟esperienza completa dello spruzzo. Flash prese a insultare Fidel. Non lo odio affatto, si disse Kemper. Portavano tute mimetiche inamidate e nerofumo sui volti. Era stata un‟idea di Pete: diamo ai nostri candidati un aspetto minaccioso. Néstor aveva creato un poligono di tiro dietro il parcheggio del Breakers. Kemper l‟aveva definito un capolavoro del fai da te. Offriva bersagli montati su pulegge e sedie recuperate da un capanno per i rinfreschi che era stato demolito. Le armi venivano dalla CIA: M-1, pistole assortite e fucili calibro 30,06 completi di mirini periscopici. Teo Paez aveva creato una serie di pupazzi impagliati con
le fattezze di Castro da usare come bersagli. Erano a grandezza naturale e molto realistici: completi di barbe e sigari. Laurent Guéry si era unito alla festa. Teo disse che era dovuto fuggire rapidamente dalla Francia. Néstor spiegò che aveva cercato di far fuori Charles de Gaulle. La giuria si accomodò sotto un tendone. S. Trafficante, J. Rosselli e S. Giancana, bicchiere in una mano e binocolo nell‟altra. Pete faceva da armaiolo. Kemper faceva gli onori di casa. — Abbiamo sei candidati tra cui potrete scegliere. Sarete voi a finanziare questa operazione, e so che vorrete avere l‟ultima parola su chi la porterà a compimento. La proposta mia e di Pete è formare una squadra di tre cecchini, di cui Néstor Chasco, che voi già conoscete, è il terzo uomo fisso. Prima di iniziare, voglio ribadire che tutti i candidati sono leali, coraggiosi e perfettamente consapevoli dei rischi a cui vanno incontro. In caso di cattura, piuttosto che rivelare chi sta dietro l‟operazione si suicideranno. Giancana picchiettò un dito sull‟orologio. — Ho poco tempo. Possiamo iniziare? Trafficante lo imitò. — Ti dispiace muoverti, Kemper? Devo tornare a Tampa. Kemper annuì. Pete portò in posizione il Fidel n. 1 a
cinquanta metri di distanza. I cubani caricarono le rivoltelle e assunsero la posizione di tiro impugnando le armi a due mani. — Fuoco! — gridò Pete. Chino Cromajor fece volare il cappello di Castro. Rafael Hernàndez-Brown gli staccò il sigaro di bocca. César Ramos gli fece saltare entrambe le orecchie. Santos sembrava annoiato. Sam sembrava nervoso. Johnny sembrava perplesso. Juanita Chacon mirò all‟altezza dell‟inguine e sparò. Fidel n. 1 perse la sua virilità. Flash e Juan fecero partire due colpi. Fidel perse braccia e gambe. Laurent Guéry applaudì. Giancana controllò l‟orologio. Pete portò in posizione il Fidel n. 2 a cento metri di distanza. I cecchini puntarono i loro vecchi M-1. I membri della giuria puntarono i binocoli. — Fuoco! — ordinò Pete. Cromajor accecò Castro. Hernàndez-Brown gli fece schizzare via i pollici. Ramos gli polverizzò il sigaro. Juanita lo castrò. Flash gli mozzò le gambe appena sotto i ginocchi. Juan gli piantò un colpo in pieno cuore. — Cessate il fuoco! — gridò Pete. I cecchini abbassarono
le armi e si allinearono in posizione di riposo. — Sono bravissimi, ma non possiamo lanciarci in una faccenda così grossa — disse Giancana. — Sono d‟accordo con Mo — convenne Trafficante. — Dovete concederci un po‟ di tempo per pensarci — intervenne Rosselli. Kemper si sentì sommergere da un‟ondata di nausea. Il paradiso dello speedball si trasformò in inferno. Pete prese a tremare.
Capitolo 74 (Washington, 24.1.62) Littell sistemò il denaro nella cassaforte della scrivania. La paga di un mese: 6000 dollari in contanti. — Non li hai neanche contati — disse Hoffa. — Mi fido. — Potrei aver fatto un errore. Littell inclinò la sedia all‟indietro e sollevò lo sguardo su di lui. — Poco probabile, visto che me li hai portati di persona. — Avresti preferito uscire tu, con questo gelo del cazzo? — Avrei potuto aspettare fino al primo del mese. Hoffa si sedette sull‟orlo della scrivania. Il suo cappotto era fradicio di neve sciolta. Littell spostò alcune cartelle. Hoffa prese il fermacarte di cristallo. — Sei venuto a farmi una ramanzina, Jimmy? — No. Ma se vuoi farmela tu, sono tutt‟orecchi. — Senti questo, allora. Finirai per vincere, e Bobby sarà sconfitto. Sarà una battaglia lunga e dolorosa, una guerra di logoramento.
Jimmy serrò la mano sul fermacarte. — Stavo pensando che Kemper Boyd dovrebbe farti avere una copia del mio dossier al Dipartimento di Giustizia. Littell scosse il capo. — Non lo farà mai, e io non glielo chiederò. Ha organizzato tutto, dai Kennedy a Cuba a Dio solo sa cos‟altro, in compartimenti stagni di cui soltanto lui conosce la logica. Ci sono linee di demarcazione che non oltrepasserà mai, e tu e Bobby Kennedy formate proprio una di queste linee. — Le linee vanno e vengono — ribatté Hoffa. — E per quanto riguarda Cuba, credo che Carlos sia rimasto l‟unico, nell‟Organizzazione, a cui freghi ancora qualcosa. Credo che Santos, Mo e gli altri siano incazzati e annoiati a morte all‟idea di quell‟isoletta del cazzo. Littell si raddrizzò la cravatta. — Bene. Perché anch‟io sono annoiato da qualsiasi cosa che non sia tenere lontani te e Carlos dalle grinfie di Bobby Kennedy. Hoffa sorrise. — Un tempo Bobby ti piaceva. Si dice che lo ammirassi. — Le linee vanno e vengono, Jimmy. L‟hai detto tu stesso. Hoffa posò il fermacarte. — È vero. È anche vero che ho bisogno di qualcosa per far leva su Bobby. E fosti tu a mandare a puttane l‟intercettazione che Pete Bondurant stava gestendo per me nel „58.
Littell trasformò la smorfia spontanea in un sorriso. — Non avevo idea che lo sapessi. — È ovvio. E dovrebbe essere altrettanto ovvio il fatto che ti perdono. — E anche che vuoi riprovarci. — Certamente. — Chiedilo a Pete, Jimmy. Non mi piace, ma è il miglior ricattatore che esista al mondo. Hoffa si sporse sulla scrivania. Le gambe dei pantaloni scivolarono verso l‟alto a rivelare un paio di miserabili calzini bianchi. — Voglio che partecipi anche tu.
Capitolo 75 (Los Angeles, 4.2.62) Pete si massaggiò il collo. Era una montagna di nodi e crampi: aveva viaggiato in classe turistica, costretto in un sedile per nani. — Quando mi dici di saltare io salto, Jimmy, ma volare da costa a costa per un caffè e qualche pasticcino mi sembra un‟esagerazione. — Credo che Los Angeles sia il posto giusto. — Il posto giusto per cosa? Hoffa si pulì la cravatta da un grumo di crema pasticcera. — Lo capirai presto. Pete udì qualcuno muoversi in cucina. — Chi c‟è di là? — Ward Littell. Siediti, Pete. Mi stai innervosendo. Pete posò la sua borsa porta-abiti. La casa puzzava di sigaro: Hoffa la concedeva come scopatoio ai Teamster in visita. — Littell. Merda. Non voglio averci a che fare. — Andiamo, Pete. Il passato remoto è passato remoto. Il passato prossimo: il tuo avvocato ha rubato i tuoi
registri… Littell entrò in salotto. Hoffa mise le mani avanti con fare da paciere. — Buoni, ragazzi. Non vi metterei nella stessa stanza se non si trattasse di qualcosa di grosso. Pete si strofinò gli occhi. — Sono molto occupato, e per questa deliziosa colazione ho passato la notte su un aereo. Dammi una sola ragione per cui dovrei accettare un altro lavoro, se non vuoi che giri i tacchi e torni subito all‟aeroporto. — Diglielo tu, Ward — fece Hoffa. Littell si scaldò le mani con la tazza del caffè. — Bobby Kennedy sta perseguitando Jimmy in modo inaccettabile. Vogliamo registrare materiale infamante su Jack e usarlo per far leva su Bobby. Se non fossi intervenuto io, l‟operazione Shoftel avrebbe funzionato. Credo che dovremmo ripeterla, e penso che dovremmo assoldare una donna che Jack trovi abbastanza interessante da intrecciarvi una vera e propria relazione. Pete sollevò gli occhi al cielo. — Volete ricattare il presidente degli Stati Uniti? — Sì. — Tu, io e Jimmy? — Tu, io, Fred Turentine e la donna che coinvolgeremo. — Ne parli come se fossi convinto che ci possiamo fidare l‟uno dell‟altro. Littell sorrise. — Entrambi odiamo Jack Kennedy. E credo che ciascuno di noi possieda sull‟altro informazioni
sufficientemente delicate da poter stipulare un patto di non aggressione. Pete si sentì invadere da una sottile, pungente pelle d‟oca. — Non possiamo farne parola con Kemper. Ci tradirebbe nel giro di un secondo. — Sono d‟accordo. In questo caso, Kemper resta fuori dal gioco. Hoffa ruttò. — Sono qui che vi guardo mentre vi fulminate con gli occhi e sto iniziando ad avere l‟impressione di essere anch‟io fuori dal gioco, nonostante sia io a pagarlo, il fottuto gioco. — Lenny Sands — disse Littell. Hoffa spruzzò una pioggia di briciole di bignè. — Cosa cazzo c‟entra Lenny l‟Ebreo? Pete guardò Littell. Littell guardò Pete. Le rispettive onde cerebrali si unirono in un punto dello spazio sopra il vassoio dei pasticcini. Hoffa era sconcertato. Il suo sguardo si perse nei paraggi del pianeta Marte. Pete condusse Littell in cucina e chiuse la porta. — Credi che Lenny sia uno straordinario esperto di Hollywood. Sei convinto che conosca qualche donna da usare come esca. — Esatto. E se anche Lenny si tira indietro, siamo pur
sempre a Los Angeles. — Il miglior posto al mondo in cui trovare una donna disposta a partecipare a un ricatto. Littell sorseggiò il suo caffè. — Esatto. Lenny è stato un mio informatore. So qualcosa su di lui: se non collabora, gli darò un giro di vite. Pete fece schioccare qualche nocca. — È un frocio. Ha pugnalato un picciotto in un vicolo dietro un locale di checche. — Te l‟ha detto lui? — Non fare quella faccia. La gente ha la tendenza a dirmi cose che non vorrebbe dirmi. Littell vuotò la tazza nel lavello. Oltre la porta, Hoffa percorreva il salotto a passi agitati. — Lenny conosce Kemper — riprese Pete. — E credo che sia molto amico della Hughes, con cui Kemper ha avuto una storia. — Lenny non parlerà. Alla peggio potremmo ricattarlo per l‟omicidio di Tony Iannone. Pete si massaggiò il collo. — Chi altri è a conoscenza di questa faccenda? — Nessuno. Perché? — Mi stavo chiedendo se gli altri dell‟Organizzazione ne sapevano qualcosa. Littell scosse il capo. — Lo sappiamo tu, io e Jimmy.
Nessun altro. — Teniamola per noi. Lenny è protetto da Sam G., e Sam si incazza come una bestia quando qualcuno lo maltratta. Littell si appoggiò alla cucina. — D‟accordo. Io non ne parlerò a Carlos, e tu non ne parlerai a Trafficante e agli altri membri dell‟Organizzazione con cui tu e Kemper siete in contatto. — D‟accordo. Io e Kemper siamo appena stati scaricati per una certa faccenda: non muoio dalla voglia di metterli al corrente di niente. Littell si strinse nelle spalle. — Ne verranno a conoscenza a cose fatte, e saranno soddisfatti dei risultati. Bobby sta rompendo le scatole anche a loro, e credo che possiamo tranquillamente prevedere che Giancana troverà giustificata qualsiasi nostra azione nei confronti di Lenny. — Lenny mi piace — disse Pete. — Anche a me, ma gli affari sono affari — replicò Littell. Pete tracciò il simbolo del dollaro sul piano della cucina. — Di quanto denaro stiamo parlando? — 25.000 dollari al mese — rispose Littell — compresa la parte di Freddy Turentine e le tue spese. So che avrai bisogno di fare avanti e indietro per il tuo incarico CIA, e la cosa non da problemi né a Jimmy né a me. Mi occupavo di intercettazioni anche nel Bureau, e credo che fra me, te e
Turentine saremo in grado di ottenere qualche buon risultato. Hoffa bussò energicamente alla porta. — Perché non uscite di lì e mi dite qualcosa? Questo affaruccio a due mi sta rompendo i coglioni! Pete condusse Littell nella lavanderia. — Mi piace. Troviamo una donna, mettiamo qualche cimice e a Jack Kennedy lo ficchiamo dove fa più male. Littell liberò il braccio dalla stretta di Pete. — Dobbiamo dare un‟occhiata ai servizi di Lenny per Hush-Hush. Forse potremmo individuare la donna giusta. — Ci penso io. Potrei essere in grado di arrivare al materiale privato di Hughes. — Fallo oggi stesso. Mi tratterrò all‟Ambassador finché non saremo riusciti a predisporre tutto. La porta prese a tremare: Jimmy ne aveva pieni i coglioni. — Voglio coinvolgere Hoover — disse Littell. — Ma sei pazzo? Littell gli elargì un sorriso di condiscendenza: baciami il culo, Pete. — Odia i Kennedy quanto te e me messi insieme. Voglio riprendere contatto, fargli arrivare un paio di nastri e tenermelo buono per dare una mano a Jimmy e Carlos. Non così pazzo… — Sai benissimo che è un guardone, Pete. Hai presente cosa darebbe per ascoltare il presidente degli Stati Uniti mentre scopa?
Hoffa fece irruzione in cucina. La camicia era cosparsa di briciole di tutti i colori dell‟arcobaleno. Pete ammiccò. — Sto iniziando a odiarti di meno, Ward. ACCESSO RISERVATO, recitava un cartello affisso all‟ingresso degli uffici di Hughes. Due gorilla mormoni lo fiancheggiavano e controllavano i documenti con uno strano aggeggio elettronico. Pete bighellonava nei pressi del cancello del parcheggio. La guardia non smetteva un secondo di blaterare. — Noi non-mormoni lo chiamiamo il Castello di Dracula. Il signor Hughes è il Conte, e Duane Spurgeon, il capo dei mormoni, è Frankenstein, perché sta morendo di cancro e ha l‟aria di quello che è già schiattato. Mi ricordo quando questo edificio non era invaso dai fanatici religiosi, e il signor Hughes ci veniva di persona, quando ancora non aveva paura dei germi e non gli era venuto in mente di comprare tutta Las Vegas, quando non si faceva fare trasfusioni come Bela Lugosi… — Larry… —… quando parlava alla gente, capisci? Adesso gli unici a cui rivolge la parola, a parte i suoi mormoni, sono J. Edgar Hoover e Lenny, il tizio di Hush-Hush. Io sono qui al cancello tutto il giorno e sento le voci che girano, e gli unici non-mormoni che vedo sono il filippino addetto alla pulizia e la giapponese che sta al centralino. Ma bisogna ammetterlo, il
signor Hughes è ancora bravo a condurre i suoi affari. Ho sentito dire che è riuscito a tirare in lungo la faccenda della Twa finché, quando beccherà la grana, riuscirà a versarla direttamente in un suo conto segreto, una specie di fondo stramiliardario per comprare Las Vegas… Larry rimase senza fiato. Pete fece balenare un biglietto da cento. — I servizi di Lenny li tengono nell‟archivio, giusto? — Giusto. — Nove bigliettoni come questo se mi ci fai entrare. Larry scosse il capo. — Impossibile, Pete. In pratica abbiamo uno staff al 100 per cento mormone. Alcuni sono mormoni ed ex federali. Li ha selezionati Hoover in persona. — Lenny non si muove più da Los Angeles, giusto? — chiese Pete. — Esatto. Ha venduto la casa di Chicago. Mi hanno detto che continua a scrivere per una specie di Hush-Hush privato. Pete gli allungò il centone. — Dammi il suo indirizzo. Larry controllò il suo Rolodex e ne estrasse un cartoncino. — 831 North Kilkea, a due passi da qui. Un furgoncino ospedaliero si fermò davanti al cancello. — E quello cos‟è? — Sangue fresco per il Conte — sussurrò Larry. — Pura qualità mormone.
La nuova iniziativa era piacevole, ma di secondo livello. Quella principale avrebbe dovuto essere FACCIAMO FUORI FIDEL. Santos Se Company l‟avevano bloccata sul nascere. Si erano mostrati annoiati, quasi la Causa non significasse un cazzo. PERCHÉ? Pete aveva liberato i suoi candidati da ogni impegno. Kemper si era riportato i suoi nel Mississippi. Laurent Guéry era andato con loro. Kemper aveva dato fondo ai risparmi per procedere con il piano. Kemper stava diventando stranamente ostinato. Pete svoltò su Kilkea. Il numero 831 era il tipico edificio a quattro appartamenti di West Hollywood. La tipica costruzione a due piani in stile spagnolo. I tipici due appartamenti per piano. Le tipiche porte di vetro molato per le quali sbavavano i tipici ladruncoli. Sul retro non vi era alcun garage: gli inquilini erano costretti a parcheggiare in strada. Della Packard di Lenny non vi era alcuna traccia. Pete accostò e raggiunse a piedi la veranda. Tutti e quattro gli ingressi rivelavano qualche millimetro di gioco fra stipite e porta. La strada era deserta. La veranda era immersa nel silenzio.
La buca delle lettere dell‟appartamento di sinistra al pianterreno riportava la scritta “L. Sands”. Pete fece saltare la serratura con il temperino. All‟interno la luce era accesa. Lenny programmava di star fuori fino a tardi. Aveva quattro ore buone per guardarsi in giro. Pete richiuse la porta a chiave. L‟appartamento si sviluppava su entrambi i lati di un corridoio: non più di cinque locali in tutto. Controllò la cucina, la sala da pranzo e la camera da letto. Era un rifugio piacevole e tranquillo: Lenny non apprezzava animali o ragazzini domestici. Collegato alla stanza da letto vi era lo studio. Non era più grande di uno sgabuzzino: l‟intera superficie era occupata da una scrivania e una fila di schedari. Pete aprì il primo cassetto. Era un gran casino: Lenny l‟aveva riempito di cartelle imbottite di fogli e documenti. Le cartelle contenevano fango scelto al 100 per cento. Fango edito e inedito. Le voci risalivano all‟inizio del „59: la hit parade del miglior fango di tutti i tempi. Fango sui beoni, fango sui tossici, fango sui froci. Fango sulle lesbiche, fango sulle ninfomani, fango sugli incroci razziali. Fango politico, fango incestuoso, fango sulle molestie ai
minori. L‟unico fangoso problema: i soggetti femminili erano troppo conosciuti dai fangofili. Pete adocchiò una notizia diversa dalle altre: un rapporto datato 20.9.60. Attaccato alla pagina vi era una comunicazione interna di Hush-Hush. Lenny, non lo vedo bene come servizio. Se la faccenda fosse finita con un arresto e un processo, avrebbe funzionato. Ma così… Mi sembra molto artificiale. E oltretutto, la fanciulla non è nessuno.
Pete lesse il rapporto. Artificiale? Altroché. Lenny Sands “il Fangoso”, testualmente: Ho saputo che la bellissima cantante-ballerina rossa Barb Jahelka (attrazione principale della Swingin‟ Dance Revue del suo ex marito, Joey Jahelka) è stata arrestata il 26 agosto per aver preso parte a un progetto di estorsione ai danni di Rock Hudson. Si trattava di un lavoretto fotografico. Hudson e Barb erano a letto nella villa di Beverly Hills di Rock quando uno sconosciuto è penetrato all‟interno ed è riuscito a scattare una serie di fotografie con una pellicola a raggi infrarossi. Qualche giorno dopo, Barb ha chiesto a Hudson 10.000 dollari in cambio dei negativi. Rock ha interpellato l‟investigatore privato Fred Otash. Otash ha a sua volta
avvertito il dipartimento di polizia di Beverly Hills, che ha arrestato Barb Jahelka. A quel punto Hudson si è fatto prendere dalla compassione e ha rinunciato a sporgere denuncia. Mi piacerebbe pubblicarlo sul numero del 24.9.60. Rock va alla grande di questi tempi, e Barb è una vera bellezza. (Ho qualche foto di lei in bikini che potremmo usare.) Fammi sapere, in modo che possa scrivere il pezzo.
Artificiale? Altroché, Sherlock. Rock Hudson era un frocio a cui la topa non faceva un baffo. Fred Otash era un ex poliziotto e un animale da salotto di Hollywood. Post scriptum artificiale: il numero telefonico di Freddy trascritto in bella evidenza sul rapporto. Pete afferrò il ricevitore e compose il numero. — Otash — rispose una voce maschile. — Freddy, sono Pete Bondurant. Otash liberò un fischio. — Dev‟essere una faccenda interessante. L‟ultima volta che mi hai chiamato per fare due chiacchiere è stata mai. — Non ho intenzione di iniziare adesso. — Mi sembra che stiamo parlando di denaro. Se è il tuo denaro in cambio del mio tempo, ti ascolto. Pete controllò il rapporto. — Nell‟agosto del „60 hai dato una mano a Rock Hudson per uscire da un pasticcio. Credo che l‟intera faccenda fosse una montatura. 1000 dollari in
cambio della verità. — Fai 2000, e aggiungici una smentita ufficiale — ribatté Otash. — Vada per 2000. E se le cose si metteranno male, dirò di avere ottenuto altrove l‟informazione. La linea fu disturbata da uno strano rumore. Pete lo identificò: era Freddy che si picchiettava una matita sui denti. — D‟accordo, Francese. — D‟accordo e poi? — D‟accordo, e hai ragione. Rock temeva che la sua frociaggine fosse sul punto di essere smascherata, e così si mise d‟accordo con Lenny Sands. Lenny gli presentò quella bellezza di Barb Jahelka e l‟ex marito Joey, e Barb e Rock si infilarono sotto le lenzuola. Joey finse un‟irruzione e scattò qualche foto, Barb fece una finta richiesta di denaro e Rock finse di assoldarmi. — E tu chiamasti il dipartimento di polizia di Beverly Hills. — Esatto. Misero dentro Barb per estorsione, ma a quel punto Rock finse di commuoversi e ritirò ogni accusa. Lenny scrisse l‟articolo per Hush-Hush, che per chissà quale ragione non pubblicò. Lenny cercò di far arrivare l‟indiscrezione alla stampa regolare, ma nessuno abboccò, perché metà del paese sa che Rock è un frocio.
Pete sospirò. — E la cosa finì in nulla. Otash sospirò. — Esatto. Rock diede a Barb e a Joey 2000 cocuzze cadauno, e adesso tu me ne stai dando altre 2000 soltanto per sentirmi raccontare la stronzata. Pete scoppiò a ridere. — Già che ci sei, parlami di Barb Jahelka. — D‟accordo. Per come la vedo io, Barb è di gran lunga superiore al giro che frequenta, ma non se ne rende conto. È intelligente, spiritosa e bella, e sa benissimo di non essere la prossima Patti Page. Credo che venga da qualche sperduto paesello del Wisconsin, e credo che cinque o sei anni fa si sia fatta sei mesi per possesso di marijuana. Aveva una storia con Peter Lawford… Il cognato di Jack… —… e tratta il suo ex marito Joey, che è un pezzo di merda, esattamente nel modo in cui dovrebbe essere trattato. Secondo me le piacciono le emozioni forti, e scommetto che ti direbbe di amare il pericolo, ma ho l‟impressione che non sia mai stata davvero messa alla prova. Se sei interessato a lei, prova a cercarla al Reef Club di Ventura. Ho sentito dire che Joey Jahelka ha messo su uno spettacolino di twist da quattro soldi. — Barb ti piace — disse Pete. — Sei un libro aperto. — Anche tu. E già che siamo sinceri, permetti che te la raccomandi per qualsiasi ricatto tu abbia in mente.
Il Reef Club era tutto legno e finte conchiglie. La clientela era formata per la maggior parte da universitari e hippie di second‟ordine. Pete prese un tavolino accanto alla pista da ballo. La Swingin‟ Twist Revue di Joey avrebbe aperto le danze nel giro di dieci minuti. Le casse acustiche appese alle pareti vomitavano musica. I fanatici del twist agitavano le braccia e ancheggiavano. Il tavolino di Pete tremava, facendo colare la schiuma dall‟invitante boccale di birra. Prima di partire da Los Angeles aveva chiamato Karen Hiltscher. L‟ufficio dello sceriffo aveva qualcosa su Barbara Jane (Lindscott) Jahelka. Nata il 18.11.31 a Tunnel City, nel Wisconsin. Patente valida rilasciata in California. Detenzione per possesso di erba nel luglio del „57. Sei mesi nel penitenziario di contea. Sospettata di aver pugnalato una lesbica nella prigione del palazzo di Giustizia. Sposata dal 3.8.54 al 24.1.58 con Joseph Dominick Jahelka, nato il 16.1.23 a New York. Condannato dallo Stato di New York per violenza carnale, truffa e per aver falsificato ricette mediche per alcune dosi di Dilaudid.
Joey Jahelka era molto probabilmente un tossico all‟ultimo stadio. Avrebbe sbavato per i Dilaudid che Pete si era appena procurato a Los Angeles. Pete sorseggiò la sua birra. L‟impianto acustico sparava musica nera. — Signore e signori — abbaiò un altoparlante — per la vostra gioia il Reef Club è fiero di presentare Joey Jahelka e la sua Swingin‟ Twist Revue! Nessuno esultò. Nessuno applaudì. Nessuno smise di ballare. Tre musicisti balzarono sul palcoscenico. Indossavano camicie a fiori e smoking male assortiti. Dai loro strumenti pendevano ancora i cartellini del banco dei pegni. Collegarono gli strumenti agli amplificatori. Il pubblico sulla pista da ballo e quello ai tavoli li ignorava. Una canzone da jukebox si trasformò nel loro brano di apertura. Al sax c‟era un liceale. Il batterista era un minuscolo pachuco. Il chitarrista corrispondeva ai dati in possesso di Pete. L‟untuoso idiota era mezzo fatto. Le calze, ormai prive di elastico, gli erano scese alle caviglie. Il trio suonava musicaccia chiassosa. Pete ebbe l‟impressione che il cerume nelle orecchie iniziasse a creparsi. Barb Jahelka raggiunse il microfono con passo provocante. Barb traboccava di una bellezza sana. Barb non
apparteneva al sottobosco dello spettacolo. Barb era alta. Barb era dinoccolata. Quella nuvola di capelli rossi non era affatto il prodotto di una tinta. E quell‟abitino stretto e scollato. E quei tacchi, che le facevano superare il metro e ottanta. Barb cantava. Barb aveva corde vocali piuttosto deboli. Il trio la copriva ogni volta che osava una nota alta. Pete guardava, Barb cantava. Barb BALLAVA: Hush-Hush l‟avrebbe definita MERAVIGLIOSAMENTE FOLGORANTE. Alcuni fra i ballerini sulla pista si bloccarono, incantati dalla stangona rossa. Una ragazza diede di gomito al suo compagno: toglile gli occhi di dosso! Barb cantava con voce debole e monotona. Barb ovviava con indimenticabili evoluzioni ritmiche. Si tolse le scarpe con un calcio. Diede un gran colpo d‟anca scucendosi il vestito su una coscia. Pete la guardò negli occhi. Pete si tastò la busta nel taschino. Barb avrebbe letto il messaggio. Il denaro l‟avrebbe convinta. Avrebbe passato la droga a Joey mandandolo cordialmente a quel paese. Pete fumava una sigaretta dietro l‟altra. Barb perse una
spallina e rimise la tetta al suo posto prima che il pubblico potesse notare. Barb sorrise: ooops! Incantevole. Pete allungò la busta a una cameriera. 20 dollari gli garantirono la consegna. Barb ballava. Pete le lanciò qualcosa di molto simile a una preghiera: spero che tu sia in grado di PARLARE. Sapeva che avrebbe fatto tardi. Sapeva che avrebbe chiuso il locale e l‟avrebbe fatto penare. Sapeva che avrebbe chiamato Freddy O. per un rapido controllo del suo pedigree. Pete l‟aspettava in una caffetteria aperta tutta la notte. Il petto gli doleva: Barb gli aveva fatto fumare due pacchetti di sigarette. Un‟ora prima aveva chiamato Littell. Ci vediamo alle 3 da Lenny, gli aveva detto: credo di aver trovato la donna giusta. Era l‟1,10. Forse era stato un po‟ troppo precipitoso. Sorseggiava il suo caffè e non smetteva di controllare l‟orologio. Barb Jahelka entrò finalmente nel locale e lo vide. La gonna e la camicetta le davano un‟aria quasi pudibonda. L‟assenza di trucco faceva risaltare ancor di più il volto. Prese posto di fronte a lui. — Spero che tu abbia chiamato
Freddy. — È quello che ho fatto. — Che cosa ti ha detto? — Che non ti metterebbe mai i bastoni fra le ruote. E che lavorando con te si guadagna bene. — Tutto qui? — Ha detto che conosci Lenny Sands. Ho chiamato anche lui, ma non era a casa. Pete scostò la tazza di caffè. — Volevi ucciderla, quella lesbica in galera? Barb sorrise. — No. Volevo che la piantasse di palparmi, ma non ero disposta a pagare per il resto dei miei giorni. Pete sorrise. — Non mi hai chiesto il motivo di tutto questo. — Freddy mi ha già fornito una sua interpretazione, e tu mi stai offrendo 500 dollari per una chiacchierata. A proposito, Joey ti ringrazia per l‟assaggio. Una cameriera gravitava attorno al loro tavolo. Pete l‟allontanò con un gesto. — Perché continui a stare con lui? — Perché non è sempre stato un tossicomane. Perché a suo tempo fece sistemare qualcuno che aveva fatto del male a mia sorella. — Ottime ragioni. Barb si accese una sigaretta. — La migliore di tutte è che
voglio bene a sua madre. È molto vecchia, ed è ancora convinta che siamo sposati. Crede che i figli della sorella di Joey siano nostri. Pete scoppiò a ridere. — E nel caso muoia? — Allora il giorno del funerale sarà anche quello dell‟addio. Joey si dovrà trovare una nuova cantante e una nuova autista che lo accompagni agli esami per la tossicodipendenza. — Gli si spezzerà il cuore. Barb fece una serie di anelli di fumo. — Quando è finita è finita. Un concetto che i tossici non capiscono. — Ma tu sì. — Lo so. E tu pensi che per una donna sia strano. — Non necessariamente. Barb spense la sigaretta. — Perché siamo qui? — Non ancora. — Quando? — Presto. Prima parlami di te e di Peter Lawford. Barb prese a giocherellare con il posacenere. — È stata una storia breve e spiacevole. L‟ho lasciato quando insisteva perché andassi a letto con Frank Sinatra. — Cosa che non avevi voglia di fare. — Esatto.
— Ti ha mai presentato Jack Kennedy? — No. — Credi che gli abbia parlato di te? — Forse. — Hai sentito cosa si dice di Kennedy in fatto di donne? — Altroché. Peter lo chiamava “insaziabile”, e una ballerina che conoscevo a Vegas mi ha raccontato qualche aneddoto. Pete sentì profumo di olio solare. Una rossa sotto i riflettori di scena… — Dove vuoi arrivare? — chiese Barb. — Domani sera verrò al Reef Club e ti dirò tutto — rispose Pete. Raggiunse Littell davanti a casa di Lenny. Alle 3,20 del mattino, Lenny il Nottambulo aveva le luci ancora accese. — È fantastica — annunciò Pete. — Ci basta che Lenny accetti di presentarli. — Voglio conoscerla. — La conoscerai. E solo? Littell annuì. — È tornato un paio d‟ore fa con una conquista. Il ragazzo se n‟è appena andato. Pete sbadigliò: non dormiva da più di ventiquattro ore. — Andiamo a trovarlo.
— Lo sbirro buono e quello cattivo? — Certo. Alternandoci, in modo da metterlo in confusione. Raggiunsero la veranda. Pete suonò il campanello. Littell assunse un‟espressione torva. Lenny venne ad aprire. — Non dirmelo, hai dimenticato… Pete lo sospinse all‟interno. Littell sbatté la porta con violenza e chiuse il catenaccio. Lenny lo Chic si chiuse la vestaglia. Lenny il Buontempone rovesciò il capo all‟indietro e scoppiò a ridere. — Credevo che fra noi fosse finita, Ward. E pensavo che strisciassi soltanto nella zona di Chicago. — Abbiamo bisogno di una mano — disse Littell. — Si tratta soltanto di presentare una donna a qualcuno e tenere la bocca chiusa. — Oppure? — Oppure ti smascheriamo per l‟omicidio di Tony Iannone. Pete diede un sospiro. — Parliamone con calma. — E perché mai? — scattò Littell. — Abbiamo a che fare con un frocetto sadico che ha ammazzato un uomo e gli ha strappato il naso a morsi. Lenny sospirò. — Ci sono già passato, ragazzi. Il vostro duetto non è nulla di nuovo.
— Cercheremo di renderlo interessante — replicò Littell. — 5000 dollari, Lenny — intervenne Pete. — Dovrai soltanto presentare Barb Jahelka a un amico. Littell fece schioccare le nocche. — Piantala, Ward — scattò Lenny. — I manierismi da duro non fanno per te. Littell lo schiaffeggiò. Lenny gli restituì il colpo. Pete li divise. Ridicoli: due pseudoduri con il sangue al naso. — Andiamo, ragazzi. Comportiamoci da persone civili. Lenny si passò una mano sul naso. — Hai una faccia diversa, Ward. Quelle cicatrici ti donano molto. Littell si passò una mano sul naso. — Non mi sei sembrato sorpreso, quando Pete ha nominato Barb Jahelka. Lenny scoppiò a ridere. — Ero ancora sconvolto all‟idea che voi due ve la intendiate. — Non mi hai risposto — disse Littell. Lenny scrollò le spalle. — Senti questa, allora. Barb fa la Vita, e chiunque faccia la Vita conosce tutti gli altri del giro. Pete cambiò marcia. — Nominami qualche albergo in cui Jack Kennedy porta le sue amanti. Lenny trasalì. Pete fece schioccare le nocche al massimo volume. — Avanti — disse Littell. — Ma com‟è divertente! — squittì Lenny la Checca. —
Perché non chiamiamo Kemper Boyd e facciamo un bel quartetto? Littell lo schiaffeggiò. Gli occhi di Lenny si velarono di lacrime: finta spacconeria, addio. — Gli alberghi, Lenny — riprese Pete. — Non costringere anche me a usare le maniere forti. Lenny parlò con una pronuncia blesa. — L‟El Encanto di Santa Barbara, l‟Ambassador East di Chicago e il Carlyle di New York. Littell sospinse Pete in corridoio finché Lenny non fu più in grado di udirli. — Hoover ha microfoni sia all‟El Encanto che all‟Ambassador East. I direttori assegnano le suite sorvegliate agli ospiti segnalati dal Bureau. — Ha capito tutto — bisbigliò Pete di rimando. — Sa che cosa vogliamo. Mettiamolo alle strette. Tornarono in salotto. Lenny si era attaccato a un bicchierone di Bacardi. Littell sembrava sul punto di sbavare. Hoffa sosteneva che non bevesse da dieci mesi. Il carrello dei liquori di Lenny sembrava radioattivo: rum, scotch e ogni genere di ben di Dio. Lenny tracannava brandendo il bicchiere a due mani. — “Jack, ti presento Barb“ — disse Pete. — ”Barb, questo è Jack.“ Lenny si asciugò le labbra. — Ormai lo devo chiamare “signor presidente“.
— Quand‟è stata l‟ultima volta che l‟hai visto? — domandò Littell. Lenny diede un colpo di tosse. — Qualche mese fa. Alla villa sul mare di Peter Lawford. — Va sempre a casa Lawford quando viene a Los Angeles? — Sì. Peter organizza serate magnifiche. — Invitando donne non accompagnate? Lenny ridacchiò. — L‟hai detto. — E invita anche te. — Di solito sì, tesoro. Al presidente piace ridere, e quando al presidente piace qualcosa, il presidente la ottiene. Pete si intromise nel discorso. — Chi sono gli altri invitati? Sinatra e i ragazzi del Rat Pack? Lenny si versò una seconda, abbondante dose di rum. Littell si inumidì le labbra e tappò la bottiglia. — Chi sono gli altri invitati? — ripeté Pete. Lenny scrollò le spalle. — Gente simpatica. Frank ci veniva, ma Bobby ha convinto Jack a scaricarlo. — Ho sentito che Kennedy sarà a Los Angeles il 18 febbraio — disse Littell. — È vero, tesoro. E indovina un po‟ chi ha organizzato una festa per il 19? — Sei stato invitato, Lenny?
— Certo che sì. — Il Servizio Segreto perquisisce gli invitati o li fa passare attraverso un metal detector? Lenny allungò la mano verso la bottiglia. Pete l‟afferrò per primo. — Rispondi alla domanda, maledizione. Lenny scosse il capo. — No. Il Servizio Segreto si limita a mangiare, bere e spettegolare sugli appetiti sessuali di Jack. — “Barb, questo è Jack“ — disse Pete. — ”Jack, ti presento Barb“. Lenny sospirò. — Non sono un imbecille. Pete sorrise. — Ti aumentiamo la paga a 10.000, proprio perché sappiamo che sei troppo intelligente per non tenere la bocca chiusa. Littell allontanò il carrello dei liquori. — Stiamo parlando di Sam Giancana e dei tuoi amichetti dell‟Organizzazione, di Laura Hughes e di Claire e Kemper Boyd, nella vaghissima eventualità che li incontri. Lenny scoppiò a ridere. — Kemper non c‟entra? Che peccato… non mi dispiacerebbe averci di nuovo a che fare… — Non è una barzelletta — disse Pete. — Non credere che Sam ti possa perdonare per quello che hai fatto a Tony — aggiunse Littell. — E non credere che Sam sia ancora incantato da Jack, o
che sarebbe disposto a sollevare un dito in suo aiuto — riprese Pete. — Sam gli ha fornito il West Virginia e l‟Illinois su un piatto d‟argento, ma è successo un secolo fa, e da allora Bobby si è dimostrato molto poco amichevole nei confronti dell‟Organizzazione. Lenny barcollò verso il carrello. Littell fece per aiutarlo a reggersi in piedi. Lenny lo allontanò. — Fra Sam e Bobby c‟è sotto qualcosa, perché Sam mi ha confidato che l‟Organizzazione sta aiutando Bobby per la faccenda cubana, ma Bobby non ne sa niente, e Sam crede che sarebbe giusto dirglielo. Pete ebbe un‟immagine fulminea: Le audizioni per l‟assassinio di Fidel. Tre caporioni dell‟Organizzazione, annoiati e vaghi. — Sei ubriaco, Lenny — disse Littell. — Stai dicendo un sacco di… Pete lo interruppe. — Cos‟altro ha detto Giancana su Bobby Kennedy e Cuba? Lenny appoggiò la schiena alla porta. — Niente. Tutto quello che ho sentito è un paio di frasi dette a Butch Montrose. — Quando? — La settimana scorsa. Ero a Chicago per un congresso dei Teamster. — Lasciamo perdere Cuba — intervenne Littell. Lenny
barcollò e sollevò due dita nella “V” di vittoria. — Viva Fidel! Abbasso l‟imperialismo americano! Pete lo schiaffeggiò. — “Barb, questo è Jack” — disse Littell. — E ricorda cosa ti faremo se ci tradirai. Lenny sputò frammenti di una protesi dorata. Il trio era stonatissimo. Sono imbottiti del mio Dilaudid, si disse Pete. Il Reef Club era in delirio. I fanatici del twist facevano tremare i pavimenti. Per i suoi standard, l‟esibizione di Barb era quasi casta. La possibilità che le ho offerto la sta distraendo, si disse Pete. Littell requisì un separé. Quando li vide entrare, Barb li salutò agitando una mano. Pete beveva birra, Littell acqua minerale. Il rombo degli amplificatori faceva tremare il tavolo. Pete sbadigliò. Aveva preso una stanza allo Statler e aveva dormito dal mattino fino a sera inoltrata. Hoffa aveva versato 2000 cocuzze a Fred Otash. Littell aveva scritto un messaggio per Hoover e gliel‟aveva fatto pervenire tramite il contatto di Jimmy presso il Bureau. Vogliamo installare qualche cimice, recitava il messaggio. Vogliamo inchiappettare uno dei suoi PEGGIORI NEMICI.
Hoffa aveva assoldato Fred Turentine con l‟incarico di sistemare microfoni nei telefoni e nascondere cimici ovunque fossero necessarie. Pete sbadigliò. Le frasi di Lenny su Bobby e Cuba non smettevano di tormentarlo. Littell gli diede di gomito. — È molto bella. — E ha stile. — E‟ intelligente? — Molto più della mia ultima socia. Barb si lanciò nel crescendo finale del Frisco Twist. Il trio di tossici continuò a suonare come se lei non esistesse. Barb abbandonò il palco. I buffoni sulla pista da ballo le si fecero attorno spintonandola e tastandola. Un fan arrapato la seguì e si aggiudicò un primo piano della sua scollatura. Pete agitò la mano in segno di saluto. Barb scivolò nel separé e prese posto accanto a lui. — La signorina Lindscott, il signor Littell — li presentò Pete. Barb si accese una sigaretta. — Tecnicamente mi chiamo ancora Jahelka. Non appena mia suocera morirà, tornerò ad essere “la signorina Lindscott”. — Lindscott mi piace — disse Littell. — Lo so — rispose Barb. — Corrisponde di più alla mia faccia.
— Ha mai fatto l‟attrice? — No. — E quella farsa con Lenny Sands e Rock Hudson? — Ho dovuto soltanto ingannare la polizia e passare una notte al fresco. — 2000 dollari valevano il rischio? Barb scoppiò a ridere. — Paragonati a 400 dollari per tre spettacoli a sera sei volte la settimana? Pete scostò la birra e la ciotola di salatini. — Con noi guadagnerai molto più di 2000 dollari. — In cambio di cosa? A parte andare a letto con uomini importanti, intendo dire. Littell si sporse verso di lei. — È rischioso, ma di breve durata. — E allora? Il twist è di breve durata e noioso. Littell sorrise. — Se le venisse presentato il presidente Kennedy e volesse far colpo su di lui, come si comporterebbe? Barb formò tre perfetti anelli di fumo. — In modo dissacrante e divertente. — Cosa indosserebbe? — Tacchi bassi. — Perché? — Gli uomini apprezzano le donne che possono guardare dall‟alto in basso.
Littell scoppiò a ridere. — Cosa se ne farebbe di 50.000 dollari? Barb rispose ridendo. — Aspetterei la fine del twist. — E se venisse scoperta? — Capirei che voi siete più pericolosi di chiunque stiamo ricattando e terrei la bocca chiusa. — Non succederà — disse Pete. — Cosa non succederà? — chiese Barb. Pete vinse il desiderio di toccarla. — Sarai al sicuro. È una di quelle faccende ad alto rischio che si risolvono in modo tranquillo. Barb gli si fece vicina. — Spiegami di cosa si tratta. Lo so già, ma voglio sentirtelo dire. Gli sfiorò la gamba. Pete si sentì sommergere da un fremito di piacere. — Tu e Jack Kennedy — le disse. — Lo conoscerai fra due settimane a una festa a casa di Peter Lawford. Avrai un microfono, e se sarai abile come credo tu sia, sarà soltanto l‟inizio. Barb prese le loro mani fra le sue e le strinse. Sto sognando?, diceva la sua espressione. — Che cosa sono, una specie di esca del Partito repubblicano? Pete scoppiò a ridere. Littell rise ancora più forte.
Documento: 18.2.62. Trascrizione letterale di una conversazione telefonica: “registrata su richiesta del direttore“. ”riservata AL DIRETTORE“. In linea: J. Edgar Hoover e Ward J. Littell. JEH: Signor Littell? WJL: Sì, signore. JEH: Il suo messaggio mi ha colpito. WJL: La ringrazio, signore. JEH: Non avevo idea che fosse al servizio di Hoffa e Marcello. WJL: Da un anno, signore. JEH: Non mi sbilancio in commenti sull‟ironia del caso. WJL: Direi che è evidente, signore. JEH: Sono d‟accordo. Ho ragione a credere che sia stato l‟ubiquo e alquanto invadente Kemper Boyd a procurarle l‟impiego? WJL: Sì, signore, ha ragione. JEH: Non ho niente contro Hoffa o Marcello. Ho sempre considerato sbagliata la crociata intrapresa contro di loro dal Principe Oscuro. WJL: E loro lo sanno, signore. JEH: Ho ragione a credere che lei abbia abbracciato un‟apostasia nei riguardi dei fratelli?
WJL: Sì, signore. JEH: Devo presumere che sia il promiscuo re Jack l‟oggetto della sua operazione? WJL: Precisamente, signore. JEH: E lo spaventoso Pete Bondurant è suo complice in questa impresa? WJL: Sì, signore. JEH: Non mi sbilancio in commenti sull‟ironia del caso. WJL: Signore, abbiamo la sua approvazione? JEH: Certo. E lei, personalmente, ha anche la mia meraviglia. WJL: La ringrazio, signore. JEH: L‟attrezzatura è a posto? WJL: Sì, signore. Finora siamo stati in grado di preparare soltanto il Carlyle, ma finché la nostra pedina non prenderà contatto con l‟obiettivo e darà il via alla relazione non potremo sapere dove i due sceglieranno di accoppiarsi. JEH: Se decideranno di accoppiarsi. WJL: Esatto, signore. JEH: Il suo messaggio parlava di certi alberghi. WJL: Sì, signore, L‟El Encanto e l‟Ambassador East. So che al nostro obiettivo piace portarvi le sue conquiste, e so anche che il Bureau ne sorveglia alcune suite. JEH: È esatto, sebbene ora il Re Oscuro preferisca darsi
alla pazza gioia nelle suite presidenziali. WJL: Non ci avevo pensato, signore. JEH: Incaricherò alcuni agenti fidati di installare l‟attrezzatura nelle suite in questione e di mettersi all‟ascolto. E le fornirò le registrazioni, se lei farà lo stesso con quelle del Carlyle. WJL: Naturalmente, signore. JEH: Ha pensato a mettere sotto sorveglianza la villa sul mare del Primo Cognato? WJL: Impossibile, signore. Fred Turentine non può entrarvi per installare i microfoni. JEH: Per quando è previsto l‟incontro fra la vostra pedina e il Re Oscuro? WJL: Per domani sera, signore. Presso la villa sul mare che lei ha appena menzionato. JEH: È una donna attraente? WJL: Sì, signore. JEH: Spero si riveli astuta, disponibile e indifferente al fascino del ragazzo. WJL: Credo che farà un ottimo lavoro, signore. JEH: Non vedo l‟ora di udirla su nastro. WJL: Le farò avere le registrazioni migliori, signore. JEH: Lei ha tutta la mia ammirazione. Kemper Boyd è stato un ottimo maestro.
WJL: Lo è stato anche lei, signore. JEH: Non mi sbilancio in commenti sull‟ironia del caso. WJL: Sì, signore. JEH: So benissimo che lei finirà per chiedermi un favore. Ma so anche che mi terrà aggiornato con le trascrizioni e che userà giudizio nelle sue richieste. WJL: Lo farò, signore. JEH: L‟ho giudicata male e l‟ho sottovalutata, signor Littell, ma sono lieto di tornare a lavorare con lei. WJL: Anch‟io, signore. JEH: Buona giornata, signor Littell. WJL: Buona giornata, signore.
Capitolo 76 (Meridian, 18.2.62) Fu svegliato da una raffica di spari. Le grida lo fecero scattare verso la pistola. Kemper rotolò giù dal letto. Udì uno stridio di freni provenire dall‟autostrada: un gruppo del Klan non controllato da Lockhart o un branco di semplici bifolchi in vena di sparatorie. Si è sparsa la voce. C‟è un amante dei negri in città. Il Seminole Motel trabocca dei suoi scagnozzi cubani e francesi. Gli spari facevano paura. L‟incubo che avevano interrotto era ancora peggio. Jack e Bobby gli stavano facendo il terzo grado. J‟accuse, dicevano: sappiamo che lavori con la CIA fin dal lontano „59. L‟incubo era chiaro e palese. All‟origine vi era la telefonata di Pete della settimana prima. Pete si era riferito alle audizioni per l‟assassinio di Fidel. Aveva una teoria per spiegare il “no” dell‟Organizzazione. Sam G. sembrava deciso a confidare un segreto a Bobby.
Ehi, signor ministro della Giustizia, lo sa che l‟Organizzazione è sua alleata nella Causa da ben tre anni? Pete era giunto a conoscenza di una voce che pareva suggerire quell‟ipotesi. Pete credeva che presto Sam avrebbe fatto pervenire il messaggio. Pete era convinto che Sam avesse intenzione di costringere Bobby a dichiarare un cessate il fuoco nella sua guerra alla mafia. Chiederò in giro, aveva detto Pete. Kemper si alzò e trangugiò tre Dexedrine senza nemmeno un goccio d‟acqua. La teoria di Pete andò in circolo e divenne personale. Bobby vuole che gli mostri JM/Wave. Crede che i miei contatti con la CIA risalgano al maggio del „61. JM/Wave pullula di colleghi che mi conoscono da prima della Baia dei Porci e di esuli cubani in confidenza con i membri del crimine organizzato. Kemper si fece la barba e si vestì. La Dexedrina fece effetto rapidamente. Dalla stanza accanto proveniva una serie di tonfi attutiti: Laurent Guéry impegnato nelle sue flessioni mattutine. John Stanton si era dato da fare. Laurent, Flash e Juan avevano ottenuto la carta verde. Néstor Chasco si era trasferito a Meridian e si era unito al gruppo. Il Seminole Motel era diventato il quartier generale aggiunto della squadra scelta.
Kemper aveva venduto azioni per un valore di 20.000 dollari. Guy Banister aveva donato una cifra equivalente. La sua “squadra ammazza-Castro” era ormai del tutto autonoma e autosufficiente. Di giorno registrava deposizioni per il diritto di voto. Di sera addestrava i suoi uomini all‟assassinio. Aveva conquistato la fiducia di un gran numero di neri. La congregazione della First Pentecostal Baptist era ormai all‟84 per cento presente nelle sue documentazioni ufficiali. Una squadraccia di bifolchi aveva picchiato il pastore. Kemper aveva scoperto i componenti e aveva spezzato loro le gambe con un‟asse di legno. Dougie Frank gli concedeva metà del suo poligono di tiro. La squadra si esercitava sette sere la settimana. Sparavano a bersagli fissi e mobili. Organizzavano spedizioni di ricognizione nei boschi. Le azioni di infiltrazione sull‟isola sarebbero iniziate molto presto. Juan e Flash gli avevano insegnato a parlare un buon spagnolo. Avrebbe potuto tingersi i capelli, scurirsi il volto e penetrare a Cuba come un indigeno. Avrebbe potuto avvicinarsi. Avrebbe potuto sparare.
I membri della squadra erano dei gran parlatori. Dopo le esercitazioni bevevano whisky di contrabbando e passavano metà della notte a chiacchierare. Avevano creato un patois che era un intreccio di tre lingue. Si scambiavano sanguinosi racconti attorno al fuoco e si passavano di mano in mano le bottiglie. Juan aveva descritto la sua castrazione. Chasco aveva raccontato alcuni dei suoi assassini per la polizia di Batista. Flash aveva assistito a Playa Giron. A Parigi, Laurent era stato testimone di un massacro passato sotto silenzio: in ottobre i gendarmi avevano picchiato a morte duecento algerini e ne avevano gettati i corpi nella Senna. Lui avrebbe potuto avvicinarsi. Lui avrebbe potuto sparare. L‟anglosassone dall‟incarnato chiaro sarebbe potuto passare per un cubano. La Dexedrina gli giunse al cervello. Il caffè freddo era un ottimo coadiuvante. La data gli saltò agli occhi dal suo Rolex. Buon compleanno, Kemper: hai quarantasei anni, ma non li dimostri.
Documento: 21.2.62. Trascrizione di un‟intercettazione microfonica parziale da microfono a stazione mobile di ascolto. Raccolta da Fred Turentine. Nastri. copie scritte a P. Bondurant, W. Littell. 19 febbraio 1962, 21,14. L. Sands & B. Jahelka entrano nella casa (l‟obiettivo e il suo entourage sono arrivati alle 20,03). Il rumore del traffico lungo la Pacific Coast Highway è la causa del segnale disturbato e dei vuoti nella registrazione. La presenza di B. Jahelka è stata cronometrata e seguita di persona. Codici: BJ: Barb Jahelka. LS: Lenny Sands. PL: Peter Lawford. us1: Uomo sconosciuto n.1. US2: Uomo sconosciuto n.2 ds1,2,3,4, 5, 6 & 7: Donne sconosciute 1.7. JFK John F. Kennedy, RFK: Robert F. Kennedy. (Nota: penso che us1 e 2 siano agenti del Servizio Segreto.) 21,14.21,22: segnale disturbato. 21,23.21,26: voci che si sovrappongono. Si riconosce la voce di BJ: saluti e convenevoli. (Credo che sia stata presentata a DS1.7. Notare le risate acute sulle copie del nastro.) 21,27.21,39: BJ & PL. PL (a conversazione già avviata): Stasera sei un portento, Barb.
BJ: Per la mia bellezza o solo per l‟altezza? PL: Tutt‟e due. BJ: Ne dici di stronzate. DS3: Ciao, Peter. PL: Ciao, bambola. DS6: Peter, adoro il taglio di capelli del presidente. PL: Prova a tirarglieli. Non ti morderà. DS3,6: risate. BJ: Sono ballerine o puttane? PL: La bionda platino fa la barista al Sip„n‟Surf di Malibu. Le altre sono ballerine di fila al Dunes. Vedi la brunetta con i bei polmoni? BJ: Eccome se la vedo. PL: Suona splendidamente il piffero a pelle nel gruppo femminile di Frank Sinatra. BJ: Molto divertente. PL: No, non è divertente, perché Bobby ha costretto Jack a scaricare Frank. Frank aveva fatto costruire un eliporto nella sua villa di Palm Springs soltanto perché Jack potesse andare a trovarlo, ma quello stronzetto sentenzioso di Bobby ha costretto il fratello a dargli un calcio nel didietro, solo perché Frank conosce un paio di gangster. Guardalo. Non ti sembra un acido pezzo di merda? BJ: Ha due bei dentoni.
PL: Che non sfiorano le donne. BJ: Mi stai dicendo che è un frocio? PL: So da fonte sicura che scopa soltanto sua moglie, non le lecca la passera e glielo da soltanto per procreare. Non ti sembra un acido pezzo di merda? DS2: Peter! Ho appena conosciuto il presidente sulla spiaggia! PL: Carino. Gli hai succhiato l‟uccello? DS2: Sei un porco. PL: Oink! Oink! BJ: Ho bisogno di bere qualcosa. PL: Hai bisogno di una lobotomia. Davvero, Barb. Tutto quello che chiedevo era che andassi a letto una volta con Frank. BJ: Non è il mio tipo. PL: Avrebbe potuto aiutarti. Avrebbe cacciato dalla tua vita quello stronzetto di Joey. BJ: Fra Joey e me c‟è stato qualcosa. Lo scaricherò quando sarà il momento. PL: Con me l‟hai fatto troppo presto. Frank era molto preso da te, bambola. Si era accorto che avevi un segreto, e so da fonte sicura che aveva assunto un investigatore privato per scoprire di cosa si trattava. BJ: Ti ha detto che cosa ha scoperto?
PL: Acqua in bocca, bambola. Acqua in quella cazzo di… DS1: Dio, Peter, ho appena conosciuto il presidente Kennedy! PL: Carino. Gli hai succhiato l‟uccello? BJ, DS1, DS7: segnale confuso. PL: Oink! Oink! Oink! Sono un porcellino presidenziale! 21,40.22,22: segnale confuso. Le scariche statiche indicano l‟installazione e l‟uso di linee private telefoniche da parte degli agenti del Servizio Segreto. 22,23.22,35: segnale confuso. BJ (nei pressi di impianto hifi) parla con ds1, ds3 e DS7. (Avrebbe dovuto essere informata di evitare fonti di rumori e giradischi.) 22,36.22,41: BJ in bagno (rumori di lavabo e gabinetto). 22,42.22,49: segnale confuso. 22,50.23,01: BJ & RFK. BJ (a conversazione già avviata): È soltanto una moda, ma sono fenomeni da cavalcare prima che arrivino al culmine e da cui ritirarsi prima che finiscano nel nulla. Soltanto così si evita di fare la figura dei perdenti. RFK: Allora immagino si possa dire che il twist è simile alla politica. BJ: Certo. Il minimo comun denominatore è l‟opportunismo.
RFK: So che suona trito, ma lei non parla come un‟ex ballerina. BJ: Ne ha conosciute molte? RFK: Direi di sì. BJ: Indagando sulla mafia? RFK: No, frequentando mio fratello. BJ: Avevano un denominatore comune? RFK: Sì. La disponibilità. BJ: Temo che abbia ragione. RFK: Fa coppia fissa con Lenny Sands? BJ: No, non stiamo insieme. È soltanto il mio accompagnatore per la serata. RFK: Come gliel‟ha descritta? BJ: Non ha detto “unisciti all‟harem”, se è questo che vuole sapere. RFK: Ne deduco che ha già notato l‟alta percentuale di donne rispetto agli uomini. BJ: Lo sapevo anche da prima, signor Kennedy. RFK: Chiamami Bob. BJ: D‟accordo, Bob. RFK: Sto solo dicendo che conoscendo Peter e Lenny, saprai anche come vanno certe cose. BJ: Credo di seguirti. RFK: Ne sono sicuro. Te ne parlo soltanto perché
conosco Lenny ormai da molto tempo, e stasera mi sembra triste e nervoso. Non l‟ho mai visto in queste condizioni, e detesto pensare che Peter possa averlo costretto a… BJ: Peter non mi piace. Diversi anni fa ho avuto una relazione con lui, ma l‟ho interrotta quando mi sono resa conto che non era altro che un leccapiedi e un magnaccia. Sono venuta a questa festa perché Lenny aveva bisogno di una compagna e perché immaginavo che non sarebbe stato male passare una serata d‟inverno in riva al mare e magari conoscere il ministro della Giustizia e il presidente degli Stati Uniti… RFK: Scusami, non intendevo offenderti. BJ: Non mi hai offesa. RFK: Quando vengo incastrato in serate come questa, mi sorprendo a controllare gli elementi anomali dal punto di vista della sicurezza. Quando l‟elemento anomalo è una donna… be‟, mi hai capito. BJ: Visto il livello delle altre invitate, è bello essere considerata una presenza anomala. RFK: Sono annoiato e ho già superato di due bicchieri il mio limite. Di solito non vado subito così sul personale con chi ho appena conosciuto. BJ: Vuoi sentire una barzelletta divertente? RFK: Sicuro. BJ: Sai cosa dice Pat Nixon di suo marito?
RFK: No. BJ: Richard era uno strano compagno di letto molto prima di darsi alla politica. RFK (ridendo): Molto carina. Dovrò ricordarmi di raccontarla a… Segnale disturbato (aeroplano di passaggio). Il resto della conversazione è coperto dalle scariche statiche. 23,05.23,12: Musica e rumori d‟auto indicano che BJ sta attraversando la villa e che gli invitati se ne stanno andando. 23,11.23,19: BJ parla direttamente nel microfono. (Bisogna dirle di non farlo. È rischioso.) BJ: Mi trovo sulla terrazza che si affaccia sulla spiaggia. Sono sola e sto sussurrando, in modo che la gente non senta quello che sto dicendo o mi prenda per pazza. Non ho ancora conosciuto il Grand‟Uomo, ma ho visto che mi ha notato e che ha dato di gomito a Peter come a dire, chi è la rossa? Qui fuori fa un freddo polare, ma ho preso una pelliccia di visone da un armadio, e ora sono al calduccio. Lenny è ubriaco, ma credo che stia cercando di divertirsi. Al momento sta chiacchierando con Dean Martin. Il Grand‟Uomo si è chiuso con due biondine nella camera da letto di Peter. Qualche minuto fa ho adocchiato Bobby. Era davanti al frigorifero, e si ingozzava come un morto di fame. Gli agenti del Servizio Segreto sono
impegnati a sfogliare una pila di Playboy. È evidente quello che stanno pensando: ragazzi, meno male che non ha vinto quel vecchiaccio noioso di Dick Nixon. Qualcuno si sta facendo una canna sulla spiaggia, e io sto pensando che il modo migliore di giocare questa partita sia fargliela sudare. Sto pensando che finirà comunque per trovarmi. Lenny mi ha detto che Peter gli ha mostrato la famigerata pagina centrale di Nugget del novembre „56. Sarà alto dal metro e ottantadue al metro e ottantacinque: senza tacchi avrà sempre qualche centimetro di vantaggio su di me. Devo ammetterlo, però: a parte ogni considerazione sul sottobosco di Hollywood, questo è uno di quei momenti di cui le ragazzine scrivono sui loro diari. Ho rifiutato tre inviti a ballare il twist, perché ho paura di strappare il microfono. Ecco, avete sentito? La porta della camera da letto alle mie spalle si è appena richiusa, e le due biondine sono uscite ridacchiando. È meglio che smetta di bisbigliare. 23,20.23,27: silenzio. (Il suono delle onde indica che BJ è rimasta in terrazza.) 23,28.23,40: BJ & JFK. JFK: Salve. BJ: Gesù.
JFK: Non proprio, ma grazie lo stesso. BJ: Che ne dice di buonasera, signor presidente? JFK: Che ne dici di ciao, Jack? BJ: Ciao, Jack. JFK: Come ti chiami? BJ: Barb Jahelka. JFK: Non hai l‟aspetto di una Jahelka. BJ: Infatti mi chiamo Lindscott. Lavoro con il mio ex marito, per questo ho mantenuto il suo cognome. JFK: Lindscott… è irlandese? BJ: È un imbastardimento anglotedesco. JFK: Gli irlandesi sono tutti bastardi. Bastardi, pazzi e ubriaconi. BJ: Ti posso citare? JFK: Quando sarò rieletto. Inseriscila pure nell‟antologia tascabile di John F. Kennedy, subito dopo “Non chiedete ciò che il vostro paese può fare per voi“. BJ: Posso farti una domanda? JFK: Certo. BJ: Essere il presidente degli Stati Uniti non è la cosa più incredibile sulla faccia della terra? JFK (risata prolungata): Altroché. E i personaggi di contorno valgono da soli il prezzo del biglietto. BJ: Per esempio? JFK: Quel bifolco di Lyndon Johnson. Charles de Gaulle,
che dal 1910 va in giro come se avesse un attizzatoio nel culo. Quel frocio nascosto di J. Edgar Hoover. Quei pazzi di esuli cubani con cui si sta trastullando mio fratello, l‟80 per cento dei quali non è altro che feccia criminale. Harold Macmillan, l‟incarnazione vivente della parola… US2: Mi perdoni, signor presidente. JFK: Sì? us1: Una telefonata per lei. JFK: Dica che sono occupato. US2: È il governatore Brown. JFK: Gli dica che lo richiamo. us1: Sì, signore. JFK: Dunque, Barb, hai votato per me? BJ: Ero in tournée, non ne ho avuto la possibilità. JFK: Avresti potuto votare per posta. BJ: Non ci ho pensato. JFK: Cos‟è più importante, il twist o la mia carriera? BJ: Il twist. JFK (risata prolungata): Perdona l‟ingenuità. A domanda stupida… BJ: O meglio: a domanda sincera, risposta sincera. JFK: Hai ragione. Sai, mio fratello trova che tu sia superiore al livello di questa serata. BJ: Anche lui si comporta come se stesse visitando i bassifondi. JFK: Osservazione molto acuta. BJ: Tuo fratello non ha mai vinto un centesimo a poker.
JFK: È uno dei suoi punti di forza. Ma dimmi, cosa succederà quando questa vostra frivola moda del twist si esaurirà? BJ: A quel punto avrò risparmiato denaro a sufficienza per comprare a mia sorella una licenza per aprire un Bob‟s Big Boy a Tunnel City, Wisconsin. JFK: Ho vinto, nel Wisconsin. BJ: Lo so. Mia sorella ha votato per te. JFK: E i tuoi genitori? BJ: Mio padre è morto. Mia madre odia i cattolici, e così ha votato per Nixon. JFK: Un pareggio non è poi così male. Hai uno splendido visone, a proposito. BJ: L‟ho preso in prestito da un armadio di Peter. JFK: È una delle seimila pellicce che mio padre ha regalato alle sue figlie. BJ: Ho letto del guaio di tuo padre. Mi è dispiaciuto. JFK: Non struggerti. Mio padre è troppo malvagio per morire. Senti, sei sempre in giro con quella rivista di cui mi ha parlato Peter? BJ: Costantemente. Anzi, il 27 partirò per una tournée sulla costa orientale. JFK: Che ne dici di lasciar detto il tuo itinerario al centralino della Casa Bianca? Potremmo uscire a cena, se i
nostri impegni lo permettono. BJ: Mi piacerebbe. Ti chiamerò. JFK: Fallo. E tieni il visone. Ti dona in un modo che mia sorella non si sogna nemmeno. BJ: Non potrei mai. JFK: Insisto. Davvero, non se ne accorgerà. BJ: D‟accordo. JFK: Di solito non svuoto gli armadi dei parenti, ma voglio che sia tuo. BJ: Grazie, Jack. JFK: Piacere mio. Ora purtroppo devo fare qualche telefonata. BJ: Alla prossima, allora. JFK: Già. È così che la si deve vedere. us1: Signor presidente? JFK: Arrivo, arrivo. 23,41.0,03: silenzio. (Il rumore delle onde indica che BJ si trova ancora sul terrazzo.) 0,03.0,09: voci confuse e musica. (Saluti riconoscibili.) 0,10: BJ & LS se ne vanno. Interruzione della registrazione: 0,11 del 20 febbraio 1962. Documento: 4.3.62. Registrazione microfonica da una
camera da letto del Carlyle Hotel. Effettuata da Fred Turentine. Nastro/copie scritte a P. Bondurant, W. Littell. BJ ha avvertito telefonicamente la stazione di ascolto dell‟appuntamento per “cena” con l‟obiettivo. Le è stato spiegato di aprire e chiudere due volte la porta della camera da letto per attivare il microfono. Registrazione a partire dalle 20,09. Codice: bj: Barb Jahelka, jfk: John F. Kennedy. 20,09.20,20: attività sessuale. (Si veda riproduzione su nastro. Ottima qualità sonora. Voci riconoscibili.) 20,21.20,33: conversazione. JFK: Dio. BJ: Hmmm. JFK: Mettiti di lato. Devo alleviare la pressione sulla schiena. bj: Così? jfk: Molto meglio. BJ: Vuoi un massaggio? JFK: No. Non puoi fare niente di meglio di quanto hai già fatto. BJ: Grazie. Sono felice che tu mi abbia telefonato. JFK: Da cosa ti ho salvata? BJ: Da due spettacoli alla Rumpus Room di Passaic, nel New Jersey. JFK: Mio Dio.
BJ: Fammi una domanda. JFK: D‟accordo. Dov‟è finito il visone che ti avevo regalato? BJ: Il mio ex marito l‟ha venduto. JFK: E tu gliel‟hai lasciato fare? BJ: È un nostro gioco. JFK: Che intendi dire? BJ: Joey sa benissimo che presto lo lascerò. Ma io gli devo qualcosa, e lui se ne approfitta ogni volta che ne ha l‟opportunità. JFK: È un grosso debito? BJ: Enorme. JFK: Mi hai incuriosito. Dimmi di più. BJ: È solo una brutta storia successa a Tunnel City, Wisconsin, attorno al 1948. JFK: Mi piace, il Wisconsin. BJ: Lo so. Ti ha votato. JFK (ridendo): Sei spiritosa. Fammi una domanda. BJ: Chi è la più grossa testa di cazzo del mondo politico americano? JFK (ridendo): Quella checca nascosta di J. Edgar Hoover, che andrà in pensione il 10 gennaio 1965. BJ: Non lo sapevo. JFK: Vedrai.
BJ: Ho capito. Prima dovrai essere rieletto. JFK: Stai imparando. Ma adesso raccontami cosa successe nel „48 a Tunnel City, Wisconsin. BJ: Non subito. JFK: Perché? BJ: Ti voglio stuzzicare per prolungare questa nostra relazione. JFK (ridendo): Li conosci, gli uomini. BJ: Già. JFK: Chi è stato il tuo maestro? All‟inizio, intendo dire. BJ: L‟intera popolazione di adolescenti maschi di Tunnel City, Wisconsin. Non fare quella faccia. Erano solo in undici. JFK: Prosegui. BJ: No. JFK: Perché? BJ: Due secondi dopo aver finito di fare l‟amore hai guardato l‟orologio. Comincio a pensare che l‟unico modo per farti stare a letto sia diluire la mia autobiografia. JFK (ridendo): Potresti contribuire alle mie memorie. Potresti dire che John F. Kennedy faceva conquiste a base di club sandwich e sveltine. BJ: Il club sandwich era magnifico. JFK (ridendo): Spiritosa e crudele. BJ: Fammi una domanda.
JFK: No. Fammela tu. BJ: Parlami di Bobby. JFK: Perché? BJ: Alla festa di Peter mi è sembrato sospettoso. JFK: Lo è sempre, perché sta arrancando nel fango legale della sua battaglia contro Jimmy Hoffa e la mafia, e la cosa sta iniziando a provarlo. È una specie di malattia professionale. Un giorno è Jimmy Hoffa e le sue truffe immobiliari in Florida, il giorno dopo è la deportazione di Carlos Marcello. Al momento è di nuovo il turno di Jimmy Hoffa con un caso in Tennessee, ma non chiedermi di più perché non sono un avvocato e non provo lo stesso suo bisogno di punire ed estirpare. BJ: È più duro di te, vero? JFK: Sì. E come ho già detto a una fanciulla diversi anni or sono, è sinceramente appassionato e generoso. BJ: Hai di nuovo controllato l‟orologio. JFK: Devo andare. Mi aspettano alle Nazioni Unite. BJ: Buona fortuna, allora. JFK: Non ne avrò bisogno. L‟Assemblea Generale è una banda di teste di cazzo. Rivediamoci, Barb. Mi è piaciuto. BJ: Anche a me. E grazie per il club sandwich. JFK (ridendo): Ne avrai ancora, se lo vorrai. La chiusura della porta disattiva il microfono. Fine della registrazione: 20,34 del 3 marzo 1962.
Documento: 9.4.62. Registrazione microfonica da una camera da letto del Carlyle Hotel. Effettuata da Fred Turentine. Nastro. copie scritte a P. Bondurant, W. Littell. Alle 16,20 BJ ha avvertito la stazione di ascolto di avere un appuntamento per “cena” con l‟obiettivo alle 17,30. Inizio registrazione: 18,12. Codici: BJ: Barb Jahelka, JFK: John F. Kennedy. 18,13.18,25: attività sessuale. (Si veda riproduzione su nastro. Ottima qualità sonora. Voci riconoscibili.) 18,25.18,32: conversazione. BJ: Dio. JFK: La prima volta l‟avevo detto io. BJ: Stavolta è andata meglio. JFK (ridendo): È sembrato anche a me. Ma il club sandwich era un po‟ deludente. BJ: Fammi una domanda. JFK: Cosa è successo nel 1948 a Tunnel City, Wisconsin? BJ: Mi sorprende che te ne ricordi. JFK: È trascorso soltanto un mese. BJ: Lo so. Ma si trattava soltanto di un‟osservazione di passaggio. JFK: Ma stimolante.
BJ: Ti ringrazio. JFK: Barb. BJ: D‟accordo. Il 9 maggio lasciai Billy Kreuger. Billy si incontrò con Tom McCandless, Fritzie Schott e Johnny Coates. Decisero di darmi una lezione. Ma io non ero in paese. I miei genitori mi avevano portato a Racine, per una riunione di fedeli. Mia sorella Margaret era rimasta a casa. Era uno spirito ribelle, e non aveva ancora capito che quelle riunioni erano ottime occasioni per fare conoscenze. JFK: Prosegui. BJ: Alla prossima puntata. JFK: Dio. Detesto i misteri irrisolti. BJ: La prossima volta. JFK: Come fai a sapere che ci sarà una prossima volta? BJ (ridendo): Conosco il genere di interesse che sono in grado di suscitare. JFK: Sei brava, Barb. Davvero brava. BJ: Voglio vedere se è possibile arrivare a conoscere un uomo a puntate mensili di un‟ora. JFK: Non mi farai mai una richiesta sconveniente, vero? BJ: No, mai. JFK: Che Dio ti benedica. BJ: Tu credi in Dio, Jack? JFK: Soltanto quando sono in pubblico. Ora fammi una
domanda. BJ: C‟è qualcuno che ti procura le donne? JFK (ridendo): Non proprio. Il più vicino a un ruolo del genere è forse Kemper Boyd, ma mi mette un po‟ a disagio, e in realtà non gli chiedo aiuto dal giorno dell‟inaugurazione. BJ: Chi sarebbe questo Kemper Boyd? JFK: È un legale del Dipartimento di Giustizia. Ti piacerebbe. È un bellissimo uomo e un individuo alquanto pericoloso. BJ: Ne sei geloso? È per questo che ti mette a disagio? JFK: Mi mette a disagio perché il suo grande rimpianto è di non essere un Kennedy. È difficile convivere con un‟ossessione del genere. Si sta occupando degli esuli per conto del Gruppo di studio istituito da Bobby, e in un certo senso non lo trovo migliore di loro. L‟unica differenza è che si è laureato a Yale, ha incontrato me e si è reso utile. BJ: È tipico dei magnaccia cercare di ingraziarsi i potenti. Pensa solo a Peter. JFK: Kemper non è certo un Peter Lawford, questo bisogna concederglielo. Peter non ha alcuna anima da vendere, Kemper la sua l‟ha venduta a caro prezzo ma non se ne rende conto. BJ: In che senso? JFK: Non posso scendere nei dettagli, ma per accattivarsi il
favore mio e della mia famiglia ha lasciato la donna che amava. Proviene da una famiglia ricca, ma il padre aveva perso tutto e si era suicidato. Con me sta vivendo una sua delirante fantasia. Una volta che te ne sei reso conto, diventa difficile da sopportare. BJ: Parliamo d‟altro. JFK: Che ne dici di Tunnel City, Wisconsin nel 1948? BJ: Alla prossima puntata. JFK: Merda. BJ: Mi piace essere lasciata con il fiato sospeso. JFK: A me no. Quando ero ragazzo detestavo i film a puntate. BJ: Dovresti far montare un orologio a muro. Non saresti costretto a controllarti il polso in modo così furtivo. JFK: Sei spiritosa, Barb. Passami i pantaloni, ti spiace? BJ: Eccoli. La porta che si richiude disattiva il microfono. Fine della registrazione: 18,33 dell‟8 aprile 1962.
Capitolo 77 (Miami, 15.4.62) Il piedipiatti era in ritardo. Pete passava il tempo scarabocchiando i bollettini di chiamata. Disegnava cuoricini attraversati da frecce. Trascriveva le parole pronunciate da Lenny e Barb e le sottolineava. Erano parole forti. Il fracasso della stazione non lo sfiorava nemmeno. Le parole di Lenny avevano dato origine a una teoria. L‟Organizzazione vuole che Bobby K. sappia che gli sta dando una mano nella faccenda cubana. Bobby non ne è stato ancora informato. Se l‟avesse saputo, avrebbe silurato Kemper Boyd. Se l‟avesse saputo, avrebbe spezzato ogni legame fra mafia e CIA. L‟Organizzazione sa che Bobby non vuole l‟assassinio di Fidel. Proprio per questa ragione si è rifiutata di sovvenzionare la squadra di sicari. Erano settimane che la teoria gli ribolliva nella mente. Nel frattempo, aveva continuato a rifornire di armi i campi di
addestramento, mentre Kemper si occupava della sua doppia missione nel Mississippi. Kemper era deciso a depilare il Barbuto: il fatto di non avere l‟autorizzazione della mafia non sembrava preoccuparlo. Barb, nel frattempo, stava sfoltendo il Capelluto. Il piedipiatti era in ritardo. Pete si lanciò a capofitto nel Regno di Barb. Le sue parole si stavano accumulando, sul nastro e sulla pagina scritta. Pete aveva memorizzato le migliori. Fred Turentine gestiva la stazione di ascolto del Carlyle, un appartamento nei pressi dell‟incrocio fra la 76a e Madison Avenue. Si stava formando un‟intera biblioteca di “scopate BarbJack”. La tattica usata da Littell con Hoover aveva funzionato. I federali avevano messo sotto sorveglianza le suite presidenziali dell‟El Encanto e dell‟Ambassador-East. Hoover era complice della loro estorsione. I federali ricontrollavano la suite del Carlyle una volta la settimana: teniamo ben nascosti quei microfoni in camera da letto. Jack K. era uno scopatore da sei minuti. Jack K. era un chiacchierone. Jack definiva “feccia criminale” gli esuli cubani. Jack giudicava Kemper Boyd un patetico arrampicatore sociale.
Il piedipiatti era in ritardo. Pete tracciò altri cuori e frecce. Aveva una nuova teoria: Barb sta parlando con Jack e con ME. Barb dice che non lascerà Joey Jahelka “perché l‟ha fatta pagare a qualcuno che aveva fatto del male a mia sorella“. Barb si rifiuta di raccontare tutto a Jack. Barb suggerisce che qualcosa di grosso è accaduto nel maggio del „48. Barb sa che lui ascolterà le registrazioni e leggerà i rapporti. Barb vuole che sia lui a riempire gli spazi vuoti. Jack non insisterà troppo: Barb non è che una delle sue tante scopate regolari. Barb sa che lui è un ex poliziotto. Barb sa che lui può scoprire la verità. Aveva chiamato la polizia di Stato del Wisconsin. Aveva chiesto a Guy Banister di fare una ricerca negli archivi federali. L‟intera faccenda si era risolta in meno di quarantotto ore. 11.5.48: Margaret Lynn Lindscott viene violentata da un gruppo di giovani di Tunnel City, Wisconsin. Identifica i suoi assalitori: William Kreuger, Thomas McCandless, Fritz Schott e John Coates. Ma ai loro danni non viene emesso alcun capo d‟accusa. Tutti e quattro i giovani hanno alibi a prova di bomba. 14.1.52: William Kreuger viene ucciso a Milwaukee. Il caso
di “rapina-omicidio” rimane insoluto. 4.7.52: Thomas McCandles viene ucciso a Chicago. Il presunto “assassinio su commissione“ rimane irrisolto. 23.1.54: Fritz Schott scompare. Un cadavere in decomposizione viene ritrovato alle porte di Des Moines: forse è lui, forse no. Tre bossoli vengono scoperti nei pressi del corpo. Il presunto “omicidio con arma da fuoco“ rimane insoluto. John Coates è vivo e vegeto. Fa il poliziotto a Norman, Oklahoma. Pete aprì il cassetto della scrivania e ne estrasse la rivista. Barb a venticinque anni: un‟avvenente miss Nugget. Barb aveva sedotto Joey Jahelka. Joey aveva conoscenze nella mafia. Barb l‟aveva convinto a organizzare l‟eliminazione dei violentatori di sua sorella. John Coates era ancora vivo. La mafia non ammazzava gli sbirri se non in casi molto speciali. Barb la Riconoscente aveva sposato Joey. Barb la Riconoscente aveva onorato il debito. Il piedipiatti era in ritardo. Pete osservò il paginone centrale per la milionesima volta. Le avevano ritoccato le tette. Le avevano cancellato le lentiggini. La foto non evidenziava quel suo speciale je ne sais quoi.
Pete ripose la rivista. Pete scarabocchiò l‟ennesimo bollettino di chiamata. Telefonava a Barb una volta la settimana. Le lanciava piccole provocazioni di controllo: Jack non ti piace, vero? No, non le piaceva. Ne apprezzava il fascino, ma alla resa dei conti non ammontava che a un‟erezione di sei minuti e a qualche sana risata. Il piano procedeva liscio. Turentine era andato a Los Angeles per dare una controllata a Lenny Sands. Aveva riferito che Lenny era determinato. Non avrebbe mai spifferato. Pete continuava a riascoltare i nastri di Barb. E con la stessa frequenza ripeteva fra sé le rivelazioni di Lenny. Tre dei maggiori finanziatori mafiosi avevano abbandonato la Causa. Littell sosteneva che Carlos Marcello fosse ormai l‟unico pezzo grosso dell‟Organizzazione a cui fregasse qualcosa. Perché? Era di sicuro una questione di DENARO. Per due mesi buoni Pete si era attentamente guardato in giro. E la sua teoria si era affinata. Aveva fatto confronti teoretici. Aveva collegato esponenti della Causa e dell‟Organizzazione. E la settimana precedente aveva compiuto un grande balzo.
Novembre 1960. Wilfredo Olmos Delsol viene sorpreso a confabulare con agenti castristi. Lo stesso Delsol viene visto di recente a bordo di un‟auto nuova, vestito con abiti costosi, in compagnia di donne sempre nuove. Pete aveva assoldato un piedipiatti di Miami per sorvegliare Delsol. Il suo rapporto: Delsol si incontrava con cubani dall‟aria sospetta per sei sere la settimana. Le targhe delle loro auto erano false. Il piedipiatti li aveva pedinati fino a casa. I rispettivi appartamenti erano stati presi in affitto con nomi ovviamente falsi. I cubani erano agenti castristi senza apparenti mezzi di sostentamento. Il piedipiatti si era procurato un contatto all‟interno della compagnia dei telefoni. Gli aveva allungato cinquecento dollari con l‟istruzione di rubare le bollette più recenti di Delsol. Il piedipiatti aveva annunciato che l‟operazione aveva avuto successo. Ma il piedipiatti era in ritardo. Pete scarabocchiava. Tracciava cuoricini e freccette all‟infinito. Il sergente Carl Lennertz si presentò con un‟ora di ritardo. Pete lo condusse immediatamente nel parcheggio. Si scambiarono le buste. La transazione venne effettuata in
due secondi netti. Lennertz si allontanò. Pete aprì la busta e ne estrasse due fogli di carta. L‟uomo della Florida Bell era stato di parola. Da quattro mesi a quella parte Delsol faceva telefonate sospette. Aveva chiamato i numeri segreti di Santos e Sam G. Aveva parlato con sei organizzazioni castriste per ben ventinove volte. Pete sentì le proprie pulsazioni accelerare-scoppiettarecrepitare. Raggiunse l‟abitazione di Delsol. L‟Impala nuova fiammante del puto era parcheggiata sul prato davanti a casa. La bloccò con la sua. Ne sventrò le gomme con il temperino. Incastrò una poltroncina sotto la maniglia della porta d‟ingresso. Strappò il cavo dell‟alimentazione di un condizionatore esterno e se l‟avvolse attorno al polso destro. Dall‟interno proveniva lo scroscio dell‟acqua corrente e una musica ritmata. Pete raggiunse il retro. La porta della cucina era socchiusa. Delsol stava lavando i piatti. Il coglione faceva schioccare lo strofinaccio a ritmo di mambo. Pete salutò con un cenno. Delsol rispose sollevando la
mano insaponata: entra, amico. Una radiolina era appollaiata sull‟orlo del lavabo. Perez Prado stava eseguendo Cherry Pink and Apple Blossom White. Pete entrò in cucina. — Hola, Pedro — lo accolse Delsol. Pete gli affondò un destro nello stomaco. Delsol si piegò su se stesso. Pete fece cadere la radiolina nel lavabo. L‟acqua prese a ribollire. Pete scaricò un violento calcio nel culo di Delsol, che affondò le braccia nell‟acqua insaponata. Gridò. Si rialzò e attraversò la cucina strillando come un ossesso. Il vapore invase l‟ambiente come un piccolo fungo atomico. Pete gli cacciò lo strofinaccio in bocca. Le braccia di Delsol erano ustionate, paonazze e glabre. — Sono mesi che telefoni a Trafficante, a Giancana e ai castristi. Sei stato visto in compagnia di alcuni cubani di sinistra, e stai spendendo un sacco di soldi. Delsol lo mandò affanculo sollevando un dito medio rosso come un petardo. — Mi sembra di capire che gran parte dell‟Organizzazione abbia mollato la Causa, e voglio sapere il perché. Ora me lo spieghi, se non vuoi che ti cacci la testa nell‟acqua. Delsol sputò lo strofinaccio. Pete gli legò i polsi con il cavo
del condizionatore e con un pugno lo mandò a sbattere contro il lavabo. La forza dell‟urto lo fece piroettare e le braccia tornarono a immergersi nell‟acqua con un grande spruzzo. Gridando, Delsol sollevò le braccia. Pete lo trascinò davanti al frigorifero e gli immerse le mani fra i cubetti di ghiaccio. Stabilizzati, coglione, non crollarmi proprio adesso. Pete riempì una zuppiera di cubetti. Delsol si allentò il cavo elettrico con i denti e cacciò le mani nel ghiaccio. L‟acqua del lavabo ribolliva e sibilava. Pete si accese una sigaretta per combattere l‟olezzo di carne bruciata. Delsol si accasciò su una sedia. Il battito cardiaco diminuì immediatamente: il puto dimostrava un‟ottima resistenza. — Allora? — fece Pete. Delsol strinse la zuppiera fra le ginocchia. Alcuni cubetti di ghiaccio schizzarono fuori e finirono a terra. — Allora? — ripeté Pete. — Allora hai ucciso mio cugino. Credevi che ti sarei sempre rimasto fedele? La sua voce evitava i toni patetici. I latini erano fra i migliori a resistere al dolore. — Non è la risposta che cercavo. — Immaginavo fosse quella giusta, per uno che ha ucciso
suo fratello per errore. Pete afferrò un coltellaccio da cucina. — Dimmi quello che voglio sentire. Delsol lo mandò affanculo con due medi sollevati e spellati fino alle nocche. Pete calò un fendente sulla sedia. La lama squarciò il cavallo dei pantaloni a un centimetro dai testicoli di Delsol. Delsol estrasse il coltello dal legno e lo gettò a terra. — Allora? — riprese Pete. — Allora immagino che dovrò dirti tutto. — Parla. Non farmi sprecare energia. Delsol sorrise. Delsol stava dimostrando due coglioni di proporzioni epiche. — Hai ragione, Pedro. Giancana e il signor Santos hanno abbandonato la Causa. — E Carlos Marcello? — No. Lui non è d‟accordo. È ancora entusiasta. — Ed Heshie Ryskind? — Nemmeno lui. Ma dicono che stia molto male. — Santos sta ancora finanziando la squadra scelta. Delsol gli rivolse un sorriso compiaciuto. Le sue braccia stavano iniziando a riempirsi di vesciche. — Credo che smetterà molto presto. Ne sono sicuro. Pete si accese l‟ennesima sigaretta. — Chi altri ha tradito la squadra scelta?
— Non considero ciò che ho fatto un tradimento. E non lo farebbe nemmeno il Pedro di una volta. Pete gettò la sigaretta nel lavello. — Rispondi alle mie domande. Non ho voglia di ascoltare i tuoi commenti. — D‟accordo — rispose Delsol. — Sono da solo. — Da solo in cosa? Delsol rabbrividì. Una grossa vescica sul collo esplose con uno spruzzo di sangue. — In quello che immaginavi. — Spiegamelo. Delsol si fissava le mani. — Il signor Santos e gli altri si sono alleati con Fidel. Fingono entusiasmo per la Causa per fare colpo su Bobby Kennedy e sugli altri del governo. Sperano che Kennedy venga a conoscenza del loro appoggio e la pianti di perseguitarli. Raul Castro vende loro grosse quantità di eroina a prezzi stracciati. In cambio, loro gli forniscono informazioni sul movimento degli esuli. Eroina significava denaro. La sua teoria era confermata fino in fondo. — Prosegui. So benissimo che c‟è dell‟altro. Delsol tentò il numero dell‟espressione assente. Pete lo fissò. Pete resse il suo sguardo, lo resse, lo resse… Delsol batté
le palpebre. — Sì, c‟è dell‟altro. Raul sta cercando di convincere Fidel a permettere che il signor Santos e i suoi soci riaprano i casinò dell‟Avana. Il signor Santos e il signor Sam gli hanno promesso che l‟avrebbero tenuto informato sui progressi di JM/Wave e avrebbero cercato di avvertirlo di qualsiasi tentativo di attentato ai danni di Fidel. Altre conferme. Altri potenziali guai. Santos e Sam avrebbero potuto costringere Boyd a smantellare la sua squadra di cecchini. Delsol si esaminò le braccia. I tatuaggi si erano trasformati in macchie confuse. — C‟è dell‟altro — disse Pete. — No, è tutto qui. Pete sospirò. — C‟è il tuo ruolo. Fosti reclutato perché i castristi sapevano che la squadra scelta aveva ucciso tuo cugino, e immaginavano che tu fossi vulnerabile. Sei coinvolto anche tu in questa storia, e la tua parte riguarda l‟eroina, e se non me ne parli ricomincerò a farti del male. — Pedro… Pete si accovacciò di fronte alla sedia. — Parlami dell‟eroina — ripeté. Delsol si fece il segno della croce. La zuppiera del ghiaccio cadde a terra e finì in mille pezzi. — È previsto l‟arrivo di una partita da Cuba. Cento chili di roba non tagliata a bordo di un motoscafo. Ci sarà una scorta
di castristi. Io sono incaricato di farla arrivare al signor Santos. — Quando? — La notte del 4 maggio. — Dove? — Sulla Costa del Golfo, nell‟Alabama. Un posto chiamato Orange Beach. Pete rabbrividì. Delsol comprese immediatamente la sua paura. — Dobbiamo fingere che tutto questo non sia mai successo, Pedro. Anche tu devi far finta di non aver mai creduto nella Causa. Non dobbiamo interferire con uomini molto più potenti di noi. Boyd la prese bene. Pete gridava tanto da annebbiare i vetri della cabina telefonica. — Possiamo ancora farcela. Possiamo mandare la nostra squadra, ammazzare Castro e gettare l‟isola nel caos più totale. Forse le cose si sistemeranno e Santos rispetterà l‟accordo, forse no. Ma come minimo avremo fatto fuori Fidel Castro. — No — rispose Boyd. — L‟accordo è saltato e la squadra scelta è finita. Mandare in missione i miei uomini significherebbe soltanto farli ammazzare. Pete sfondò la porta con un calcio. — Cosa significa “NO”?
— Significa che dovremmo rifarci. Significa che dovremmo cercare di guadagnare qualcosa prima che Bobby venga a sapere dell‟Organizzazione e dell‟Agenzia. La porta crollò sul marciapiede. I pedoni vi girarono attorno. Un ragazzino vi saltò sopra e mandò il vetro in frantumi. — L‟eroina? Boyd era calmissimo. — Cento chili, Pete. Li parcheggiamo per cinque anni e poi li vendiamo oltremare. Tu, io e Néstor. Significano almeno 3 milioni di dollari a testa. A Pete vennero le vertigini. Un terremoto di grado 9.9, ma puramente mentale.
Documento: 25.4.62. Registrazione microfonica da una camera da letto del Carlyle Hotel. Effettuata da Fred Turentine. Copie su nastro e scritte a P. Bondurant, W. Littell. BJ ha avvertito la stazione di ascolto alle 15,08. Ha detto di essere in procinto di incontrare l‟obiettivo “per cena” alle 17,00. Ha ricevuto istruzioni di aprire e chiudere due volte la porta della camera da letto per attivare il microfono. Inizio registrazione: 17,23. Codici: BJ: Barb Jahelka, JFK: John F. Kennedy. 17,24-17,33: attività sessuale (Si veda registrazione su nastro. Ottima qualità sonora. Voci riconoscibili.) 17,34-17,41: conversazione. JFK: Merda, la mia schiena. BJ: Lascia che ti aiuti. JFK: No, lascia stare. BJ: Smettila di guardare l‟orologio. Abbiamo appena finito. JFK (ridendo): Avrei dovuto far mettere l‟orologio a muro. BJ: Già che ci sei, di‟ allo chef di impegnarsi. Era un pessimo club sandwich. JFK: Hai ragione. Il tacchino era secco e il bacon troppo molle. BJ: Sembri distratto, Jack. JFK: Ragazza acuta.
BJ: È il peso del mondo? JFK: No, di mio fratello. È sceso sul sentiero di guerra per i miei amici e le donne che frequento, e si sta comportando come un enorme dito nel culo. BJ: Per esempio? JFK: È una vera caccia alle streghe. Frank Sinatra conosceva un paio di gangster, e così niente più Frank. Le donne che mi presenta Peter sono sgualdrinelle portatrici di gonorrea, e tu sei troppo raffinata e cosciente dei tuoi mezzi per essere soltanto una ballerina di twist, dunque sei sospettata in linea di principio. bj (ridendo): Cosa succederà? Devo aspettarmi di essere pedinata da agenti dell‟FBI? JFK (ridendo): Difficile. Bobby e Hoover si odiano troppo per collaborare su una faccenda così delicata. Bobby lavora troppo ed è nervoso, e Hoover è nervoso perché è una checca nazista che odia chiunque abbia normali appetiti sessuali. Bobby dirige il Dipartimento di Giustizia, da la caccia ai mafiosi e si occupa della questione cubana. È costantemente circondato dalla feccia, e Hoover non gliene da vinta una sulle questioni di protocollo. E io sono quello che deve sopportare le conseguenze delle sue frustrazioni. Senti, che ne dici di scambiarci i lavori? Tu fai il presidente degli Stati Uniti e io mi metto a ballare il twist in quel posto, come si chiama il locale nel quale ti esibisci?
BJ: Il Del‟s Den di Stamford, nel Connecticut. JFK: Esatto. Che ne dici, Barb? Facciamo cambio? BJ: Affare fatto. Subito dopo essere entrata alla Casa Bianca, licenzierò J. Edgar Hoover e dirò a Bobby di prendersi una vacanza. JFK: Stai già ragionando come una Kennedy. BJ: In che senso? JFK: Lascerò che sia Bobby a scaricare Hoover. BJ: Smettila di controllare l‟orologio. JFK: La prossima volta me lo dovresti nascondere. BJ: Lo farò. JFK: Devo andare. Ti spiace passarmi i pantaloni? BJ: Sono spiegazzati. JFK: Colpa tua. La porta che si richiude disattiva il microfono. Fine della registrazione: 17,42 del 24 aprile 1962. Documenti: 25.4.62, 26.4.62, 1.5.62. Estratti da intercettazioni della squadra contro il crimine organizzato effettuate presso locali di Los Angeles, Chicago e Newark. Contrassegnate: “CONFIDENZIALI. “TOP SECRET‟ RISERVATE AL DIRETTORE”. Los Angeles, 25.4.62. Telefono pubblico del ristorante RickRack. Numero composto: MA2-4691 (telefono pubblico
del ristorante Mike Lyman‟s. In linea: Steven De Santis. detto “Steve la Lama” (si veda dossier N. 814.5, ufficio di Los Angeles) e uomo sconosciuto (“Billy”). IL seguente dialogo è preceduto da sei minuti e quattro secondi di conversazione non pertinente. SDS: E Frank ha fatto andare quella cazzo di bocca, e Mo gli ha creduto. Jack è amico mio, bla bla bla. Lenny l‟Ebreo mi ha detto di aver personalmente riempito metà delle urne elettorali della contea di Cook. US: Parli di Frank come se lo conoscessi di persona. SDS: È così, coglione. L‟ho conosciuto dietro le quinte del Dunes Hotel. US: Sinatra è una testa di cazzo. Fa un gran parlare dell‟Organizzazione, ma non è che un imbecille di Hoboken. SDS: Un imbecille che dovrebbe pagarla, Billy. US: Altroché. Ogni volta che quel cazzone di Bobby cala il maglio sull‟Organizzazione, Frankie dovrebbe beccarsi un calcio nei coglioni. E dovrebbe pagare doppio per quello che Bobby la fighetta sta combinando a Jimmy e ai Teamster, e triplo per quella gitarella che lo zio Carlos si è dovuto fare in Guatemala. SDS: I Kennedy devono pagare. US: Nel migliore dei mondi possibili, pagherebbero.
SDS: Non hanno il minimo senso della gratitudine. US: Non hanno senso e basta. Voglio dire, Joe Kennedy e Eaymond Patriarca sono amici di lunga data. SDS: Coglioni. US: Teste di cazzo. Segue conversazione non pertinente. Chicago, 26.4.62. Telefono pubblico del North Side Elks Club. Numero composto: BL4-0808 (telefono pubblico della Trattoria Saparito‟s). In linea: Dewey Pasquale detto “L‟Anatra” (si veda dossier N. 709.9, ufficio di Chicago) e Pietro Saparito. detto “Pete Sap”. Il seguente dialogo è preceduto da quattro minuti e ventinove secondi di conversazione non pertinente. DDP: Sai cosa c‟è di peggio dello scolo e della sifilide? I Kennedy. Stanno cercando di ridurre l‟Organizzazione a merda d‟anatra. Bobby ha organizzato squadre antiracket in tutto il paese. Succhiacazzi impossibili da corrompere. PS: Jack Kennedy è venuto a cena al mio ristorante. L‟avrei dovuto avvelenare, pompinaro che non è altro. DDP: Quack, quack. Certo che avresti dovuto. PS: Ehi, testa di cazzo, non iniziare a farmi l‟anatra. DDP: Dovresti invitare a cena Jack, Bobby e i suoi uomini
e avvelenarli tutti quanti. PS: Già. Ehi, hai presente la mia cameriera, Deeleen? DDP: Sicuro. Ho sentito che suona benissimo il clarinetto a pelle. PS: Altroché. E si è scopata Jack Kennedy. Ha detto che ha un cazzetto da quattro soldi. DDP: Gli irlandesi sono poco dotati. Lo sanno tutti. PS: Gli italiani ce l‟hanno più lungo. DDP: E lo sanno usare. PS: Mi hanno detto che Mo c‟ha un torello come un mulo. DDP: Chi lo dice? PS: Mo. Segue conversazione non pertinente. Newark, 1.5.62. Telefono pubblico del Lou‟s Lucky Lounge. Numero composto: MU6-9441 (telefono pubblico del Reuben‟s Delicatessen di New York.) In linea: Herschel “Heshie” Ryskind (si veda dossier N. 887.8, ufficio di Dallas) e Morris Milton Wemshank (si veda dossier N. 400.5, ufficio di New York.) Il seguente dialogo è preceduto da tre minuti e un secondo di conversazione non pertinente. MMW: Dispiace a tutti che tu stia poco bene, Hesh.
Stiamo facendo il tifo e preghiamo per te. HR: Vorrei vivere abbastanza per vedere Sam G. prendere a calci in culo Sinatra da qui fino a Palermo. È stato Sinatra, insieme a un farabutto della CIA, a convincere Sam e Santos che Jack K. era un tipo a posto. Usa il cervelletto e ragiona, Morris. Pensa a Ike, a Harry Truman, a fdr. Ci hanno mai rotto i coglioni in questo modo? MMW: Neanche per sogno. HR: So che è colpa di Bobby e non di Jack. Ma Jack conosce le regole: sa che non puoi sguinzagliare i tuoi cani rabbiosi contro chi ti ha fatto un favore. MMW: Sam era convinto che Frank avesse voce in capitolo con i fratelli. Credeva che sarebbe riuscito a convincere Jack a richiamare Bobby al canile. HR: Frank sognava. L‟unica cosa che Frank riesce a gestire è la sua nerchia. E tutto quello che vuole fare, e con lui quel Boyd, è succhiare l‟uccello di Kennedy. MMW: Jack e Bobby hanno dei bei capelli. HR: Qualcuno dovrebbe fargli la riga con una dum-dum calibro quarantacinque. MMW: Dei gran bei capelli. Vorrei averli io. HR: Vuoi dei capelli? Cazzo, comprati una parrucca. Segue conversazione non pertinente.
Documento: 1.5.62. Comunicazione personale da Howard Hughes a J. Edgar Hoover. Caro Edgar, Duane Spurgeon, il mio primo assistente e consigliere legale, è in fin di vita. Ho bisogno di qualcuno che lo rimpiazzi immediatamente. Naturalmente preferirei un avvocato dalla solida moralità e con un passato nell‟FBI. Mi puoi consigliare qualcuno? Saluti, Howard
Capitolo 78 (Washington, 2.5.62) La panchina si trovava di fronte al Lincoln Memorial. Balie e bambini scorrazzavano per il parco. — La ragazza è piuttosto brava — disse Hoover. — Grazie, signore. — Attira re Jack in trappole molto stimolanti. Littell sorrise. — È vero. — Re Jack ha parlato per ben due volte del mio ritiro forzato. È stato lei a dirle di stuzzicarlo in quella direzione? — Sì, signore. — Perché? — Volevo incrementare il suo interesse nell‟operazione. Hoover si raddrizzò la piega dei pantaloni. — Capisco. Perfettamente logico. — Vogliamo che costringa il fratello ad alleviare la presa sui miei clienti e i loro amici — spiegò Littell. — Se giungesse anche a credere che lei abbia copie dei nastri, si mostrerebbe più disponibile a non licenziarla. Hoover annuì. — Perfettamente logico.
— Preferirei che le registrazioni non venissero rese pubbliche, signore. Che la questione venisse risolta dietro le quinte. Hoover diede un colpetto alla sua ventiquattr‟ore. — Per questo mi ha chiesto di restituirle temporaneamente le mie copie? — Sì, signore. — Non si fida del mio archivio riservato? Littell sorrise. — Voglio che lei mantenga la possibilità di dissociarsi, nel caso Robert Kennedy coinvolga investigatori di altre agenzie governative. Voglio che tutti i nastri vengano conservati in un unico luogo, in modo da poter essere distrutti. Hoover sorrise. — E in modo da far passare, se necessario, Pete Bondurant e Fred Turentine come gli unici colpevoli? — Sì, signore — rispose Littell. Hoover scacciò un uccellino che si era appollaiato sulla panchina. — Chi sta finanziando l‟operazione? Hoffa o Marcello? — Preferirei non dirlo, signore. — Capisco. E non posso biasimare la sua riservatezza. — La ringrazio, signore. — Ma supponiamo che diventi necessaria un‟uscita pubblica.
— A quel punto procederei alla fine di ottobre, appena prima delle elezioni per il Congresso. — Già. Sarebbe il momento ottimale. — Sì, signore. Ma come ho già detto, preferirei… — Non è necessario che si ripeta. Non sono così decrepito. Il sole spuntò da dietro un banco di nubi. Littell iniziò a sudare. — Sì, signore. — Li odia, vero? — Sì. — Non è il solo. La squadra contro il crimine organizzato ha installato cimici e microfoni presso quattordici locali di proprietà della mafia. Stiamo registrando un bel po‟ di risentimento nei confronti dei Kennedy. Non ne ho informato i Fratelli, né ho intenzione di farlo. — Non ne sono sorpreso, signore. — Ho compilato alcuni estratti meravigliosamente vituperativi. Sono divertenti, nella loro colloquiale volgarità. — Certo, signore. Hoover sorrise. — Mi dica che cosa sta pensando. Littell sorrise. — Che lei si fida di me. Che si fida di me perché li odio quanto lei. — Ha ragione — rispose Hoover. — E mio Dio, non
sarebbe terribile se Kemper venisse a conoscenza di quello che Re Jack pensa di lui? — Certo. Grazie a Dio non ha idea dell‟esistenza di questa operazione. Una ragazzina superò saltellando la panchina. Hoover sorrise e le rivolse un cenno di saluto. — Howard Hughes ha bisogno di un nuovo braccio destro. Mi ha chiesto di trovargli qualcuno con i suoi requisiti, e io gli ho fatto il suo nome. Littell si afferrò alla panchina. — Ne sono onorato, signore. — È giusto che lo sia. Ma sappia anche che Howard Hughes è un uomo con dei grossi problemi e il cui contatto con la realtà è ormai molto labile. Comunica soltanto per telefono o per lettera, e credo esistano discrete possibilità che lei non lo incontri mai di persona. La panchina prese a tremare. Littell giunse le mani appoggiandole su un ginocchio. — Lo devo chiamare? — Si metterà in contatto lui stesso. Le consiglio di accettare la sua offerta. Hughes ha il folle ma interessante progetto di impadronirsi di Las Vegas, e credo che l‟idea abbia un ottimo potenziale dal punto di vista della raccolta d‟informazioni. Gli ho comunicato i nomi dei suoi altri clienti,
e ne è rimasto alquanto colpito. Credo che il lavoro sia già suo. — Lo voglio — disse Littell. — Naturale — replicò Hoover. — Ha passato una vita intera in preda alla bramosia, ma solo ora si è finalmente riconciliato con la sua coscienza.
Capitolo 79 (Orange Beach, 4.5.62) Potevano godere della luce lunare. Era quasi un guaio: il buio totale avrebbe significato SORPRESA. Pete uscì dalla strada asfaltata. In lontananza vide stagliarsi una serie di alte dune. Néstor tendeva le gambe sopra il corpo di Wilfredo Delsol. Avevano avvolto Wilfredo la Mummia nel nastro adesivo e l‟avevano cacciato nello spazio fra i sedili. Boyd occupava il sedile di destra. Delsol respirava a fatica dal naso. L‟avevano rapito nel suo appartamento uscendo da Miami. Pete inserì le quattro ruote motrici. La Mummia ebbe uno scossone e colpì le gambe di Néstor. La jeep si lanciò fra le dune. Boyd controllò il rastrello che avevano preparato per cancellare le tracce. Néstor diede un colpo di tosse. — La spiaggia è lunga poco meno di un chilometro. L‟ho percorsa due volte. Pete frenò e spense il motore. Udirono subito il rumore delle onde. — Ascoltate — disse Boyd. — Se siamo fortunati,
non si accorgeranno di noi. Scesero dalla jeep. Néstor scavò una buca e seppellì Delsol fino al naso. Pete coprì la jeep con un telone. Era marrone chiaro, e si mimetizzava con la sabbia. Néstor sistemò il rastrello. Boyd fece l‟inventario degli armamenti. Avevano 45 con silenziatore e mitragliatori. Avevano una sega a motore, una bomba a orologeria e un chilo di esplosivo plastico. Si cosparsero i volti di nerofumo. Riempirono gli zaini. Si incamminarono. Néstor trascinava il rastrello. Le tracce dei pneumatici e le impronte delle scarpe scomparvero nel nulla. Attraversarono la strada asfaltata e procedettero per circa mezzo chilometro lungo un vialetto d‟accesso parallelo. Dalla strada al mare vi erano circa duecento metri di spiaggia. — La polizia non passa mai — disse Néstor. Pete sollevò il binocolo a infrarossi. A trecento metri di distanza scorse alcune sagome. — Avviciniamoci — ordinò Boyd. Pete si stiracchiò: il giubbotto antiproiettile gli andava stretto. — Appena sopra il banco di sabbia a ovest ci sono nove o
dieci uomini. Dovremmo avanzare lungo la linea costiera e sperare che il suono delle onde ci copra. Néstor si fece il segno della croce. Boyd impugnò due 45 e si cacciò un pugnale fra i denti. Pete si sentiva squassare dal terremoto: 9.9999 della scala del cazzo. Raggiunsero il bagnasciuga. Si accovacciarono e procedettero in silenzio. Pete ebbe una folle intuizione: SONO L‟UNICO A SAPERE COSA SIGNIFICHI VERAMENTE TUTTO QUESTO. Boyd procedeva in testa. Le sagome presero forma. Le onde garantivano una copertura acustica. Le sagome erano uomini addormentati. Un insonne era seduto: lo tradiva la brace della sigaretta. Si avvicinarono. Si fecero ancora più vicini. Si fecero vicinissimi. Pete udì russare. Un uomo mormorò qualcosa nel sonno, in spagnolo. Attaccarono. Boyd sparò al fumatore. Il bagliore che fuoriuscì dalla canna illuminò una schiera di sacchi a pelo. Pete sparò. Néstor sparò. I tonfi dei silenziatori si accavallavano.
La luce era più che sufficiente: il bagliore di quattro pistole. Nuvole di piume d‟oca. Urla che iniziavano sonore e si trasformavano in un sordo gorgoglio. Néstor puntò la torcia elettrica sulla sabbia ai loro piedi. Pete vide nove sacchi a pelo dell‟esercito americano ridotti a brandelli e zuppi di sangue. Boyd ricaricò le pistole e sparò a bruciapelo. Il sangue schizzò sulla torcia di Néstor e tinse di rosso il suo raggio di luce. Pete prese fiato. Piume insanguinate gli riempirono la bocca. Néstor puntò la torcia sulle vittime. Boyd si chinò e tagliò loro la gola. Affondava il coltello con decisione, facendo saltare trachee e midolli spinali. Néstor spostò i corpi. Pete rovesciò i sacchi a pelo e li riempì di sabbia. Boyd diede loro una forma realistica. Era una buona simulazione: gli uomini in mare avrebbero visto nove “belli addormentati”. Néstor trascinò i corpi fino a una pozza formata dalla marea. Boyd lo raggiunse con la sega a motore. Pete l‟accese. Boyd stese i cadaveri perché li potesse tagliare.
La luna era bassa. Néstor forniva la luce supplementare. Pete si accovacciò e iniziò a segare. Al primo colpo, la ruota dentata si incastrò in un femore. Néstor tirò il piede della vittima. La sega affondò come nel burro. Pete tagliò una serie di braccia. La sega continuava a impuntarsi nella sabbia. Brandelli di pelle e di tessuti gli tempestavano il volto. Divise i corpi in quarti. Boyd tagliò loro le teste con il pugnale da caccia. Un affondo, uno strattone ai capelli e il gioco era fatto. Nessuno parlò. Pete continuò a segare. Le braccia gli dolevano. I frammenti ossei facevano perdere colpi al motore. Le mani gli scivolarono sull‟impugnatura. La ruota dentata fece un balzo e squarciò lo stomaco di un morto. Pete sentì odore di bile. Lasciò cadere la sega e vomitò fino a non avere più nulla in corpo. Boyd gli diede il cambio. Néstor lanciava gli arti nella pozza. Un branco di squali faceva ribollire l‟acqua. Pete raggiunse la riva. Le mani gli tremavano: per accendersi una sigaretta ci mise un secolo. Il tabacco lo fece sentir meglio. Il fumo cancellava i cattivi
odori. NON SI RENDONO CONTO DI COSA SIGNIFICA? La sega si spense. Un silenzio di morte faceva da sottofondo al folle battito del suo cuore. Pete fece ritorno alla pozza. Gli squali impazziti balzavano fuori dall‟acqua. Néstor caricò i mitragliatori. Boyd era agitatissimo: strano, per i suoi standard da uomo di ghiaccio. Si accovacciarono dietro un banco di sabbia. Nessuno parlava. Pete non faceva che pensare a Barb. L‟alba giunse appena dopo le 5,30. La spiaggia sembrava tranquilla. Il sangue nei pressi dei sacchi a pelo sembrava il deposito della marea. Néstor perlustrava il mare con il binocolo. Alle 6,12 avvistò il motoscafo. — La vedo. A circa duecento metri di distanza. Boyd tossì e sputò. — Delsol ha detto che ci sarebbero stati sei uomini a bordo. È meglio che la maggior parte sbarchi prima che apriamo il fuoco. Pete udì il ronzio sordo del motore. — Si sta avvicinando. Néstor, vagli incontro. Néstor raggiunse di corsa i sacchi a pelo e si accovacciò. Il ronzio si trasformò in un rombo. Il motoscafo cavalcò le onde
e giunse fino a riva. Era un comune doppio fuoribordo senza cabina. Néstor agitò la mano in segno di saluto. — Bienvenidos! — gridò. — Viva Fidel! Tre uomini balzarono giù dal motoscafo. Gli altri tre rimasero a bordo. Pete fece segno a Boyd: tu quelli in barca, io quelli a riva. Boyd aprì il fuoco. Il parabrezza esplose e proiettò i tre uomini contro i motori. Pete eliminò i suoi bersagli con un‟unica sventagliata. Néstor si avvicinò alle vittime. Le coprì di sputi in faccia e terminò l‟opera con un colpo in bocca per ciascuno. Pete raggiunse di corsa il motoscafo e balzò a bordo. Boyd proseguì fino ai motori e finì i tre cubani con altrettanti colpi alla tempia. L‟eroina era avvolta in tre strati di cellofan e nascosta in sacche da viaggio. Il peso era sorprendente. Néstor sistemò l‟esplosivo plastico accanto ai fuoribordo. L‟esplosione era prevista per le 7,15. Pete scaricò la droga. Néstor caricò a bordo i sacchi a pelo e i tre che erano morti sulla spiaggia. Boyd ne prese gli scalpi. — Questi sono per Playa Giron — disse Néstor.
Pete fissò il timone ai rinforzi della barra e puntò il motoscafo verso il largo. La bussola indicava sud-sudest. La barca avrebbe mantenuto la rotta, a patto di non incappare in una burrasca o in un‟onda sismica. Boyd accese i motori. Entrambe le eliche partirono al primo colpo. Lui e Pete saltarono a riva e osservarono il motoscafo partire deciso. Sarebbe esploso al largo, dopo una corsa di venti miglia. Pete rabbrividì. Boyd si cacciò gli scalpi nello zaino. Orange Beach sembrava assolutamente incontaminata. Santos Junior avrebbe telefonato. Delsol mi ha fregato in un affare, avrebbe detto. Pete, avrebbe aggiunto, trovami quel succhiacazzi. Santos avrebbe omesso diversi dettagli. Non gli avrebbe detto che l‟affare l‟aveva fatto con i comunisti, tradendo la Causa. Pete attendeva alla Tiger Kab. Si era impadronito del centralino: Delsol non si era più presentato al lavoro. Le chiamate per i taxi si accumulavano. Dov‟è finito Wilfredo?, chiedevano i taxisti. Era in un appartamento segreto. Néstor lo sorvegliava. Mezzo chilo di ero gli faceva compagnia in bella vista. Boyd si era portato il resto della roba nel Mississippi. Boyd sembrava un po‟ teso, quasi le continue uccisioni gli avessero
fatto varcare una linea di confine. Pete si rendeva conto di quale fosse il vero limite. NON CAPITE CHI ABBIAMO FREGATO? Avevano sorvegliato Delsol per due settimane filate. Non li aveva traditi. In caso contrario, la consegna della droga sarebbe saltata. Ora era nascosto nel suo finto rifugio. Si era rapidamente trasformato in un tossico: Néstor continuava a infilargli siringhe nelle braccia. Era fatto di ero, in attesa di quella stramaledetta telefonata. Erano le quattro e mezzo del pomeriggio. Avevano lasciato Orange Beach da più di nove ore. Le chiamate per i taxi si accavallavano insistenti. I telefoni suonavano di continuo. Gli indirizzi si accumulavano e rimanevano dodici auto: Pete era sul punto di gridare o di puntarsi una pistola alla tempia. Teo Paez coprì il microfono con una mano. — Pete, linea due. È il signor Santos. Pete rispose con studiata lentezza. — Salve, capo. Santos pronunciò le parole precise. Santos rispettò le previsioni. — Wilfredo Delsol mi ha fregato. Si sta nascondendo. Voglio che tu me lo trovi. — Che cos‟ha fatto?
— Non fare domande. Trovamelo, e subito. Néstor lo fece entrare. Aveva trasformato il salotto in un gigantesco porcile. Siringhe in piena vista. Merendine al cioccolato schiacciate fra i peli della moquette. Residui di polvere bianca su ogni superficie piatta e affilata. Wilfredo Olmos Delsol: strafatto di ero su un divano di felpa e velour. Pete gli sparò un colpo alla tempia. Néstor gli mozzò tre dita e le fece cadere nel posacenere. Erano le 5,20. Santos non avrebbe mai creduto a una ricerca di un‟ora scarsa. Avevano tempo per rendere credibile la messinscena. Néstor se ne andò: Boyd aveva del lavoro per lui nel Mississippi. Pete cercò di tranquillizzarsi con profondi respiri e una dozzina di sigarette. Visualizzò la scena. Sistemò i dettagli. Quindi si infilò i guanti e si mise al lavoro. Rovesciò il frigorifero. Sventrò il divano fino alle molle. Strappò la tappezzeria del salotto fingendo una frenetica
caccia all‟ero. Bruciò cucchiai. Stese piste di eroina sul tavolino di cristallo. Trovò un vecchio rossetto e ne sporcò diversi mozziconi. Massacrò Delsol con un coltellaccio da cucina. Gli bruciò i testicoli con un attrezzo da incisione trovato in camera da letto. Immerse le mani nel sangue di Delsol e scrisse “Traditore” sulla parete del salotto. Erano le 8,40. Raggiunse di corsa un telefono pubblico. La paura migliorò la sua esibizione. Delsol è morto. È stato torturato. Avevo avuto una spifferata sol suo nascondiglio. Era fatto di eroina. Droga dappertutto. Qualcuno ha sventrato l‟appartamento. Credo che si stesse divenendo con delle puttane. Santos, che cazzo sta succedendo?
Capitolo 80 (Washington, 7.5.62) Littell fece qualche telefonata di lavoro. Hoover gli aveva fornito un dispositivo di disturbo per le intercettazioni. Chiamò Jimmy Hoffa a un telefono pubblico. Jimmy era profondamente intercettafobico. Discussero dell‟ultima accusa di frode. Corrompiamo qualche giurato, suggerì Jimmy. Littell gli promise di inviargli la lista dei nomi. Gli consigliò di mandare avanti qualcun altro perché facesse le offerte. — Come sta andando la faccenda di Jack?, volle sapere Jimmy. — TUTTO PROCEDE, riferì Littell. Jimmy il Poppante disse: spremiamolo subito!!! — Sii paziente, rispose Littell. Lo faremo al momento più opportuno. Jimmy concluse facendo i capricci. Littell chiamò Carlos Marcello a New Orleans. Discussero della sua deportazione. Littell insistette sulla necessità di proseguire con i rallentamenti tattici.
— Il governo federale lo si batte esasperandolo. Lo si stanca e lo si costringe a far girare avvocati su avvocati. Si mette alla prova la pazienza e le risorse della burocrazia, e nel frattempo si allungano i tempi. Carlos capì alla perfezione. Carlos gli rivolse una domanda finale assolutamente stupida. — Posso dedurre dalle tasse le donazioni alla Causa? — Purtroppo no — rispose Littell. Carlos riagganciò. Littell chiamò Pete a Miami. Pete rispose al primo squillo. — Bondurant. — Sono io, Pete. — Ti ascolto, Ward. — C‟è qualcosa che non va? Mi sembri agitato. — No, tutto bene. C‟è qualche problema per la nostra faccenda? — No, tutto bene anche qui. Ma stavo pensando a Lenny, e continuo a trovarlo troppo vicino a Sam per i miei gusti. — Credi che finirà per dirglielo? — Non esattamente. Quello che credo è che… Pete lo interruppe. — Non dirmelo. Sei tu che dirigi lo spettacolo, dunque spiegami soltanto cosa vuoi. — Chiama Turentine — rispose Littell. — Mandalo a Los Angeles e fagli mettere sotto sorveglianza il telefono di Lenny. Anche Barb sarà in zona. Si esibirà in un locale di Hollywood,
il Rabbit‟s Foot Club. Di‟ a Freddy di dare un‟occhiata anche a lei. — Mi sembra giusto — disse Pete. — Oltretutto, ci sono altre cosette che preferirei che Sam non facesse fare a Lenny. — Di cosa stai parlando? — Faccende cubane, non ti interessano. Littell controllò il calendario. I mandati di comparizione proseguivano fino a giugno inoltrato. — Chiama Freddy, Pete. Diamoci da fare. — Potrei anche incontrarlo a Los Angeles. Un cambio di scena mi farebbe bene. — Fallo, allora. E fammi sapere quando è tutto a posto. — D‟accordo. Ci vediamo, Ward. Littell riagganciò. Il dispositivo di disturbo lampeggiò e interruppe il corso dei suoi pensieri. Ormai Hoover l‟aveva accettato. La fase del corteggiamento si era conclusa. Era tornato al suo solito atteggiamento brusco. Hoover si aspettava che lui iniziasse a pregarlo. La prego, restituisca la borsa di studio a Helen Agee. La prego, faccia uscire di galera il mio amico comunista. Ma lui non l‟avrebbe mai fatto. Pete era nervoso. Littell aveva il sospetto che Kemper Boyd lo costringesse a fare cose su cui non aveva alcun
controllo. Boyd collezionava accoliti. Boyd si sentiva tutt‟uno con gli assassini cubani e i poveracci di colore. La sua brillantezza aveva sedotto Pete. Il pasticcio cubano li aveva spinti troppo in là. Carlos gli aveva confidato il loro accordo con Santos Trafficante. I potenziali profitti lo facevano ridere: Santos non avrebbe mai accettato di pagare quelle cifre. Carlos aveva abbracciato la Causa cubana. Carlos sosteneva che Sam e Santos volevano soltanto minimizzare le perdite. Perdite. Ricavi. Potenziali profitti. Lui aveva i registri del Fondo. Aveva bisogno di ritagliarsi un po‟ di tempo e sviluppare una strategia per farli fruttare. Littell fece ruotare la sedia e guardò fuori dalla finestra. I ciliegi in fiore giungevano a sfiorare il vetro: li si poteva toccare allungando una mano. Il telefono squillò. Littell premette il pulsante del vivavoce. — Sì? — Sono Howard Hughes — disse una voce maschile. Littell fu quasi sul punto di scoppiare a ridere. Pete raccontava salaci storielle su Dracula. — Sono Ward Littell, signor Hughes. E sono molto lieto
di parlarle. — È giusto che lo sia — replicò Hughes. — Hoover mi ha comunicato le sue impeccabili credenziali, e io intendo offrirle 200.000 dollari l‟anno in cambio del privilegio di essere al mio servizio. Non le chiederò di trasferirsi a Los Angeles, e comunicheremo soltanto per lettera o per telefono. Suo compito specifico sarà occuparsi dell‟ormai lunghissima pratica Twa e aiutarmi ad acquistare alberghi e casinò di Las Vegas con i profitti che mi aspetto di ricavare proprio dalla Twa. Le sue conoscenze italiane si riveleranno inestimabili in questo senso, ma mi aspetto anche che lei stabilisca buoni rapporti con l‟amministrazione statale del Nevada e che mi aiuti a studiare una politica gestionale che garantisca ai miei alberghi di evitare la contaminazione dei germi portati dai negri… Littell rimase in ascolto. Hughes proseguì. Littell non provò nemmeno a rispondere.
Capitolo 81 (Los Angeles, 10.5.62) Pete reggeva la torcia elettrica. Freddy rimontò il disco. Il lavoro procedeva lento e pieno di intoppi. Freddy fece casino con alcuni fili staccati. — Odio gli apparecchi della Pacific Bell. Odio lavorare di notte e al buio. Odio le derivazioni in camera da letto, perché i fottuti cavi si incastrano dietro il maledetto letto. — Non ti lamentare, fallo e basta. — Il cacciavite continua a incastrarsi. Sei sicuro che Littell voglia che intercettiamo entrambe le derivazioni? — Fallo e basta. Due derivazioni e l‟apparecchio per la ricezione all‟esterno. Lo nasconderemo nei cespugli ai lati del vialetto d‟accesso. Se la piantassi di lamentarti, potremmo cavarcela in meno di venti minuti. Freddy si ferì un dito. — Fanculo. Odio i telefoni della Pacific Bell. E per tradirci Lenny non ha certo bisogno di fare una telefonata da casa. Potrebbe farlo di persona, o da una cabina. Pete serrò la presa sulla torcia elettrica. Il raggio cominciò
a tremare con violenza. — Smettila di lamentarti, porca puttana, se non vuoi che ti infili questo affare su per il culo. Freddy trasalì e urtò uno scaffale. Un album di ritagli di Hush-Hush cadde a terra. — Va bene, va bene. È da quando sei sceso dall‟aereo che sei nervoso, dunque lo dirò una sola volta. I telefoni della Pacific Bell sono delle merde. Quando li intercetti, il 90 per cento delle volte chi chiama sente degli scatti. È inevitabile. E chi terrà d‟occhio la ricevente? Pete si strofinò gli occhi. Stava lottando contro l‟emicrania dalla sera in cui aveva ammazzato Wilfredo Delsol. — Littell può incaricare i federali. Saranno sufficienti dei controlli periodici. Freddy piegò una lampada sul telefono. — Va‟ a sorvegliare la porta. Non riesco a lavorare quando mi stai così sotto. Pete raggiunse il salotto. Il mal di testa lo martellava proprio in mezzo agli occhi. Prese due aspirine. Le mandò giù attaccandosi alla bottiglia di cognac. Le pillole scivolarono senza problemi. Pete le fece seguire da un‟altra breve sorsata. Il mal di testa si calmò. Le vene sopra gli occhi smisero di
pulsare. Santos si era bevuto la messinscena. Santos non gli aveva mai detto in cosa consistesse la fregatura che gli aveva tirato Delsol. Santos aveva confidato che anche Sam G. era stato fregato. Non aveva accennato alla droga rubata né ai quindici morti. Non aveva ammesso che alcuni pezzi grossi dell‟Organizzazione avevano iniziato a fare piedino a Fidel Castro. Aveva detto di essere costretto a mollare la squadra scelta. — Per il momento, Pete. Ho sentito dire che i federali daranno un giro di vite. Voglio allontanarmi dal mercato della droga per qualche tempo. Aveva appena importato cento chili di ero, e parlava di allontanamento. Santos gli aveva mostrato un rapporto di polizia. Il dipartimento di Miami si era bevuto la messinscena. Lo consideravano un agghiacciante regolamento di conti fra spacciatori, con probabili colpevoli cubani. Boyd e Néstor erano tornati nel Mississippi. La roba era chiusa in quaranta cassette di sicurezza. Avevano ripreso l‟addestramento per l‟assassinio di Castro. Non si curavano del fatto che l‟Organizzazione fosse culo
e camicia con Fidel. Non sembravano rendersi conto che vi erano uomini che avrebbero potuto fermarli. Non avevano veramente paura. Lui sì. Loro non sapevano che con l‟Organizzazione non si scherzava. Lui sì. Lui aveva sempre obbedito agli uomini con il VERO potere. Non aveva mai infranto le regole che essi avevano imposto. Aveva dovuto fare ciò che aveva fatto, ma non sapeva PERCHÉ. Santos giurava vendetta. Santos ripeteva che avrebbe scovato i ladri, a qualsiasi costo. Boyd credeva di poter rivendere la roba. Boyd si sbagliava. Boyd diceva che avrebbe rivelato di persona i collegamenti fra la mafia e l‟Agenzia. Boyd sosteneva che sarebbe riuscito a tamponare la rabbia di Bobby. Ma non l‟avrebbe fatto. Non avrebbe osato. Non avrebbe mai rischiato di perdere la faccia con i Kennedy. Pete prese un altro sorso di cognac. In tre colpi secchi aveva fatto fuori un terzo della bottiglia. Freddy giunse in salotto trascinando la sua attrezzatura. —
Andiamo. Ti riaccompagno in albergo. — Vai pure. Voglio fare quattro passi. — Dove? — Non lo so. Il Rabbit‟s Foot Club era una trappola rovente: quattro mura invase dal fumo e dall‟aria viziata. La pista da ballo era invasa da minorenni: grossa infrazione della legge per un locale che serviva alcolici. Joey e i suoi ragazzi suonavano svogliati. Barb cantava una canzoncina idiota. Una puttana triste e solitaria sedeva al bar. Barb lo vide. Sorrise e sbagliò le parole della canzone. L‟unico separé che offriva un minimo di riservatezza era occupato. Due marines e due liceali che chiedevano solo di essere sfrattati. Pete li mandò a quel paese. I due marines valutarono la sua taglia e obbedirono. Le ragazze lasciarono sul tavolo le loro bevande a base di rum e frutta. Pete si sedette e prese a sorseggiarle. Il mal di testa arretrò ulteriormente. Barb chiuse lo spettacolo con una fiacca versione di Twilight Time. Qualcuno fra il pubblico applaudì. Il gruppo scomparve
dietro le quinte. Barb lo raggiunse decisa e si sedette. Pete le scivolò accanto. — Che sorpresa — disse Barb. — Ward mi aveva detto che eri a Miami. — Ho pensato di venire a vedere come procedevano le cose. — Intendi dire che volevi controllarmi? Pete scosse il capo. — Di te ci fidiamo tutti. Sono venuto con Freddy Turentine per controllare Lenny. — Lenny è a New York — rispose Barb. — È andato a trovare un‟amica. — Una certa Laura Hughes? — Credo di sì. Una riccona con casa sulla 5a Avenue. Pete prese a giocherellare con il suo accendino. — Laura Hughes è la sorellastra di Jack Kennedy. Un tempo era fidanzata con quel Kemper Boyd di cui Jack ti ha parlato. Boyd era il mentore di Ward Littell all‟interno dell‟FBI. La mia ex compagna, Gail Hendee, andava a letto con Jack durante la sua luna di miele. Lenny dava a Jack lezioni di dizione già nel „46. Barb prese una delle sigarette di Pete. — Mi stai dicendo che è tutto un po‟ troppo incestuoso. Pete le fece accendere. — Non so cosa ti sto dicendo. Barb si scostò i capelli dal volto. — Gail Hendee lavorava con te? — Sì.
— Divorzi? — Esatto. — Era brava come me? — No. — Eri geloso del fatto che fosse andata a letto con Jack Kennedy? — Soltanto quando Kennedy ha fottuto anche me. — Cosa intendi dire? — Che ero personalmente coinvolto nella Baia dei Porci. Barb sorrise. La luce del locale le faceva brillare i capelli. — Sei geloso di Jack e di me? — Se non avessi ascoltato i nastri, forse lo sarei. — Cosa intendi dire? — Che non gli stai dando nulla di reale. Barb scoppiò a ridere. — C‟è questo agente del Servizio Segreto, molto gentile, che mi riaccompagna in albergo. L‟ultima volta ci siamo fermati a mangiare una pizza. — Stai dicendo che con lui c‟è qualcosa di reale? — Solo se si fa il confronto con un‟ora in compagnia di Jack. Il jukebox iniziò a sbraitare. Pete allungò la mano e strappò la spina dal muro. — Hai ricattato Lenny perché ti aiutasse — disse Barb. — Lenny è abituato ad essere ricattato.
— Sei teso. Stai tamburellando con il ginocchio contro il tavolo e non te ne rendi neanche conto. Pete si bloccò. Il piede del cazzo iniziò a muoversi sul pavimento. — Sei spaventato da quello che stiamo facendo? — chiese Barb. Pete costrinse le ginocchia a fermarsi. — No, è qualcos‟altro. — A volte penso che quando sarà tutto finito mi ucciderai. — Noi non uccidiamo le donne. — Tu l‟hai fatto, una volta. Me l‟ha detto Lenny. Pete trasalì. — E tu ti sei messa con Joey perché facesse ammazzare i violentatori di tua sorella. Barb non trasalì. Non si mosse. Non mostrò nemmeno un filo di paura. — Avrei dovuto saperlo che saresti stato tu a preoccupartene. — Cosa intendi dire? — Che volevo mettere alla prova Jack. Pete scrollò le spalle. — Jack è un uomo molto impegnato. — Lo sei anche tu. — Ti da fastidio che Johnny Coates sia ancora vivo? — Solo quando penso a Margaret. Solo quando penso che non si lascerà mai più sfiorare da un uomo.
Pete sentì sprofondare il pavimento. — Dimmi che cosa vuoi — riprese Barb. — Voglio te — rispose Pete. Presero una stanza all‟Hollywood-Roosevelt. Il cartellone del Grauman‟s Chinese Theatre illuminava la loro finestra. Pete si tolse i pantaloni con un calcio. Barb si strappò di dosso l‟abitino di scena. Alcuni diamanti artificiali caddero a terra. Pete si ferì i piedi calpestandoli. Barb gettò la sua fondina sotto il letto. Pete tolse le coperte dal letto. Il profumo stantio di cui erano impregnate lo faceva starnutire. Barb portò le braccia dietro il collo e si sganciò la collana. Pete vide le ascelle rasate e cosparse di talco. Le bloccò i polsi contro il muro. Lei si rese conto di quello che lui desiderava e lo lasciò fare. Il suo sapore era pungente. Barb piegò le braccia perché lui lo sentisse fino in fondo. Pete sentì i suoi capezzoli induriti. Annusò il sudore che le colava dalle spalle. Barb si prese i seni e glieli avvicinò alle labbra. Le grosse vene e le lentiggini erano qualcosa che lui non aveva mai visto. Li baciò, li morse, la sospinse contro la parete con la bocca.
Il respiro di lei si fece affannoso. Le sue pulsazioni gli facevano vibrare le labbra. Pete le fece scivolare la mano lungo le gambe e le affondò un dito nel sesso. Lei lo allontanò. Si avvicinò barcollando al letto e vi si distese di traverso. Lui le divaricò le gambe e si inginocchiò sul pavimento. Le carezzò il ventre, le braccia e i piedi. Ovunque la toccasse, sentiva il battito del suo cuore. Il suo corpo era un intrico di grosse vene che pulsavano fra la peluria rossa e le lentiggini. Pete affondò i lombi nel materasso. Il movimento lo fece diventare così duro che sentì una fitta di dolore. Le assaggiò il ciuffo di peli. Sentì le pieghe della pelle. La fece impazzire con piccoli morsi e strofinamenti. Barb si contorceva. Barb emetteva strani suoni deliranti. Pete venne senza che lei lo sfiorasse. Tremò, singhiozzò e non smise di assaporarla. Barb si contrasse. Strinse le lenzuola fra i denti. Si rilassò e si contrasse, si rilassò e si contrasse, si rilassò e si contrasse. Inarcò la schiena e appiattì il materasso contro la rete. Pete desiderò che non finisse mai. Non voleva perdere il suo sapore.
Capitolo 82 (Meridian, 12.5.62) L‟impianto dell‟aria condizionata era andato in corto circuito. Kemper si svegliò in un bagno di sudore. Inghiottì quattro Dexedrine. E immediatamente iniziò a “elaborare” menzogne. “Non ti ho parlato dei legami perché: Non lo sapevo. Non volevo che Jack ne subisse le conseguenze. Li ho scoperti solo di recente, e ho creduto che fosse meglio non svegliare il can che dorme. “La mafia e la CIA? Quando l‟ho saputo non potevo crederci.” Le menzogne gli parvero deboli. Bobby avrebbe indagato e sarebbe risalito al suo primo coinvolgimento con l‟Agenzia, nel lontano „59. Bobby l‟aveva chiamato la sera prima. — Ci vediamo domani a Miami — aveva ordinato. — Voglio che tu mi mostri JM/Wave. Qualche minuto dopo Pete aveva telefonato da Los
Angeles. In sottofondo una donna canticchiava un motivo twist. Pete aveva detto di avere appena parlato con Santos. Santos gli aveva dato l‟incarico di mettersi sulle tracce dei ladri. — Ha detto di trovarli, Kemper. E di non ucciderli nella maniera più assoluta. Non mi è parso troppo preoccupato dall‟eventualità che scopra che la droga veniva da Castro. Kemper gli aveva suggerito di mettere in piedi un‟altra messinscena. Vado subito a New Orleans e mi metto al lavoro, aveva risposto Pete. Chiamami all‟Olivier House Hotel o all‟ufficio di Guy Banister. Kemper si preparó uno speedball di ero e coca e lo sniffò. La coca gli fece penetrare la Dexedrina nel cervello. Dall‟esterno provenne il passo cadenzato dei cubani. Laurent li faceva esercitare ogni mattina. Flash e Juan gli arrivavano al petto. Néstor poteva entrare nel suo zaino. Il giorno prima Néstor aveva accoltellato un bifolco. Il poveraccio non aveva fatto che ammaccargli il paraurti dell‟auto. Néstor era in fibrillazione fin dal mattino dopo il colpo. Néstor se l‟era data. Il buzzurro se l‟era cavata. Flash aveva confessato: Néstor aveva rubato un motoscafo ed era salpato per Cuba.
Aveva lasciato un biglietto. Metti da parte la mia percentuale, diceva. Tornerò con la testa di Castro. Kemper si fece la doccia e la barba. La sniffata faceva tremare il rasoio. Non riusciva a trovare le bugie giuste. Bobby portava occhiali da sole e cappello. Kemper l‟aveva convinto a rimanere in incognito. Il ministro della Giustizia con occhiali scuri e un cappello di feltro dalla tesa troppo stretta. Il ministro della Giustizia vestito come uno scarto del Rat Pack. Visitarono il centro. Il travestimento di Bobby provocava strane occhiate. Gli agenti a contratto di passaggio salutavano Kemper con un gesto della mano. E lui non riusciva a trovare le bugie giuste. La ricognizione procedeva lentamente. Bobby ridusse la sua famosa voce a poco più di un sussurro. Alcuni cubani lo riconobbero ma stettero al gioco. Kemper gli mostrò la sezione “Propaganda”. Un agente responsabile prese a recitare statistiche. Nessuno disse: Jack Kennedy è una donnicciola lamentosa. Nessuno fece nomi di mafiosi. Nessuno lasciò trapelare di conoscere Kemper Boyd da prima della Baia dei Porci. Bobby apprezzò i piani di ricognizione aerea. La sala
comunicazioni lo colpì molto. E Kemper non riusciva a trovare le menzogne giuste. I dettagli non riuscivano a dare una seppur vaga idea di verosimiglianza. Entrarono nella sezione “Mappe”. Chuck Rogers fece per avvicinarsi con aria gagliarda. Kemper riuscì a portare via Bobby appena in tempo. Bobby andò in bagno e ne uscì sdegnato. Qualcuno aveva scritto slogan antikennediani sopra gli orinatoi. Raggiunsero la caffetteria dell‟università. Bobby offrì caffè e dolcetti. Gli studenti passavano accanto al loro tavolo reggendo i vassoi. Kemper lottava per tenere a bada la propria irrequietezza: la Dexedrina stava facendo un effetto particolarmente potente. Bobby si schiarì la gola. — Dimmi pure quello che stai pensando. — Cosa? — Dimmi pure che le azioni di disturbo costiero e la raccolta di informazioni non sono sufficienti. Dimmi pure per la trecentesima volta che dobbiamo assassinare Fidel Castro, così non ci pensi più. Kemper sorrise. — Dobbiamo assassinare Fidel Castro. E memorizzerò la tua risposta per non fartela ripetere un‟altra
volta. — La conosci già, la mia risposta — disse Bobby. — Detesto gli eccessi, e odio questo cappellaccio. Come fa Sinatra a sopportarli? — Lui è italiano. Bobby indicò un gruppo di studentesse in pantaloncini. — Non ci sono regole su come vestirsi, in questo posto? — La regola è coprirsi il meno possibile. — Dovrei dirlo a Jack. Potrebbe decidere di dedicarsi ai problemi della scuola. Kemper scoppiò a ridere. — Sono lieto di vedere che stai diventando più tollerante. — Più consapevole, forse. — E più contrario sullo specifico? — Touché. Kemper sorseggiò il suo caffè. — Chi sta frequentando in questo periodo? — Le solite sciacquette. E una cantante di twist che gli ha presentato Lenny Sands. — Che non è una sciacquetta? — Diciamo che è mentalmente superiore a quello che fa. — L‟hai conosciuta? Bobby annuì. — Lenny l‟ha portata a una festa di Peter Lawford nella sua villa di Los Angeles. Ho avuto l‟impressione
che sia più brillante di quasi tutti quelli che la circondano, e Jack mi chiama sempre dal Carlyle per dirmi quanto è intelligente, che è un commento alquanto diverso da quelli che solitamente dedica a una sua scopata. Lenny, il twist, Los Angeles: una triade singolare. — Come si chiama? — Barb Jahelka. Jack era al telefono con lei proprio stamane. Nonostante l‟abbia svegliata alle 5 del mattino, lei ha replicato in modo divertente e brillante. La sera prima Pete l‟aveva chiamato da Los Angeles. Con lui c‟era una donna che canticchiava Let‟s Twist Again. — Cos‟ha che disapprovi? — Probabilmente il fatto stesso che non si comporti come la maggior parte delle sveltine di Jack. Pete era un ricattatore. Lenny strisciava nel mondo dello spettacolo di Los Angeles. — Pensi che possa essere pericolosa? — Non esattamente. Sono sospettoso perché sono il ministro della Giustizia degli Stati Uniti, e il sospetto fa parte del mio lavoro. Ma che cosa te ne importa? Le abbiamo già concesso due minuti in più di quelli che si merita. Kemper accartocciò il suo bicchiere di polistirolo. — Cercavo di sviare il discorso da Fidel. Bobby scoppiò a ridere. — Bravo. No, tu e i tuoi amichetti
cubani non potete assassinarlo. Kemper si alzò. — Vuoi dare un‟altra occhiata in giro? — No. Ho un‟auto che mi sta venendo a prendere. Vuoi che ti accompagni all‟aeroporto? — No. Devo fare un paio di telefonate. Bobby si tolse gli occhiali. Una studentessa lo riconobbe e lanciò uno strillo. Kemper requisì un ufficio deserto. La centralinista lo mise direttamente in linea con il reparto Informazioni del dipartimento di polizia di Los Angeles. — Reparto Informazioni — rispose una voce maschile. — Agente Graham. — Dennis Payne, per favore. Gli dica che è Kemper Boyd, e che chiamo in interurbana. — Stia in linea, prego. Kemper prese a scribacchiare su un blocchetto per gli appunti. Payne giunse immediatamente in linea. — Signor Boyd, come sta? — Bene, sergente, e lei? — Me la cavo. E scommetto che mi deve chiedere un favore. — Ha vinto. Ho bisogno che mi controlli la fedina di una
donna di nome Barbara Jahelka. Età probabilmente compresa fra i ventidue e i trentadue anni, abitante a Los Angeles, credo. Mi serve anche un numero di telefono riservato. Il titolare è Lenny Sands o Leonard J. Seidelwitz. È probabile che si trovi a West Hollywood. — Ricevuto — fece Payne. — Resti in linea, d‟accordo? Potrei aver bisogno di qualche minuto. Kemper attese. La sniffata gli stava procurando un‟ondata di leggere palpitazioni. Pete non aveva spiegato perché si trovava a Los Angeles. Lenny era sempre ricattabile e corruttibile. Payne tornò in linea. — Signor Boyd? Abbiamo ottenuto due successi. Kemper afferrò una penna. — Mi dica tutto. — Il numero di Sands è OL5-3980, e sulla fanciulla ho una detenzione per possesso di marijuana. È l‟unica Barbara Jahelka nel nostro schedario, e la data di nascita combacia con i termini che mi ha indicato. — La sua situazione? — Arrestata nel luglio del „57, ha fatto sei mesi dentro e due anni di libertà vigilata. Informazioni inutili. — Potrebbe vedere se c‟è qualcosa di più recente? — Certamente — rispose Payne. — Controllerò presso
l‟ufficio dello sceriffo e gli altri dipartimenti della zona. Se si è messa nei pasticci dopo il „57, lo scopriremo. — Grazie, sergente. Lo apprezzo molto. — Mi dia un‟ora, signor Boyd. A quel punto dovrei saperle dire qualcosa. Kemper riagganciò. Il centralino lo mise in comunicazione con il numero di Lenny. Udì tre squilli e una serie di lievi scatti metallici e chiuse la comunicazione. Pete era un ricattatore. Pete era un intercettatore. Il socio di Pete era il celebre Fred Turentine. Il fratello di Freddy aveva un negozio di riparazioni televisive a Los Angeles. Fra un‟intercettazione e l‟altra, Freddy lavorava con lui. Kemper chiamò l‟ufficio Informazioni di Los Angeles. L‟operatore gli fornì il numero. Kemper lo comunicò alla centralinista e chiese di essere messo in comunicazione. La linea sibilava e gracchiava. Un uomo rispose al primo squillo. — Turentine‟s TV, buongiorno. Kemper simulò un ringhio da malvivente. — C‟è Freddy? Sono Ed, un amico di Freddy e Pete Bondurant. L‟uomo diede un colpo di tosse. — Freddy è a New York. È passato di qui qualche giorno fa, ma ora è tornato su. — Merda. Devo mandargli una cosa. Ha lasciato un
indirizzo? — Sì. Aspetti… vediamo… eccolo, 94 East 76a, New York. Il numero di telefono è MU6-0197. — Grazie — disse Kemper. — Molto gentile. L‟uomo tornò a tossire. — Me lo saluti. Gli dica che suo fratello gli raccomanda di non mettersi nei guai. Kemper riagganciò. L‟ufficio attorno a lui sembrava sfocato. Turentine si era sistemato fra la 76a e Madison. Il Carlyle Hotel faceva angolo fra le due vie. Kemper ridiede alla centralinista il numero di Lenny. Quando fu di nuovo in linea, udì tre squilli seguiti da altrettanti scatti lievi. — Residenza del signor Sands — rispose una voce femminile. — Parlo con la segreteria del signor Sands? — Sì, signore. Il signor Sands si trova a New York. Il numero è MU6-2433. Casa di Laura. Kemper riagganciò e si rimise in linea con il centralino. — Mi dica, signor Boyd — disse la telefonista. — Mi metta in comunicazione con New York, per cortesia. Il numero è MU6-0197. — Riagganci, signor Boyd. Tutte le linee sono occupate,
ma le darò la linea fra un attimo. Kemper premette il pulsante sulla forcella. I dettagli combaciavano: e l‟istinto gli diceva… Il telefono squillò. Kemper sollevò la cornetta. — Sì? — Cosa significa “sì”? È stato lei a chiamare. Kemper si asciugò il sudore dalla fronte. — Ha ragione. Parlo con Fred Turentine? — Esatto. — Sono Kemper Boyd. Lavoro con Pete Bondurant. Il silenzio che seguì durò un secondo di troppo. — Sta cercando Pete? — Esatto. — Pete è a New Orleans. — Già. Me n‟ero dimenticato. — Ma perché credeva fosse qui? — Era solo un‟intuizione. — Intuizione „sto cazzo. Pete mi ha detto che non avrebbe dato questo numero a nessuno. — È stato suo fratello. — Be‟, cazzo, non avrebbe… — Grazie, Fred. Cercherò Pete a New Orleans. La linea si interruppe. Turentine riagganciò confuso e spaventato.
Kemper osservò la lancetta dei secondi compiere il giro completo del suo orologio. Le maniche della camicia erano fradice di sudore. Pete lo farebbe. Pete non lo farebbe mai. Pete era un socio di lunga data, e la cosa significava… Nulla. Gli affari erano affari. Jack si era intromesso fra loro. Un “triangolo twist”: Jack, Pete e Barb comesichiama. Kemper si rimise in contatto con il centralino. L‟operatrice richiamò il dipartimento di Los Angeles. Rispose la voce di Payne. — Reparto Informazioni. — Sono Kemper Boyd, sergente. Payne liberò una risata. — Un‟ora precisa. — Ha trovato qualcos‟altro? — Sì. Nel 1960 il dipartimento di Beverly Hills ha arrestato la Jahelka per estorsione. Gesù Cristo… — Dettagli? — La fanciulla e il suo ex marito avevano cercato di ricattare Rock Hudson con delle foto spinte. — Di Hudson a letto con lei? — Esatto. Avevano chiesto del denaro, ma Hudson si è rivolto alla polizia. La Jahelka e il manto sono stati arrestati, ma poi Hudson ha ritirato le accuse. — Puzza di imbroglio — commentò Kemper. — Altroché — convenne Payne. — Un mio amico del
dipartimento di Beverly Hills dice che era un trucchetto per far passare Hudson come figaiolo, quando in realtà è una specie di zia. Si dice che dietro ci fosse qualcuno di Hush-Hush. Kemper ripose la cornetta sulla forcella. Le lievi palpitazioni giunsero quasi a mozzargli il fiato. LENNY. Prese il volo delle 13,45 per il La Guardia. Ingoiò quattro Dexedrine e a bordo le innaffiò con due martini. Passò tre ore e mezzo a fare a pezzetti tovagliolini di carta e a controllare di continuo l‟orologio. Atterrarono in orario. Kemper salì su un taxi di fronte al terminal. Disse al conducente di passare davanti al Carlyle e lasciarlo all‟incrocio fra la 64a e la 5a Avenue. Il traffico dell‟ora di punta procedeva a passo d‟uomo. Impiegarono un‟ora per giungere al Carlyle. Il 94 East della 76a era a cinquanta metri dall‟albergo. Una postazione d‟ascolto ideale. Il taxista svoltò verso sud e lo lasciò di fronte a casa di Laura. Il portiere era occupato a parlare con un inquilino. Kemper si precipitò nell‟atrio. Una vecchietta gli tenne
aperto l‟ascensore. Premette il tasto del dodicesimo piano. L‟anziana signora si ritrasse. Kemper scorse la mano destra serrata attorno al calcio della pistola e cercò di rammentarsi di quando l‟avesse impugnata. Se l‟infilò sotto la cintura. La vecchietta si riparò dietro un‟enorme borsetta. La corsa dell‟ascensore sembrò durare all‟infinito. La porta si aprì. Laura aveva riarredato l‟ingresso in stile provenzale. Kemper l‟attraversò. Alle sue spalle l‟ascensore riprese a salire. Udì qualcuno ridere in terrazzo. Si lanciò verso le voci. Inciampò nei tappeti. Percorse l‟ultimo corridoio a velocità folle, rovesciando due lampade e un tavolino. Erano in piedi. Reggevano bicchieri e sigarette. Sembravano trattenere il respiro. Laura, Lenny e Claire. Sembravano strani. Sembrava quasi che non lo conoscessero. Kemper vide la sua pistola puntata. Vide il grilletto pronto a scattare. Disse qualcosa su un ricatto ai danni di Jack Kennedy.
— Papà? — chiese Claire, quasi non ne fosse sicura. Kemper puntò l‟arma su Lenny. — Papà, ti prego — disse Claire. Laura fece cadere la sigaretta. Lenny gli gettò la sua in faccia e sorrise. La brace lo ustionò. Le scintille gli bruciarono la giacca. Kemper tese il braccio e premette il grilletto. La pistola si inceppò. Lenny sorrise. Laura gridò. Lo strillo di Claire lo fece fuggire.
Capitolo 83 (New Orleans, 12.5.62) Si scambiavano stronzate. L‟ufficio di Banister era sommerso da fogliacci di estrema destra. Guy disse che il Klan aveva incendiato alcune chiese. Pete rivelò che Heshie Ryskind aveva il cancro. La squadra di Boyd per l‟assassinio di Castro era supertosta. Dougie Frank Lockhart era un gran contrabbandiere d‟armi. — Wilfredo Delsol ha inculato Santos Junior in un affare di droga, disse Pete. — Ed è stato a sua volta inculato da inculatori ignoti. Banister sorseggiava bourbon. Pete insisté nella buffonata. — Guy, che cosa hai sentito dire di questa faccenda? — Non si dice un cazzo, rispose Guy. — Certo che no, Sherlock: ti sto raccontando un sacco di balle. Stravaccato su una poltroncina, Pete si gingillava con un bicchierone di Jack Daniel‟s. Lo sorseggiava con discrezione per farsi passare l‟emicrania.
New Orleans era bollente. L‟ufficio era ancora più caldo. Seduto dietro la sua scrivania, Guy si tergeva il sudore dalla fronte con la lama di un coltello a serramanico. Pete non riusciva a non pensare a Barb. Non poteva stare più di sei secondi senza che gli tornasse in mente. Il telefono squillò. Banister affondò le mani fra le carte e pescò il ricevitore. — Sì?… Sì, è qui. Un attimo. Pete si alzò e prese l‟apparecchio dalla scrivania. — Chi parla? — Sono Fred. E tu vedi bene di non incazzarti per quello che ti sto per dire. — Calmati, Fred. — Non ti puoi calmare quando hai una commozione cerebrale, cazzo. Non ti puoi calmare quando… Pete si portò all‟estremità più lontana dell‟ufficio. Il cavo del telefono si tese. — Tranquillizzati, Freddy. Dimmi solo cos‟è successo. Freddy prese fiato. — D‟accordo. Stamattina Kemper Boyd mi ha chiamato alla stazione di ascolto. Ha detto che ti stava cercando, ma ho subito capito che mentiva. È venuto a trovarmi, di persona, non più di un‟ora fa. Ha bussato alla porta con una faccia da pazzo. Non l‟ho lasciato entrare, e dalla finestra l‟ho visto scaraventare a terra una vecchietta e schizzare sul taxi da cui la poveraccia stava scendendo.
Il cavo era sul punto di spezzarsi. Pete fece un passo indietro. — Tutto qui? — No, cazzo! — Freddy, che cosa stai… — Sto dicendo che qualche minuto dopo è arrivato Lenny Sands. L‟ho fatto entrare perché immaginavo che potesse spiegarmi qualcosa di Boyd. Mi ha sfondato il cranio con una sedia e ha saccheggiato l‟appartamento. Ha preso tutti i nastri e le trascrizioni scritte e se n‟è andato. Ho ripreso conoscenza dopo… cazzo ne so, sarà stata una mezz‟ora. Sono passato dal Carlyle. Di fronte c‟era un battaglione di auto della polizia. Pete, Pete, Pete… Le gambe gli cedettero. Si afferrò alla parete. — Pete, è stato Lenny. Ha fatto irruzione nella suite di Kennedy. Ha strappato tutti i microfoni ed è fuggito da una scala antincendio. Pete, Pete, Pete… Pete, ce l‟abbiamo nel culo… Pete, è stato Lenny… Pete, ho sgombrato la stazione di ascolto, ho spostato l‟equipaggiamento e… La linea si interruppe. Pete aveva strappato il cavo dalla parete. Boyd sapeva che si trovava a New Orleans. Boyd sarebbe arrivato con il primo volo disponibile. L‟operazione era bruciata. In qualche modo Boyd e Lenny
si erano scontrati e avevano mandato tutto a puttane. I federali l‟avevano certamente saputo. Il Servizio Segreto anche. Boyd non poteva tentare di spiegarsi con Bobby: i legami con la mafia lo compromettevano. Boyd l‟avrebbe raggiunto. Boyd sapeva di trovarlo all‟albergo di fronte. Pete sorseggiò il bourbon e suonò ogni singolo twist offerto dal jukebox. Una cameriera si precipitava puntuale a riempirgli il bicchiere. Presto sarebbe giunto un taxi. Ne sarebbe sceso Boyd. Avrebbe intimidito l‟impiegato dell‟accettazione e sarebbe riuscito a entrare nella camera 614. Vi avrebbe trovato un biglietto. Avrebbe seguito le istruzioni. L‟avrebbe raggiunto con il registratore nel separé del Ray Becker‟s Tropics. Pete teneva d‟occhio la porta. A ogni singolo brano twist, Barb diventava più vicina. Due ore prima l‟aveva chiamata a Los Angeles. L‟aveva informata del fallimento. Le aveva detto di partire subito per Ensenada e rifugiarsi al Playa Rosada. Barb aveva assicurato che sarebbe partita subito. — Fra noi non è finita, vero? — gli aveva chiesto.
— No — le aveva risposto. Nel bar si cuoceva. New Orleans aveva il primato del caldo. I temporali scoppiavano e cessavano prima che ci fosse il tempo di sbattere le palpebre. Boyd entrò nel locale. Pete avvitò il silenziatore alla sua Magnum e se la posò accanto sul divanetto. Boyd aveva messo il registratore in una valigetta. Teneva una 45 automatica premuta contro la coscia. Si avvicinò. Si sedette di fronte a Pete e posò a terra la valigetta. Pete la indicò. — Tira fuori il registratore. È caricato a pile, e c‟è un nastro già montato. Devi solo accenderlo. Boyd scosse il capo. — Metti la pistola sul tavolo. Pete obbedì. — Ora scaricala — ordinò Boyd. Pete l‟accontentò. Boyd tolse il caricatore dalla sua e avvolse entrambe le armi nella tovaglia. Era sporco e macilento. Kemper Boyd in disordine: una prima assoluta. Pete si tolse dalla cintura una 38 a canna mozza. — È pura compartimentazione, Boyd. Non c‟entra niente con il resto. — Non m‟interessa. — La penserai diversamente quando sentirai quel nastro. Erano i soli a occupare un separé. Se la situazione fosse precipitata, avrebbe potuto ucciderlo e fuggire dalla porta sul
retro. — Hai oltrepassato la linea, Pete. Sapevi dov‟era, e l‟hai superata. Pete si strinse nelle spalle. — Non gli abbiamo fatto niente, e Bobby è troppo furbo per coinvolgere le autorità. Possiamo uscircene di qui e ricominciare tutto daccapo. — E fidarci l‟uno dell‟altro? — Non vedo perché no. Jack è l‟unico ad essersi messo fra noi. — Credi onestamente che le cose siano così semplici? — Credo che le si possa rendere semplici. Boyd aprì la valigetta. Pete posò il registratore sul tavolo e premette il pulsante della riproduzione. La bobina iniziò a ruotare. Pete aumentò il volume per coprire la musica del jukebox. — Kemper Boyd è qualcosa di simile, ma mi mette un po' a disagio — disse Jack Kennedy. — Chi è Kemper Boyd? — chiese Barb Jahelka. Jack: — Un legale del Dipartimento di Giustizia. Jack: — Il suo grande rimpianto è di non essere un Kennedy. Jack: — È andato a Yale, mi ha incontrato e… Boyd tremava. Boyd era malmesso. Boyd era sul punto di crollare. Jack: — Ha lasciato la donna a cui era fidanzato per
ottenere i miei favori. Jack: — Sta vivendo una sua fantasia malata… Boyd calò un pugno sul registratore. Le bobine si piegarono, creparono, si spezzarono. Pete lo lasciò infierire finché le sue mani non furono rosse di sangue.
Capitolo 84 (Meridian, 13.5.62) L‟aeroplano atterrò e si fermò sbandando. Kemper si aggrappò allo schienale di fronte. Le tempie gli pulsavano. Le mani gli pulsavano. Non dormiva da trentasei ore. Il copilota spense il motore e aprì il portello d‟uscita. Il sole e l‟aria bollente fecero irruzione all‟interno. Kemper scese e raggiunse la sua auto. Le bende attorno alle dita trasudavano sangue. Pete lo aveva convinto a non vendicarsi. Pete gli aveva confidato che era stato Ward Littell a organizzare tutto. Fece ritorno al motel. Davanti a lui la strada si confondeva, perdendosi in più di trenta ore di alcol e Dexedrina. Il parcheggio era pieno. Posteggiò accanto alla Chevy di Flash Elorde. Il sole martellava il doppio di quanto avrebbe dovuto. “Papà, ti prego“, continuava a ripetere Claire. Raggiunse la camera. La porta si spalancò non appena la sua mano sfiorò la maniglia.
Qualcuno lo trascinò all‟interno. Qualcuno gli fece perdere l‟equilibrio con un calcio sugli stinchi. Qualcuno lo gettò a terra bocconi e lo ammanettò premendogli il volto sul pavimento. — Abbiamo trovato narcotici — disse qualcuno. — E armi illegali — aggiunse qualcuno. — Ieri sera a New York Lenny Sands si è suicidato — annunciò qualcuno. — Ha preso una stanza in un albergo da strapazzo, si è tagliato le vene e ha scritto “Sono un omosessuale” con il suo stesso sangue sulla parete sopra il letto. Il lavabo e il gabinetto erano pieni di frammenti di nastro magnetico carbonizzato, risultato dell‟intercettazione presso la suite della famiglia Kennedy al Carlyle Hotel. Kemper cercò di divincolarsi. Qualcuno gli mise un piede in faccia e l‟immobilizzò. — Poche ore prima Sands era stato visto fare irruzione nella suite — intervenne qualcuno. — Il dipartimento di polizia di New York ha individuato una stazione di ascolto situata a poca distanza dall‟albergo. Era stata sgombrata e ripulita dalle impronte, e ovviamente affittata con un nome falso, ma i responsabili dell‟intercettazione si erano lasciati dietro una gran quantità di nastro vergine. — Lei è il responsabile dell‟estorsione — disse qualcuno. — Abbiamo arrestato i suoi cubani e Guéry, il francese — aggiunse qualcuno. — Non parleranno, ma si beccheranno una
condanna per porto d‟armi abusivo. — Basta così — intervenne qualcuno. Quel qualcuno era il ministro della Giustizia, Robert F. Kennedy. Qualcuno lo fece sedere su una sedia. Qualcuno gli slacciò le manette e gliele riallacciò attorno a uno dei pali ai piedi del letto. La stanza era invasa dagli uomini di Bobby: sei o sette energumeni in dozzinali abiti estivi. Gli agenti se ne andarono richiudendosi la porta alle spalle. Bobby si sedette sul bordo del letto. — Che Dio ti maledica, Kemper. Che Dio ti maledica per quello che hai cercato di fare a mio fratello. Kemper tossì. Tutto, attorno a lui, sembrava oscillare. Vedeva due letti e due Bobby. — Non ho fatto nulla. Ho cercato di smascherarli. — Non ti credo. La tua irruzione a casa di Laura è stata come un‟ammissione di colpa. Kemper sussultò. Le manette gli fecero sanguinare i polsi. — Credi quel cazzo che vuoi, stronzetto moralista. E di‟ pure a tuo fratello che nessuno l‟ha mai amato di più ricevendo meno in cambio. Bobby gli si fece sotto. — Tua figlia Claire mi ha detto tutto. Sono più di tre anni che lavori per la CIA. L‟Agenzia ti
aveva specificamente incaricato di imbottire mio fratello di propaganda anticastrista. Claire ha saputo da Lenny Sands che tu hai svolto un ruolo fondamentale nel coinvolgere membri del crimine organizzato nelle attività segrete della CIA. Ci ho riflettuto a fondo, e sono giunto alla conclusione che i miei sospetti iniziali fossero giusti. Credo che Hoover ti abbia incaricato fin dall‟inizio di spiare la mia famiglia, e il giorno stesso che mio fratello lo costringerà a dimettersi glielo rinfaccerò di persona. Kemper serrò i pugni. I polsi gli si slogarono, le ossa si scheggiarono. Bobby giunse a tiro di sputo. — Reciderò ogni legame fra mafia e CIA. Vieterò ogni forma di partecipazione del crimine organizzato al progetto cubano. Ti farò espellere dal Dipartimento di Giustizia e dalla CIA, ti farò cacciare dall‟Ordine degli avvocati, ti metterò sotto processo insieme ai tuoi amichetti francesi e cubani per possesso illegale di armi e narcotici. Kemper si inumidì le labbra e replicò con la bocca colma di saliva. — Se tenterai di allungare una mano sui miei uomini o su di me, parlerò. Dirò tutto ciò che so sulla vostra lurida famiglia. Rovescerò sui Kennedy un tale mucchio di fango da
rovinarvi per sempre. Bobby lo schiaffeggiò. Kemper gli sputò in faccia.
Documento: 14.5.62. Trascrizione integrale di un colloquio telefonico: “registrato su richiesta del direttore“. ”Riservato AL DIRETTORE“. In linea: J. Edgar Hoover, Ward J. Littell. WJL: Buongiorno, signore. JEH: Buongiorno. Non mi chieda se ho sentito le notizie: credo di saperne ancora più di lei. WJL: Sì, signore. JEH: Spero che Kemper abbia messo da parte del denaro. L‟espulsione dall‟Ordine potrebbe avere conseguenze gravi, e dubito che un uomo con le sue abitudini possa adattarsi a vivere con una pensione dell‟FBI. WJL: Sono sicuro che Fratello Minore non lo accuserà formalmente. JEH: Certo che no. WJL: Kemper è il capro espiatorio. JEH: Non mi sbilancio in commenti sull‟ironia del caso. WJL: Sì, signore. JEH: Gli ha parlato? WJL: No, signore. JEH: Sarei curioso di sapere cosa sta combinando. L‟idea di un Kemper C. Boyd operante al di fuori della legge è alquanto allarmante.
WJL: Credo che Marcello gli darà da lavorare. JEH: Ah sì? Come lacchè della mafia? WJL: Come agente provocatore per la situazione cubana, signore. Marcello crede ancora nella Causa. JEH: Allora è uno stupido. Fidel Castro non se ne andrà. I miei informatori mi dicono che il Re Oscuro abbia intenzione di normalizzare i rapporti. WJL: Il Re Oscuro è un pacificatore. JEH: Non cerchi di ingannarmi. Potrà anche aver cambiato il suo credo nei confronti nei fratelli, ma le sue opinioni politiche sono ancora sospette. WJL: In ogni caso, non mi arrendo. Inventerò qualcos‟altro. Non ho ancora rinunciato alla testa del re. JEH: Bravo. Ma l‟avverto, non intendo essere messo a conoscenza dei suoi piani. WJL: Sì, signore. JEH: La signorina Jahelka ha ripreso la sua vita normale? WJL: Lo farà quanto prima, signore. Al momento è in Messico, in vacanza con un amico comune di origini francocanadesi. JEH: Spero che non abbiano figli. Produrrebbero una discendenza moralmente deficitaria. WJL: Sì, signore. JEH: Buona giornata, signor Littell.
WJL: Buona giornata, signore. Documenti: Estratti da intercettazioni federali. Contrassegnati: “TOP SECRET” “CONFIDENZIALI” “RISERVATI AL DIRETTORE” e “DA NON RIVELARE AL PERSONALE DEL DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA”. Chicago, 10.6.62. Dal numero BL4-8869 (Celano‟s Tailor Shop‟) al numero AX8-9600 (abitazione di John Rosselli. dossier N. 902.5 presso l‟ufficio di Chicago). In linea: John Rosselli, Sam Giancana detto “Mo”, “Momo”, “Mooney” (dossier N. 480.2). Conversazione avviata da nove minuti. SG: E così quello stronzo di Bobby l‟ha scoperto da solo. JR: Il che, francamente, non mi sorprende. SG: Lo stavamo aiutando, Johnny. Certo, era più che altro una facciata. Ma la verità vera, cazzo, era che stavamo dando una mano a lui e a suo fratello. JR: Siamo stati buoni con loro, Mo. Li abbiamo aiutati. E loro non hanno fatto che mettercelo nel culo. SG: Pare che sia stato un tentativo di estorsione a far, come si dice… JR: Precipitare? SG: Esatto, a far precipitare le cose. Un‟estorsione del cazzo. Pare che ci siano dentro Jimmy e Pete il Francese.
Qualcuno ha fatto una puttanata, e Lenny l‟Ebreo si è tagliato le vene. JR: Non si può fargliene una colpa, se Jimmy e Pete hanno cercato di inchiappettare i Kennedy. SG: No, certo che no. JR: E poi viene fuori che Lenny era frocio. Incredibile, no? SG: Chi l‟avrebbe mai detto? JR: Lenny era ebreo, Mo. La razza ebraica ha una maggiore percentuale di froci rispetto ai bianchi regolari. SG: Vero. Anche se Heshie Ryskind è tutt‟altro che un frocio. Si sarà fatto fare sessantamila pompini. JR: Heshie è malato, Mo. Molto malato. SG: Quanto vorrei che i Kennedy avessero il suo male. I Kennedy e Sinatra. JR: Sinatra ci ha venduto un sacco di fumo, dicendo di avere voce in capitolo con i fratelli. SG: Non è servito a un cazzo. Il Capelluto l‟ha cacciato a calci in culo dalla lista degli invitati alla Casa Bianca. Chiedere a Frank di mettere una buona parola con i fratelli è totalmente inutile. Segue conversazione non pertinente. Cleveland, 4.8.62. Dal numero BR1-8771 (Sal‟s River
Lounge) al numero BR4-0811 (telefono a pagamento del ristorante Bartolo‟s). In linea: John Michael D‟Allesio (dossier N. 180.4 presso l‟ufficio di Cleveland) e Daniel Versace detto “Dan il Mulo” (dossier N. 206.9 presso l‟ufficio di Chicago). Conversazione avviata da sedici minuti. DV: I pettegolezzi sono quello che sono. Devi sempre ricordarti da che parte vengono. JMD: A te piacciono? DV: Lo sai che mi piacciono. Lo sai che un bel pettegolezzo mi piace come e più che a chiunque altro. E non me ne frega niente che sia vero o meno. JMD: Be‟, io ne ho uno mica male. DV: E raccontamelo, allora. Non fare il misterioso. JMD: J. Edgar Hoover e Bobby Kennedy si odiano a morte. DV: Tutto qui? JMD: No, c‟è dell‟altro. DV: Lo spero bene. La rivalità fra Hoover e Bobby è roba vecchia. JMD: Pare che gli agenti della squadra antiracket di Bobby stiano reclutando informatori. E che Bobby faccia muro contro Hoover. E che la fottuta Commissione McClellan si stia preparando a tornare alla carica per inculare l‟Organizzazione. Bobby è al lavoro su questo grossissimo informatore. Quando
la Commissione si rimetterà in pista, questo stronzo entrerà in scena come un divo del cazzo. DV: Ho sentito pettegolezzi migliori, Johnny. JMD: Vaffanculo. DV: Preferisco quelli sessuali. Non hai sentito niente di eccitante? JMD: Vaffanculo. Segue conversazione non pertinente. New Orleans, 10.10.62. Dal numero KL4-0909 (telefono a pagamento dell‟Habana Bai) al numero CR8-8107 (telefono a pagamento del Town & Country Motels. Nota: Carlos Marcello (nessun dossier esistente) è proprietario del Town & Country. In linea: Leon Broussard (dossier N. 88.6 presso l‟ufficio di New Orleans) e uomo sconosciuto di probabile nazionalità cubana. Conversazione avviata da ventuno minuti. LB: Non dovete perdere la speranza. Non tutto è perduto, amico mio. Us: La sensazione è che lo sia. LB: Non è affatto vero. So per certo che lo zio Carlos ci crede ancora. US: È rimasto solo. Qualche anno fa molti dei suoi compatrioti erano generosi quanto lui. È preoccupante vedere
così tanti amici potenti abbandonare la Causa. LB: Come John Finocchio Kennedy. US: Esatto. Il suo tradimento è l‟esempio peggiore. Insiste a proibire una seconda invasione. LB: Non gliene frega niente. E allora? Ti dirò una cosa, amico mio: allo zio Carlos frega eccome. US: Spero che tu abbia ragione. LB: Lo so, che ho ragione. So per certo che lo zio Carlos sta finanziando un‟operazione che potrebbe far saltare tutto in aria. US: Spero che tu abbia ragione. LB: Sta finanziando una squadra che progetta di far fuori Castro. Tre cubani e un ex para francese. Il capo è un ex della CIA e dell‟FBI. Lo zio Carlos dice che si farebbe ammazzare pur di riuscirci. US: Spero che sia vero, perché la Causa si sta disperdendo. Ormai ci sono centinaia di organizzazioni di esuli. Alcune sono finanziate dalla CIA, altre no. Odio ammetterlo, ma molte sono piene di teste calde ed elementi indesiderabili. Credo che ci sia bisogno di un‟azione decisa, che diventa difficile con così tante frazioni dagli obiettivi contrastanti. LB: La prima cosa che bisognerebbe fare è tagliare le palle ai fratelli Kennedy. L‟Organizzazione è stata molto generosa con la Causa finché Bobby Kennedy non ha perso la testa e ci
ha tagliato tutti i collegamenti. US: E difficile essere ottimisti, di questi tempi. E difficile non sentirsi impotenti. Segue conversazione non pertinente. Tampa, 16.10.62. Dal numero OL4-9777 (abitazione di Robert Paolucci detto “Fat Bob”, dossier N. 19.3 presso l‟ufficio di Miami) al numero GL1-8041 (abitazione di Thomas Richard Scavone) dossier N. 80.0 presso l‟ufficio di Miami). In linea: Paolucci e Scavone. Conversazione avviata da trentotto minuti. RP: Sai già quasi tutta la storia, credo. TS: Be‟, sai come succede. Una frasetta qua, un accenno là. Quello che so di certo è che Mo e Santos non hanno più parlato con i loro contatti castristi dalla notte del colpaccio. RP: Un vero colpaccio, l‟hai detto. Quindici morti, cazzo. Santos dice che i colpevoli hanno spedito al largo il motoscafo e poi l‟hanno fatto saltare in aria. Cento chili, Tommy. Hai presente quanto cazzo valgono? TS: Inestimabili, Bobby. Inestimabili. RP: Ed è ancora nascosta chissà dove. TS: Stavo pensando la stessa cosa. RP: Cento chili. E qualcuno ci ha messo le mani sopra.
TS: Pare che Santos non ci voglia rinunciare. RP: È vero. Pete il Francese ha fatto fuori quel Delsol, ma non era che la punta dell‟iceberg. Ho sentito dire che Santos ha incaricato Pete di guardarsi attorno, hai presente, in modo informale. Entrambi pensano che dietro ci sia qualche pazzo di esule, e Pete il Francese sta indagando. TS: Ne ho incontrato qualcuno, di quegli esuli. RP: A chi lo dici. Sono tutti completamente sciroppati. TS: Sai cosa non mi piace di loro? RP: Cosa? TS: Sono convinti di essere bianchi come noi italiani. Segue conversazione non pertinente. New Orleans, 19.10.62. Dal numero BR8-8107 (abitazione di Leon Broussard) dossier N. 88.6 presso l‟ufficio di New Orleans) alla Suite 1411 dell‟Adolphus Hotel di Dallas, Texas. (Il registro dell‟albergo rivela che la suite era occupata da Herschel Meyer Ryskind, dossier N. 16.0 presso l‟ufficio di Phoenix). Conversazione avviata da tre minuti. LB: Hai sempre avuto un debole per le suite, Hesh. Una suite e un pompino è sempre stata la tua idea di paradiso. HR: Non parlare di paradiso, Leon. Mi fai venire male alla prostata.
LB: Ho capito. Sei malato, e non vuoi pensare all‟aldilì. HR: Si dice aldilà, Leon. Ma hai ragione. Ti ho chiamato per fare due chiacchiere, perché sei uno che caccia sempre il naso nei problemi degli altri, e pensavo che avresti potuto raccontarmi i guai di qualcuno messo peggio del sottoscritto e consolarmi. LB: Ci proverò, Hesh. Saluti da Carlos, a proposito. HR: Iniziamo da lui. In quali pasticci si è cacciato adesso quel coglione? LB: Niente di recente, devo dire. E devo anche dire che la faccenda della deportazione lo sta facendo uscire pazzo. HR: Grazie al cielo c‟è quel suo avvocato. LB: Già, Littell. Sta lavorando anche per Jimmy Hoffa. Carlos sostiene che Littell odi così tanto i Kennedy che lavorerebbe anche gratis. HR: Mi dicono che sia uno a cui piace giocare sui tempi lunghi. Non fa che rinviare, rinviare, rinviare. LB: Hai ragione. Carlos dice che il caso non andrà in tribunale prima della fine dell‟anno prossimo. Littell li sta sfiancando. HR: Dunque Carlos è ottimista? LB: Assolutamente. E anche Jimmy, da quanto ho sentito. Il problema di Jimmy è che gli hanno sguinzagliato contro
almeno ottantaseimila gran giurì. Ho la sensazione che presto o tardi si beccherà una condanna, per quanto bravo sia quel Littell. HR: Mi fa piacere. I problemi di Jimmy Hoffa sono grossi quasi quanto i miei. Ti immagini finire a Leavenworth ed essere inchiappettato dal primo negro? LB: Non è una prospettiva piacevole. HR: Non lo è nemmeno il cancro, pezzo di merda goyische. LB: Stiamo tifando per te, Hesh. Sei nelle nostre preghiere. HR: Fanculo alle vostre preghiere. Dammi qualche altro pettegolezzo. Lo sai che ti chiamo per questo. LB: Be‟… HR: Be‟ cosa? Leon, tu mi devi dei soldi. So benissimo che morirò prima di rivederli. Concedi almeno a un poveretto in fin di vita il conforto di un buon pettegolezzo. LB: Girano certe voci. HR: Di che genere? LB: Del genere che Littell sta lavorando anche per Howard Hughes. Pare che Hughes voglia comprarsi tutti questi alberghi a Vegas, e ho sentito, qui lo dico e qui lo nego, che Sam G. sta morendo dalla voglia di metterci il piedino. HR: E Littell non lo sa? LB: Esatto.
HR: Adoro questo cazzo di mondo. Non ci si annoia mai. LB: Hai perfettamente ragione. Pensa solo alle indiscrezioni che si raccolgono nel giro. HR: Non voglio morire, Leon. Non posso rinunciare a queste puttanate. Segue conversazione non pertinente. Chicago, 19.11.62. Dal numero BL4-8869 (Celano‟s Tailor Shop‟) al numero AX8-9600 (abitazione di John Rosselli) dossier N. 902.5 presso l‟ufficio di Chicago.) In linea: John Rosselli, Sam Giancana detto “Mo”, “Momo”, “Mooney” (dossier N. 480.2). Conversazione avviata da due minuti. JR: Sinatra è inutile. SG: Peggio che inutile. JR: I Kennedy non rispondono nemmeno alle sue telefonate. SG: Nessuno odia quei due succhiacazzi più di me. JR: A parte Carlos e il suo avvocato. È come se Carlos sapesse già che prima o poi finirà per essere deportato. È come se si vedesse nel bel mezzo del Salvador, tutto preso a togliersi le spine di cactus dalle chiappe. SG: Carlos ha i suoi problemi, io ho i miei. Gli agenti della squadra antiracket di Bobby mi stanno strisciando su per il culo
come i federali non hanno mai fatto. Mi piacerebbe prendere un martello e sfondare il cranio di quel cazzuto di Bobby. JR: E di suo fratello. SG: Specialmente di suo fratello. Quell‟uomo non è che un traditore mascherato da eroe. Un agnello amico dei rossi travestito da lupo. JR: Ha costretto Kruscev a fare marcia indietro, Mo. Questo bisogna concederglielo. Kruscev ha tolto quei suoi stramaledetti missili. SG: Puttanate. È tutta una finta. Un mio conoscente della CIA mi ha detto che Kennedy è stato costretto a promettere di non invadere Cuba. Pensaci, Johnny. Pensa ai nostri casinò, e digli pure addio. jr: In dicembre all‟Orange Bowl Kennedy dovrebbe fare un discorso per i sopravvissuti della Baia dei Porci. Pensa alle menzogne che racconterà. SG: Qualche patriota cubano dovrebbe farlo fuori. Un patriota cubano a cui non freghi niente di lasciarci le penne. JR: Ho sentito dire che Kemper Boyd sta addestrando una squadra del genere. SG: Kemper Boyd è un frocio. E ha messo gli occhi sull‟obiettivo sbagliato. Castro non è che un mangiataco con una bella parlantina. Kennedy è molto peggio. Segue conversazione non pertinente.
Documento: 20.11.62. Sottotitolo del Des Moines Register: Hoffa nega accuse di subornazione Documento: 17.12.62. Titolo del Cleveland Plain Dealer: HOFFA SCAGIONATO Documento: 12.1.63. Sottotitolo del Los Angeles Times: Hoffa accusato di aver corrotto la giuria Documento: 10.5.63. Titolo e sottotitolo del Dallas Morning News: HOFFA INCRIMINATO. Il leader dei Teamster deve fronteggiare l’accusa di aver corrotto la giuria Documento: 25.6.63. Titolo e sottotitolo del Chicago Sun Times: HOFFA SOTTO ASSEDIO. A Chicago il leader dei Teamster chiamato in giudizio con l’accusa di frode Documento: 29.7.63. Estratto da intercettazione federale.
Contrassegnato: “top secret“ ”CONFIDENZIALE“ ”RISERVATO AL DIRETTORE“ ”NON RIVELARE AL PERSONALE DEL DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA“. Chicago, 28.7.63. Dal numero BL4-8869 (Celano‟s Tailor Shop) al numero AX8-9600 (abitazione di John Rosselli. dossier N. 902.5 presso l‟ufficio di Chicago.) In linea: John Rosselli, Sam Giancana detto “Mo”, “Momo”, “Mooney” (dossier N. 480.2). Conversazione avviata da diciassette minuti. SG: Ne ho i coglioni talmente pieni. JR: Ci credo, Sammy. SG: L‟FBI mi sorveglia ventiquattro ore su ventiquattro. L‟ha ordinato Bobby stesso, scavalcando Hoover di netto. Vado a giocare a golf, cazzo, e vedo federali nascosti dietro gli alberi e lungo le buche. Per quanto ne so, potrebbero anche avere riempito di cimici i bunker. JR: Lo so, Mo. SG: Ne ho pieni i coglioni. E anche Jimmy, e Carlos con lui. E ogni picciotto che conosco. JR: Jimmy sta crollando. Ne vedo i segni. Ho anche sentito dire che Bobby si è procurato un grosso informatore. Non so i dettagli, ma… SG: Li so io. Si chiama Joe Valachi. Era un sicario di Vito Genovese. Era in galera ad Atlanta per una faccenda di droga. JR: Credo di averlo conosciuto.
SG: Tutti conoscono tutti, nel nostro mondo. JR: Hai ragione. SG: Come stavo dicendo prima che mi interrompessi, Valachi era in galera ad Atlanta. All‟improvviso ha perso la testa e ha ucciso un altro prigioniero, perché era convinto che fosse un sicario di Vito. Si sbagliava, ma alla fine Vito ha dato davvero l‟ordine di eliminarlo, perché guarda caso il tizio che Valachi aveva fatto fuori in galera era un suo buon amico. JR: Mi sembra un gran coglione, questo Valachi. SG: È un coglione spaventato. Ha chiesto la protezione federale, e Bobby ci ha messo le mani sopra prima di Hoover. Si sono messi d‟accordo. Valachi verrà protetto per il resto dei suoi giorni, e in cambio spiffererà tutto sull‟Organizzazione. Si dice che in settembre Bobby abbia intenzione di convocarlo alle sessioni della Commissione McClellan, che è stata ripristinata. JR: Oh, cazzo. Mo, è una brutta storia, SG: Peggio che brutta. È probabilmente il peggior guaio che sia mai capitato all‟Organizzazione. Valachi è nel giro da quarant‟anni. Hai presente le cose che sa? JR: Oh, cazzo. SG: Piantala di dire oh, cazzo, idiota d‟un succhiacazzi. Segue conversazione non pertinente.
Documento: 10.9.63. Comunicazione riservata da Ward J Littell a Howard Hughes. Caro signor Hughes, la prego di considerare la presente come una richiesta d‟affari, nonché un‟iniziativa presa soltanto come ultima risorsa. Spero che i cinque mesi trascorsi al suo servizio l‟abbiano convinta del fatto che non le inoltrerei mai una richiesta così fuori dai canoni se non la reputassi assolutamente vitale per i suoi interessi. Ho bisogno di 250.000 dollari. Si tratta di denaro che verrà usato per eludere i procedimenti ufficiali ai nostri danni e garantire a J. Edgar Hoover il mantenimento della sua posizione a capo dell‟FBI. Considero la presenza di Hoover essenziale per i nostri programmi a Las Vegas. La prego di comunicarmi la sua decisione appena possibile, e di trattare questa comunicazione con il massimo riserbo. Con i miei rispetti, Ward J. Littell Documento: 12.9.63. Comunicazione riservata da Howard
Hughes a Ward J. Littell. Caro Ward, s ebbene espresso in termini alquanto misteriosi, il suo piano mi sembra giudizioso. La somma da lei richiesta le giungerà quanto prima. La prego di giustificare l‟investimento facendomene vedere i risultati nel più breve tempo possibile. Distinti saluti, HH
Parte Quinta CONTRATTO Settembre-Novembre 1963
Documento: 13.9.63. Memorandum del Dipartimento di Giustizia: dal ministro della Giustizia Robert F. Kennedy al Direttore dell‟FBI, J. Edgar Hoover. Gentile Signor Hoover, il presidente Kennedy sta perseguendo una normalizzazione dei rapporti con il governo comunista di Cuba, ed è molto preoccupato dal perpetuarsi delle azioni di sabotaggio con cui le organizzazioni degli esuli hanno preso di mira le coste dell‟isola. Si tratta di gruppi estranei all‟autorità della CIA, con basi in Florida e lungo la Costa del Golfo. Tali azioni clandestine devono essere soppresse. Il presidente pretende un intervento immediato, e ordina che tale missione venga considerata priorità sia dal Dipartimento di Giustizia che dall‟FBI. Squadre di agenti con base in Florida e sulla Costa del Golfo dovranno procedere al sequestro degli armamenti trovati presso tutti i campi di addestramento non fondati dalla CIA o non ufficialmente autorizzati. Tali retate dovranno iniziare immediatamente. La prego di raggiungermi nel mio ufficio alle 15,00 di questo pomeriggio per discutere i particolari dell‟operazione ed esaminare il mio elenco di obiettivi iniziali. Ossequi, Robert F. Kennedy
Capitolo 85 (Miami, 15.9.63) La stazione dei taxi era chiusa. La carta da parati a strisce nere e arancioni era ridotta a una serie di brandelli-ricordo. Adios, Tiger Kab. La CIA aveva ritirato la sua partecipazione. Jimmy Hoffa aveva scaricato la sua metà per evitare le tasse. Aveva dato istruzioni a Pete perché vendesse le auto e gli procurasse un po' di contanti. Pete dirigeva la svendita organizzata nel parcheggio. Su ciascun cofano tigrato era appollaiato un televisore promozionale. Pete li aveva attaccati a un generatore portatile. Due dozzine di schermi proiettavano le ultime notizie: un‟ora prima una chiesa di colore di Birmingham era stata incendiata. Quattro negretti erano bruciati vivi. Kemper Boyd, prendi nota. Il parcheggio era invaso dai curiosi. Pete intascava contanti e firmava ricevute rosa. Addio, Tiger Kab. Grazie dei bei ricordi.
La svendita era stata resa necessaria dai tagli e dalla ritirata dell‟Agenzia. JM/Wave proseguiva arrancando, taglieggiata di mucho personale. La squadra scelta era ormai sciolta. Santos sosteneva di volersi ritirare dal mercato della droga: una menzogna di proporzioni epiche. L‟ordine ufficiale era giunto in dicembre. Buon Natale: il vostro squadrone scelto è kaputt. Teo Paez gestiva un giro di puttane a Pensacola. Fulo Machado era andato in malora chissà dove. Ramon Gutiérrez predicava l‟anticastrismo alle porte di New Orleans. Chuck Rogers era stato allontanato dall‟Agenzia. Néstor Chasco era vivo o morto a Cuba. Kemper Boyd continuava ad addestrare la sua squadra di cecchini. Il Mississippi si era fatto troppo scottante. La battaglia per i diritti civili si stava facendo sempre più accesa, e la popolazione locale si stava polarizzando in due schieramenti. Boyd aveva trasferito la squadra a Sun Valley, Florida. Avevano occupato alcuni villini abbandonati. Il vecchio villaggio dei Teamster vedeva finalmente qualche villeggiante. Avevano creato un poligono di tiro e un percorso di ricognizione. Continuavano a dedicarsi alla missione originaria:
UCCIDERE CASTRO. Avevano portato a termine nove missioni clandestine a Cuba: c‟erano andati tutti, compresi i bianchi Boyd e Guéry. Avevano collezionato un centinaio di scalpi comunisti. Non avevano mai visto Néstor. Non si erano mai avvicinati a Castro. La droga era ancora nascosta nel Mississippi. La “ricerca” dei colpevoli proseguiva in modo sporadico. Pete insisteva a seguire false piste. A volte la paura si faceva insostenibile. Era quasi riuscito a convincere Santos e Sam che i responsabili fossero fuggiti a Cuba. Santos e Sam nutrivano vaghi sospetti. Dov‟è finito quel Chasco?, continuavano a chiedere. Se l‟è data di gran fretta. Pete seguiva false piste. Sincronizzava le ricerche con la tournée di Barb. Langley lo usava per il traffico d‟armi. I suoi andirivieni gli fornivano una buona copertura. A volte la paura si faceva insostenibile. I mal di testa lo perseguitavano. Inghiottiva barbiturici per poter dormire senza incubi. In marzo era stato preso dal panico. Immobilizzato a Tuscaloosa, Alabama. Lo spettacolo di Barb era stato cancellato.
I temporali avevano allagato le strade, l‟aeroporto era stato chiuso. Pete era entrato in un bar gestito da un amico della Causa e aveva cercato di combattere l‟emicrania con il bourbon. Due barboni di esuli si erano messi a parlare di eroina a voce troppo alta. Pete li aveva inquadrati come due tossici, due pesci piccoli dello spaccio. E aveva intravisto uno spiraglio per cancellare una volta per tutte la paura. Li aveva pedinati fino al loro covo. Una vera e propria “centrale” dell‟Ero: cubani fatti fino al midollo e distesi sui materassi, cubani intenti a bucarsi, cubani a quattro zampe alla ricerca di siringhe usate. Li aveva sterminati. Aveva sventrato il suo silenziatore sparando a bruciapelo a un branco di tossici. E aveva truccato la scena perché sembrasse un massacro fra bande rivali. Aveva telefonato a Santos, la voce strozzata dalla paura. Aveva detto di essere giunto a massacro già avvenuto. Un uomo in punto di morte aveva confessato il colpo. Leggi i giornali di Tuscaloosa, aveva aggiunto: domani sarà in prima pagina. Quindi aveva preso il primo volo per la tappa successiva di Barb. I giornali e le televisioni non avevano dato notizia della strage. — Continua a cercare — gli aveva ordinato Santos.
I tossici erano morti in stato d‟incoscienza. A sentire Chuck, anche Heshie Ryskind stava morendo: l‟eroina lo stava aiutando ad andarsene in una nuvoletta di piacere. Bobby Kennedy aveva fatto pulizia. Aveva dato inizio a una catena di licenziamenti tutt‟altro che indolori. Gli agenti a contratto erano stati scaricati di brutto. Bobby aveva eliminato ogni personaggio sospettato di avere legami con il crimine organizzato. Non aveva licenziato Pete Bondurant. Messaggio per Bobby K.: “Licenziami, ti prego. Toglimi dal circuito degli esuli. Allontanami da questa terribile missione di ricerca.” Poteva ancora accadere. Santos poteva dirgli di smetterla. Privo di legami con la CIA, serviva a ben poco. Santos poteva chiedergli di lavorare per lui. Santos poteva fargli l‟esempio di Boyd, che Carlos teneva a servizio. Avrebbe potuto chiedere l‟esenzione. Avrebbe potuto confessare di non odiare più Castro come un tempo. Non lo odio quanto Kemper, avrebbe potuto spiegare, perché non ho pagato quanto lui. Mia figlia non mi ha tradito. L‟uomo che veneravo non mi ha ridicolizzato. Non sono stato costretto a proiettare l‟odio per quell‟uomo su un chiassoso cubano con la barba. Boyd ci è dentro fino al collo, io sono al settimo cielo. Da
questo punto di vista, siamo come Bobby e Jack. Esuli, alla carica, grida Bobby. E ci crede. Ma Jack si rifiuta di autorizzare una seconda invasione. Jack stringe un accordo con Kruscev. Cerca di sopprimere la guerra contro Castro nel modo più indolore. Vuole essere rieletto. Langley pensa che all‟inizio del suo secondo mandato le darà il colpo di grazia. Jack è convinto che Fidel sia imbattibile. Non è il solo. Perfino Santos e Sam G. si erano alleati con lo stronzo. A sentire Carlos, era stato il colpo alla spiaggia a rovinare la storia d‟amore con i rossi. I fratelli Castro, Sam e Santos avevano ripreso a guardarsi in cagnesco. Nessuno aveva la droga. Tutti l‟avevano preso nel culo. Il parcheggio era invaso di curiosi. Un vecchietto sferrava calcetti alle gomme delle auto. Un gruppo di adolescenti ne ammirava le strisce tigrate. Pete portò una sedia all‟ombra. Alcuni pagliacci dei Teamster distribuivano birre e bevande gratuite. In cinque ore avevano venduto quattro auto: non bene, ma neanche malaccio. Pete cercò di riposarsi. Il mal di testa iniziò subito a farsi sentire. Due agenti in borghese attraversarono decisi il parcheggio verso di lui. Una buona metà della folla sentì puzza di guai e si
disperse sui marciapiedi di Flagler. I televisori erano rubati. La svendita stessa era probabilmente illegale. Pete si alzò. I due agenti gli si fecero sotto mostrando i distintivi dell‟FBI. — Lei è in arresto — annunciò il più alto dei due. — Questo è un luogo d‟incontro clandestino di esuli cubani, e lei ne è un frequentatore abituale. Pete sorrise. — Questo posto non esiste più, e io sono un agente CIA a contratto. Il federale più basso approntò le manette. — Ha tutta la nostra comprensione. I comunisti ci piacciono ancora meno che a lei. Lo spilungone liberò un sospiro. — Non è stata un‟idea del signor Hoover. Diciamo che si è dovuto adattare. È il classico ordine che viene da sopra. Non credo che la terranno a lungo in galera. Pete tese le braccia. Le manette erano troppo piccole per i suoi polsi. Il resto dei curiosi si era volatilizzato. Un giovinastro afferrò un televisore e se la diede a gambe. — Vi seguirò senza opporre resistenza — disse Pete. La cella comune era stracolma di occupanti. Pete si ritrovò
in compagnia di un centinaio di cubani incazzati. Erano pigiati in una cloaca di nove metri per nove. Niente sedie, niente panche: soltanto quattro pareti di cemento percorse da un canale di scolo per il piscio. I cubani berciavano in inglese e spagnolo. Il succo bilingue: Jack il Capelluto ha tradito la Causa spifferando tutto ai federali. Il giorno prima sei campi d‟addestramento avevano subito retate. Gli armamenti erano stati sequestrati. I pistoleri cubani erano stati arrestati in massa. Era una sorta di primo attacco. Jack voleva la testa di tutti gli esuli non collegati alla CIA. Pete era della CIA, ma era stato beccato in ogni caso. I federali erano entrati in azione in modo maldestro. Pete appoggiò la schiena al muro e chiuse gli occhi. Barb gli comparve davanti a passo di twist. Ogni volta che si vedevano era bello. Ogni volta era diverso. Ogni luogo era diverso: due individui in costante movimento che si incontravano in posti assurdi. Bobby non si era mai fatto vivo. Barb aveva capito che la cosa era finita lì. Diceva di non sentire la mancanza di Jack Due Minuti. Aveva regalato alla sorella i soldi guadagnati con
l‟operazione. Ora Margaret Lynn Lindscott gestiva un ristorante della catena Bob‟s Big Boy. Si erano visti a Seattle, a Pittsburgh, a Tampa. Si erano visti a Los Angeles, a San Francisco, a Portland. Lui trafficava in armi, lei si esibiva con una miserabile compagnia di twist. Lui rincorreva ladri di droga e assassini inesistenti. Lei diceva che il fenomeno twist si andava esaurendo. Anche la mia passione cubana, rispondeva lui. La tua paura mi fa paura, gli aveva confidato. Cercherò di domarla, le aveva promesso. No, non farlo, aveva replicato Barb: ti rende più umano. Lui le aveva confessato di aver fatto qualcosa di enormemente stupido. E di non sapere perché l‟avesse fatto. Perché volevi tirarti fuori dal giro, aveva detto lei. Lui non aveva saputo ribattere. Barb avrebbe avuto un autunno pesante. Si sarebbe esibita per lunghi periodi a Des Moines e Sioux City e avrebbe passato in Texas la festa del Ringraziamento. Aveva iniziato a esibirsi anche a pranzo. Il twist stava per passare nel dimenticatoio, e Joey intendeva strizzarlo fino all‟ultima goccia. Pete aveva conosciuto Margaret a Milwaukee. Una donna
remissiva, spaventata da tutto. Si era offerto di uccidere il poliziotto violentatore. No, aveva detto Barb. Perché?, le aveva chiesto. Perché non lo vuoi veramente, gli aveva risposto. Lui non aveva saputo ribattere. Aveva Barb. A Boyd restava solo l‟odio: Jack K. e il Barbuto a formare un obiettivo unico, diffuso, ossessionante. Littell aveva stretto amicizie importanti. Hoover. Hughes. Hoffa e Marcello. Ward odiava Jack tanto quanto Kemper. Era stato Bobby a fregarli, ma entrambi avevano proiettato l‟odio sul Fratello Maggiore. Littell era il nuovo feldmaresciallo di Dracula. Il Conte voleva che gli acquistasse Las Vegas e gliela sterilizzasse dai virus. Lo sguardo di Littell era facilmente decifrabile. Ho i miei amici, diceva. Ho i miei piani. Ho memorizzato i registri del Fondo pensioni. La cella comune puzzava. La cella comune rimbombava di odio nei confronti di John F. Kennedy. Un secondino aprì la porta e chiamò gli uomini per accompagnarli al telefono: — Acosta, Aguilar, Arredondo… Pete era pronto. Una moneta da dieci gli avrebbe consentito di
chiamare Littell a Washington. Littell avrebbe potuto procurargli un ordine di rilascio federale. Littell avrebbe potuto informare Kemper delle retate ai danni dei campi di addestramento. — Bondurant! — gridò il secondino. Pete uscì dalla cella. La guardia lo condusse a una batteria di telefoni. Guy Banister lo stava aspettando. Reggeva una penna e un atto di rinuncia per arresto illegale. Il secondino fece ritorno alla cella comune. Pete firmò in triplice copia. — Sono libero? Banister sorrideva felice. — Certo. L‟agente responsabile non sapeva che fossi dell‟Agenzia. Gliel‟ho detto io. — Chi ti ha informato? — Ero a Sun Valley. Kemper mi aveva dato un messaggio per te, e così sono passato dalla stazione. Dei ragazzini stavano rubando i coprimozzi delle auto. Mi hanno detto che il gringo grande era stato arrestato. Pete si strofinò gli occhi. Un mal di testa da quattro aspirine iniziò a martellargli il cranio. Banister estrasse di tasca una busta. — Non l‟ho aperta. E Kemper era molto ansioso che te la consegnassi.
Pete l‟afferrò. — Sono felice che tu venga dal Bureau, Guy. Avrei potuto soggiornare qui per un bel pezzo. — Non ti preoccupare. Ho la sensazione che le stronzate kennediane stiano per finire. Pete prese un taxi e si fece portare alla Tiger Kab. I vandali avevano ridotto le auto tigrate ad ammassi di pezzi di ricambio. Lesse il messaggio. Boyd andava subito al punto. Néstor è tornato. Mi hanno informato di averlo visto mentre chiedeva fondi per gli armamenti a Coral Gables. Secondo la mia fonte si nasconde in un appartamento all‟incrocio fra la 46a e Collins Avenue. (Angolo sudoccidentale, casa rosa.)
UCCIDILO, diceva il messaggio. Non permettere che Santos arrivi prima di noi. Prese bourbon e aspirine per il mal di testa. Prese la Magnum con silenziatore per il lavoretto. Prese alcuni volantini castristi da sistemare nei pressi del cadavere. Salì in auto e raggiunse l‟incrocio fra la 46a e Collins. Si portò dietro una strana rivelazione: potresti lasciare che Néstor ti convinca a non farlo.
La casa rosa era al posto giusto. La Chevy del „58 accostata al marciapiede sembrava un‟auto in perfetto stile Néstor. Pete parcheggiò. Pete provò un senso di vuoto allo stomaco. Avanti, fallo: ne avrai uccisi almeno trecento. Si portò sulla soglia e bussò. Non rispose nessuno. Bussò un‟altra volta. Si mise all‟ascolto di passi e bisbigli. Non udì nulla. Scassinò la serratura con il temperino ed entrò. Gli scatti dei fucili a pompa. La luce accesa da qualcuno. Néstor legato a una sedia. Due grassi scagnozzi armati di fucili Ithaca. E Santos Trafficante con un punteruolo da ghiaccio.
Capitolo 86 (New Orleans, 15.9.63) Littell aprì la valigetta. Ne scivolarono fuori alcune mazzette. — Quanti sono? — chiese Marcello. — Un quarto di milione di dollari — rispose Littell. — Dove li hai trovati? — Me li ha dati un cliente. Carlos fece spazio sulla scrivania. Il suo ufficio era stipato di gingilli italiani. — Mi stai dicendo che sono miei? — Ti sto chiedendo di metterne altrettanti. — E cos‟altro stai dicendo? Littell svuotò la valigetta sulla scrivania. — Ti sto dicendo che in qualità di avvocato posso arrivare solo fino a un certo punto. Con John Kennedy al potere, prima o poi Bobby riuscirà ad avere la meglio. E sto anche dicendo che eliminare Bobby sarebbe inutile, perché Jack capirebbe istintivamente chi è il responsabile e agirebbe di conseguenza. Il denaro odorava di vecchio. Hughes aveva raccolto
banconote usate. — Ma Lyndon Johnson non gradisce Bobby. Lo metterebbe a freno soltanto per il gusto di insegnargli una lezione. — Esatto. Johnson odia Bobby tanto quanto Hoover. E, come Hoover, non ha niente contro di te o i nostri amici comuni. Marcello scoppiò a ridere. — LBJ si è fatto prestare del denaro dai Teamster. È conosciuto per essere un uomo ragionevole. — Lo stesso vale per Hoover. Il quale, fra l‟altro, è molto preoccupato dal fatto che Bobby abbia intenzione di mandare Joe Valachi in televisione. Teme molto che le rivelazioni di Valachi possano minare il suo prestigio e virtualmente distruggere tutto ciò che tu e i nostri amici comuni avete costruito. Carlos costruì un piccolo grattacielo di banconote. Le mazzette si innalzavano dal tampone assorbente della sua scrivania. Littell lo fece crollare. — Credo che Hoover voglia che succeda. Credo che si renda conto che sta per succedere. — È da tempo che ci stiamo pensando. È impossibile trovarsi in un‟unica stanza senza che qualcuno dei ragazzi inizi
a parlarne. — Lo possiamo far succedere. E possiamo far credere di non essere coinvolti. — Mi stai dicendo… — Sto dicendo che si tratta di qualcosa di così grosso e audace che probabilmente nessuno sospetterebbe mai di noi. Sto dicendo che anche se succedesse il contrario, le alte sfere si renderanno conto che non si potrà provare nulla. Sto dicendo che si verificherà una sorta di rifiuto collettivo della realtà. Sto dicendo che la gente lo vorrà ricordare come qualcosa che non è mai stato. Sto dicendo che forniremo una spiegazione che le alte sfere consapevolmente preferiranno alla realtà. — Fa‟che succeda — disse Marcello.
Capitolo 87 (Sun Valley, 18.9.63) La squadra conviveva con alligatori e pulci di mare. Kemper l‟aveva ribattezzato “il Paradiso perduto di Hoffa”. Flash sistemava i bersagli. Laurent faceva sollevamento pesi con blocchi di calcestruzzo. Juan Canestel era assente senza permesso, nonostante l‟esercitazione delle 8. Nessuno l‟aveva udito allontanarsi. Ultimamente si perdeva in strani vagabondaggi. Kemper osservava Laurent Guéry. Era in grado di sollevare centocinquanta chili senza versare una goccia di sudore. La polvere si sollevava dalla strada principale. Teamster Boulevard si era trasformato in un poligono di tiro. Flash aveva acceso la radio a transistor. Le brutte notizie lo raggiunsero gracchiando. L‟incendio della chiesa di Birmingham non aveva condotto ad alcun arresto. La Commissione McClellan avrebbe interrogato i testimoni in diretta televisiva. Una donna era stata strangolata alle porte di Lake Weir. La polizia non aveva indizi
e chiedeva l‟aiuto dei cittadini. Juan era sparito da un‟ora. Pete non si faceva sentire da tre giorni. Quattro giorni prima Kemper aveva ricevuto la spifferata telefonica. Lo spione era un pistolero cubano indipendente. Aveva scritto un messaggio per Pete e l‟aveva affidato a Guy Banister. Guy l‟aveva chiamato per informarlo di averlo consegnato. Aveva trovato Pete nella prigione federale. Aveva ventilato la possibilità di altre retate del Bureau. Due giorni prima un temporale aveva parzialmente oscurato i collegamenti telefonici. Pete non avrebbe potuto chiamare Sun Valley. La sera prima Kemper aveva raggiunto un telefono pubblico nei pressi della statale. Per ben sei volte aveva composto il numero dell‟appartamento di Pete, ma nessuno aveva risposto. La morte di Néstor Chasco non era stata riportata dai giornali. Pete avrebbe scaricato il corpo in un luogo da prima pagina. Pete avrebbe dato all‟omicidio una colorazione castrista. Pete si sarebbe sincerato che la voce giungesse a Trafficante. La Dexedrina del mattino giunse a destinazione. Gli ci
volevano ormai dieci pillole per iniziare la giornata con il piede giusto: aveva raggiunto un‟altissima soglia di tolleranza. Juan e Pete erano scomparsi. Di recente Juan aveva cominciato a frequentare Guy Banister: escursioni di un giorno o due nei bar di Lake Weir. La scomparsa di Pete lo preoccupava. Quella di Juan lo insospettiva. Fa‟qualcosa, disse l‟onda montante delle amfetamine. Juan guidava una T-Bird rossa fiammante. Flash la chiamava la Stupromobile. Kemper decise di perlustrare Lake Weir. La cittadina era piccola e a pianta rettangolare: un‟auto del genere sarebbe stata facile da identificare. Controllò le stradine secondarie e i locali nei pressi dell‟autostrada. Controllò il negozio di accessori automobilistici Karl‟s Kustom Kar e ogni singolo parcheggio lungo il viale principale. Non vide Juan. Non vide la T-Bird truccata. Juan poteva aspettare. La scomparsa di Pete era più importante. Partì per Miami. Le pillole iniziarono a fare l‟effetto contrario: non riusciva a smettere di sbadigliare e di assopirsi al volante.
Si fermò all‟incrocio fra la 46a e Collins. La casa rosa era esattamente dove lo spione aveva detto che sarebbe stata. Un agente della stradale si avvicinò all‟auto. Kemper notò un cartello di divieto di sosta sull‟angolo. Abbassò il finestrino. L‟agente gli premette uno straccio maleodorante sul volto. Gli sembrava che nel suo organismo si stesse combattendo una guerra chimica. L‟odore lottava contro le sue pillole. L‟odore poteva essere cloroformio o liquido da imbalsamazione. L‟odore poteva significare che era morto. NO, gli disse il suo battito cardiaco. Sei vivo. Le labbra gli bruciavano. Il naso gli bruciava. In bocca sentiva un sapore di sangue misto a cloroformio. Cercò di sputare. Non riuscì ad aprire la bocca. Rigettò il sangue dal naso. Tese le labbra. Qualcosa gli tirava la pelle delle guance. Sembrava nastro adesivo che veniva strappato. Prese una boccata d‟aria. Cercò di muovere braccia e gambe. Cercò di tirarsi in piedi. Qualcosa di pesante glielo impedì. Si divincolò. Le gambe di una sedia strisciarono contro un pavimento d‟assi. Cercò di liberare le braccia e la corda gli penetrò nella carne.
Aprì gli occhi. Un uomo scoppiò a ridere. Una mano gli mostrò una serie di Polaroid incollate a un cartoncino. Vide Teo Paez sventrato e fatto a pezzi. Vide Fulo Machado con un pugnale piantato fra gli occhi. Vide Ramon Gutiérrez, il volto carbonizzato dai colpi di fucile che gli avevano sfondato il cranio. Le foto scomparvero. La mano gli fece ruotare il capo di 180 gradi, lentamente. Vide una squallida stanzetta e due grassoni sulla soglia. Vide Néstor Chasco, inchiodato alla parete più lontana con punteruoli da ghiaccio che gli trapassavano mani e caviglie. Chiuse gli occhi. Una mano lo schiaffeggiò. Un grosso anello gli squarciò le labbra. Pete era incatenato, ammanettato mani e piedi a una sedia. La sedia era fissata al pavimento. Uno straccio gli calò sul volto. Kemper ne aspirò spontaneamente le esalazioni. Le voci gli giungevano fitte di echi. Fu in grado di distinguerne almeno tre. Néstor ci è arrivato vicino per ben due volte. Bisogna concederglielo. Un vero duro… che peccato doverlo eliminare.
Néstor ha detto di aver corrotto un assistente di Castro. Pare che Castro stesse pensando di far fuori Kennedy. Cosa vuole quel Kennedy?, gli ha chiesto. Prima ci invade, poi si ritira: è come una fica, non riesce a decidersi. La vera fica è Fidel. L‟assistente ha detto a Chasco che non avrebbe mai più collaborato con l‟Organizzazione. E convinto che Santos l‟abbia fregato con quella consegna di eroina. Non sapeva che sono stati Néstor e i suoi due amichetti. Bondurant si è pisciato nei pantaloni. Guarda, si vede la macchia. Santos e Mo non ci sono andati leggeri. Ma bisogna ammetterlo, Néstor se n‟è andato con coraggio. Sono stufo. Non si fa altro che aspettare, mi sto rompendo i coglioni. Torneranno presto. Lasciatelo dire, avranno voglia di calcare un po‟ la mano con i due piccioncini. Kemper sentì che la vescica gli cedeva. Trasse un profondo respiro e si sforzò di perdere i sensi. Sognò di muoversi. Sognò che qualcuno l‟aveva pulito e gli aveva cambiato i vestiti. Sognò di udire i singhiozzi del feroce Pete Bondurant. Sognò di poter respirare. Sognò di poter parlare. Continuava a maledire Jack e Claire per averlo ripudiato.
Si risvegliò disteso su un letto. Riconobbe la sua vecchia suite del Fontainebleau, o una replica esatta. Indossava abiti freschi. Qualcuno gli aveva tolto le mutande sporche. I polsi bruciavano per i solchi scavati dalle corde. Frammenti di nastro adesivo gli erano rimasti incollati sulle guance. Dalla stanza accanto provenivano due voci. Pete e Ward Littell. Cercò di alzarsi in piedi. Le gambe non reggevano. Si sedette sul letto e sputò i polmoni a furia di tossire. Littell entrò nella stanza. Aveva un aspetto autorevole: il completo di gabardine lo faceva più grosso. — C‟è un prezzo — disse Kemper. Littell annuì. — Esatto. È qualcosa che ho pensato con Carlos e Sam. — Ward… — Ha accettato anche Santos. E tu e Pete vi potete tenere quello che avete rubato. Kemper si alzò. Ward lo sorresse. — Cosa dobbiamo fare? — Uccidere John Kennedy.
Capitolo 88 (Miami, 23.9.63) 1933, 1963. Trent‟anni di distanza, situazioni parallele. Miami, 1933. Giuseppe Zangara cerca di assassinare il presidente eletto, Franklin D. Roosevelt. Sbaglia il bersaglio e uccide il sindaco di Chicago, Anton Cermak. Miami, 1963. Un corteo automobilistico con Kennedy in testa è previsto per il 18 novembre. Littell percorse Biscayne Boulevard con la massima lentezza. Ogni centimetro di asfalto gli diceva qualcosa di nuovo. La settimana precedente Carlos gli aveva raccontato la storia di Zangara. — Giuseppe era un pazzo. Certi ragazzi di Chicago l‟avevano pagato per far fuori Cermak e assumersene la colpa. Era un suicida, e il suo desiderio venne esaudito. Fu Frank Nitti a sistemare la famiglia dopo la sua esecuzione. Littell si era incontrato con Carlos, Sam e Santos. Aveva trattato per la salvezza di Pete e Kemper. Avevano discusso a lungo il problema del capro espiatorio.
Carlos voleva un rosso. Era convinto che un assassino di sinistra avrebbe galvanizzato i sentimenti anticastristi. Ma Trafficante e Giancana l‟avevano messo in minoranza. Avevano versato una cifra uguale a quella di Howard Hughes, ma a una condizione: vogliamo un capro espiatorio di destra. Avevano ancora in mente di leccare il culo a Fidel. Volevano reintegrare la droga di Raul Castro e proporre una riconciliazione in extremis. Abbiamo finanziato l‟assassinio, avrebbero detto. Ora, per favore, ci ridate i casinò? Era una prospettiva troppo distorta. E politicamente ingenua. La sua era una prospettiva ridotta ai minimi termini. L‟omicidio può avere successo. Chi l‟ha programmato ed effettuato se la può cavare. La crociata antimafia di Bobby può essere vanificata. Qualsiasi altro risultato è impossibile da prevedere, e molto probabilmente produrrebbe conseguenze di estrema ambiguità. Littell attraversò il centro di Miami. Prese nota dei possibili percorsi del corteo: gli ampi viali offrivano una grande visibilità. Vide edifici alti e parcheggi nascosti. Vide i cartelli degli uffici in affitto. Vide isolati un tempo residenziali e ora caduti in rovina.
Vide diverse villette in affitto e un‟armeria. Poteva già immaginare il passaggio del corteo. Poteva già vedere la testa che esplodeva. Si incontrarono al Fontainebleau. Prima che aprissero bocca, Pete controllò che non vi fossero cimici nascoste. Kemper preparò da bere. Presero posto attorno al tavolo nei pressi del mobile bar. Littell espose il piano. — Prima dell‟inizio di ottobre portiamo il capro espiatorio a Miami. Gli facciamo affittare un appartamento economico appena fuori dal centro, nei pressi di un punto in cui passerà o si prevede passi il corteo, e più avanti, quando il corteo sarà ufficialmente organizzato, un ufficio che si affacci direttamente sul percorso. Stamane ho fatto il giro di tutte le principali arterie che portano dal centro all‟aeroporto. La mia supposizione è che avremo un gran numero di case e uffici fra cui scegliere. Pete e Kemper non dissero nulla. Sembravano ancora sotto shock. — Uno di noi rimane vicino al nostro uomo dal giorno in cui lo facciamo trasferire qui a Miami al mattino del corteo. Nei pressi di quelli che saranno casa e ufficio c‟è un‟armeria. Uno di voi due vi penetra e ruba fucili e pistole. Volantini estremisti e
altri articoli incriminanti vengono sparsi per la casa, completi di impronte del nostro uomo. — Vieni al punto — lo interruppe Pete. Littell incorniciò mentalmente il momento: tre uomini attorno a un tavolo, un silenzio assoluto. — E il giorno del corteo — riprese. — Teniamo in ostaggio il nostro uomo nell‟ufficio che si affaccia sul percorso. Ha uno dei fucili rubati, coperto di impronte. L‟auto di Kennedy passa davanti all‟edificio. I nostri due sicari sparano da due tetti diversi e colpiscono il presidente alla nuca. L‟uomo che tiene in ostaggio il nostro capro espiatorio spara anche lui, manca il bersaglio, molla il fucile e uccide il capro espiatorio con una pistola rubata. Poi sparisce e getta la pistola in un tombino. La polizia trova i fucili rubati, li collega al furto subito dall‟armeria e conclude di aver scoperto un complotto riuscito per un pelo e andato storto soltanto all‟ultimo momento, dopo l‟assassinio. Indaga sul conto del morto e ricostruisce un complotto coinvolgendo i contatti del capro espiatorio. Pete si accese una sigaretta e tossì. — Hai detto “sparisce” come se scappare fosse un giochetto da ragazzi. Littell riprese a parlare lentamente. — Da ogni viale che ho segnato come possibile percorso del corteo partono diverse strade perpendicolari. Tutte conducono all‟autostrada in meno di due minuti. I nostri sicari agiranno alle spalle del corteo. Due
soli colpi, che in un primo tempo sembreranno ritorni di fiamma delle auto o petardi. Gli uomini del Servizio Segreto non potranno capire la provenienza degli spari. A quel punto si sentirà una serie di altri spari: il nostro capro espiatorio e l‟uomo che lo ucciderà. Gli agenti si lanceranno verso l‟edificio e troveranno un morto. La cosa li distrarrà. Perderanno un minuto o forse più. Nel frattempo tutti i nostri uomini potranno salire sulle rispettive auto e fuggire. — Magnifico — commentò Kemper. Pete si strofinò gli occhi. — Non mi piace il fatto che debba essere uno di destra. È come se avessimo fatto tutta questa strada e avessimo sprecato l‟occasione di aiutare la Causa. Littell calò una gran manata sul tavolo. — No. Trafficante e Giancana lo pretendono. Sono convinti di poter stabilire una tregua con Castro, e se questo è quello che vogliono, noi ci stiamo. Non dimenticate che hanno rinunciato a uccidervi. Kemper si riempì il bicchiere. I suoi occhi erano ancora rossi per il cloroformio. — Voglio che siano i miei uomini a sparare. Sono motivati, e molto precisi. — D‟accordo — disse Pete. Littell annuì. — Daremo loro 25.000 dollari a testa, pagheremo le spese e divideremo il resto fra noi tre.
Kemper sorrise. — I miei uomini sono dei fanatici di destra. Dovremo stare attenti a non calcare troppo la mano sul fatto che stiamo incastrando un loro camerata. Pete si preparò un cocktail: due aspirine e una dose di Wild Turkey. — Dobbiamo procurarci il percorso ufficiale del corteo. — È il tuo compito — spiegò Littell. — Sei tu quello che ha i migliori contatti con il dipartimento di polizia di Miami. — Mi ci dedicherò subito. E non appena scoprirò qualcosa di concreto, inizierò a studiare i problemi logistici. Kemper tossicchiò. — La chiave è il capro espiatorio. Una volta che l‟avremo trovato, saremo a cavallo. Littell scosse il capo. — No. La chiave è impedire un‟indagine dell‟FBI. Pete e Kemper sembravano perplessi. Non erano ancora giunti a quel livello di elaborazione. Littell riprese a parlare ancora più lentamente. — Credo che Hoover sappia che sta per succedere. Ha fatto installare cimici in Dio sa quanti locali mafiosi, e mi ha confidato di aver notato un odio feroce nei confronti di Kennedy. È evidente che non ne abbia informato il Servizio Segreto: in caso contrario non avrebbero organizzato cortei fino alla fine dell‟autunno. Kemper annuì. — Hoover vuole che succeda. Quando
accadrà, ne sarà felice, e allo stesso tempo si vedrà affidare le indagini ufficiali. Abbiamo bisogno di una leva che lo costringa a usare il guanto di velluto. Pete assentì. — Un capro espiatorio legato all‟FBI. — Dougie Frank Lockhart — disse Kemper.
Capitolo 89 (Miami, 27.9.63) Gli piaceva lavorare da solo. Boyd stava facendo lo stesso. Pete posò sul tavolo il bourbon e l‟aspirina. Accese il condizionatore e rinfrescò il salotto al punto giusto. Una volta calmato il mal di testa, ragionò su alcune nuove ipotesi. L‟ipotesi che potessero assassinare Jack il Capelluto. L‟ipotesi che Santos facesse fuori lui e Kemper, accordo o non accordo. Erano ipotesi vaghe. Il salotto parve assumere una merdosissima luminosità medicinale. Littell si era detto entusiasta delle credenziali di Dougie Frank. Il coglione era un fanatico di destra compromesso fino al collo con l‟FBI. — È perfetto — aveva commentato Littell. — Se Hoover sarà costretto a indagare, coprirà immediatamente Lockhart e tutti i suoi contatti. In caso contrario, rischierebbe lo smascheramento della politica razzista del Bureau. Lockhart si trovava a Puckett, nel Mississippi. Andate e
reclutatelo, aveva ordinato Littell. La sera prima, Pete era passato dalla sala agenti del dipartimento. Aveva adocchiato tre possibili percorsi del corteo. Erano appesi a un pannello di sughero, in bella vista. Li aveva memorizzati. Tutti e tre passavano davanti all‟armena e ai cartelli di affittasi. Boyd diceva di provare più sgomento che paura. So cosa intendi, aveva risposto lui. Non aveva aggiunto quello che avrebbe voluto: “Amo questa donna. Se morirò, avrò fatto tutta questa strada e l‟avrò persa per niente.”
Capitolo 90 (Miami, 27.9.63) Qualcuno aveva appoggiato un registratore sul tavolino del salotto. Qualcuno vi aveva messo accanto una busta chiusa. Littell chiuse la porta e rifletté. Pete e Kemper sanno che sei qui. Jimmy e Carlos sanno che stai sempre al Fontainebleau. Sei sceso a far colazione, sei stato fuori meno di mezz‟ora. Littell lacerò la busta e ne estrasse un foglio. La scrittura a stampatello di Hoover spiegò subito la furtiva penetrazione. Jules Schiffrin è morto in contemporanea con la sua assenza dal servizio dell‟autunno 1960. La sua villa venne saccheggiata e certi registri vennero rubati. Joseph Valachi era coinvolto nelle operazioni relative al Fondo pensioni. Un mio fidato collega lo sta interrogando, e Robert Kennedy non ne è al corrente. Il nastro che accompagna questa mia contiene informazioni che Valachi rifiuterà di rivelare a Kennedy, alla Commissione McClellan e a chiunque altro. Confido che Valachi manterrà il suo silenzio.
Gli è stato spiegato che la qualità e la durata del trattamento che riceverà dalle autorità federali dipendono strettamente da ciò. La prego di distruggere questo messaggio. La prego di ascoltare il nastro e conservarlo in un luogo sicuro. Mi rendo conto del suo illimitato potenziale strategico. Dovrà essere rivelato a Robert Kennedy soltanto a complemento di misure di estrema gravità.
Littell collegò il registratore alla presa di corrente e sistemò il nastro. Le sue mani sembravano fatte di burro: la bobina continuava a scivolare dall‟alberino. Premette il tasto della riproduzione. Il nastro iniziò a sibilare. Ripetilo un‟altra volta, Joe. Come ti ho già detto, con calma. Va bene, con calma. Con calma per la stramaledetta sedicesima… Joe, per cortesia. Va bene. Con calma per i coglioni in galleria. Joseph F. Kennedy era il finanziere principale del Fondo pensioni degli Stati centrali dei Teamster, che presta denaro a un sacco di cattivi e a qualche buono, ma sempre a tassi d‟interesse spropositati. Io mi occupavo delle consegne. A volte versavo i contanti direttamente nelle cassette di sicurezza degli interessati. Intendi dire che eri autorizzato ad aprire le loro cassette? Precisamente. Visitavo con regolarità la banca di Joe Kennedy. È la Security-First National di Boston, conto numero 811512404.
Saranno novanta, forse cento cassette stracolme di contanti. Raymond Patriarca pensa che contengano quasi 100 milioni di dollari, e Raymond dovrebbe saperlo, perché lui e Joe l‟Irlandese si conoscono da tempo. Me lo lasci dire, l‟idea che Bob Kennedy faccia il giustiziere antimafia mi fa proprio ridere. Immagino che la mela sia caduta piuttosto lontana dall‟albero, visto che il denaro di Joe Kennedy ha finanziato un sacco di affari dell‟Organizzazione. Ma il vecchio Joe è l‟unico dei Kennedy a sapere dell‟esistenza di quel denaro. Non si va in giro a sbandierare ai quattro venti di avere 100 milioni di dollari di cui i propri figli, il presidente e il ministro della Giustizia degli Stati Uniti, non sanno un cazzo. E adesso Joe ha avuto un colpo, e forse non ragiona più molto bene. Piacerebbe a tutti che quel denaro potesse essere usato invece che restarsene chiuso in quelle cassette, cosa che può succedere nel caso il vecchio Joe tiri le cuoia o rincoglionisca del tutto. Mi lasci anche aggiungere che ogni pezzo grosso dell‟Organizzazione sa perfettamente quanto sia sporco il vecchio Joe, ma che nessuno può ricattare Bobby senza correre il rischio di smenarci di suo.
Il nastro terminò. Littell premette lo stop e restò seduto perfettamente immobile. Rifletté. Assunse il punto di vista di Hoover e ne recitò a voce alta i pensieri. Sono amico di Howard Hughes. Lo convinco ad assumere Ward Littell. Littell chiede a Hughes un‟ingente somma di denaro per aiutarmi a mantenere la mia posizione di direttore
dell‟FBI. Jack Kennedy ha in programma di licenziarmi. Ho seminato cimici in tutti i luoghi di ritrovo della mafia. Ho registrato un odio generalizzato nei confronti di Kennedy. Littell riprese il proprio punto di vista. Hoover non ha dati sufficienti. Le sue informazioni non gli consentono di preventivare un attentato. Quando ho detto a Kemper e Pete che Hoover sapeva che sarebbe successo, parlavo in senso metaforico. Ma il nastro e il messaggio implicavano una certa specificità. Hoover aveva definito la registrazione un “complemento a misure di estrema gravità“. SO TUTTO, gli stava dicendo. Il nastro era il sistema per sottomettere Bobby. Il nastro era il sistema per garantirsi il silenzio di Bobby. Il nastro doveva essere fatto pervenire a Bobby appena prima dell‟omicidio di Jack. La morte di Jack avrebbe chiarito il significato del nastro. Bobby non si sarebbe lanciato alla ricerca delle prove di un complotto. Bobby si sarebbe reso conto che così facendo avrebbe insudiciato per sempre il nome dei Kennedy. Bobby avrebbe concluso che colui che gli aveva fatto pervenire il nastro fosse a conoscenza del complotto. Ma
Bobby non avrebbe potuto farci nulla. Littell tornò ad assumere il punto di vista di Hoover. “Bobby Kennedy ha spezzato il cuore di Littell. L‟odio per i Kennedy ci unisce. Littell non resisterà all‟impulso di ferire Bobby. Littell vorrà far sapere a Bobby di essere coinvolto nel complotto per assassinare il fratello.” Era un ragionamento complesso, vendicativo e psicologicamente oscuro. Era tipico di Hoover. Mancava un solo filo logico. “Non sei ancora uscito allo scoperto. E forse nemmeno i tuoi finanziatori. “Kemper e Pete non hanno aperto bocca. Kemper non ha ancora avvertito i suoi cecchini. “Hoover sente che stai pilotando un assassinio. Il nastro è il tuo “complemento”… se ci arrivi per primo. “Si sta preparando un altro complotto. E Hoover lo sa con certezza.” Littell rimase seduto in perfetta immobilità. I lievi suoni dell‟albergo aumentarono di volume. Non riusciva a giungere a una conclusione certa. Non poteva andare al di là di una semplice intuizione. Ma Hoover lo conosceva più di chiunque altro. Si sentì sommergere da un‟orrida ondata d‟amore nei suoi confronti.
Capitolo 91 (Puckett, 28.9.63) Il coglione indossava un lenzuolo del Klan con le sue iniziali ricamate. Pete lo stava riempiendo di bourbon e menzogne. — Sei perfetto, Dougie. È il lavoretto che fa per te. Lockhart ruttò. — Sapevo che non eri venuto all‟una del mattino soltanto per bere in compagnia. Il capanno odorava da far paura. Dougie puzzava di olio Wildroot Cream. Pete si portò sulla soglia per eludere il tanfo. — 300 dollari la settimana. E una missione per l‟Agenzia, non ti dovrai preoccupare delle retate dell‟FBI. Lockhart si dondolò sulla sdraio La-Z-Boy. — Ci sono andati giù duri, con quelle retate. Ho sentito dire che ne hanno fatto le spese anche diversi ragazzi dell‟Agenzia. Pete fece schioccare le nocche. — Abbiamo bisogno di te per tenere unite le truppe. L‟Agenzia vuole costruire una serie di basi di lancio sulla costa della Florida meridionale, e ha bisogno di un bianco che diriga le operazioni. Lockhart si cacciò un dito nel naso. — Mi suona né più né
meno come Blessington. E mi suona come un‟altra preparazione per un‟altra delusione, sul genere di una certa invasione che entrambi ricordiamo. Pete trangugiò un sorso di bourbon dalla bottiglia. — Non si può sempre passare alla Storia, Dougie. A volte non si può fare di meglio che guadagnare dei soldi. Dougie si picchiettò il petto. — Il sottoscritto è passato alla Storia, e di recente. — Davvero? — Certo. Sono stato io a incendiare la Baptist Church di Birmingham. Hai presente la spietata caccia comunista che stanno organizzando in questi ultimi giorni? Be‟, sono stato io a scatenarla, Il capanno era rivestito di stagnola. Appeso alla parete posteriore campeggiava una caricatura di Martin Luther Negro. — 400 la settimana più le spese fino a metà novembre. Avrai una casa e un ufficio a Miami. E se verrai subito con me, avrai un premio speciale. — Ci sto — disse Lockhart. — Lavati — gli ordinò Pete. — Sembri un negro. Il viaggio di ritorno procedeva lentissimo. I temporali avevano trasformato l‟autostrada in un interminabile corteo di lumache.
Dougie Frank russava, indifferente al diluvio. Pete ascoltò i giornali radio e una trasmissione di twist. Un commentatore parlò del numero di canto e ballo di Joe Valachi. Valachi chiamava la mafia “Cosa Nostra”. Valachi era diventato un successone televisivo. Un giornalista definiva “entusiasmanti” i suoi dati di ascolto. Valachi spifferava vita, morte e miracoli dei pezzi grossi della costa orientale. Un inviato aveva intervistato Heshie Ryskind, ricoverato a Phoenix con il cancro. Hesh definiva Cosa Nostra una “fantasticheria goyische“. La trasmissione di twist era disturbata. Nella mente di Pete, Barb copriva i gorgheggi di Chubby Checker. Si erano parlati al telefono appena prima che lui partisse da Miami. Cosa c‟è?, gli aveva chiesto Barb. Sembri di nuovo spaventato. Non te lo posso dire, le aveva risposto. Lo saprai quando se ne parlerà. Ci farà del male?, gli aveva domandato. No, le aveva risposto. Stai mentendo, aveva replicato lei. Lui non aveva saputo ribattere. Di lì a pochi giorni sarebbe partita per il Texas. Joey aveva organizzato una tournée di otto settimane.
Pete l‟avrebbe raggiunta nei fine settimana. Avrebbe recitato la parte dell‟ammiratore fino al 18 novembre. Giunsero a Miami a mezzogiorno. Lockhart combattè il doposbornia con ciambelle glassate e caffè. Perlustrarono il centro. Dougie individuò quattro cartelli di affittasi. Pete procedeva a cerchi concentrici. Dougie sbadigliava annoiato. Pete restrinse la scelta a tre uffici e altrettante abitazioni. Dougie, disse, scegli tu. Dougie scelse in fretta. Dougie non vedeva l‟ora di stendersi in branda. Scelse una villetta di stucco nei pressi di Biscayne Boulevard. Scelse un ufficio sul viale: tutti e tre i possibili percorsi vi passavano davanti. Entrambi i padroni di casa pretesero un deposito cauzionale. Dougie sfilò le banconote dal rotolo per le spese e pagò tre mesi anticipati. Pete si tenne alla larga. I padroni di casa non lo videro. Osservò Dougie trasportare le sue cose nel villino. Un coglione peldicarota sul punto di diventare famoso.
Capitolo 92 (Miami, 29.9.63, 20.10.63) Aveva memorizzato il messaggio di Hoover. Aveva nascosto il nastro. Aveva percorso i possibili tracciati del corteo dieci volte al giorno per tre settimane consecutive. Non aveva detto a Pete e Kemper che forse esisteva un altro complotto per uccidere Kennedy. La stampa aveva riportato gli spostamenti autunnali del presidente, dando particolare risalto ai cortei previsti a New York, a Miami e nel Texas. Littell aveva inviato una lettera a Bobby, spiegando i suoi rapporti con James R. Hoffa e chiedendo dieci minuti del suo tempo. Prima di agire aveva riflettuto per quasi un mese sulle possibili conseguenze. Il tragitto fino alla cassetta postale gli aveva dato le stesse sensazioni della razzia nella villa di Jules Schiffrin… moltiplicate per mille. Littell imboccò Biscayne Boulevard. Cronometrò la durata di ogni singolo semaforo. Una settimana prima Kemper aveva effettuato il colpo
all‟armeria, rubando tre fucili con mirino e tre rivoltelle. Indossava un paio di guanti dalle dita crepate, rubati a Dougie Frank Lockhart. Il giorno successivo lo stesso Kemper aveva tenuto d‟occhio la zona. Gli investigatori l‟avevano passata al setaccio e i tecnici avevano sparso la polverina per le impronte. I guanti di Dougie erano stati ufficialmente registrati come prova. L‟abitazione e l‟ufficio di Dougie erano pieni delle sue impronte. Pete aveva lasciato che Dougie maneggiasse i fucili lasciando le sue tracce sui calci e sulle canne. Kemper aveva rubato tre auto nel South Carolina. Le aveva fatte ridipingere e le aveva munite di targhe false. Due erano state assegnate ai cecchini. La terza era riservata a chi avrebbe eliminato Dougie. Pete aveva coinvolto un quarto uomo. Chuck Rogers impersonava il capro espiatorio. Rogers e Lockhart si somigliavano per costituzione e lineamenti. L‟attributo più evidente di Dougie era una testa di capelli rossi. Chuck si era tinto di rosso. Chuck si era lanciato a vomitare odio antikennediano per tutta Miami. Aveva invaso delle sue chiacchiere taverne e sale da
biliardo. Si era scatenato in una pista di pattinaggio, in un poligono di tiro e in numerose bottiglierie. Era pagato per sfuriare fino al 15 novembre. Littell passò davanti all‟ufficio di Dougie. Ogni nuovo percorso regalava al piano un brillante abbellimento. Avrebbe dovuto trovare un drappello di teppistelli da posizionare sul percorso del corteo. Li avrebbe armati di petardi e avrebbe detto loro di darci dentro. Avrebbero esasperato gli uomini di scorta del Servizio Segreto. Li avrebbero immunizzati contro le piccole esplosioni. Kemper stava preparando alcuni ricordini di Dougie Frank. La psicopatologia lockhartiana sarebbe stata compendiata fin nei minimi dettagli. Fotografie di Jack con il volto strappato, svastiche incise su bambole di Jack e Jackie. Feci spalmate su una decina di riviste dedicate a Kennedy. Gli investigatori avrebbero trovato tutto nell‟armadio della camera da letto di Dougie. In via di preparazione: il diario politico di Dougie Frank Lockhart. Era dattiloscritto in modo impreciso, cosparso di
correzioni a inchiostro. Il testo razzista era genuinamente raccapricciante. Il diario era stata un‟idea di Pete. Dougie aveva rivendicato l‟incendio della Baptist Church: un caso celebre ancora irrisolto. Pete voleva collegare l‟assassinio di Kennedy a quello dei quattro ragazzini di colore. Dougie gli aveva raccontato la sua impresa. Pete aveva imbottito il diario di dettagli cruciali. Non ne avevano fatto cenno a Kemper. Kemper nutriva uno strano affetto per la gente di colore. Pete teneva Dougie chiuso in casa. Lo rimpinzava di pizza, marijuana e liquori. Dougie sembrava apprezzare la sistemazione. Pete gli aveva detto che l‟incarico per l‟Agenzia era stato rimandato. E gli aveva fatto bere una stronzata sulla necessità di stare nascosto. Kemper aveva trasferito i suoi uomini a Blessington. L‟FBI insisteva con le retate nei campi d‟addestramento non gestiti dalla CIA: tenerli a Sun Valley sarebbe stato rischioso. Alloggiavano al Breakers Motel. Sparavano ogni giorno, dalla mattina alla sera. I loro fucili erano uguali a quelli rubati da Kemper.
I cecchini non sapevano nulla dell‟attentato. Kemper li avrebbe informati sei giorni prima: in tempo per approntare una prova generale a Miami. Littell oltrepassò l‟abitazione di Dougie. Pete si sincerava di arrivare sempre dal vicolo sul retro per non farsi vedere dai vicini. Avrebbero dovuto nascondere qualche bustina di droga nell‟appartamento. Avrebbero dovuto aggiungere quell‟elemento al curriculum di Dougie: assassino-incendiario-drogato. Il giorno prima Kemper aveva incontrato l‟agente speciale responsabile di Miami. Erano vecchi amici del Bureau: l‟appuntamento non avrebbe dato nell‟occhio. Il federale aveva definito il corteo “un dito nel culo”, e Kennedy “difficile da proteggere”. Aveva rivelato che il Servizio Segreto concedeva alla folla troppa libertà di avvicinarsi. Avete avuto qualche minaccia?, aveva chiesto Kemper. Si è fatto avanti qualche squilibrato? No, aveva risposto l‟agente. La loro unica scommessa a rischio non aveva avuto conseguenze. Nessuno aveva denunciato i deliri del finto Dougie. Littell fece ritorno al Fontainebleau. Si chiese quanto più a
lungo di JFK sarebbero sopravvissuti Pete e Kemper.
Capitolo 93 (Blessington, 21.10.63) Gli ufficiali addetti all‟addestramento formavano un cordone appena oltre il cancello d‟ingresso. Portavano visiere e imbracciavano fucili caricati a sale. Gli esuli in cerca di rifugio cercavano di sfondare il recinto. La strada d‟accesso era invasa di auto scassate e cubani espropriati. Kemper osservava a distanza mentre la situazione si faceva sempre più critica. Metà dei cubani della Costa del Golfo era alla ricerca di asilo presso i campi della CIA. Il recinto vacillò. Gli uomini all‟interno puntarono le armi. Erano in venti, contro i sessanta all‟esterno. A dividerli si ergeva soltanto una barriera di rete metallica e filo spinato. Un cubano si arrampicò sulla rete e rimase imprigionato al filo spinato. Uno degli uomini armati gli sparò: la scarica di sale grosso lo ricacciò a terra aprendogli uno squarcio sul petto. I cubani brandivano sassi e assi di legno. Gli agenti a contratto si misero in posizione. L‟aria si riempì di un assordante rombo bilingue.
Littell era in ritardo. Anche Pete: probabile che la migrazione cubana avesse bloccato il traffico. Kemper raggiunse il pontile. I suoi uomini stavano sparando alle boe dei trenta metri. Portavano tappi di cera nelle orecchie per non farsi distrarre dai tumulti all‟ingresso del campo. Sembravano mercenari di prima scelta. Li aveva fatti penetrare appena in tempo. Avevano via libera all‟interno del campo: John Stanton gli aveva dato una mano in ricordo dei bei tempi andati. I bossoli rimbalzavano sul pontile. Laurent e Flash non sbagliavano un centro. Juan continuava a colpire le onde. La sera prima li aveva messi al corrente dell‟attentato. La pura audacia del piano li aveva elettrizzati. Non aveva saputo resistere. Aveva voluto vedere i loro volti. Quelli di Laurent e Flash si erano accesi di gioia. Juan era parso turbato. Juan si comportava in modo furtivo. Juan era scomparso per tre notti consecutive. La radio aveva riportato un altro assassinio. Una donna era stata percossa a morte e strangolata con una tracolla. La polizia non sapeva che pesci pigliare. La vittima numero 1 era stata trovata nei pressi di Sun
Valley. La numero 2 alle porte di Blessington. Il fracasso al cancello raddoppiò d‟intensità. Scariche di sale esplosero in serie. Kemper si mise i tappi di cera e osservò i suoi uomini. Juan Canestel lo guardò. Flash fece saltare una boa. Laurent la prese mentre ricadeva. Juan mancò il bersaglio per tre volte. C‟era qualcosa di strano. La polizia di Stato aveva disperso i cubani. Le auto di pattuglia li scortavano verso l‟autostrada. Kemper procedeva alle spalle del convoglio: una processione di cinquanta auto. Il fuoco di fila di sale grosso aveva fatto saltare i parabrezza e ridotto a brandelli le capote di tela. Era una soluzione poco lungimirante. John Stanton aveva profetizzato il caos nelle file degli esuli… e aveva lasciato intendere di peggio. Pete e Ward avevano avvertito di essere in ritardo. Meglio così, aveva risposto Kemper: devo fare una cosetta. Avevano rinviato l‟appuntamento alle 14,30 al Breakers. Li avrebbe informati delle novità di Stanton. E avrebbe
specificato che si trattava di congetture. La mandria d‟auto avanzava a passo d‟uomo. Due auto di pattuglia precedevano il gruppo per evitare fughe di cubani. Kemper svoltò in una strada a tornanti. Era l‟unica scorciatoia per il centro di Blessington: un tracciato di strade sterrate. L‟auto sollevava nuvole di polvere. Una pioggerella sottile le trasformò in spruzzi di fango. La Stupromobile lo superò, lanciata a tavoletta su una curva a gomito. Kemper accese i tergicristalli. Il fango si assottigliò fino a farsi trasparente. Più avanti vide del fumo… ma nessuna traccia della Stupromobile. Juan è distratto. Non ha riconosciuto la mia auto. Raggiunto il centro di Blessington, sfilò davanti al Breakers, al Dixie Diner e a ogni altro locale su entrambi i lati dell‟autostrada. Nessuna traccia della Stupromobile. Percorse il tracciato di strade laterali. Procedette in modo sistematico: tre isolati a sinistra, tre a destra. Ucci, ucci… dove sarà la rossa T-Birducci? Eccola. Parcheggiata davanti al Larkhaven Motel. Kemper riconobbe subito le due auto accanto. La Buick di Guy Banister. La Lincoln di Carlos Marcello.
Il Breakers Motel si trovava di fronte all‟autostrada. La finestra della camera di Kemper fronteggiava un posto di blocco della polizia di Stato. Gli sbirri costringevano le auto a imboccare una rampa d‟uscita. Con le pistole spianate obbligavano a scendere tutti i maschi latinoamericani. Ne controllavano l‟identità e la carta verde, ne sequestravano le auto e li arrestavano in massa. Kemper rimase a guardare per un‟ora buona. Il bottino: trentanove cubani. Li fecero salire sui cellulari. Gettarono le armi confiscate in una grossa pila. Un‟ora prima, Kemper aveva perquisito la stanza di Juan. Non vi aveva trovato tracolle. Non vi aveva trovato ricordini da pervertito. Non vi aveva trovato nulla di incriminante. Qualcuno suonò con insistenza il campanello. Kemper si affrettò ad aprire. Pete entrò nella stanza. — Hai visto cosa sta succedendo là fuori? Kemper annuì. — Qualche ora fa hanno cercato di invadere il campo d‟addestramento. L‟ufficiale responsabile ha
avvertito la polizia di Stato. Pete si avvicinò alla finestra. — Sembrano proprio incazzati, quei cubani. Kemper chiuse le tende. — Dov‟è Ward? — Sta arrivando. E spero che tu non ci abbia convocato fin quaggiù per mostrarci un posto di blocco. Kemper raggiunse il bar e versò un bourbon per Pete. — Mi ha chiamato John Stanton. A quanto pare, Jack Kennedy ha ordinato a Hoover di calcare la mano. Nelle ultime quarantotto ore, l‟FBI ha fatto retate in ventinove campi di addestramento non gestiti dalla CIA. Ogni singolo esule che non abbia rapporti con l‟Agenzia è alla ricerca di protezione. Pete scolò il suo whisky. Kemper tornò a riempirgli il bicchiere. — A sentire Stanton, Carlos ha messo a disposizione una certa somma per le cauzioni. Guy Banister ha cercato di far uscire alcuni dei suoi, ma l‟ufficio immigrazione ha emanato un ordine di deportazione per ciascun cubano catturato. Pete lanciò il bicchiere contro il muro. Kemper tappò la bottiglia. — L‟intera comunità degli esuli è in subbuglio. Stanton sostiene che si faccia un gran parlare di un attentato ai danni di Kennedy. In particolare, di un‟azione durante il corteo di Miami.
Pete sfondò la parete con un pugno. Kemper fece un passo indietro e proseguì cercando di mantenere la calma. — Nessuno di noi tre ha esposto il piano, dunque le voci non possono provenire da qualcuno dei nostri. E Stanton ha detto di non averne informato il Servizio Segreto, il che sottintende che vedere Jack morto non gli dispiacerebbe affatto. Pete si era lacerato le nocche fino all‟osso. Scaricò un gancio sinistro contro il muro, liberando una cascata di intonaco. Kemper si tenne mooolto distante. — Ward ha detto che Hoover si era reso conto che qualcosa bollisse in pentola. Aveva ragione, perché soltanto per il gusto di metterlo nel culo a Bobby Hoover avrebbe impedito le retate e avvertito i ragazzi dell‟Organizzazione… a meno che non intendesse alimentare l‟odio nei confronti di Jack. Pete afferrò la bottiglia. Si disinfettò le mani con il bourbon e se le asciugò con le tende. Il cotone passò dal beige al rosso. La parete era un disastro. — Pete, ascolta. Possiamo ancora… Pete lo spinse contro la finestra. — No. Non possiamo più uscirne. Ormai siamo in ballo, ed è probabile che ci facciano fuori anche se ci riusciamo.
Kemper riuscì a liberarsi. Pete scostò le tende. Gli esuli si lanciavano dal terrapieno dell‟autostrada. Gli agenti li rincorrevano brandendo pungoli elettrici per il bestiame. — Guarda, Kemper. Guarda e dimmi che siamo ancora in grado di controllare qualcosa. Littell passò davanti alla finestra. Pete aprì la porta e lo trascinò di forza all‟interno. Littell non reagì. L‟uomo che odiava essere sfiorato era immobile, svuotato. Kemper richiuse la porta. — Ward, cosa succede? Littell strinse la sua valigetta in un abbraccio. Non parve prestare la minima attenzione al muro sfondato. — Ho parlato con Sam. Dice che l‟attentato di Miami è fuori questione: il suo contatto con Castro ha detto che Fidel non rivolgerà mai più la parola a un membro dell‟Organizzazione. Hanno rinunciato all‟idea di un riavvicinamento. Da parte mia l‟ho sempre considerata assurda, ma ora pare che anche Sam e Santos ne siano convinti. — È una follia — esclamò Pete. Kemper lesse l‟espressione sul volto di Littell: NON TOGLIETEMI ANCHE QUESTO. — Ma noi siamo ancora in pista?
— Penso di sì — rispose Littell. — Ho parlato con Guy Banister e ho fatto una scoperta. Pete pareva sul punto di esplodere. — E allora parla, Ward. Sappiamo tutti che sei diventato il più brillante e il più forte dei tre. Mettici al corrente. Littell si aggiustò la cravatta. — Banister è riuscito a vedere la copia di una comunicazione presidenziale. Era indirizzata a Bobby, che l‟aveva comunicata a Hoover, il quale a sua volta l‟aveva fatta pervenire all‟agente responsabile di New Orleans, la fonte di Guy. A quanto pare, in novembre il presidente manderà un suo emissario personale a parlare con Castro, e il programma JM/Wave sarà ulteriormente ridotto. Pete si pulì le mani dal sangue. — Non capisco il ruolo di Banister. Littell gettò la valigetta sul letto. — Pura coincidenza. Guy e Carlos sono buoni amici, e anche Guy è un avvocato frustrato. Ogni tanto facciamo quattro chiacchiere, e in una di queste conversazioni Guy ha citato la comunicazione. Ma si collega tutto alla mia sensazione che Hoover sia a conoscenza di un complotto per assassinare Kennedy. Visto che nessuno di noi è ancora uscito allo scoperto, penso che forse, e dico forse, ci sia un altro complotto in via di sviluppo. Penso anche che Banister potrebbe saperne qualcosa: per questo Hoover gli ha fatto arrivare la comunicazione presidenziale.
Kemper indicò la finestra. — Vedi quel posto di blocco? — Certo che lo vedo — replicò Littell. — Anche quello lo dobbiamo a Hoover — spiegò Kemper. — Ha autorizzato le retate per aumentare l‟odio nei confronti di Jack. Mi ha chiamato John Stanton. A dar retta alle voci ci sono dieci, venti, duecento complotti in via di preparazione, come se la metafisica dell‟assassinio sia diventata troppo… Pete lo schiaffeggiò. Kemper estrasse il cannone. Pete fece lo stesso. — No — disse Littell CON DELICATEZZA. Pete gettò il cannone sul letto. Kemper fece lo stesso. — Basta così — disse Littell CON DELICATEZZA. La camera ronzava e crepitava di tensione. Littell scaricò le pistole e le chiuse nella valigetta. — Il mese scorso Banister mi ha fatto uscire di galera — raccontò Pete quasi in un sussurro. — “Le stronzate di Kennedy stanno per finire“, ha detto nel tono di chi sapeva qualcosa. Kemper intervenne a voce altrettanto bassa. — Juan Canestel ha iniziato a comportarsi in modo molto strano. Qualche ora fa l‟ho pedinato, e ho visto la sua auto parcheggiata accanto a quelle di Banister e Carlos Marcello. È
su questa stessa strada, di fronte a un altro motel. — Il Larkhaven? — domando Littell. — Precisamente. Pete si succhiò il sangue dalle nocche. — Come fai a saperlo, Ward? E se Carlos è dietro a un secondo complotto, Santos e Mo ci stanno forse dicendo di mollare il colpo? Littell scosse il capo. — Credo che siamo ancora in ballo. — E questa faccenda di Banister? — Mi giunge nuova, ma combacia con gli altri dettagli. So soltanto che alle cinque ho appuntamento con Carlos, e proprio al Larkhaven Motel. Mi ha anticipato che Santos e Mo gli hanno dato l‟incarico di occuparsi dell‟intera faccenda, con due nuove indicazioni. Kemper si massaggiò il mento. Lo schiaffo di Pete gli aveva lasciato il volto in fiamme. — E sarebbero? — Che abbandoniamo Miami e troviamo un capro espiatorio di sinistra. La tregua con Fidel non ha alcuna possibilità di successo. Vogliono un finto assassino castrista. Pete scaricò un gran calcio contro il muro. Un frammento di paesaggio della carta da parati crollò sul pavimento. Kemper inghiottì un dente. Pete indicò l‟autostrada. Gli agenti si stavano armando per fronteggiare la sommossa.
Gli agenti perquisivano i cubani lasciandoli nudi in pieno giorno. — Guardate — disse Kemper. — La partita a scacchi di Hoover. — Sei pazzo — ribatté Pete. — Non è così bravo. Littell gli rise in faccia.
Capitolo 94 (Blessington, 21.10.63) Carlos aveva fatto servire un vassoio di liquori. L‟offerta era inadeguata: Hennessy XO e bicchieri da motel ancora avvolti nella carta. Littell si sedette sulla poltrona dura, Carlos su quella comoda. Il vassoio era sistemato su un tavolino fra di loro. — La tua squadra è fuori gioco, Ward. Useremo qualcun altro. È tutta l‟estate che sta pianificando l‟operazione, ci da più garanzie. — Guy Banister? — domandò Littell. — Come fai a saperlo? Te l‟ha detto un uccellino? — La sua auto è parcheggiata qui di fronte. E certe cose le capisci al volo. — La stai prendendo bene. — Non ho altra scelta. Carlos giocherellava con un sigaro. — L‟ho saputo da poco.
Il piano è già a buon punto, cosa che a mio modo di vedere aumenta le possibilità di riuscita. — Dove? — A Dallas, il mese prossimo. Guy si è procurato l‟appoggio finanziario di alcuni ricconi di destra. Ha un capro espiatorio sicuro, un sicario professionista e un cubano. — Juan Canestel? Carlos scoppiò a ridere. — Sono tante le cose che “capisci al volo“. Littell accavallò le gambe. — È stato Kemper ad arrivarci. Ma se vuoi la mia opinione, non dovresti fidarti di psicopatici che guidano auto sportive rosse fiammanti. Carlos staccò con un morso l‟estremità del sigaro. — Guy ci sa fare. Ha trovato un capro espiatorio di sinistra che lavora lungo uno dei percorsi del corteo, due cecchini e alcuni sbirri pronti a eliminare il fantoccio. Ward, cazzo, non puoi dir nulla contro uno che ha studiato un piano identico al tuo senza nemmeno interpellarti. Littell si sentiva calmo. Carlos non l‟avrebbe spezzato. Aveva ancora la possibilità di fare del male a Bobby. — Mi dispiace che non tocchi a te, Ward. So che hai un motivo personale per desiderare la morte di quell‟uomo. Littell si sentiva sicuro. Si sentiva ostile a Pete e Kemper. — Non mi è andato giù che Mo e Santos facessero il filo a
Castro. Ward, avresti dovuto vedermi quando l‟ho scoperto. Littell estrasse di tasca l‟accendino. Era di oro massiccio: regalo di Jimmy Hoffa. — Stai per dirmi qualcosa, Carlos. Stai per dirmi “Ward, sei troppo prezioso perché possa rischiare di perderti“. Stai per offrirmi da bere, sebbene siano ormai due anni che non tocco alcol. Marcello si sporse in avanti. Littell gli accese il sigaro. — Non sei troppo prezioso perché possa rischiare di perderti, ma sei troppo prezioso per punirti. Su questo punto sono tutti d‟accordo con me. E anche sul fatto che Boyd e Bondurant siano tutta un‟altra faccenda. — Continuo a non volere quel drink. — E perché dovresti? Tu non hai rubato cento chili di eroina, non hai coperto di merda i tuoi complici. Hai preso parte a un ricatto di cui avresti dovuto parlarci, ma è qualcosa che ti si può perdonare. — Continuo a non volere quel drink — replicò Littell. — E gradirei se mi dicessi esattamente cosa vuoi che faccia a partire da ora fino a Dallas. Carlos si spazzolò un grumo di cenere dal panciotto. — Voglio che tu, Pete e Kemper non interferiate con il piano di Guy, e che non cerchiate di inserirvi. Voglio che lasciate andare quel Lockhart e lo rispediate nel Mississippi. E voglio che Pete
e Kemper restituiscano quello che hanno rubato. Littell serrò l‟accendino fra le dita. — Gliela farete pagare? — Non lo so. Non sono io a deciderlo. L‟olezzo del sigaro era tremendo. Il condizionatore gli gettava il fumo in faccia. — Avrebbe funzionato, Carlos. Ci saremmo riusciti. Marcello ammiccò. — Per te gli affari sono sempre soltanto affari. Non ti abbandoni ai rimpianti, quando le cose non vanno come avresti voluto. — Non sarò io a ucciderlo. Questo è il mio rimpianto. — Sopravviverai. E il tuo piano ha aiutato Guy a organizzare una diversione tattica. — Quale diversione? Carlos si sistemò un posacenere sullo stomaco. — Banister ha informato del complotto di Miami un pazzo di nome Milteer, ma senza far nomi. Guy sa che Milteer è un chiacchierone, e che è controllato da vicino da un informatore del dipartimento di polizia. Spera che Milteer si lasci scappare qualcosa con l‟informatore, provocando la cancellazione del corteo di Miami e distogliendo l‟attenzione pubblica da Dallas. Littell sorrise. — È un‟idea assurda. Sembra tratta di peso da un film poliziesco. Carlos sorrise. — Esattamente come la tua favoletta sui registri contabili dei Teamster. Esattamente come l‟idea che io
non sapessi tutto fin dall‟inizio. Un uomo fece capolino dalla stanza da bagno. Reggeva una rivoltella con il cane sollevato. Littell chiuse gli occhi. — Lo sanno tutti tranne Jimmy — proseguì Carlos. — Ti abbiamo fatto pedinare fin dal giorno in cui mi hai fatto varcare la frontiera. Sappiamo tutto dei tuoi registri cifrati e della ricerca che hai svolto alla biblioteca del Congresso. So che hai un piano per quanto riguarda quei registri. Figliolo, adesso hai anche dei soci. Littell riaprì gli occhi. L‟uomo avvolse un cuscino attorno alla rivoltella. Carlos versò il liquore in due bicchieri. — Ci metterai in contatto con Howard Hughes. Gli venderemo Las Vegas e gli inculeremo la maggior parte dei profitti. Ci aiuterai a trasformare i Fondi pensioni in denaro così pulito che nemmeno Jules Schiffrin se lo sarebbe mai sognato. Littell si sentiva leggero. Cercò di recitare un‟Ave Maria, ma scoprì di essersene dimenticato le parole. Carlos sollevò il bicchiere. — A Las Vegas e alle nuove intese. Littell si sforzò di deglutire il liquore. Lo squisito bruciore lo fece singhiozzare.
Capitolo 95 (Meridian, 4.11.63) I panetti di eroina appesantivano il baule e facevano sbandare l‟auto. Un semplice controllo della stradale gli avrebbe garantito trent‟anni a Parchman. Aveva prelevato il bottino dalle cassette di sicurezza della banca. Un po‟di polvere era finita per terra: abbastanza per far sballare il Mississippi rurale per settimane di fila. Santos voleva indietro la sua roba. Santos aveva rinnegato l‟accordo appena stipulato. Santos aveva ventilato certe implicazioni. Santos avrebbe potuto farlo uccidere. Santos avrebbe potuto lasciarlo vivere. Santos avrebbe potuto tormentarlo con una sospensione della sentenza. Kemper si fermò a un semaforo. Un uomo di colore lo salutò con un cenno. Kemper rispose al saluto. Era il diacono di una chiesa pentecostale, e si era mostrato sempre molto scettico nei riguardi di John F. Kennedy. — Non mi fido di quel ragazzo — diceva sempre.
Il semaforo diventò verde. Kemper premette sull‟acceleratore. Porti pazienza, diacono. “Quel ragazzo” ha soltanto diciotto giorni di vita. La sua squadra era stata smantellata. Quella di Banister si sarebbe occupata di tutto. Juan Canestel e Chuck Rogers erano passati armi e bagagli con Guy. L‟attentato era stato rinviato al 22 novembre. Juan e un cecchino corso avrebbero sparato da due postazioni diverse. Chuck e due poliziotti di Dallas avrebbero eliminato il capro espiatorio. Era il piano di Littell abbellito da qualche dettaglio. E illustrava perfettamente la diffusa metafisica corrente: “Jack deve morire“. Littell aveva smantellato la squadra. Lockhart aveva fatto ritorno al suo Klan. Pete aveva raggiunto la sua donna nel Texas. La Swingin‟ Twist Revue si sarebbe esibita a Dallas proprio il giorno dell‟attentato. Littell l‟aveva liberato da ogni impegno. La voglia confusa di sentirsi a casa l‟aveva attirato a Meridian. Erano ancora molti gli abitanti del luogo che si ricordavano di lui. I neri l‟avevano accolto con calore. I bifolchi bianchi lo guardavano in cagnesco e non perdevano l‟occasione
di provocarlo. Aveva preso alloggio in un motel. Se un sicario mafioso avesse bussato alla sua porta, non se ne sarebbe sorpreso. Mangiava tre volte al giorno al ristorante e girava in auto per le campagne. Scese il crepuscolo. Kemper varcò i confini urbani di Puckett. Vide un ridicolo manifesto illuminato da una cornice di faretti: Martin Luther King indottrinato dai comunisti. Il fotomontaggio era realizzato in modo pacchiano. Qualcuno aveva tracciato due corna diaboliche sul capo del reverendo. Kemper svoltò verso est e si immise sulla strada a tornanti che conduceva al vecchio poligono di Dougie Lockhart. La strada sterrata lo condusse fino al limitare del campo. Le cartucce vuote crepitavano sotto le gomme dell‟auto. Spense i fari e scese. Regnava un silenzio incantevole: nessuno sparava né lanciava i soliti gridi di battaglia. Kemper estrasse il cannone. Il cielo era nero come l‟inchiostro, e gli impediva di scorgere le sagome dei bersagli. Udì uno scricchiolare di cartucce. Udì avvicinarsi dei passi. — Chi va là? Chi penetra nella mia proprietà? Kemper accese i fari. I fasci di luce illuminarono Dougie Lockhart.
— Sono Kemper Boyd, figliolo. Lockhart uscì dal raggio dei fari. — Kemper Boyd, il cui accento si fa sempre più sciropposo man mano che procede verso sud. Sei un vero camaleonte, Kemper. Te l‟ha mai detto nessuno? Kemper inserì gli abbaglianti, illuminando l‟intero poligono. — Dougie, lavati il lenzuolo. Hai un aspetto orribile. Lockhart lanciò un grido eccitato. — Capo, mi stai facendo il terzo grado! Ebbene sì, capo, lo confesso: sono stato io a incendiare quella chiesa di negracci a Birmingham! Dougie aveva denti guasti e foruncoli. Il suo alito da ubriacone si spandeva per dieci metri buoni. — Dici sul serio? — domandò Kemper. — Com‟è vero che mi trovo qui a crogiolarmi alla tua luce, capo. Com‟è vero che i negracci… Kemper gli sparò in bocca. Un intero caricatore gli staccò la testa dal collo.
Capitolo 96 (Washington, 19.11.63) Bobby lo stava facendo aspettare. Littell era seduto fuori dal suo ufficio. Il messaggio di Bobby richiedeva un‟estrema puntualità e chiudeva con uno svolazzo: “Un avvocato di Hoffa potrà sempre ottenere dieci minuti del mio tempo“. Littell era puntuale. Bobby era occupato. Una porta li separava. Littell attese. Si sentiva calmissimo. Marcello non l‟aveva spezzato. Bobby era praticamente un bambino. Marcello si era rassegnato quando lui aveva rifiutato un secondo drink. La sala d‟attesa era ricoperta di legno e spaziosa. Era molto vicina all‟ufficio di Hoover. La centralinista lo ignorava. Littell ripassò le tappe che l‟avevano portato a quel momento. 6.11.63: Kemper restituisce la droga. Trafficante rifiuta di stringergli la mano. 6.11.63: Lo chiama Carlos Marcello. “Santos ha un
lavoretto per te“, dice, ma non scende nei dettagli. 7.11.63: Lo chiama Sam Giancana. “Credo che potremmo trovare un lavoro per Pete“, dice. ”Hughes detesta i negri, e Pete si sa muovere con la droga.“ 7.11.63: Riferisce il messaggio a Pete. Pete capisce che hanno deciso di lasciarlo vivere. Se lavorerai per noi. Se ti trasferirai a Vegas. Se accetterai di spacciare eroina ai negri del posto. 8.11.63: Lo chiama un Jimmy Hoffa al settimo cielo. Non sembra curarsi di essere in serissimi guai legali. Sam gli ha detto dell‟attentato. Jimmy lo rivela a Heshie Ryskind. Heshie si trasferisce nel miglior albergo di Dallas per godersi l‟evento in prima fila. Heshie si porta dietro il suo entourage: Dick Contino, infermiere, puttane. Pete lo imbottisce di droga due volte al giorno. L‟entourage di Heshie è perplesso. Perché trasferirsi a Dallas quando stai per tirare le cuoia? 8.11.63: Carlos gli fa avere alcuni ritagli di giornale. “Assassinato dirigente del Klan: mistero nel Profondo Sud!“, recita un titolo. La polizia sospetta i membri di una Kaverna rivale. Lui sospetta una rappresaglia di Kemper Boyd.
Carlos include un messaggio. Carlos lo informa che il suo processo sta andando piuttosto bene. 8.11.63: Hughes gli fa avere un messaggio. Baby Howard vuole Las Vegas come un bambino con un nuovo giocattolo. Lui gli risponde. Promette di visitare il Nevada e fare una dettagliata ricerca prima di Natale. 9.11.63: Lo chiama Hoover. Dice che le sue intercettazioni hanno registrato una rabbia crescente: il Joe Valachi Show sta terrorizzando la mafia da costa a costa. La fonte di Hoover all‟interno del Dipartimento l‟ha informato che Bobby sta torchiando Valachi in gran segreto. Valachi si rifiuta di parlare dei registri del Fondo pensioni. Bobby è furente. 10.11.63: Lo chiama Kemper. L‟assurdo diversivo ideato da Guy Banister ha avuto successo: il corteo di Miami è stato cancellato. 12.11.63: Lo chiama Pete. Riporta altre retate presso i campi di addestramento e voci di attentati. 15.11.63: Jack visita New York. Masse di adolescenti e matrone di mezza età circondano l‟auto presidenziale. 16.11.63: I quotidiani di Dallas pubblicano il percorso del corteo. Barb Jahelka ha un posto in prima fila: a mezzogiorno si esibisce in un locale di Commerce Street. Il citofono dell‟ufficio emise un ronzio. La voce di Bobby
sorse da una scarica: — Faccia entrare il signor Littell. La centralinista gli tenne aperta la porta. Littell entrò brandendo il registratore. Bobby era in piedi dietro la scrivania. Le mani in tasca, non accennò a muoversi: gli avvocati della mafia venivano trattati con scarsa considerazione. L‟ufficio era arredato con gusto. L‟abito di Bobby tradiva un taglio dozzinale. — Il suo nome non mi giunge nuovo, signor Littell. Ci siamo forse già incontrati? ERO IL TUO FANTASMA. AVREI VOLUTO FAR PARTE DELLA TUA VISIONE. — No, signor Kennedy. — Vedo che ha portato un registratore. Littell lo posò a terra. — Sì. — Jimmy ha forse deciso di confessare? — In un certo senso. Vuole ascoltare? Bobby controllò l‟orologio. — Sono a sua disposizione per i prossimi nove minuti. Littell inserì la spina in una presa alla parete. Bobby fece tintinnare le monete che teneva in tasca. Littell premette il pulsante della riproduzione. Joe Valachi iniziò a parlare. Bobby si appoggiò con la schiena alla parete dietro la scrivania.
Littell rimase in piedi sul lato opposto. Bobby lo fissò. Rimasero assolutamente immobili, senza una smorfia o un battito di ciglia. Joe Valachi riferì le sue accuse. Bobby udì le prove. Non chiuse gli occhi, non mostrò alcuna reazione. Littell iniziò a sudare. L‟assurda gara di sguardi continuò. Il nastro terminò. Bobby afferrò il telefono. — Si metta in contatto con l‟agente speciale Conroy di Boston. Gli ordini di correre alla Security-First National Bank e informarsi a chi appartenga il conto numero 811512404. Gli dica di ispezionare le cassette di sicurezza e di richiamarmi immediatamente. Che entri subito in azione, priorità assoluta, e non mi passi telefonate finché non gli avrò riparlato. La sua voce non cedette. Ostentò un atteggiamento ferreo, corazzato, impermeabile. Ripose la cornetta. Il duello di sguardi riprese. Il primo che cede è un codardo. Littell fu sul punto di scoppiare a ridere. Un epigramma: i potenti sono tutti bambini. Il tempo passò. Littell misurava i minuti contando i propri battiti cardiaci. Gli occhiali iniziarono a scivolargli sul naso. Il telefono squillò. Bobby rispose e si mise all‟ascolto. Perfettamente immobile, Littell conteggiò quarantun secondi.
Bobby scaraventò il telefono contro il muro. E batté le palpebre. E contrasse il volto. E si asciugò le lacrime. — Che Dio ti maledica per il dolore che mi hai causato disse Littell.
Capitolo 97 (Dallas, 20.11.63) “Capirà. Sentirà la notizia, vedrà il tuo volto e capirà che ne sei stato parte. “Risalirà al tentativo di ricatto. Non siete riusciti a comprometterlo, e così l‟avete ucciso. “Capirà che c‟è dietro la mafia. Si ricorderà di come quella gente elimina gli anelli più pericolosi della catena. Ti incolperà di averla coinvolta in una faccenda così grossa.” Pete la guardava dormire. Il loro letto odorava di olio abbronzante e sudore. Sarebbe andato a Las Vegas. Sarebbe tornato da Howard “Dracula” Hughes. Ward Littell faceva da mediatore. Avrebbe fatto il gorilla e lo spacciatore. Era una sentenza commutata: dalla pena di morte all‟ergastolo. Barb aveva allontanato le lenzuola con un calcio. Pete notò nuove lentiggini sulle gambe. A Vegas si sarebbe trovata a suo agio. Lui avrebbe cacciato Joey con un calcio in culo e le avrebbe procurato una scrittura fissa in un locale.
Sarebbe rimasta al suo fianco. Gli sarebbe stata vicina. Si sarebbe costruita la reputazione di donna fidata che sapeva come mantenere un segreto. Barb si raggomitolò attorno al cuscino. Le vene sui seni si tesero in modo curioso. Pete la svegliò. Barb lo guardò con due occhi svegli e luminosi, come sempre. — Mi vuoi sposare? — le chiese Pete. — Certo — rispose lei. Una mazzetta di 50 dollari risolse il problema dell‟esame del sangue. Un centone fece dimenticare la mancanza dei certificati di nascita. Pete noleggiò uno smoking taglia 52 extralunga. Barb passò dal Kascade Klub e prese l‟unico suo abito bianco: quello di scena. Trovarono un prete sull‟elenco telefonico. Pete si procurò al volo due testimoni: Jack Ruby e Dick Contino. Lo zio Hesh ha bisogno di un buco, disse Dick. Ma come mai è così eccitato? Per essere uno che sta tirando le cuoia, sembra molto sveglio. Pete fece un salto all‟Adolphus Hotel. Imbottì Heshie di eroina e gli allungò alcune merendine al cioccolato. Heshie disse che il suo smoking era la cosa più spassosa che avesse mai visto nella sua vita fottuta. Rideva così forte che per poco non
si strappò di dosso la sonda tracheale. Dick si diede da fare per il regalo di nozze: la suite matrimoniale dell‟Adolphus per il fine settimana. Pete e Barb vi trasferirono i bagagli un‟ora prima della cerimonia. La pistola di Pete cadde fuori dalla valigia. Per poco il fattorino non si cacò nei pantaloni. Barb gli diede 50 dollari di mancia. Il ragazzo si allontanò dalla suite con una serie di inchini. Una limousine dell‟albergo li accompagnò alla cappella. Il prete era un ubriacone. Jack si era portato dietro i suoi cagnacci abbaianti. Dick suonò qualcosa di nuziale con la sua fisarmonica. Pronunciarono i voti in un postaccio a pochi passi dalla Stemmons Freeway. Barb pianse. Pete le stringeva la mano così forte che le causò una smorfia di dolore. Il prete aveva due fedi di finto oro. Quella di Pete era troppo piccola per l‟anulare. Le ordineremo una misura gigante, disse il prete. Si faceva fornire gli articoli da un catalogo per corrispondenza di Des Moines. Pete si fece scivolare l‟anello in tasca. Giunto al “finché morte non ci separi“, sentì che le ginocchia gli cedevano. Si sistemarono nella suite. Barbara Jane Lindscott Jahelka Bondurant, continuava a ripetere Barb.
Heshie fece recapitare champagne e un enorme cesto regalo. Il ragazzo del servizio in camera era eccitatissimo: venerdì il presidente passerà qui sotto! Fecero l‟amore. Il letto era rosa ed enorme. Barb si addormentò. Pete lasciò detto di svegliarli alle otto di sera: sua moglie andava in scena alle nove precise. Ma non riusciva a dormire. Non aveva sfiorato lo champagne: iniziava a temere di avere un debole per l‟alcol. Il telefono squillò. Pete si alzò e rispose in sala. — Sì? — Pete, sono io. — Ward, Gesù. Come hai fatto a sapere…? — Mi ha appena chiamato Guy Banister — lo interruppe Littell. — Juan Canestel è scomparso a Dallas. Ho detto a Kemper di raggiungerti. Voglio che lo troviate e che facciate il necessario perché venerdì fili tutto liscio.
Capitolo 98 (Dallas, 20.11.63) L‟aereo raggiunse una piattaforma per il carico. Il volo da Meridian era in favore di vento: era giunto in meno di due ore. Littell gli aveva fatto trovare un velivolo privato. Aveva detto al pilota di fare il più in fretta possibile. Il piccolo due posti vibrava e sferragliava come una carretta; Kemper ascoltava incredulo. Erano le 23,48. Trentasei ore prima del VIA. Un‟auto accese ripetutamente i fari. Il segnale di Pete. Kemper si slacciò la cintura di sicurezza. Il pilota portò il motore al minimo e gli aprì il portellone. Kemper saltò a terra. Lo spostamento d‟aria causato dalle eliche gli fece quasi perdere l‟equilibrio. L‟auto si avvicinò. Kemper vi salì. Pete ripartì attraversando il tracciato di piste d‟atterraggio riservate ai piccoli velivoli. Un jet sfrecciò sopra di loro. Il Love Field sembrava un luogo ultraterreno. — Che cosa ti ha detto Ward? — chiese Pete.
— Che Juan è sparito. E che Guy teme che Carlos e gli altri pensino che abbia fallito. — È quello che ha detto anche a me. Gli ho risposto che la cosa mi sembrava troppo rischiosa, a patto che qualcuno non dicesse a Carlos che siamo stati noi ad aiutarlo e a risolvere i casini di Banister. Kemper abbassò il finestrino. Le sue orecchie non volevano smetterla di schioccare. — E Ward cos‟ha risposto? — Che l‟avrebbe detto a Carlos ad attentato compiuto. Se fossimo riusciti a trovare Canestel e salvare capra e cavoli. Una radio a onde corte cominciò a gracchiare. Pete abbassò il volume. — È l‟auto di J.D. Tippit quando non è in servizio. Lui e Rogers stanno perlustrando la città: se riescono a individuare Juan, ci chiamano. Tippit non può abbandonare la sua zona di pattuglia e Chuck non può fare nulla che comprometta la sua partecipazione all‟attentato. Proseguirono schivando i carrelli dei bagagli. Kemper si sporse dal finestrino e ingoiò tre Dexedrine senz‟acqua. — E Banister dov‟è? — È in arrivo da New Orleans. È convinto che Juan sia fidato, ma in caso succeda qualcosa e venga a mancare, Rogers prenderà il suo posto e Guy entrerà personalmente in azione.
Sapevano che Juan era un carattere volubile, ma non avevano capito che poteva essere un serial killer. Era un piano incasinato e pieno di buchi, e puzzava di dilettantismo lontano un chilometro. — Dove stiamo andando? — Al locale di Jack Ruby. Rogers dice che a Juan piacciono le sue puttane. Tu puoi entrare: Ruby non ti conosce. Kemper scoppiò a ridere. — Ward aveva messo in guardia Carlos di non fidarsi di uno psicopatico con una spider rossa fiammante. — Era un tuo avvertimento. — Da allora ho avuto qualche rivelazione. — Mi stai dicendo che c‟è qualcosa che dovrei sapere di Juan? — Sto dicendo che ho smesso di odiare Jack. E che in realtà non m‟importa più che lo ammazzino o no. Il pubblico del Carousel Club era distratto. Una spogliarellista si stava denudando sulla pista. Due sbirri in borghese e una schiera di puttane occupavano i tavolini in prima fila. Kemper prese posto nei pressi di una delle uscite secondarie. Svitò la lampadina che illuminava il tavolo e fu avvolto dal
buio. Poteva sorvegliare l‟ingresso e le porte sul retro. Poteva vedere la pista e i tavolini davanti al palco. La semioscurità lo rendeva praticamente invisibile. Pete lo aspettava in auto dietro al locale. Non voleva farsi vedere da Jack Ruby. La spogliarellista si esibiva sulle note di André Kostelanetz. L‟impianto stereo le diffondeva alla velocità sbagliata. Ruby era seduto con gli sbirri. Correggeva i loro drink versando direttamente dalla sua fiaschetta. Kemper sorseggiava scotch. L‟alcol accelerava l‟effetto della Dexedrina. Aveva avuto una nuova rivelazione: ora hai la possibilità di giocare con l‟attentato. Un cane si lanciò di corsa sulla pista. La spogliarellista lo scacciò. Juan Canestel fece il suo ingresso nel locale. Era solo. Indossava giubbotto e jeans. Si diresse deciso verso il tavolino delle puttane. Una cameriera lo fece sedere. Aveva aumentato l‟imbottitura dei suoi finti genitali. Aveva un coltello nella tasca posteriore sinistra. Una fascia era arrotolata sotto la cintura. Juan pagò da bere per tutti. Ruby lo andò a salutare. La spogliarellista gli riservò un paio di ancheggiamenti. Gli sbirri lo fissarono. Avevano l‟aria cattiva, carica d‟odio
per chiunque non fosse bianco. Juan portava sempre il cannone. Gli sbirri avrebbero potuto perquisirlo per una questione di principio. Avrebbero potuto rinchiuderlo per porto d‟armi abusivo. Avrebbero potuto massacrarlo di manganellate. Juan avrebbe potuto tradire Banister. Il Servizio Segreto avrebbe potuto cancellare il corteo. A Juan piaceva bere. Avrebbe potuto soffrire di un pesante doposbornia il giorno dell‟attentato. Avrebbe potuto sbagliare il colpo e mancare Jack di un chilometro. A Juan piaceva parlare. Fra quella sera e il mezzogiorno di venerdì avrebbe potuto insospettire qualcuno. La fascia spuntava dalla cintura sul davanti. Juan è un serial killer. Juan uccide con i suoi coglioni finti. Juan continuava a fare il brillante con le puttane. I due sbirri continuavano a fissarlo. La spogliarellista fece un inchino e abbandonò la pista. Ruby annunciò l‟ultimo giro. Juan posò l‟occhio su una brunetta paffuta. Usciranno dalla porta principale. Pete non li vedrà. La loro combustione potrà influire sulla prestazione di Juan. Kemper estrasse il caricatore dalla sua pistola e lo lasciò cadere a terra. Lasciò soltanto una pallottola nella camera di scoppio: giochiamo ancora un po‟ con l‟attentato.
La brunetta si alzò. Juan scattò in piedi. I due sbirri non li persero di vista. Le loro teste si avvicinarono. Uno dei due scosse il capo. La ragazza si diresse verso l‟uscita secondaria. Juan la seguì. Il parcheggio dava su un vicolo. Sul vicolo si affacciava una schiera di ingressi di alberghetti equivoci. Pete aspettava appena fuori. Juan e la ragazza scomparvero. Kemper contò fino a venti. Un addetto alle pulizie iniziò a schiaffeggiare i tavoli con uno straccio. Kemper uscì sul parcheggio. Una foschia leggera gli fece bruciare gli occhi. Pete stava pisciando dietro un cassone dell‟immondizia. Juan e la puttana stavano allontanandosi lungo il vicolo. Si stavano avvicinando alla seconda porta sul lato sinistro. Pete lo vide. Pete tossì. Pete disse: — Kemper, cosa stai…? Pete si bloccò. Pete esclamò: — Cazzo, è Juan! Pete si lanciò di corsa nel vicolo. La seconda porta a sinistra si aprì e si richiuse. Kemper iniziò a correre. Si lanciarono insieme contro la porta. Un corridoio si allungava dritto fino al retro. Tutte le porte su entrambi i lati erano chiuse. Non c‟era ascensore: l‟albergo
aveva un solo piano. Kemper contò dieci stanze. Kemper udì uno strillo soffocato. Pete iniziò a sfondare le porte. Prima a sinistra, poi a destra: una giravolta, un calcio di piatto e il legno cedeva dai cardini. Il pavimento tremò. Le luci si accesero. Ubriaconi vecchi, tristi e assonnati si fecero piccoli dal terrore. Sfondarono sei porte. Kemper si lanciò sulla settima con una spallata. Il lampadario al soffitto illuminò la scena. Juan aveva un coltello. La puttana aveva un coltello. Juan aveva un vibratore allacciato sui jeans. Kemper mirò alla testa. L‟unico colpo in canna mancò di brutto il bersaglio. Pete lo spinse da parte. Pete mirò basso e sparò. Due colpi di Magnum sfondarono le ginocchia di Juan. Juan venne scagliato oltre la sbarra del letto. La gamba sinistra si staccò dal ginocchio. La puttana si lasciò sfuggire una risatina isterica. La puttana guardò Pete. Si dissero qualcosa con gli occhi. Pete trattenne Kemper. Pete lasciò che la puttana tagliasse la gola di Juan. Raggiunsero un rivenditore di ciambelle e ordinarono due caffè.
Kemper sentì che Dallas aveva cominciato a procedere al rallentatore. Avevano lasciato Juan nella stanza d‟albergo. Avevano raggiunto l‟auto camminando. Si erano allontanati lentamente. Non si erano scambiati una parola. Pete non aveva commentato il suo tentativo di giocare con il fato. Stranamente, l‟adrenalina rallentava tutto. Pete raggiunse un telefono pubblico. Kemper lo vide inserire le monete. Sta chiamando Carlos a New Orleans. Sta pregando perché ti lascino vivere. Pete gli diede le spalle e si rannicchiò sul telefono. Sta dicendo che Banister ha rischiato di mandare tutto a puttane. Sta dicendo che Boyd ha eliminato lo scagnozzo di cui non avrebbero mai dovuto fidarsi. Sta chiedendo qualcosa di specifico. Fate partecipare Boyd all‟attentato, sta dicendo. Sapete che è un tipo competente. Sta chiedendo pietà. Kemper sorseggiava il suo caffè. Pete riagganciò e fece ritorno al tavolo. — Chi hai chiamato? — Mia moglie. Volevo avvertirla che avrei fatto tardi. Kemper sorrise. — Non ti servivano tante monete per
chiamare in albergo. — Dallas è cara — replicò Pete. — E di questi tempi tutto si è fatto più costoso. — Altroché — commentò Kemper nel più classico accento sudista. Pete accartocciò il suo bicchiere. — Posso accompagnarti da qualche parte? — Prenderò un taxi per l‟aeroporto. Littell ha detto al pilota di aspettarmi. — Torni nel Mississippi? — Casa dolce casa, figliolo. Pete ammiccò. — Stammi bene, Kemper. E grazie per avermi fatto partecipare. La veranda si affacciava sulle colline ondulate. Era una gran bella vista, per un motel economico. Aveva richiesto l‟esposizione a sud. Gli avevano dato una villetta separata dall‟edificio principale. Il volo di ritorno era stato magnifico. L‟alba era un trionfo di luce. Si era addormentato, risvegliandosi a mezzogiorno. La radio aveva annunciato l‟arrivo di Jack nel Texas. Aveva chiamato la Casa Bianca e il Dipartimento di Giustizia. Non era andato al di là degli scagnozzi di secondo livello.
Il suo nome era in una sorta di lista nera. Non gli avevano nemmeno lasciato i convenevoli. Aveva chiamato l‟agente speciale di Dallas. L‟ex collega si era rifiutato di parlargli. Aveva chiamato il Servizio Segreto. L‟ufficiale di servizio aveva riagganciato. Aveva smesso di giocare con il destino. Si era seduto in veranda e aveva ripensato a tutto ciò che era successo. Le ombre della sera tingevano di verde scuro le colline. I suoi ricordi continuavano a succedersi al rallentatore. Udì dei passi. Era Ward Littell. Drappeggiato sul braccio ostentava un cappotto Burberry nuovo di zecca. — Ti credevo a Dallas — disse Kemper. Littell scosse il capo. — Non ho bisogno di assistere. E a Los Angeles c‟è qualcosa che devo vedere. — Sei elegante, figliolo. È bello vedere che vesti bene. Littell fece scivolare il cappotto. Kemper vide la pistola e si aprì in un sorriso radioso. Littell gli sparò. L‟impatto lo fece cadere dalla sedia. ORA DORMI, gli sembrò che dicesse il secondo sparo. Kemper morì pensando a Jack.
Capitolo 99 (Beverly Hills, 22.11.63) Il fattorino gli consegnò la chiave e indicò la villetta. Littell gli allungò un biglietto da 1000 dollari. Il giovane era sbalordito. — Vuole soltanto vederlo? — continuava a ripetere. VOGLIO VEDERE IL PREZZO. Erano nel capanno delle pulizie. Il fattorino continuava a controllare il loro lato cieco. — Faccia in fretta — si raccomandò. — Deve sparire prima che quei mormoni tornino dalla colazione. Littell si allontanò. La sua mente scattò a due ore dopo e si regolò sul fuso del Texas. La villetta era salmone e verde. La chiave aprì tre chiavistelli. Littell entrò. Il salone d‟ingresso era invaso di congelatori sanitari e apparecchiature per l‟endovenosa. L‟aria odorava di amamelide e insetticida. Udì strilli infantili. Un programma televisivo per bambini.
Seguì gli strilli lungo un corridoio. Un orologio da muro segnava le 8,09. A Dallas erano le 10,09. Gli strilli si trasformarono in una pubblicità di cibo per cani. Littell si appiattì alla parete e sbirciò al di là della porta. Il sangue gocciolava da un sacchetto per le trasfusioni. Il vecchio si stava praticando un‟iniezione con una siringa ipodermica. Giaceva nudo e cadaverico su un letto d‟ospedale. Mancò la vena del fianco. S‟infilzò il pene e premette lo stantuffo. I capelli gli sfioravano la schiena. Le unghie delle mani si incurvavano fino a toccare le palme. La stanza puzzava di urina. Insetti galleggiavano in un recipiente colmo di piscio. Hughes estrasse l‟ago. Il letto sprofondò sotto il peso di una dozzina di slot machine smantellate.
Capitolo 100 (Dallas, 22.11.63) La droga fece effetto. Heshie si rilassò e fece un debole sorriso. Pete ripulì l‟ago. — È a circa sei isolati di distanza. Avvicinati alla finestra attorno alle dodici e un quarto. Vedrai passare le auto. Heshie si portò un Kleenex alla bocca e prese a tossire. Un rivolo di sangue gli colò dal mento. Heshie cercò di parlare. Pete gli diede un sorso d‟acqua. — Non appisolarti, Hesh. Non è qualcosa a cui si assiste tutti i giorni. La folla invadeva Commerce Street dal bordo del marciapiede alle vetrine dei negozi. Cartelli fatti in casa si agitavano a tre metri da terra. Pete si incamminò verso il locale. Dovette schivare di continuo drappelli di spettatori già schierati. I sostenitori di Jack mantenevano le loro posizioni. La polizia continuava a riportare sul marciapiede gli entusiasti che
avevano invaso la strada. I genitori portavano i bambini sulle spalle. Un milione di bandierine sventolavano al sole. Pete raggiunse il locale. Barb gli aveva riservato un tavolino nei pressi del palco. Gli spettatori erano pochi e indifferenti: al massimo una dozzina di ubriaconi. Il gruppo eseguiva una canzone veloce. Barb gli mandò un bacio. Pete si sedette e le rivolse un sorriso: cantane una lenta, diceva. Un boato invase il locale: ECCOLO ECCOLO ECCOLO! Il gruppo si lanciò in uno stonatissimo crescendo. Joey e i suoi ragazzi sembravano fatti. Barb attaccò Unchained Melody. Ogni cliente, barista e addetto alla cucina si precipitò alla porta. Il boato aumentò, spalleggiato dal rombo delle limousine e delle Harley-Davidson. La porta era aperta. Barb stava cantando per lui, ma Pete non riusciva a sentirla. La guardò. Inventò le sue parole. Lei lo sosteneva con lo sguardo e con le labbra. Il boato si spense lentamente. Pete si fece coraggio per l‟urlo finale.