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MICHAEL CONNELLY IL RAGNO (Angels Flight, 1999) A McCaleb Jane Connelly 1 La parola risuonò strana, quasi l'avesse pronunciata un altro. Nella propria voce Bosch avvertì un'ansia che non riconosceva. Il semplice pronto che aveva sussurrato al telefono era pieno di una speranza quasi straziante. Ma la voce che gli rispose non era quella che voleva sentire. «Detective Bosch?» Per un istante Bosch si sentì un idiota, chiedendosi se l'interlocutore avesse notato il tremolio della sua voce. «Sono il tenente Michael Tulin. Parlo con il detective Bosch?» Quel nome sembrava non ricordargli nulla, e la momentanea preoccupazione per il tono della propria voce lasciò subito il posto a un brutto presentimento. «Sì, sono Bosch. Cosa c'è? Cos'è successo?» «Resti in linea. Il vicecapo Irving vuole parlarle.» «Che cosa...» L'interlocutore svanì con un clic e rimase solo il silenzio. Bosch ricordò finalmente chi era Tulin... l'aiutante di Irving. Rimase immobile in attesa e si guardò intorno nella cucina: soltanto la fievole luce del forno era accesa. Con una mano tenne il ricevitore premuto contro l'orecchio, posando istintivamente l'altra sullo stomaco, dove una vaga paura e un senso di nausea si stavano contorcendo. Osservò i numeri luminosi sull'orologio del forno. Erano quasi le due ed erano passati cinque minuti dall'ultima volta in cui li aveva guardati. "C'è qualcosa che non va" pensò mentre aspettava. "Non lo fanno per telefono. Di solito vengono a bussare alla tua porta e te lo dicono in faccia." Finalmente Irving sollevò il suo ricevitore all'altro capo della linea. «Detective Bosch?» «Lei dov'è? Cos'è successo?» Trascorse un altro istante di inquietante silenzio, in cui Bosch attese la risposta a occhi ormai chiusi. «Mi scusi?»
«Me lo dica e basta: cosa le è successo? Insomma... è viva?» «Detective, non capisco di che parla. Io la sto chiamando perché ho bisogno che raduni la sua squadra il più rapidamente possibile. Mi servite per un incarico speciale.» Bosch riaprì gli occhi. Guardò oltre la finestra della cucina, nel canyon buio sotto casa. Con gli occhi seguì il pendio della collina giù fino alla freeway e poi su di nuovo verso lo squarcio di luci di Hollywood, incorniciate nella spaccatura del Cahuenga Pass. Si chiese se ogni luce rappresentasse una persona ancora sveglia e in attesa di qualcuno che forse non sarebbe tornato. Bosch vide la propria immagine riflessa nel vetro. Aveva un'aria stanca. Perfino nel vetro brunito della finestra riusciva a distinguere le occhiaie scure. «Ho un incarico per lei, detective» ripeté impaziente Irving. «È in grado di lavorare o...» «Certo che posso lavorare. Mi sono soltanto confuso un attimo.» «Be', mi dispiace di aver chiamato a quest'ora. Ma dovrebbe esserci abituato.» «Sì, nessun problema.» Bosch non gli disse che non era stato svegliato dalla sua chiamata, né che si stava aggirando solo per la casa al buio, in attesa. «Allora si metta in moto, detective. Le daremo del caffè, qui sul posto. Ma non voglio altri ritardi. Avverta la sua squadra. Li faccia venire sulla Grand Street, fra la Terza e la Quarta, in cima ad Angels Flight... Sa di cosa sto parlando?» «Angels Flight? Non capisco...» «Ogni cosa le sarà spiegata all'arrivo. Chieda subito di me. Se sono in basso scenda da me prima di parlare con chiunque altro.» «E il tenente Billets? Dovrebbe essere...» «Informeremo il tenente di quanto sta succedendo. Ma non sprechiamo altro tempo: questa non è una richiesta, è un ordine. Raduni i suoi uomini e venga qui. Sono stato chiaro?!» «Chiarissimo.» «L'aspetto.» Irving chiuse senza attendere una conferma. Bosch rimase immobile con il telefono ancora premuto contro l'orecchio per qualche secondo. Si chiese cosa stesse succedendo. Angels Flight - il Volo degli Angeli - era la funicolare che dal centro, da Downtown, trasportava la gente in cima a Bunker Hill... Era una zona molto al di fuori dei confini della squadra omicidi del-
la Divisione Hollywood. Se Irving aveva fra le mani un cadavere là ad Angels Flight, le indagini dovevano ricadere sotto la giurisdizione della Divisione Centrale. Se i detective della Centrale non avessero potuto occuparsene per problemi di personale, oppure se il caso fosse stato considerato troppo importante o tanto succulento da attirare un'ossessiva attenzione dei media, lo avrebbero assegnato ai duri del dipartimento: la Divisione Rapine-Omicidi. Il fatto che un vicecapo di polizia risultasse coinvolto nel caso prima ancora dell'alba di un sabato, deponeva a favore di quest'ultima ipotesi. Ma che convocassero Bosch e la sua squadra invece dei tosti della DRO costituiva un enigma. Qualunque fosse il caso di cui Irving si stava occupando ad Angels Flight, era una storia che non quadrava. Bosch lanciò un'altra occhiata in fondo al canyon immerso nell'oscurità, allontanò il ricevitore dall'orecchio e finalmente lo riagganciò al telefono. Sentì il bisogno di una sigaretta, ma era riuscito a superare quasi tutta la notte senza fumarne nemmeno una: doveva resistere. Voltò le spalle alla finestra e si appoggiò al ripiano della cucina. Abbassò lo sguardo sul telefono, sollevò di nuovo la cornetta e pigiò il tasto di composizione rapida che lo avrebbe collegato con l'appartamento di Kizmin Rider. Dopo aver parlato con lei avrebbe chiamato Jerry Edgar. Bosch si sentì invadere da una sensazione di sollievo che accettò quasi con riluttanza. Non sapeva ancora che cosa lo aspettava ad Angels Flight, ma sarebbe senz'altro servito a distogliere i suoi pensieri da Eleanor Wish. La voce squillante di Rider rispose dopo due squilli. «Kiz, sono Harry» le disse. «Abbiamo un lavoro.» 2 Bosch stabilì di incontrare i due colleghi alla Divisione Hollywood, dove avrebbero preso le macchine con cui raggiungere Angels Flight, in centro. Scendendo dalla collina verso la stazione di polizia, sintonizzò la radio della sua Jeep sul canale della KFWB, dove infatti già trasmettevano un notiziario speciale dedicato a un omicidio avvenuto sul luogo della storica funicolare. Il giornalista sul luogo riferiva che in una vettura erano stati rinvenuti due cadaveri, e che sul posto erano giunti numerosi agenti della squadra Rapine-Omicidi. Ma le informazioni finivano qui poiché - come il giornalista sottolineava - la polizia aveva steso un cordone di isolamento insolitamente ampio intorno alla scena del crimine vietando a chiunque di avvicinarsi. Giunto alla stazione di polizia, mentre firmavano per prelevare
tre auto dal parcheggio della divisione, Bosch comunicò a Edgar e Rider le poche informazioni ricavate dal notiziario. «Così sembra che ci toccherà fare i galoppini per la DRO» concluse Edgar, infastidito dall'idea di essere stato buttato giù dal letto per trascorrere probabilmente l'intero fine settimana agli ordini di quelli della RapineOmicidi. «Noi scarpiniamo e loro si beccano la gloria. E questo fine settimana non eravamo nemmeno di turno. Perché Irving non ha chiamato la stramaledetta squadra di Rice, se gli serviva gente di Hollywood?» Edgar aveva ragione. Secondo la rotazione dei turni, la Squadra Uno Bosch, Edgar e Rider - era a riposo quel fine settimana. Se Irving avesse seguito la procedura corretta avrebbe dovuto convocare Terry Rice, che comandava la Squadra Tre, e che al momento era in testa alla rotazione. Ma Bosch aveva già capito che Irving non seguiva nessuna procedura ordinaria, se, come sospettava, lo aveva chiamato prima ancora di consultare il suo superiore diretto, il tenente Grace Billets. «Be', Jerry» disse Bosch, ormai abituato alle lamentele del partner, «fra poco avrai la possibilità di chiederlo di persona al vicecapo.» «Sì, certo, così mi ritrovo con il culo a mollo nella Harbor per i prossimi dieci anni. Col cazzo che glielo chiedo!» «Ehi, la Divisione Harbor è un posticino di tutto riposo» disse Rider, soltanto per punzecchiare ironicamente Edgar. Sapeva che il collega viveva nella Valle e che un trasferimento alla Divisione Harbor avrebbe significato un atroce pendolarismo di novanta minuti due volte al giorno... Una vera terapia da autostrada, il metodo preferito dai pezzi grossi per punire in via ufficiosa gli agenti in vena di lamentele o in cerca di grane. «Laggiù hanno al massimo sei, sette omicidi l'anno.» «Una pacchia, ma non me ne frega un cazzo.» «Okay, okay» intervenne Bosch. «Mettiamoci in movimento e a questa roba penseremo più tardi. Non perdetevi per strada.» Bosch percorse l'Hollywood Boulevard fino al 101 e imboccò la freeway per scendere verso il centro. Incontrò pochissimo traffico. A metà strada controllò nello specchietto e vide che i due partner lo seguivano a poca distanza nelle corsie vuote. Anche al buio e in mezzo al traffico non era comunque difficile identificarsi. Bosch odiava le nuove auto assegnate agli agenti investigativi. Erano verniciate di bianco e nero e sembravano esattamente delle auto di pattuglia, con la sola eccezione che non possedevano luci lampeggianti sul tetto. Era stata un'idea del precedente capo della polizia quella di sostituire le auto senza contrassegni dei detective con le co-
siddette "bicolore". L'intera faccenda era stata a dir poco una truffa, al solo scopo di dimostrare che lui aveva mantenuto la sua promessa di aumentare i poliziotti nelle strade cittadine. Trasformando auto senza contrassegni in auto chiaramente distinguibili, dava all'opinione pubblica la falsa impressione che ci fossero più poliziotti di pattuglia. Così, contando anche i detective che usavano auto bicolore, quando il capo teneva discorsi in pubblico riferiva orgogliosamente di avere aumentato di centinaia di unità il numero degli agenti nelle strade. Intanto, però, i detective che cercavano di svolgere il loro lavoro se ne andavano in giro come altrettanti bersagli. Più di una volta Bosch e la sua squadra, mentre cercavano di eseguire un mandato di arresto o di arrivare inosservati nel corso di un'indagine, scoprivano che la loro presenza era già stata segnalata proprio dalle auto. Una decisione stupida e pericolosa, ma era un editto del capo e come tale era stato applicato in tutti gli uffici investigativi dell'intero dipartimento, anche dopo che il capo era stato sconfitto al tentativo di ottenere un secondo mandato quinquennale. Bosch, come molti altri detective del dipartimento, sperava che prima o poi il nuovo capo della polizia decidesse di tornare alle vecchie auto senza contrassegni. Nel frattempo, comunque, per tornare a casa dal lavoro lui non si serviva più dell'auto assegnatagli. Avere una macchina del dipartimento da usare a proprio piacere era stato un beneficio aggiuntivo per lui, capo di una squadra investigativa, ma non gli andava assolutamente di esporre un'auto della polizia facilmente riconoscibile fuori l'uscio di casa. Non era consigliabile a Los Angeles: non si poteva mai sapere quali ritorsioni potesse provocare nel vicinato. Arrivarono a Grand Street alle due e quarantacinque. Mentre Bosch accostava al marciapiede vide un numero insolitamente alto di mezzi della polizia fermi lungo i lati di California Plaza. Notò i camioncini della scientifica e del coroner, diverse auto di pattuglia e parecchie berline di agenti investigativi, ma non le stupide bicolore, bensì le macchine senza contrassegni ancora usate dai duri della DRO. Mentre aspettava che Rider e Edgar parcheggiassero a loro volta, aprì la sua valigetta, tirò fuori il cellulare e fece il numero di casa. Dopo cinque squilli la segreteria entrò in azione e sentì la propria voce che lo invitava a lasciare un messaggio. Stava per interrompere il collegamento ma poi cambiò idea. «Eleanor, sono io. Ho avuto una chiamata urgente... ma usa il cercapersone o chiamami sul cellulare quando rientri, così saprò che stai bene...
Uhm, ecco, è tutto. Ciao... Ah, adesso sono quasi le due e tre quarti. Di sabato mattina. Ciao.» Edgar e Rider si erano accostati a piedi alla sua auto. Bosch ripose il telefono e scese con la valigetta. Edgar, il primo del gruppo, sollevò il nastro giallo che delimitava la scena del crimine e tutti e tre passarono sotto, diedero i loro nomi e i numeri di distintivo all'agente in uniforme che teneva la lista dei presenti, e infine si incamminarono attraverso California Plaza. La piazza era il punto focale di Bunker Hill, un ampio spiazzo selciato ricavato tra due grattacieli di marmo occupati da uffici, una torre di appartamenti e il Museo di Arte Contemporanea. Al centro spiccava una grossa fontana circondata da un ampio bacino, ma a quell'ora tarda l'acqua era immobile e nera poiché le pompe e le luci erano spente. Dietro la fontana c'erano la stazione della funicolare e la cabina di controllo in stile revival, piazzata sulla cima di Angels Flight. Quasi tutti gli investigatori e gli agenti di pattuglia sembravano radunati accanto alla vettura della funicolare, come se aspettassero qualcosa. Bosch cercò intorno il cranio rasato e luccicante caratteristico del vicecapo Irvin Irving. Ma non lo vide. Insieme ai due partner si infilò nella folla avvicinandosi alla vettura ferma in cima ai binari. Camminando riconobbe molti agenti della Rapine-Omicidi. Erano uomini con i quali aveva lavorato anni prima, quando anche lui aveva fatto parte di quella squadra di élite. Solo pochi lo salutarono con un cenno del capo o chiamandolo per nome. Bosch vide Francis Sheehan, il suo vecchio partner, che se ne stava appartato fumando una sigaretta. Si staccò dai due compagni e lo raggiunse. «Frankie» disse. «Cosa succede?» «Harry, e tu cosa ci fai qui?» «Una chiamata. Irving ha convocato la mia squadra.» «Merda... Scusa, Harry, ma non lo augurerei al mio peggiore nemico.» «Insomma, cosa sta...» «Farai meglio a parlarne con lui direttamente. Irving vuole mantenere il massimo riserbo su questa storia.» Bosch esitò. Sheehan aveva un'aria stanca e abbattuta, ma lui non lo vedeva da mesi e non aveva dunque idea di cosa avesse provocato all'ex collega quei cerchi scuri intorno agli occhi da segugio. Chissà da quanto si erano così infossati nel viso. Per un istante Bosch si ricordò del riflesso del proprio viso nella finestra nemmeno un'ora prima. «Stai bene, Francis?» «Mai stato meglio.»
«Okay, ci sentiamo dopo.» Bosch raggiunse Edgar e Rider, che lo aspettavano accanto alla vettura della funicolare. Edgar fece un leggero cenno col capo alla sinistra di Bosch. «Ehi, Harry, hai visto?» disse a bassa voce. «Quello è Chastain, con il suo branco di mastini. Cosa ci fanno qui quei cazzoni?» Bosch si girò e vide il gruppo di agenti della Divisione Affari Interni. «Non ne ho idea» disse. Chastain e Bosch incrociarono per un attimo gli sguardi, ma Bosch interruppe quasi subito il contatto. Non valeva la pena di farsi salire la pressione solo perché Chastain era nei paraggi. Si concentrò invece sul tentativo di far quadrare tutti i pezzi dello scenario. La sua curiosità era esacerbata. Tutti quei duri della Rapine-Omicidi in giro, i mastini degli Affari Interni, addirittura un vicecapo sul posto... doveva scoprire cosa stava succedendo. Tallonato da Edgar e Rider in fila indiana, Bosch si fece strada fino alla vettura della funicolare. Al suo interno erano state allestite lampade mobili e il vagone appariva illuminato come un soggiorno. Due tecnici della scientifica erano al lavoro. Questo fece capire a Bosch di essere arrivato sulla scena piuttosto in ritardo. La scientifica iniziava i suoi rilievi soltanto dopo che gli uomini del coroner avevano completato le procedure iniziali... dichiarando decedute le vittime, fotografando i corpi sulla scena, cercando ferite, armi e documenti per l'identificazione. Bosch si spostò verso la parte posteriore della vettura e guardò dentro dalla porta aperta. I tecnici erano indaffarati intorno a due corpi. Circa a metà della vettura c'era una donna afflosciata sopra uno dei sedili inclinati. Indossava pantaloni affusolati grigi e una maglietta bianca che le scendeva fino alle cosce. Un ampio fiore di sangue era sbocciato al centro del petto, dove la pallottola l'aveva colpita. La testa era piegata all'indietro, contro il bordo del finestrino dietro il sedile. Aveva i capelli e la carnagione scuri. Sul sedile accanto c'era un sacchetto di plastica con diversi oggetti che Bosch non poteva distinguere. Dal sacchetto sporgeva un giornale piegato. Sui gradini accanto alla porta posteriore della vettura c'era il corpo steso a faccia in giù di un uomo di colore. Indossava un elegante vestito grigio scuro. Dalla sua posizione Bosch non vedeva il viso dell'uomo e soltanto una ferita era visibile: il foro netto di una pallottola al centro della mano destra dell'uomo. Bosch sapeva che in seguito il referto autoptico l'avrebbe definita una ferita difensiva. L'uomo aveva certo sollevato la mano nell'assurdo tentativo di bloccare la pallottola. Bosch aveva visto parecchie
ferite simili nel corso degli anni, e ogni volta non poteva fare a meno di riflettere sui gesti disperati che la gente compie di fronte alla fine. Sollevare una mano per fermare una pallottola era una delle reazioni più disperate. Anche se i tecnici continuavano ad attraversargli la visuale, Bosch era in grado di vedere attraverso l'intera carrozza inclinata e anche oltre, lungo i binari della funicolare, fino a Hill Street circa un centinaio di metri più in basso. Laggiù, ai piedi della collina, era ferma la seconda vettura della funicolare, identica alla prima, e Bosch distinse chiaramente altri agenti che si muovevano intorno ai cancelletti girevoli e davanti alle saracinesche chiuse del Grand Central Market sull'altro lato della strada. Da bambino Bosch era salito sulla funicolare e aveva studiato come funzionava. Se lo ricordava ancora. Le due vetture erano controbilanciate. Quando una saliva lungo la sua strada ferrata l'altra scendeva, e viceversa. A metà strada si incrociavano. Ricordava di essere salito ad Angels Flight molto prima che Bunker Hill rinascesse come un elegante centro d'affari punteggiato di grattacieli di marmo e vetro, di lussuosi condomini e alti palazzi residenziali, di musei e fontane etichettate come giardini acquatici. A quell'epoca la collina ospitava solo palazzi vittoriani un tempo grandiosi, divenuti pensioni dall'aria stanca. Harry e sua madre erano saliti sulla collina ad Angels Flight alla ricerca di un posto in cui trasferirsi. «Finalmente, detective Bosch.» Bosch si girò. Il vicecapo della polizia Irving era fermo sulla porta spalancata della piccola stazione. «Entrate» disse, facendo segno a Bosch e alla sua squadra. Entrarono in una stanzetta angusta dominata dalle grandi, antiche ruote dentate che un tempo trainavano con i loro cavi le vetture lungo il pendio. Bosch ricordava di aver letto che quando la funicolare Angels Flight era stata rimodernata, qualche anno prima, dopo un quarto di secolo di abbandono, i cavi e le vecchie ruote erano stati sostituiti con un impianto elettrico controllato da un computer. Su un lato delle grandi ruote c'era lo spazio appena sufficiente per un piccolo tavolo da picnic con due sedie pieghevoli. Sull'altro lato c'era il computer di controllo della funicolare, con uno sgabello per l'operatore e una pila di scatole di cartone. La scatola in cima era aperta e si vedevano mucchi ordinati di opuscoli turistici sulla storia di Angels Flight. In piedi contro la parete di fronte, nell'ombra proiettata dalle vecchie ruote di ferro, con le braccia incrociate e il viso spigoloso arrossato dal sole chino verso il pavimento, stava un uomo che Bosch riconobbe subito.
Un tempo Bosch aveva lavorato per il capitano John Garwood, comandante della Divisione Rapine-Omicidi. Dall'espressione sul suo viso capiva che era molto contrariato. Garwood non sollevò lo sguardo al loro ingresso e i tre detective non aprirono bocca. Irving si avvicinò al telefono sul tavolo da picnic e raccolse il ricevitore posato sul ripiano. Mentre iniziava a parlare fece cenno a Bosch di chiudere la porta. «Mi scusi, signore» disse Irving. «Era la squadra di Hollywood. Sono tutti qui e siamo pronti a procedere.» Rimase qualche istante in ascolto, poi salutò e chiuse. Il tono di rispetto nella sua voce e l'uso della parola signore fecero capire a Bosch che aveva appena parlato con il capo della polizia in persona. La sua curiosità aumentò. «Va bene» disse Irving, girandosi verso i tre detective. «Mi dispiace avervi convocati in questo modo, soprattutto scavalcando i turni di rotazione. Comunque, ho parlato con il tenente Billets e da questo momento voi siete esclusi dai turni della Divisione Hollywood finché questa faccenda sarà risolta.» «Che cos'è esattamente questa faccenda che dovremmo risolvere?» chiese Bosch. «Una situazione molto delicata. Un duplice omicidio.» Bosch era impaziente di vederlo arrivare al punto. «Capo, qui in giro ho visto tanti agenti della Rapine-Omicidi che potremmo indagare sul caso Bobby Kennedy ripartendo da zero» disse, lanciando un'occhiata a Garwood. «Per non parlare dei mastini degli Affari Interni che gironzolano tutt'intorno. Noi che cosa ci facciamo qui, esattamente? Che cosa vuole da noi?» «Semplice» disse Irving. «Vi affido le indagini. Adesso il caso è suo, detective Bosch. Gli agenti della Rapine-Omicidi sgombreranno il campo non appena la sua squadra avrà preso il passo. Come avrà notato, siete arrivati tardi. Un particolare spiacevole, ma credo che lei riuscirà a superare questo inconveniente. So di che cosa è capace.» Bosch lo fissò per un lungo istante, poi lanciò un'altra occhiata a Garwood. Il capitano non si era mosso e continuava a fissare il pavimento. Bosch fece l'unica domanda che potesse gettare un po' di luce su quella bizzarra situazione. «Quell'uomo e quella donna sul vagone... chi sono?» Irving annuì.
«Chi erano è probabilmente il termine più indicato. Erano. Dunque: la donna si chiamava Catalina Perez. Chi fosse e cosa ci facesse ad Angels Flight non lo sappiamo ancora con esattezza. Probabilmente non è questo il punto: sembra che si sia trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma dovrete essere voi a stabilirlo in via ufficiale. Per l'uomo, invece, la questione è diversa. Quello era Howard Elias.» «L'avvocato?» Irving annuì. Bosch sentì Edgar inspirare a fondo e poi trattenere il respiro. «Sul serio?» «Purtroppo sì.» Bosch guardò oltre le spalle di Irving, attraverso il finestrino della biglietteria. Poteva vedere l'interno della vettura. I tecnici della scientifica erano ancora al lavoro, si preparavano a spegnere le luci per poi passare al laser l'interno della vettura alla ricerca di impronte digitali. Gli occhi di Bosch si soffermarono sulla mano dell'uomo trapassata dal proiettile. Howard Elias. Bosch provò a immaginare tutti i possibili sospetti in un caso del genere: molti stavano lì, sulla stessa scena del delitto, in quel medesimo istante, a osservare. «Merda» esclamò Edgar. «Non crede che potremmo passare la mano, capo?» «Tenga a freno la lingua, detective» scattò Irving, con i muscoli della mascella tesi dall'ira. «Non è accettabile in questa sede.» «Senta, capo, sto solo dicendo che se sono stato scelto per il mio colore, se cercate qualcuno che faccia lo Zio Tom del dipartimento...» «Questo non ha nulla a che fare con il caso» disse Irving, troncando bruscamente il suo intervento. «Che vi piaccia o no, siete stati assegnati a questa indagine. Mi aspetto che ognuno di voi se ne occupi al meglio delle sue capacità professionali. Soprattutto mi aspetto dei risultati, come pure il capo della polizia. Le altre questioni non hanno alcuna importanza. Assolutamente nessuna.» Dopo un breve silenzio durante il quale gli occhi di Irving passarono da Edgar a Rider e infine a Bosch, il vicecapo proseguì. «In questo dipartimento esiste un solo colore e una sola razza. Né bianca né nera: soltanto la razza blu, quella della polizia.» 3
La notorietà di Howard Elias come avvocato specializzato in diritti civili non derivava dai clienti che rappresentava, poiché questi spesso erano farabutti o addirittura autentici criminali. Ciò che aveva reso celebre il nome e il viso di Elias nell'intera regione di Los Angeles era stato il suo uso dei mass media, la sua abilità nel punzecchiare il nervo scoperto del razzismo diffuso in città, concentrando con notevole competenza il suo esercizio legale su uno specifico ambito: intentare cause contro il Dipartimento di Polizia di Los Angeles. Da quasi due decenni Elias traeva considerevoli profitti dall'inoltrare una causa dopo l'altra dinanzi alla corte federale in nome di cittadini che in un modo o nell'altro erano entrati in rotta di collisione con il dipartimento di polizia. Elias citava in giudizio agenti di pattuglia, agenti investigativi, il capo della polizia, lo stesso dipartimento. E quando intentava una causa usava l'approccio a raffica, citando come imputato chiunque fosse sia pure lontanamente collegato all'incidente in questione. Dopo che un sospetto di furto con scasso era stato bloccato e morso da un cane poliziotto, Elias aveva presentato una denuncia citando in tribunale il cane, l'agente responsabile del cane e tutta la scala gerarchica che dall'agente risaliva fino al capo della polizia. Come se non bastasse, aveva fatto causa anche agli istruttori d'accademia dell'agente e allo stesso addestratore del cane. Nei suoi infospot televisivi in tarda serata e nelle conferenze stampa "improvvisate" - ma peraltro accuratamente programmate - sulla scalinata del tribunale federale, Elias si presentava sempre come un guardiano delle libertà civili, come una voce solitaria che si ergeva contro gli abusi di quella "organizzazione fascista e paramilitare" nota sotto il nome di Dipartimento di Polizia di Los Angeles. Per i suoi avversari - numerosi fra i ranghi della polizia e negli uffici del municipio e della procura distrettuale Elias era visto a sua volta come un razzista, una mina vagante che contribuiva ad allargare le fratture razziali in una città già abbastanza lacerata. Agli occhi di questi detrattori egli rappresentava la feccia del sistema legale garantista, un prestigiatore da tribunale che sapeva pescare nel mazzo in qualunque momento per estrarne la carta vincente. Il più delle volte i clienti di Elias erano neri o comunque persone di pelle scura. La sua abilità oratoria e il suo uso selettivo dei fatti trasformava spesso questi clienti in eroi della comunità, vittime emblematiche di un dipartimento di polizia ormai sfuggito a ogni controllo. Nei quartieri meridionali della città erano in molti a credere che Elias fosse il solo in grado di impedire alle forze di polizia di comportarsi come un esercito di occu-
pazione. Howard Elias era una delle rare persone in città che, allo stesso tempo, potevano essere odiate in modo totale e osannate con altrettanto fervore in quartieri diversi. Ben pochi fra quelli che incensavano Elias si rendevano conto che tutta la sua abilità si imperniava su un singolo, semplice appiglio legale. Lui intentava cause soltanto dinanzi alla corte federale e nell'ambito delle norme sui diritti civili che gli consentivano di poter addebitare al municipio di Los Angeles le sue parcelle per tutti i casi che lo avrebbero visto vittorioso in tribunale. Il pestaggio di Rodney King, il rapporto della Commissione Christopher che si era rivelato micidiale per il dipartimento dopo il processo King, la successiva ondata di violente sommosse in città e il caso di O.J. Simpson che aveva ulteriormente aggravato le spaccature razziali: tutti questi fatti avevano gettato un'ombra inquietante sopra ognuna delle cause intentate da Elias. Quindi non era stato difficile per l'avvocato vincere molte cause contro il dipartimento, convincendo le giurie a concedere se non altro danni simbolici ai querelanti. Quelle giurie non si erano mai rese conto che simili verdetti spalancavano la porta a Elias e gli consentivano di spremere il municipio e i contribuenti, loro stessi inclusi, con parcelle che ammontavano a centinaia di migliaia di dollari. Nel caso del cliente morso dal cane, che era diventato il fiore all'occhiello di Elias, la giuria aveva deciso che i diritti del querelante erano stati violati. Ma dal momento che il querelante era uno scassinatore con un lungo elenco di arresti e condanne alle spalle, la giuria gli aveva riconosciuto soltanto un dollaro simbolico di danni. Il loro intento era chiaro: inviare un messaggio al dipartimento di polizia senza tuttavia arricchire un criminale. Ma a Elias questo non importava. Una vittoria era una vittoria. Nel rispetto dei regolamenti federali poté inoltrare al municipio una parcella di 340.000 dollari per spese legali. Il municipio gridò allo scandalo e chiese una verifica contabile, ma si ritrovò costretto a pagare ugualmente più di metà della cifra richiesta. In realtà la giuria - come molte altre prima e dopo - era convinta di affibbiare un semplice richiamo alla polizia di Los Angeles. In pratica però con quella sentenza diventava la finanziatrice degli infospot di mezz'ora che Elias lanciava in tarda serata da Channel 9 e anche la finanziatrice della sua Porsche, della lussuosa residenza a Baldwin Hills e dei costosi vestiti italiani che l'avvocato ostentava nelle udienze. Elias, naturalmente, non era il solo. In città c'erano decine di avvocati specializzati in diritti civili che facevano ricorso alla stessa normativa fe-
derale che consentiva loro di richiedere parcelle di gran lunga superiori ai danni riconosciuti ai propri clienti. Ma non tutti erano cinici e spinti solamente dal denaro. Le cause presentate da Elias e da altri avevano provocato comunque cambiamenti positivi in seno al dipartimento, e perfino molti dei loro nemici naturali - i poliziotti - non lo negavano. Le cause sui diritti civili avevano portato all'eliminazione di una pratica a lungo approvata nel dipartimento: la cosiddetta "stretta da soffocamento" per ridurre all'obbedienza i sospetti... Una pratica che era costata un numero troppo alto di decessi tra le minoranze. Varie cause legali erano inoltre servite a migliorare le condizioni e le forme di protezione nelle carceri locali. Altre cause avevano infine rafforzato gli strumenti legali con cui i cittadini potevano presentare denunce contro agenti di polizia che usassero metodi brutali. Però Elias spiccava come un caso unico, sopra tutti gli altri. Possedeva un fascino tutto suo nell'uso dei media e l'abilità verbale di un attore provetto. Si mostrava anche aperto a difendere qualsiasi tipo di cliente, senza distinzioni. Rappresentava spacciatori che sostenevano di avere subito violenze durante gli interrogatori, ladri che rubavano ai poveri ma trovavano da obiettare sulle maniere brusche dei poliziotti che li catturavano, rapinatori che sparavano alle loro vittime ma trovavano ingiusto che la polizia sparasse loro addosso. La battuta preferita di Elias - usata come slogan nei suoi programmi televisivi e ribadita ogni volta che una telecamera lo riprendeva - era che un abuso di potere è un abuso di potere, indipendentemente dal fatto che la vittima sia un criminale. Era sempre prontissimo a fissare l'obiettivo della cinepresa e a dichiarare che se un simile abuso fosse stato tollerato nei confronti di un colpevole, molto presto anche gli innocenti ne sarebbero divenuti i bersagli. Elias lavorava sempre da solo. Negli ultimi dieci anni aveva fatto causa al dipartimento più di un centinaio di volte e aveva ottenuto verdetti favorevoli dalle giurie in più della metà dei casi. Il suo nome poteva raggelare un poliziotto al solo sentirlo. Nel dipartimento tutti sapevano che se Elias ti faceva causa non sarebbe stata un rogna liquidabile in quattro e quattr'otto. Elias non accettava mai accordi extragiudiziali. Nelle norme sui diritti civili non c'erano appigli che offrissero incentivi a risolvere una causa con un accordo fuori dall'aula. No, se Elias prendeva di mira te per una delle sue cause, ti ritrovavi in mezzo a un vero e proprio spettacolo, dato in pasto al pubblico di tutta Los Angeles. Ci sarebbero stati comunicati stampa, conferenze, titoloni sui giornali, servizi in televisione. Con molta fortuna ne saresti uscito ancora intero, ma dopo aver detto addio al tuo distintivo.
Angelo per alcuni, demonio per altri, ora Howard Elias era morto, ucciso sulla piccola funicolare di Angels Flight. Sbirciando dalla finestra e osservando il chiarore arancione del raggio laser che si muoveva all'interno della vettura oscurata, Bosch sapeva di respirare la calma che precede la tempesta. Mancavano infatti solo due giorni all'inizio di quella che avrebbe potuto rivelarsi la causa più importante di Elias. La denuncia contro il Dipartimento di Polizia di Los Angeles che tutti i mezzi d'informazione avevano già reso celebre come il "caso Black Warrior" avrebbe dovuto iniziare il suo iter processuale lunedì mattina, dinanzi alla Corte Distrettuale Federale, con la scelta dei membri della giuria. La coincidenza - ma una larga fetta dell'opinione pubblica avrebbe senz'altro sbraitato che di tutto si trattava tranne che di una coincidenza - fra l'omicidio di Elias e l'inizio del processo, concentrava sulla morte dell'avvocato un interesse altissimo. Le si sarebbe potuto dare il voto sette sulla scala Richter dei media. I gruppi delle minoranze avrebbero urlato con rabbia per i loro più che comprensibili sospetti. I bianchi del West Side avrebbero sussurrato i loro timori di un'altra rivolta in città. E gli occhi di tutta la nazione si sarebbero puntati un'altra volta su Los Angeles e sul suo dipartimento di polizia. In quel momento, Bosch era perfettamente d'accordo con Edgar, anche se per motivi diversi da quelli del suo collega di colore. Anche a lui non sarebbe dispiaciuto passare la mano su quel caso. «Capo» disse Bosch girandosi verso Irving, «quando si saprà chi... Voglio dire, quando la stampa scoprirà che si tratta di Elias, noi saremo...» «Questo non deve preoccuparvi» disse Irving. «La vostra unica preoccupazione dev'essere l'indagine. Della stampa ci occuperemo io e il capo. Dalla squadra incaricata delle indagini non deve filtrare una sola parola all'esterno. Nemmeno una parola, è chiaro?» «Lasciamo perdere la stampa» disse Rider. «Come la prenderanno a South Central? La gente sarà...» «Ci occuperemo anche di questo» disse Irving, interrompendola. «Il dipartimento varerà un piano di allerta per i disordini civili a partire già dal prossimo turno di servizio. Tutto il personale passerà al servizio dodicidodici, con turni di dodici ore finché non vedremo come reagisce la città. Nessuno che abbia assistito ai disordini del '92 ci tiene a rivederli. Comunque, vi ripeto che questo non è di vostra competenza. Il compito sul quale dovete concentrarvi è un altro.» «Non mi ha lasciato finire» disse Rider. «Non volevo dire che di certo scateneranno dei disordini. In realtà io ho abbastanza fiducia in quella gen-
te. Non credo che ci saranno grossi problemi. Ciò che volevo dire era che questa faccenda li renderà furiosi, e sospettosi. E se credete di poter ignorare la cosa o di poterla tenere a bada mettendo più poliziotti per le...» «Detective Rider» disse Irving, interrompendola di nuovo «questo non la riguarda. L'indagine è la sola cosa alla quale deve pensare.» Bosch vide che le interruzioni e gli argomenti di Irving - dire a una donna di colore che i problemi della sua comunità non la riguardavano - avevano reso Rider furibonda. Glielo si leggeva in faccia, e Bosch, che conosceva bene quell'espressione, decise di intervenire prima che la collega dicesse qualcosa di troppo. «Ci serviranno rinforzi. Lavorandoci solo in tre, fra un mese staremo ancora controllando gli alibi a tempo pieno. In un caso simile dobbiamo muoverci in fretta, non solo a causa della vittima ma a causa della gente là fuori. Serve ben altro che le nostre sole forze.» «Anche a questo è stato provveduto» disse Irving. «Avrete tutto l'aiuto che vi servirà. Ma non vi verrà fornito dalla Rapine-Omicidi. Si produrrebbe un conflitto di interessi per la faccenda di Michael Harris.» Prima di intervenire, Bosch notò che Irving continuava a rifiutarsi di chiamarlo il "caso Black Warrior", usando invece il nome del querelante, Michael Harris. «Ma perché proprio noi?» «Come?» «Capisco perché la Rapine-Omicidi venga tenuta fuori. Ma dove sono le squadre della Divisione Centrale? Qui noi siamo fuori dalla nostra zona e fuori dai turni di rotazione. Perché proprio noi?» Irving emise un profondo respiro. «L'intera squadra omicidi della Divisione Centrale è impegnata con l'addestramento in accademia per questa settimana e per la prossima. Prima i corsi di addestramento sulla reattività, poi il seminario dell'FBI sulle nuove tecniche da usare sulle scene del crimine. La Divisione Rapine-Omicidi copriva le loro chiamate. Perciò hanno risposto loro anche a questa. Non appena è stato accertato chi era l'uomo che si era preso le pallottole in testa, sono stato contattato, e nei colloqui successivi con il capo della polizia si è deciso che avremmo utilizzato voi. Siete una buona squadra, una delle migliori. Avete risolto i vostri ultimi quattro casi, compreso il "caso delle uova sode"... sì, mi sono ben informato in merito. Inoltre, elemento essenziale: nessuno di voi è mai stato denunciato da Elias.» Indicò con un pollice sollevato, dietro a sé, la scena del crimine nella
vettura della funicolare. Così facendo lanciò un'occhiata a Garwood, ma il capitano teneva ancora lo sguardo fisso sul pavimento. «Nessun conflitto di interessi» disse Irving. «Chiaro?» I tre detective annuirono. Nei suoi venticinque anni passati al dipartimento, Bosch aveva accumulato un buon numero di denunce, ma chissà come aveva sempre evitato scontri diretti con Elias. Tuttavia, non era persuaso che la spiegazione di Irving fosse completa. Edgar aveva già fatto un'allusione al vero motivo che poteva spiegare la scelta della loro squadra. Non era solo perché nessuno di loro aveva avuto scontri Jegali con Elias. Piuttosto: i due partner di Bosch erano di colore. Era un fattore che poteva fare molto comodo a Irving. Bosch sapeva che il proposito di Irving di rappresentare il dipartimento con una sola faccia e una sola razza - entrambe blu, come usava dire - sarebbe svanito per incanto non appena gli fosse tornato utile esibire un paio di facce nere per i teleoperatori. «Non voglio che i miei uomini vengano fatti sfilare davanti ai media, capo» disse Bosch. «Se dobbiamo occuparci del caso, lo faremo lavorando sul serio, non per dare spettacolo.» Irving lo fissò con occhi torvi. «Come mi ha chiamato?» Per un attimo Bosch fu colto di sorpresa. «L'ho chiamata capo.» «Oh, bene. Perché cominciavo a chiedermi se non ci fosse un po' di confusione sulla linea di comando in questa stanza. Ha le idee confuse in merito, detective?» Bosch distolse gli occhi e guardò di nuovo fuori dalla finestra. Sentiva di arrossire e lo infastidiva terribilmente scoprirsi a quel modo. «No» disse. «Bene» riprese Irving senza alcun accenno di tensione. «Allora vi lascio con il capitano Garwood. Lui vi aggiornerà su quanto è già stato fatto. Quando avrà finito, parleremo del modo migliore per affrontare questo caso.» Si girò verso la porta ma Bosch lo bloccò. «Ancora una cosa, capo.» Irving si voltò. Bosch aveva recuperato la sua calma e fissò con occhi neutri il vicecapo di polizia. «Lei sa che dovremo fare le pulci a molti poliziotti per questa storia. Troppi. Dovremo esaminare tutti i casi di cui Elias si è occupato e si stava occupando, non solo la faccenda "Black Warrior". Quindi ho bisogno di
saperlo fin dall'inizio... abbiamo tutti bisogno di saperlo. Lei e il grande capo volete veramente che andiamo fino in fondo e inchiodiamo il responsabile, chiunque sia, oppure...» Non terminò la frase e Irving non aggiunse parola. «Io ci tengo a proteggere i miei» disse Bosch. «Con un caso del genere, è indispensabile che tutto sia chiaro fin dall'inizio.» Bosch correva un serio rischio parlando così di fronte a Garwood e agli altri. Indubbiamente Irving si sarebbe infuriato di nuovo, ma lui era deciso a fare in modo che Irving gli rispondesse davanti a Garwood. Il capitano era infatti un uomo potente all'interno del dipartimento, e Bosch voleva che lui sapesse fin dall'inizio che la sua squadra avrebbe seguito le direttive del più alto comando in carica, anche nell'eventualità che la mannaia calasse vicino a qualche uomo di Garwood. Irving lo fissò per un lungo istante prima di decidersi a parlare. «Terrò a mente la sua insolenza, detective Bosch.» «Sì, signore. Ma qual è la risposta?» «Andate fino in fondo, detective. Ci sono due persone morte che non dovrebbero essere morte. Non ha importanza chi fossero. Non dovrebbero essere morte. Fate del vostro meglio. Usate tutta la vostra esperienza e abilità, e andate fino in fondo.» Bosch assentì con un unico cenno del capo. Irving si girò, lanciò una rapida occhiata a Garwood e poi uscì. 4 «Harry, hai una sigaretta?» «Spiacente, capitano, sto cercando di smettere.» «Anch'io. Ma forse soltanto perché è meglio scroccarle a qualcuno invece di comprarle.» Garwood uscì dal suo angolo e sbuffò. Con un piede spostò dalla parete alcune scatole impilate e vi si sedette sopra. A Bosch sembrò vecchio e stanco, ma quell'aspetto l'aveva già dodici anni prima, quando Bosch era andato a lavorare per lui. Garwood non suscitava sentimenti particolari in Bosch. Era sempre stato il tipo del supervisore distaccato. Non socializzava con la squadra fuori dall'orario di servizio, e passava gran parte del tempo nel suo ufficio e in sala agenti. All'epoca, Bosch aveva pensato che forse era meglio così: Garwood non creava molta devozione nei suoi uomini, ma allo stesso tempo non alimentava nessuna ostilità. Forse era per
questo che era durato così a lungo al suo posto. «Be', stavolta sembra proprio che vogliano strizzarci le palle» disse Garwood. Poi guardò Rider e aggiunse: «Se mi consente l'espressione, detective». Il cercapersone di Bosch suonò. Lo sganciò in fretta dalla cintura, spense il cicalino e controllò il numero. Non era quello che aveva sperato. Lo riconobbe come il numero di casa del tenente Grace Billets. Di sicuro voleva sentire che stava succedendo. Se Irving aveva usato anche con lei la stessa circospezione, probabilmente non sapeva quasi nulla. «È importante?» chiese Garwood. «Me ne occuperò dopo. Stiamo a parlare qui dentro o ci spostiamo nella vettura della funicolare?» «Prima lasciate che vi dica quello che sappiamo. Poi la scena sarà vostra e potrete farne quello che volete.» Garwood infilò una mano nella tasca della giacca, tirò fuori un pacchetto morbido di Marlboro e cominciò ad aprirlo. «Credevo che mi avesse chiesto una sigaretta» disse Bosch. «Infatti. Questo è il pacchetto di emergenza. Non dovrei aprirlo.» Per Bosch non aveva molto senso. Guardò Garwood che si accendeva una sigaretta e poi gli offriva il pacchetto. Harry scosse la testa e infilò le mani in tasca per essere ancora più sicuro di non cedere alla tentazione. «Ti dà fastidio il fumo?» chiese Garwood, sollevando la sigaretta con un sorriso malizioso stampato sul viso. «A me no, capitano. Probabilmente i miei polmoni sono già andati. Ma questi ragazzi...» Rider e Edgar liquidarono la cosa con un gesto. Sembravano impazienti quanto Bosch di sentire la storia. «Okay, allora» disse finalmente Garwood. «Ecco ciò che sappiamo. Era l'ultima corsa della notte. Il manovratore, che si chiama Elwood... Elwood... un momento.» Tirò fuori un piccolo taccuino dalla stessa tasca in cui aveva rimesso il pacchetto di sigarette e consultò la prima pagina. «Eldrige, ecco, Eldrige. Eldrige Peete. Controllava tutta la baracca da solo... Basta una persona per tutte le operazioni, adesso che sono computerizzate. Stava per chiudere. Il venerdì sera l'ultima corsa è alle undici. Ed erano le undici. Prima di far scendere l'ultima vettura lui esce, ci sale e chiude a chiave le porte d'ingresso. Poi torna qui dentro, inserisce il comando nel computer e la spedisce giù.»
Consultò di nuovo il taccuino. «Le carrozze hanno dei nomi. Quella che ha mandato giù si chiama Sinai e quella che ha portato su Uliveto. Dice che sono nomi di monti della Bibbia. Quando Uliveto è salita sin qui, lui dice che la carrozza sembrava vuota. Così è uscito per chiudere a chiave le porte... perché infine deve rimandare giù la vettura un'altra volta sino a che il computer le blocca una accanto all'altra a metà percorso per il resto della notte. Dopo di che ha finito e può andarsene a casa.» Bosch guardò Rider e le fece segno di scrivere. Lei annuì, e dalla grossa borsa che portava con sé estrasse penna e taccuino cominciando a prendere appunti. «Solo che Elwood, voglio dire, Eldrige, esce per andare a chiudere la carrozza e ci trova i due corpi. Così torna nell'ufficio e chiama la polizia. Fin qui ci siamo?» «Sì. E dopo?» Bosch stava già pensando alle domande che avrebbe dovuto fare a Garwood e poi probabilmente a Peete. «Visto che in questi giorni tocca a noi coprire le chiamate della Centrale, alla fine la richiesta d'intervento arriva a me. Spedisco fuori quattro ragazzi e quelli cominciano a lavorare sulla scena.» «Non hanno cercato documenti d'identificazione sui corpi?» «Non subito. E comunque documenti non ce n'erano. Si sono mossi secondo il protocollo. Hanno parlato con questo Eldrige Peete, sono scesi di sotto e hanno cercato intorno bossoli e altri indizi, fino all'arrivo della squadra del coroner. Il portafoglio e l'orologio dell'uomo erano spariti. Anche la sua valigetta, se mai ne aveva una. Comunque sono arrivati all'identificazione da una lettera che il morto aveva in tasca, indirizzata a Howard Elias. Non appena l'hanno vista, i miei ragazzi hanno guardato più attentamente il morto e si sono accorti che era proprio Elias. Allora, naturalmente, mi hanno chiamato e io ho chiamato Irving e lui ha chiamato il capo e infine è stato deciso di chiamare voi altri.» Aveva snocciolato l'ultima parte come se fosse stata la necessaria conseguenza di un processo decisionale. Bosch guardò dalla finestra. C'erano ancora molti detective che gironzolavano sulla scena del delitto. «Direi che quei ragazzi hanno fatto molto di più che chiamarla, capitano» disse Bosch. Garwood si girò per guardare fuori dalla finestra come se non fosse insolito vedere almeno una quindicina di agenti investigativi sul
luogo di un omicidio. «Può darsi» disse. «Okay, cos'altro c'è?» chiese Bosch. «Cos'altro hanno fatto prima di capire chi era il morto e che il caso non era della loro misura?» «Be', come ho detto, hanno parlato con questo Eldrige e ispezionato il terreno intorno alla funicolare. Qui sopra e in basso. Poi...» «Hanno trovato qualche bossolo?» «No. Il nostro assassino è stato prudente. Li ha raccolti tutti. Però sappiamo che ha usato una calibro nove.» «Perché?» «La seconda vittima, la donna... La pallottola l'ha passata da parte a parte e ha colpito l'infisso d'acciaio di un finestrino alle sue spalle, schiacciandosi e cadendo sul pavimento. È troppo appiattita per un confronto ma si distingue ancora che era una calibro nove. Hoffman ha detto che, volendo azzardare un'ipotesi, secondo lui è una Federal. Ma per qualche referto balistico dovrete sperare in piombo migliore fornito dalle autopsie. Se arriverete fino a quel punto.» Perfetto, pensò Bosch. Il nove era un calibro da sbirri. E raccogliere i bossoli era un tocco di notevole astuzia. Non succedeva spesso. «Da come la vedono loro» continuò Garwood, «Elias è stato beccato subito dopo essere salito sulla carrozza là sotto, alla partenza. Quel tipo compare e per prima cosa gli spara nel culo.» «Nel culo?» disse Edgar. «Esatto. Il primo proiettile lo ha colpito al culo. Dunque, Elias è appena entrato e si trova un paio di gradini sopra il livello del marciapiede. L'assassino gli arriva alle spalle e solleva la pistola... che così viene a trovarsi all'altezza del suo culo. Gli piazza la canna tra le chiappe e spara il primo colpo.» «E poi?» chiese Bosch. «Be', pensiamo che Elias sia caduto e abbia cercato di girarsi per vedere chi era stato. Solleva le mani ma l'altro spara di nuovo. Il proiettile gli trapassa una delle mani e lo colpisce al viso, dritto in mezzo agli occhi. Probabilmente è stato il colpo fatale. Elias cade all'indietro. Adesso è a faccia in giù. L'assassino sale in carrozza e gli pianta un'altra palla nella nuca, a bru ciapelo. Poi solleva gli occhi e vede la donna, forse per la prima volta. La colpisce da più di tre metri e mezzo. Una palla pulita al petto, che la trapassa, e anche lei è tolta di mezzo. Niente testimoni. L'assassino toglie il portafoglio e l'orologio a Elias, raccoglie i suoi bossoli e se la fila. Pochi
minuti più tardi Peete fa risalire la carrozza e scopre i corpi. Adesso sapete quello che so io.» Bosch e i suoi partner rimasero silenziosi per qualche secondo. Lo scenario che Garwood aveva ricreato non quadrava agli occhi di Bosch, ma lui non ne sapeva ancora abbastanza per metterlo apertamente in discussione. «La rapina sembra autentica?» chiese infine Bosch. «A me sì. So che la gente della zona sud non ci crederà, ma la rapina c'è stata.» Rider e Edgar, in silenzio, erano due statue di pietra. «E la donna?» chiese Bosch. «È stata derubata?» «Non sembrerebbe. Io credo che l'assassino non volesse salire sulla carrozza. Comunque, quello con il vestito da mille dollari era l'avvocato. Il bersaglio doveva essere lui.» «E Peete? Ha sentito gli spari, un urlo, qualcosa?» «Lui dice di no. Dice che il generatore elettrico è proprio qui sotto il pavimento. Sembra un ascensore che funziona tutto il giorno, così lui deve usare tappi per le orecchie. Non ha sentito niente.» Bosch girò intorno alle antiche ruote dentate e osservò la postazione del manovratore. Notò che sopra il registratore di cassa era installato un piccolo monitor il cui schermo diviso in riquadri mostrava quattro angolature di Angels Flight, riprese da videocamere in entrambe le vetture e all'interno di entrambe le due piccole stazioni. In un angolo dello schermo si vedeva l'interno di Uliveto, dove i tecnici della scientifica erano ancora all'opera sui corpi. Garwood lo raggiunse dietro le ruote. «Qui non abbiamo avuto fortuna» disse. «Le videocamere riprendono solo dal vivo, niente registrazioni. Servono al manovratore solo per controllare che tutti siano saliti e seduti ai loro posti prima di far partire le due vetture nei sensi opposti.» «E lui...» «Non stava guardando» disse Garwood, indovinando la domanda di Bosch. «Ha controllato solo dalla finestra. Ha pensato che la carrozza in basso fosse vuota e l'ha fatta salire per chiuderla a chiave.» «Adesso lui dov'è?» «Al Parker Center, nei nostri uffici. Penso che dovrai venire là per parlargli di persona. Terrò qualcuno con lui fino al tuo arrivo.» «Nessun altro testimone?»
«Nessuno. Alle undici di sera questo posto è praticamente deserto. Il Grand Central Market chiude alle sette. Là sotto ci sono solo palazzi di uffici. Un paio dei miei ragazzi stavano per cominciare a bussare agli appartamenti qui accanto, ma poi è arrivata l'identificazione e hanno fatto marcia indietro.» Bosch fece qualche passo nella stanzetta, pensieroso. Finora era stato combinato ben poco e la scoperta dei due delitti risaliva ormai a quattro ore prima. Questo lo preoccupava, anche se capiva le ragioni di quel ritardo. «Perché Elias era ad Angels Flight?» chiese a Garwood. «Questo lo hanno scoperto prima di fare marcia indietro?» «Be', avrà voluto salire sulla collina, non credi?» «Andiamo, capitano... Se lo sapete, perché non risparmiarci la fatica?» «Non lo sappiamo, Harry. Abbiamo controllato alla motorizzazione: l'avvocato abita a Baldwin Hills. Un bel po' di strada da Bunker Hill. Non so perché stesse salendo quassù.» «E da dove veniva?» «Questo è un po' più facile. Lo studio di Elias è poco lontano, nella Third Avenue. Nel Bradbury Building. Probabilmente veniva di là. Ma dove stesse andando...» «Okay, e la donna?» «Quella è ancora un punto interrogativo. I miei ragazzi non avevano ancora cominciato a occuparsene quando ci hanno detto di fare marcia indietro.» Garwood lasciò cadere la sigaretta sul pavimento e la pestò con il tacco. Bosch lo prese come un segnale che il colloquio era quasi terminato. Decise di fare un tentativo per vedere se riusciva a stanarlo un po'. «È incazzato, capitano?» «Per cosa?» «Perché le hanno tolto il caso. Perché alcuni dei suoi uomini potrebbero comparire sulla lista dei sospetti.» Un sorrisetto incurvò le labbra sottili di Garwood. «No, non sono arrabbiato. Capisco il punto di vista del capo.» «I suoi uomini collaboreranno con noi?» Dopo un attimo di esitazione, Garwood annuì. «Certo, perché più in fretta collaboreranno, più in fretta voi li scagionerete.» «E questo lei glielo dirà?»
«È esattamente quello che gli dirò.» «Gliene siamo grati, capitano. E ora mi dica: secondo lei, quale dei suoi uomini potrebbe averlo fatto?» Adesso le labbra del capitano si curvarono in un ampio sorriso. Bosch osservò i denti di Garwood ingialliti dal fumo, e per un attimo si sentì contento del proprio tentativo di smettere. «Sei un tipo furbo, Harry. Proprio come ricordavo.» Non disse altro. «Grazie, capitano. Ma ha una risposta alla mia domanda?» Garwood raggiunse la porta e l'aprì. Prima di uscire si girò a guardarli, spostando gli occhi da Edgar a Rider e infine su Bosch. «Non è stato uno dei miei. Ve lo garantisco. Sprecate tempo se vi concentrate su questa pista.» «Grazie per il consiglio» disse Bosch. Garwood uscì chiudendosi la porta alle spalle. «Gesù!» esclamò Rider. «Sembrava il capitano Boris Karloff o qualcosa del genere. Quel tipo esce solo di notte?» Bosch sorrise e annuì. «Allora, voi che idea vi siete fatta sinora?» «Penso che siamo ancora al punto di partenza» disse Rider. «Quei ruffiani non hanno combinato niente prima di essere silurati.» «Oh, certo, la Rapine-Omicidi, cosa ti aspettavi?» disse Edgar. «Non sono famosi per ammazzarsi di lavoro. Riescono a doppiare la tartaruga che insegue la lepre tutti i giorni della settimana. Ma se volete sapere come la vedo io, siamo fottuti. Kiz, stavolta ci hanno incastrato. Col cazzo, che siamo tutti della stessa razza blu!» Bosch si diresse verso la porta. «Andiamo a dare un'occhiata» disse, interrompendo le lamentele di Edgar. Sapeva che erano giustificate, ma in quel momento contribuivano solo a intralciare la loro missione. «Forse ci verrà qualche idea prima che Irving ci voglia parlare di nuovo.» 5 Il numero di detective all'esterno della stazione aveva finalmente cominciato a diminuire. Bosch stette a guardare Garwood e un gruppo di suoi uomini che attraversavano la piazza verso le loro macchine. Poi vide Irving fermo accanto alla vettura dell'omicidio, intento a discutere con Cha-
stain e tre agenti. Bosch non poteva esserne certo, ma pensò che fossero tipi degli Affari Interni. Il vicecapo era immerso in una conversazione animata, sebbene tenesse la voce talmente bassa che Bosch non riusciva a sentire nulla di quanto diceva. Bosch non capiva esattamente il motivo della presenza degli Affari Interni, ma cominciava ad avere un gran brutto presentimento. Vide Frankie Sheehan che si attardava dietro Garwood e il suo gruppo. Era sul punto di andarsene ma esitava. Bosch gli fece un cenno col capo. «Adesso capisco cosa volevi dire, Frankie» gli disse. «Già, Harry. Brutta storia.» «Giusto. Prendi il volo?» «Sì, il capitano ci ha detto di prendere il largo.» Bosch gli si avvicinò e abbassò la voce. «Hai qualche idea che potrei prendere in prestito?» Sheehan guardò la funicolare come se stesse riflettendo per la prima volta su chi poteva avere compiuto quel duplice omicidio. «Nessuna tranne le più ovvie, e credo che sarebbe comunque una perdita di tempo. Ma in fondo il tempo tu dovrai sprecarlo in qualche modo, giusto? Per coprire tutte le basi, come in una vera partita.» «Già. Non ti viene in mente nessuno da cui potrei cominciare?» «Sì, comincia da me.» Fece un largo sorriso. «Odiavo quel fetente bastardo. Sai cosa voglio fare adesso? Voglio trovarmi un negozio di liquori ancora aperto e comprare il miglior whisky irlandese che hanno. Poi farò una piccola festicciola privata. Perché Howard Elias era un rottinculo.» Bosch annuì. Fra gli sbirri l'espressione rottinculo era usata raramente. La sentivano spesso ma non la usavano di frequente. Per quasi tutti costituiva l'epiteto peggiore che si potesse riservare a qualcuno. Quando veniva usato significava una cosa sola: che quella persona aveva sbarrato il passo ai giusti, che non aveva alcun rispetto per i tutori dell'ordine e di conseguenza per le regole e i vincoli della società. Gli assassini di poliziotti erano sempre dei rottinculo, senza andare troppo per il sottile. Anche gli avvocati difensori rientravano nel novero, quasi sempre. E Howard Elias figurava a pieno titolo nella lista dei rottinculo. Anzi, era in cima alla classifica. Sheehan abbozzò un rapido saluto e si inoltrò nella piazza. Bosch rivolse la sua attenzione all'interno della vettura e si infilò un paio di guanti di gomma. Le luci erano state riaccese, i tecnici avevano finito con il laser. Bosch conosceva uno di loro, Hoffman. Stava lavorando con una recluta di
cui Bosch aveva sentito parlare ma che non aveva ancora incontrato. Era un'asiatica piuttosto carina, con un seno prosperoso. Aveva sentito altri detective discutere in sala agenti dei suoi attributi e della loro autenticità. «Gary, si può entrare?» chiese Bosch sporgendo la testa attraverso la porta. Hoffman sollevò gli occhi dalla scatola per arnesi da pesca in cui teneva la sua attrezzatura. Stava sistemandovi le sue cose e si preparava a chiuderla. «Certo. Stiamo facendo i bagagli... È roba tua, Harry?» «Adesso sì. Hai niente di interessante per me? Per sollevare il profilo della mia giornata?» Bosch entrò nella vettura seguito da Edgar e Rider. Poiché il vagone della funicolare si trovava su un pendio, il pavimento era scandito da una serie di gradini che scendevano fino all'altra porta. Anche i sedili erano situati a livelli diversi su entrambi i lati della corsia centrale. Bosch osservò i sedili a stecche di legno e si ricordò di colpo quanto fossero duri sotto il suo fondoschiena ossuto di ragazzino. «Temo di no» disse Hoffman. «La scena è piuttosto pulita.» Bosch annuì e fece qualche altro passo fino al primo corpo. Esaminò Catalina Perez nello stesso modo in cui un altro avrebbe potuto studiare una statua in un museo. Non considerava il cadavere davanti a lui come qualcosa di umano. Osservava dettagli, racimolava impressioni. I suoi occhi caddero sulla macchia di sangue e sul piccolo strappo che la pallottola aveva provocato nella maglietta. La pallottola aveva colpito in pieno la donna. Bosch ci rimuginò, immaginando l'assassino sulla porta della carrozza a più di tre metri e mezzo di distanza. «Un tiro maledettamente preciso, eh?» Chi aveva parlato era l'assistente di Hoffman, che Bosch non conosceva. Spostò lo sguardo su di lei e assentì. Stava pensando la stessa cosa, ossia che l'assassino possedeva una certa esperienza con le armi da fuoco. «Salve, non credo che ci siamo già incontrati. Sono Sally Tam.» Lei allungò la mano e Bosch la strinse. Fu una sensazione strana. Entrambi portavano guanti di gomma. Si presentò a sua volta. «Oh» disse lei. «Poco fa qualcuno parlava proprio di lei... del "caso delle uova sode".» «È stata solo fortuna.» Bosch sapeva che quel caso gli stava fruttando più popolarità di quanta lui credesse di meritare. Tutto perché un reporter del L.A. Times ne aveva
sentito parlare e aveva scritto un articolo in cui l'abilità di Bosch era esagerata al punto da farlo sembrare un lontano parente di Sherlock Holmes. Bosch indicò oltre le spalle di Tam e disse che doveva passare per dare un'occhiata all'altro corpo. Lei si mise di fianco su un lato, e lui le sgusciò davanti badando a evitare il benché minimo contatto fisico. La sentì mentre si presentava a Rider ed Edgar, poi si accucciò accanto al corpo di Howard Elias. «È stato spostato?» chiese a Hoffman, chino a sua volta sulla sua scatola vicino ai piedi del morto. «No. Lo abbiamo girato per frugargli nelle tasche, ma poi lo abbiamo rimesso com'era. Sul sedile dietro di te ci sono delle Polaroid, se vuoi fare un controllo. Le hanno scattate i ragazzi del coroner prima che chiunque lo toccasse.» Bosch si girò e vide le istantanee. Hoffman aveva ragione: il corpo risultava nella stessa posizione di quando era stato scoperto. Si voltò di nuovo verso il morto e usò entrambe le mani per girargli la testa in modo da poterne esaminare le ferite. Bosch decise che l'interpretazione di Garwood era esatta. Il foro d'entrata sulla nuca era una ferita da contatto. Anche se parzialmente oscurate dal sangue che aveva impastato i capelli, erano ancora visibili bruciature e minuscole tracce di polvere in un disegno circolare intorno alla ferita. Il colpo sparato al viso, invece, era pulito. Anche senza tener conto del sangue - di quello ce n'era in abbondanza -, non c'erano tracce di bruciature sulla pelle. La pallottola in faccia era stata dunque sparata da una certa distanza. Bosch sollevò il braccio del morto e ne girò la mano per osservare la ferita d'entrata sul palmo. Il braccio si mosse facilmente. Il rigor mortis non era ancora iniziato... l'aria fresca della notte ritardava il processo. Sul palmo non c'erano bruciature. Bosch fece qualche rapido calcolo. L'assenza di bruciature sul palmo significava che l'arma doveva trovarsi ad almeno un metro dalla mano quando la pallottola era stata sparata. E se Elias aveva steso il braccio per proteggersi, questo poteva aggiungere quasi un altro metro. Edgar e Rider avevano raggiunto il secondo corpo. Bosch avvertì la loro presenza alle spalle. «Una pallottola sparata da circa due metri, che trapassa la mano e tuttavia arriva dritta in mezzo agli occhi» disse. «Questo tipo sa sparare. Meglio ricordarsene quando lo inchioderemo.» Nessuno dei due colleghi fece commenti. Bosch sperò che cogliessero il
tono fiducioso della sua frase, oltre all'ammonimento. Stava per posare di nuovo la mano del morto sul pavimento, quando notò il lungo graffio che dal polso arrivava fino sul lato del palmo. Pensò che la ferita fosse stata causata a Elias mentre gli strappavano l'orologio. Esaminò attentamente il graffio. Non c'era sangue. Era una lacerazione netta e pulita sulla pelle scura, eppure sembrava abbastanza profonda da dover sanguinare. Ci rifletté sopra qualche istante. Non c'erano stati colpi al cuore, solo alla testa. La quantità di sangue uscita dalle ferite indicava che il cuore aveva continuato a pompare almeno per diversi secondi dopo che Elias era stato colpito. Sembrava logico presumere che l'assassino avesse strappato l'orologio dal polso di Elias con una certa fretta dopo averlo centrato... Non c'era ovviamente nessun motivo sensato perché la tirasse in lungo. Eppure, il graffio sulla mano non aveva sanguinato, come se appunto fosse stato provocato un bel po' di tempo dopo che il cuore aveva smesso di pompare sangue. «Cosa ne pensi del clistere di piombo?» chiese Hoffman, interrompendo le riflessioni di Bosch. Mentre Hoffman si scostava, Bosch si alzò e girò cautamente intorno al cadavere fino a trovarsi accanto ai suoi piedi. Si accucciò di nuovo e osservò la ferita della terza pallottola. Il fondo dei pantaloni era inzuppato di sangue, tuttavia riuscì a distinguere la lacerazione e la piccola rosa delle bruciature dove il proiettile aveva perforato il tessuto prima di penetrare nell'ano di Howard Elias. L'arma era stata addirittura premuta con forza contro il cavallo dei pantaloni prima che esplodesse il colpo. Era un colpo maligno, umiliante, astioso. Ben diversamente da un colpo di grazia, rivelava odio e rabbia. Sembrava contraddire la gelida efficienza degli altri colpi. E inoltre rivelava a Bosch che Garwood si era sbagliato nella sequenza degli spari, anche se non sapeva se il capitano avesse sbagliato intenzionalmente. Si rialzò e indietreggiò verso la porta posteriore del vagone fino a trovarsi nella probabile posizione dell'assassino. Ispezionò un'altra volta il mattatoio davanti a lui e annuì, a nessuno in particolare, cercando solo di fissare ogni dettaglio nella memoria. Edgar e Rider erano ancora chini fra i due cadaveri e stavano commentando alcuni dettagli. Bosch si girò e guardò la minuscola stazione con il cancelletto girevole in fondo alla funicolare, ai piedi della collina. I detective che prima vi sostavano se n'erano andati. Adesso laggiù c'era solo una solitaria auto di pattuglia con due agenti in uniforme, che montavano di guardia alla scena
del crimine. Bosch aveva visto abbastanza. Superò i due morti e aggirò di nuovo con molta cautela Sally Tam, uscendo sullo spiazzo. Quando i suoi partner lo seguirono, Edgar passò molto più a ridosso di Tam di quanto fosse necessario. Bosch si allontanò di qualche passo dalla funicolare per poter parlare più tranquillamente. «Cosa ne pensate?» disse. «Io dico che sono vere» disse Edgar, voltandosi a guardare Tam. «Hanno quella curva così naturale. Tu cosa ne pensi, Kiz?» «Divertente» rispose Rider, senza abboccare. «Possiamo parlare del nostro caso, per favore?» Bosch ammirava il modo in cui Rider sapeva reagire alle frequenti allusioni sessuali di Edgar con poco più di una battuta sarcastica o un secco commento. Un comportamento del genere avrebbe potuto procurare guai seri a Edgar, ma solo se Rider avesse inoltrato un reclamo formale. Il fatto che non fosse mai arrivata a tanto indicava o che ne era intimidita, o che si riteneva in grado di risolvere la situazione a modo suo. Inoltre lei sapeva che una sua lamentela formale le avrebbe valso quello che i poliziotti in gergo chiamavano un "trattamento K-9", riferendosi all'ala del carcere cittadino in cui venivano ospitati gli informatori. Una volta, in privato, Bosch le aveva chiesto se voleva che lui facesse quattro chiacchiere in proposito con Edgar. Come suo superiore, Bosch era legalmente responsabile della soluzione di quel problema, ma sapeva che se avesse parlato con Edgar, lui avrebbe capito di essere riuscito a stuzzicarla, e questo lo sapeva anche Rider. Lei ci aveva riflettuto sopra per un momento, ma poi aveva detto a Bosch di lasciare le cose come stavano. Gli aveva detto di non sentirsi intimidita, ma solo infastidita. Era capace di cavarsela da sola. «Prima tu, Kiz» disse Bosch, ignorando a sua volta l'allusione erotica di Edgar anche se in cuor suo non condivideva la conclusione del partner su Tarn. «Là dentro hai notato niente?» «Le stesse cose che avranno notato tutti gli altri, immagino. Sembra che le vittime non fossero insieme. O la donna è salita prima di Elias, oppure stava per scendere. Credo sia piuttosto evidente che il bersaglio primario era Elias e che lei è solo una vittima casuale. Questo me lo dice il colpo sparato nel culo all'avvocato. E poi, come hai detto tu, quel tipo dev'essere un tiratore in gamba. Qui stiamo cercando qualcuno che ha passato un bel po' di tempo al poligono.»
Bosch annuì. «Nient'altro?» «No. È una scena troppo pulita. Non c'è molto su cui lavorare.» Poi si rivolse a Edgar. «Jerry?» «Nada. E tu?» «Lo stesso. Ma penso che Garwood ci abbia raccontato una storiella. La sua sequenza degli spari è una cazzata.» «Perché?» chiese Rider. «Lo sparo nel fondoschiena è stato l'ultimo, non il primo. A quel punto Elias era già a terra. È una ferita da contatto e il foro d'entrata è nel cavallo dei pantaloni, dove le cuciture si uniscono. Sarebbe stato difficile ficcare là sotto la bocca di una pistola se Elias fosse stato in piedi... anche supponendo che fosse un gradino sopra lo sparatore. Io credo che fosse già caduto e che quello sia il terzo colpo della sequenza.» «Questo cambia le cose» disse Rider. «Trasforma l'ultimo colpo in una specie di insulto. L'assassino doveva avercela a morte con Elias.» «Quindi lo conosceva direttamente» disse Edgar. Bosch assentì. «E tu credi che Garwood questo lo sapesse? E che con il suo suggerimento abbia cercato di spedirci su una falsa pista?» chiese Rider. «O pensi che non se ne sia accorto?» «Quello che so su Garwood è che non è uno stupido» rispose Bosch. «Lunedì prossimo Elias avrebbe trascinato lui e quindici dei suoi uomini davanti a una corte federale per ricoprirli di merda. Garwood sa benissimo che potrebbe averlo fatto uno di quei suoi ragazzi, e davanti a noi li stava proteggendo. È questo che penso.» «Be', questa è davvero grossa. Sta proteggendo un poliziotto assassino? Dovrebbe...» «Forse sta proteggendo un poliziotto assassino. Noi non lo sappiamo, e credo che non lo sappia nemmeno lui. Credo piuttosto che la sua sia stata una mossa cautelativa.» «Non importa. Se è questo che sta facendo, non dovrebbe portare il distintivo!» Bosch non ribatté, ma Rider non si placò. Scosse la testa con una smorfia disgustata. Come la maggior parte degli agenti del dipartimento, era stufa di giochetti sporchi e insabbiamenti, di mele marce che infettavano tutte le altre.
«Che ne dite di quel graffio sulla mano?» Edgar e Rider lo fissarono con le sopracciglia inarcate. «Cosa c'è da dire?» disse Edgar. «Probabilmente è successo quando lo sparatore gli ha tolto l'orologio. Forse era uno di quelli con il cinturino metallico che si allarga, come i Rolex. E conoscendo Elias, probabilmente aveva un Rolex al polso. Un discreto movente per una rapina.» «Sì, se era un Rolex» disse Bosch. Si girò a guardare il panorama della città. Dubitava che Elias portasse un Rolex. Nonostante i suoi esibizionismi, Elias era il genere di avvocato che conosceva anche le minime sfumature di immagine della sua professione. Sapeva che un avvocato con un Rolex al polso poteva inimicarsi i membri di una giuria. Non ne avrebbe mai portato uno: magari avrebbe scelto un orologio elegante e indubbiamente costoso, ma non un modello riconoscibile a prima vista come un Rolex. «Allora, Harry?» disse Rider. «Cosa c'entra quel graffio?» Bosch tornò a fissarli. «Be', che portasse un Rolex o un altro orologio con parecchi zeri, comunque non c'è sangue nel graffio.» «E questo cosa significa?» «Là dentro c'è un lago di sangue. Le ferite da proiettili hanno sanguinato, ma il graffio no. Secondo me significa che non è stato l'assassino a prendere l'orologio. Quel graffio è stato causato un bel po' dopo che il cuore si era fermato. Il che vuol dire che gli è stato causato dopo che l'assassino aveva abbandonato il luogo del delitto.» Rider ed Edgar rimuginarono su quelle osservazioni. «Può darsi» disse infine Edgar. «Ma lo sai anche tu che queste cazzate sul sistema vascolare sono difficili da dimostrare. Scommetto che perfino il magistrato non riuscirebbe a formulare un'opinione definitiva.» «Già» disse Bosch, annuendo. «Allora chiamiamolo istinto professionale. Non possiamo servircene in tribunale, ma io so che non è l'assassino ad aver preso l'orologio. E nemmeno il portafoglio, per essere completi.» «In pratica cosa vorresti dire?» chiese Edgar. «Che qualcun altro è arrivato sul posto e li ha presi?» «Qualcosa del genere.» «Credi che sia stato il tipo che manovra la funicolare... quello che ha scoperto i corpi?» Bosch guardò Edgar ma non rispose. Alzò semplicemente le spalle. «Tu credi che sia stato uno della Rapine-Omicidi» sussurrò Rider. «Ma-
gari è un'altra mossa cautelativa per spingerci sulla pista della rapina, nel caso sia stato uno di loro.» Bosch la fissò brevemente, pensando a come risponderle e a quanto fosse sottile il ghiaccio sotto i loro piedi. «Detective Bosch?» Si girò. Era Sally Tam. «Noi abbiamo finito e gli uomini del coroner vogliono insaccarli e portarseli via, se a voi sta bene.» «Certo. Oh, senta, avevo dimenticato di chiedervelo... Avete trovato qualcosa con il laser?» «Un sacco di roba. Ma probabilmente nulla che possa rivelarsi utile. Un mucchio di gente è passata in questa vettura. Probabilmente abbiamo rilevato i passeggeri della funicolare, ma non lo sparatore.» «Be', comunque li controllerete lo stesso, vero?» «Sicuro. Verificheremo tutto quanto con AFIS e DOJ. Vi faremo sapere i risultati.» Bosch la ringraziò con un cenno del capo. «Avete recuperato delle chiavi dal cadavere dell'uomo?» «Sì. Sono in uno dei sacchetti marrone. Le volete?» «Già, probabilmente ci serviranno.» «Torno subito.» Sorrise e tornò verso la funicolare. Aveva un'aria troppo allegra per una scena su cui si era consumato un duplice omicidio. Era nuova del mestiere: Bosch sapeva che dopo un po' le sarebbe passata. «Capite cosa volevo dire?» disse Edgar. «Secondo me sono vere.» «Jerry!» proruppe bruscamente Bosch. Edgar sollevò le mani in segno di resa. «Sono un osservatore qualificato. Stavo solo redigendo un rapporto.» «Be', farai meglio a tenerli per te certi rapporti» sussurrò Bosch. «A meno che tu non voglia inoltrarli al capo.» Edgar si girò appena in tempo per vedere Irving che si avvicinava. «Allora, le vostre prime conclusioni, detective?» Bosch guardò Edgar. «Jerry? Cos'è che dicevi di aver osservato?» «Uh, ecco, be', al momento stiamo ancora riflettendo su ciò che abbiamo visto là dentro.» «Niente che per ora sia in stridente contrasto con quanto ci ha riferito il capitano Garwood» disse rapidamente Bosch, prima che a Rider potessero
sfuggire alcune delle loro osservazioni confidenziali. «Almeno, da un esame preliminare.» «E adesso?» «Abbiamo parecchio da fare. Voglio parlare con il manovratore della funicolare, e dobbiamo setacciare quel palazzo residenziale alla ricerca di testimoni. Dobbiamo avvertire il parente più prossimo ed entrare nell'ufficio di Elias. Quando arriverà quell'aiuto che ci ha promesso, capo?» «È già qui.» Irving alzò un braccio e fece un cenno a Chastain e ai suoi tre compagni. Bosch aveva già immaginato che si trovassero sulla scena con questo scopo, ma vedere Irving fare loro segno di avvicinarsi gli procurò ugualmente un senso di oppressione al petto. Irving era pienamente consapevole dell'ostilità che intercorreva fra la Divisione Affari Interni e gli altri ranghi del dipartimento, e in particolare dei pessimi rapporti che correvano fra Chastain e Bosch. Agli occhi di Bosch, metterli a lavorare insieme al caso significava che Irving non era realmente interessato a scoprire chi aveva ucciso Howard Elias e Catalina Perez, come aveva dichiarato in precedenza. Questo era il modo scelto dal vicecapo per apparire coscienzioso, ma in realtà era una tattica per azzoppare l'indagine. «È sicuro, capo?» chiese Bosch con un sussurro quasi ansioso mentre gli agenti della DAI si avvicinavano. «Lei sa che Chastain e io...» «Sì, è quello che voglio» disse Irving, interrompendo Bosch senza neppure guardarlo. «Il detective Chastain ha diretto l'inchiesta interna sull'esposto presentato da Michael Harris. Lo ritengo l'aiuto più appropriato per questa indagine.» «Quello che sto dicendo è che fra Chastain e me non corre buon sangue, capo. Non credo che funzionerà con...» «Non mi importa se voi due non vi piacete. Trovate un modo per lavorare insieme. Adesso ritorniamo dentro.» Irving si diresse verso la stazione, e i membri delle due squadre lo seguirono senza salutarsi in nessun modo. Una volta entrati, guardarono tutti Irving, in attesa. «Okay, adesso stabiliremo alcune regole di base» cominciò il vicecapo. «Il detective Bosch avrà la direzione dell'indagine. Voi sei farete rapporto a lui. Lui farà rapporto a me. Non voglio confusioni su questo punto: il caso è assegnato al detective Bosch. Ho dato ordine di preparare un ufficio per voi nella sala riunioni accanto al mio ufficio, al sesto piano del Parker Center. Entro lunedì mattina saranno aggiunti altri telefoni e un terminale
di computer. Per quanto riguarda voi della Divisione Affari Interni, voglio che vi applichiate soprattutto a interrogare agenti di polizia e a controllare alibi. Il detective Bosch e la sua squadra si occuperanno dei problemi classici in un'indagine su un omicidio: autopsia, interrogatori dei testimoni e via dicendo. Avete domande su quanto detto fin qui?» La stanza rimase avvolta in un silenzio tombale. Dentro di sé, Bosch ribolliva di rabbia. Era la prima volta che giudicava Irving un ipocrita. Il vicecapo era sempre stato uno stronzo, ma tutto sommato appariva un uomo giusto. Questa sua mossa invece era diversa. Stava manovrando per proteggere il dipartimento, preoccupato che si scoprisse il marcio che vi si nascondeva. Ma ciò che Irving non sapeva, era che per tutta la vita Bosch aveva raggiunto i suoi migliori risultati aumentando le proprie motivazioni proprio in ragione delle difficoltà e degli ostacoli frapposti alle indagini. Giurò a se stesso che avrebbe risolto quel caso nonostante tutte le manovre di Irving. E alla fine, la mannaia sarebbe caduta dove doveva cadere. «Un avvertimento. Questo caso scatenerà l'interesse di tutti i mezzi d'informazione. Non dovrete lasciarvi distrarre o intimorire. E non dovrete parlare con nessun giornalista. Ogni comunicazione passerà attraverso il mio ufficio o verrà diramata dal tenente Tom O'Rourke dell'ufficio rapporti con la stampa. Siamo intesi?» Tutti e sette gli agenti annuirono. «Bene, perché non voglio uscire tutte le mattine con l'ansia di raccogliere il Times dal vialetto di casa.» Irving guardò il proprio orologio e poi di nuovo il gruppo. «Anche se ho la vostra garanzia, non posso comunque controllare gli uomini del coroner o chiunque altro venga a conoscenza di questa storia attraverso qualche canale istituzionale. Immagino dunque che per le dieci di stamattina i media saranno ormai al corrente dell'identità delle vittime e partiranno all'attacco. Quindi voglio un primo incontro nella sala riunioni alle dieci in punto. Dopo che mi avrete aggiornato sull'indagine informerò il capo della polizia, e uno di noi due comunicherà alla stampa il minimo di informazioni che riterremo di dover divulgare. Ci sono domande a questo proposito?» «Capo, questo ci lascia appena sei ore» disse Bosch. «Non so quanto altro potremo mettere insieme per allora. Dovremo sgobbare non poco prima di poter cominciare a ragionare...» «Questo è scontato. Non dovete sentirvi incalzati dai media. Non mi importa se la conferenza stampa servirà solo a confermare chi è morto e ba-
sta. Non saranno i giornali o la televisione a condurre questo caso. Voglio che lo facciate voi. Ma alle dieci vi voglio tutti nella mia sala riunioni. Domande?» Non ce ne fu nessuna. «Bene, allora vi affido al detective Bosch.» Si voltò verso Harry e gli porse un biglietto da visita. «Qui ci sono tutti i miei numeri e anche quelli del tenente Tulin. Ogni volta che salta fuori qualcosa di cui devo essere informato, mi chiami immediatamente. Non importa a che ora: mi chiami.» Bosch assentì, prese il biglietto e lo infilò nel taschino della giacca. «Al lavoro, signori. Come ho già detto, andate fino in fondo.» Mentre il vicecapo lasciava la stazione della funicolare, Bosch sentì Rider sussurrare: «Certo, fino in fondo...». Bosch passò in rassegna i volti della sua nuova squadra, soffermandosi infine su quello di Chastain. «Tu sai che cosa ha in mente, non è vero?» disse Bosch. «Irving crede che non riusciremo a lavorare insieme. Lui pensa che faremo come quei pesci combattenti che quando sono infilati nella stessa vasca diventano matti cercando di ammazzarsi a vicenda. E così il caso non verrà mai risolto. Be', questo non succederà. Qualunque cosa sia successa in passato tra tutti quelli che stanno qui dentro, ora ci mettiamo una pietra sopra. Io sarò il primo. Adesso quello che conta è solo il caso. In quella vettura ci sono un uomo e una donna che qualcuno ha ammazzato a sangue freddo senza pensarci due volte. E noi troveremo il responsabile, perché è l'unica cosa che ci deve interessare.» Resse lo sguardo di sfida di Chastain finché non vide un leggero cenno di assenso. Bosch restituì il cenno, certo che tutti gli altri avessero notato lo scambio. Poi tirò fuori il taccuino e lo aprì a una pagina bianca. Lo tese a Chastain. «Okay, allora» disse. «Voglio che tutti scrivano i loro nomi seguiti dal numero di casa, del cercapersone e anche del cellulare, se ne avete. Preparerò una lista e ognuno ne avrà una copia. Voglio che tutti si tengano in contatto. Il guaio con le squadre numerose è che se non si è tutti sulla stessa lunghezza d'onda, è facile che sfuggano informazioni preziose. E questo non lo vuole nessuno di noi, vero?» Bosch si interruppe e guardò i suoi uomini. Lo stavano tutti ascoltando con attenzione. Sembrava che almeno per il momento le rispettive ostilità si fossero sopite, se non proprio cancellate.
«Okay» disse. «Ecco come affronteremo e risolveremo questo caso.» 6 Uno degli agenti della DAI era un ispanico di nome Raymond Fuentes. Bosch lo mandò insieme a Edgar all'indirizzo riportato sui documenti di Catalina Perez per avvertire i familiari e fare le domande del caso. Con ogni probabilità era un vicolo cieco dell'indagine - sembrava evidente che fosse Elias il bersaglio primario - e Edgar cercò di protestare. Ma Bosch tagliò corto. La spiegazione che più tardi avrebbe fornito a Edgar in privato era che voleva separare gli agenti degli Affari Interni disseminandoli fra vari incarichi per avere un miglior controllo della situazione. Così Edgar se ne andò con Fuentes. Anche Rider si trovò abbinata a un secondo uomo della DAI, Loomis Baker, con l'incarico di andare a interrogare Eldrige Peete al Parker Center e riportarlo poi sulla scena del delitto. Bosch voleva il manovratore sul posto per riesaminare insieme ciò che aveva visto e per fargli azionare la funicolare come aveva fatto prima di scoprire i cadaveri. Così restavano Bosch, Chastain e l'ultimo uomo della DAI, Joe Dellacroce. Bosch spedì anche Dellacroce al Parker Center, col compito di ottenere un mandato di perquisizione per l'ufficio di Elias. Poi disse a Chastain che loro due sarebbero andati a casa di Elias ad avvertire i familiari. Non appena il gruppo si fu sciolto, Bosch raggiunse il pullmino della scientifica e chiese a Hoffman le chiavi trovate sul corpo di Howard Elias. Hoffman frugò nella cassetta in cui aveva sistemato i vari sacchetti dei reperti indiziari e ne tirò fuori uno che conteneva un mazzo con più di una dozzina di chiavi. «Era nella tasca anteriore dei pantaloni, lato destro» disse Hoffman. Bosch esaminò per un attimo le chiavi. Sembravano essercene a sufficienza per la casa dell'avvocato, il suo studio e le auto. Notò che all'anello metallico erano agganciate le chiavi di una Porsche e di una Volvo. Si rese conto che, non appena esauriti i primi incarichi, avrebbe dovuto incaricare qualcuno di localizzare la macchina di Elias. «Nient'altro nelle tasche?» «Sì. In quella anteriore sinistra aveva un quarto di dollaro.» «Un quarto di dollaro?» «Il prezzo della funicolare di Angels Flight. Probabilmente serviva a pagare il biglietto.» Bosch annuì.
«E nella tasca interna della giacca c'era una lettera.» Bosch aveva dimenticato che Garwood aveva menzionato una lettera. «Vediamola.» Hoffman frugò di nuovo nella sua scatola e ne cavò un sacchetto di plastica trasparente. Dentro c'era una busta. Bosch prese il sacchetto dalle mani di Hoffman e osservò la busta senza estrarla. L'indirizzo era quello dello studio di Elias, scritto a mano. Non c'era il mittente. Però nell'angolo inferiore sinistro il mittente aveva scritto PERSONALE & CONFIDENZIALE. Bosch cercò di leggere il timbro postale ma la luce era scarsa. Rimpianse di non avere portato con sé un accendino. «Viene dalla tua parrocchia, Harry» disse Hoffman. «Hollywood. Spedita mercoledì. Probabilmente è arrivata venerdì.» Bosch annuì. Girò il sacchetto per guardare il retro della busta. Era stata aperta con un taglio netto lungo il bordo superiore. Doveva essere stato Elias, probabilmente in ufficio, prima di infilarsela in tasca. Non c'era modo di sapere se qualcun altro in seguito ne avesse esaminato il contenuto. «Qualcuno l'ha aperta?» «Noi no. Non so cosa sia successo prima del nostro arrivo. Mi è sembrato di capire che i primi agenti hanno visto il nome sulla busta e quindi hanno riconosciuto il corpo. Ma non so se hanno aperto la lettera.» Bosch era curioso di conoscere il contenuto della lettera, ma sapeva che non era né il luogo né il momento giusto per aprirla. «Prendo anche questa.» «Fai pure, Harry. Mi basta una tua firma per la consegna. E una firma anche per le chiavi.» Bosch aspettò che Hoffman recuperasse un modulo dalla sua scatola degli attrezzi. Si accucciò e mise la busta e le chiavi nella sua valigetta. Chastain si avvicinò, mostrandosi pronto a partire. «Vuoi guidare tu o guido io?» chiese Bosch mentre richiudeva la valigetta. «Io ho una bicolore. E tu?» «Ho ancora una macchina civile. Il motore fa schifo ma almeno non dò nell'occhio come una merda di cane in mezzo alla strada.» «Ottimo. Hai una "bolla"?» «Sì, Bosch, anche gli sbirri degli Affari Interni devono rispondere a qualche chiamata urgente ogni tanto.» Intanto Hoffman presentò una penna e un blocco di documenti chiuso da una molla a Bosch, che firmò con la propria sigla accanto ai due reperti indiziari che aveva preso con sé.
«Allora guida tu.» Si avviarono attraverso California Plaza in direzione dell'auto. Bosch staccò il cercapersone dalla cintura e controllò che funzionasse bene. La luce delle batterie era ancora verde. Non aveva preso nessuna chiamata. Sollevò gli occhi verso i grattacieli che li circondavano chiedendosi se non creassero interferenze con una chiamata di sua moglie, ma poi ricordò che il tenente Billets l'aveva invece raggiunto. Riagganciò l'apparecchietto alla cintura e cercò di pensare ad altro. Seguendo Chastain arrivò a una scalcinata auto di colore amaranto, vecchia di almeno cinque anni. Se non altro, pensò Bosch, non è verniciata di bianco e nero. «Non è chiusa» disse Chastain. Bosch aprì la portiera del passeggero e salì in macchina. Tolse il cellulare dalla valigetta e chiamò il centro comunicazioni. Chiese un controllo presso l'archivio della motorizzazione su Howard Elias e ricevette l'indirizzo di casa del morto come pure la sua età, i precedenti di guida e le targhe della Porsche e della Volvo, registrate a nome suo e della moglie. Elias aveva quarantasei anni e non risultavano infrazioni stradali. Bosch pensò che l'avvocato era stato probabilmente l'automobilista più prudente di tutta Los Angeles. Di sicuro Elias aveva evitato a ogni costo di attirare l'attenzione dei poliziotti di pattuglia sulle strade. Era sprecata la Porsche nelle mani di un guidatore così prudente. «Baldwin Hills» disse dopo aver richiuso il cellulare. «La moglie si chiama Millie.» Chastain mise in moto, poi collegò il lampeggiante d'emergenza - quella che in gergo chiamavano "bolla" - all'accendisigari dell'auto e lo sistemò sopra il tetto della vettura. Infine lanciò velocemente l'auto giù per le strade deserte, verso la 10 Freeway. Da principio Bosch rimase silenzioso, indeciso su come rompere il ghiaccio con Chastain. I due uomini erano nemici naturali. Chastain aveva indagato su Bosch in due diverse occasioni. Entrambe le volte Bosch era stato scagionato, sia pure con riluttanza, da ogni sospetto. Bosch aveva l'impressione che Chastain nutrisse nei suoi confronti un'animosità che sfiorava la vendetta. Il detective degli Affari Interni sembrava non trarre alcun piacere nel trovare pulito un collega poliziotto. L'unica cosa che voleva era uno scalpo. «So cosa stai facendo, Bosch» disse Chastain non appena furono sulla freeway in direzione ovest.
Bosch lo guardò. Per la prima volta rifletté su quanto si somigliassero, almeno fisicamente. Capelli scuri che iniziavano a ingrigire, baffi folti e occhi di un marrone scuro, quasi nero, una corporatura asciutta. Erano immagini quasi speculari, eppure Bosch non aveva mai sentito provenire da Chastain quella specie di minaccia fisica che dal canto suo sapeva di proiettare. Bosch aveva sempre vissuto come un uomo che non voleva trovarsi costretto all'angolo, come un uomo che non era disposto a concedersi il lusso di un simile rischio. «Cosa... Cosa starei facendo?» «Ci stai sparpagliando. Così avrai un controllo maggiore.» Aspettò che Bosch rispondesse ma ottenne solo silenzio. «Alla fine, comunque, se vorrai ottenere dei risultati, dovrai fidarti di noi.» Dopo una pausa, Bosch disse: «Questo lo so.» Elias viveva in Beck Street a Baldwin Hills, un piccolo quartiere di case della media e alta borghesia a sud della 10 Freeway, nei pressi del La Cienega Boulevard. Era una zona conosciuta come la Beverly Hills nera... un quartiere dove i neri facoltosi si trasferivano quando non volevano che la loro ricchezza li tagliasse fuori dalla comunità. Riflettendo su questo, Bosch decise che se c'era una cosa apprezzabile in Elias, era il fatto che non fosse andato a vivere con i suoi soldi a Brentwood o Westwood o nella vera Beverly Hills. Era rimasto con la comunità da cui proveniva. Con lo scarso traffico e Chastain che sfrecciava sulla freeway a novanta miglia all'ora, arrivarono a Beck Street in circa dieci minuti. La casa era una grossa costruzione di mattoni in stile coloniale, con quattro colonne bianche che reggevano un porticato a due piani. Dava la sensazione di esservi stata trasportata da una piantagione del sud, e Bosch si chiese se quello stile non costituisse una specie di messaggio politico di Elias. Bosch non vide luci dietro nessuna delle finestre. Anche la lampada sotto il porticato era spenta. Aggrottò la fronte. Se era la casa di Elias, perché non gli avevano lasciato accesa nemmeno una luce? Sul vialetto circolare era ferma un'auto, ma non era né una Porsche né una Volvo. Era una vecchia Camaro riverniciata di fresco, con i cerchioni cromati. Sulla destra della casa c'era un garage a due posti, ma la saracinesca era chiusa. Chastain imboccò il vialetto e si fermò dietro la Camaro. «Bella macchina» disse Chastain. «Per conto mio, non lascerei mai fuori, di notte, una macchina così. Anche in un quartiere come questo. Qui siamo ancora troppo vicini alla giungla.»
Spense il motore e fece per aprire la portiera. «Aspettiamo un attimo» disse Bosch. Aprì la valigetta, tirò fuori il telefono e chiamò di nuovo il centro comunicazioni. Chiese un controllo sull'indirizzo di Elias. Erano al posto giusto. Poi chiese all'operatore di verificare la targa della Camaro. Risultò registrata sotto il nome di Martin Luther King Elias, diciotto anni. Bosch ringraziò l'operatore e spense il telefono. «Siamo al posto giusto?» chiese Chastain. «Sembra di sì. La Camaro dev'essere di suo figlio. Ma sembra che qui, stanotte, nessuno aspettasse il ritorno del capofamiglia.» Bosch aprì la portiera e scese. Chastain lo seguì. Mentre si avvicinavano alla porta Bosch vide il fioco chiarore di un pulsante. Lo premette e sentì risuonare il vibrante squillo di un campanello all'interno della casa silenziosa. Aspettarono e premette altre due volte il pulsante prima che la lampada del portico si accendesse sopra le loro teste e una voce di donna - assonnata ma allarmata - si facesse viva da dietro la porta. «Cosa c'è?» «La signora Elias?» chiese Bosch. «Siamo della polizia. Dobbiamo parlarle.» «La polizia? E perché?» «Riguarda suo marito, signora. Possiamo entrare?» «Vorrei vedere qualche documento prima di aprirvi.» Bosch tirò fuori la custodia con il suo distintivo e l'aprì, ma notò che non c'era spioncino sulla porta. «Si giri» disse la voce di donna. «Verso la colonna.» Bosch e Chastain si girarono e notarono la telecamera installata sopra una delle colonne. Bosch si avvicinò alla telecamera e sollevò il distintivo. «Lo vede?» disse ad alta voce. Sentì la serratura scattare e si girò. Sulla porta comparve una donna in vestaglia bianca con una sciarpa di seta avvolta intorno alla testa. «Non c'è nessun bisogno di urlare» disse lei. «Mi scusi» aggiunse Bosch. Aveva aperto la porta di una trentina di centimetri e li osservava, ma non fece nessun gesto per invitarli a entrare. «Howard non è qui. Che cosa volete?» «Forse è meglio se entriamo, signora Elias. Vorremmo...» «No, non potete entrare in questa casa. È casa mia. Nessun poliziotto è
mai entrato qui. Howard non lo permetterebbe mai. E nemmeno io. Che cosa volete? È successo qualcosa a Howard?» «Uh, temo di sì, signora. Mi creda, sarebbe meglio se ci...» «Oh, mio Dio!» strillò lei. «Lo avete ucciso! Alla fine lo avete ammazzato!» «Signora Elias» intervenne Bosch, rimpiangendo di non essersi preparato meglio per affrontare quel difficile, drammatico incontro. «È meglio che ci sediamo e...» Fu interrotto di nuovo, ma stavolta da un suono inintelligibile, quasi animalesco, che proruppe dalla gola della donna. Il suo dolore fu un rimbombo. Poi la donna chinò la testa e si appoggiò allo stipite. Bosch pensò che potesse cadere e fece il gesto di reggerla sotto le ascelle, ma la donna si ritrasse come se le si fosse avvicinato un mostro. «No! No! Non mi tocchi! Voi... voi assassini! Macellai! Avete ucciso il mio Howard! Howard!» L'ultima parola fu un grido a pieni polmoni che sembrò echeggiare per tutto il quartiere. Bosch si guardò alle spalle, quasi aspettandosi di vedere lungo la strada file di spettatori. Sapeva che doveva tenere sotto controllo la donna, farla entrare o almeno calmarla. Lei iniziò un profondo gemito lamentoso. Nel frattempo, Chastain se ne stava impalato, paralizzato dalla scena sotto i suoi occhi. Bosch stava per arrischiare un altro tentativo di toccare la donna quando vide del movimento alle spalle di lei. In un attimo sopraggiunse un giovane, che la cinse da dietro. «Ma'! Cosa c'è? Cos'è successo?» La donna si girò e si abbandonò nell'abbraccio con il giovane. «Martin! Martin, lo hanno ucciso! Tuo padre!» Martin Elias sollevò lo sguardo sopra la testa della madre e i suoi occhi si piantarono brucianti su Bosch. La sua bocca formò quell'atroce Oh di dolore allibito che Bosch aveva già notato tante altre volte in situazioni analoghe. Di colpo capì qual era stato il suo errore. Avrebbe dovuto presentarsi insieme a Edgar o Rider. Rider, probabilmente. La collega sarebbe stata una presenza rassicurante. Il suo atteggiamento spontaneo e il colore della sua pelle avrebbero funzionato molto meglio di qualsiasi discorso. «Figliolo» disse Chastain, scuotendosi dal suo torpore. «Dobbiamo calmarci e sederci un momento a parlarne.» «Non mi chiami figliolo. Non sono un suo dannato figlio.» «Signor Elias» intervenne Bosch con tono deciso e voce tagliente. Tutti
quanti, incluso Chastain, lo fissarono. Allora proseguì, con voce più pacata e bassa. «Martin, ora devi pensare a tua madre. Noi dobbiamo spiegare a entrambi cosa è successo e farvi qualche domanda. Più restiamo qui a dolerci o a imprecare, meno puoi occuparti di tua madre a dovere.» Aspettò un attimo. La donna tornò ad affondare il viso contro il petto del figlio e cominciò a piangere. Allora Martin fece un passo indietro, tirandola con sé e lasciando a Bosch e Chastain lo spazio per entrare. Nel quarto d'ora seguente Bosch e Chastain rimasero seduti con madre e figlio nell'elegante soggiorno e spiegarono a grandi linee cosa era successo e come sarebbero state condotte le indagini. Bosch sapeva che ai loro occhi era come se un paio di nazisti stessero annunciando che avrebbero indagato sui propri crimini, ma sapeva anche che era importante rispettare il protocollo, fare del proprio meglio per assicurare alla famiglia della vittima che l'indagine sarebbe stata meticolosa ed energica. «Signora, lei ha subito attribuito la responsabilità alla polizia» disse Bosch tirando le somme del suo riassunto. «Al momento non sappiamo però ancora nulla in proposito. È troppo presto per parlare di un chiaro movente. Per ora siamo nella fase di raccolta delle informazioni. Ma presto cominceremo a filtrarle, e qualunque poliziotto che avesse il benché minimo motivo per fare del male a suo marito, sarà controllato attentamente. Lo so anch'io che dovremo indagare su molti poliziotti, e ha la mia parola che indagheremo a fondo sul conto di ogni possibile sospettato.» Restò in attesa. Madre e figlio se ne stavano abbracciati su un divano dall'allegro disegno floreale. Il figlio continuava a chiudere gli occhi come un bambino che sperasse di allontanare da sé una punizione. Si stava come rimpicciolendo sotto il peso di quella tragica notizia, rendendosi sempre più conto che non avrebbe mai rivisto il padre. «Ora, questo è un momento terribile per voi» aggiunse pacatamente Bosch. «Rimandiamo dunque ogni genere di interrogatorio prolungato per lasciarvi il tempo di affrontare il vostro dolore. Ma ci sono alcune informazioni che in questo momento potrebbero aiutarci molto.» Aspettò qualche eventuale obiezione ma non ce ne furono. Allora proseguì. «La più importante è che non riusciamo a capire per quale motivo il signor Elias si trovasse ad Angels Flight. Dobbiamo scoprire dove stava...» «Stava andando all'appartamento» disse Martin senza riaprire gli occhi. «Quale appartamento?» «Aveva un appartamento vicino all'ufficio, per potersi fermare là i giorni
in cui aveva udienze o quando era troppo impegnato nella preparazione di un processo.» «Stanotte voleva fermarsi là?» «Esatto. Si sarebbe fermato là tutta la settimana.» «Doveva stendere delle deposizioni» disse la moglie. «Con dei poliziotti. Sarebbero arrivati dopo l'orario di lavoro, e lui doveva dunque fermarsi fino a tardi in ufficio. Poi sarebbe andato a dormire nell'appartamento.» Bosch rimase in silenzio, sperando che uno dei due fornisse qualche altro particolare in proposito, ma non aggiunsero altro. «L'ha chiamata per avvertirla?» chiese. «Sì, chiamava sempre.» «Quando è successo? L'ultima chiamata, voglio dire.» «Oggi, nel pomeriggio. Ha detto che doveva lavorare fino a tardi e che avrebbe continuato anche sabato e domenica. Sa, per prepararsi al processo di lunedì. Ha detto che avrebbe cercato di tornare a casa domenica, per cena.» «Quindi stasera non lo aspettavate.» «Proprio così» disse Millie Elias, con una sfumatura di sfida nella voce come se nel tono di Bosch avesse fiutato chissà quale significato nascosto. Bosch assentì come per rassicurarla che non stava insinuando nulla. Chiese l'indirizzo dell'appartamento e scoprì che era in un complesso residenziale chiamato The Place, di fronte al Museo di Arte Contemporanea sulla Grand Street. Bosch tirò fuori il taccuino e lo annotò, poi tenne il taccuino ancora aperto. «E ora» disse, «signora Elias, ricorda più esattamente quando ha parlato per l'ultima volta con suo marito?» «Poco prima delle sei. Mi chiama sempre verso quell'ora, perché devo pensare alla cena e voglio sapere per quanti dovrò cucinare.» «E tu, Martin? Quand'è stata l'ultima volta che hai parlato con tuo padre?» Martin riaprì gli occhi. «Non lo so. Un paio di giorni fa, almeno. Ma questo cosa c'entra? Voi sapete chi è stato. Lo ha ucciso uno col distintivo.» Le lacrime cominciarono a scendere sul viso di Martin. Bosch avrebbe voluto trovarsi da qualche altra parte. In qualunque altro posto. «Se è stato un poliziotto, Martin, hai la mia parola che lo troveremo. Non la farà franca.» «Certo» ribatté Martin, senza guardare Bosch. «Lui ci dà la sua parola.
Ma lui chi diavolo è?» Questa frase fece esitare Bosch per un istante, ma poi continuo. «Poche altre domande» disse. «Il signor Elias aveva un ufficio qui in casa?» «No» disse il figlio. «Non lavorava mai qui.» «Bene. Altra domanda. Negli ultimi giorni o settimane, vi ha parlato di qualche specifica minaccia o di qualche persona in particolare che a suo parere volesse fargli del male?» Martin scosse la testa e disse: «Diceva sempre che sarebbero stati i poliziotti a beccarlo, un giorno o l'altro. I poliziotti...» Bosch annuì, non perché condividesse l'idea ma perché comprendeva la posizione di Martin. «Un'ultima cosa. Ad Angels Flight è stata uccisa anche una donna. Sembra che non fossero insieme. Si chiamava Catalina Perez. Questo nome significa qualcosa per voi?» Gli occhi di Bosch passarono dal viso della moglie a quello del figlio. Entrambi lo fissarono vacuamente e scossero il capo. «Okay.» Bosch si alzò. «Ora vi lasciamo. Ma io o altri investigatori dovremo parlare ancora con voi. Forse oggi stesso, più tardi.» La madre e il figlio non ebbero nessuna reazione. «Signora Elias, ha una foto di suo marito che potrebbe prestarci?» La donna sollevò gli occhi su di lui con un'espressione confusa. «Perché volete una foto di Howard?» «Potremmo aver bisogno di mostrarla in giro durante le indagini.» «Tutti conoscono Howard, il suo viso.» «È probabile, signora, ma in certi casi potrebbe servirci una foto. Le...» «Martin» disse la madre, «vai a prendermi l'album dal cassettone in camera.» Martin lasciò la stanza. Nell'attesa, Bosch cavò di tasca un biglietto da visita e lo posò sul tavolino in vetro e ferro battuto del soggiorno. «Qui c'è il numero del mio cercapersone, se dovesse avere bisogno di me o volesse raggiungermi per qualunque motivo. Avete un reverendo, un pastore in particolare che volete contattiamo per voi?» Millie Elias sollevò di nuovo gli occhi verso di lui. «Il reverendo Tuggins, all'AME.» Bosch annuì, pur rimpiangendo subito di averle fatto quell'offerta. Mar-
tin rientrò in soggiorno con un album di foto. Sua madre lo prese e cominciò a sfogliarlo. Di nuovo, alla vista di tante foto del marito, riprese a piangere silenziosamente. Bosch pensò che avrebbe fatto meglio ad aspettare il colloquio seguente per chiederle la foto. Alla fine, lei si fermò su una fotografia con un primo piano di Howard Elias. Sembrava aver deciso che quella fosse la foto migliore per la polizia. La sfilò delicatamente dalla tasca di plastica trasparente dell'album e la porse a Bosch. «La riavrò indietro?» «Sì, signora, me ne occuperò di persona.» Bosch fece per muoversi verso la porta. Si stava chiedendo se poteva dimenticarsi di andare ad avvisare il reverendo Tuggins. «Dov'è ora mio marito?» domandò di colpo la vedova. Bosch si voltò. «Nell'ufficio del coroner, signora. Darò loro il suo numero. L'avvertiranno non appena sarà il momento di prendere gli accordi necessari.» «E il reverendo Tuggins? Vuole usare il nostro telefono?» «Uh, no, signora. Ci metteremo in contatto con il reverendo Tuggins dalla nostra auto... Ora possiamo ritrovare l'uscita da soli.» Dirigendosi verso la porta, Bosch sbirciò la collezione di foto incorniciate sulla parete dell'atrio. Mostravano Howard Elias insieme a varie personalità della comunità nera cittadina, oltre che in compagnia di molte altre celebrità nazionali. In una era con Jesse Jackson, in un'altra con la senatrice Maxine Waters, in un'altra ancora con Eddie Murphy. C'era un'istantanea di Elias ripreso tra il sindaco Richard Riordan e il consigliere municipale Royal Sparks. Bosch sapeva che Sparks aveva sfruttato l'indignazione causata dagli abusi polizieschi per alimentare la propria carriera politica in città. Avrebbe sentito senz'altro la mancanza di Elias a soffiare sul fuoco, e Bosch previde che Sparks si sarebbe servito dell'omicidio dell'avvocato per trarne ogni vantaggio possibile. Bosch si chiese come mai le cause nobili e giuste sembravano spesso portare davanti ai microfoni i più viscidi opportunisti. C'erano anche foto di famiglia. Diverse mostravano Elias e la moglie in varie occasioni piacevoli. C'erano istantanee di Elias con il figlio... una scattata su un battello, con entrambi che reggevano sorridenti un enorme pesce, un black marlin. Un'altra foto li mostrava in un poligono di tiro, in posa ai lati di un bersaglio di carta con parecchi fori. Il bersaglio raffigurava Daryl Gates, un ex capo della polizia che Elias aveva citato in giudizio parecchie volte. Bosch ricordava che quei bersagli, creati da un artista lo-
cale, erano diventati molto popolari verso la fine della tumultuosa gestione del dipartimento da parte di Gates. Bosch si chinò in avanti per cercare di identificare le armi impugnate al poligono da Elias e il figlio, ma la foto era troppo piccola. Chastain indicò una delle foto, dove Elias e l'attuale capo della polizia partecipavano entrambi a qualche serata ufficiale e sorridevano insieme all'obiettivo. «Sembrano amici per la pelle» sussurrò. Bosch si accontentò di annuire e varcò la porta. Lasciato il vialetto, Chastain lanciò l'auto giù dalle colline di nuovo verso la freeway. Rimasero silenziosi, intenti ad assorbire il dolore che avevano appena portato in quella famiglia e l'amarezza per essere stati incolpati dell'omicidio semplicemente in quanto poliziotti. «Si spara sempre al messaggero» disse Bosch. «Credo di essere contento di non lavorare alla omicidi» ribatté Chastain. «Di fronte a poliziotti incazzati con me so come cavarmela. Ma quando devi andare dai familiari... è insopportabile.» «Lo chiamano il lavoro sporco... informare i parenti.» «Dovrebbero chiamarlo in un altro modo... Quelle teste fottute! Noi cerchiamo di scoprire chi ha ammazzato il tipo e loro dicono che siamo stati noi. Tu credi a questa merdata?» «Io non l'ho presa così alla lettera, Chastain. La gente in quella situazione ha diritto a sfogarsi. Sono sconvolti, dicono tutto ciò che gli passa per la testa, tutto qui.» «Sì, aspetta e vedrai. Aspetta di vedere quel ragazzo al notiziario delle sei. Conosco il tipo. Allora non sarai più così comprensivo... Dove andiamo adesso: torniamo sulla scena?» «Prima andiamo all'appartamento. Sai il numero del cercapersone di Dellacroce?» «A memoria, no. Guarda sul tuo elenco.» Bosch aprì il taccuino e cercò il numero scritto da Dellacroce. Lo compose sul cellulare e fece la chiamata. «E Tuggins?» chiese Chastain. «Se lo chiami, è come dargli una lunghezza di vantaggio per cominciare a far scendere il South End sul piede di guerra.» «Lo so. Ci sto pensando.» Bosch stava riflettendo sulla decisione da prendere fin da quando Millie
Elias aveva fatto il nome di Preston Tuggins. In molte minoranze i pastori avevano la stessa influenza dei politici quando si trattava di organizzare la risposta della loro comunità a una causa o a un problema politico, sociale, culturale. Preston Tuggins era tra quelli che avevano maggiore influenza. Era a capo di un gruppo di ministri del culto associati che insieme costituivano una vera forza, un gruppo di potere esperto nell'uso dei media e capace di tenere a freno l'intera comunità... o di scatenarla come un terremoto. Preston Tuggins era una persona da trattare con la massima prudenza. Bosch frugò in tasca e recuperò il biglietto che Irving gli aveva consegnato. Stava per chiamare uno dei numeri segnati, quando il telefono gli squillò in mano. Era Dellacroce che rispondeva alla chiamata. Bosch gli diede l'indirizzo dell'appartamento di Elias a The Place e gli disse di preparare un altro mandato di perquisizione. Dellacroce bestemmiò perché aveva già svegliato un giudice per farsi spedire via fax il mandato di perquisizione per l'ufficio. Adesso avrebbe dovuto farlo di nuovo. «Benvenuto alla omicidi» disse Bosch prima di interrompere la comunicazione. «Cosa c'è?» chiese Chastain. «Niente. Cazzate.» Bosch compose il numero di Irving. Il vicecapo rispose dopo il primo squillo, dicendo il suo nome per esteso e il grado. A Bosch sembrò strano sentire Irving lucido e scattante, come se non stesse dormendo. «Capo, sono Bosch. Mi aveva detto di chiamare se...» «Nessun problema, detective. Cosa c'è?» «Abbiamo appena informato la famiglia. La moglie e il figlio di Elias. Uh, lei mi ha chiesto di chiamare il loro pastore.» «Non vedo il problema.» «È il reverendo Preston Tuggins, e ho pensato che forse qualcuno più alto in grado avrebbe potuto...» «Capisco. Un'ottima idea. Adesso ci penso io. Forse il capo in persona vorrà occuparsene. Stavo per chiamarlo comunque. Nient'altro?» «No, per il momento.» «Grazie, detective.» Irving riagganciò. Chastain chiese cosa avesse detto e Bosch glielo riferì. «Questo caso...» disse Chastain. «Ho la sensazione che si farà spinoso.» «Che idea originale.»
Chastain stava per aggiungere qualcosa ma il cercapersone di Bosch si fece vivo. Controllò il numero. Di nuovo non era una chiamata da casa ma la seconda chiamata di Grace Billets. Si era dimenticato di richiamarla. Compose subito il numero e anche il tenente rispose dopo un solo squillo. «Cominciavo a chiedermi se mi avresti richiamato.» «Mi dispiace. Ero piuttosto preso, e me ne sono dimenticato.» «Allora, cosa sta succedendo? Irving non ha voluto dirmi chi è morto, ma solo che la Rapine-Omicidi e la Centrale non possono occuparsene.» «Howard Elias.» «Oh, merda... Harry... Mi dispiace che il caso sia toccato a te.» «È tutto a posto. Ce la faremo.» «Avrete addosso gli occhi di tutti. E se è stato un poliziotto... sarà una partita senza vincitori. Irving è stato chiaro in proposito? Vuole arrivare fino in fondo?» «Segnali alterni.» «Non puoi parlare?» «Esatto.» «Be', anch'io ho ricevuto segnali alterni. Irving mi ha detto di escludere la tua squadra dalla rotazione, ma ha detto anche che valeva solo fino a venerdì. Adesso che so chi è il morto, penso che il significato sia semplice: potrai occupartene fino ad allora, poi probabilmente ti rispedirà qui a Hollywood e dovrai portarti dietro Howard Elias per lavorarci quando potrai.» Bosch annuì ma non disse niente. Quadrava con le altre mosse di Irving. Il vicecapo aveva creato una grossa squadra per occuparsi del caso, ma sembrava incline a concedere loro soltanto una settimana per lavorarci a tempo pieno. Forse sperava che per allora l'attenzione dei media si sarebbe abbassata a un livello più tollerabile e che alla lunga il caso potesse scomparire fra quelli insoluti. Ma Bosch si disse che Irving si sbagliava di grosso, se pensava che finisse così. Parlò con il tenente per qualche altro minuto prima che lei si congedasse con un avvertimento. «Guardati alle spalle, Harry. Se è stato un poliziotto, uno di quelli della Rapine-Omicidi...» «Sì?» «Stai attento e basta.» «Lo farò.» Chiuse il cellulare e guardò la strada. Erano già allo svincolo della 110. Presto sarebbero stati di nuovo in California Plaza.
«Il tuo tenente?» chiese Chastain. «Già. Voleva sapere cosa sta succedendo.» «Adesso come vanno le cose fra lei e Rider? Nel tempo libero quelle due se la spassano ancora nello stesso letto?» «Questi non sono affari miei, Chastain. E nemmeno tuoi.» «Era solo per curiosità.» Proseguirono in silenzio per un po'. La domanda di Chastain aveva infastidito Bosch. Sapeva che in questo modo l'agente della DAI aveva voluto ricordargli che lui conosceva molti segreti, e che forse poteva sembrare fuori dal suo ambiente naturale in un'indagine su un omicidio ma era al corrente di segreti che riguardavano i poliziotti: quindi non si doveva prenderlo sottogamba. Bosch rimpianse di aver chiamato Billets mentre era in compagnia di Chastain in auto. Chastain sembrò rendersi conto del suo passo falso e spezzò il silenzio tentando qualche chiacchiera innocua. «Raccontami quella storia delle uova sode di cui continuo a sentir parlare in giro» disse. «Non è niente. Solo un caso.» «Credo di essermi perso la storia sui giornali.» «Solo un colpo di fortuna, Chastain. Come quello che ci servirebbe in questo caso.» «Be', racconta. Voglio sapere... specialmente ora che siamo partner, Bosch. Mi piacciono le storie con i colpi di fortuna. Magari sono contagiose.» «Era solo una normale chiamata per un suicidio. Una pattuglia ci ha chiamati per scaricarci il caso. È cominciato quando una madre si è preoccupata non vedendo arrivare la figlia all'aeroporto di Portland. Avrebbe dovuto andare là per un matrimonio o qualcosa del genere, ma la famiglia è rimasta ad aspettarla inutilmente all'aeroporto. Fatto sta che la madre ha chiamato per chiedere un controllo nell'appartamento della figlia. Era un posticino sulla Franklin, vicino a La Brea. Così un agente di pattuglia è andato là, ha convinto il custode a farlo entrare e l'hanno trovata. Era morta da un paio di giorni... dalla mattina in cui avrebbe dovuto partire per Portland.» «Che cosa era successo?» «La scena sembrava indicare che avesse preso delle pillole e poi si fosse tagliata i polsi nella vasca da bagno.» «Quindi la pattuglia ha deciso per il suicidio.»
«Era quello che doveva apparire: c'era anche un biglietto. Era stato strappato da un taccuino e diceva le solite cose sulla vita che non era come se la aspettava e che lei era sola e roba del genere. Un messaggio sconnesso, e un po' incoerente. Ma molto triste, in realtà.» «E allora? Come lo hai capito?» «Be', ormai eravamo sul punto di chiudere il caso... c'era Edgar con me, Rider era occupata in tribunale. Abbiamo esaminato l'appartamento senza trovare niente di strano... all'infuori del biglietto. Non riuscivo a trovare il taccuino dal quale era stata strappata la pagina. E questo non mi convinceva. Voglio dire: il fatto non significava che non si fosse uccisa, ma era un filo sciolto, capisci? Una specie di cosa c'è di sbagliato in questa scena?» «Okay, così hai pensato che qualcuno fosse entrato là e avesse preso il taccuino?» «Forse. Non sapevo cosa pensare. Così ho detto a Edgar di dare un'altra occhiata in giro, e stavolta ci siamo scambiati i ruoli per esaminare quello che l'altro aveva già esaminato la prima volta.» «E hai trovato qualcosa che era sfuggito a Edgar.» «Non gli era sfuggito: non lo aveva semplicemente colpito.» «Che cos'era?» «Nel frigorifero c'era un ripiano per le uova...» «Sì.» «Be', notai che su alcune uova lei aveva scritto una data. Sempre la stessa: quella del giorno in cui doveva volare a Portland.» Bosch osservò Chastain per vedere la sua reazione. L'agente della DAI aveva un'espressione interrogativa. Non aveva capito. «Erano uova sode. Quelle con la data erano state bollite. Portai un uovo sul lavandino e lo ruppi. Era sodo.» «Okay.» Chastain continuava a non capire. «La data sulle uova era probabilmente la data in cui le aveva bollite» disse Bosch. «Capisci? Era un modo per poterle distinguere dalle altre e sapere quanto fossero vecchie. E allora ho pensato: non fai bollire delle uova per averle già pronte quando possono servirti e poi ti suicidi. Voglio dire: che scopo avrebbe avuto?» «Allora, la tua è stata un'intuizione.» «Qualcosa di più.» «Comunque lo hai capito in quel momento che era un omicidio.» «Se non altro cambiava le cose. Abbiamo cominciato a considerare in
modo diverso la situazione. Abbiamo iniziato un'indagine su un omicidio. C'è voluto qualche giorno ma ci siamo arrivati. Le amiche ci hanno parlato di un tipo che la infastidiva. La importunava, la seguiva perché lei si era rifiutata di uscirci insieme. Abbiamo chiesto un po' in giro e poi ci siamo concentrati sul custode del palazzo.» «Merda, dovevo immaginarlo che era stato lui.» «Gli abbiamo parlato e lui è caduto in varie contraddizioni, tanto da convincerci a chiedere un mandato di perquisizione. Nel suo appartamento abbiamo trovato il taccuino dal quale era stato strappato il presunto biglietto d'addio. Era una specie di diario dove la ragazza scriveva i suoi pensieri e altre cose. Il custode aveva trovato una pagina dove lei si lamentava della vita e si era reso conto che poteva usarla come messaggio di addio. Abbiamo trovato altra roba della ragazza in casa sua.» «E perché aveva conservato quella roba?» «Perché la gente è stupida, ecco perché, Chastain. Se vuoi un assassino intelligente, guarda la TV. Si era tenuto quella roba perché non immaginava nemmeno che potessimo avere dei dubbi sul suicidio. E anche perché lui era nominato nel taccuino. Lei aveva scritto di come la spiava e seguiva, di come questo la facesse sentire al tempo stesso lusingata e spaventata. Probabilmente lui si eccitava leggendo il taccuino. Così lo ha tenuto.» «Per quando è fissato il processo?» «Fra un paio di mesi.» «Sembra un caso a prova di bomba.» «Sì, ma stiamo a vedere: lo era anche quello di O.J. Simpson.» «Che cos'ha fatto, l'ha drogata in qualche modo, poi l'ha infilata nella vasca e le ha tagliato i polsi?» «Quando la ragazza era fuori, il tipo entrava spesso nel suo appartamento. Nel diario lei accennava al sospetto che qualcuno penetrasse di nascosto in casa sua. A lei piaceva correre... si faceva cinque chilometri al giorno. Pensiamo che lui approfittasse di queste occasioni. Nell'armadietto dei medicinali la ragazza teneva degli antidolorifici... si era ferita giocando a squash un paio d'anni prima. Crediamo che durante una delle sue visite lui abbia preso delle pillole e le abbia sciolte in succo d'arancia, e la volta dopo che è penetrato in casa lo ha versato nella bottiglia di succo nel frigo della ragazza. Conosceva le sue abitudini, sapeva che dopo una corsa le piaceva stare seduta sui gradini dell'ingresso a bere il suo succo e a rinfrescarsi. Lei può essersi accorta che era stata drogata e magari ha cercato aiuto intorno. Ma è arrivato lui. L'ha riportata dentro...»
«Prima l'ha violentata?» Bosch scosse la testa. «Probabilmente ci ha provato ma non gli si è rizzato.» Proseguirono in silenzio per alcuni secondi. «Sei un ghiacciolo, Bosch» disse Chastain. «Niente ti tocca.» «Vorrei che fosse così.» 7 Chastain parcheggiò l'auto nella zona riservata alla sosta temporanea di fronte al moderno condominio chiamato The Place. Prima ancora che scendessero, il portiere di notte usciva dalla porta di vetro per accoglierli, o per chiedere di spostare la macchina. Bosch scese e spiegò che Howard Elias era stato assassinato a meno di un isolato di distanza e che dovevano controllare il suo appartamento per accertarsi che non vi fossero altre vittime o persone da soccorrere. Il portiere non fece obiezioni ma avrebbe voluto seguirli. Con tono che non invitava alla discussione, Bosch gli disse di aspettare nell'atrio gli altri agenti che stavano per arrivare. L'appartamento di Elias era al ventesimo piano. L'ascensore salì veloce, ma il silenzio fra Bosch e Chastain fece sembrare il viaggio più lungo. Trovarono la strada per il 20E. Bosch bussò alla porta e suonò il campanello accanto al battente. Poiché non rispondeva nessuno, Bosch si accucciò e aprì la sua valigetta sul pavimento. Tirò fuori il mazzo di chiavi dal sacchetto di plastica che Hoffman gli aveva consegnato in precedenza. «Non credi che dovremmo aspettare il mandato?» chiese Chastain. Bosch lo guardò dal basso mentre richiudeva la valigetta e faceva scattare le chiusure. «No.» «Quella che hai raccontato al portiere era una balla, o pensi che davvero ci possa essere qualcuno da soccorrere?» Bosch si raddrizzò e cominciò a provare le chiavi nelle due serrature della porta. «Ricordi quando prima hai detto che alla fine avrei dovuto fidarmi di te? Be', è qui che comincio a fidarmi di te, Chastain. Non ho il tempo di aspettare un mandato. Io entro. Un caso di omicidio è come uno squalo: dobbiamo continuare a muoverci se non vogliamo affogare.» Trovò la chiave che apriva la prima serratura. «Tu e i tuoi pesci del cazzo. Prima i pesci combattenti e adesso gli squa-
li.» «Continua a starmi vicino, Chastain, e magari imparerai ad acchiappare qualcosa.» Mentre finiva la frase, anche la seconda serratura scattò. Guardò Chastain e gli strizzò l'occhio, poi aprì la porta. Entrarono in un soggiorno di medie dimensioni con un divano e poltrone in pelle, librerie in ciliegio, ampie finestre e un balcone con una vista a sud che spaziava sul centro della città. La stanza era vuota, tranne per alcune pagine del L.A. Times di venerdì mattina sparse sul costoso divano di pelle nera e una tazza di caffè vuota sul ripiano di cristallo del tavolino. «Ehi!» chiamò Bosch, tanto per assicurarsi che l'appartamento fosse in effetti deserto. «Polizia. C'è nessuno in casa?» Nessuna risposta. Bosch posò la valigetta sul tavolo della sala da pranzo, l'aprì e prese un paio di guanti in lattice da un contenitore di cartone. Chiese a Chastain se ne voleva un paio, ma lui rifiutò. «Io non ho intenzione di toccare niente.» Si separarono e cominciarono a muoversi per un rapido esame preliminare dell'appartamento. Le altre stanze erano pulite e in ordine come il soggiorno. C'erano due camere da letto, e quella principale aveva un altro balcone rivolto a ovest. Era una notte limpida. Lo sguardo di Bosch arrivava fino a Century City. Oltre quei grattacieli le luci si abbassavano verso Santa Monica e poi fino al mare. Chastain entrò in camera dietro di lui. «Non ha l'aria di un altro ufficio» disse. «La seconda camera sembra una stanza per gli ospiti. Forse per tenerci dei testimoni.» «Okay.» Bosch esaminò il ripiano del cassettone. Non c'erano foto o altri oggetti di spiccato valore personale. Anche i due comodini ai fianchi del letto matrimoniale la facevano sembrare quasi una camera d'albergo. E in un certo senso lo era... se davvero Elias la usava solo per riposare mentre si preparava al dibattimento delle cause in tribunale. Il letto era rifatto: Bosch se ne stupì. Elias era impegnato nei preparativi di un importante processo, lavorava giorno e notte, eppure quella mattina si era fermato a rifare il letto, pur sapendo che avrebbe dovuto ritornare lì alla fine della giornata. Assurdo, pensò Bosch: o aveva rifatto il letto perché aspettava qualche ospite, oppure qualcun altro lo aveva rifatto. Bosch escluse la presenza di una donna delle pulizie, perché in quel caso avrebbe raccolto anche le pagine di giornale e la tazza di caffè vuota nel
soggiorno. No, era stato Elias a rifare il letto. O qualcuno che era con lui. Quello del detective era soltanto il frutto di un puro istinto viscerale acquisito nei lunghi anni passati a sguazzare fra le peggiori azioni umane, ma in quel momento Bosch si sentì ragionevolmente certo che ci fosse un'altra donna coinvolta nella storia. Aprì il cassetto del comodino sopra il quale c'era un telefono e trovò un'agenda telefonica. L'aprì e la sfogliò. C'erano molti nomi di sua conoscenza. In maggior parte erano avvocati di cui Bosch aveva sentito parlare o che addirittura conosceva di persona. Fece una pausa davanti al nome di Carla Entrenkin. Anche lei era un avvocato specializzato in cause sui diritti civili... o almeno lo era stata fino a un anno prima, quando la Commissione di Polizia l'aveva nominata ispettrice generale del Dipartimento di Polizia di Los Angeles. Notò che Elias aveva annotato sia il numero dell'ufficio che quello di casa. Il numero privato era scritto con un inchiostro più scuro, presumibilmente più recente. Bosch ebbe l'impressione che fosse stato aggiunto molto tempo dopo l'annotazione del numero d'ufficio. «Cos'hai trovato?» chiese Chastain. «Niente» rispose Bosch. «Solo un branco di avvocati.» Richiuse l'agenda mentre Chastain si avvicinava per dare un'occhiata. La gettò nel cassetto e lo richiuse. «Meglio lasciarlo qui in attesa del mandato» aggiunse. Nei venti minuti seguenti condussero una rapida perquisizione dell'appartamento, frugando dentro cassetti e armadi, sotto i letti e i cuscini del divano, attenti tuttavia a non lasciare le cose in disordine. A un certo punto Chastain chiamò Bosch dal bagno di fronte alla camera da letto principale. «Qui ci sono due spazzolini.» «Va bene.» Bosch era nel soggiorno e osservava i libri sugli scaffali. Ne vide uno che aveva letto anni prima: Yesterday Will Make You Cry, di Chester Himes. Avvertì la presenza di Chastain e si girò. Chastain era fermo sulla soglia del corridoio che portava alle camere. Reggeva una scatola di preservativi per mostrarla a Bosch. «Erano nascosti in fondo a un ripiano sotto il lavandino.» Bosch non rispose. Annuì soltanto. In cucina c'era un telefono a muro con segreteria. Su quest'ultima una luce lampeggiava e l'indicatore digitale segnalava la presenza di un messaggio in attesa di essere ascoltato. Bosch premette il pulsante di ascolto. Il messaggio partì. Era una voce di donna.
«Ciao, sono io. Credevo che mi avresti chiamata. Spero che tu non ti sia addormentato per colpa mia.» Tutto qui. Dopo il messaggio, la segreteria segnalò che la chiamata era arrivata a mezzanotte e un minuto. A quell'ora Elias era già morto. Chastain, che al sentire la voce registrata era entrato in cucina dal soggiorno, guardò Bosch alzando le spalle. Bosch riascoltò il messaggio. «A me non sembra la moglie» disse Bosch. «A me sembra la voce di una bianca» disse Chastain. Bosch pensò che avesse ragione. Riascoltò ancora il messaggio, questa volta concentrandosi sul tono della voce femminile. C'era un chiaro sottofondo di intimità nella voce. Anche l'ora della telefonata e la certezza da parte della donna che Elias avrebbe riconosciuto la voce sorreggevano questa conclusione. «Preservativi nascosti in bagno, due spazzolini, una donna misteriosa al telefono» disse Chastain. «Sembra che sulla scena sia comparsa un'amichetta. La faccenda si fa interessante.» «Forse» disse Bosch. «Stamattina qualcuno ha rifatto il letto. Niente roba femminile nell'armadietto dei medicinali?» «Niente.» Chastain tornò nel soggiorno. Quando Bosch ebbe finito in cucina, sentì di aver visto abbastanza per il momento e aprì la porta a vetri scorrevole che dal soggiorno portava sul balcone. Si appoggiò alla ringhiera metallica e controllò l'ora: le cinque meno dieci. Poi staccò il cercapersone dalla cintura per accertarsi di non averlo spento accidentalmente. Il cercapersone era acceso, la batteria a posto. Eleanor non lo aveva cercato. Sentì Chastain uscire sul balcone alle sue spalle. Bosch parlò senza voltarsi. «Lo conoscevi, Chastain?» «Chi, Elias? Sì, più o meno.» «Come mai?» «Ho lavorato su alcuni casi che in seguito lui ha portato in tribunale. Sono stato convocato e ho deposto. E poi, al Bradbury. Sia lui che noi abbiamo gli uffici là dentro. Ogni tanto lo incrociavo. Ma se vuoi sapere se giocavo a golf con lui, la risposta è no. Non l'ho mai frequentato così a fondo.» «Elias si guadagnava da vivere denunciando sbirri. Quando arrivava in tribunale sembrava sempre avere ottime informazioni. Qualcuno dice che aveva roba migliore di quella a cui poteva avere accesso per vie legali.
Qualcuno sospetta che avesse fonti confidenziali all'interno...» «Non ho mai fatto l'informatore per Howard Elias, Bosch!» disse Chastain con voce tesa. «E non conosco nessuno che lo fosse agli Affari Interni. Noi indaghiamo sui poliziotti. Io indago sui poliziotti. A volte se lo meritano e a volte invece risulta il contrario. Sai bene quanto me che deve esserci qualcuno a mantenere l'ordine fra le forze dell'ordine. Ma fare soffiate per gente come Howard Elias e suoi simili, è quanto di più schifoso io possa immaginare, Bosch. Quindi vai a farti fottere per averlo anche solo pensato.» Adesso Bosch si girò a guardarlo, studiando l'ira che balenava nei suoi occhi scuri. «Ho soltanto chiesto» disse. «Devo sapere con chi ho a che fare.» Tornò a contemplare la vista della città e poi abbassò lo sguardo sulla piazza sottostante. Vide Kiz Rider e Loomis Baker che la stavano attraversando insieme a un uomo che Bosch pensò fosse Eldrige Peete, il manovratore della funicolare. «Va bene, hai chiesto» disse Chastain. «Adesso possiamo andare?» «Certo.» Rimasero in silenzio per tutta la discesa dell'ascensore. Fu solo nell'atrio che Bosch parlò. «Vai avanti» disse. «Io vedo se c'è un cesso qui intorno. Di' agli altri che vi raggiungo subito.» «D'accordo.» Il portiere aveva sentito il breve colloquio dalla sua guardiola nell'atrio e informò Bosch che i servizi erano appena voltato l'angolo, dietro gli ascensori. Bosch si diresse da quella parte. Giunto ai servizi, Bosch posò la valigetta sul ripiano del lavabo e ne estrasse il cellulare. Prima chiamò casa sua. Quando la segreteria rispose, compose il codice per ascoltare tutti i messaggi nuovi. Sentì solo il messaggio che aveva lasciato lui stesso. Eleanor non lo aveva ascoltato. «Merda!» esclamò, interrompendo la comunicazione. Chiamò allora le informazioni e si fece dare il numero della sala poker dell'Hollywood Park. L'ultima volta che Eleanor non era tornata a casa gli aveva detto che aveva giocato a carte là. Compose il numero e si fece passare l'ufficio sicurezza. Rispose un uomo che si identificò come Mr. Jardine, e Bosch gli fornì il proprio nome e il numero di distintivo. Jardine gli chiese di compitare il nome e di ripetere il numero. Ovviamente li stava annotando.
«Lei sta nella sala del controllo video?» «Certo. Cosa posso fare per lei?» «Sto cercando una donna e ci sono buone probabilità che al momento sia seduta a uno dei vostri tavoli. Mi chiedevo se non poteva dare un'occhiata ai monitor per me.» «Che aspetto ha?» Bosch descrisse sua moglie ma non poté fornire una descrizione degli abiti perché a casa non aveva controllato negli armadi. Poi aspettò un paio di minuti mentre Jardine probabilmente osservava gli schermi televisivi collegati alle videocamere di sorveglianza nella sala poker. «Be', se è qui, io non la vedo» disse infine Jardine. «A quest'ora della notte non abbiamo molte donne qui dentro. E la sua descrizione non combacia con nessuno dei clienti presenti. Cioè, potrebbe essere stata qui prima, magari verso l'una o le due. Ma adesso non la vedo.» «Okay, grazie.» «Ehi, mi lasci un numero. Faccio un giro per il locale e la richiamo se vedo qualcosa.» «Le lascio il mio cercapersone. Ma se la vede, non l'avvicini. Mi dia soltanto uno squillo.» «D'accordo.» Dopo aver lasciato all'uomo il suo numero, Bosch interruppe il contatto e pensò ai club dei giocatori di carte a Gardena e Commerce, ma decise di non chiamare. Se Eleanor aveva deciso di restare in zona sarebbe andata all'Hollywood Park. In caso contrario sarebbe andata sino a Las Vegas, o forse in quel locale indiano nel deserto vicino a Palm Springs. Cercò di non pensarci e di concentrarsi nuovamente sul caso. Dopo aver trovato il numero nella sua agenda, chiamò il centralino notturno della procura distrettuale. Chiese di parlare con il sostituto procuratore di turno e alla fine ottenne la linea con una donna insonnolita, Janis Langwiser. Il caso voleva che fosse lo stesso sostituto procuratore che aveva istruito l'accusa nel cosiddetto "caso delle uova sode": lei era appena stata trasferita dall'ufficio legale del municipio e quindi quella era la prima volta in cui Bosch lavorava con lei. Gli erano piaciuti il suo senso dell'umorismo e l'entusiasmo che dedicava al lavoro. «Non me lo dica» esordì lei. «Questa volta ha un caso con uova strapazzate? O, meglio ancora, un caso dell'omelette?» «Non proprio. Mi dispiace tirarla giù dal letto, ma ci serve un po' di assistenza per una perquisizione che intendiamo fare quanto prima.»
«Chi è morto e dov'è la perquisizione?» «Il morto è l'esimio Howard Elias, e la perquisizione è nel suo ufficio.» Lei fece un fischio nel telefono e Bosch allontanò istintivamente il suo dall'orecchio. «Accidenti» disse lei, ormai completamente sveglia. «Questo sarà un... be', qualcosa di grosso. Mi racconti brevemente la storia.» Lui lo fece, e quando ebbe finito, la Langwiser, che viveva quarantacinque chilometri più a nord, a Valencia, stabilì di incontrare la squadra incaricata della perquisizione al Bradbury dopo un'ora. «Fino a quel momento siate molto prudenti, detective Bosch: non entrate nell'ufficio prima del mio arrivo.» «Intesi.» Era solo un dettaglio, ma a lui piaceva che lei lo chiamasse con il suo grado. Non perché lei fosse molto più giovane di lui. Piuttosto, perché molto spesso i membri della procura trattavano lui e gli altri poliziotti senza alcun rispetto, come semplici strumenti da usare in qualunque modo per istruire il processo. Era sicuro che Janis Langwiser sarebbe diventata, col passare del tempo, come i suoi colleghi. Sarebbe diventata più esperta ma anche più cinica. Comunque, almeno per il momento gli mostrava qualche tenue sfumatura di rispetto. Bosch spense il cellulare e stava per rimetterlo in valigetta, quando gli passò per la mente un'altra cosa. Chiamò di nuovo le informazioni e chiese il numero di casa di Carla Entrenkin. Venne collegato a una registrazione in cui lo si informava che, su richiesta dell'abbonata, il numero non era in elenco. Era quanto si aspettava di sentire. Mentre attraversava Grand Street e California Plaza verso Angels Flight, Bosch si sforzò di non pensare a Eleanor e a dove potesse essere. Ma fu difficile. Lo faceva star male dentro pensare che lei fosse chissà dove alla ricerca di emozioni che lui non sapeva darle. Cominciava a temere che il matrimonio sarebbe andato in fumo se non si sbrigava a capire quali fossero i bisogni di sua moglie. Quando si erano sposati, un anno prima, lui aveva trovato un senso di pace e appagamento mai provato in precedenza. Per la prima volta nella sua vita aveva sentito che c'era qualcuno per cui valeva la pena sacrificarsi... o sacrificare qualunque cosa, se necessario. Ma ormai si rendeva conto che per lei non era lo stesso. Lei non si sentiva completa e nemmeno in pace. E questo lo faceva sentire colpevole e in un certo senso però sollevato da responsabilità eccessive. Cercò di nuovo di concentrarsi su qualcosa d'altro, sul caso. Sapeva che
per il momento doveva mettere da parte Eleanor. Cominciò a pensare alla voce sulla segreteria, ai preservativi nascosti nel bagno e al letto rifatto con cura. Pensò al modo in cui Howard Elias aveva ottenuto il numero fuori elenco di Carla Entrenkin, poi trascritto nell'agenda nel cassetto del comodino. 8 Rider, insieme a un alto uomo di colore con i capelli brizzolati, aspettava all'ingresso della stazione di Angels Flight. Mentre Bosch li raggiungeva, sorridevano per chissà cosa. «Signor Peete, questo è Harry Bosch» disse Rider. «È lui a capo dell'indagine.» Peete strinse la mano a Bosch. «La cosa più brutta che ho visto in vita mia. La più brutta.» «Mi dispiace che sia toccato a lei scoprirlo, signor Peete. Ma sono lieto che voglia aiutarci. Perché non ci precede dentro? Saremo da lei fra pochi istanti.» Rimasti soli, Bosch guardò Rider. Non aveva bisogno di formulare domande. «Le stesse cose che ha detto Garwood. Non ha sentito niente e non ha visto niente finché la carrozza non è salita e lui è andato a chiudere le porte per la notte. Non ha visto tipi che si aggiravano qui intorno come se stessero aspettando qualcuno.» «Nessuna possibilità che stia recitando la parte del sordomuto?» «L'istinto mi dice di no. Credo che sia sincero. Non ha visto né sentito niente.» «Ha toccato i corpi?» «No. Pensi all'orologio e al portafoglio scomparsi? Non credo che sia stato lui.» Bosch annuì. «Ti spiace se gli ripeto qualche domanda?» «Fai pure.» Bosch entrò nella piccola stazione seguito da Rider. Eldrige Peete sedeva al tavolo, dove stava telefonando. «Devo lasciarti, tesoro» disse vedendo Bosch. «La polizia mi vuole parlare.» Riappese.
«Mia moglie. Mi chiedeva quando tornerò a casa.» Bosch annuì. «Signor Peete, è entrato nella vettura dopo aver visto i corpi là dentro?» «No, signore. Uh, a me sembravano più che morti. Ho visto un sacco di sangue. Ho pensato che dovevo lasciarli com'erano per le autorità.» «Ha riconosciuto qualcuna delle vittime?» «Be', l'uomo non riuscivo a vederlo bene, ma ho pensato che poteva essere il signor Elias per il vestito di lusso. E anche la donna, mi è sembrato di riconoscerla. Voglio dire, non so il suo nome o altro, ma era salita sul treno pochi minuti prima per scendere.» «Vuol dire che aveva appena preso la funicolare qui per scendere?» «Sì, signore, è scesa. Era un passeggero abituale, come il signor Elias. Però lei usava la funicolare solo una volta la settimana. Il venerdì, come ieri notte. Il signor Elias, invece, lo vedevo più spesso.» «Secondo lei perché la donna è scesa dalla collina ma non è uscita dalla vettura all'altro capolinea?» «Perché le hanno sparato.» Bosch fu sul punto di scoppiare a ridere ma si trattenne. Non era stato abbastanza chiaro con il testimone. «No, voglio dire: prima che le sparassero, perché non ha abbandonato la vettura, visto che sembra non si sia nemmeno alzata? Se ne stava sul suo sedile come se aspettasse di risalire, quando è arrivato l'assassino.» «Di sicuro io non so che cosa voleva fare.» «Quando è scesa, esattamente?» «Proprio con la corsa precedente l'ultima risalita. Ho mandato giù Uliveto e quella donna c'era sopra. Saranno mancati cinque o sei minuti alle undici. Ho mandato giù Uliveto e l'ho lasciato fermo là sotto fino alle undici, poi l'ho riportato su. E quando è arrivato, sopra c'erano quelle persone morte.» L'uso del genere maschile che Peete faceva parlando delle vetture della funicolare confondeva un po' le idee a Bosch. Cercò di chiarire la situazione. «Quindi lei ha spedito giù Uliveto con la donna a bordo. Poi, cinque o sei minuti più tardi, la donna era ancora sulla stessa vettura quando l'ha fatta risalire. Esatto?» «Esatto.» «E durante quei cinque o sei minuti durante i quali Uliveto è rimasto fermo là sotto, lei non guardava là in basso?»
«No, stavo contando i soldi del registratore di cassa. Poi, alle undici, sono andato fuori e ho chiuso le porte di Sinai. Poi ho portato su Uliveto. È stato allora che li ho trovati. Erano morti.» «Ma non ha sentito nulla da là sotto? Nessuno sparo?» «No, come ho detto alla signora... la signorina Kizmin. Io metto i tappi nelle orecchie per tutto il baccano che viene da sotto il pavimento della stazione. E poi, stavo contando i soldi. Sono quasi tutti in un quarto di dollaro. Devo infilarli dentro la macchina che li conta.» Indicò una macchinetta d'acciaio accanto al registratore di cassa. Sembrava uno di quei modelli che raccoglievano le monete in rotoli di carta da dieci dollari. Dopo di che Peete batté un piede sul pavimento, alludendo ai rumorosi macchinari sottostanti. Bosch annuì per dirgli che aveva capito. «Mi parli della donna. Ha detto che era un passeggero abituale?» «Sì, una volta la settimana: il venerdì. Come se avesse qualche lavoretto lassù negli appartamenti, pulizie o roba del genere. L'autobus passa là sotto in Hill Street. Credo che lo prendesse là.» «E Howard Elias?» «Anche lui era un passeggero abituale. Due, tre volte la settimana, sempre a ore diverse, a volte tardi come ieri sera. Una volta stavo chiudendo e lui mi ha chiamato da là sotto. Ho fatto un'eccezione. L'ho portato su con Sinai. Per essere gentile. A Natale mi dava sempre una piccola busta. Era gentile, a ricordarsi così di me.» «Era sempre solo in vettura?» Il vecchio incrociò le braccia e rifletté un attimo. «Quasi sempre, mi pare.» «Ricorda di averlo visto insieme a qualche altra persona?» «Un paio di volte mi sembra che fosse con qualcuno. Ma non ricordo bene chi fosse.» «Era un uomo o una donna?» «Non lo so. Forse poteva essere una signora, ma l'immagine non mi torna in mente, capisce cosa voglio dire?» Bosch annuì e rifletté un attimo. Guardò Rider inarcando le sopracciglia. Lei scosse la testa. Non aveva altro da chiedere. «Prima che se ne vada, signor Peete, potrebbe accendere la funicolare e farci scendere?» «Sicuro. Qualunque cosa lei e la signorina Kizmin mi chiedete.» Guardò Rider e inchinò la testa con un sorriso. «Grazie» disse Bosch. «Allora, andiamo.»
Peete si avvicinò alla tastiera del computer e cominciò a battere dei comandi. Immediatamente, il pavimento si mise a vibrare e si udì un suono sordo e stridente. Peete si girò verso di loro. «A vostra disposizione» disse a voce alta per coprire il frastuono. Bosch lo salutò con un cenno e uscì dirigendosi alla vettura. Chastain e Baker, l'agente della DAI affiancato a Kizmin Rider, erano fermi accanto al parapetto e guardavano in giù lungo i binari. «Noi scendiamo» gridò loro Bosch. «Venite?» Senza una parola i due uomini si accodarono a Rider e i quattro detective salirono sulla carrozza battezzata Uliveto. I corpi erano stati rimossi e i tecnici della scientifica avevano sgombrato il campo. Ma il sangue macchiava ancora il pavimento di legno e il sedile occupato da Catalina Perez. Bosch scese i gradini interni, evitando con cura la pozza bruno rossastra che stazionava dove prima era il corpo di Howard Elias. Andò a occupare una panca sul lato destro. Gli altri sedettero su sedili più indietro, discosti dalla zona dei due cadaveri. Bosch sollevò gli occhi verso la finestra della stazione e fece un gesto col braccio. Subito la carrozza sussultò e cominciò la discesa. A Bosch tornò di nuovo in mente la gita in funicolare da bambino. La panca era davvero scomoda come nei suoi lontani ricordi. Bosch non guardò gli altri durante la discesa. Continuò a osservare fuori dalla porta anteriore, quella più bassa, fissando la rotaia che veniva ingoiata dalla vettura. La discesa non durò più di un minuto. Arrivati in fondo, fu lui il primo a scendere. Si girò e guardò verso l'alto. Alla finestra della stazione, in cima alla collina, la testa di Peete spiccava contro la luce della lampada sul soffitto. Bosch non superò a spinta il cancelletto girevole. Aveva notato che era ricoperto della polvere nera per il rilevamento delle impronte, che gli avrebbe macchiato il vestito. Il dipartimento non considerava la polvere un incidente del mestiere e non rimborsava il conto di una lavanderia a secco. Indicò la polvere agli altri e scavalcò il cancelletto. Osservò il terreno nella remota eventualità che qualcosa attirasse la sua attenzione, ma non c'era nulla di insolito. E comunque sapeva che gli uomini della Rapine-Omicidi avevano già passato al setaccio l'area. Bosch era sceso fin lì soprattutto per dare un'occhiata di persona e farsi un'idea del posto. Sulla sinistra del passaggio ad arco c'era una scalinata di cemento che risaliva parallela alla funicolare. Serviva per i pedoni quando le vetture non erano in funzione o per tutti coloro che avevano paura di servirsi della risalita meccanica. La scalinata era inoltre popolare fra gli appassio-
nati di ginnastica del fine settimana, che la percorrevano su e giù di corsa. Più o meno un anno prima Bosch aveva letto un articolo in proposito sul L.A. Times. Di lato alla scalinata, avevano ricavato una fermata d'autobus nel fianco scosceso della collina. Sopra la lunga panca per l'attesa c'era una tettoia. Le pareti laterali erano usate per pubblicità cinematografiche, e su una Bosch vide la locandina di un nuovo film con Clint Eastwood intitolato Debito di sangue. Il film era tratto dalla storia vera di un ex agente dell'FBI, Terry McCaleb. Bosch si chiese se l'assassino avesse aspettato alla fermata dell'autobus che Elias si avvicinasse al cancelletto girevole di Angels Flight. Decise di no. La tettoia portava una lampada piuttosto potente. Avvicinandosi alla funicolare Elias avrebbe visto benissimo chiunque fosse seduto là sotto. Poiché Bosch riteneva che Elias conoscesse il suo assassino, non era logico pensare che quest'ultimo avrebbe aspettato così allo scoperto. Guardò dall'altra parte: fra l'ingresso per accedere alle vetture e un piccolo palazzo di uffici c'era una striscia di terreno larga una decina di metri, ricca di vegetazione. Fitti cespugli si accalcavano intorno a un albero di acacia. Bosch rimpianse di aver lasciato la valigetta sulla vettura. «Nessuno ha una torcia?» chiese. Rider frugò nella sua borsa e tirò fuori una piccola torcia tascabile. Bosch la prese e si infilò fra i cespugli, dirigendo il fascio di luce verso il basso e osservando il terreno su cui avanzava. Non trovò tracce evidenti che l'assassino avesse aspettato là in mezzo. Dietro i cespugli c'erano rifiuti e cartacce, ma niente che segnalasse una presenza recente. Sembrava un posto in cui dei vagabondi si fossero fermati a spulciare nei loro sacchi di immondizie raccolte altrove. Rider lo raggiunse in mezzo ai cespugli. «Trovato niente?» «Niente di utile. Sto solo cercando di immaginare dove può essersi nascosto quel tizio mentre aspettava Elias. Questo sarebbe stato un posto buono quanto un altro. Elias non lo avrebbe visto, e lui poteva uscire dopo il passaggio di Elias per seguirlo fino alla vettura.» «Forse non ha avuto bisogno di nascondersi. Forse sono arrivati qui a piedi insieme.» Bosch la guardò e assentì. «Forse. È un'ipotesi buona quanto la mia.» «E la fermata dell'autobus?» «Troppo allo scoperto, troppo illuminata. Se era qualcuno che Elias ave-
va motivo di temere, lo avrebbe visto.» «E se si è travestito? Può essere rimasto seduto alla fermata con un travestimento.» «Vero anche questo.» «Hai già preso in considerazione tutte queste possibilità, però continui a lasciarmi parlare dicendo cose che sai già.» Bosch non replicò. Riconsegnò la torcia a Rider e uscì dai cespugli. Osservò un'altra volta la fermata dell'autobus e si convinse che la sua idea era giusta. Non si era servito della fermata. Rider si fermò al suo fianco e seguì il suo sguardo. Entrambi fissarono la locandina del film. «Ehi, tu hai conosciuto quel federale, Terry McCaleb?» le chiese. «Sì, una volta abbiamo lavorato insieme a un caso. Perché, tu lo conosci?» «Non proprio. Ma l'ho visto in TV, e non somiglia per niente a Clint Eastwood, secondo me.» «Hai ragione.» Bosch notò che Chastain e Baker avevano attraversato la strada e aspettavano nella rientranza formata dalle saracinesche chiuse dell'ingresso dell'enorme Grand Central Market. Osservavano qualcosa per terra. Bosch e Rider li raggiunsero. «Trovato qualcosa?» chiese Rider. «Forse sì, forse no» disse Chastain. Indicò le piastrelle sporche e consumate ai suoi piedi. «Mozziconi di sigarette» disse Baker. «Cinque in tutto... della stessa marca. Significa che qualcuno ha aspettato qui per un bel po'.» «Forse era un vagabondo» disse Rider. «Può darsi» disse Baker. «O forse era il nostro assassino.» Bosch non sembrò molto impressionato. «Nessuno di voi fuma?» chiese. «Perché?» chiese Baker. «Perché se foste fumatori capireste di cosa probabilmente si tratta. Cos'è che vedete all'ingresso del Parker Center quando entrate?» Chastain e Baker esibirono un'espressione perplessa. «Sbirri?» azzardò Baker. «Già, ma sbirri che fanno cosa?» «Che fumano» disse Rider. «Esatto. Non si fuma più negli edifici pubblici, così i fumatori si radunano all'ingresso. Questo mercato è un locale pubblico.»
Indicò i mozziconi schiacciati sulle piastrelle. «Non significa necessariamente che qualcuno sia rimasto ad aspettare qui a lungo. Piuttosto, qualcuno che lavora al mercato è uscito cinque volte durante il giorno a fumarsene una.» Baker annuì ma Chastain rifiutò di accettare la deduzione. «Potrebbe sempre essere il nostro uomo» disse. «Altrimenti, dove ha aspettato: in mezzo a quei cespugli?» «È possibile. Oppure, come ha detto Kiz, forse non ha aspettato. Forse si è tranquillamente avvicinato alla funicolare insieme a Elias. Forse Elias pensava di essere con un amico.» Bosch infilò una mano in tasca e tirò fuori una bustina di plastica per reperti. La porse a Chastain. «Ma forse io mi sbaglio di grosso e tu hai pienamente ragione. Quindi, impacchetta ed etichetta per bene i mozziconi, Chastain. E assicurati che arrivino in laboratorio.» Pochi minuti più tardi Bosch aveva terminato la sua ispezione sulla scena del delitto alla stazione sottostante della funicolare. Tornò sulla vettura, raccolse la valigetta dove l'aveva lasciata e risalì gli scalini fino a uno dei sedili più vicini alla porta superiore. Si sedette pesantemente, quasi lasciandosi cadere sul duro legno. Cominciava a sentire la stanchezza e avrebbe voluto dormire qualche ora prima della riunione da Irving. L'eccitazione e l'adrenalina che accompagnano un caso nuovo provocavano un stato artificiale di iperattività che si smorzava sempre molto rapidamente. Avrebbe voluto fumare una sigaretta e fare un sonnellino. Ma solo una delle due cose era possibile in quel momento, e per realizzarla avrebbe dovuto trovare uno di quei negozi che stanno aperti tutta la notte. Decise nuovamente di farne a meno. Per qualche ragione sentiva che la sua astinenza dalla nicotina era diventata parte integrante della sua veglia in attesa di una telefonata di Eleanor. Pensò che se avesse fumato, tutto sarebbe stato perduto e che non avrebbe mai più avuto sue notizie. «A cosa stai pensando, Harry?» Sollevò gli occhi. Rider era sulla soglia e stava salendo a sua volta sulla carrozza. «A niente e a tutto. Con questa storia abbiamo appena iniziato. C'è ancora tanto da fare.» «Niente riposo per chi è stanco.» «Puoi dirlo forte.» Il suo cercapersone squillò e lui lo strappò dalla cintura come un uomo
che lo avesse dimenticato acceso in un cinema. Riconobbe il numero sul display ma non riuscì a ricordare dove lo avesse già visto. Prese il cellulare dalla valigetta e lo compose. Era il numero di casa del vicecapo Irving. «Ho parlato con il capo» disse Irving. «Si occuperà lui del reverendo Tuggins. Per voi non deve più essere fonte di preoccupazioni.» Irving era riuscito a caricare di disprezzo la parola reverendo. «Okay. Non lo è più.» «Allora, a che punto siamo?» «Siamo ancora sulla scena, stiamo finendo. Dobbiamo cercare testimoni nel palazzo qui sopra, poi sgombreremo. Elias aveva un appartamento qui in centro. Era là che stava andando. Non appena i mandati saranno pronti, dovremo perquisire l'appartamento e l'ufficio.» «E per la notifica ai familiari della donna?» «Ormai Edgar dovrebbe avere fatto anche quella.» «Mi racconti com'è andata a casa di Elias.» Dal momento che Irving non glielo aveva chiesto nella telefonata precedente, Bosch immaginò che adesso lo chiedesse perché il capo della polizia voleva saperlo. Bosch riassunse rapidamente quanto era successo e Irving fece diverse domande sulle reazioni della moglie e del figlio. Ne era interessato soprattutto dal punto di vista dei possibili effetti sui media. Come per Preston Tuggins, il modo in cui la famiglia di Elias reagiva all'omicidio poteva anticipare quelle che sarebbero state le ripercussioni sull'intera comunità nera. «Quindi, al momento pare che non potremo fare appello alla vedova o al figlio perché collaborino con noi per tenere sotto controllo la situazione, esatto?» «Al momento è esatto. Ma una volta che avranno superato lo choc iniziale, forse potrebbero dimostrarsi più disponibili. Magari lei potrebbe parlare al capo e proporgli l'idea di chiamarli personalmente. A casa loro ho visto una foto del capo in compagnia di Elias. Se parlerà a Tuggins, forse potrebbe parlare anche alla vedova e chiederle di darci fiducia e magari una mano.» «Forse.» Irving cambiò argomento e disse a Bosch che la sala riunioni del suo ufficio al sesto piano del Parker Center era pronta per accogliere la squadra investigativa. Aggiunse che al momento la sala non era chiusa, ma in mattinata Bosch avrebbe ricevuto le chiavi, e non appena gli investigatori ne avessero preso possesso, avrebbe dovuto restare sempre chiusa a chiave.
Aggiunse che sarebbe stato là alle dieci e che si aspettava un riepilogo più esauriente delle indagini svolte. «Certo, capo» disse Bosch. «Per quell'ora dovremmo avere finito con i testimoni e le perquisizioni.» «Cercate di essere puntuali. Vi aspetto.» «D'accordo.» Bosch stava per interrompere la comunicazione quando sentì ancora la voce di Irving. «Scusi, capo?» «Un'ultima cosa. Considerata l'identità di una delle due vittime, ho ritenuto mio dovere informare l'ispettrice generale. Quando le ho spiegato i fatti che conoscevamo al momento, lei è sembrata - come posso dire - vivamente interessata al caso. E il termine vivamente è a dir poco inadeguato.» Carla Entrenkin! Bosch fu sul punto di lanciare una imprecazione ma si trattenne. La carica di ispettore generale era nuova in seno al dipartimento. Veniva conferita a un esterno, nominato dalla Commissione di Polizia in qualità di supervisore civile autonomo, con autorità totale di indagare o sovrintendere a indagini. Era un'ulteriore politicizzazione del dipartimento. L'ispettore generale rispondeva alla Commissione di Polizia, la quale rispondeva al consiglio municipale e al sindaco. Ma c'erano altre ragioni per le quali Bosch avrebbe voluto imprecare: aveva trovato il nome e il numero privato dell'ispettrice generale Carla Entrenkin nell'agenda telefonica di Elias. Era un fatto che faceva presagire una preoccupante serie di complicazioni. «Verrà qui sulla scena?» chiese. «Non credo» disse Irving. «Ho aspettato a chiamare l'ispettrice per poter dire che ormai la scena si stava sgombrando. Vi ho evitato questa seccatura. Ma non sorprendetevi se in giornata si farà viva direttamente con voi.» «Può farlo? Voglio dire: parlare con me senza passare attraverso di lei, capo? In fondo è una civile.» «Sfortunatamente, può fare quello che vuole. È così che la Commissione di Polizia ha previsto per tale incarico. Questo significa che l'indagine, qualunque direzione prenda, dovrà essere impeccabile, detective Bosch. In caso contrario, lascio a lei immaginare le rogne che ci potrebbe procurare Carla Entrenkin.» «Capisco.» «Bene, allora quello che ci serve è un arresto, e tutto sarà a posto.»
«Certo, capo.» Irving interruppe la comunicazione senza convenevoli. Bosch sollevò lo sguardo. Anche Chastain e Baker stavano salendo sulla vettura. «C'è una sola cosa peggiore che avere gli Affari Interni appiccicati alle costole in questo caso» sussurrò a Rider. «Ed è che avremo gli occhi dell'ispettrice generale inchiodati alla nuca.» Rider lo guardò. «Scherzi? Anche Carla I'mthinkin' dovrà sorbirsi questo caso?» Bosch quasi sorrise sentendo Rider usare il nomignolo affibbiato alla Entrenkin da un editorialista del bollettino Thin Blue Line, stampato dal sindacato di polizia. Era stata soprannominata Carla I'mthinkin' - Carla Stopensando - a causa della sua tendenza a parlare in modo lento e ponderato ogni volta che si rivolgeva alla Commissione di Polizia per criticare qualche iniziativa di membri del dipartimento. «Saremo piuttosto noi a doverci sorbire lei.» 9 In cima alla collina trovarono Edgar e Fuentes che erano tornati dalla notifica alla famiglia di Catalina Perez, e Joe Dellacroce di ritorno dal Parker Center con due mandati di perquisizione compilati e firmati. Quei mandati non erano sempre necessari per le case e gli uffici delle vittime di un omicidio. Ma era una precauzione sensata ottenerli nei casi di maggiore risonanza, che attiravano avvocati di grosso calibro non appena le indagini portavano a un arresto. Questi avvocati avevano invariabilmente conquistato la loro fama mostrandosi meticolosi nel loro lavoro. Sfruttavano ogni errore, si attaccavano a ogni filo sciolto e minimo strappo nelle indagini per aprire negli impianti accusatori dei buchi... spesso ampi abbastanza da consentire ai loro clienti di svignarsela. Bosch stava già pensando a simili evenienze future. Sapeva che doveva agire con molta cautela. Inoltre, lui era convinto che un mandato fosse particolarmente necessario per procedere alla perquisizione dell'ufficio di Elias. Ci sarebbero stati numerosi incartamenti su agenti di polizia e sulle cause ancora aperte contro il dipartimento. Molto probabilmente, queste cause sarebbero state affidate ad altri avvocati, e Bosch doveva bilanciare il diritto alla privacy del rapporto fra cliente e avvocato con la necessità di indagare sull'uccisione di Howard Elias. Gli investigatori avrebbero dovuto indubbiamente procedere con molta prudenza nel maneggiare quegli incartamenti. Per questo
motivo aveva chiamato l'ufficio della procura distrettuale e chiesto a Janis Langwiser di essere presente all'operazione. Bosch si avvicinò dapprima a Edgar, prendendolo per un braccio e tirandolo fino al parapetto che si affacciava sul ripido declivio verso Hill Street. Adesso gli altri non potevano sentirli. «Com'è andata la notifica ai familiari?» «È andata come sempre. Avrei preferito trovarmi in un milione di altri posti piuttosto che stare a guardare quel tipo mentre gli davo la bella notizia. Capisci cosa voglio dire?» «Sì, capisco. Glielo avete soltanto detto o gli avete fatto anche qualche domanda?» «Ci abbiamo provato, ma non abbiamo avuto molte risposte. Quel tipo ha detto che sua moglie faceva le pulizie e aveva un lavoro da qualche parte quassù. Prendeva l'autobus fin qui. Non ha saputo darci un indirizzo. Ha detto che la moglie segnava tutti i suoi impegni su un piccolo quaderno che portava con sé.» Bosch rifletté un istante. Non ricordava nessun quaderno nell'inventario degli oggetti ritrovati addosso alle vittime. Tenendo in equilibrio la sua valigetta sul parapetto, l'aprì e prese il blocco a molla in cui raccoglieva i documenti relativi alla scena del crimine. Il primo foglio era la copia gialla dell'inventario che Hoffman gli aveva consegnato prima di andarsene. Comprendeva gli effetti personali della Vittima n.2, ma non vi figurava nessun quaderno. «Be', dovremo risentirlo più avanti. Non abbiamo trovato nessun quaderno.» «Allora rimandaci Fuentes. Il marito non parla inglese.» «D'accordo. Nient'altro?» «No. Abbiamo fatto il solito controllo. Possibili nemici, problemi, qualcuno che l'infastidiva, qualcuno che la seguiva e così via. Nada. Il marito ha detto che non c'era nulla che la preoccupava.» «Okay. E su di lui?» «Mi è sembrato sincero. Come se lo avessero colpito in faccia con quella grossa padella chiamata sfortuna. Capisci?» «Sì, capisco.» «Colpito duro. E anche la sua sorpresa sembrava autentica.» «Okay.» Bosch si guardò intorno per essere certo che nessuno potesse sentirli. Parlò a Edgar a bassa voce.
«Adesso ci divideremo per le perquisizioni. Voglio che tu ti occupi dell'appartamento che Elias aveva qui vicino, a The Place. Sono...» «Allora era là che stava andando.» «Così sembra. Sono appena stato lassù con Chastain, abbiamo dato un'occhiata veloce. Voglio che stavolta tu faccia le cose con calma. Voglio anche che tu cominci con la sua camera da letto. Prendi l'agenda telefonica dal cassetto del comodino su cui sta il telefono. Imbustala e sigillala in modo che nessuno possa guardare il contenuto prima di aver portato tutto quanto in ufficio.» «Certo. Come mai?» «Te lo dirò dopo. Devi assolutamente arrivarci prima di chiunque altro. E poi, prendi il nastro dalla segreteria telefonica in cucina. C'è un messaggio che dobbiamo conservare.» «Bene.» «Intesi, allora.» Bosch si allontanò dal parapetto per avvicinarsi a Dellacroce. «Nessun problema con i mandati?» «Non proprio... a parte l'aver svegliato due volte il giudice.» «Quale giudice?» «John Houghton.» «È un tipo a posto.» «Be', non mi è sembrato entusiasta di dover fare tutto due volte.» «Che cos'ha detto per l'ufficio?» «Mi ha fatto aggiungere una riga sul rispetto dell'inviolabilità dei rapporti confidenziali cliente-avvocato.» «Sul serio? Fai vedere.» Dellacroce tirò fuori i mandati dalla tasca interna della giacca e consegnò a Bosch quello per l'ufficio al Bradbury. Bosch scorse velocemente le frasi di rito sulla prima pagina e arrivò alla parte di cui Dellacroce aveva parlato. Gli sembrò un'aggiunta legittima. Il giudice consentiva la perquisizione dell'ufficio e l'esame degli incartamenti, ma specificava che ogni informazione confidenziale ricavata dagli incartamenti doveva essere pertinente all'indagine sull'omicidio. «In pratica dice che non possiamo spulciare quei documenti e passare ciò che troviamo all'ufficio legale del municipio» disse Dellacroce. «Dev'essere un'indagine riservata.» «Cercherò di sopravvivere anche a questo» disse Bosch. Chiamò tutti intorno a sé. Notò che Fuentes stava fumando e cercò di i-
gnorare la voglia di una sigaretta. «Okay, abbiamo i mandati» disse. «Ecco come ci divideremo. Edgar, Fuentes e Baker, voi tre penserete all'appartamento. Edgar sarà l'uomo di punta. Noi altri andremo all'ufficio. All'appartamento, voglio che vi accordiate per interrogare tutti i portieri del palazzo, di tutti i turni. Dobbiamo scoprire il più possibile sulle abitudini e sulla vita privata di Elias. Pensiamo che possa esserci di mezzo un'amica. Dobbiamo scoprire chi era. Inoltre, nel mazzo trovato addosso a Elias ci sono le chiavi di una Porsche e di una Volvo. Io credo la sua auto fosse la Porsche e che la macchina sia nel parcheggio del palazzo. Voglio che diate un'occhiata anche a quella.» «Sui mandati non è specificata l'auto» protestò Dellacroce. «Nessuno me ne ha parlato quando ho dovuto andare a chiedere i mandati.» «D'accordo, allora trovate semplicemente l'auto, date un'occhiata dai finestrini e ci faremo preparare un mandato se vedrete qualcosa di interessante e lo riterrete necessario.» Bosch osservò Edgar mentre pronunciava l'ultima frase. Edgar annuì in modo quasi impercettibile: aveva capito che Bosch gli stava dicendo di trovare la macchina e di aprirla senza troppe storie per controllarne l'interno. Se trovava qualcosa di utile all'indagine, avrebbe semplicemente fatto marcia indietro e chiesto un mandato, comportandosi poi come se non avessero mai nemmeno sfiorato l'auto. Era la procedura standard. Bosch guardò l'orologio e concluse. «Okay, adesso sono le cinque e trenta. Al massimo per le otto e trenta dovremo aver terminato le perquisizioni. Prendete qualunque cosa che possa sembrare interessante e più tardi esamineremo tutto il materiale. Il vicecapo Irving ha installato il posto di comando dell'indagine nella sala riunioni accanto al suo ufficio al Parker Center. Ma prima di andare là, voglio incontrare ognuno di voi qui, alle otto e trenta.» Indicò la torre di appartamenti che sovrastava Angels Flight. «Poi setacciamo il palazzo. Non voglio aspettare che tutti escano per andare al lavoro prima che li abbiamo raggiunti.» «E per la riunione con il vicecapo Irving?» chiese Fuentes. «È fissata per le dieci. Dovremmo farcela. In caso contrario, non preoccupatevi. Andrò io alla riunione e voi potrete continuare. L'indagine ha la precedenza. Lo capirà.» «Ehi, Harry» disse Edgar. «Se finiamo prima delle otto e mezzo, niente in contrario se facciamo colazione?» «Sì, d'accordo, ma non voglio che ci sfugga qualcosa. Non fate una per-
quisizione affrettata solo per potervi ingozzare di ciambelle.» Rider sorrise. «Sentite come facciamo» disse Bosch. «Penserò io a procurare ciambelle per tutti, per l'appuntamento qui alle otto e mezzo. Se potete, aspettate fino ad allora. Okay, mettiamoci in moto.» Bosch tirò fuori il mazzo di chiavi trovate addosso a Howard Elias. Ne tolse le chiavi dell'appartamento e della Porsche e le consegnò a Edgar. Notò che restavano ancora diverse chiavi sconosciute. Almeno due o tre dovevano essere dell'ufficio, e altre due o tre della sua casa a Baldwin Hills. Ne rimanevano quattro, e Bosch ripensò alla voce che aveva sentito sulla segreteria. Forse Elias aveva le chiavi di casa di un'amante. Rimise le chiavi in tasca e disse a Rider e Dellacroce di scendere dalla collina con due macchine e di raggiungere il Bradbury. Disse che lui e Chastain sarebbero scesi con la funicolare e avrebbero fatto la strada a piedi controllando i marciapiedi che Elias doveva aver percorso fra il suo ufficio e la stazioncina inferiore di Angels Flight. Mentre i detective si sparpagliavano per dirigersi verso i rispettivi incarichi, Bosch andò alla finestra della stazione e guardò dentro. Eldrige Peete sedeva sulla sedia accanto al registratore di cassa, con i tappi nelle orecchie e gli occhi chiusi. Bosch batté leggermente sulla finestra ma il manovratore sussultò lo stesso. «Signor Peete, vorrei che ci rimandasse giù un'ultima volta. Poi potrà chiudere tutto e andare a casa da sua moglie.» «Okay, al vostro servizio.» Bosch annuì e si girò per raggiungere la vettura, poi si bloccò e tornò a girarsi verso Peete. «Là dentro c'è un mucchio di sangue. Ha qualcuno che possa pulire l'interno della vettura prima di riaprire domani?» «Non si preoccupi, ci penso io. Qui nell'armadietto ho secchio e strofinacci. Ho chiamato il mio superiore. Ha detto che devo pulire io Uliveto prima che riprenda il servizio in mattinata. Il sabato cominciamo alle otto.» Bosch annuì. «Bene, signor Peete. Mi spiace che debba farlo lei.» «Io ci tengo a tenere pulite le vetture.» «Ah, dimenticavo... di sotto hanno lasciato polvere per il rilevamento di impronte su tutto il cancelletto. È roba rognosa, se sporca i vestiti.» «Pulirò anche quella.»
Bosch annuì. «Be', la ringrazio per il suo aiuto di stanotte. È stato molto gentile.» «Stanotte? Diavolo, è già mattina.» Peete sorrise. «Immagino che abbia ragione. Buon giorno allora, signor Peete.» «Già, ma non credo che sia un bel giorno per quei due poveracci che erano sulla vettura.» Bosch si incamminò, poi tornò verso il manovratore. «Un'ultima cosa. Questa è una grossa storia per i giornali e per la TV. Non le sto dicendo cosa deve fare, signor Peete, ma forse le converrà staccare il telefono di casa. E magari non rispondere alla porta.» «Ho capito.» «Bene.» «Comunque, ho intenzione di dormire tutto il giorno.» Bosch annuì un'ultima volta e salì sulla vettura. Chastain era già su una panca accanto alla porta. Bosch lo superò e scese di nuovo i gradini della carrozza fino all'estremità dove era caduto il corpo di Howard Elias. Fece ancora molta attenzione a non calpestare il sangue coagulato sul pavimento. Non appena si fu seduto, la vettura cominciò a muoversi. Bosch guardò dal finestrino e vide la luce grigiastra dell'alba lungo i profili dei grattacieli a est. Si rilassò sulla panca e fece un lungo sbadiglio, tralasciando di mettersi una mano davanti alla bocca. Avrebbe voluto potersi girare su un fianco e stendersi. La panca era dura, di legno logoro, ma non dubitava che ben presto si sarebbe addormentato e avrebbe sognato Eleanor e cose felici e posti nei quali non si dovevano schivare pozze di sangue. Abbandonò quel pensiero e sollevò la mano fino alla tasca interna della giacca, dimenticandosi che non vi avrebbe trovato le sigarette. 10 Il Bradbury era il polveroso gioiello del centro cittadino, Downtown. Costruito più di un secolo prima, la sua bellezza era antica ma tuttora più luminosa e più duratura di quella di tutti i grattacieli di marmo e vetro che ormai lo soverchiavano come un esercito di energumeni che sovrastassero un bambino spaurito stretto in un angolo. Le sue linee ornate e le superfici di piastrelle smaltate avevano sfidato i tradimenti sia degli uomini sia della natura. Era sopravvissuto a terremoti e sommosse, a periodi di abbandono
e decadenza, e a una città che non si cura spesso di salvaguardare quel poco di cultura e di radici che possiede. Bosch pensava che non esistesse una architettura più bella in tutta la città... malgrado i motivi poco piacevoli che glielo avevano fatto frequentare nel corso degli anni. Oltre a ospitare gli studi legali di Howard Elias e numerosi altri avvocati, i cinque piani del Bradbury accoglievano numerosi uffici municipali e statali. La Divisione Affari Interni del Dipartimento di Polizia di Los Angeles aveva in affitto tre uffici al terzo piano e li usava per tenerci le udienze della Commissione Disciplinare, ossia il tribunale interno che gli agenti accusati di condotta illecita dovevano affrontare. La DAI aveva preso in affitto quegli spazi poiché la crescente ondata di denunce contro gli agenti negli anni Novanta aveva aumentato considerevolmente il numero delle azioni disciplinari e delle udienze. Ormai le udienze si succedevano l'una all'altra ogni giorno, a volte al ritmo di due o tre contemporaneamente. Nel Parker Center non c'era spazio sufficiente per questo incalzarsi di cause. Così la DAI aveva occupato tre uffici nel vicino Bradbury. Per Bosch, la Divisione Affari Interni costituiva l'unica macchia alla bellezza dell'edificio. Per due volte aveva affrontato la Commissione Disciplinare all'interno del Bradbury. Ogni volta aveva fornito la sua testimonianza, ascoltato gli altri testimoni e un investigatore della DAI - una volta era toccato a Chastain - che riferiva i latti e gli accertamenti del caso, e poi aveva camminato avanti e indietro sotto l'enorme lucernario dell'atrio mentre in privato i tre capitani decidevano del suo destino. Era uscito indenne da entrambe le udienze e nel corso di quelle esperienze era giunto ad amare il Bradbury, i suoi pavimenti di piastrelle messicane e le decorazioni in ferro battuto. Una volta aveva persino dedicato un po' di tempo a studiare la storia del palazzo negli uffici della Los Angeles Conservancy, l'ente per la storia e conservazione di Los Angeles, e aveva scoperto uno dei più affascinanti misteri della città. Il Bradbury, pur con tutta la sua gloria duratura, era stato progettato da un disegnatore pagato cinque dollari la settimana. George Wyman non aveva nessuna laurea in architettura e nessuna referenza come progettista quando aveva ideato l'edificio nel 1892, eppure il suo progetto era destinato a realizzare una struttura capace di durare più di un secolo e di meravigliare varie generazioni di architetti a venire. A infittire ulteriormente il mistero, in seguito Wyman non aveva mai più progettato un palazzo di qualche importanza, né a Los Angeles né altrove. Era il genere di stranezza che a Bosch piaceva. L'idea di un uomo che lasciava il proprio segno con un unico colpo, sfruttando l'unica opportunità
che gli era consentita, lo affascinava. A un secolo di distanza, Bosch si identificava in George Wyman. Credeva in quell'unico colpo, e non sapeva però se aveva già usato il suo. Questo lo si capisce solo quando da vecchi ci si volta a guardare la vita trascorsa. Ma aveva la sensazione che la sua unica opportunità fosse ancora là fuori ad aspettarlo. Doveva ancora sfruttare il suo vero colpo. A causa dei sensi unici e dei semafori che Dellacroce e Rider dovevano affrontare, Bosch e Chastain arrivarono al Bradbury a piedi prima di loro. Mentre si avvicinavano alle pesanti porte a vetri dell'ingresso, Janis Langwiser scese da una piccola macchina sportiva rossa parcheggiata in divieto lungo il marciapiede. Portava una borsa di pelle a tracolla e aveva in mano una tazza di plastica con l'etichetta di una bustina di tè che penzolava dal bordo. «Ehi, credevo che avessimo detto un'ora» disse allegramente. Bosch guardò l'orologio. Era passata un'ora e dieci minuti dalla loro telefonata. «Visto che è un avvocato, mi faccia causa» disse sorridendo. Presentò Chastain e fornì a Janis Langwiser un riassunto più dettagliato dell'indagine. Stava giusto finendo il racconto, ed ecco Rider e Dellacroce parcheggiare le loro auto davanti alla macchina del sostituto procuratore. Bosch spinse le porte dell'ingresso ma le trovò chiuse. Tirò fuori il mazzo di chiavi e azzeccò quella giusta al secondo tentativo. Entrarono nell'atrio del palazzo e automaticamente ognuno di loro sollevò gli occhi, tale era la bellezza dell'ambiente. Sopra di loro il lucernario risplendeva delle sfumature grigio-porpora dell'alba. Altoparlanti nascosti trasmettevano un brano di musica classica. Era un motivo triste e ossessivo, ma Bosch non riuscì a riconoscerlo. «L'Adagio di Barber» disse Janis Langwiser. «Cosa?» disse Bosch, sempre guardando in alto. «La musica.» «Oh.» Un elicottero della polizia sorvolò il lucernario, diretto a casa, al Piper Tech, per il cambio di turno. Bastò a spezzare l'incantesimo e Bosch abbassò gli occhi. Una guardia in uniforme camminava verso di loro. Era un giovanotto di colore con i capelli rasati e due sorprendenti occhi verdi. «Posso aiutarvi? Il palazzo è chiuso al momento.» «Polizia» disse Bosch, tirando fuori la custodia del distintivo e aprendola. «Abbiamo un mandato di perquisizione per la suite cinque-zero-
cinque.» Fece un cenno col capo a Dellacroce, che estrasse di tasca un'altra volta il mandato e lo consegnò al guardiano. «È l'ufficio dell'avvocato Elias» disse la guardia. «Lo sappiamo» disse Dellacroce. «Cos'è successo?» chiese la guardia. «Perché dovete perquisire il suo ufficio?» «Non possiamo dirglielo, almeno per ora» rispose Bosch. «Però dovrebbe rispondere a un paio di domande. A che ora inizia il suo turno? Era qui quando il signor Elias è uscito ieri sera?» «Sì, ero qui. Faccio il turno dalle sei alle sei. Li ho visti uscire verso le undici.» «Non era solo?» «Era con un paio di altri tizi. Ho chiuso l'ingresso proprio dopo che sono usciti. Ormai il palazzo era vuoto... eccetto me.» «Sa chi erano gli altri due?» «Uno era l'assistente o il comesichiama del signor Elias.» «Il segretario? L'impiegato?» «Sì, l'impiegato. Credo uno studente che lo aiuta nelle sue cause.» «Sa come si chiama?» «No, non l'ho mai chiesto.» «Okay, e l'altro tizio? Chi era?» «Quello non lo conosco.» «Lo aveva già visto prima da queste parti?» «Sì, le ultime due sere sono usciti insieme. E anche prima, qualche volta mi sembra di averlo visto arrivare e uscire da solo.» «Potrebbe avere un ufficio qui?» «No, almeno che io sappia.» «Un cliente di Elias?» «Come faccio a saperlo?» «Nero o bianco.» «Nero.» «Che aspetto aveva?» «Be', non è che lo abbia guardato molto bene.» «Ha detto di averlo visto altre volte qui intorno. Che aspetto aveva?» «Era un tizio dall'aspetto normale. Non...» Bosch stava diventando impaziente ma non era sicuro del perché. Il guardiano sembrava fare del suo meglio. Durante un'indagine era normale
trovare testimoni incapaci di descrivere persone che pure avevano visto in più di un'occasione. Bosch si fece restituire il mandato dal guardiano e lo riconsegnò a Dellacroce. Il sostituto procuratore Langwiser chiese di vederlo e cominciò a leggerlo, mentre Bosch proseguiva con la guardia. «Lei come si chiama?» «Robert Courtland. Sono in lista d'attesa per l'accademia.» Bosch assentì. Quasi tutti gli agenti dei servizi di sicurezza di quella città erano in attesa di un lavoro da qualche parte nella polizia. Il fatto che Courtland, un nero, non fosse già all'accademia diceva a Bosch che c'era qualche problema nella sua domanda di arruolamento. Il dipartimento faceva sforzi sovrumani per attirare le minoranze nei suoi ranghi. Se Courtland era ancora in lista d'attesa doveva esserci qualche motivo contrario. Forse, pensò Bosch, aveva ammesso di aver fumato marijuana o non possedeva i requisiti minimi di istruzione, o magari aveva combinato qualcosa da ragazzo macchiando la fedina penale. «Chiuda gli occhi, Robert.» «Cosa?» «Chiuda semplicemente gli occhi e si rilassi. Pensi all'uomo che ha visto. Mi dica che aspetto ha.» Courtland fece come gli era stato chiesto e dopo qualche istante fornì una descrizione un po' vaga ma decisamente migliore. «È alto più o meno come l'avvocato Elias. Ma la testa è rasata. Proprio lucida. E porta anche uno di quei pizzi soul.» «Un pizzo soul?» «Sì, come una specie di barbetta sotto il labbro.» Riaprì gli occhi. «È tutto.» «È tutto?» disse Bosch in tono amichevole e canzonatorio. «Robert, come speri di diventare un poliziotto? Ci serve molto di più. Quanti anni ha questo tipo?» «Non lo so. Trenta o quaranta.» «È già qualcosa. Solo dieci anni di differenza. Magro? Grasso?» «Magro ma muscoloso. Insomma, un tipo ben piantato.» «Credo che stia descrivendo Michael Harris» disse Rider. Bosch la guardò. Harris era il querelante della causa "Black Warrior." «Quadrerebbe» disse Rider. «Il processo inizia lunedì. Probabilmente lavoravano fino a tardi in preparazione all'udienza.» Bosch annuì. Stava ormai per congedare Courtland, quando Janis Lan-
gwiser intervenne bruscamente sebbene stesse ancora leggendo l'ultimo foglio del mandato di perquisizione. «Penso che abbiamo un problema con il mandato.» Tutti la guardarono. «Okay, Robert» disse Bosch a Courtland. «Da qui in poi ce la caveremo da soli. Grazie dell'aiuto.» «Ne siete sicuri? Non volete che venga su con voi, che apra la porta o qualcos'altro?» «No, abbiamo la chiave. Ce la caveremo.» «Va bene, allora. Sono nella guardiola dietro le scale se vi serve qualcosa.» «Grazie.» Courtland si avviò nella direzione da cui era arrivato, ma poi si fermò e si girò. «Oh, farete meglio a non salire tutti e cinque sull'ascensore. Probabilmente il peso è troppo per quel vecchio arnese.» «Grazie, Robert» disse Bosch. Aspettò che il guardiano avesse fatto il giro della scala e fosse fuori vista. Quindi si voltò verso Janis Langwiser. «Signorina Langwiser, probabilmente fino ad oggi non si è trovata su molte scene del delitto» disse. «Ma eccole un consiglio. Mai annunciare che c'è un problema in un mandato di perquisizione davanti a qualcuno che non sia uno sbirro.» «Oh, cavolo! Mi dispiace, non volevo...» «Cosa c'è che non va nel mandato?» disse Dellacroce, con un tono che rivelava il suo malumore per l'implicita critica al suo lavoro. «Il giudice non ci ha trovato niente di sbagliato. Il giudice ha detto che andava bene.» Janis fissò gli occhi sul mandato nelle sue mani e lo sventolò, facendo frullare le tre pagine come un piccione in caduta libera. «Penso solo che con un caso simile convenga essere maledettamente sicuri di quello che si fa, prima di entrare là dentro e cominciare ad aprire pratiche che...» «Dobbiamo controllare quei documenti» proruppe Bosch. «Quasi tutti i principali sospetti saranno là dentro.» «Lo capisco. Ma sono incartamenti riservati relativi a denunce contro il dipartimento di polizia. Contengono informazioni private che soltanto un avvocato e il suo cliente dovrebbero conoscere. Non capisce? Qualcuno potrebbe obiettare che aprendo anche una sola pratica avete violato i diritti
dei clienti di Elias.» «Noi vogliamo soltanto trovare l'assassino di quell'uomo. Non ci interessano le sue cause in corso. Spero con tutta l'anima che il nome dell'assassino non sia in quelle pratiche e che non sia un poliziotto. Ma se invece ci fosse, se fosse un poliziotto, e se in quelle pratiche Elias avesse conservato copie o appunti sulle minacce? Se lui stesso, indagando per conto suo, avesse scoperto qualcosa sul conto di qualcuno che potrebbe rappresentare un movente per la sua uccisione? Lo vede, dobbiamo esaminare quelle carte.» «Tutto questo è comprensibile. Ma se in seguito un giudice stabilirà che la perquisizione era illegale, non potrete usare nulla di ciò che troverete lassù. Volete correre questo rischio?» Distolse il viso dagli altri e guardò verso l'ingresso. «Devo trovare un telefono e fare una chiamata per risolvere questa faccenda» disse. «Non posso ancora lasciarvi aprire l'ufficio. Non avrei la coscienza tranquilla.» Bosch sbuffò esasperato. Si diede segretamente dell'idiota per averla convocata troppo presto. Avrebbe dovuto fare semplicemente ciò che sapeva di dover fare e affrontare le conseguenze in seguito. «Tenga.» Aprì la valigetta e le allungò il suo cellulare. Lei chiamò il centralino della procura distrettuale e chiese di essere collegata con David Scheiman, il supervisore dell'Unità Crimini Maggiori. Dopo aver raggiunto Scheiman cominciò a riassumergli la situazione, mentre Bosch continuava ad ascoltare per essere certo che lei riferisse esattamente tutti i particolari. «Qui stiamo sprecando un sacco di tempo, Harry» gli sussurrò Rider. «Vuoi che vada a prelevare Michael Harris e faccia due chiacchiere con lui sulla notte scorsa?» Bosch fu quasi sul punto di acconsentire ma poi esitò, riflettendo sulle possibili conseguenze. Michael Harris aveva intentato una causa contro ben quindici membri della Divisione Rapine-Omicidi in un processo che aveva ricevuto un'enorme pubblicità e che sarebbe dovuto iniziare il lunedì seguente. Harris, dipendente di un autolavaggio con precedenti penali per furto con scasso e aggressione, chiedeva dieci milioni di dollari di danni sostenendo che agenti della Rapine-Omicidi avevano falsificato prove contro di lui, accusandolo del rapimento e omicidio di una bambina dodicenne che apparteneva a una famosa e ricca famiglia. Harris sosteneva che i detective lo a-
vevano sequestrato, trattenuto e torturato per tre giorni nell'intento di strappargli, oltre alla confessione, anche il luogo in cui si trovava la bambina scomparsa. La denuncia specificava che gli investigatori, frustrati dai ripetuti rifiuti di Harris di ammettere il proprio ruolo nel rapimento o di condurli alla bambina scomparsa, gli avevano infilato sacchetti di plastica sulla testa minacciando di soffocarlo. Il lavamacchine sosteneva inoltre che uno dei detective gli aveva spinto un oggetto appuntito - una matita Black Warrior n.2 - dentro l'orecchio perforandogli il timpano. Ma Harris non aveva mai confessato, e al quarto giorno di interrogatorio il corpo della bambina era stato scoperto ormai in decomposizione su un lotto di terreno in edificazione a un solo isolato dall'appartamento di Harris. Era stata stuprata e strangolata. L'omicidio era diventato uno dei numerosi crimini che regolarmente catturavano l'attenzione dell'opinione pubblica. La vittima era una bella bambina, bionda e con gli occhi azzurri, di nome Stacey Kincaid. Era stata rapita dal suo letto mentre dormiva nella grande e apparentemente sicura villa della famiglia a Brentwood. Era il genere di delitto che lanciava un messaggio agghiacciante alla città: nessuno è al sicuro. Già orribile di per sé, l'omicidio della bambina fu amplificato esponenzialmente dai media. All'inizio, fu a causa del nome della vittima e della sua provenienza. Era la figliastra di Sam Kincaid, rampollo di una famiglia che nella contea di Los Angeles possedeva più concessionarie d'auto di quante fosse possibile contarne su due mani. Sam era il figlio di Jackson Kincaid, lo "zar dell'auto" che aveva costruito la fortuna della famiglia partendo da una sola concessionaria Ford, ereditata dal padre dopo la seconda guerra mondiale. Come Howard Elias dopo di lui, Jack Kincaid aveva intuito il potenziale in termini di marketing della televisione locale, e negli anni Sessanta era diventato un'istituzione della pubblicità televisiva in tarda serata. Davanti alle telecamere esibiva una bonarietà campagnola, trasudando onestà e cordialità. Sembrava sincero e degno di fiducia quanto Johnny Carson, e appariva nei soggiorni e nelle camere da letto di Los Angeles altrettanto spesso. Se la città era «il regno dell'automobile», allora Jack Kincaid ne era indubbiamente il sindaco effettivo. Lontano dalle telecamere, lo zar dell'auto era un astuto commerciante che giocava sempre su entrambi i lati dello spartiacque politico ed eliminava senza pietà i concorrenti dal mercato. La sua dinastia crebbe rapidamente, con i saloni che si spargevano a macchia d'olio attraverso il panorama della California meridionale. Negli anni Ottanta il soprannome di zar
dell'auto passò a suo figlio. Tuttavia il vecchio rimase una potenza, anche se per lo più invisibile. E sul suo potere c'erano pochi dubbi, soprattutto quando la piccola Stacey Kincaid scomparve e il vecchio Jack fece ritorno in TV, ma stavolta per apparire nei notiziari offrendo una ricompensa di un milione di dollari per il suo ritorno a casa sana e salva. Fu un altro episodio surreale nel folclore omicida di Los Angeles. Il vecchio della TV con il quale tutti erano cresciuti era tornato in onda un'altra volta e supplicava in lacrime per la vita della nipotina. Fu tutto inutile. E la ricompensa e le lacrime del vecchio finirono in niente non appena la ragazzina venne ritrovata morta da alcuni passanti su quel terreno incolto vicino all'appartamento di Michael Harris. Il caso diventò un processo basato esclusivamente sulla presenza delle impronte di Harris nella camera da letto della bambina e sulla vicinanza del luogo del ritrovamento del cadavere al suo appartamento. Il processo tenne inchiodata la città davanti ai televisori, con servizi trasmessi in diretta ogni giorno da Court TV e dai notiziari locali. Il difensore di Harris, John Penny, un avvocato esperto quanto Elias nel manipolare le giurie, elaborò una difesa che attaccava la vicinanza del luogo del ritrovamento come coincidenza, mentre la presenza delle impronte - trovate sopra uno dei libri di scuola della bambina - sarebbero state una pura e semplice montatura architettata dal Dipartimento di Polizia di Los Angeles. Tutto il potere e il denaro che i Kincaid avevano accumulato nel corso di generazioni non bastarono a contrastare l'ondata di odio verso la polizia e le connotazioni razziali del caso. Harris era nero, i Kincaid e la polizia e la pubblica accusa erano bianchi. L'accusa contro Harris fu inquinata senza scampo quando Penny ottenne quello che molti giudicarono un commento razzista espresso da Jack Kincaid durante la sua testimonianza. Dopo che il vecchio Kincaid ebbe elencato le sue svariate rivendite di automobili, Penny gli chiese perché mai nessuno dei suoi autosaloni si trovasse nella zona dei neri: South Central. Senza esitazioni, e prima che l'accusa potesse sollevare obiezione per la non pertinenza della domanda, Kincaid rispose che non avrebbe mai aperto un'attività commerciale in una zona i cui abitanti avevano propensione a scatenare sommosse. Disse di aver preso questa decisione dopo i disordini di Watts nel 1965, e che aveva trovato conferma alla sua buona intuizione nelle sommosse più recenti del 1992. La domanda e la risposta non avevano nulla a che fare con l'omicidio di una bambina dodicenne, ma si rivelarono il punto di svolta del processo. In interviste successive i giurati dissero che la risposta di Kincaid era sinto-
matica delle profonde lacerazioni razziali della città. Con quella risposta, la compassione si era spostata dalla famiglia Kincaid a Harris. L'accusa era condannata. La giuria assolse Harris in quattro ore. Allora Penny passò il caso al suo collega, Howard Elias, per l'azione civile, e Harris prese il suo posto accanto a Rodney King nel pantheon delle vittime dei diritti civili e degli eroi di South Central. Molti di questi eroi erano in realtà solo il prodotto preconfezionato da avvocati astuti e da media assetati. Ma, qualunque cosa fosse Harris, ora voleva essere pagato: una causa per violazione dei diritti civili valeva bene dieci milioni di dollari! Malgrado il verdetto e tutta la retorica annessa, Bosch non credeva alle pretese d'innocenza di Harris né alla brutalità della polizia. Uno dei detective che Harris aveva accusato direttamente di brutalità era stato collega di Bosch ai tempi della Rapine-Omicidi: Frankie Sheehan. E Bosch sapeva che Sheehan era un autentico professionista nel trattamento di indagati e detenuti. Quindi Bosch riteneva Harris un bugiardo e un assassino che era riuscito a farla franca dopo il suo delitto. Non avrebbe avuto alcuna esitazione a fermarlo e portarlo giù alla centrale per interrogarlo sull'omicidio di Howard Elias. Ma Bosch sapeva anche che fermando adesso Harris avrebbe corso il rischio di aggravare ulteriormente i presunti torti da lui subiti... almeno agli occhi di molta opinione pubblica e dei media. Quella che doveva prendere era dunque soprattutto una decisione politica. «Devo pensarci un momento» disse quindi a Rider. Si allontanò per conto suo nell'atrio. Il caso era molto più pericoloso di quanto avesse immaginato. Ogni passo falso poteva condurre a un disastro: un disastro per le indagini, per il dipartimento, per molte carriere. Si chiese se Irving se ne fosse reso conto quando aveva scelto la sua squadra. Forse, pensò, i complimenti di Irving erano solo un paravento dietro cui si celava il vero motivo... lasciare Bosch e la sua squadra a penzolare nudi al vento. Bosch capì che rischiava di scivolare nella paranoia. Era poco probabile che il vicecapo avesse architettato un piano simile così in fretta, o che fosse interessato in modo particolare alla squadra di Bosch quando la posta in gioco era ben più importante di qualsiasi squadra. Bosch guardò in alto e vide che ora il cielo era molto più luminoso. Sarebbe stata una giornata calda e piena di sole. «Harry?» Si girò. Era Rider. «Quella ha finito.»
Lui tornò dal gruppo e Janis Langwiser gli restituì il cellulare. «Non vi farà molto piacere saperlo» disse. «Dave Scheiman vuole nominare un consulente speciale per dare un'occhiata alle pratiche prima di voi.» «Un consulente speciale?» chiese Dellacroce. «Chi diavolo è?» «È un avvocato» disse Janis Langwiser. «Un giudice nominerà un avvocato indipendente che controllerà le pratiche. Verrà assunto per proteggere i diritti di quei clienti pur consentendo a voi altri di condurre le indagini. O almeno, speriamo.» «Merda» disse Bosch, cedendo infine alla frustrazione che gli ribolliva dentro. «Perché non smettiamo semplicemente di occuparcene e molliamo questo dannato caso? Se all'ufficio della procura non interessa risolverlo, allora non interessa nemmeno a noi.» «Detective Bosch, lei sa che non è così. Naturalmente a noi interessa. Però vogliamo che tutto sia fatto nel modo più corretto e sicuro. Il vostro mandato è ancora perfettamente valido per la perquisizione dell'ufficio. Scheiman ha detto che potete perfino spulciare le pratiche dei casi già giudicati... cosa che sono certa vorrete fare. Ma il consulente speciale dovrà controllare per primo tutte le cause ancora aperte. Se lo ricordi: questa persona non è un vostro avversario. Vi darà il permesso di consultare tutto quello che avete il diritto di vedere.» «E questo quando accadrà? La settimana prossima? Fra un mese?» «No. Scheiman se ne occuperà subito, da questa mattina. Chiamerà il giudice Houghton, lo informerà della situazione e gli chiederà se può segnalare qualcuno per il ruolo di consulente speciale. Con un po' di fortuna la nomina verrà fatta già oggi, e questo pomeriggio potrete avere quello che vi serve dagli archivi di Elias. Domani, al massimo.» «Domani al massimo è troppo tardi. Noi dobbiamo stare continuamente in movimento in questo caso.» «Già» sogghignò Chastain. «Non lo sa che un'indagine è come uno squalo? Deve continuare a...» «Va bene, Chastain» lo interruppe Bosch. «Ascolti» disse Janis. «Farò in modo che Dave comprenda l'urgenza della situazione. Nel frattempo dovrete solo avere un po' di pazienza. Ora, vuole che restiamo ancora qui a discuterne o preferisce che saliamo di sopra a cercare quanto consentito nell'ufficio?» Bosch la fissò per un lungo istante, infastidito dal suo tono di rimprovero. L'istante terminò quando il telefono che teneva in mano squillò. Era
Edgar, e bisbigliava. Bosch premette una mano contro l'altro orecchio per riuscire a sentirlo. «Non ho capito. Cos'hai detto?» «Harry, sono nel bagno. Non c'è nessuna agenda telefonica in quel comodino. Li ho controllati tutti e due. Non c'è.» «Cosa?!» «L'agenda telefonica, amico, non c'è.» Bosch guardò Chastain, che lo stava guardando a sua volta. Si girò e si allontanò di qualche passo per non essere sentito dagli altri. Poi sussurrò a Edgar. «Ne sei sicuro?» «Certo che ne sono sicuro. L'avrei trovata se c'era.» «Sei entrato per primo in camera da letto?» «Esatto. Sono stato il primo. E ti dico che non c'è.» «Sei nella camera sulla destra scendendo il corridoio?» «Sì, Harry, sono nel posto giusto. Però qui non c'è.» «Merda!» «Cosa vuoi che faccia?» «Niente. Continua la perquisizione.» Bosch richiuse il cellulare e lo mise in tasca. Tornò verso gli altri. Cercò di comportarsi con calma, come se la telefonata fosse stata solo un fastidio di poca importanza. «Okay, saliamo e vediamo cosa possiamo fare di sopra.» Si avvicinarono all'ascensore, che era una gabbia aperta in ferro battuto con decorazioni floreali e finiture interne in ottone lucidato. «Meglio che porti su prima le signore» disse Bosch a Dellacroce. «Noi saliamo dopo. Così il peso dovrebbe essere distribuito in modo uniforme.» Tolse di tasca il mazzo delle chiavi di Elias e lo allungò a Rider. «La chiave dell'ufficio dovrebbe essere una di queste» disse. «E per il momento lascia perdere quell'altra faccenda di Harris. Prima vediamo cosa c'è nell'ufficio.» «D'accordo, Harry.» Entrarono in ascensore e Dellacroce chiuse la porta a soffietto. L'ascensore partì con un sobbalzo. Non appena ritenne che nessuno potesse vederlo, Bosch si girò verso Chastain. L'ira e la frustrazione per tutto ciò che stava andando storto ebbero la meglio su di lui. Lasciò cadere la valigetta e con entrambe le mani agguantò Chastain per il bavero della giacca. Lo spinse rudemente contro la gabbia metallica dell'ascensore e parlò con vo-
ce bassa, cupa e piena di rabbia. «Dio ti stramaledica, Chastain! Te lo chiedo una volta sola: dov'è finita quella fottuta agenda?» Il viso di Chastain si fece scarlatto e i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa. «Cosa? Di cosa cazzo stai parlando?» Sollevò le mani e cercò di liberarsi dalla presa di Bosch, ma Harry non mollò la stretta appoggiando tutto il suo peso contro di lui. «L'agenda telefonica nell'appartamento. So che l'hai presa tu e la rivoglio. La voglio adesso.» Finalmente Chastain riuscì a liberarsi, sia pure con giacca, camicia e cravatta scomposte. Indietreggiò come spaventato da Bosch e cercò di sistemarsi gli abiti. Poi gli puntò contro un dito. «Stai lontano da me! Ti sei bevuto il cervello? Non ho nessuna, agenda. L'avevi tu. Ti ho visto rimetterla in quel dannato comodino vicino al letto.» Bosch fece un passo verso di lui. «L'hai presa tu. Quando ero sul...» «Ti ho detto di starmi lontano! Io non l'ho presa. Se non è là, allora qualcuno è entrato dopo che ce ne siamo andati e se l'è presa.» Bosch si fermò. Era una spiegazione ovvia ma non gli aveva neppure sfiorato la mente. Aveva istintivamente pensato a Chastain. Abbassò gli occhi sul pavimento, imbarazzato perché aveva permesso a vecchi rancori di offuscare le sue capacità di giudizio. Sentì la porta dell'ascensore aprirsi al quinto piano. Sollevò gli occhi, fissò Chastain con occhi gelidi e gli puntò un dito contro il viso. «Se scopro che è andata diversamente, Chastain, giuro che ti faccio a pezzi.» «Fottiti! Non ho preso io quell'agenda. Ma mi prenderò il tuo distintivo per questo.» Bosch sorrise, ma senza alcun calore. «Avanti. Provaci, Chastain. Ogni volta che avrai l'occasione di poter prendere il mio distintivo sarai libero di farlo.» 11 Quando Bosch e Chastain arrivarono al quinto piano, gli altri erano già dentro lo studio legale di Howard Elias. Lo studio consisteva in pratica di tre stanze: un ingresso con la scrivania di una segretaria, una stanza di
mezzo con la scrivania di un impiegato e due pareti ricoperte di scaffalature metalliche, e infine la terza stanza, quella più grande: l'ufficio di Elias. Mentre Bosch e Chastain attraversavano le stanze gli altri rimasero silenziosi evitando di guardarli. Era chiaro che salendo erano giunti loro i rumori del diverbio nell'atrio. Bosch se ne infischiava. Si era già lasciato alle spalle l'alterco con Chastain e stava pensando alla perquisizione. Sperava di trovare negli uffici qualcosa in grado di indirizzare l'indagine, una traccia specifica da seguire. Percorse le tre stanze facendo osservazioni generiche. Nell'ultima notò che dalle finestre dietro l'ampia scrivania di legno di Elias si vedeva il viso gigantesco di Anthony Quinn. Faceva parte di una decorazione murale, che ritraeva l'attore con le braccia spalancate sul muro di mattoni dell'edificio di fronte al Bradbury. Rider entrò nell'ufficio dietro di lui. Guardò anche lei dalla finestra. «Sai che tutte le volte che sono da queste parti lo vedo e mi chiedo chi è?» «Vuoi dire che non lo sai?» «César Chàvez?» «Ma no, Anthony Quinn! L'attore.» Lei rimase in silenzio. «Troppo vecchio per la tua generazione, immagino. In quel murale è chiamato il Papa della Broadway, perché è come se stesse abbracciando tutti i vagabondi senzatetto della zona.» «Oh, capisco.» Non sembrava molto colpita. «Come vuoi procedere?» Bosch stava ancora fissando il murale. Gli piaceva, anche se faceva un po' fatica a vedere Anthony Quinn nei panni di una specie di nuovo Cristo. Ma il murale sembrava aver catturato qualcosa di profondo, un forte e ruvido potere emotivo. Bosch si accostò alla finestra e guardò in basso. Vide le sagome di due vagabondi che dormivano sotto coperte fatte di giornali e cartoni nel parcheggio ai piedi del murale. Le braccia di Anthony Quinn erano allargate sopra di loro. Bosch annuì. Il murale era una delle piccole cose che gli facevano amare il centro città, Downtown. Come il Bradbury e Angels Flight. C'erano ancora frammenti di grazia qua e là, per chi sapeva guardare. Si girò. Chastain e Janis erano entrati nell'ufficio dietro Rider. «Io lavorerò qui dentro. Kiz e Janis, voi due prendete la stanza dell'archivio.» «E noi?» disse Chastain. «Io e Del ci facciamo la scrivania della segretaria?»
«Sì, e già che ci siete, cercate il suo nome e quello dell'assistente o impiegato. Dobbiamo parlare con loro entro oggi.» Chastain annuì, ma Bosch vide che era infastidito per aver avuto l'incarico più marginale. «Aspettate» aggiunse Bosch. «Prima sarà meglio che andiate fuori a recuperare qualche scatolone. Dovremo portarci via parecchie pratiche.» Chastain lasciò l'ufficio senza dire una parola. Bosch lanciò un'occhiata a Rider e vide che lei lo guardava con un'espressione strana. «Cosa c'è?» «Niente. Vado in archivio.» Uscì, lasciando soli Janis e Bosch. «Tutto a posto, detective?» «Tutto a posto. Ora devo mettermi al lavoro, e fare quanto posso in attesa che arrivi il vostro consulente speciale.» «Senta, mi dispiace. Ma lei mi ha chiamato qui per avere consigli e il mio consiglio è questo. Sono ancora convinta che sia il modo migliore di procedere.» «Be', staremo a vedere.» Per quasi un'ora Bosch perquisì metodicamente la scrivania di Elias, esaminando gli oggetti dell'avvocato, i documenti e l'agenda degli appuntamenti. Buona parte del tempo la passò a leggere una serie di taccuini sui quali Elias aveva appuntato dei promemoria, liste di cose da fare, disegni a matita e note di varie telefonate. Ogni taccuino era datato sulla copertina. Sembrava che Elias riempisse le pagine di un taccuino più o meno in una settimana, con quelle sue voluminose annotazioni e i ghirigori. Bosch non trovò nulla che balzasse agli occhi come utile all'indagine. Ma sapeva che conoscendo così poco le circostanze dell'omicidio di Elias, qualcosa che ora poteva sembrare insignificante su quei taccuini poteva rivelarsi importante in seguito. Prima di mettersi a sfogliare il taccuino più recente, Bosch fu interrotto da un'altra telefonata di Edgar. «Harry, hai detto che c'era un messaggio sulla segreteria telefonica?» «Esatto.» «Non c'è più.» Bosch si appoggiò all'indietro sulla poltrona di Elias e chiuse gli occhi. «Dannazione!» «Sì, è stata ripulita. Ci ho pasticciato un po' e ho visto che non è un na-
stro. I messaggi sono registrati su un microchip. Il chip è stato cancellato.» «Okay» ribatté Bosch, iroso. «Continua a frugare. Quando avete finito, chiedi al custode chi è entrato e uscito da quel posto. Controlla se hanno qualche videocamera di sorveglianza nell'atrio o nel parcheggio sotterraneo. Qualcuno è entrato lì dopo che io ne sono uscito.» «E Chastain? Lui era con te, no?» «Non sono preoccupato per Chastain.» Richiuse il cellulare e si alzò, andando alla finestra. Odiava la sensazione che si sentiva crescere dentro. Era costretto a mettersi lui al passo con il caso, invece del contrario. Espirò con forza, poi tornò alla scrivania e all'ultimo taccuino di Elias. Sfogliandolo, incontrò diversi appunti che riguardavano un cosiddetto "Parker". Bosch non pensò che fosse il nome di una persona reale, ma piuttosto il nome in codice di qualcuno all'interno del Parker Center. Le annotazioni erano per lo più elenchi di domande che Elias sembrava intenzionato a porre a "Parker", ma c'erano anche quelli che sembravano appunti su conversazioni con questo personaggio. Erano quasi tutti in forma abbreviata o in una versione stenografica personale che rendeva difficile la decifrazione. Però in alcuni casi gli parvero abbastanza chiari. Un'annotazione sembrava confermare che Elias avesse una fonte molto bene informata all'interno del Parker Center. PARKER: AVERE TUTTI I 51 NON COMPROVATI 1. SHEEHAN 2. COBLENZ 3. ROOKER 4. STANWICK Bosch riconobbe i nomi come quelli di quattro detective della RapineOmicidi che figuravano fra gli imputati del "caso Black Warrior". Elias voleva tutti i 51 rapporti - ovvero gli esposti presentati dai cittadini - sui quattro agenti. Più esattamente, Elias voleva i casi non comprovati, cioè era interessato agli esposti contro quei quattro ma sui quali gli Affari Interni avevano indagato senza trovare elementi di prova. Sulla base di una precisa politica del dipartimento, questi esposti venivano rimossi dalle pratiche personali degli agenti e quindi risultavano irraggiungibili anche alle ingiunzioni di un avvocato come Elias. L'annotazione sul taccuino diceva a
Bosch che in qualche modo Elias sapeva che esistevano precedenti esposti non comprovati contro quei quattro e che lui disponeva di una talpa al Parker Center in grado di avere accesso alle vecchie pratiche su di loro. La prima deduzione non era strepitosa: tutti i poliziotti avevano accuse non comprovate a loro carico. Faceva parte del mestiere. Ma che ci fosse qualcuno in grado di accedere a quel genere di pratiche era un discorso ben diverso. Se Elias disponeva di una fonte simile, questa era una persona maledettamente ben piazzata. Uno degli ultimi riferimenti a Parker nel taccuino sembrava consistere in appunti su una conversazione, che Bosch ipotizzò fosse stata una telefonata ricevuta da Elias in ufficio. Ne risultava che Elias aveva dei problemi con la sua fonte. PARKER NON VUOLE RISCHIO/ESPORSI FORZARE LA SITUAZIONE? Che cosa non voleva fare "Parker"? Consegnare le pratiche che Elias gli chiedeva? "Parker" pensava che facendo pervenire le pratiche a Elias avrebbe corso il rischio di esporsi come sua fonte? Era troppo poco perché Bosch potesse trarre qualche conclusione. E ne sapeva troppo poco anche per capire cosa volesse dire quel "forzare la situazione?". Non aveva modo di sapere se qualcuno di quegli appunti riguardasse l'uccisione dell'avvocato. Tuttavia, Bosch era molto interessato. Elias, una delle più violente e famose voci critiche nei confronti del dipartimento, aveva una talpa al Parker Center. Quindi la polizia aveva un traditore in seno, e saperlo era molto importante. Bosch infilò l'ultimo taccuino nella valigetta. Si chiese se le scoperte fatte con l'aiuto di quegli appunti, potessero essere definite da Janis Langwiser una violazione dei rapporti riservati avvocato-cliente. Dopo averci rimuginato per pochi istanti decise che non sarebbe andato a chiederle un'interpretazione legale in merito. Continuò la perquisizione. Bosch girò la poltrona verso un tavolo laterale che reggeva un personal computer e una stampante laser. Le macchine erano spente. C'erano due ripiani estraibili sotto il tavolo. Quello superiore reggeva la tastiera, mentre su quello inferiore stavano articoli di cancelleria ricoperti da una cartellina di cartone. Bosch aprì la cartella. Dentro c'era la stampata a colori da un computer, che riproduceva una foto con una donna piuttosto discinta. La
stampata aveva due pieghe, a indicare che una volta era stata piegata. La foto in sé non possedeva la qualità tecnica delle riviste porno in vendita nei chioschi di giornali. Sembrava qualcosa di amatoriale, con un'illuminazione disposta male. La donna nella foto era una bianca e aveva capelli corti, fra il biondo e il bianco platino. Portava stivali di pelle fino alla coscia, con tacchi a spillo e un ridottissimo perizoma, nient'altro. Era in piedi con la schiena rivolta all'obiettivo, un piede appoggiato su una sedia e il viso parzialmente girato. C'era il tatuaggio di un nastro e un arco al centro del fondoschiena, appena sopra le natiche. Sul bordo inferiore della foto, Bosch notò anche un appunto scritto a mano: http://www.girlawhirl.com/gina Bosch non se ne intendeva molto di computer ma sapeva che quello era un indirizzo Internet. «Kiz?» chiamò. Rider era l'esperta di computer della sua squadra. Prima di arrivare alla omicidi della Divisione Hollywood aveva lavorato con una squadra antitruffe alla Divisione Pacific. Gran parte del lavoro che vi aveva svolto riguardava i computer. Entrò dalla stanza dell'archivio e lui le fece un cenno da dietro la scrivania. «Come procede là fuori?» «Be', stiamo solo ammucchiando pratiche. La tipa non vuole farmi guardare niente finché non arriverà il consulente speciale. Spero che Chastain ritorni con molte scatole perché avremo... quello cos'è?» Stava guardando la cartella aperta e la stampa della procace donna bionda. «Era qui. Dai un'occhiata. Sopra c'è un indirizzo.» Rider girò intorno alla scrivania e osservò la stampa. «È una pagina web.» «Giusto. Quindi, adesso come facciamo ad aprirla sul computer per dare un'occhiata?» «Fammi sedere.» Bosch si alzò e Rider si sistemò davanti al computer. Bosch si spostò dietro la poltrona e la guardò accendere il computer e aspettare che caricasse il sistema operativo. «Vediamo che provider Internet aveva» disse lei. «Hai trovato qualche intestazione in giro?»
«Cosa?» «Un'intestazione. Carta da lettere. A volte la gente ci fa stampare il proprio indirizzo e-mail. Se troviamo l'indirizzo e-mail di Elias siamo già a metà strada.» Adesso Bosch capì. Non aveva visto nessun foglio di carta intestata durante la sua perquisizione. «Aspetta.» Raggiunse l'ingresso e chiese a Chastain, che sedeva dietro la scrivania della segretaria, se aveva visto della carta intestata. Chastain aprì un cassetto e gli indicò una confezione aperta di carta da lettere. Bosch prese il primo foglio. Rider aveva visto giusto. L'indirizzo e-mail di Elias era stampato sotto l'indirizzo postale, al centro del bordo superiore della pagina. [email protected] Bosch tornò nell'ufficio di Elias con il foglio. Entrando notò che Rider aveva chiuso la cartella che conteneva la foto stampata della donna bionda. Bosch capì che per lei doveva essere imbarazzante. «Ce l'ho» disse. Lei guardò il foglio che Bosch posò sul tavolino accanto al computer. «Bene. Questo è il nome dell'utente. Adesso ci serve la sua password. Ha protetto l'intero computer con una parola chiave.» «Merda!» «Be'» disse lei mentre cominciava a battere sulla tastiera, «quasi tutti scelgono qualcosa di abbastanza facile... in modo da non dimenticarla.» Smise di battere e guardò lo schermo. Il cursore si era trasformato in una minuscola clessidra. Poi sul monitor comparve un messaggio che notificava a Rider l'uso di una password errata. «Cos'hai usato?» chiese Bosch. «La sua data di nascita. Dalla famiglia ci sei andato tu, vero? Come si chiama la moglie?» «Millie.» Rider inserì il nome e pochi secondi dopo ottenne lo stesso messaggio di rifiuto. «E il figlio?» chiese Bosch. «Si chiama Martin.» Rider non sfiorò neppure la tastiera. «Cosa c'è?»
«Molte di queste protezioni ti concedono solo tre tentativi. Se non ce la fai al terzo, tutto il sistema si blocca automaticamente.» «Per sempre?» «No. Per il periodo che Elias avrà stabilito. Possono essere quindici minuti, un'ora o anche di più. Pensiamoci un attimo prima di...» «C-D-P-L-A.» Rider e Bosch si girarono. Sulla porta dell'ufficio c'era Chastain. «Cosa?» chiese Bosch. «È la password: C-D-P-L-A. Che vuol dire: Contro il Dipartimento di Polizia di Los Angeles.» «E tu come lo sai?» «La segretaria l'ha scritta sotto il tampone di carta assorbente. Credo che anche lei usasse il computer.» Bosch osservò in silenzio Chastain per un attimo. «Harry?» disse Rider. «Devo provarci?» «Proviamo» disse Bosch, sempre fissando Chastain. Poi si girò e guardò la sua partner che digitava la password. La clessidra ammiccò velocemente, poi lo schermo cambiò e cominciarono ad apparire varie icone su uno sfondo di cielo azzurro e nuvole bianche. «Siamo entrati» disse Rider. Bosch lanciò un'altra occhiata a Chastain. «Bel colpo.» Poi tornò a guardare lo schermo, mentre Rider batteva sui tasti e manovrava in mezzo a icone, files e programmi, il tutto abbastanza oscuro e complicato per lui, utile solo a rammentargli quanto fosse un troglodita in informatica. «Dovresti sul serio imparare questa roba, Harry» disse Rider come se avesse ascoltato i suoi pensieri. «È più facile di quello che sembra.» «Perché dovrei farlo quando ho te? Cosa stai combinando, comunque?» «Sto dando un'occhiata in giro. Dovremo parlarne a Janis. Ci sono un sacco di files i cui nomi corrispondono a pratiche. Non so se possiamo aprirli adesso, prima che...» «Non perdere tempo con quello» la interruppe Bosch. «Puoi entrare in Internet?» Rider fece qualche altro movimento con il mouse, poi inserì il nome dell'utente e la password in due righe bianche apparse sullo schermo. «Mi sto collegando a lawyerlink» disse. «Speriamo che la stessa password funzioni, così potremo arrivare alla pagina web della signora...»
«Quale signora?» chiese Chastain. Bosch prese la cartella dalla scrivania e la consegnò chiusa a Chastain. L'agente degli Affari Interni l'aprì, sbirciò la foto e fece un sorrisetto. Bosch tornò a osservare lo schermo. Rider si era collegata a lawyerlink, usando il nome utente di Elias. «Com'è quell'indirizzo?» Chastain glielo lesse mentre lei batteva sulla tastiera. Poi lei pigiò il tasto di Invio e tutti e tre aspettarono. «Questo è l'indirizzo specifico di una pagina all'interno di un sito web più grande» disse Rider. «Quello che vedremo è la pagina di Gina.» «Vuoi dire che si chiama così? Gina?» «Così sembra.» Mentre lo diceva, la foto della stampata apparve sullo schermo. Sotto c'erano informazioni sui servizi offerti dalla donna e su come contattarla. Sono Madame Regina. Sono una dominatrice per natura e offro schiavitù di ogni genere, umiliazioni, femminilità forzata, addestramento di schiavi e benedizioni dorate. Altri tormenti disponibili su richiesta. Chiamatemi subito. Sotto le informazioni c'erano un numero telefonico, un numero di cercapersone e un indirizzo e-mail. Bosch li annotò sul taccuino che tolse di tasca. Poi tornò a guardare lo schermo e vide che c'era anche un pulsante blu contrassegnato con la lettera A. Stava per chiedere a Rider cosa volesse dire quel pulsante, quando Chastain emise un suono disgustato con la bocca. Bosch si girò a guardarlo, e l'agente degli Affari Interni scrollò la testa. «Probabilmente a quel bastardo si rizzava stando in ginocchio davanti a quella troia» disse Chastain. «Chissà se il reverendo Tuggins e i suoi amici giù alla SCCA lo sanno.» Si riferiva a un'associazione chiamata South Central Churches Association, un gruppo di chiese diretto da Tuggins che sembrava sempre pronto a rispondere ai richiami di Elias quando all'avvocato serviva mostrare ai media l'indignazione di South Central per le brutalità poliziesche. «Non sappiamo se ha incontrato quella donna, Chastain» disse Bosch. «Oh, l'ha incontrata di certo. Altrimenti perché si teneva questa roba a portata di mano? Dammi retta, Bosch: se Elias si era infilato in questo lurido commercio non possiamo sapere fin dove si è spinto. Anche questa è una pista investigativa più che legittima, lo sai.»
«Non preoccuparti, controlleremo ogni cosa.» «Su questo hai dannatamente ragione.» «Uh» disse Rider, interrompendoli. «C'è un pulsante audio.» Bosch guardò lo schermo. Rider aveva spostato il cursore sopra il pulsante blu. «Cosa vuoi dire?» chiese. «Credo che si possa sentire dal vivo Madame Regina.» Cliccò con il cursore sul pulsante. Il computer scaricò un file audio e cominciò a trasmetterlo. Una voce densa e profonda uscì dalle piccole casse acustiche del computer. «Sono Madame Regina. Se verrete da me scoprirete il segreto della vostra anima. Insieme, riveleremo l'autentica sottomissione grazie alla quale conoscerete la vostra vera identità e potrete raggiungere la liberazione che non trovate altrove. Vi plasmerò. Vi dominerò. Vi aspetto. Chiamatemi subito.» Rimasero tutti in silenzio per qualche secondo. Bosch guardò Chastain. «Ti sembra lei?» «Lei chi?» «La donna registrata nella segreteria dell'appartamento.» Chastain afferrò di colpo la possibilità e rimase silenzioso a pensarci. «Quale segreteria?» chiese Rider. «Possiamo risentirla?» chiese Bosch. Rider cliccò di nuovo sul pulsante. Bosch aspettò che la registrazione terminasse. «Una donna ha lasciato un messaggio sulla segreteria nell'appartamento di Elias. Non era sua moglie. Ma credo che non fosse nemmeno questa voce.» Guardò di nuovo Chastain. «Non lo so» disse l'agente degli Affari Interni. «Potrebbe essere lei. Se sarà necessario, potremo fare un confronto in laboratorio.» Bosch esitò, osservando Chastain alla ricerca di qualche indizio per capire se era al corrente della cancellazione del messaggio telefonico. Ma non notò nulla. «Cosa c'è?» chiese Chastain, a disagio sotto lo sguardo fisso di Bosch. «Niente» disse Bosch. Si girò verso lo schermo del computer. «Hai detto che questa pagina fa parte di un sito web più grande» disse a Rider. «Possiamo dargli un'occhiata?»
Rider non rispose. Si mise semplicemente al lavoro con la tastiera. Dopo pochi istanti la schermata cambiò e videro formarsi l'immagine di una gamba femminile in calza di nylon. Sotto c'era una scritta. BENVENUTI A GIRLAWHIRL Catalogo di servizi intimi, sensuali ed erotici nella California Meridionale Ancora più sotto c'era un indice del contenuto con il quale l'utente poteva scegliere elenchi di donne che offrivano svariati servizi, dal massaggio sensuale all'accompagnamento serale, fino alla dominazione femminile. Rider cliccò con il mouse su quest'ultima voce e una nuova schermata mostrò riquadri con i nomi delle signore, seguiti da un prefisso telefonico. «È un dannato bordello su Internet!» disse Chastain. Bosch e Rider non aprirono bocca. Rider spostò il cursore sul riquadro contrassegnato Madame Regina. «Questa è la directory» disse. «Basta scegliere la pagina che si vuole e fare un clic.» Cliccò con il mouse e la pagina di Regina apparve di nuovo. «Una donna bianca» commentò Chastain con voce soddisfatta. «Benedizioni dorate da una donna bianca. Scommetto che neanche di questo saranno molto soddisfatti nel South Side.» Rider si girò e lanciò un'occhiata dura a Chastain. Stava per dire qualcosa, quando i suoi occhi si spalancarono per fissare qualcosa dietro il detective degli Affari Interni. Bosch se ne accorse e girò a sua volta la testa. Ferma sulla soglia dell'ufficio c'era Janis Langwiser. Accanto a lei, una donna che Bosch riconobbe dalle foto sui giornali e dalle apparizioni televisive. Una donna molto bella con la pelle liscia color caffelatte, tipica dei meticci. «Un momento» disse Bosch a Janis. «Questa è un'indagine su un omicidio. Lei non può entrare qui e...» «Sì, detective Bosch, lei può» disse Janis Langwiser. «Il giudice Houghton ha appena nominato il consulente speciale per questo caso. Sarà lei a controllare le pratiche prima di noi.» A questo punto la donna entrò nell'ufficio, sorrise, ma senza alcun calore, e sollevò la mano perché lui gliela stringesse. «Detective Bosch» gli disse. «È un piacere conoscerla. Spero che potremo collaborare proficuamente su questo caso. Io sono Carla Entrenkin.»
Aspettò qualche istante ma nessuno aprì bocca. Allora continuò. «E ora, la prima cosa che lei e i suoi uomini dovete fare è uscire da questo ufficio.» 12 Fuori dall'ingresso del Bradbury gli investigatori camminarono a mani vuote verso le loro auto. Bosch era ancora arrabbiato, sebbene meno iroso. Camminò lentamente permettendo a Chastain e Dellacroce di raggiungere per primi la loro macchina. Mentre li guardava allontanarsi lungo Bunker Hill per tornare a California Plaza, aprì la portiera del passeggero della bicolore di Kiz ma non salì. Si piegò per guardare all'interno la collega che si stava allacciando la cintura. «Vai pure avanti, Kiz. Ci troviamo là.» «Vai a piedi?» Bosch annuì e guardò l'orologio. Erano le otto e trenta. «Prenderò Angels Flight. Ormai dovrebbero avere riaperto la funicolare. Quando arrivi lassù sai cosa fare. Metti tutti a bussare alle porte.» «Okay, ci vediamo là. Vuoi tornare su e parlarle di nuovo?» «Con la Entrenkin? Sì, penso che lo farò. Hai ancora le chiavi di Elias?» «Certo.» Le recuperò dalla borsa e le consegnò a Bosch. «C'è qualcos'altro che devo sapere?» Bosch esitò per un attimo. «Non ancora. Ci vediamo lassù.» Rider avviò il motore. Lanciò un'ultima occhiata a Bosch, inserì la marcia ma non si avviò. «Harry, stai bene?» «Sì, sto bene.» Annuì. «È solo questo caso... Prima ci rifilano Chastain: sono anni che quello stronzo mi sta sullo stomaco. Adesso ci ritroviamo fra i piedi Carla I'mthinkin'. Era già una da evitare prima di sapere che avrebbe tenuto d'occhio il caso. Adesso ne fa addirittura parte. Non mi piace la politica, Kiz. A me piace solo rimettere insieme i pezzi dei miei casi.» «Non mi riferivo a questo. È da quando ci siamo visti questa mattina a Hollywood che sembri avere un'aria strana. Non ti va di parlarne?» Lui fu sul punto di assentire. «Magari più tardi, Kiz» disse invece. «Adesso abbiamo un lavoro urgente.» «D'accordo, ma di questo passo comincerò a stare in pensiero per te,
Harry. Non è il momento di pensare ad altro, hai ragione, ma se sei distratto, anche noi faremo lo stesso e non arriveremo da nessuna parte con questa storia. Non è uno dei soliti casi: come hai detto anche tu, stavolta abbiamo addosso gli occhi di troppa gente.» Bosch annuì di nuovo. Il fatto che lei avesse notato il suo stato d'animo era una conferma della sua abilità come investigatrice. Saper leggere nelle persone era sempre più importante che saper leggere tecnicamente gli indizi. «Ti capisco, Kiz. Righerò dritto.» «Passo e chiudo.» «Ci vediamo lassù.» Diede un colpo col palmo della mano al tetto dell'auto e la guardò allontanarsi, sapendo che quello sarebbe stato il momento in cui normalmente avrebbe infilato in bocca una sigaretta. Non poteva farlo. Guardò allora le chiavi che aveva in mano e pensò alla mossa seguente, consapevole della cautela che avrebbe richiesto. Bosch rientrò nel Bradbury e, mentre saliva lentamente con l'ascensore, giocherellò con le chiavi riflettendo sui tre distinti ruoli di Carla Entrenkin in quel caso. Dapprima come bizzarra presenza sull'ormai scomparsa agenda telefonica di Elias, poi nella sua veste di ispettrice generale e infine, con un'entrata in scena da protagonista, come consulente speciale che doveva decidere cosa gli investigatori potessero o meno vedere delle pratiche di Elias. A Bosch le coincidenze non piacevano. Non ci credeva. Aveva bisogno di sapere cosa stava combinando Carla Entrenkin. Pensava di avere un'idea in proposito e intendeva trovarne la conferma prima di procedere oltre con le indagini. Arrivato al piano, Bosch spinse il pulsante che avrebbe rimandato l'ascensore a pianterreno e uscì. La porta dello studio di Elias era chiusa a chiave. Bosch bussò seccamente sul vetro verniciato appena sotto il nome dell'avvocato. Pochi istanti dopo Janis Langwiser gli aprì. Bosch vide Carla Entrenkin poco dietro di lei. «Dimenticato qualcosa, detective Bosch?» chiese Janis. «No. Ma è sua quella macchinetta straniera ferma in divieto di sosta? Quella rossa? Stavano per rimorchiarla via. Ho mostrato il distintivo al tipo e gli ho detto di darmi cinque minuti. Ma tornerà.» «Oh, merda!» Janis lanciò un'occhiata a Carla Entrenkin e corse fuori. «Torno subito.»
Bosch entrò nell'ufficio e richiuse la porta alle spalle. Poi diede un giro di chiave e tornò a voltarsi verso Carla Entrenkin. «Perché ha chiuso a chiave?» chiese lei. «La lasci aperta, per favore.» «Ho pensato che sarebbe stato meglio parlare senza che nessuno ci interrompesse.» Carla Entrenkin incrociò le braccia sul petto come se si preparasse a un attacco. Lui osservò il suo viso e provò la stessa sensazione di prima, quando lei aveva ingiunto a tutti di lasciare lo studio. La sua espressione rivelava una sofferenza mascherata da stoicismo. A Bosch ricordava un'altra donna, sebbene conosciuta solo per averla vista alla TV: l'insegnante di diritto dell'università dell'Oklahoma che pochi anni prima era stata tartassata a Washington dai politici durante una riunione per la conferma di un giudice della Corte Suprema. «Senta, detective Bosch, non vedo proprio nessun altro modo per procedere. Dobbiamo essere prudenti. Dobbiamo pensare al caso ma anche alla cittadinanza. La gente deve essere rassicurata che si sta facendo tutto il possibile... che questo delitto non verrà insabbiato come molti altri casi precedenti. Voglio...» «Cazzate.» «Come?» «Lei non dovrebbe occuparsi di questo caso e lo sappiamo benissimo tutti e due.» «Questa sì che è una cazzata. Io ho la fiducia di questa cittadinanza. Pensa che possano credere a lei? Oppure a Irving, o al capo della polizia?» «Ma lei non ha la fiducia dei poliziotti. E ha anche un grosso conflitto di interessi, non è vero, Ispettrice Generale?» «Che cosa sta dicendo? Io credo che il giudice Houghton sia stato molto saggio a scegliere me come consulente speciale. In quanto ispettrice generale ho già una responsabilità civile di supervisione del caso. In questo modo si semplifica la situazione invece di complicarla con l'aggiunta di un altro consulente speciale. Mi ha chiamato il giudice. Non l'ho chiamato io.» «Non sto parlando di questo e lei lo sa. Sto parlando di conflitto di interessi: una ragione che non dovrebbe permetterle neppure di avvicinarsi a questo caso.» Carla Entrenkin scosse il capo come se non capisse, ma il suo viso mostrava chiaramente che temeva che Bosch potesse sapere qualcosa. «Capisce perfettamente a cosa mi riferisco» disse Bosch. «Lei e lui: E-
lias. Sono stato nel suo appartamento. Dev'essere stato appena prima che lei ci arrivasse. Peccato che non ci siamo incontrati. Avremmo potuto sistemare ogni cosa allora.» «Non so di cosa stia parlando, ma da quanto mi ha detto la signorina Langwiser, credevo che voi agenti avreste aspettato i mandati prima di entrare nel suo appartamento e nell'ufficio. Mi sta forse dicendo che non è andata così?» Bosch esitò, rendendosi conto di aver fatto un errore. Adesso lei poteva schivare il suo attacco o rivoltarglielo contro. «Dovevamo accertarci che non ci fossero persone da soccorrere nell'appartamento» disse. «Certo. Senz'altro. Proprio come i poliziotti che hanno scavalcato la recinzione a casa di O.J. Simpson, solo per assicurarsi che tutti stessero bene.» Scosse di nuovo la testa. «La continua arroganza di questo dipartiménto mi sorprende. Da quanto avevo sentito dire su di lei, detective, mi aspettavo un altro comportamento.» «Vuole parlare di arroganza? È stata lei a entrare là dentro e a rimuovere delle prove: lei, l'ispettrice generale del dipartimento, quella che dovrebbe far rigare diritto la polizia. E adesso vuole...» «Rimuovere le prove, di cosa? Io non ho fatto niente del genere!» «Ha cancellato il suo messaggio dalla segreteria telefonica e si è portata via l'agenda con il suo nome e i suoi numeri. Scommetto che aveva una chiave e una scheda magnetica per il garage. È passata dal garage e nessuno l'ha vista. È corsa subito dopo che Irving l'ha informata che Elias era morto. Solo che Irving non sapeva che lei ed Elias avevate una relazione.» «Carina come storiella. Mi piacerebbe vedere in che modo pensa di poterla provare.» Bosch tese una mano. Sul palmo c'erano le chiavi di Elias. «Le chiavi di Elias» disse. «Ce ne sono un paio che non corrispondono alla casa, all'appartamento, all'ufficio o alle auto. Stavo pensando di chiedere il suo indirizzo alla motorizzazione e di controllare se aprono la sua porta, ispettrice.» Gli occhi di Carla Entrenkin si allontanarono rapidamente dalle chiavi. Si girò e rientrò nell'ufficio privato di Elias. Bosch la seguì. Lei girò lentamente intorno alla scrivania e si sedette. Sembrava sul punto di mettersi a piangere. Bosch capì di averla inchiodata con le chiavi.
«Lo amava?» chiese. «Cosa?» «Amava...» «Come osa chiedermi una cosa simile?» «È il mio lavoro. C'è stato un omicidio. Lei è coinvolta.» Lei si girò e guardò alla sua destra fissando il murale di Anthony Quinn oltre la finestra. Di nuovo, sembrò trattenere a stento le lacrime. «Senta, ispettrice, vogliamo cercare di ricordare una cosa? Howard Elias è morto. E ci creda o no, io voglio trovare la persona che lo ha ucciso. Okay?» Lei annuì esitante. Lui continuò parlando lentamente e con calma. «Per riuscire a prendere questa persona ho bisogno di sapere tutto quello che posso su Elias. Non soltanto quello che posso apprendere dalla televisione, dai giornali e da altri poliziotti. Non soltanto quello che possono dirmi le sue pratiche. Devo sapere...» Qualcuno tentava di aprire la porta d'ingresso chiusa a chiave. Poi si sentì bussare con forza sul vetro. Carla Entrenkin si alzò e andò alla porta. Bosch aspettò nell'ufficio di Elias. La sentì aprire e parlare con Janis Langwiser. «Ci conceda qualche minuto, per cortesia.» Richiuse la porta senza attendere risposta, girò ancora la chiave nella serratura e tornò nell'ufficio di Elias, dove andò a sedersi come prima dietro la scrivania. Bosch parlò a voce piuttosto bassa per essere certo di non essere sentito fuori dall'ufficio. «Devo sapere tutto» disse. «Sappiamo entrambi che nella sua posizione lei può aiutarmi. Quindi perché non arriviamo a una specie di tregua?» La prima lacrima rigò una guancia di Carla Entrenkin, seguita presto da una seconda sull'altro lato. Lei si piegò in avanti e cominciò ad aprire i cassetti della scrivania. «L'ultimo a sinistra» disse Bosch ricordando il suo inventario della scrivania. Lei aprì il cassetto e ne tolse una confezione di fazzoletti di carta. Se la sistemò in grembo, ne tirò fuori uno e si tamponò le guance e gli occhi. Poi cominciò a parlare. «È buffo come le cose possano cambiare rapidamente...» Ci fu un lungo silenzio. «Ho conosciuto Howard superficialmente per parecchi anni. Quando praticavo la professione legale. Contatti strettamente professionali, per lo
più ci incontravamo nei corridoi della Corte Federale. Poi, quando sono stata nominata ispettrice generale, ho capito che conoscere le persone critiche nei confronti del dipartimento era importante almeno quanto conoscere il dipartimento stesso. Allora ho fatto in modo di incontrare Howard. Ci siamo visti proprio qui... lui era seduto su questa poltrona. È cominciata così. Sì, mi sono innamorata...» Questa confessione diede il via ad altre lacrime e lei usò diversi fazzoletti per tenerle a bada. «Per quanto tempo voi due... siete stati insieme?» chiese Bosch. «Quasi sei mesi. Ma lui amava sua moglie. Non l'avrebbe mai lasciata.» Adesso aveva il viso asciutto. Rimise la confezione dei fazzoletti nel cassetto e sembrò che le nubi che le avevano oscurato il viso fino a pochi istanti prima fossero scomparse. Bosch si accorse del veloce cambiamento. Lei si sporse in avanti e lo fissò. Ora aveva un'aria professionale. «Farò un accordo con lei, detective Bosch. Ma solo con lei. Malgrado tutto... credo che se mi dà la sua parola io possa fidarmi di lei.» «Grazie. Qual è l'accordo?» «Parlerò solo con lei. In cambio voglio che mi protegga. E con questo intendo che dovrà considerare assolutamente confidenziale la sua fonte. Non deve preoccuparsi, comunque, perché nulla di quello che potrei dirle verrebbe comunque accettato in tribunale. Potrà servirsi solo in via non ufficiale di quello che le dirò. Forse le servirà, forse no.» Bosch rifletté un attimo. «Potrei considerarla anche una persona sospetta, non solo una fonte.» «Ma l'istinto le dice che non sono stata io.» Lui annuì. «Non è stato il delitto di una donna» disse. «È maschile sotto ogni aspetto.» «Sotto ogni aspetto, pare commesso da un poliziotto, non trova?» «Può darsi. È questo che voglio scoprire... Se solo potessi concentrarmi sul caso senza dovermi preoccupare dell'opinione pubblica, della politica del Parker Center e di tutto il resto.» «Allora abbiamo raggiunto un accordo?» «Prima di accettare devo sapere una cosa. Elias aveva una fonte all'interno del Parker Center. Qualcuno con ampie possibilità di accesso ai documenti. Qualcuno che poteva fargli avere dei rapporti degli Affari Interni su esposti non comprovati. Ho bisogno...» «Non ero io. Mi creda, posso essere andata troppo oltre quando ho ini-
ziato la relazione con lui. Quello però era il mio cuore, non la mia testa. Non mi sono mai spinta fino al punto di fare l'informatrice. Non lo avrei mai fatto. Contrariamente a quanto quasi tutti i suoi colleghi sembrano pensare, il mio scopo è quello di salvare e migliorare il dipartimento, non di distruggerlo.» Bosch la guardò con occhi inespressivi che lei giudicò increduli. «Come avrei potuto fargli avere quei documenti? Sono il nemico pubblico numero uno in quel dipartimento. Se fossi andata a prelevare quei rapporti, o se soltanto li avessi richiesti, la notizia si sarebbe sparsa nell'intero palazzo e sarebbe arrivata all'orecchio dell'ultimo poliziotto di pattuglia più in fretta di una scossa di terremoto.» Bosch osservò l'espressione di sfida sul suo viso. Sapeva che aveva ragione. Non avrebbe mai potuto essere una fonte segreta. Annuì. «Allora abbiamo un accordo?» ripeté lei. «Sì. Con un asterisco.» «E quale sarebbe?» «Se mi mente una sola volta e lo scopro, il patto è annullato.» «Per me è più che accettabile. Ma ora non possiamo parlare. Voglio finire l'esame di queste pratiche per consentire a lei e ai suoi uomini di esplorare ogni pista. Adesso sa perché voglio che questo caso sia risolto: non solo per la città, ma per me stessa. Che ne dice di vederci più tardi, quando avrò finito con le pratiche?» «Mi sta bene.» Mentre quindici minuti più tardi Bosch attraversava la Broadway, vide che le saracinesche del Grand Central Market erano sollevate. Erano armi che non entrava nel mercato, forse decenni. Decise di attraversarlo e di raggiungere per quel percorso Hill Street e la stazione di Angels Flight. Il mercato era un enorme agglomerato di chioschi alimentari, bancarelle di verdure e negozi di macelleria, con venditori ambulanti che offrivano cianfrusaglie da quattro soldi e dolciumi messicani. E benché le porte fossero state appena aperte e all'interno ci fossero più negozianti intenti a preparare i banchi che clienti, l'odore opprimente di olio e fritture gravava già pesante nell'aria. Lungo il tragitto Bosch colse brani di conversazioni snocciolate in modulati ritmi ispanici. Vide un macellaio che sistemava con cura teste scuoiate di capra nella vetrina frigorifera, accanto a file ordinate di code di bue affettate. All'altro capo del mercato c'erano dei vecchi seduti ai tavolini, impegnati a coccolare le loro tazze di caffè denso e nero e a man-
giare dolcetti messicani. Bosch ricordò la sua promessa a Edgar di procurare delle ciambelle prima di iniziare la ricerca dei testimoni. Si guardò intorno e non vide nemmeno una ciambella, così comprò un sacchetto di churros, i croccanti bastoncini di pasta fritta con zucchero e cannella che erano l'alternativa messicana alle ciambelle. Uscendo dal mercato sul lato di Hill Street, sbirciò verso destra e vide un uomo fermo nel punto in cui Baker e Chastain avevano trovato i mozziconi di sigaretta qualche ora prima. L'uomo aveva un grembiule macchiato di sangue intorno alla vita e portava una reticella per capelli. Infilò una mano sotto il grembiule e tirò fuori un pacchetto di sigarette. «Ci avevo azzeccato» disse Bosch ad alta voce. Attraversò la strada verso l'arco d'ingresso di Angels Flight e attese dietro due turisti asiatici. Le due vetture si stavano incrociando a metà strada sui binari. Osservò i nomi dipinti sopra le porte. Sinai stava salendo e Uliveto scendeva. Un minuto dopo Bosch seguì i turisti salendo su Uliveto. Li vide sedere ignari sulla stessa panca dove Catalina Perez era morta nemmeno dieci ore prima. Il sangue era stato lavato via, e il legno era troppo vecchio e scuro per rivelare qualche macchia. Non si disturbò a raccontare loro la storia recente del loro sedile. E comunque dubitava che avrebbero capito la sua lingua. Bosch occupò il posto dove si era seduto già in precedenza. Non appena allungò i piedi, gli sfuggì un lungo sbadiglio. La carrozza ebbe un sussultò e iniziò la salita. I turisti asiatici cominciarono a scattare foto. Alla fine ricorsero al linguaggio dei segni per chiedere a Bosch di scattare loro una foto. Bosch li accontentò, versando il suo obolo al mercato turistico. Dopo di che loro si ripresero velocemente la macchina e si spostarono all'altra estremità della carrozza. Bosch si chiese se avessero percepito qualcosa di strano in lui: un pericolo o magari una malattia. Sapeva che certe persone avevano il potere di avvertire cose simili. Nel suo caso, non sarebbe stato difficile. Erano ventiquattr'ore che non dormiva. Si passò una mano sul viso e fu come toccare dello stucco umido e ruvido. Si chinò in avanti, con i gomiti sulle ginocchia, e avvertì la vecchia sofferenza, che sperava non sarebbe mai più ricomparsa nella sua vita. Era da molto tempo che non si sentiva così solo, un estraneo nella sua città. Aveva difficoltà a respirare e sentiva un nodo in gola, un senso di claustrofobia che lo stringeva come un sudario anche all'aria aperta.
Tirò fuori un'altra volta il telefono. Controllò l'indicatore della batteria e lo trovò agli sgoccioli. Aveva ancora abbastanza carica per un'ultima telefonata, con un po' di fortuna. Compose il numero di casa e restò in attesa. C'era un messaggio nuovo. Temendo che la batteria non ce la facesse, digitò velocemente il codice di ascolto e tenne premuto il cellulare contro l'orecchio. Ma non era la voce di Eleanor. Era il suono di una voce distorta da un velo di plastica avvolto intorno al ricevitore e perforato con una forchetta. «Lascia perdere questa storia, Bosch» diceva la voce. «Chiunque si mette contro i poliziotti non è altro che un bastardo e merita di crepare come un bastardo. Fai la cosa giusta: lascia perdere, Bosch. Lascia perdere.» 13 Bosch arrivò al Parker Center con venticinque minuti di anticipo sulla riunione convocata per aggiornare il vicecapo Irving sull'andamento dell'indagine. Era solo, avendo lasciato gli altri sei membri della squadra a concludere la ricerca degli eventuali testimoni nel palazzo residenziale vicino ad Angels Flight. Fermandosi al banco all'ingresso, mostrò il distintivo all'agente in uniforme e gli disse che stava aspettando informazioni da una fonte anonima che avrebbe chiamato nel giro di mezz'ora. Chiese all'agente di passargli immediatamente il messaggio nella sala riunioni privata del vicecapo Irving. Poi Bosch salì con l'ascensore al terzo piano, invece che al sesto dove si trovava l'ufficio di Irving. Percorse il corridoio fino alla sala agenti della Divisione Rapine-Omicidi e la trovò vuota, fatta eccezione per i quattro detective ai quali aveva telefonato in precedenza. Erano Bates, O'Toole, Engersol e Rooker: i quattro agenti che per primi si erano recati sulla scena del delitto ad Angels Flight. Erano tutti con gli occhi pesti, avendo già passato metà della notte in piedi prima che il caso venisse affidato alla squadra di Bosch. Questi li aveva buttati giù dal letto alle nove, concedendo loro mezz'ora prima di incontrarlo al Parker Center. Era stato abbastanza facile convincerli a fare in fretta: Bosch aveva detto che erano in gioco le loro carriere. «Non ho molto tempo» esordì Bosch, scendendo lungo il corridoio centrale fra le file di scrivanie e agganciando con gli occhi quelli del quartetto. Tre detective erano in piedi intorno a Rooker, che sedeva alla sua scrivania: un segnale involontario ma chiaro. Qualunque decisione fosse stata
presa da quel gruppo, ora Bosch sapeva che a prenderla era stato Rooker. Era lui il capo del branco. Bosch rimase in piedi, fermandosi davanti al gruppetto. Cominciò a raccontare la storia in modo casuale, muovendo le mani, quasi fosse un reporter televisivo, come a sottolineare che quella che stava raccontando era solo una storia, non una minaccia che intendeva usare contro di loro. «Voi quattro ricevete la chiamata» disse. «Arrivate là, spingete indietro i ragazzi in uniforme e isolate un perimetro. Qualcuno controlla i corpi e, guarda un po', la patente dice che uno di loro è Howard Elias. Allora mettete...» «Non c'era nessuna patente, Bosch» disse Rooker, interrompendolo. «Il capitano non te l'ha detto?» «Sì, me lo ha detto. Ma adesso vi sto raccontando la storia. Quindi ascolta bene, Rooker, e chiudi il becco. Qui sto cercando di salvarvi il culo e non ho molto tempo per farlo.» Aspettò per vedere se qualcuno voleva aggiungere qualcos'altro. «Come dicevo» ricominciò, guardando direttamente Rooker, «la patente identifica uno dei morti come Elias. Allora voi quattro furboni vi strizzate il cervello e pensate che ci sono buone probabilità che sia stato uno sbirro a farlo fuori. Pensate che Elias ha avuto quel che si meritava e tanto di cappello al collega che ha avuto il fegato di stenderlo. Ed è qui che fate la vostra cazzata. Decidete di aiutare questo assassino mettendo in scena una rapina. Avete tolto...» «Bosch, sei pazzo...» «Ti ho detto di chiudere il becco, Rooker! Non ho tempo per stare a sentire un sacco di stronzate quando sapete tutti che è andata come ho appena detto. Avete tolto l'orologio e il portafoglio a Elias. Solo che qui hai cannato di grosso, Rooker. Gli hai graffiato il polso con il cinturino dell'orologio. E quella risulta chiaramente una ferita postmortem. Verrà a galla con l'autopsia, e questo significa che voi quattro finirete giù per lo scarico del cesso, a meno che questa faccenda non venga tenuta sotto controllo.» Fece una pausa, per vedere se adesso Rooker aveva qualcosa da dire. Non l'aveva. «Okay, sembra che finalmente io abbia guadagnato la vostra attenzione. Qualcuno vuole dirmi dove sono l'orologio e il portafoglio?» Un'altra pausa, mentre Bosch dava un'occhiata al proprio orologio. Le dieci meno un quarto. I quattro uomini della Rapine-Omicidi non dissero nulla.
«Come immaginavo» disse Bosch, fissando un viso dopo l'altro. «Allora ecco come faremo. Fra un quarto d'ora vedo Irving per fargli rapporto. Poi lui terrà una conferenza stampa. Se il banco giù all'ingresso non riceve una chiamata con la posizione esatta del tombino, del bidone della spazzatura o di qualunque altro posto in cui quella roba è stata ficcata, io dirò a Irving che la rapina è stata inscenata da qualcuno che si trovava sulla scena del delitto e lui potrà trarre le sue conclusioni. In questo caso, buona fortuna a tutti voi.» Osservò di nuovo i quattro volti. Mostravano solo rabbia e sfida. Bosch non si aspettava niente di diverso. «Personalmente, non avrei niente in contrario a procedere in questo modo, dal momento che voi quattro avreste solo quello che meritate. Ma manderebbe a puttane il caso... lo sporcherebbe senza rimedio, inquinerebbe ogni cosa. Quindi voglio essere egoista e pensare anche ai miei interessi, e offrirvi una possibilità anche se la sola idea mi dà la nausea.» Bosch guardò l'orologio. «Adesso vi restano quattordici minuti.» Detto questo si girò e si incamminò verso la porta della sala agenti. Rooker lo chiamò. «Chi sei tu per giudicare, Bosch? Quel tipo era un fottuto bastardo. Meritava di morire come un fottuto bastardo, e a chi gliene frega un cazzo? Dovresti fare la cosa giusta, Bosch: lasciar perdere.» Come se fosse già stata sua intenzione farlo, Bosch girò con indifferenza intorno a una scrivania vuota e tornò indietro verso il quartetto lungo una corsia più stretta. Aveva riconosciuto le frasi usate da Rooker. Il suo atteggiamento mascherava una rabbia crescente. Quando fu di nuovo davanti al gruppetto, spezzò il loro cerchio e si chinò sopra la scrivania di Rooker, posando entrambe le mani sul ripiano. «Stammi a sentire, Rooker. Chiama un'altra volta casa mia - non importa se per mettermi in guardia o solo per dirmi che tempo fa - e verrò a cercarti, ma non ti piacerà la mia visita.» Rooker sbatté le palpebre ma poi sollevò le mani in segno di resa. «Ehi, amico, non so di cosa cazzo stai...» «Risparmia il fiato per qualcuno che puoi convincere. Almeno potevi mostrarti uomo e non usare un telo di plastica per contraffare la voce. Queste sono merdate da vigliacco, ragazzo.» Bosch aveva sperato, al suo arrivo nella sala riunioni di Irving, di stare
ancora qualche minuto da solo per esaminare gli appunti e riordinare le idee. Ma Irving era già seduto al tavolo rotondo, con i gomiti piantati sul legno lucidato e i polpastrelli delle dita congiunti sino a formare una specie di guglia davanti al suo mento. «Si sieda, detective» disse quando Bosch aprì la porta. «Dove sono gli altri?» «Uh» disse Bosch, posando la sua valigetta sul tavolo. «Sono ancora in giro. Capo, volevo solo posare la valigetta e correre giù a prendermi una tazza di caffè. Posso portarle qualcosa?» «No, e lei non ha tempo per il caffè. Giornali e TV sono già alla carica. Sanno che è Elias il morto. Qualcuno li ha informati, con ogni probabilità dall'ufficio del coroner. Quindi la situazione sta per diventare frenetica. Voglio sentire cosa sta succedendo, a partire da adesso. Devo riferire al capo della polizia, che ha fissato una conferenza stampa per le undici. Si sieda.» Bosch sedette di fronte a Irving. In un'altra occasione aveva affrontato un caso in quella sala riunioni. Era successo molto tempo prima, e lui se ne ricordava come della volta in cui si era guadagnato il rispetto di Irving e probabilmente tutta la fiducia che il vicecapo era disposto a concedere a un uomo in possesso di un distintivo. I suoi occhi esplorarono la superficie del tavolo e trovarono la vecchia bruciatura da sigaretta che lui aveva lasciato durante una riunione sull'indagine dedicata al "caso della Bionda di cemento". Era stato un caso difficile, ma adesso sembrava quasi routine in confronto alla nuova indagine. «Quando arrivano?» chiese Irving. Aveva ancora le dita congiunte a guglia. Bosch aveva letto in un manuale per gli interrogatori che un simile linguaggio corporeo denotava un senso di superiorità. «Chi?» «I membri della sua squadra, detective. Le avevo detto che vi volevo qui per la riunione alle dieci e poi per la conferenza stampa.» «Be', mi sa che non arriveranno in tempo. Stanno proseguendo le indagini. Ho pensato che non avrebbe avuto senso far piantare in asso le indagini a tutti e sette quando uno solo di noi poteva benissimo aggiornarla sulla situazione.» Bosch vide gli zigomi di Irving diventare paonazzi. «Sembra che abbiamo di nuovo un problema di comunicazione, o che la catena di comando non le sia ancora chiara. Le avevo detto esplicitamente
di portare qui i suoi uomini.» «Devo aver capito male, capo» mentì Bosch. «Pensavo che la cosa più importante fosse l'indagine. Ricordavo che voleva essere aggiornato sul caso, non che voleva tutti qui. E comunque, dubito che qui dentro ci sia spazio sufficiente per tutti. Non...» «Il punto è che vi volevo tutti qui. I suoi partner hanno un telefono?» «Edgar e Rider?» «Chi altri?» «Hanno un cellulare ma ormai sarà scarico. È tutta la notte che lavoriamo. Il mio è scarico.» «Allora usi il cercapersone. Li faccia venire immediatamente.» Bosch si alzò lentamente e andò verso il telefono, poggiato sopra gli armadietti che costeggiavano una parete della stanza. Chiamò i cercapersone di Edgar e Rider, ma quando compose il numero da richiamare aggiunse un sette alla fine. Era un codice che usavano da parecchio tempo. Quel sette in più - come in un "codice sette", ossia la chiamata via radio per avvertire che si smontava dal servizio - significava che dovevano prendersela comoda nella risposta alla chiamata, oppure ignorarla del tutto. «Okay, capo» disse Bosch. «Speriamo che si facciano vivi presto. Chiamo anche Chastain e i suoi?» «Quelli li lasci perdere. Voglio che la sua squadra sia qui alle undici per la conferenza stampa.» Bosch tornò a sedersi. «Come mai?» chiese, anche se conosceva benissimo il motivo. «Non aveva detto che sarebbe stato il capo della polizia a...» «Il capo introdurrà la conferenza. Ma vogliamo che sia un'esibizione di forza. Vogliamo che l'opinione pubblica sappia che abbiamo impegnato in questo caso i nostri migliori investigatori.» «Vuol dire i nostri migliori investigatori neri, non è vero?» Bosch e Irving si fissarono in silenzio per qualche istante. «Il suo incarico, detective, è quello di risolvere questo caso e di risolverlo più in fretta che può. Non deve preoccuparsi per questioni che non la riguardano.» «Be', mi riesce piuttosto difficile farlo, capo, quando lei cerca di distogliere i miei uomini dalle indagini. Non riuscirò a risolvere niente in fretta, se loro dovranno presentarsi qui per ogni mostra di bestiame che a voi altri passerà per la testa.» «Basta così, detective.»
«Loro sono due dei nostri migliori investigatori, e io voglio usarli a questo scopo, non come carne da cannone per le relazioni razziali del dipartimento. Neanche loro vogliono essere usati in questo modo. Perché questa non è altro che un'altra forma di raz...» «Basta, ho detto! Non ho tempo per discutere con lei di razzismo, istituzionale o sotto altre forme, detective Bosch. Qui stiamo parlando di comunicazioni pubbliche, di opinione pubblica. Dovrebbe sapere che se facciamo un solo passo falso in questo caso o se sbagliamo nel comunicarlo all'esterno, questa città può ritrovarsi messa a fuoco e fiamme ancora prima di mezzanotte.» Irving fece una pausa per guardare l'orologio. «Devo vedere il capo della polizia fra venti minuti. Potrebbe cortesemente iniziare ad aggiornarmi sui risultati delle indagini fino a questo momento?» Bosch si allungò e aprì la valigetta, ma prima che potesse prendere il taccuino il telefono sugli armadietti si mise a suonare. Si alzò per rispondere. «Ricordi» disse Irving. «Li voglio qui per le undici.» Bosch annuì e sollevò il ricevitore. Non era Edgar, e neppure Rider, e d'altra parte lui non si aspettava che i due chiamassero. «Sono Dormier dall'ingresso. Parla Bosch?» «Sì.» «È appena arrivato un messaggio per lei. Quel tipo non ha lasciato il nome. Ha solo detto di riferirle che ciò che le serve è in un bidone dei rifiuti in una stazione MetroLink, la First and Hill. Dentro una busta gialla. Tutto qui.» «Okay, grazie.» Riappese e guardò Irving. «Era un'altra cosa.» Bosch tornò a sedersi e tolse dalla valigetta il taccuino insieme al blocco a molla che raccoglieva i rapporti sulla scena del delitto, gli schizzi e le ricevute dei reperti indiziari. Non gli serviva niente di tutto quello per riassumere il caso, ma pensò che Irving avrebbe trovato rassicurante vedere tutto l'accumulo di carte che il caso stava generando. «Sto aspettando, detective» disse il vicecapo impaziente. Bosch sollevò gli occhi dalle carte. «In pratica siamo ancora a un punto zero. Abbiamo una buona idea sulla meccanica dell'omicidio, ma non sappiamo molto sul chi e sul perché.»
«Allora, che cosa sembra assodato, detective?» «Stiamo lavorando sulla premessa che Elias fosse il bersaglio primario in quello che ha tutta l'aria di essere un assassinio premeditato.» Irving abbassò la testa, nascondendo il viso dietro le mani congiunte. «So che non è quello che voleva sentire, capo, ma i fatti puntano in questa direzione. Abbiamo...» «L'ultima cosa che il capitano Garwood mi ha detto era che sembrava una rapina. Quell'uomo portava un vestito da mille dollari e camminava solo per Downtown alle undici di sera. Il suo portafoglio e il suo orologio sono scomparsi. Come fa ad escludere l'ipotesi della rapina?» Bosch si appoggiò all'indietro sulla sedia e attese. Sapeva che Irving stava solo smaltendo la sua delusione. La notizia che Bosch gli aveva appena comunicato avrebbe certo aggiunto altre ulcere a quelle già esistenti. Ed erano in arrivo i media, che non aspettavano altro per costruirci sopra le loro speculazioni. «L'orologio e il portafoglio sono stati ritrovati.» «Dove?» Bosch esitò, anche se aveva previsto la domanda. Esitava perché stava per mentire a un superiore al solo scopo di proteggere quattro uomini che non meritavano di fargli correre un tale rischio. «Nel cassetto della sua scrivania in ufficio. Deve averli dimenticati là quando è uscito per andare all'appartamento. O forse li ha lasciati di proposito per prudenza nel caso lo rapinassero per strada.» Bosch si rendeva conto che nei suoi rapporti avrebbe dovuto trovare una spiegazione al graffio postmortem sul polso di Elias che l'autopsia avrebbe rivelato. Pensò di poterlo fare attribuire alle manipolazioni e agli spostamenti del corpo da parte degli investigatori. «Allora, forse, è stato un rapinatore armato che ha sparato a Elias, infuriato perché l'altro non gli consegnava il portafoglio» disse Irving, che non aveva colto il disagio di Bosch. «Forse è stato un rapinatore che prima ha sparato e poi ha cercato gli oggetti di valore.» «La sequenza e la modalità degli spari suggerisce qualcosa di molto diverso. La sequenza suggerisce un legame personale: pensiamo che l'assassino fosse mosso da una profonda rabbia nei confronti di Elias. Chiunque sia stato, conosceva l'avvocato.» Irving posò le mani sul tavolo e si chinò di pochi centimetri in avanti. Quando parlò lo fece in tono spazientito. «Sto solo dicendo che lei non può escludere completamente questi altri
possibili scenari.» «Può anche essere, ma non credo che seguiremo più di tanto queste piste. Sarebbe una perdita di tempo e non ho uomini a sufficienza.» «Le ho detto che voglio un'indagine meticolosa. Dunque, ogni pista va presa in seria considerazione.» «Be', queste piste le prenderemo in considerazione più tardi. Senta, capo, se vuole concentrarsi su queste piste per poter dire ai media che forse è stata una rapina, va bene, dica che può essere andata così. Non mi importa quello che racconta ai media. Sto solo cercando di dirle a che punto siamo e dove vogliamo indirizzare le ricerche.» «Bene. Proceda.» Irving fece un gesto secco con la mano. «Dovremo controllare le pratiche di Elias e preparare liste di possibili sospetti, come quelle dei poliziotti che Elias ha inchiodato in tribunale o infangato sui giornali e in TV nel corso degli anni. E infine ci sono poliziotti che l'avvocato avrebbe tentato di inchiodare a partire da lunedì.» Irving non mostrò alcuna reazione. Bosch sospettò che stesse già pensando all'ora seguente, quando lui e il capo della polizia si sarebbero avventurati sulla punta di uno sperone roccioso a picco sul vuoto in fondo al quale erano in attesa i media. «Abbiamo però un ostacolo» proseguì Bosch. «Carla Entrenkin è stata nominata consulente speciale per garantire la protezione dei clienti di Elias. In questo momento è nell'ufficio di Elias e non vuole farci entrare.» «Credevo che avesse detto di aver trovato il portafoglio e l'orologio di quell'uomo nel suo ufficio.» «Infatti. È stato prima che Carla arrivasse e ci sbattesse fuori.» «Come è stata nominata?» «Lei dice che il giudice l'ha chiamata direttamente, pensando che fosse la persona ideale in quanto già ispettrice generale. Adesso là ci sono lei e la sostituto procuratore. Spero di avere la prima infornata di pratiche questo pomeriggio.» «Okay, che altro?» «C'è una cosa che deve sapere. Prima che Carla ci facesse sloggiare, abbiamo scoperto un paio di cose interessanti. La prima è una serie di appunti che Elias conservava nella scrivania. Li ho letti e c'erano accenni a una sua fonte qui dentro. Al Parker Center, intendo. Una buona fonte, una talpa, qualcuno che a quanto pare era in grado di trovare e di mettere le mani su vecchie pratiche... le inchieste non comprovate degli Affari Interni. E ho
trovato anche un appunto su un disaccordo tra l'avvocato e la talpa. La fonte non poteva o non voleva fornire qualcosa che Elias chiedeva sul "caso Black Warrior".» Irving rimase silenzioso per un secondo, fissando Bosch e digerendo l'informazione. Quando parlò di nuovo la sua voce risuonò ancora più lontana. «Questa fonte era identificata?» «Non da quello che ho visto, che non è stato granché. Era tutto in codice.» «Cosa gli chiedeva Elias? Potrebbe esserci un collegamento con la sua morte?» «Non lo so. Se vuole che me ne occupi con priorità assoluta, lo farò. Però penso che le priorità siano altre: i poliziotti che ha trascinato in tribunale in passato, e quelli che ci avrebbe trascinato a partire da lunedì. E poi, c'è una seconda cosa che abbiamo trovato nell'ufficio prima di essere buttati fuori.» «Di cosa si tratta?» «In pratica aprirebbe altre due piste su cui indagare.» Bosch parlò velocemente a Irving della foto stampata di Madame Regina e della possibilità che Elias fosse coinvolto in ciò che Chastain aveva definito un "lurido commercio". Il vicecapo apparve vivamente interessato a questo aspetto delle indagini e chiese a Bosch quali fossero i suoi piani in proposito. «Voglio cercare di rintracciare e interrogare la donna, verificare se davvero Elias ha avuto dei contatti con lei. Dopo, staremo a vedere dove ci condurrà la pista.» «E l'altra pista alla quale ha accennato?» «La famiglia. Che abbia avuto contatti o meno con questa Regina, sembra che Elias fosse un donnaiolo. Di questo ci sono indizi sufficienti nel suo appartamento in centro. Quindi, se la moglie ne fosse stata al corrente, potremmo avere un movente famigliare. Naturalmente è soltanto un'ipotesi. Al momento non abbiamo nulla che indichi che lei sapesse della seconda vita del marito, e ancor meno che la moglie sia la mandante dell'omicidio o addirittura l'esecutrice. Inoltre non quadrerebbe con il profilo psicologico del duplice assassinio.» «In che senso?» «Intanto, non ha l'aria dell'esecuzione a sangue freddo di un killer assoldato. Nel metodo scelto per l'uccisione c'è molta rabbia. A me sembra che
l'assassino conoscesse Elias e lo odiasse... almeno al momento della sua uccisione. Poi, direi che si presenta come il lavoro di un maschio.» «Perché?» «Lo sparo nell'ano. È stato un gesto vendicativo, di umiliazione. Come uno stupro. Gli uomini stuprano, le donne no. Quindi il mio istinto mi dice che questi elementi scagionano la vedova. Ma il mio istinto ha già sbagliato altre volte. Dovremo seguire anche questa pista. Poi c'è il figlio. Come le ho già detto, ha reagito in modo molto viscerale quando abbiamo dato loro la notizia. Ma non sappiamo esattamente quali fossero i suoi rapporti con il padre. Sappiamo che il ragazzo sa maneggiare le armi... abbiamo visto una foto in casa.» Irving puntò un dito ammonitore verso Bosch. «Ci vada cauto con la famiglia» disse. «Molto cauto. Dovrà occuparsene con molta delicatezza.» «Lo farò.» «Non voglio che il caso ci scoppi in faccia.» «Non succederà.» Irving controllò di nuovo l'orologio. «Perché i suoi uomini non hanno risposto alle chiamate?» «Non lo so, capo. Me lo stavo chiedendo anch'io.» «Be', provi a raggiungerli di nuovo. Alle undici voglio lei e la sua squadra in sala stampa.» «Preferirei tornare a lavorare sul caso. Ho...» «Questo è un ordine, detective» disse Irving alzandosi. «Niente discussioni. Non dovrete rispondere a domande, ma vi voglio a portata di mano.» Bosch raccolse il blocco con i fogli e lo gettò nella valigetta aperta. «Ci sarò» disse, anche se Irving aveva già varcato la porta. Bosch si sedette a riflettere per qualche minuto. Sapeva che adesso Irving avrebbe impacchettato a modo suo le informazioni che gli aveva fornito e le avrebbe riferite al capo. Insieme avrebbero discusso e poi riplasmato un'altra volta le informazioni prima di passarle ai media. Guardò l'orologio. Gli restava mezz'ora prima della conferenza stampa. Si chiese se ce l'avrebbe fatta a raggiungere la stazione MetroLink, recuperare il portafoglio e l'orologio di Elias e tornare indietro in tempo. Era un'incombenza che non poteva rimandare a lungo, specialmente dopo aver detto a Irving che quegli effetti erano già in suo possesso. Alla fine, pensò che non aveva abbastanza tempo e che fosse meglio usare quella mezz'ora per bere una tazza di caffè e fare una telefonata. Si
avvicinò un'altra volta agli armadietti e fece il numero di casa. Si sentì rispondere un'altra volta dalla segreteria, e riagganciò prima di sentire la propria voce che gli diceva che in casa non c'era nessuno. 14 Bosch cambiò idea. Sarebbe diventato troppo nervoso aspettando l'ora della conferenza stampa. Decise dunque di andare in macchina alla stazione First and Hill del MetroLink. Distava solo tre minuti e, con un po' di fortuna nella ricerca, confidava di poter tornare al Parker Center in tempo per la conferenza stampa. Arrivato, parcheggiò in divieto lungo il marciapiede davanti all'ingresso della stazione. Era uno dei pochi vantaggi di guidare una bicolore: non dovevi preoccuparti delle multe. Mentre scendeva estrasse il manganello dalla custodia nella portiera. Scese a lunghi passi la scala mobile e individuò il primo bidone accanto alle porte automatiche dell'ingresso alla banchina dei treni. Da come se l'immaginava, Rooker e il suo partner avevano lasciato la scena del crimine ad Angels Flight con gli oggetti rubati e si erano fermati nel primo posto dove erano sicuri di trovare un bidone dei rifiuti. Uno era rimasto in attesa di sopra con la macchina e l'altro era corso giù a sbarazzarsi degli oggetti. Di conseguenza, Bosch era praticamente certo che il primo bidone sarebbe stato quello giusto. Era un grosso contenitore, bianco e rettangolare, con il simbolo MetroLink verniciato sui lati. Un coperchio blu in cima si apriva con uno sportello a spinta. Bosch lo sollevò velocemente e guardò dentro. Il contenitore era pieno ma non si vedeva nessuna busta gialla in superficie. Bosch posò a terra il coperchio e usò il manganello per frugare fra i resti di giornali, confezioni di fast-food e immondizie varie. Il bidone puzzava come se non fosse stato vuotato da giorni e pulito da mesi. Si imbatté in una borsetta vuota e in una scarpa vecchia. Usando il manganello come una pala per scavare più a fondo, cominciò a temere che uno dei vagabondi che popolavano la zona lo avesse battuto sul tempo e avesse trovato per primo il portafoglio e l'orologio. Quasi sul fondo, quando ormai stava pensando di passare a un altro bidone della stazione, vide una busta macchiata di ketchup e con due dita la sollevò per una estremità. Ne lacerò un bordo cercando di togliere quanto più ketchup possibile con il lembo strappato. Guardò dentro, e li vide: un portafoglio di pelle marrone e un orologio Cartier d'oro.
Per risalire in strada, stavolta Bosch prese la scala mobile mentre osservava il contenuto della busta. Anche il cinturino dell'orologio era d'oro, o placcato, del tipo elastico che scivola intorno alla mano e al polso. Bosch agitò leggermente la busta per girare l'orologio senza doverlo toccare. Cercava eventuali frammenti di pelle e peli che potessero essere rimasti impigliati nel cinturino. Non vide niente. Tornato in auto infilò un paio di guanti, estrasse portafoglio e orologio dalla busta e gettò la busta oltre lo schienale, sul tappetino posteriore. Poi aprì il portafoglio e ispezionò i vari scomparti. Elias portava addosso sei carte di credito, oltre a tessere di identificazione e dell'assicurazione sanitaria. C'erano piccole foto della moglie e del figlio, scattate in studio. Nello scomparto delle banconote c'erano tre ricevute di carte di credito e un assegno personale in bianco. Non c'era denaro. La valigetta di Bosch era sul sedile accanto. L'aprì, tirò fuori il blocco a molla e ne sfogliò i documenti fino a trovare l'elenco degli effetti personali delle due vittime. Includeva tutti gli oggetti trovati addosso a ogni vittima. Quando erano state frugate da un assistente del coroner, le tasche di Elias contenevano solo un quarto di dollaro. «Quelle teste di cazzo!» disse ad alta voce Bosch, rendendosi conto che chiunque avesse preso il portafoglio aveva deciso di tenere per sé i contanti. Era improbabile che Elias se ne fosse andato a piedi al suo appartamento con in tasca solo il quarto di dollaro della corsa in funicolare. Si domandò un'altra volta perché stesse rischiando il collo per gente che non lo meritava. Cercò di scacciare quel pensiero pensando che ormai era troppo tardi per porvi rimedio, ma non ci riuscì. Adesso era un cospiratore anche lui. Bosch scosse la testa disgustato, poi infilò portafoglio e orologio in due buste di plastica distinte che aveva già contrassegnato con etichette bianche, sulle quali scrisse il numero del caso, la data e un'ora: le sei e quarantacinque di mattina. Dopo di che scrisse una breve descrizione di ogni oggetto e del cassetto della scrivania di Elias in cui era stato ritrovato, siglò con le sue iniziali un angolo di ogni etichetta e ripose le buste nella valigetta. Prima di mettere in moto, Bosch guardò l'orologio. Aveva dieci minuti per arrivare in sala stampa. Tempo da vendere. I rappresentanti dei media alla conferenza stampa erano talmente numerosi che parecchi dovettero restare in piedi fuori dalla porta. Bosch avanzò a spintoni e scuse faticando ad aprirsi un varco. Dentro, vide che il fondo
della sala era coperto da una parete all'altra di telecamere piantate sui loro treppiedi e accudite dai rispettivi operatori. Ne contò velocemente dodici e capì che la storia sarebbe diventata ben presto nazionale. A Los Angeles c'erano otto stazioni televisive che si occupavano di notizie locali, compreso il canale in lingua spagnola. Ogni poliziotto sapeva che più di otto squadre televisive sulla scena di un crimine o a una conferenza stampa significavano un caso capace di attrarre l'attenzione dei grossi network. Voleva dire che stavi lavorando a qualcosa di veramente grosso, qualcosa di pericoloso. In mezzo alla sala, ogni seggiola pieghevole era occupata da un reporter. Erano quasi una quarantina, con la gente della TV riconoscibile a prima vista grazie ai vestiti eleganti e al cerone, mentre i giornalisti delle radio e della stampa erano riconoscibili a loro volta dai jeans e dalle cravatte allentate intorno al collo. Bosch osservò il palco e vide un brulichio di attività intorno al podio dell'oratore, ornato dello stemma del capo della polizia di Los Angeles. Tecnici del suono stavano fissando con nastro isolante la loro attrezzatura su un albero metallico stracolmo di microfoni. Uno di loro era in piedi proprio dietro il podio da cui avrebbe parlato il capo, e stava facendo una prova voce. Più indietro, di lato, vide Irving intento a scambiare sussurri con due uomini in uniforme, entrambi con i gradi di tenente. Bosch riconobbe Tom O'Rourke, che lavorava all'Unità Pubbliche Relazioni. L'altro non lo riconobbe, ma immaginò che fosse l'aiutante di Irving, Michael Tulin, la cui telefonata aveva inaugurato quella lunga notte. Un quarto uomo se ne stava in piedi sul lato opposto del podio, da solo. Portava un vestito grigio e Bosch non aveva idea di chi fosse. Non c'era traccia del capo della polizia, non ancora. Il capo non sarebbe mai stato lì ad aspettare che i media fossero pronti. Erano i media a dover aspettare lui. Irving individuò Bosch e gli fece segno di avvicinarsi. Bosch salì i tre gradini del palco e Irving gli posò una mano sulla spalla per attirarlo da una parte, fuori dalla portata di orecchie estranee. «Dove sono i suoi uomini?» «Non li ho più sentiti.» «Questo non è accettabile, detective. Le avevo detto di portarli qui.» «Posso soltanto dirle, capo, che devono essere nel mezzo di qualche interrogatorio importante, e probabilmente non hanno voluto rovinare una situazione delicata rispondendo alle mie chiamate. Credo stiano interrogando di nuovo la moglie e il figlio di Elias. È una cosa che richiede molta de-
licatezza, specialmente in un caso...» «Questo non mi interessa. Li volevo qui, punto e basta. Alla prossima conferenza stampa farà in modo che siano presenti, altrimenti scioglierò la vostra squadra e vi spedirò in tre stazioni talmente lontane fra loro che dovrete chiedere un giorno di ferie per pranzare insieme.» Bosch fissò per un attimo il viso di Irving. «D'accordo, capo.» «Bene. Non se lo dimentichi. Adesso stiamo per cominciare. O'Rourke andrà a prendere il capo e lo scorterà qui. Lei non risponderà a nessuna domanda. Questo non deve preoccuparla.» «Allora perché sono qui? Posso andare?» Irving sembrò finalmente sul punto di imprecare volgarmente per la prima volta nella sua carriera, forse nella sua intera vita. Il suo viso si fece paonazzo e i muscoli della mascella poderosa si tesero allo spasimo. «Lei è qui per rispondere a qualsiasi domanda mia o del capo della polizia. Potrà andarsene quando io la congederò.» Bosch alzò le braccia in segno di resa e fece un passo indietro verso la parete di fondo, in attesa che lo spettacolo iniziasse. Irving si allontanò e confabulò brevemente con il suo aiutante, poi si avvicinò all'uomo col vestito grigio. Bosch guardò verso il pubblico. Era difficile distinguere i volti, perché le luci televisive erano già accese e indirizzate sul palco. Ma superando il bagliore riuscì a riconoscere alcune facce di gente che conosceva personalmente o dalla TV. Quando infine i suoi occhi si posarono su Keisha Russell, tentò di guardare altrove prima che la cronista del L.A. Times lo vedesse, ma era troppo tardi. I loro occhi si incrociarono e si fissarono, poi lei fece un cenno quasi impercettibile col capo. Bosch non restituì il cenno. Temeva che qualcuno lo notasse. Non era mai saggio rivelare pubblicamente di conoscere un giornalista. Così si accontentò di reggere lo sguardo di Keisha per qualche altro istante e poi staccò gli occhi. La porta su un lato del palco si aprì e comparve O'Rourke, che si girò per far passare il capo della polizia, il quale entrò nella sala indossando un completo grigio antracite. O'Rourke raggiunse il podio e si chinò verso l'albero di microfoni. Era ancora più alto del capo della polizia, sulla cui statura erano stati regolati i microfoni. «Tutti a posto?» Anche se un paio di operatori televisivi dal fondo della sala gridarono «No» e «Un momento», O'Rourke li ignorò. «Il capo della polizia ha una breve dichiarazione da rilasciare sui fatti
odierni e poi risponderà alle vostre domande. Ma solo gli elementi generali del caso verranno comunicati in questa occasione, a causa dell'indagine in corso. Anche il vicecapo Irving è qui per rispondere alle vostre domande. Cerchiamo di mantenere un po' di ordine e ce la sbrigheremo in modo rapido e soddisfacente per tutti. Capo...» O'Rourke si fece da parte e il capo della polizia si avvicinò al podio. Era una figura che faceva colpo. Alto, scuro, attraente, aveva lavorato per trent'anni come poliziotto in quella città ed era un esperto nei rapporti con i media. Tuttavia, era nuovo nella carica di capo. Era stato scelto solo l'estate prima dopo che il suo predecessore, un grassone estraneo al mondo della polizia, con nessuna sensibilità per il dipartimento e ben poca per la cittadinanza, era stato scaricato a favore di uno del mestiere, bello al punto che avrebbe potuto interpretare se stesso in un film di Hollywood. Per alcuni istanti il capo osservò in silenzio i visi nella sala. Le vibrazioni che Bosch percepiva in sala gli dicevano che questo caso costituiva la prima, autentica prova del fuoco nel suo incarico di capo. Ed era sicuro che anche il capo lo sentisse. «Buongiorno» esordì finalmente. «Oggi ho cattive notizie da comunicare. Le vite di due cittadini sono state spezzate la scorsa notte, qui in centro. Catalina Perez e Howard Elias si trovavano separatamente sulla funicolare di Angels Flight, quando sono stati raggiunti da colpi d'arma da fuoco e uccisi, poco prima delle undici. Quasi tutti, nella nostra città, conoscono Howard Elias. Riverito o talvolta discusso, era un uomo che comunque faceva parte della nostra città e che ha aiutato a forgiare la nostra cultura. Catalina Perez, invece, come tanti di noi, non era una persona famosa, non era una celebrità. Faceva solo del suo meglio per lavorare e guadagnare onestamente affinché lei e la famiglia - un marito e due bambini - potessero vivere con dignità. Lavorava come domestica. Lavorava lunghi giorni e lunghe notti, e stava tornando a casa dalla sua famiglia quando è stata uccisa. Questa mattina, io sono qui semplicemente per assicurare ai nostri cittadini che questi due delitti non resteranno impuniti né verranno dimenticati. Potete stare certi: lavoreremo a questa indagine senza un minuto di sosta, finché non avremo ottenuto giustizia per Catalina Perez e Howard Elias.» Bosch fu costretto ad ammirare il capo. Stava confezionando entrambe le vittime in un pacco solo, facendo apparire improbabile che Elias fosse stato il vero bersaglio e Catalina Perez soltanto una sfortunata vittima casuale. Stava astutamente tentando di dipingerle come vittime paritarie di
quella violenza insensata e spesso fortuita che era il cancro della città. «In questo momento, non possiamo dilungarci in troppi dettagli a causa del riserbo richiesto dall'indagine in corso. Ma possiamo dire che vi sono delle piste sulle quali si sta investigando, e che abbiamo motivo e speranza di credere che l'assassino o gli assassini vengano identificati e condotti davanti alla giustizia. Nel frattempo, noi chiediamo che i cittadini di Los Angeles mantengano la calma e ci consentano di svolgere al meglio il nostro lavoro. Ciò contro cui dobbiamo stare in guardia in questo momento sono le conclusioni affrettate. Non vogliamo che nessuno abbia a patirne. Il dipartimento, attraverso me o il vicecapo Irving o l'ufficio preposto ai rapporti con la stampa, fornirà regolari aggiornamenti sul procedere delle indagini. Le informazioni saranno fornite ogniqualvolta potranno essere divulgate senza che compromettano le indagini o l'eventuale perseguimento legale dei sospetti.» Il capo fece un mezzo passo indietro dal podio e guardò O'Rourke: era il segnale che aveva finito. O'Rourke fece per muoversi verso i microfoni, ma prima ancora che avesse preso posizione, dal pubblico di cronisti si levò un coro tumultuoso di «Capo!». E sopra il frastuono echeggiò la voce bassa e risonante di un singolo reporter, una voce che Bosch e chiunque altro in possesso di un televisore riconobbero: era la voce di Harvey Button, di Channel four. «È stato un poliziotto a uccidere Howard Elias?» La domanda provocò un silenzio momentaneo, poi di nuovo sommerso dal coro. Il capo tornò sul podio e sollevò le mani come se tentasse di calmare un branco di cani. «Okay, un attimo di calma. Non voglio che tutti mi urlino le loro domande. Uno alla...» «È stato un poliziotto, capo? A questo è in grado di rispondere o no?» Era ancora Button. Questa volta gli altri reporter rimasero in silenzio, e così facendo si accodarono a lui, chiedendo con il loro mutismo che il capo rispondesse alla domanda. Era, in fin dei conti, la domanda chiave. L'intera conferenza stampa si riduceva a una sola domanda e a una sola risposta. «Al momento» disse il capo «non siamo in grado di rispondere. Le indagini sono appena iniziate. Naturalmente, noi tutti qui sappiamo dei rapporti di Howard Elias con questo dipartimento. Non sarebbe un onesto lavoro di polizia se non indagassimo anche al nostro interno. E vi assicuro: lo faremo. Lo stiamo già facendo, ma allo stato attuale...» «Signore, come può il dipartimento indagare su se stesso e risultare an-
cora credibile di fronte alla cittadinanza?» Di nuovo Button. «Ottima domanda, signor Button. In primo luogo, la cittadinanza può stare sicura che questa indagine raggiungerà il suo obiettivo in qualunque direzione si debba procedere. Andremo fino in fondo senza guardare in faccia a nessuno. Se un agente di polizia risulterà responsabile, verrà assicurato alla giustizia. Lo garantisco. In secondo luogo, il dipartimento è supportato nell'indagine dall'ispettrice generale Carla Entrenkin, che come voi tutti sapete è un'osservatrice civile che riferisce direttamente alla Commissione di Polizia, al consiglio municipale e al sindaco.» Il capo alzò una mano per bloccare un'altra domanda di Button. «Non ho finito, signor Button. A questo punto, vorrei presentarvi l'agente speciale Gilbert Spencer, viceresponsabile dell'ufficio di Los Angeles dell'FBI. Ho discusso a lungo con l'agente Spencer di questo delitto e delle indagini, e lui ci ha garantito la piena collaborazione del Bureau. A partire da domani, agenti FBI lavoreranno fianco a fianco con i detective del dipartimento di Los Angeles, in uno sforzo congiunto per condurre questa indagine a una rapida e positiva conclusione.» Bosch cercò di non lasciar trapelare nessuna reazione mentre ascoltava il capo che annunciava il coinvolgimento dell'FBI. Non ne era poi così sorpreso. Capiva che era una buona mossa da parte del capo e che poteva guadagnare un po' di tempo di fronte all'opinione pubblica. Poteva addirittura risultare utile a risolvere il caso, anche se questa era probabilmente una valutazione secondaria nella decisione del capo. Lui era soprattutto interessato a spegnere gli incendi prima che venissero appiccati. Il Bureau era un ottimo estintore in tal senso. Però Bosch era irritato per essere stato lasciato fuori dal gioco delle decisioni e per aver dovuto scoprire l'entrata in scena del Bureau insieme a Harvey Button e tutti gli altri giornalisti. Lanciò un'occhiata a Irving, che la raccolse sul suo radar e lo guardò a sua volta. Si scambiarono occhiate dure finché Irving spostò la sua attenzione sul podio, dove Spencer aveva preso posto dietro la selva di microfoni. «Per ora non ho molto da dire» esordì l'uomo del Bureau. «Assegneremo una squadra alle indagini. Questi agenti lavoreranno insieme ai detective del dipartimento di Los Angeles ed è nostra opinione che insieme risolveremo rapidamente il caso.» «Indagherete sugli agenti del "caso Black Warrior"?» chiese un reporter. «Verificheremo ogni cosa, ma al momento non possiamo rendere pubblica la nostra strategia investigativa. Da questo momento in poi, tutti i
rapporti con la stampa verranno tenuti da responsabili del dipartimento di polizia di Los Angeles. Il Bureau...» «Con quale autorità l'FBI entra nel caso?» domandò Button. «In base alle norme federali sui diritti civili, il Bureau ha l'autorità di aprire un'indagine per stabilire se i diritti di un individuo siano stati violati sotto l'apparenza della legalità.» «L'apparenza della legalità?» «Sì, per esempio da un agente delle forze dell'ordine. E ora lascio la parola a...» Spencer scese dal podio senza completare la frase. Era chiaro che non gli piaceva trovarsi sotto i riflettori dei media. Il capo della polizia riprese il suo posto e presentò Irving, che quindi lo sostituì sul podio e cominciò a leggere un comunicato stampa più ricco di particolari sul delitto e sulle indagini. Erano ancora dati generici, non se ne poteva ricavare granché. Il comunicato menzionava anche il nome di Bosch quale detective a capo delle indagini. Spiegava inoltre perché il potenziale conflitto di interessi con la Divisione Rapine-Omicidi e gli impegni precedenti dei detective della Divisione Centrale avessero motivato la scelta di una squadra della Divisione Hollywood per occuparsi del caso. Dopo di che Irving disse che avrebbe risposto ad eventuali domande, purché non compromettessero il corso delle investigazioni. «Può essere più preciso sulla direzione attuale presa dalle indagini?» chiese un reporter battendo sul tempo i colleghi. «Per ora non esiste una sola direzione» disse Irving. «Stiamo investigando ad ampio raggio, dagli agenti di polizia che potevano nutrire rancori verso Howard Elias, sino alla possibilità che il duplice omicidio sia stato commesso a scopo di rapina. Noi...» «Un chiarimento» abbaiò un altro reporter, sapendo che era necessario porre la propria domanda prima che l'oratore terminasse la precedente risposta, altrimenti sarebbe stato impossibile farsi sentire nel bailamme successivo. «Sulla scena del crimine c'era qualcosa che stesse a indicare una rapina?» «Per ora non possiamo divulgare i rilievi effettuati sulla scena del crimine.» «Secondo le mie informazioni, sul corpo non sono stati trovati il portafoglio e neppure l'orologio.» Bosch osservò il reporter. Non era uno della TV. Lo si capiva dal vestito stropicciato. E non sembrava neppure del L.A. Times, dal momento che
Keisha Russell era già sul posto. Chiunque fosse, gli era giunta la soffiata sul portafoglio e l'orologio. Irving fece una pausa come se stesse decidendo quanto rivelare. «Le sue informazioni sono esatte ma incomplete. Pare che il signor Elias abbia lasciato orologio e portafoglio nella sua scrivania quando ha lasciato lo studio la scorsa notte. Gli effetti personali sono stati ritrovati là. Naturalmente ciò non esclude una tentata rapina come movente del duplice delitto, ma le indagini sono appena iniziate e al momento attuale noi sappiamo troppo poco per azzardare qualche ipotesi in merito.» Keisha Russell, sempre composta e dotata di nervi d'acciaio, non si era unita agli strilli per attirare l'attenzione. Era rimasta seduta calma con la mano alzata, in attesa che gli altri esaurissero le loro bordate e Irving si rivolgesse a lei. Dopo aver risposto a qualche domanda ripetitiva dei cronisti televisivi, finalmente Irving la chiamò per nome. «Ha detto che gli effetti personali del signor Elias sono stati ritrovati oggi nel suo studio. Avete quindi perquisito il suo studio? E in tale caso, è stato fatto qualcosa per proteggere il diritto alla riservatezza prevista per i clienti dell'avvocato, i quali, dal primo all'ultimo, hanno cause pendenti contro quello stesso dipartimento che ha condotto la perquisizione dello studio?» «La ringrazio della domanda» ribatté Irving. «Non abbiamo condotto una perquisizione completa dell'ufficio della vittima proprio per il motivo da lei menzionato, ossia il rispetto della riservatezza. È qui che entra in scena l'ispettrice generale Entrenkin, che in questo stesso momento sta esaminando le pratiche nell'ufficio della vittima. Le consegnerà agli investigatori solo dopo aver verificato se contengono informazioni confidenziali che possano godere del privilegio di riservatezza riconosciuto al rapporto avvocato-cliente. Questa procedura di controllo è stata subito disposta dallo stesso giudice che ha emesso i mandati di perquisizione per lo studio di Howard Elias. A quanto mi risulta, il portafoglio e l'orologio sono stati trovati dentro o sopra la scrivania della vittima, come se lui li avesse semplicemente dimenticati la notte scorsa quando ha lasciato l'ufficio. E per il momento, mi pare sia tutto. Abbiamo un'indagine sulla quale concentrare la nostra attenzione. Quando vi saranno ulteriori aggiornamenti vi...» «Un'ultima domanda» gridò Russell. «Perché il dipartimento è subito passato al servizio dodici-dodici, cioè ai turni di dodici ore?» Irving fece per rispondere, ma poi lanciò un'occhiata al capo della polizia, che annuì e tornò sul podio riprendendo la parola.
«Vogliamo essere pronti a ogni eventualità» disse. «Adottare i turni di dodici ore ci permette di avere più agenti per le strade in qualunque momento. Noi riteniamo che i cittadini di Los Angeles manterranno la calma e ci lasceranno il tempo utile a condurre con serenità la nostra indagine. Tuttavia a semplice scopo cautelativo, ho ritenuto preferibile diramare l'ordinanza che pone tutti gli agenti in servizio per turni di dodici ore fino a nuovo ordine.» «È il piano di risposta elaborato a seguito delle passate sommosse?» chiese Russell. «Il dipartimento venne allora colto impreparato perché non aveva nessun piano...» «È il piano predisposto dopo i fatti del 1992, sì.» Stava per allontanarsi dal podio quando Keisha Russell gli lanciò un'altra palla a effetto. «Allora vi aspettate reazioni violente.» Venne pronunciata come una constatazione, non come una domanda. Il capo tornò ai microfoni. «No, signorina Russell, io non mi aspetto niente di simile. Come ho già detto, è solo una misura prudenziale. Io mi aspetto piuttosto che i cittadini della nostra comunità agiscano in modo calmo e responsabile. E mi auguro che i media agiscano allo stesso modo.» Aspettò qualche reazione da Keisha Russell, ma non ce ne furono. O'Rourke si fece rapidamente avanti e si chinò verso i microfoni. «Okay, è tutto. Troverete copie del comunicato del vicecapo Irving nel nostro ufficio relazioni pubbliche fra un quarto d'ora circa.» Mentre i reporter sciamavano lentamente fuori dalla sala, Bosch tenne gli occhi puntati sull'uomo che aveva fatto la domanda sul portafoglio e l'orologio. Era curioso di sapere chi fosse e per quale testata lavorasse. Nell'ingorgo che si produsse alla strettoia dell'uscita, il giornalista si trovò accanto a Button e i due cominciarono a chiacchierare. Bosch pensò che fosse molto strano, perché non aveva mai visto un reporter della carta stampata dire nemmeno buongiorno a un collega della televisione. «Detective?» Bosch si girò. Il capo della polizia era fermo dietro di lui con la mano tesa. Bosch la strinse istintivamente. Aveva passato quasi venticinque anni nel dipartimento contro i trenta del capo, eppure non si erano mai trovati così vicini da scambiare due parole e ancor meno stringersi la mano. «Capo.»
«Sono lieto di conoscerla. Volevo farle sapere quanto contiamo su di lei e sulla sua squadra. Se ha bisogno di qualcosa non esiti a contattare il mio ufficio o a rivolgersi al vicecapo Irving. Per qualunque cosa.» «Be', per il momento penso che possiamo cavarcela. Comunque apprezzo la sfida col Bureau.» Il capo esitò ma solo per una frazione di secondo, considerando in apparenza trascurabile la velata lamentela di Bosch. «Non abbiamo potuto farne a meno. Fino a poco prima che iniziasse la conferenza stampa non ero sicuro che il Bureau fosse disposto a collaborare.» Il capo si girò e cercò l'uomo dell'FBI. Spencer stava parlando con Irving. Il capo fece loro segno di avvicinarsi e presentò Bosch a Spencer. A Bosch sembrò di notare un'ombra sprezzante sul viso di Spencer. Nel corso degli anni non aveva accumulato esperienze troppo positive nei suoi rapporti con l'FBI. Non aveva mai avuto a che fare direttamente con Spencer, ma se era l'agente speciale responsabile in seconda dell'ufficio locale di Los Angeles, doveva aver sentito parlare di lui. «Come contate di procedere, signori?» chiese il capo. «Posso radunare e portare qui i miei uomini domani mattina alle otto, se siete d'accordo» disse Spencer. «Eccellente. Irving?» «Sì, andrà benissimo. Lavoreremo nella sala riunioni accanto al mio ufficio. La nostra squadra sarà là alle otto. Potremo esaminare insieme i primi risultati e cominciare da quelli.» Tutti annuirono tranne Bosch. Sapeva di non avere voce in capitolo. Il gruppetto si sciolse e tutti si diressero verso la porta dalla quale era entrato il capo. Bosch si trovò accanto a O'Rourke. Gli chiese se conosceva il reporter che aveva fatto la domanda sul portafoglio e l'orologio. «Tom Chainey.» Il nome risultava in qualche modo familiare a Bosch, ma non sapeva perché. «È un cronista?» «Non proprio. Molti anni fa lavorava per il L.A. Times, ma poi è passato alla TV. È l'inviato di fiducia di Harvey Button. Non è abbastanza bello per andare in onda, così gli pagano una tonnellata di soldi per procurare degli scoop a Harvey e per dirgli cosa deve dire e chiedere in modo da sembrare in gamba. Harvey ha la faccia e la voce, Chainey ha il cervello... Ma perché me lo chiedi? C'è qualcosa che posso fare per te?»
«No. Era solo una curiosità.» «Stai pensando alla domanda sul portafoglio e l'orologio? Be', come ho detto, Chainey è sulla piazza da parecchio. Ha le sue fonti. Più di molti altri.» Varcarono la porta e Bosch girò a sinistra per tornare alla sala riunioni di Irving. Voleva lasciare l'edificio ma non gli andava di aspettare l'ascensore in coda con tutti i giornalisti. Irving lo aspettava in sala riunioni. Sedeva nello stesso posto che aveva occupato prima. «Dolente per la faccenda del Bureau» disse. «L'ho saputo solo pochi minuti prima della conferenza stampa. È stata un'idea del capo.» «Così ho sentito. Probabilmente è stata una mossa astuta.» Rimase in silenzio per qualche secondo, in attesa che Irving facesse la mossa seguente. «Quindi, ciò che voglio adesso è semplice: faccia completare alla sua squadra gli interrogatori che avete in corso e poi prendetevi tutti una notte di riposo, perché domani si ricomincia da capo.» Bosch dovette trattenersi dallo scuotere negativamente la testa. «Vuol dire che dobbiamo fermare tutto finché il Bureau non si fa vivo? Capo, questo è un omicidio... un duplice omicidio. Non possiamo semplicemente chiudere baracca e ricominciare domani.» «Non sto parlando di fermare tutto. Ho solo detto di completare ciò che state facendo al momento. Domani ci raduniamo in una nuova formazione e allestiamo un nuovo piano di battaglia. Voglio che la sua gente sia fresca e pronta a scattare.» «Bene. Come vuole.» Ma Bosch non aveva intenzione di stare ad aspettare il Bureau. Era deciso a continuare l'indagine, a spingerla a tutta forza e poi a seguirla fin dove lo avrebbe condotto. Quello che diceva Irving non contava. «Posso avere una chiave di questa stanza?» chiese Bosch. «Fra poco dovremmo ricevere la prima parte delle pratiche filtrate dalla nostra ispettrice generale. Ci serve un posto sicuro per custodirle.» Irving si piegò su un lato e frugò in una tasca. Ne tolse una chiave sciolta e la spinse attraverso il tavolo. Bosch la prese per inserirla nel suo mazzo di chiavi. «Quante persone ne hanno una copia?» disse. «Tanto per saperlo.» «Non deve preoccuparsi, detective. In questa stanza non entrerà nessuno che non sia un membro della squadra o che non abbia il mio permesso.»
Bosch annuì, anche se Irving non aveva risposto alla sua domanda. 15 Mentre varcava le porte di vetro del Parker Center, Bosch assistette all'inizio della produzione e confezione di un evento televisivo. Sparpagliate nella piazza davanti all'edificio c'erano una mezza dozzina di cronisti e operatori televisivi pronti a trasmettere servizi introduttivi ai brani filmati durante la conferenza stampa. Parcheggiata lungo il marciapiede c'era un'intera foresta a microonde... una fila di camioncini TV con le trasmittenti rizzate alte. Era un sabato, solitamente il giorno più fiacco della settimana per i notiziari. Ma l'omicidio di Elias era una notizia grossa. Garantiva l'apertura del notiziario e vari pezzi successivi. Era il sogno divenuto realtà per più di un responsabile dei programmi di quel sabato. Le stazioni locali sarebbero partite a mezzogiorno. E la bomba sarebbe scoppiata. La notizia dell'omicidio di Elias avrebbe spazzato la città come il più infuocato dei venti di Santa Ana, portando a fior di pelle i nervi di ognuno e magari tramutando silenziose frustrazioni in gesti violenti e persino malvagi. Il dipartimento - e l'intera città, quanto a questo - era in balia delle reazioni sociali provocate da quei bei giornalisti e mezzibusti televisivi tirati a lustro. La speranza era che i loro servizi non alimentassero le tensioni che già covavano sotto la cenere nella multietnica Los Angeles. La speranza era che avrebbero dimostrato misura, onestà e buon senso, che si sarebbero accontentati di riferire i fatti conosciuti senza alcuna speculazione o colpo di testa editoriale per far colpo sul pubblico. Ma Bosch sapeva che queste speranze avevano le stesse possibilità di Elias quando aveva posto piede sulla funicolare di Angels Flight poco più di dodici ore prima. Bosch tagliò subito a sinistra e si diresse verso il parcheggio per i dipendenti, badando a non entrare nel campo visivo di qualche telecamera in agguato. Non voleva finire nei notiziari, a meno che non fosse assolutamente necessario. Riuscì a non farsi notare e arrivò alla macchina. Dieci minuti più tardi parcheggiava in divieto davanti al Bradbury, dietro un ennesimo camioncino della TV. Scendendo si guardò intorno ma non vide nessuno della squadra televisiva. Pensò che fossero andati a piedi fino alla stazione di Angels Flight a filmare qualche spezzone per il servizio. Raggiunto l'ultimo piano con il vecchio ascensore, Bosch ne aprì il cancelletto e, uscendo nel corridoio, si trovò davanti il commentatore televisi-
vo Harvey Button, il suo inviato di fiducia e un cameraman. Ci fu un silenzio impacciato e Bosch cercò di girare loro intorno con disinvoltura. Ma l'inviato gli si rivolse. «Uh, detective Bosch... Sono Tom Chainey, di Channel Four.» «Buon per lei.» «Mi chiedevo se non avremmo potuto parlare qualche istante del...» «No, non possiamo parlare. Vi auguro una buona giornata.» Bosch riuscì ad aggirarli e si avviò verso lo studio di Elias. Chainey continuò a parlargli da dietro. «Ne è sicuro? Stiamo ricevendo molte informazioni e probabilmente sarebbe molto meglio per entrambi se potessimo avere una conferma. Non vogliamo procurarle nessun problema. Sarebbe meglio se potessimo lavorare in squadra. Lo sa.» Bosch si fermò e si girò a guardarlo. «No, non lo so» disse. «Se volete trasmettere informazioni non confermate questo riguarda soltanto voi. Ma io non confermo niente. E una squadra ce l'ho già.» Si girò senza aspettare una risposta e proseguì verso la porta con sopra stampato il nome di Howard Elias. Non sentì altro da Chainey o Button. Quando entrò nello studio trovò Janis Langwiser seduta dietro la scrivania della segretaria. Sfogliava una pratica. Accanto alla scrivania c'erano tre scatole di cartone piene di pratiche che prima non c'erano. Janis sollevò lo sguardo. «Detective Bosch.» «Salve. Queste scatole sono per me?» Lei confermò. «La prima infornata. E, a proposito, non è stato carino quello che ha fatto prima.» «Che cosa?» «Dirmi che stavano rimuovendo la mia auto. Era una bugia, non è vero?» Bosch se lo era del tutto scordato. «Ah, ecco, no, non proprio» disse. «Era in zona di rimozione. L'avrebbero beccata.» Sorrise perché entrambi sapevano che come scusa non valeva proprio nulla. Si sentì arrossire. «Senta, dovevo parlare in privato con l'ispettrice Entrenkin. Mi dispiace.»
Prima che lei potesse ribattere qualcosa, Carla Entrenkin infilò dentro la testa dalla stanza accanto. Anche lei aveva una pratica fra le mani. Bosch le indicò le tre scatole sul pavimento. «Facciamo progressi.» «Lo spero. Posso parlarle un attimo qui dentro?» «Certo. Ma, prima del mio arrivo, quelli di Channel Four sono venuti a cercare di parlarvi?» «Sì» disse Janis. «E prima di loro è arrivato Channel Nine.» «Avete parlato con loro?» Gli occhi di Janis schizzarono per un attimo verso Carla Entrenkin, poi si abbassarono verso il pavimento. Non disse nulla. «Ho fatto una breve dichiarazione» disse Carla Entrenkin. «Cose innocue: ho spiegato semplicemente il mio ruolo. Possiamo parlare qui dentro?» Arretrò dalla soglia e Bosch entrò nella stanza dell'archivio. Sulla scrivania c'era un'altra scatola di cartone piena per metà di pratiche. Carla Entrenkin chiuse la porta dietro di lui. Poi gettò la cartella che aveva in mano sulla scrivania, incrociò le braccia e assunse un'espressione severa. «Cosa c'è?» chiese Bosch. «Tom Chainey mi ha appena detto che alla conferenza stampa è stato annunciato che How... uh, il signor Elias, aveva lasciato portafoglio e orologio in ufficio, nella sua scrivania. E ho pensato che quando questa mattina vi era stato detto di andarvene, fosse chiaro che...» «Mi dispiace. Me ne sono dimenticato.» Bosch appoggiò la valigetta sulla scrivania e l'aprì. Tirò fuori le due buste di plastica contenenti il portafoglio e l'orologio. «Li avevo già imbustati e messi in valigetta prima che lei arrivasse. Li ho dimenticati qui dentro e me li sono portati dietro. Vuole che li rimetta dove li ho trovati?» «No. Volevo solo una spiegazione. E non sono certa di credere a quella che mi ha appena fornito.» Ci fu un lungo silenzio. Si fissarono negli occhi. «Voleva parlarmi solo di questo?» chiese infine Bosch. Lei si girò verso la scrivania e riprese la pratica che stava esaminando. «Speravo che il nostro rapporto sarebbe stato migliore.» «Senta» disse Bosch mentre richiudeva la valigetta, «lei ha i suoi segreti. Deve concedermi di avere i miei. Quello che conta è che Howard Elias non è stato rapinato. Quindi ripartiamo da qui. Okay?»
«Se mi sta dicendo che alcune persone coinvolte in questa indagine hanno tentato di manipolare le prove, allora...» «Non le sto dicendo niente.» Bosch vide una vampata d'ira nei suoi occhi. «Certi personaggi non dovrebbero far parte del dipartimento. E lei lo sa.» «Questa è un'altra battaglia per un altro giorno. Ho cose più impor...» «Ci sono persone che pensano che non esista cosa più importante per un dipartimento di polizia che l'integrità dei suoi membri non sia messa in discussione.» «Sta tenendo una conferenza stampa, ispettrice? Ora devo portarmi via queste pratiche. Tornerò più tardi per la seconda infornata.» Fece per tornare verso l'ingresso. «Credevo solo che lei fosse diverso, tutto qui» disse lei. Lui si girò di nuovo verso di lei. «Non può sapere se sono diverso perché non sa ancora come sono. Ne riparleremo più tardi.» «C'è un'altra cosa che manca.» Bosch si bloccò e tornò a guardarla. «Cosa?» «Howard Elias era un maniaco degli appunti. Teneva sempre un taccuino a spirale sulla scrivania o con sé. Il suo ultimo taccuino è scomparso. Sa dove sia finito?» Bosch si avvicinò ancora alla scrivania e riaprì la sua valigetta. Ne estrasse il taccuino e lo gettò sulla scrivania. «Non mi crederà, ma lo avevo già messo nella valigetta quando lei è arrivata stamattina per sbatterci fuori.» «A dire il vero, le credo. Lo ha letto?» «In parte. Sempre prima che lei arrivasse.» Lo fissò per un lungo istante. «Gli darò un'occhiata e se è okay lo riavrà più tardi. Grazie per averlo restituito.» «Non c'è di che.» Quando Bosch arrivò da Philippe's the Original, gli altri erano già sul posto e stavano mangiando. Si erano seduti a uno dei lunghi tavoli nella sala sul retro ed erano soli. Decise di pensare al lavoro prima di mettersi in coda davanti al bancone per ordinare.
«Com'è andata?» gli chiese Rider mentre scavalcava la panca e sedeva al suo fianco. «Oh, credo di essere troppo bianco per piacere a Irving. Gli è dispiaciuto che non ci foste voi.» «Be', vada a farsi fottere» disse Edgar. «Non mi sono arruolato per queste merdate.» «Neanch'io» disse Rider. «Di che parlavate?» chiese Chastain. «Questioni razziali» disse Rider. «Normale che tu non riesca a capirlo.» «Ehi, io...» «Lasciamo perdere» intervenne Bosch. «Parliamo delle indagini, okay? Prima tu, Chastain. Avete setacciato gli appartamenti?» «Già, abbiamo finito. Niente.» «Però abbiamo saputo qualcosa sulla donna» disse Fuentes. «Oh, sì, certo.» «Quale donna?» «L'altra vittima. Catalina Perez. Aspetta un attimo...» Chastain si piegò sulla panca e si raddrizzò con un taccuino in mano. Passò alla seconda pagina e guardò gli appunti. «Appartamento nove-zero-nove. La Perez era la donna delle pulizie. Ci andava ogni venerdì sera.» «Allora stava andando a lavorare?» chiese Bosch. «No, la storia è diversa. Di solito lei lavora dalle sei alle dieci e trenta, poi scende con la funicolare di Angels Flight fino alla fermata dell'autobus, prende l'autobus e torna a casa. Solo che questa volta, scendendo, deve aver guardato nella borsa ed essersi accorta che il suo quaderno, quello dove teneva i suoi orari e i numeri di telefono, non c'era più. Lo aveva tirato fuori nell'appartamento nove-zero-nove perché il suo datore di lavoro, un certo D.H. Reilly, aveva cambiato il numero di telefono e le aveva comunicato quello nuovo. Lei però ha dimenticato il quaderno sul tavolo della cucina. Così doveva tornare su per riprenderlo, dal momento che c'erano tutti i suoi orari di lavoro. Questa signora...» Si chinò di nuovo sulla panca e sollevò il quaderno. Lo aveva infilato in una busta di plastica per reperti. «... Insomma, ho dato un'occhiata ai suoi orari. Lavorava da rompersi il culo. Aveva impegni tutti i giorni e un sacco di sere. Quel tale, Reilly, ha detto che la sera del venerdì era l'unico momento in cui era riuscito a prenotarla per casa sua. Pare anche fosse molto in gamba...»
«Quindi stava tornando su a riprendersi il suo quaderno quando l'hanno impiombata» disse Edgar. «Così sembra.» «Il vecchio A-I-D-C» disse Rider con una specie di tono cantilenante che però non era affatto divertito. «Come sarebbe?» «Niente.» Rimasero tutti in silenzio per diversi secondi. Bosch pensò a come il fatto di aver dimenticato quel quaderno fosse costato la vita a Catalina Perez. Sapeva che Rider aveva voluto riferirsi all'Assoluta Ingiustizia Della Casualità... quella sigla, che aveva cominciato a usare dopo un anno alla squadra omicidi, riassumeva i colpi di sfortuna, le coincidenze e gli scherzi del destino che spesso causano la morte non naturale delle persone. «Okay, bene» disse infine Bosch. «Adesso sappiamo cosa ci facevano tutti sulla vettura della funicolare. Il resto del palazzo è pulito?» «Nessuno ha sentito niente, nessuno ha visto niente» disse Chastain. «Avete controllato tutti?» «Nessuna risposta in quattro appartamenti. Ma erano tutti disposti sul lato opposto, lontani da Angels Flight.» «D'accordo, per ora accontentiamoci. Kiz, tu hai parlato con la moglie e il figlio...» Rider stava masticando il suo ultimo boccone di sandwich francese con salsa, e tenne sollevato un dito finché non ebbe deglutito. «Sì, separatamente e insieme. Mi sono sembrati sinceri. Tutti e due sono convinti che sia stato un poliziotto. Non ho...» «Certo che ne sono convinti» l'interruppe Chastain. «Lasciala parlare.» «Non ho avuto l'impressione che sapessero molto delle sue cause o di possibili minacce. Non teneva documenti dell'ufficio in casa. Ho sfiorato il tasto della fedeltà e Millie ha detto che credeva che il marito le fosse fedele. Ha detto proprio così: lei lo "credeva". Non mi è sembrata del tutto convincente. Immagino che se lei non avesse dubbi avrebbe detto che lui "era" fedele, non che lei lo "credeva". Capite cosa voglio dire?» «Quindi pensi che lei lo sapesse?» «Può darsi. Ma penso che, anche sapendolo, lei era il tipo capace di digerirlo. Essere la moglie di Howard Elias comportava un gran prestigio sociale. Molte mogli fanno delle scelte. Guardano da un'altra parte per certe cose, ma in tal modo mantengono intatta l'immagine pubblica.»
«E il figlio?» «Credo che per lui il padre fosse un dio. Soffre parecchio.» Bosch annuì. Aveva il massimo rispetto per le doti di Rider negli interrogatori. L'aveva vista in azione e sapeva che era empatica. Sapeva inoltre di averla usata in un ruolo analogo a quello che Irving avrebbe voluto farle ricoprire durante la conferenza stampa. L'aveva incaricata dei colloqui successivi con la famiglia perché sapeva che era in gamba, ma anche perché lei era nera. «Hai chiesto la cosa più importante?» «Sì. Ieri sera erano in casa tutti e due. Nessuno di loro è uscito. Si forniscono un alibi a vicenda.» «Splendido» disse Chastain. «Okay, Kiz» disse Bosch. «Nessun altro ha scovato qualcosa di significativo di cui parlare?» Bosch si sporse sul tavolo in modo da poter vedere in faccia tutti quanti. Nessuno aprì bocca. Notò che tutti avevano finito i loro sandwich. «Be', non so se avete saputo qualcosa della conferenza stampa, ma il capo ha chiamato la cavalleria. Domani mattina il Bureau entra nel caso. Abbiamo una riunione alle otto nella sala riunioni di Irving.» «Merda!» commentò Chastain. «Cosa diavolo credono di poter fare che non possiamo fare noi?» chiese Edgar. «Probabilmente niente» disse Bosch. «Ma dare l'annuncio durante la conferenza stampa probabilmente servirà parecchio a mantenere la pace sociale. Per ora, almeno. Comunque, aspettiamo domani per preoccuparci, quando avremo visto come buttano le cose. Ci resta ancora metà giornata. Irving ci ha dato una specie di congedo in via ufficiosa fino a che i federali non si faranno vivi, ma è una cazzata. Io dico di continuare a lavorare.» «Sì, non vogliamo che lo squalo affoghi, vero?» disse Chastain. «Esatto, Chastain. Ora, lo so che nessuno di noi ha dormito molto. Propongo che alcuni di noi continuino a lavorare e stacchino presto, mentre gli altri vanno a casa a farsi un sonnellino per riprendere più freschi in serata. Qualcosa in contrario?» Di nuovo nessuno aprì bocca. «D'accordo, ecco come ci dividiamo. Ho tre scatole di pratiche di Elias nel bagagliaio della macchina. Voglio che voi degli Affari Interni le prendiate e torniate nella sala riunioni di Irving. Esaminate le pratiche, spulciate i nomi dei poliziotti e di chiunque altro da controllare. Voglio un elenco.
Via via che avremo degli alibi sicuri cancelleremo i nomi dall'elenco e procederemo. Voglio che l'elenco sia pronto per quando domani arriveranno i federali. Quando avrete finito, potrete staccare e tornarvene a casa.» «E voi altri cosa farete?» chiese Chastain. «Noi controlleremo la segretaria di Elias e il suo impiegato. Dopo, io me ne andrò a casa a fare un sonnellino. Almeno spero. Poi, stasera parleremo con Harris e andremo a fondo di quella faccenda su Internet. Voglio sapere esattamente di che cosa si tratta prima che arrivi il Bureau.» «Dovrete essere molto prudenti con Harris.» «Lo saremo. È uno dei motivi per cui voglio aspettare fino a stasera. Se giocheremo bene le nostre carte, i media non si accorgeranno nemmeno che abbiamo parlato con lui.» Chastain annuì. «Quelle pratiche che dobbiamo prendere, sono vecchie o nuove?» «Sono vecchie. L'ispettrice Entrenkin ha cominciato con i casi già chiusi.» «Quando potremo vedere la pratica "Black Warrior"? È quella che conta. Il resto sono tutte stronzate.» «Spero di riuscire ad averla più tardi in giornata. Ma il resto non sono stronzate. Dobbiamo controllare ogni dannata pratica di quell'ufficio. Perché quella che salteremo sarà probabilmente la pratica che qualche furbone di avvocato ci ficcherà su per il culo al processo. Questo lo capite? Non saltate niente.» «Capito.» «E poi, perché ti interessa tanto la pratica "Black Warrior"? Avete discolpato quegli agenti, giusto?» «Sì, e allora?» «Allora cosa pensi di trovare in quella pratica oltre a quello che sai già? Pensi che ti sia sfuggito qualcosa, Chastain?» «No, ma...» «Ma cosa?» «È la causa del momento. Credo che là dentro ci sia qualcosa.» «Be', lo vedremo. A suo tempo. Per adesso occupatevi delle pratiche vecchie e non saltate niente.» «L'hai già detto, ho capito. Però brucia sapere di sprecare del tempo.» «Benvenuto alla omicidi.» «Sì, certo» Bosch infilò una mano in tasca e ne tolse un sacchetto di carta marrone.
Conteneva diverse copie della chiave che Irving gli aveva consegnato e che lui aveva fatto duplicare a Chinatown mentre si dirigeva verso il ristorante. Capovolse il sacchetto al centro del tavolo e le chiavi si rovesciarono sul ripiano di legno. «Ognuno prenda una chiave. Sono della porta della sala riunioni di Irving. Non appena le pratiche saranno là dentro, voglio che la stanza rimanga sempre chiusa a chiave.» Tutti si allungarono verso il centro del tavolo e presero una chiave, tranne Bosch. Lui aveva già inserito l'originale nel suo mazzo di chiavi. Si alzò e guardò Chastain. «Andiamo a prendere quelle pratiche dalla mia macchina.» 16 I colloqui con la segretaria e l'impiegato risultarono così insignificanti che Bosch rimpianse di non essere andato a dormire. Tyla Quimby, la segretaria, aveva l'influenza ed era rimasta tappata nella sua casa di Crenshaw per tutta la settimana. Non sapeva nulla delle attività di Howard Elias nei giorni precedenti la morte. All'infuori di un possibile contagio influenzale, fornì ben poco a Bosch, Edgar e Rider. Spiegò che Elias era molto riservato sulle sue strategie e sugli aspetti delicati del lavoro. Il ruolo che lei aveva consisteva soprattutto nell'aprire la posta, rispondere al telefono, accogliere visitatori e clienti, e pagare le spese dello studio attingendo a un piccolo conto che Elias riforniva ogni mese. Per quanto riguardava il traffico telefonico, disse che Elias aveva una linea diretta nel suo ufficio, il cui numero nel corso degli anni era diventato piuttosto conosciuto fra amici e colleghi, nonché fra alcuni giornalisti e perfino nemici. Di conseguenza lei si rivelò di scarsa utilità per stabilire se Elias avesse ricevuto minacce dirette nelle settimane precedenti il suo omicidio. Gli investigatori la ringraziarono e se ne andarono, con la speranza di non essersi beccati a loro volta l'influenza. L'impiegato, John Babineux, fu altrettanto deludente. Fu in grado di confermare che erano stati lui e Michael Harris a trattenersi fino a tardi in studio con Elias. Ma Babineux aggiunse che Harris ed Elias erano rimasti soli nell'ufficio privato per quasi tutto il tempo. Babineux si era laureato alla facoltà di legge dell'USC tre mesi prima, e adesso studiava di notte per l'esame di ammissione all'albo e di giorno lavorava come assistente per Elias. Di sera rimaneva spesso fino a tarda ora nell'ufficio di Elias poiché questo
gli consentiva l'accesso ai testi legali necessari a studiare i precedenti giuridici e i codici penali. Quello era un ambiente di studio migliore dell'affollato appartamento che condivideva con altri due studenti di legge nei pressi dell'USC. Poco prima delle undici era uscito insieme a Elias e Harris perché quella sera riteneva di avere studiato abbastanza. Disse che lui e Harris avevano raggiunto a piedi le loro auto in un vicino parcheggio a pagamento, mentre Elias aveva imboccato da solo Third Street in direzione di Hill Street e Angels Flight. Come già Tyla Quimby, anche Babineux descrisse Elias come molto riservato in merito alle sue cause e ai preparativi per i dibattimenti processuali. L'impiegato aggiunse che nel corso dell'ultima settimana la sua attività principale era stata quella di preparare le trascrizioni delle numerose deposizioni raccolte per il processo "Black Warrior". Questo lavoro consisteva nello scaricare tali trascrizioni e il materiale relativo su un computer portatile, che sarebbe stato portato in tribunale e usato da Elias per accedere velocemente a riferimenti a prove e testimonianze durante il dibattimento. Babineux non era in grado di riferire ai detective minacce specifiche a Elias... o almeno nessuna che l'avvocato prendesse sul serio. Descrisse Elias come particolarmente euforico negli ultimi giorni. Disse che il suo principale era sicuro di vincere la causa denominata "Black Warrior". «Diceva che sarebbe stata una passeggiata» riferì Babineux ai tre detective. Mentre risaliva il Woodrow Wilson Drive in direzione di casa, Bosch ripensò ai due interrogatori e si chiese perché Elias si fosse mostrato così riservato sul caso che stava portando in tribunale. Non quadrava con il suo comportamento precedente, con le informazioni passate ai media e le vere e proprie conferenze stampa che spesso distinguevano la sua strategia iniziale. Elias era rimasto stranamente discreto, eppure era sicuro di vincere, tanto da definire quella causa una passeggiata. Bosch sperava che la spiegazione sarebbe emersa non appena avesse ottenuto la pratica "Black Warrior" da Carla Entrenkin, magari nel giro di poche ore. Decise di rimandare ogni speculazione a dopo. Di colpo Eleanor occupò i suoi pensieri. Ripensò all'armadio in camera da letto. Prima aveva evitato volutamente di controllare il suo contenuto, incerto su come avrebbe reagito se avesse scoperto che lei aveva portato via i suoi vestiti. Decise che adesso doveva farlo, non fosse altro che per
farla finita. Era il momento migliore per fare questa verifica, perché la sua stanchezza l'avrebbe comunque fatto crollare in un sonno profondo indipendentemente da ciò che l'aspettava all'apertura dell'armadio. Ma quando girò l'ultima curva vide l'auto di Eleanor, la vecchia Taurus, ferma davanti a casa. Lei gli aveva lasciato aperta la saracinesca del garage. Bosch sentì i muscoli del collo e delle spalle che cominciavano a rilassarsi. Anche la stretta al petto si allentò: lei c'era. La casa era silenziosa. Posò la valigetta sopra una sedia in sala da pranzo e cominciò a togliersi la cravatta attraversando il soggiorno. Poi percorse il breve corridoio e guardò in camera. Le tende erano tirate e la stanza era al buio, ad esclusione della sottile cornice di luce che correva lungo i bordi della finestra. Intravide la figura immobile di Eleanor sotto le coperte del letto. I capelli castani erano sparsi sul cuscino. Entrò in bagno e si spogliò senza fare rumore, posando gli abiti su una sedia. Poi ripercorse il corridoio fino al più lontano bagno degli ospiti per fare una doccia senza svegliarla. Dieci minuti dopo scivolava nel letto al suo fianco. Rimase sdraiato sulla schiena, fissando il soffitto nella penombra. Ascoltò il respiro di lei. Non ne udì il ritmo lento e misurato tipico di Eleanor quando dormiva. «Sei sveglia?» sussurrò lui. «Mmm... hmm.» Lui aspettò un lungo momento. «Dove sei stata?» «All'Hollywood Park.» Bosch non disse nulla. Non voleva accusarla di mentire. Forse Jardine, quel tipo della sicurezza, non l'aveva semplicemente vista durante il controllo sui monitor. Continuò a fissare il soffitto, chiedendosi cos'altro dire adesso. «So che mi hai cercata là» disse Eleanor. «Ho conosciuto Tom Jardine a Las Vegas, quando lavorava al Flamingo. Ti ha mentito quando hai chiamato. Prima è venuto da me.» Bosch chiuse gli occhi e rimase in silenzio. «Mi dispiace, Harry, ma in quel momento non me la sentivo di affrontarti.» «Affrontarmi?» «Sai cosa intendo.» «Non credo, Eleanor. Perché non hai risposto al mio messaggio quando sei tornata a casa?»
«Quale messaggio?» Bosch si rese conto che aveva ascoltato lui stesso il messaggio qualche ora prima. Quindi la luce della segreteria non lampeggiava al rientro di Eleanor. «Non importa. Quando sei tornata?» Lei sollevò la testa dal cuscino per guardare i numeri luminosi dell'orologio sul comodino. «Un paio d'ore fa.» «Com'è andata?» Non gli importava veramente saperlo. Voleva solo che lei continuasse a parlargli. «Abbastanza bene. Ne sono uscita un po' in attivo ma ho sbagliato una mano. Ho perso un bel piatto.» «Cos'è successo?» «Avevo un paio d'assi ma anche quattro fiori... asso, tre, quattro, cinque. Così ho spezzato la coppia di assi. Ho scartato l'asso di cuori aspettando il due di fiori, per fare scala reale. Là i piatti hanno un bonus progressivo per le scale reali. Erano quasi tremila dollari. Miravo a quello.» «E invece?» «Non mi è arrivato il due. Non mi è arrivato neanche un fiori per fare colore. Mi è arrivato l'asso di picche.» «Dannazione...» «Già, ho scartato un asso per ritrovarmi con un altro asso. Sono rimasta in gioco ma senza troppe speranze. Hanno vinto tre dieci... un piatto di quasi trecento dollari. Così, se avessi tenuto la coppia avrei finito con tre assi e avrei vinto. Invece ho sbagliato. A quel punto me ne sono andata.» Bosch non disse nulla. Pensò al suo racconto e si chiese se non stesse cercando di dirgli qualcos'altro. Scartare l'asso di cuori, puntare al piatto più ricco, e fallire. Dopo qualche minuto di silenzio, Eleanor riprese. «Eri fuori per un'indagine? Non sei andato a letto. Me ne sono accorta.» «Sì, è arrivata una chiamata.» «Credevo che non fossi di turno.» «È una storia lunga e ora non mi va di parlarne. Voglio parlare di noi. Dimmi cosa sta succedendo, Eleanor. Non possiamo... così non va bene. Certe notti non so nemmeno dove sei o se stai bene. C'è qualcosa che non va o che ci manca, e io non so che cosa sia.» Lei si girò e si mosse sotto le coperte andandogli vicino. Posò la testa sul
suo petto e sollevò una mano a carezzargli la cicatrice sulla spalla. «Harry...» Lui aspettò ma lei non disse altro. Poi lei si spostò sopra di lui e iniziò un movimento ritmico con i fianchi. «Eleanor, dobbiamo parlarne.» Lui sentì il suo dito sfiorargli le labbra, invitandolo a fare silenzio. Fecero l'amore lentamente, Bosch con la mente affollata di pensieri in subbuglio. L'amava, più di quanto avesse mai amato qualcuno. Sapeva che anche lei lo amava, a modo suo. Averla nella sua vita lo aveva fatto sentire completo. Ma, a un certo punto, come lui aveva notato, Eleanor si era accorta di non provare la stessa sensazione. A lei mancava qualcosa, e la consapevolezza che si trovassero su due piani separati aveva profondamente deluso Bosch. Sul loro matrimonio era calato un sentore di disastro imminente. Durante l'estate lui era rimasto coinvolto in una serie di lunghe indagini, compreso un caso che lo aveva costretto a un viaggio di una settimana a New York. Mentre era via, lei era andata per la prima volta alla sala poker dell'Hollywood Park: forse era la noia della solitudine, oppure la frustrazione per non aver ancora trovato un lavoro decente a Los Angeles. Era dunque ritornata alle carte, a quello che faceva quando Bosch l'aveva conosciuta, e sui tavoli coperti di feltro blu lei aveva ritrovato il modo di riempire il suo vuoto. «Eleanor» disse lui quando ebbero finito di fare l'amore, tenendole le braccia intorno al collo. «Ti amo. Non voglio perderti.» Lei gli tappò la bocca con un lungo bacio e sussurrò: «Dormi, tesoro. Dormi». «Rimani con me» disse lui. «Non andartene mentre dormo.» «Non lo farò.» Lei lo strinse più forte e lui tentò di abbandonarsi, di non pensare a niente. Soltanto per un po', decise. Poi avrebbe ripreso il controllo su ogni cosa. Ma adesso voleva solo dormire. In pochi minuti si addormentò, perdendosi in un sogno nel quale lui saliva con la funicolare di Angels Flight in cima alla collina. L'altra vettura scendeva, incrociava la sua, e lui vi guardava dentro: dentro c'era Eleanor, seduta da sola. E non gli rivolgeva nemmeno uno sguardo. Bosch si svegliò poco più di un'ora dopo. La camera era buia, perché adesso la luce dall'esterno non colpiva direttamente la finestra. Si guardò in-
torno e vide che era solo a letto. Si mise seduto e la chiamò. La sua voce gli ricordò il modo in cui aveva risposto al telefono la notte precedente. «Sono qui» fece lei dal soggiorno. Bosch si infilò i vestiti e uscì dalla camera. Eleanor sedeva sul divano, indossando l'accappatoio che lui le aveva comprato nell'hotel delle Hawaii dove erano andati dopo il matrimonio a Las Vegas. «Ciao» disse lui. «Credevo... non so.» «Parlavi nel sonno. Sono venuta qui.» «Che cosa dicevo?» «Il mio nome, poi qualche altra cosa che non aveva molto senso. Qualcosa su degli angeli che andavano su e giù.» Lui sorrise e annuì, sedendo sulla poltrona sul lato opposto del tavolino. «Sei mai stata ad Angels Flight, a Downtown?» «No.» «È una funicolare con due vetture. Quando una sale sulla collina, l'altra scende. A metà dei binari si incrociano. Ho sognato che stavo salendo e che tu eri sulla vettura che scendeva. Ci siamo incontrati nel mezzo, ma tu non mi guardavi... Cosa pensi che voglia dire: che stiamo camminando in direzioni diverse?» Lei fece un sorriso triste. «Credo che voglia dire che tu sei l'angelo. Stavi salendo.» Lui non sorrise. «Devo tornare al lavoro» disse. «Credo che questo caso mi riempirà le giornate per un po'.» «Vuoi parlarne? Perché ti hanno chiamato?» Le riassunse il caso in una decina di minuti. Gli piaceva sempre parlarle dei suoi casi. Sapeva che era una forma di gratificazione personale, ma spesso lei avanzava anche qualche suggerimento utile o gli faceva notare qualcosa che magari aveva trascurato. Erano trascorsi anni da quando lei era stata un'agente FBI. Era una parte della sua vita che ormai sembrava un ricordo lontano. Ma lui apprezzava ancora la sua logica e la sua abilità investigativa. «Oh, Harry!» disse quando lui ebbe finito di raccontarle la vicenda. «Perché tocca sempre a te?» «Non tocca sempre a me.» «A me sembra di sì. Cosa intendi fare?» «Quello che faccio sempre. Ci lavorerò sopra. Insieme agli altri. C'è un sacco di roba su cui lavorare... a patto che ce ne lascino il tempo. Non sarà
una cosa veloce.» «Ti conosco, cercheranno di sbarrarti la strada in ogni modo possibile. Anche arrestando il responsabile non ne uscirà niente di buono per nessuno, ma tu sei l'unico che può riuscirci. Tu inchioderesti un colpevole anche a costo di farti odiare da tutti i poliziotti di tutte le divisioni.» «Ogni singolo caso è importante, Eleanor. Ogni singola persona. Io disprezzo la gente come Elias: era un parassita... si arricchiva con casi merdosi contro poliziotti che cercavano solo di fare il loro lavoro. Per la maggior parte, almeno, anche se credo che ogni tanto avesse qualche caso legittimo e qualche diritto da far valere. Ma il punto è che nessuno deve poter sfuggire alla legge dopo aver fatto una cosa del genere: anche se è stato un poliziotto ad ammazzarlo, non è giusto.» «Lo so, Harry.» Lei guardò altrove, fuori dalle porte a vetri, oltre la veranda. Il cielo si stava arrossando. Le luci della città si accendevano. «A quanto sei con le sigarette?» chiese lui, tanto per dire qualcosa. «Ne ho fumate un paio. E tu?» «Ancora a zero.» Prima aveva sentito l'odore di fumo nei suoi capelli. Era contento che non gli avesse mentito. «Com'è andata alla Stocks and Bonds?» Aveva esitato prima di chiederlo. Sapeva che era qualcosa di andato storto durante quel colloquio a spingerla verso la sala poker. «Come dalle altre parti. Mi chiameranno se salterà fuori qualcosa.» «La prossima volta che passo alla stazione vado a fare due chiacchiere con Charlie.» La Stocks and Bonds era un'agenzia di prestiti per la libertà provvisoria, la cui sede stava di fronte alla stazione di polizia di Hollywood sulla Wilcox. Bosch aveva sentito che cercavano un cacciatore di fuggiaschi, preferibilmente una donna poiché buona parte di quelli che tagliavano la corda dopo aver versato la cauzione alla stazione di Hollywood erano prostitute, e un cacciatore donna aveva maggiori possibilità di rintracciarle. Era andato a parlarne al proprietario, Charlie Scott, e lui aveva accettato di prendere in considerazione Eleanor per il lavoro. Bosch era stato onesto nel commentare i precedenti di Eleanor, sia quelli buoni che quelli cattivi: all'attivo, lei vantava il lavoro all'FBI, ma al passivo risultava una condanna penale. Scott aveva detto che secondo lui i precedenti penali non avrebbero costituito un problema... l'incarico non richiedeva una licenza statale di in-
vestigatore privato, per la quale Eleanor non possedeva i requisiti dopo la sua condanna. Il problema era che lui preferiva mandare in giro i suoi cacciatori armati, specialmente una donna. Bosch non condivideva la sua preoccupazione: sapeva che molti cacciatori di fuggiaschi non avevano porto d'armi. La vera arte del mestiere, infatti, consisteva nel non avvicinarsi mai alla propria selvaggina al punto di dover usare un'arma. I migliori cacciatori localizzavano le loro prede a distanza di sicurezza e poi chiamavano gli sbirri per effettuare l'arresto. «Non andare a parlargli, Harry. Credo che cercasse soltanto di farti un favore, ma ha capito che non andavo bene sin da prima che mi presentassi al colloquio. Lascia perdere.» «Ma te la saresti cavata bene.» «Questo non c'entra.» Bosch si alzò. «Devo prepararmi.» Andò in camera e si spogliò, poi fece un'altra doccia e indossò un vestito pulito. Quando rientrò nel soggiorno, Eleanor era nella stessa posizione sul divano. «Non so quando torno» disse, senza guardarla. «Abbiamo parecchie cose da fare. Inoltre, domani arriva il Bureau.» «Il Bureau?» «Diritti civili. È stato il capo a chiamarli.» «Pensa che così manterrà la calma nei quartieri neri.» «Lo spera.» «Sai già chi arriverà?» «No. Oggi alla conferenza c'era il vicecapo dell'ufficio locale.» «Come si chiama?» «Gilbert Spencer. Ma dubito che lo rivedremo ancora.» Eleanor scosse la testa. «È uno nuovo, ai miei tempi non c'era. Probabilmente è venuto solo per lo spettacolo.» «Già. Dovrebbe mandarci una squadra domani mattina.» «Buona fortuna.» Lui la guardò e annuì. «Non ho ancora il numero del nuovo ufficio. Se hai bisogno chiama il cercapersone.» «Okay, Harry.» Bosch rimase fermo in piedi per qualche altro secondo prima di chieder-
le finalmente ciò che voleva chiederle fin dall'inizio. «Tornerai là?» Lei guardò di nuovo fuori dalle finestre. «Non lo so. Forse.» «Eleanor...» «Harry, tu hai la tua droga, io ho la mia.» «Questo cosa significa?» «Sai quella sensazione che provi quando hai un nuovo caso? Quel brivido che ti percorre quando sei di nuovo in caccia? Capisci benissimo di cosa sto parlando. Be', io non l'ho più. Io mi affido a quelle cinque carte sollevate dal panno di feltro, al momento in cui vedo cosa mi è entrato. È difficile spiegarlo e più difficile ancora è capirlo, ma in quei momenti mi sembra di essere ancora viva, Harry. Siamo tutti drogati. Solo che le droghe sono diverse. Vorrei avere la tua, ma non posso.» Bosch la fissò per un attimo. Non era sicuro di poter dire qualcosa senza che la sua voce lo tradisse. Si mosse verso la porta, voltandosi un'ultima volta. Varcò la soglia ma poi tornò indietro. «Mi spezza il cuore sentirti parlare così, Eleanor. Ho sempre sperato di riuscire a farti sentire di nuovo viva.» Eleanor chiuse gli occhi. Sembrava quasi sul punto di piangere. «Mi dispiace molto, Harry» sussurrò. «Vorrei non averlo mai detto.» Bosch uscì in silenzio richiudendosi la porta alle spalle. 17 Bosch si sentiva ancora ferito nei suoi sentimenti quando, mezz'ora dopo, arrivò allo studio di Howard Elias. La porta era chiusa a chiave. Bussò. Stava per usare le sue chiavi ma intravide un movimento dietro il vetro verniciato. Carla Entrenkin gli aprì e lo fece entrare. Lei lo osservò, mostrando di aver notato che si era riposato un po' e cambiato. «Ho dovuto prendermi un attimo di respiro» disse lui. «Credo che lavoreremo per buona parte della notte. Dov'è la signorina Langwiser?» «Abbiamo finito e l'ho mandata a casa. Le ho detto che sarei rimasta io ad aspettare. È andata via pochi minuti fa.» Lo precedette nell'ufficio di Elias e sedette ancora dietro la grande scrivania. Bosch lanciò un'occhiata a Anthony Quinn attraverso la finestra, anche se ormai fuori stava scendendo il buio. Vide che c'erano sei scatole di cartone sul pavimento davanti alla scrivania.
«Dolente di averla fatta aspettare» disse. «Pensavo che una volta finito mi avrebbe chiamato sul cercapersone.» «Stavo per farlo. Sono rimasta seduta qui a pensare...» Bosch guardò le scatole. «È il resto delle pratiche?» «Quelle sei sono altre cause chiuse. Queste qui dietro sono le cause ancora aperte.» Scostò la poltrona per indicare il pavimento dietro la scrivania. Bosch si spostò di lato e guardò in basso: c'erano altri due scatoloni pieni. «Questa roba riguarda soprattutto il caso di Michael Harris. In massima parte sono rapporti della polizia e trascrizioni di testimonianze. Ci sono anche pratiche su casi che non sono andati oltre le denunce iniziali. E c'è una cartella che contiene minacce generiche e lettere di svitati... voglio dire non collegate direttamente al caso Harris. Per lo più lettere anonime spedite da razzisti codardi.» «Okay. Cos'è che non ci consegnerà?» «Trattengo solo una pratica. Era l'incartamento su cui lavorava e contiene appunti sulla sua strategia processuale nel caso Harris. Non credo che debba finire nelle vostre mani. Penso che rientri nella protezione prevista per i rapporti confidenziali avvocato-cliente.» «Strategia processuale?» «In pratica, è una mappa del processo. Howard amava tracciare diagrammi delle sue cause. Una volta mi disse che era come un allenatore di football che disegnava le sue partite e l'ordine esatto in cui avrebbe schierato i giocatori prima dell'inizio della partita. Howard sapeva sempre esattamente dove voleva arrivare durante i dibattimenti processuali. La mappa mostra la sua strategia: quale testimone chiamare in un preciso momento, quando esibire una certa prova, cose del genere. Aveva già scritto le prime domande da porre a ognuno dei suoi testimoni. Aveva già preparato l'arringa di apertura e l'aveva inserita nella pratica.» «E allora?» «Non posso consegnarvela. È il punto forte della causa, e penso che qualunque avvocato si troverà a ereditare il caso vorrà seguire la mappa. È un piano brillante. Di conseguenza, il Dipartimento di Polizia di Los Angeles non può venirne a conoscenza.» «Lei pensa che avrebbe vinto?» «Senz'altro. Lei non lo crede?» Bosch sedette su una sedia davanti alla scrivania. Pur avendo fatto un
sonnellino, era ancora stanco e se lo sentiva nelle ossa. «Non conosco i particolari del caso» disse. «L'unica cosa che conosco è un uomo, Frankie Sheehan. Harris lo ha accusato di qualcuna delle sue stronzate... lo sa, la storia del sacchetto di plastica. Ma io so che non può essere stato Frankie.» «Come può esserne sicuro?» «Forse non posso, d'accordo. Il mio è un giudizio che risale a ricordi lontani. Sheehan e io eravamo partner una volta. Io lo conosco: non ce lo vedo a fare quelle cose. E non ce lo vedo neanche a permettere che qualcun altro le faccia.» «La gente può cambiare.» Bosch annuì. «È vero. Ma di solito non nel cuore.» «Il cuore?» «Lasci che le racconti una storia. Una volta Frankie e io abbiamo beccato un ragazzo, un ladro di auto. Il suo metodo era semplice: prima rubava una macchina, un catorcio qualunque, per strada, poi si metteva a guidare e identificava una bella macchina, una di quelle che poteva portare in un'officina illegale per farci un sacco di soldi. Quando vedeva l'auto prescelta, le si metteva dietro e al primo semaforo, tac: la tamponava, le dava un colpetto. Capisce? A lui bastava ammaccarne il paraurti, niente di grave. Allora il proprietario della Mercedes o della Porsche o di quello che era, scendeva per controllare i danni. Il ladro scendeva a sua volta dalla sua macchina da quattro soldi, balzava al posto di guida della macchina di lusso e spiccava il volo. E il proprietario restava impalato all'incrocio con il catorcio.» «Ricordo quando questa tecnica del furto d'auto era di moda.» «Sì, bella moda. Questo ragazzo lo faceva da quasi tre mesi e ci campava mica male. Poi una volta tampona troppo forte una Jaguar XJ6. La vecchietta che la guida non ha la cintura allacciata. Lei pesa sì e no una quarantina di chili e va a sbattere contro il volante. Niente airbag. Si sfonda un polmone e si conficca una costola nell'altro. Così rimane là, seduta, a riempirsi di sangue e a morire. Il ragazzo arriva, apre la portiera e la tira giù dal sedile. L'abbandona in mezzo alla strada e si allontana con la Jaguar.» «Ricordo questo caso. Quando è stato, dieci anni fa? I media ci sono andati a nozze per un bel po'.» «Già. Omicidio da furto d'auto, uno dei primi casi. Ed è qui che arrivia-
mo Frankie e io. Era un caso che scottava, eravamo sotto pressione. Alla fine riceviamo una soffiata sul ragazzo da un'officina illegale giù nella Valle, dove la squadra stradale ha appena fatto una retata. Il ragazzo viveva a Venice, e quando siamo arrivati a prelevarlo ci ha visti. Ha sparato con una trecentocinquantasette attraverso la porta dopo che Frankie ha bussato. Lo ha mancato di un centimetro. Allora Frankie aveva i capelli più lunghi. La pallottola gli è passata fra i capelli. Il ragazzo è scappato dalla porta sul retro e noi lo abbiamo inseguito per tutto il quartiere, chiedendo rinforzi con le radio e correndo come matti. Le chiamate via radio hanno attirato i media... elicotteri, reporter, tutto quanto.» «Lo avete catturato, vero? Me lo ricordo.» «Lo abbiamo rincorso attraverso quasi tutto Oakwood. Alla fine si è infilato in un edificio abbandonato, un covo di drogati. I tossici se la sono subito filata e lui è rimasto dentro. Sapevamo che aveva la pistola: ci aveva già sparato addosso. Avremmo potuto entrare e fargli schizzare il cervello fino al soffitto e nessuno avrebbe sollevato obiezioni. Ma Frankie è entrato per primo e ha convinto il ragazzo a uscire. Là c'eravamo solo lui, io e il ragazzo. Nessuno avrebbe saputo o messo in discussione quello che era successo. Ma Frankie non la pensava così. Spiegò al ragazzo che lui sapeva che la vecchina morta sulla Jaguar era stata un incidente, che in realtà lui non voleva uccidere nessuno. Gli disse che aveva buone possibilità di cavarsela con una condanna non troppo pesante. Quindici minuti prima il ragazzo aveva cercato di ammazzare Frankie, e adesso Frankie cercava di salvare la vita al ragazzo.» Bosch si fermò per qualche istante, ricordando la scena dell'edificio abbandonato. «Alla fine il ragazzo uscì da un armadio a muro, con le mani alzate. Aveva ancora la pistola in pugno. Sarebbe stato così facile... e così giusto. Ma era la partita di Frankie: era stato lui che per poco non si beccava una pallottola in testa. Be', andò a togliere la pistola dalla mano del ragazzo, e io mi limitai ad ammanettarlo. Fine della storia.» Carla Entrenkin rifletté sul racconto per parecchi secondi prima di parlare. «Quindi lei sta dicendo che, poiché ha risparmiato un ragazzo nero che avrebbe potuto ammazzare senza alcun problema, non può avere cercato di soffocare un altro uomo di colore quasi dieci anni dopo.» Bosch scosse la testa e aggrottò la fronte. «No, non sto dicendo questo. Dico che quella è stata solo una delle mol-
te volte in cui ho potuto vedere che cuore ha Frankie Sheehan. E in quell'occasione l'ho capito fino in fondo. Quindi penso che le accuse di Harris siano cazzate. Non avrebbe mai nascosto roba addosso a quel tipo, non gli avrebbe mai chiuso la testa in un sacchetto di plastica.» Aspettò che lei commentasse, ma non lo fece. «E non ho detto niente sul fatto che il ragazzo fosse nero. Questo non c'entrava. È solo qualcosa che lei ha deciso di infilare nella storia.» «Io penso che l'abbia taciuto perché era una cosa ovvia. Forse, se ci fosse stato un ragazzo bianco in quell'edificio abbandonato, non avreste nemmeno pensato che potevate sparargli e uscirne puliti.» Bosch la fissò per un lungo momento. «No, io non la penso così.» «Be', non vale la pena litigare. Ha tralasciato un dettaglio però, non è vero?» «Cosa?» «Pochi anni dopo, il suo amico Sheehan la pistola però l'ha usata: ha piantato diverse pallottole in un nero di nome Wilbert Dobbs. Mi ricordo il caso.» «È una storia diversa, con un uso legittimo delle armi. Dobbs era un assassino che stava per sparare a Sheehan. È stato assolto dal dipartimento, dalla procura, da tutti quanti.» «Ma non da una giuria di suoi pari. È stata una delle cause di Howard, che ha denunciato il suo amico e ha vinto.» «È stata una merdata. Il caso è finito in tribunale pochi mesi dopo la faccenda di Rodney King. A quell'epoca, in questa città, era assurdo pensare che un poliziotto bianco che aveva sparato a un nero potesse ottenere un verdetto di assoluzione.» «Stia attento, detective, sta rivelando troppo di se stesso.» «Senta, quello che ho detto è la verità. Anche lei in cuor suo sa che è la verità. Come mai nel momento in cui la verità potrebbe risultare sgradevole la gente sventola sempre la bandiera della razza?» «Finiamola qui, detective Bosch. Lei difende il suo amico e questo lo ammiro. Credo che dovremo aspettare di vedere cosa succederà quando l'avvocato che erediterà questo caso da Howard lo porterà in tribunale.» Bosch annuì e fu grato della tregua. Quella discussione lo stava mettendo a disagio. «Cos'altro ha trattenuto?» chiese. «In pratica soltanto quest'ultima causa. Ho passato qui dentro tutta la
giornata per una sola pratica.» Fece un lungo sospiro e di colpo sembrò molto stanca. «Si sente bene?» chiese lui. «Sì. Credo che per me sia stato meglio tenere la mente occupata. Non ho avuto molto tempo per pensare a quello che è successo. Ma sono sicura che mi aspetta una notte terribile.» Bosch annuì. «Si sono fatti vivi altri giornalisti?» «Un paio. Li ho spazzolati a dovere e se ne sono andati per la loro strada. Pensano tutti che la città salterà in aria per questa storia.» «E lei cosa pensa?» «Penso che se è stato un poliziotto, non c'è modo di prevedere il casino che succederà. E se non è stato un poliziotto, ci sarà comunque gente che vorrà crederlo. Ma questo lei lo sa già.» Bosch annuì. «C'è una cosa che dovrebbe sapere sulla mappa del processo.» «E sarebbe?» «Malgrado ciò che ha detto su Frank Sheehan qualche istante fa, Howard era deciso a provare l'innocenza di Harris.» Bosch alzò le spalle. «Pensavo che l'avessero già stabilito nel processo penale.» «No, è stato giudicato non colpevole. C'è una differenza. Howard voleva dimostrare la sua piena innocenza rivelando chi era stato.» Bosch la fissò in silenzio, chiedendosi come cavarle altre informazioni. «La mappa del processo rivela chi è stato?» «No. Come ho detto, c'è solo uno schema del processo e una bozza dell'arringa di apertura. Ma la chiave della causa è questa. Voleva dire alla giuria che avrebbe consegnato loro l'assassino. Le sue esatte parole sono: "Vi consegnerò l'assassino". Però non ne ha scritto il nome. Sarebbe stata una pessima arringa iniziale, se lo avesse fatto. Si sarebbe troppo scoperto con la difesa e avrebbe diminuito l'attesa del momento successivo, quello in cui rivelare l'identità del vero colpevole.» Bosch rifletté in silenzio. Non sapeva quale peso attribuire a quelle informazioni. Elias era un uomo che amava dare spettacolo, sia dentro che fuori dai tribunali. Smascherare un assassino in tribunale era roba da Perry Mason: nella realtà non succedeva quasi mai. «Mi dispiace. Probabilmente non avrei dovuto parlargliene» disse lei. «Perché lo ha fatto?»
«Perché se qualcun altro era al corrente della sua strategia, questi elementi processuali sono più che sufficienti a rappresentare un movente per l'omicidio di Howard.» «Vuol dire che a uccidere Elias potrebbe essere stato il vero assassino di quella bambina?» «È una possibilità.» Bosch annuì. «Ha letto le deposizioni?» chiese. «No, non ne ho avuto il tempo. Gliele consegno tutte perché la difesa in questo caso l'ufficio legale del municipio - ne avrebbe comunque ricevuto copia. Quindi le consegno materiale a cui avrebbe avuto accesso in ogni modo.» «E per quanto riguarda il computer?» «Ho dato un'occhiata veloce. Sembrano esserci solo deposizioni e altre informazioni di carattere generale. Niente di strettamente confidenziale.» «Okay.» Bosch fece per alzarsi. Stava pensando a quanti viaggi avrebbe dovuto fare per caricare in macchina tutte quelle pratiche. «Oh, un'altra cosa.» Lei si chinò sopra una delle scatole sul pavimento e ne sollevò una cartella. L'aprì sulla scrivania, rivelando due buste. Bosch si sporse per vederle meglio. «Queste erano insieme al materiale su Harris. Non so cosa significhino.» Entrambe le buste erano indirizzate a Elias presso il suo studio. Entrambe portavano il timbro postale di Hollywood: una era stata spedita cinque settimane prima, l'altra tre settimane prima. «In ogni busta c'è un singolo foglio con una sola riga. Per me non ha alcun senso.» Cominciò ad aprire una delle buste. «Uh...» esclamò Bosch. «Cosa?» «Non so. Pensavo alle impronte.» «Le ho già maneggiate. Mi dispiace.» «Okay, allora continui.» Lei terminò di aprire la busta, allargò il foglio sulla scrivania e lo girò in modo che Bosch potesse leggerlo. C'era una sola riga dattiloscritta in fondo al foglio.
metti il puntino sulla i humbert humbert «Humbert humbert...» disse Bosch. «È il nome di un personaggio letterario... o di ciò che alcuni considerano letteratura» disse Carla Entrenkin. «È il protagonista di Lolita, di Nabokov.» Bosch notò che in fondo al foglio era stata scritta un'annotazione a matita. #2 - 12/3 «Probabilmente l'ha contrassegnata così Howard» disse lei. «O qualcuno del suo ufficio.» Aprì la seconda busta, quella spedita più di recente, e aprì il foglio. Bosch si sporse di nuovo. la targa prova la sua innocensa «A me sembra che provengano dalla stessa persona» disse Carla Entrenkin. «Inoltre, vede l'errore di battitura in innocenza?» «Già.» Anche qui c'era una nota a matita in fondo al foglio. #3 - 5/4 Bosch si sollevò in grembo la valigetta e l'aprì. Tirò fuori la busta di plastica che conteneva la lettera ritrovata nella tasca interna della giacca di Elias sulla scena del delitto. «Elias aveva addosso questa quando... quando è salito sulla funicolare di Angels Flight. Avevo dimenticato che i tecnici della scientifica me l'avevano consegnata. La sua presenza, ispettrice, mi è sicuramente utile mentre l'apro. Ha lo stesso timbro postale di quelle due. Gli è stata spedita mercoledì. Ma questa voglio conservarla anche per le impronte.» Prese un paio di guanti da una confezione nella valigetta e li infilò. Poi estrasse cautamente la lettera dalla busta e l'aprì. Il foglio era simile ai primi due. Di nuovo c'era una sola riga battuta a macchina. lui sa che tu sai
Mentre fissava il foglio, Bosch avvertì il fremito al cuore che solitamente gli annunciava una scarica di adrenalina. «Detective Bosch, che cosa significa?» «Non lo so. Ma vorrei averla aperta prima.» Non c'erano annotazioni a matita in fondo al terzo foglio. A quanto sembrava, Elias non aveva avuto il tempo di sigiarla con una data. «Si direbbe che ce ne manchi una» disse Bosch. «Queste sono contrassegnate due e tre, e questa è arrivata dopo... quindi dovrebbe essere la quattro.» «Capisco. Ma non ho trovato niente che possa essere la uno. Niente negli archivi e nemmeno nelle pratiche. Forse l'ha gettata via, senza readersi conto che significava qualcosa finché non ha ricevuto la seconda.» «Forse.» Pensò per un attimo alle lettere. Si affidava per lo più all'istinto e a una specie di premonizione, ma sentiva il cuore pulsargli più forte. Sentiva di aver trovato un punto focale. Il fatto lo rendeva euforico, ma al tempo stesso lo faceva sentire un po' stupido per essersi portato in giro nella sua valigetta per quasi dodici ore, senza badarci, qualcosa che poteva risultare uno degli elementi chiave dell'indagine. «Howard le ha mai parlato di questo caso?» chiese. «No, non parlavamo mai del nostro lavoro» disse Carla. «Avevamo una regola. Vede, sapevamo che quello che stavamo facendo era... qualcosa che ben pochi avrebbero capito. L'ispettrice generale che si mette con uno dei più noti e acerrimi avversari del dipartimento di polizia...» «Per non parlare del fatto che lui era sposato e tutto il resto.» Il viso di lei si fece duro. «Senta, si può sapere cosa la rode? Un attimo prima sembriamo intenderci bene e fare addirittura qualche progresso sul caso, ma subito dopo sembra deciso a cercare lo scontro.» «Quello che mi rode è che vorrei lei riservasse a qualcun altro il suo sermone sapevamo-che-era-sbagliato. Trovo poco probabile che voi due non abbiate mai parlato del dipartimento durante i vostri incontri da soli all'appartamento.» Bosch vide i suoi occhi infiammarsi. «Be', non mi importa un accidente di ciò che lei trova più o meno probabile, detective.» «Ascolti, abbiamo fatto il nostro accordo. Non lo dirò a nessuno. Se le
creo qualche problema, lei può crearne altrettanti a me. Se lo raccontassi anche solo ai miei partner, sa cosa mi direbbero? Direbbero che sono stato un imbecille a non considerarla una persona sospetta. È quello che dovrei fare ma non lo faccio.» Lei rimase silenziosa per qualche istante prima di ribattere. «Apprezzo quello che sta facendo per me, detective. Ma non le sto mentendo. Howard e io non abbiamo mai parlato dettagliatamente delle sue cause o del mio lavoro al dipartimento. Mai nei dettagli. L'unica cosa che ricordo di avergli sentito dire sul caso Harris è talmente vaga da prestarsi a ogni interpretazione. Ma se vuole sapere di cosa si tratta, glielo dirò. Mi disse che dovevo tenermi pronta a tutto, perché con questa storia avrebbe fatto saltare per aria il dipartimento e alcuni pezzi grossi della città. Ma io non gli chiesi cosa intendesse dire.» «E questo quando sarebbe successo?» «Martedì sera.» «Grazie, ispettrice.» Bosch si alzò e fece qualche passo nell'ufficio. Si ritrovò davanti alla finestra a fissare Anthony Quinn nell'ombra. Guardò l'orologio e vide che erano quasi le sei. Alle sette doveva trovarsi con Edgar e Rider alla stazione di Hollywood. «Lei sa cosa significa questo, non è vero?» le domandò, senza voltarsi. «Cosa significa?» Si girò a guardarla. «Significa che se Elias sapeva qualcosa ed era sul punto di identificare l'assassino - il vero assassino - allora non è stato un poliziotto a ucciderlo.» Lei ci pensò un attimo e disse: «Lei sta guardando la questione da un solo lato». «Quale sarebbe l'altro?» «Diciamo che stava per andare in tribunale per estrarre dal cappello il vero assassino. In modo conclusivo. Questo avrebbe smentito le prove della polizia, non crede? Quindi, dimostrando l'innocenza di Harris, avrebbe dimostrato al tempo stesso che i poliziotti avevano incastrato il suo cliente. Ha ragione, se il vero assassino sapeva che Howard gli era alle costole poteva anche cercare di eliminarlo. Ma se un poliziotto sapeva che Howard era sul punto di dimostrare che quello stesso poliziotto aveva incastrato Harris... anche lui poteva essere deciso a eliminarlo.» Bosch scosse la testa. «Per lei sono sempre i poliziotti. Forse la trappola per Harris era già
pronta prima ancora che la polizia intervenisse.» Scrollò di nuovo la testa, con più forza, quasi per allontanare qualche pensiero. «Non so più quello che dico. Non c'era nessuna trappola. È troppo assurdo.» Carla Entrenkin lo fissò a lungo. «Come preferisce, detective. Però non dica mai che non l'avevo messa in guardia.» Bosch ignorò il commento. Guardò le scatole sul pavimento. Per la prima volta notò un carrello a due ruote appoggiato alla parete accanto alla porta. Carla Entrenkin seguì il suo sguardo. «Ho chiamato il tipo della sicurezza e gli ho detto che dovevamo spostare delle scatole. L'ha portato su lui.» Bosch annuì. «Credo che farò meglio a portare questa roba in macchina. Ha ancora il mandato di perquisizione o lo ha preso la signorina Langwiser? Devo compilare la ricevuta.» «L'ho tenuto io e ho già catalogato le pratiche. Deve solo firmarlo.» Bosch annuì e si diresse verso il carrello. Gli venne in mente una cosa e si girò verso di lei. «E la cartella che stavamo guardando quando è arrivata questa mattina? Quella con la foto?» «È in quella scatola. Perché?» «Be', voglio dire... uh... lei cosa ne pensa?» «Non so cosa pensarne. Se mi sta chiedendo se a mio parere Howard Elias aveva a che fare con quella donna, direi di no.» «Oggi abbiamo chiesto alla moglie se riteneva possibile che lui avesse una relazione, e lei ha risposto di no, che non era possibile.» «Capisco dove vuole arrivare. Ma lo ritengo impossibile. Howard era un uomo molto noto in città. In primo luogo, non aveva nessun bisogno di pagare per fare sesso. E poi, era abbastanza furbo da sapere che si sarebbe esposto a ricatti frequentando questi giri pornografici.» «Allora cosa ci faceva quella cartella nella sua scrivania?» «L'ho già detto, non lo so. Potrebbe far parte di qualche pratica processuale, ma non so quale. Oggi ho esaminato tutte le pratiche in ufficio e non ho trovato niente che fosse collegato alla foto.» Bosch si accontentò di annuire. La sua mente aveva già lasciato la foto per tornare alle lettere misteriose, in particolare all'ultima. La sua opinione
era che fosse un avvertimento per Elias. Qualcuno aveva scoperto che l'avvocato era in possesso di informazioni pericolose. Bosch si sentiva più che certo che l'indagine, l'indagine vera, sarebbe scaturita da quel messaggio. «Le spiace se adesso accendo la televisione?» disse Carla. «Sono le sei. Voglio vedere i notiziari.» Bosch riemerse dalle sue riflessioni. «Certo. Faccia pure.» Lei si avvicinò a un armadietto di quercia contro la parete di fronte alla scrivania e aprì gli sportelli. Dentro c'erano due ripiani, ognuno con sopra un televisore. A quanto sembrava Elias amava guardare più di un programma alla volta. Probabilmente, immaginò Bosch, per cogliere meglio tutte le sue apparizioni nei notiziari. Carla Entrenkin accese entrambi i televisori. Quando l'immagine comparve sullo schermo superiore, Bosch vide un reporter fermo nello spiazzo antistante un centro commerciale nel quale tre o quattro negozi erano in fiamme. Oltre il reporter, vigili del fuoco lottavano per contenere l'incendio, ma a Bosch sembrava che fosse ormai impossibile salvare quei negozi: erano già stati sventrati dalle fiamme. «È cominciata» disse. «Oh, no...» commentò Carla, con una voce che sembrò un'implorazione piena di spavento. 18 Guidando verso Hollywood, Bosch sintonizzò sulla KFWB la radio dell'auto. Le notizie alla radio erano più pacate dei notiziari televisivi delle sei. Forse perché contenevano solo parole, non immagini. La notizia principale era che un incendio era divampato in un centro commerciale su Normandie, a pochi isolati dall'incrocio con Florence, l'incrocio da cui erano partiti i violenti disordini del 1992. Al momento era il solo incendio segnalato a South Los Angeles, e non c'erano ancora conferme che si trattasse di un incendio doloso collegato a manifestazioni per la morte di Howard Elias. Però tutti i canali di informazione che Bosch e Carla Entrenkin avevano controllato in ufficio stavano trasmettendo da quella zona. Le fiamme riempivano gli schermi e l'immagine proiettata era chiara: Los Angeles bruciava di nuovo. «TV del cazzo» disse Bosch. «Mi scusi il linguaggio.» «Cosa c'entra la TV?»
Carla Entrenkin gli stava seduta accanto in auto. Lei l'aveva infatti convinto a portarla con sé per il colloquio con Harris. Bosch non aveva opposto molta resistenza. Sapeva che poteva essergli utile per tranquillizzare Harris, soprattutto se Harris la riconosceva. Bosch pensava che fosse importante convincere Harris a parlare con loro. Forse era l'unica persona alla quale Howard Elias aveva confidato l'identità dell'assassino di Stacey Kincaid. «Le TV gonfiano le cose, come sempre» disse Bosch. «Scoppia un incendio e sono tutti là, a mostrare le fiamme. Lo sa che effetto può avere? È come gettarci sopra della benzina. Adesso comincerà a spargersi. La gente guarderà le fiamme sui televisori di casa e uscirà per vedere cosa sta succedendo. Si formeranno gruppi, discuteranno, e infine la gente non riuscirà a tenere a freno la propria rabbia. Da una cosa si passerà all'altra e noi avremo la nostra nuova sommossa fabbricata ad arte dai media.» «Io ho più fiducia nella gente» ribatté Carla. «Sanno che non devono fidarsi della TV. I disordini civili si verificano quando il senso di impotenza dei cittadini raggiunge la massa critica. La televisione non c'entra niente. C'entra piuttosto la società, che non riesce a soddisfare i bisogni essenziali di intere popolazioni emarginate.» Bosch notò che lei preferiva chiamarli disordini civili invece di sommosse. Si chiese se definire sommossa una sommossa fosse diventato politicamente scorretto. «È qualcosa che riguarda la speranza, detective» proseguì lei. «La maggior parte dei membri delle minoranze di Los Angeles non hanno alcun potere, non hanno denaro, non hanno voce in capitolo. Per questo fanno affidamento sulla speranza. E per molti di loro Howard Elias era la speranza. Un simbolo di speranza per il giorno in cui saremo tutti uguali e anche la loro voce sarà ascoltata. Per il giorno in cui non dovranno avere paura degli agenti di polizia. Quando si toglie la speranza si spalanca il vuoto, e certe persone lo riempiono con la rabbia e la violenza. Attribuirne semplicemente la colpa ai media è sbagliato. È qualcosa di molto più profondo.» Bosch annuì. «Capisco» disse. «O almeno così credo. Ma io continuo a dire che i media non aiutano nessuno esagerando le cose.» Adesso fu lei ad annuire. «Una volta qualcuno ha definito i media "mercanti del caos".» «Be', quel qualcuno c'è andato molto vicino.» «È stato Spiro Agnew. Appena prima di dimettersi.»
A questo Bosch non seppe cosa rispondere e decise di lasciar perdere la conversazione. Sollevò il cellulare dalla presa di ricarica posta fra i sedili e chiamò casa sua. Ottenne solo la risposta della segreteria e lasciò un messaggio chiedendo a Eleanor di richiamarlo. Cercò di non lasciar trapelare la sua ansia. Chiamò le informazioni e si fece ridare il numero della sala poker dell'Hollywood Park. Compose il numero, chiese di Jardine, il responsabile della sicurezza, e ottenne il collegamento. «Parla Jardine.» «Sono il detective Bosch, lo stesso di questa notte. Volevo...» «Spiacente, amico, qui non si è fatta vedere. Almeno non durante...» «Risparmia il fiato, amico. Mi ha detto che vi conoscete dai tempi del Flamingo. Capisco perché l'hai fatto e mi sta bene. Ma so che adesso è lì e voglio che tu le comunichi un messaggio. Dille di chiamarmi sul cellulare non appena ha un momento libero. Dille che è un'emergenza. Hai capito bene, signor Jardine?» Bosch sottolineò la parola signor per far capire a Jardine che aveva commesso un errore a fare il furbo con il dipartimento di polizia. «Sì» disse Jardine. «Ho capito.» «Bene.» Bosch interruppe la comunicazione. «Sa cos'è che ricordo di più del '92?» disse Carla. «Un'immagine. Una foto apparsa sul L.A. Times. La didascalia doveva essere qualcosa come "Padre e figlio sciacalli", e la foto mostrava un uomo che precedeva il figlio di quattro o cinque anni fuori dalla porta scardinata di un Kmart o di un altro negozio. E lo sa che cosa portavano tutti e due, che cosa avevano saccheggiato?» «Cosa?» «Ognuno di loro aveva preso uno di quegli attrezzi da palestra per irrobustire le cosce, i Thigh-Master. Sa, quel ridicolo arnese da ginnastica che una qualche star televisiva degli anni Ottanta pubblicizzava in una vendita televisiva notturna.» Bosch scosse la testa, come in segno di resa. «Se vedono una cosa in TV, pensano che sia di valore» commentò Bosch. «È come per Howard Elias, campione dei media.» Lei non rispose, e lui capì di aver fatto una battuta di cattivo gusto, pur restando convinto di avere ragione. «Mi scusi...» aggiunse. Proseguirono in silenzio per qualche minuto prima che Bosch parlasse di
nuovo. «Sa qual è la mia immagine del '92?» «Quale?» «Ero stato assegnato all'Hollywood Boulevard. E come saprà, in pratica non dovevamo fare niente a meno che non vedessimo qualche persona in pericolo. Era come dire che, se i saccheggiatori si fossero comportati in modo ordinato, noi non avremmo neanche dovuto fermarli. Non aveva alcun... Insomma, ero sulla strada e ricordo un sacco di cose bizzarre. C'erano gli scientologi che circondavano il loro palazzo, praticamente spalla a spalla e armati con manici di scopa, pronti a difendere la loro sede se necessario. Il tipo che gestiva il negozio di residuati dell'esercito vicino alla Highland era in tenuta da combattimento della fanteria e portava un fucile con mirino telescopico in spalla. Marciava avanti e indietro di fronte al suo negozio come se fosse di guardia ai cancelli di Benning... La gente impazzisce, i buoni e i cattivi. È il giorno delle locuste.» «Vedo che ha fatto delle buone letture, detective Bosch.» «Non proprio. Una volta stavo con una donna che insegnava letteratura alla Grant High nella Valle. Era uno di quei libri che lei usava a scuola. L'ho letto allora. E comunque, l'immagine del '92 che mi rimane scolpita dentro è quella di Frederick's a Hollywood.» «Il negozio di biancheria intima?» Bosch annuì. «Mi sono fermato là davanti. Il negozio pullulava di gente. Persone di ogni razza, di ogni età, che avevano completamente perso la testa. Hanno ripulito il posto in neanche quindici minuti. Vuotato da cima a fondo, intendo. Quando finirono entrai là dentro: non era rimasto niente. Avevano rubato perfino i manichini! Non c'era davvero più niente, all'infuori degli appendiabiti sul pavimento e dei banconi cromati... e il bello è che era tutta biancheria. Sul video quattro poliziotti pestano a sangue Rodney King e la gente reagisce diventando matta e rubando biancheria. Era una scena talmente surreale che continua a tornarmi in mente tutte le volte che qualcuno parla delle sommosse. Ricordo di aver camminato per il negozio deserto...» «Quello che prendevano non aveva importanza. Agivano spinti dalla frustrazione. Come con gli strumenti da palestra. Quel padre e suo figlio non erano interessati a ciò che saccheggiavano. L'importante era prendere qualunque cosa, riuscire in qualche modo a dire la loro. Quelle cose non servivano, ma prendendole mandavano un messaggio a quelli che stanno
più in alto. Questa è la lezione che il padre ha insegnato a suo figlio.» «Per me rimane una cosa senza...» Il telefono di Bosch suonò e lui rispose. Era Eleanor. «Stai vincendo?» chiese lui. Lo disse in tono allegro e quasi subito si rese conto che così dava un'idea sbagliata del suo matrimonio alla passeggera. Si sentì di colpo imbarazzato e colpevole immaginando a quello che poteva pensare Carla Entrenkin del suo rapporto con Eleanor. «Non ancora. Sono appena arrivata.» «Eleanor, preferisco che tu torni a casa.» «Harry, non possiamo parlarne adesso. Io...» «No, non voglio parlare di quello. Credo che la città... hai guardato i notiziari?» «No. Stavo venendo qui.» «Be', non tira aria buona. I media stanno accendendo la miccia, Eleanor. E se succede qualcosa e la città esplode, non ti trovi in un posto molto sicuro.» Bosch lanciò un'occhiata furtiva a Carla Entrenkin. Sapeva che ai suoi occhi stava manifestando la classica ansia del bianco. L'Hollywood Park era a Inglewood, un quartiere a prevalenza nera. Voleva che Eleanor tornasse alla loro casa sulle colline, dove sarebbe stata più al sicuro. «Harry, non essere paranoico. Me la caverò benissimo.» «Eleanor, perché vuoi correre...» «Harry, devo andare. Mi stanno tenendo il posto. Ti chiamo più tardi.» Lei riagganciò e Bosch mormorò il suo saluto anche se dall'altra parte non c'era più nessuno. Si lasciò cadere il cellulare in grembo. «Per quello che può valere» disse Carla, «mi pare che lei si stia mostrando paranoico.» «È quello che ha detto anche mia moglie.» «Posso assicurarle che in questo momento ci sono almeno tanti neri quanti bianchi, forse anche di più, che non vogliono veder ripetere i disordini del '92. Conceda loro il beneficio del dubbio, detective.» «Non credo di avere molta scelta.» Al loro arrivo, la stazione di Hollywood sembrava deserta. Non c'erano auto di pattuglia nel parcheggio sul retro, e quando entrarono dalla porta posteriore il corridoio, solitamente invaso da un'attività frenetica, era vuoto. Bosch infilò la testa nella porta aperta dell'ufficio di guardia e vide un
sergente solitario alla scrivania. Il televisore fissato alla parete era acceso. Non c'erano fiamme sullo schermo. Si vedeva un conduttore in studio. Sullo sfondo, una foto di Howard Elias. Il volume era troppo basso perché Bosch potesse sentire cosa stavano dicendo. «Come va?» disse Bosch al sergente. «Per ora regge.» Bosch bussò due volte sul legno della porta e poi fece strada a Carla Entrenkin lungo il corridoio fino alla sala investigativa. Edgar e Rider erano già là. Avevano preso dall'ufficio del tenente un televisore e adesso guardavano lo stesso notiziario. Vedendo entrare Bosch e la sua accompagnatrice, sui loro volti apparve un'espressione di sorpresa. Bosch presentò Carla a Edgar. Poi chiese le ultime notizie. «Sembra che la città tenga» disse Edgar. «Un paio di incendi e basta. Intanto, però, stanno trasformando Elias in un santo. Non raccontano che razza di stronzo opportunista fosse.» Bosch lanciò un'occhiata a Carla. Lei non lasciò trapelare nulla. «Spegnete ora» disse. «Dobbiamo parlare.» Bosch aggiornò i due partner sulla situazione e mostrò loro i tre messaggi anonimi spediti a Elias. Spiegò la presenza dell'ispettrice, aggiungendo che voleva cercare di ottenere la collaborazione di Harris e al tempo stesso escluderlo dalla lista dei potenziali sospetti. «Sappiamo almeno dov'è Harris?» chiese Edgar. «Non mi sembra che sia apparso in TV. Forse non sa nemmeno cos'è capitato a Elias.» «Be', lo scopriremo. Il suo indirizzo attuale e il telefono erano fra le pratiche di Elias. Sembra che Elias lo tenesse isolato, probabilmente per tenerlo lontano dai guai fino al processo. Abita qui vicino... se è in casa.» Bosch tirò fuori il taccuino e cercò il numero di telefono. Poi andò alla sua scrivania e lo compose. Rispose una voce maschile. «Posso parlare con Harry?» chiese Bosch in tono allegro. «Qui non c'è nessun Harry, amico.» Il telefono venne riappeso. «Be', in casa c'è qualcuno» disse Bosch agli altri. «Andiamo.» Andarono con una macchina sola. Attualmente Harris viveva in un appartamento sul Beverly Boulevard vicino al complesso della CBS. Elias gli aveva trovato alloggio in un grande palazzo che non era propriamente lussuoso ma più che dignitoso. E il centro città era proprio in fondo al Beverly. Vicino alla porta d'ingresso, nel citofono con la lista degli inquilini, il
nome di Harris non compariva. Bosch aveva il numero dell'appartamento ma questo non significava niente. I codici del citofono non corrispondevano ai numeri degli appartamenti per motivi di sicurezza. Bosch fece il codice del custode ma non ottenne risposta. «Guarda qui» disse Rider. Gli indicò sulla lista il nome E. Howard. Bosch alzò le spalle per dire che valeva la pena di tentare e compose quel numero. Rispose una voce maschile che a Bosch sembrò la stessa di poco prima al telefono. «Michael Harris?» «Chi è?» «Polizia di Los Angeles. Dobbiamo farle qualche domanda. È...» «Col cazzo. Non senza il mio avvocato presente, niente da fare.» Riattaccò. Bosch richiamò immediatamente. «Cosa cazzo volete?!» «Nel caso che non lo sappia ancora, il suo avvocato è morto. Per questo siamo qui. Ora, ascolti e non riattacchi. Qui con me c'è l'ispettrice generale Carla Entrenkin. Sa chi è? Lei controllerà che tutto avvenga nel pieno rispetto dei suoi diritti. Dobbiamo solo...» «È quella specie di cane da guardia che dovrebbe andare a dire in giro quando la polizia usa le maniere dure?» «Proprio lei. Gliela passo.» Bosch si spostò di lato e porse la cornetta del citofono a Carla. «Gli dica che è al sicuro.» Lei prese la cornetta, lanciando a Bosch un'occhiata dura. Adesso capiva perché lui le avesse permesso di accompagnarlo. Parlò nell'apparecchio continuando a fissare Bosch. «Michael, sono Carla Entrenkin. Non deve preoccuparsi. Nessuno è qui per farle del male. Dobbiamo solo chiederle qualcosa su Howard Elias, tutto qui.» Se Harris le disse qualcosa, Bosch non sentì. La serratura alla porta emise un ronzio e Edgar l'aprì con uno strattone. Carla riappese la cornetta del citofono e tutti entrarono. «Questo tipo è un bastardo» disse Edgar. «Non capisco perché lo trattiamo come un gentiluomo.» Carla lanciò un'occhiata di riprovazione a Edgar. «Lei lo capisce benissimo, detective Edgar.» Edgar rimase abbastanza intimidito dal suo tono. Quando Harris aprì la porta del suo appartamento al quarto piano, teneva
in pugno una pistola lungo il fianco. «Okay, questa è casa mia» annunciò. «Non ho intenzione di minacciare nessuno ma questa mi serve per la mia sicurezza e protezione personale. Se non vi sta bene, non entrate qui dentro, mi sono spiegato?» Bosch guardò gli altri, non ottenne nessuna reazione e tornò a guardare Harris. Tentò di controllare la sua ira. Malgrado ciò che Carla gli aveva detto prima, lui non aveva molti dubbi sul fatto che Harris fosse l'assassino di una bambina. Ma sapeva che al momento la cosa più importante era l'indagine. Doveva mettere da parte la sua ostilità per quell'uomo e cercare di cavargli qualunque informazione di cui fosse a conoscenza. «D'accordo» disse. «Ma tenga quell'arma bassa e lungo il fianco. Se la punta contro uno di noi potremmo incappare in guai seri. Ci siamo capiti?» «Oh, certo.» Harris indietreggiò dalla porta e li fece entrare, puntando l'arma verso il soggiorno. «Se lo ricordi, tenga bassa quella cosa» disse duramente Bosch. Harris abbassò la pistola sul fianco e tutti entrarono. L'appartamento era arredato con i soliti mobili delle case in affitto: un divano rigonfio e poltrone intonate azzurro chiaro, tavoli e scaffali in legno fasullo da pochi soldi. Alle pareti stampe floreali. C'era un armadietto con un televisore all'interno. Era acceso sul notiziario. «Accomodatevi, signore e signori.» Harris occupò una delle poltrone, sprofondandoci dentro finché lo schienale sporse sopra la sua testa tanto da farlo sembrare seduto su una specie di trono. Bosch andò all'armadietto, spense il televisore, poi presentò tutti e mostrò il suo distintivo. «Tanto per cambiare il capo è l'uomo bianco» disse Harris. Bosch ignorò il commento. «Immagino che lei sappia che Howard Elias è stato assassinato la scorsa notte» disse. «Certo che lo so. È tutto il giorno che sto a guardare quella dannata televisione.» «Allora perché ha detto che non avrebbe parlato con noi senza il suo avvocato se sapeva che il suo avvocato è morto?» «Ho più di un avvocato, coglione. Ho anche un avvocato penale e un avvocato per i divertimenti. Ho un sacco di avvocati, cosa credi... E ne avrò un altro che prenderà il posto di Howie. Faranno a pugni per avere la mia causa, soprattutto dopo che comincerà il movimento a South Central.
Avrò anch'io la mia sommossa, come Rodney. Schizzerò in cima alla classifica.» Bosch faticava a dar retta a Harris, ma lo capiva abbastanza per concludere che Harris era deciso a conquistarsi un discutibile potere anche a spese del prezzo che la sua comunità avrebbe pagato. «Be', parliamo del suo defunto avvocato, Howard Elias. Quando lo ha visto per l'ultima volta?» «La notte scorsa, ma questo lo sai già, vero, Bianco?» «Fino a che ora?» «Fino a quando siamo usciti da quel fottuto ufficio. Stai cercando di pomparmi, bello?» «Cosa?» «Mi stai in-ter-ro-gan-do, bello?» «Sto cercando di scoprire chi ha ucciso Elias.» «Siete stati voi. Voi lo avete liquidato.» «Be', questa è una possibilità. È quello che cerchiamo di scoprire.» Harris scoppiò a ridere come se Bosch avesse detto un'assurdità. «Sì, è come quando il bue chiama cornuto l'asino, la stessa cosa.» «Staremo a vedere. Quando vi siete separati? Lei e Howard Elias...» «Quando lui è andato al suo appartamento e io sono venuto a casa.» «A che ora è successo?» «Non lo so, Bianco. Un quarto alle undici, alle undici. Non porto l'orologio. La gente mi dice l'ora quando voglio saperla. In TV dicono che gli hanno sparato nel culo alle undici, quindi ci siamo lasciati un quarto d'ora prima.» «Aveva mai parlato di minacce? Aveva paura di qualcuno?» «Non aveva paura di un cazzo. Ma sapeva di essere un uomo morto.» «Cosa intende dire?» «Voi altri: ecco cosa intendo dire. Sapeva che un giorno o l'altro lo avreste impiombato. Alla fine qualcuno lo ha fatto. Probabilmente verranno anche per me, uno di questi giorni. Ecco perché appena avrò i miei soldi pianterò questa città. Voi sbirri potete tenervela. E non ho altro da dire, Bianco.» «Perché mi chiama così?» «Perché è quello che sei. Sei un Bianco, Bianco.» Il sorriso di Harris era una sfida. Bosch resse il suo sguardo per un attimo, poi si girò verso Carla e le fece un cenno col capo. La palla passava a lei.
«Michael, sai chi sono?» «Certo, l'ho vista in TV. Proprio come il signor Elias. La conosco.» «Allora sai che non sono un'agente di polizia. Il mio compito è quello di fare in modo che i poliziotti di questa città siano onesti e svolgano il loro lavoro come dovrebbe essere svolto, senza abusi né illegalità.» Harris fece una risatina. «La aspetta un bel lavoro, signora.» «Questo lo so, Michael. Ma il motivo per cui sono qui è per dirti che io credo che questi tre detective vogliano fare le cose per bene. Vogliono trovare la persona che ha ucciso Howard Elias, che si tratti di un poliziotto o di qualsiasi altro. E voglio che tu li aiuti. Dovresti volerlo anche tu. A Howard questo glielo devi. Quindi, vorresti rispondere a qualche altra domanda?» Harris si guardò intorno nella stanza e poi fissò la pistola che stringeva nel pugno. Era una Smith & Wesson 9 millimetri con finitura satinata. Bosch si chiese se l'avrebbe sventolata davanti a loro sapendo che l'arma del delitto era una calibro nove. Harris infilò la pistola nella fessura fra il cuscino e il bracciolo della grossa poltrona. «Okay, magari sì. Ma non Bianco. Non parlo con sbirri bianchi o con figli dello zio Tom. Mi faccia lei le domande.» Carla guardò Bosch e poi di nuovo Harris. «Michael, voglio che siano i detective a fare le domande. In questo sono migliori di me. Ma penso che tu possa rispondere tranquillamente.» Harris scosse la testa. «Non mi capisce, signora. Perché dovrei aiutare questi stronzi? Questa gente mi ha torturato senza un cazzo di motivo. Per colpa della polizia di Los Angeles ho perso il quaranta per cento del mio udito. Non mi va di collaborare con gli sbirri. E se adesso ci sono delle domande, le faccia lei.» «Va bene, Michael, d'accordo» disse Carla. «Parlami della scorsa notte. A cosa avete lavorato tu e Howard?» «Alla mia deposizione. E se per gli sbirri è solo un mucchio di balle perché loro non dicono mai la fottuta verità quando c'è di mezzo qualche fratello, per me vuole dire soldi, perché la polizia dovrà darmene un mucchio per avermi incastrato e poi torturato. Com'è fottutamente giusto.» Bosch continuò l'interrogatorio come se Harris non avesse mai detto che non voleva parlare con lui. «Questo glielo ha detto Howard?» «Sicuro che me l'ha detto... Bianco.» «Le ha detto che poteva provare che l'avevano incastrato?»
«Sì, perché lui sapeva chi ha ammazzato sul serio quella ragazzina bianca che poi hanno scaricato vicino a casa mia. E non sono io quello. Lunedì sarebbe andato in tribunale per discolparmi completamente e farmi avere i miei soldi, il mio amico Howard.» Bosch aspettò qualche secondo. La domanda e la risposta seguenti sarebbero state cruciali. «Chi?» «Chi cosa?» «Chi ha ucciso la ragazzina? Glielo ha detto?» «No. Ha detto che non mi serviva saperlo. Anzi, ha detto che era pericoloso sapere il nome di quella merda. Ma scommetto che c'è nelle sue carte. Non riuscirà a cavarsela un'altra volta.» Bosch guardò Carla Entrenkin. «Michael, ho passato tutta la giornata fra le sue pratiche. Sì, ci sono accenni al fatto che Howard sapesse chi ha ucciso Stacey Kincaid, ma non ho trovato nessun nome. Sei sicuro che non ti abbia mai fatto un nome o fornito qualche indizio su questa persona?» Harris rimase per qualche secondo silenzioso. Evidentemente si rendeva conto che se Elias era morto portandosi dietro il nome dell'assassino, anche il suo caso perdeva molte frecce al suo arco, e in tal modo lui si sarebbe sempre portato dietro il marchio di un assassino che se l'era cavata solo perché un avvocato difensore in gamba aveva saputo manovrare la giuria. «Porca puttana!» esclamò. Bosch fece due passi e sedette sull'angolo del tavolino, in modo da trovarsi più vicino a Harris. «Ci pensi bene» disse. «Ha passato un mucchio di tempo con lui. Chi potrebbe essere?» «Non lo so» disse Harris sulla difensiva. «Perché non lo chiedi a Pelfry, bello?» «Chi è Pelfry?» «Il suo galoppino. Il suo investigatore.» «Conosce il suo nome completo?» «Credo che sia qualcosa come Jenks, o roba simile.» «Jenks?» «Sì, Jenks. È così che Howard lo chiamava.» Bosch sentì un dito premergli sulla spalla e si girò. Carla Entrenkin lo guardava annuendo. Sapeva chi era Pelfry. Poteva passare ad altro. Bosch si alzò e abbassò gli occhi su Harris.
«È tornato subito qui la scorsa notte, dopo aver lasciato Elias?» «Sì, certo. Perché?» «Non c'era nessuno con lei? Ha telefonato a qualcuno?» «Che cazzate sono queste? Stai provando a fregarmi, bello?» «Sono domande di routine. Chiediamo a tutti dove si trovavano. Lei dov'era?» «Ero qui, bello. Ero spompato. Sono venuto a casa e mi sono infilato a letto. Non c'era nessuno con me.» «Okay. Le spiace se guardo un attimo la sua pistola?» «Cristo, dovevo saperlo che non giocavate pulito. Porca puttana!» Tirò fuori l'arma da sotto il bordo del cuscino e la porse a Bosch. Bosch non staccò per un secondo gli occhi da Harris finché la pistola non fu al sicuro nella sua mano. Poi osservò l'arma e annusò la canna. Non sentì odore di olio o di polvere esplosa. Espulse il caricatore e con il pollice estrasse la prima cartuccia. Era una Federal, full metal jacket. Una marca e un modello di munizione molto diffusi, Bosch lo sapeva: era la stessa marca usata nel duplice omicidio di Angels Flight. Tornò a guardare Harris dall'alto. «Lei ha dei precedenti penali, signor Harris. Si rende conto che per lei è un crimine possedere quest'arma?» «Non in casa mia, bello. Ho bisogno di protezione.» «Temo che ne abbia bisogno ovunque. Questa pistola potrebbe rimandarla in prigione.» Harris gli sorrise. Bosch vide che uno dei suoi incisivi era d'oro con una stella incisa sul davanti. «Allora portami via, bello.» Sollevò le braccia, offrendo i polsi per le manette. «Portami via e goditi lo spettacolo di questa città che brucia, bimbo.» «No. A dire il vero pensavo di offrirle un'opportunità, considerando quanto ci è stato utile stasera. Ma devo trattenere quest'arma. Commetterei un reato se gliela lasciassi.» «Fai come ti pare... Bianco. Posso sempre ottenere tutto quello che mi serve dalla mia auto. Capisci cosa voglio dire, Bianco?» Disse Bianco con la stessa inflessione con cui alcuni bianchi dicevano negro. «Certo. Capisco cosa intende dire.» Aspettarono l'ascensore in silenzio. Non appena entrati, parlò Carla Entrenkin.
«Quella pistola... corrisponde?» «È lo stesso tipo. Le cartucce sono le stesse. Dovremo farla controllare in laboratorio, ma dubito che l'avrebbe conservata se ha ucciso Elias con questa. Non è così stupido.» «E la sua auto? Ha detto che poteva avere qualunque cosa dalla sua auto.» «Non intendeva esattamente la sua auto. Parlava del suo gruppo, la sua gente. Insieme sono un'auto, scorrazzano da qualche parte insieme. È un modo di dire nato nei carceri di contea. Otto persone in una cella: loro le chiamano auto. Chi è questo Pelfry? Lo conosce?» «Jenkins Pelfry. È un investigatore privato. Un indipendente. Mi pare che abbia un ufficio nell'Union Law Center, a Downtown. Molti avvocati dei diritti civili se ne servono. Howard lo usava per questo caso.» «Allora dobbiamo parlargli. Grazie per l'informazione.» C'era un'ombra di fastidio nella voce di Bosch. Guardò l'ora. Probabilmente era troppo tardi per rintracciare Pelfry. «Senta, figura nelle pratiche che le ho dato» protestò Carla. «Lei non mi aveva chiesto niente sul suo conto. Come facevo a sapere che le interessava?» «Ha ragione. Non poteva saperlo.» «Se vuole, potrei chiamare...» «No, va bene così. Adesso possiamo sbrigarcela da soli, ispettrice. Grazie per il suo aiuto con Harris. Probabilmente non saremmo nemmeno riusciti a vederlo senza di lei.» «Pensa che sia coinvolto negli omicidi?» «Non sto ancora pensando niente.» «Io dubito fortemente che sia immischiato.» Bosch la guardò in silenzio, sperando che i suoi occhi le comunicassero che lui la considerava troppo inesperta per perdere tempo in ulteriori discussioni. «Le diamo un passaggio» disse. «La sua macchina è al Bradbury?» Lei annuì. Attraversarono l'atrio. «Detective, voglio essere tenuta al corrente delle indagini, di ogni sviluppo significativo.» «Bene. Ne parlerò al vicecapo Irving in mattinata e vedrò come intende procedere. Potrebbe preferire tenerla informata di persona.» «Non voglio la versione imbiancata. Voglio avere notizie da lei.» «Imbiancata? Crede che quello che le direi io non presenterebbe comun-
que una pennellata di bianco? Ne sono lusingato, ispettrice.» «Ho scelto male il termine. Ma il punto è che preferisco sapere le cose da lei, invece di aspettare la versione... addomesticata dei piani alti del dipartimento.» Bosch la fissò mentre le teneva aperta la porta. «Lo terrò a mente.» 19 Kiz Rider aveva controllato il numero telefonico copiato dalla pagina web di Madame Regina sul computer della sala investigativa. Il numero corrispondeva a un indirizzo sulla North Kings Road, a West Hollywood. Ciò tuttavia non significava che a quell'indirizzo avrebbero trovato la donna. Quasi tutte le prostitute, le massaggiatrici notturne e le cosiddette intrattenitrici esotiche usavano sofisticati sistemi di inoltro delle chiamate per non farsi rintracciare dalle forze dell'ordine. Bosch, Rider e Edgar accostarono al marciapiede all'incrocio fra Melrose e Kings. Bosch chiamò il numero con il cellulare. Dopo quattro squilli rispose una donna e Bosch iniziò la sua recita. «Madame Regina?» «Sì, chi parla?» «Mi chiamo Harry. Mi stavo chiedendo se stasera era libera.» «Abbiamo già avuto sedute?» «No. Ho visto la sua pagina web e ho pensato...» «Pensato cosa?» «Ho pensato che mi sarebbe piaciuto provare una seduta.» «A quale livello arrivi?» «Non saprei...» «Che genere preferisci?» «Non ne sono ancora sicuro. Però vorrei provare.» «Lo sai che non c'è sesso, vero? Nessun contatto fisico. Io pratico giochi mentali con la gente. Niente di illegale.» «Capisco.» «Hai un numero sicuro dove posso richiamarti?» «Cosa intende per sicuro?» «Intendo niente telefoni pubblici!» disse lei duramente. «Devi darmi un numero vero.» Bosch le diede il numero del suo cellulare.
«Okay. Ti richiamo fra un attimo. Fatti trovare.» «D'accordo.» «Chiederò del tre-sei-sette. Per me, tu non sei una persona. Non hai un nome. Sei semplicemente un numero.» «Tre-sei-sette. Ho capito.» Richiuse il cellulare e guardò i partner. «Fra poco sapremo se ha funzionato.» «Com'eri dolce e sottomesso, Harry» disse Rider. «Grazie. Faccio del mio meglio.» «A me sembravi uno sbirro» disse Edgar. «Vedremo.» Bosch accese il motore, tanto per fare qualcosa. Rider sbadigliò e lui fu costretto a imitarla. Poi fu la volta di Edgar. Il telefono suonò. Era Madame Regina. Si rivolse a lui con il suo numero. «Puoi venire da me fra un'ora. Esigo una... donazione di duecento dollari per una seduta di un'ora. Solo contanti e anticipati. È chiaro?» «Sì.» «Sì cosa?» «Uh, sì, Madame Regina.» «Molto bene.» Bosch sbirciò Rider, che sedeva al suo fianco in macchina, e le strizzò l'occhio. Lei gli sorrise. Regina gli fornì l'indirizzo e il numero di un appartamento. Bosch accese la luce interna e consultò gli appunti di Rider. L'indirizzo era lo stesso rintracciato da Rider, ma il numero dell'appartamento era diverso. Garantì a Regina che sarebbe arrivato puntuale e chiusero la comunicazione. «Via libera. Ma solo fra un'ora. Usa un appartamento diverso nello stesso edificio.» «Dobbiamo aspettare?» chiese Edgar. «No.» Bosch imboccò Kings Road e percorse mezzo isolato prima di trovare l'indirizzo. Era una piccola costruzione di legno e stucchi. Non c'erano aree di parcheggio da nessuna parte, così fermò davanti a un idrante e scesero tutti. Non gli importava molto che Regina avesse un appartamento sul davanti e vedesse la bicolore. Non stavano andando a compiere un arresto. Volevano solo informazioni. Comunque, gli appartamenti sei e sette erano nella parte posteriore del-
l'edificio. Le loro porte erano affiancate. Bosch immaginò che Madame Regina vivesse in uno e lavorasse nell'altro. Bussarono alla porta di quello dove lavorava. Nessuno rispose. Edgar picchiò di nuovo alla porta, più forte, e stavolta le allungò anche un paio di calci. Alla fine, dall'interno si udì una voce. «Cosa c'è?» «Apra. Polizia.» Silenzio. «Andiamo, Regina, dobbiamo solo farti qualche domanda. Tutto qui. Apri la porta o dovremo forzare la serratura... Allora, ti decidi?» Era una minaccia campata per aria. Bosch sapeva di non avere nessun potere legale e di non poter fare nulla se lei non voleva aprire la porta. Finalmente, Bosch sentì scattare la serratura e la porta si aprì rivelando il viso infuriato della donna, la stessa della stampata trovata nell'ufficio di Howard Elias. «Che cosa volete? Fatemi vedere qualche documento.» Bosch le mostrò il suo distintivo. «Possiamo entrare?» «Siete del dipartimento di Los Angeles? Questa è West Hollywood, mio caro. Siete fuori zona.» Spinse la porta per richiuderla ma Edgar allungò un braccio e la bloccò. Spinse fino a riaprirla completamente ed entrò, con un'espressione minacciosa in viso. «Non provare più a chiudermi la porta in faccia, Madame Regina.» Edgar pronunciò il suo nome con un tono che indicava chiaramente che non si sottometteva a nessuno. Regina indietreggiò per lasciarlo entrare. Bosch e Rider lo seguirono. Si trovarono in un ingresso illuminato fiocamente da cui dipartivano scale che salivano e scendevano. Bosch guardò giù verso la rampa di scale alla sua sinistra e la vide svanire nell'oscurità. La rampa di scale in salita portava a una camera illuminata. Bosch cominciò a salirla. «Ehi, non potete fare irruzione qui dentro così» disse Regina, ma il tono di protesta stava già sbiadendo nella sua voce. «Vi serve un mandato.» «Non ci serve niente, Madame Regina, ci hai invitati tu a entrare. Sono Harry... o diciamo, il tre-sei-sette. Abbiamo appena parlato al telefono, ricordi?» Lei li seguì su per la scala. Bosch si girò e la vide per la prima volta a fi-
gura intera. Indossava una leggera vestaglia nera sopra un corsetto di pelle e biancheria di seta nera. Anche le calze e le scarpe con i tacchi a spillo erano nere. Il trucco consisteva in eyeliner scuro e rossetto scarlatto. Era una triste caricatura di una deprimente fantasia maschile. «Halloween è passato da un pezzo» disse Bosch. «Chi dovresti essere?» Regina ignorò il sarcasmo. «Cosa volete?» «Abbiamo qualche domanda da farti. Siediti. Voglio mostrarti una foto.» Bosch indicò un divano di pelle nera e, sia pure con riluttanza, la donna andò a sedervisi. Lui posò la valigetta sul tavolino e l'aprì. Fece un leggero cenno col capo a Edgar e cominciò a cercare la foto di Elias. «Ehi, quello dove va?» esclamò Regina. Edgar si era diretto verso un'altra rampa di scale che portava a un attico. «Garantisce la nostra sicurezza controllando che tu non abbia qualcuno nascosto nell'armadio» disse Bosch. «Ora dai un'occhiata a questa foto, per favore.» Fece scivolare la foto attraverso il tavolino e lei la guardò senza toccarla. «Lo riconosci?» «Cos'è questa storia?» «Lo riconosci o no?» «Certo.» «È un cliente?» «Sentite, non sono obbligata a dirvi un cazzo di niente su...» «È UN CLIENTE?» urlò Bosch, zittendola. Edgar scese dall'attico e si aggirò per il soggiorno. Sbirciò dentro il cucinino, non vide nulla che lo interessasse e scese di sotto. Bosch udì i suoi passi sulla scala inferiore e intravide il partner sprofondare nel buio. «No, non è un cliente, okay? E adesso, volete andarvene?» «Se non è un cliente, come fai a riconoscerlo?» «Cos'è, uno scherzo? Oggi non avete guardato la TV?» «Chi è?» «È quel tipo, quello che hanno ammazzato a...» «Harry?» Era Edgar che chiamava dal piano inferiore. «Cosa c'è?» «Credo che dovresti scendere qui un attimo.» Bosch si rivolse a Rider e annuì. «Pensaci tu a lei, Kiz.»
Bosch scese all'ingresso e imboccò la rampa di scale che conduceva in basso. Dalla stanza di sotto si spandeva una luce rossa. Mentre scendeva, vide Edgar a occhi sgranati. «Cosa c'è?» «Vieni a dare un'occhiata.» Mentre attraversavano la stanza, Bosch capì che era una sorta di alcova. Una parete era completamente rivestita di specchi. Contro la parete opposta c'era un letto modello ospedale inclinato, con quelle che sembravano lenzuola plastificate e cinghie di contenzione. Accanto c'erano una sedia e una lampada a stelo con una lampadina rossa. Edgar lo condusse dentro un ampio ripostiglio. Dal soffitto pendeva un'altra lampadina rossa. Gli appendiabiti non reggevano nulla, ma su un lato del ripostiglio c'era un uomo nudo a gambe e braccia divaricate, con i polsi ammanettati in alto alla sbarra degli appendiabiti. Le manette erano placcate oro e avevano decorazioni elaborate. L'uomo era bendato e aveva la bocca tappata con una palla rossa. Sul petto aveva escoriazioni rosse causate da graffi di unghie. E fra le sue gambe una bottiglia da un litro di Coca Cola penzolava all'estremità di una cinghia di pelle legata con un nodo scorsoio intorno alla punta del suo pene. «Gesù» sussurrò Bosch. «Gli ho chiesto se gli serviva aiuto e lui ha detto di no scrollando la testa. Immagino sia un suo cliente.» «Levagli quella palla.» Bosch sciolse la benda dalla fronte dell'uomo mentre Edgar gli estraeva la palla rossa dalla bocca. L'uomo girò immediatamente il viso sulla destra e mosse per quanto poteva le braccia nel tentativo di coprirsi il viso, ma il polso ammanettato glielo impediva. L'uomo era sui trentacinque anni, con una corporatura robusta. Sembrava senz'altro capace di difendersi dalla donna che stava di sopra. Se lo avesse voluto. «Vi prego» disse con voce implorante. «Lasciatemi solo. Sto bene. Lasciatemi solo e basta.» «Siamo della polizia» disse Bosch. «Ne è sicuro?» «Certo, ne sono sicuro. Credete che se avessi bisogno di aiuto non lo chiederei? Non ho bisogno di voi qui. È una faccenda del tutto consensuale e priva di sesso. Lasciateci in pace.» «Harry» disse Edgar, «penso che dovremmo portare il culo fuori di qui e dimenticarci di avere mai visto il signore.» Bosch annuì, ed entrambi uscirono dal ripostiglio. Bosch si guardò in-
torno e notò che sulla sedia c'erano dei vestiti piegati. Si avvicinò e controllò le tasche dei pantaloni. Tirò fuori il portafoglio e si avvicinò alla lampada, lo aprì e osservò la patente nella luce rossastra. Sentì Edgar avvicinarsi da dietro e sbirciare da sopra la sua spalla. «Riconosci il nome?» «No, e tu?» Bosch scosse la testa e richiuse il portafoglio. Tornò alla sedia e lo rimise nella tasca dei pantaloni. Rider e Regina erano silenziose quando risalirono. Bosch osservò Regina e gli sembrò di notare un'ombra di orgoglio e un leggero sorriso sul suo volto. Lei sapeva che ciò che avevano visto di sotto li aveva turbati. Allora guardò Rider e vide che anche lei aveva notato l'espressione stupefatta dei loro visi. «Tutto a posto?» chiese Rider. «Tutto okay» disse lui. «Che cos'era?» Bosch ignorò la domanda e guardò Madame Regina. «Dove sono le chiavi?» Lei fece una smorfia imbronciata e frugò nel reggiseno. La sua mano recuperò una piccola chiave da manette e l'allungò a Bosch. Lui la prese e la consegnò a Edgar. «Vai giù e liberalo. Se dopo vuole rimanere e ricominciare, sono affari suoi.» «Harry, ha detto che...» «Me ne frego di quello che ha detto. Ti ho detto di liberarlo. Non usciremo di qui lasciandoci dietro un imbecille ammanettato là sotto.» Edgar scese le scale mentre Bosch fissava Regina. «È per questo che ti pagano duecento dollari l'ora?» «Credetemi, per loro sono ben spesi. E poi, se proprio volete saperlo, tornano tutti per un'altra dose. Hmm, chissà che cos'hanno in testa gli uomini? Forse dovrebbe provare anche lei, una volta o l'altra, detective. Potrebbe essere interessante.» Bosch la fissò a lungo prima di distogliere gli occhi e guardare Rider. «Cos'hai saputo, Kiz?» «Il suo vero nome è Virginia Lampley. Dice di conoscere Elias dalla TV, non come cliente. Ma dice che l'investigatore di Elias è stato qui poche settimane fa, facendole le stesse domande.» «Pelfry? Cosa le ha chiesto?»
«Un mucchio di stronzate» disse Regina prima che Rider potesse intervenire. «Voleva sapere se sapevo qualcosa della bambina uccisa l'anno scorso. La figlia dello zar dell'auto. Gli ho detto che non capivo perché diavolo veniva a chiedermi cose simili. Cosa potevo saperne? Ha provato a fare il duro ma l'ho messo a posto. Non permetto a nessun uomo di mettermi i piedi sulla testa. Se n'è andato. Secondo me qualcuno ha messo sia lui che voi sulla stessa pista sbagliata.» «Può darsi» disse Bosch. Ci fu un breve silenzio. Bosch era ancora distratto da quanto aveva visto nel ripostiglio. Non riusciva a concentrarsi. «Vuole restare.» Era Edgar. Salì nella stanza e restituì la chiave a Regina. Lei la prese e fece molta scena per rimetterla nel reggiseno, continuando intanto a fissare Bosch. «Va bene, andiamo» disse Bosch. «È sicuro di non voler restare per una Coca, detective?» chiese Virginia Lampley con un sorriso malizioso. «Andiamo» ripeté Bosch. Scesero le scale fino alla porta restando in silenzio, con Bosch che chiudeva la fila. Sul pianerottolo dell'ingresso guardò verso la stanza di sotto. La luce rossa era ancora accesa e Bosch distinse il profilo dell'uomo seduto sulla sedia nell'angolo della camera. Aveva il viso in ombra ma Bosch sapeva che l'uomo lo stava guardando. «Non stia in pensiero, detective» disse Regina alle sue spalle. «Mi prenderò cura di lui.» Bosch si girò e la guardò dalla porta. Lei aveva ancora in viso lo stesso sorriso malizioso. 20 Mentre tornavano alla stazione, Rider chiese più volte cos'avessero visto esattamente nella camera inferiore. Ma né Bosch né Edgar si spinsero oltre la succinta risposta che vi avevano trovato uno dei clienti di Madame Regina ammanettato nel ripostiglio. Rider capiva che c'era dell'altro e continuò a insistere, ma senza fortuna. «Il tipo là sotto non è importante» disse infine Bosch per porre termine alla discussione. «Non sappiamo ancora cosa ci facesse Elias con la sua foto e il suo indirizzo su Internet. E neanche perché abbia mandato Pelfry da
lei.» «Io penso che abbia mentito» disse Edgar. «Per me sa molte cose.» «Forse» disse Bosch. «Ma se conosce la storia, perché tenerla segreta adesso che Elias è morto?» «La chiave di tutto è Pelfry» disse Rider. «Dovremmo saltargli addosso subito.» «No» disse Bosch. «Non stasera. È tardi e non voglio parlare con Pelfry finché non avremo esaminato le pratiche di Elias e scoperto cosa contengono. Controlliamo le pratiche, poi spremiamo Pelfry su Madame Regina e tutto il resto. È la prima cosa da fare domani.» «E come la mettiamo con l'FBI?» chiese Rider. «Dobbiamo incontrarci alle otto. Per allora mi verrà in mente qualcosa.» Fecero il resto del viaggio in silenzio. Bosch li lasciò alle loro auto nel parcheggio della stazione di polizia di Hollywood e ricordò loro di trovarsi al Parker Center alle otto del mattino dopo. Poi parcheggiò la bicolore ma non riconsegnò le chiavi perché nel bagagliaio c'erano ancora i cartoni con le pratiche di Elias. Chiuse portiere e bagagliaio e andò alla sua auto. Mentre usciva sulla Wilcox guardò l'ora e vide che erano le dieci e trenta. Sapeva che era tardi ma decise di fare un'ultima visita prima di tornare a casa. Percorrendo il Laurel Canyon verso la Valle, continuò a pensare all'uomo nel ripostiglio e a come avesse girato il viso per non essere riconosciuto. Dopo aver lavorato alla omicidi per tanti anni, Bosch non riusciva più a sorprendersi per le sofferenze che le persone si infliggevano a vicenda. Ma le sofferenze che riservavano a se stesse erano un'altra storia. Prese il Ventura Boulevard in direzione ovest fino a Sherman Oaks. Era un sabato sera animato. Sull'altro versante della collina la città poteva essere una polveriera carica di tensioni, ma sull'arteria principale della Valle i bar e i caffè sembravano pieni di gente. Bosch vide i valletti in giacchetta rossa che correvano a prendere in consegna le auto davanti al Pinot Bistro e agli altri ristoranti di lusso che costeggiavano il boulevard. Vide adolescenti che guidavano allegri le loro auto scoperte. Sembravano tutti ignari dell'odio e della rabbia che ribollivano in altre parti della città... appena sotto la superficie, come una faglia non ancora scoperta che si preparava a ingoiare tutto quanto in un violento terremoto. Al Kester girò a nord e poi fece una rapida svolta in un quartiere di abitazioni stipate fra il boulevard e la Ventura Freeway. Le case erano piccole, senza uno stile preciso. Il rimbombo della freeway era sempre presente. Erano case per sbirri, sebbene ora i prezzi fossero aumentati: costavano fra
i quattro e i cinquecentomila dollari, e ben pochi sbirri potevano ormai permettersene una. Frankie Sheehan, il vecchio partner di Bosch, l'aveva comprata parecchio tempo prima facendo un ottimo affare. Adesso sedeva sopra un capitale netto di almeno un quarto di milione di dollari. Rientrava nel suo piano previdenziale, se riusciva ad arrivare alla pensione. Bosch si fermò davanti alla casa di Sheehan e lasciò il motore acceso. Tirò fuori il telefono, cercò il numero di Sheehan sull'agenda e lo compose. Sheehan rispose dopo due squilli, con la voce sul chi vive. Era sveglio. «Frankie, sono Harry.» «Il mio partner.» «Sono qui davanti. Perché non esci così facciamo un giro?» «Dove?» «Non ha importanza.» Silenzio. «Frankie?» «Okay, dammi un paio di minuti.» Bosch ripose il telefono e cercò in tasca una sigaretta che non c'era. «Accidenti» bofonchiò. Mentre aspettava ripensò a quella volta che lui e Sheehan stavano cercando uno spacciatore sospettato di essersi sbarazzato di un concorrente. Era entrato in una casa di spaccio del crack con un Uzi e aveva ammazzato tutti i presenti: sei persone, clienti e venditori insieme. Bosch e Sheehan vevano bussato ripetutamente alla porta dell'appartamento del sospettato ma nessuno aveva risposto. Stavano riflettendo sul da farsi quando Sheehan aveva sentito una vocina che dall'interno dell'appartamento diceva: «Avanti, avanti». Avevano bussato di nuovo e gridato che erano poliziotti. Poi erano rimasti in attesa e in ascolto. Di nuovo la vocina aveva detto: «Avanti, avanti». Bosch aveva provato a girare la maniglia. La porta non era chiusa a chiave. Assumendo la posizione di combattimento erano entrati ma avevano trovato l'appartamento deserto... tranne un grosso pappagallo verde in una gabbia nel soggiorno. E in bella vista sul tavolo della cucina c'era un mitragliatore Uzi smontato, pronto per essere pulito. Bosch era tornato alla porta e aveva bussato di nuovo, e il pappagallo aveva esclamato di nuovo: «Avanti, avanti». Pochi minuti dopo, quando lo spacciatore sospettato tornò dal negozio di ferramenta con l'olio per armi che gli serviva per completare il suo lavoro sull'Uzi, venne arrestato. L'esame balistico collegò l'Uzi alle uccisioni e il
tipo fu condannato poiché il giudice rifiutò di considerare illegali le prove raccolte in quella perquisizione. Benché l'accusato sostenesse che l'ingresso nel suo appartamento era avvenuto senza mandato e quindi illegalmente, il giudice decretò che Bosch e Sheehan avevano agito in buona fede accettando l'invito del pappagallo. Il caso stava ancora percorrendo il suo cammino tortuoso attraverso le varie corti di appello, ma l'assassino rimaneva in carcere. L'altra portiera della Jeep si aprì e Sheehan salì. «Quando hai comprato questo giocattolo?» chiese. «Quando mi hanno obbligato a guidare una bicolore.» «Oh, sì, l'avevo dimenticato.» «Già, voi pezzi grossi della Rapine-Omicidi non dovete preoccuparvi per queste merdate.» «Allora, cosa c'è? Con questo caso ti trovi con il culo al vento, vero?» «Sì, e un bel po' esposto. Come stanno Margaret e le ragazze?» «Bene. Cosa facciamo? Andiamo in giro, parliamo, cosa?» «Non lo so. C'è ancora quel locale irlandese sulla Van Nuys?» «No, finito... Stai a sentire, sali fino a Oxnard e poi gira a destra. C'è un piccolo bar da quelle parti.» Bosch si staccò dal marciapiede e cominciò a seguire le istruzioni. «Stavo ripensando al caso di Polly-vuole-un-Uzi» disse. Sheehan scoppiò a ridere. «Quella storia mi fa sempre spanciare. Non riesco a credere che sia in ballo da tanto tempo. Ho sentito che al nostro pezzo di merda è rimasto solo un tentativo: la corte di El Supremo.» «Il caso reggerà.» «Be', quando è stato, otto anni fa? Anche se adesso lo buttassero fuori, comunque gliel'abbiamo fatta pagare.» «Già, sei omicidi, otto anni: mi sembra giusto.» «Però, tu non ti sei spinto fin da questo lato delle colline a parlare di pappagalli e dei vecchi tempi...» «No, Frankie. Devo chiederti qualcosa sul "caso Kincaid."» «Perché a me?» «Secondo te perché? Eri tu a capo dell'indagine.» «Tutto quello che so è nelle pratiche. Dovresti riuscire a ottenerle. Sei tu a capo dell'indagine su Elias.» «Le ho già. Ma nelle pratiche non sempre c'è tutto.» Sheehan indicò un'insegna rossa al neon e Bosch accostò. C'era un par-
cheggio proprio davanti alla porta del bar. «Questo locale è quasi sempre vuoto» disse Sheehan. «Anche il sabato sera. Non so come faccia il padrone a tirare avanti. Forse raccoglie le puntate del lotto clandestino o vende erba per arrotondare.» «Frankie» disse Bosch, «rimarrà fra noi due, ma devo sapere la verità sulle impronte del "caso Kincaid". Voglio dire, non ho motivo di dubitare di te. Ma voglio sapere se hai sentito qualcosa, capisci cosa intendo?» Sheehan scese dalla macchina senza una parola e andò verso la porta del bar. Bosch lo guardò entrare, poi scese a sua volta. Dentro, il locale era davvero quasi vuoto. Sheehan sedeva al bancone. Il barista gli stava spillando una birra alla spina. Bosch occupò lo sgabello accanto all'ex partner e disse: «Fanne due». Bosch tirò fuori un biglietto da venti e lo posò sul banco. Sheehan non lo aveva ancora degnato di un'occhiata dopo la sua domanda. Il barista posò i boccali appannati sopra due tovagliolini che pubblicizzavano una festa per il Superbowl di almeno tre mesi prima. Prese il biglietto da venti di Bosch e andò verso il registratore di cassa. All'unisono, Bosch e Sheehan trangugiarono due lunghe sorsate di birra. «È dai tempi di O.J.» disse Sheehan. «Che cosa?» «Lo sai di cosa parlo. È da allora che più nulla è solido: le prove, gli sbirri, niente. Puoi portare qualunque cosa in tribunale e ci sarà sempre qualcuno capace di farla a pezzi, buttarla per terra e pisciarci sopra. Chiunque può mettere in dubbio qualunque cosa, perfino gli sbirri, perfino i partner.» Bosch bevve un'altra sorsata prima di intervenire. «Scusami, Frankie. Non ho nessun motivo per dubitare di te o delle impronte. È solo che, sguazzando in questa faccenda di Elias, viene fuori che la prossima settimana lui aveva in mente di andare in tribunale sfoderando il nome del vero assassino della bambina. E quel nome non è Harris. È qualcuno...» «Chi?» «Non lo so. Ma sto cercando di guardare le cose dal suo punto di vista. Se ha individuato qualcuno che non è Harris, allora come diavolo hanno fatto le sue impronte a finire su...» «Elias era un fottuto bastardo. E non appena lo ficcheranno in una fossa, voglio andare là una notte e ballare la giga irlandese di mio nonno sulla sua tomba. Poi ci piscerò sopra e non penserò mai più a Elias. L'unico fot-
tuto rimpianto che ho è che Harris non era con lui su quella funicolare. Quell'assassino figlio di puttana! Sarebbe stato il primo premio della lotteria vederli tutti e due liquidati insieme.» Sheehan levò il bicchiere brindando all'assassino di Elias e poi ingollò una lunga sorsata. Bosch poteva quasi sentire l'odio che fremeva in petto all'ex partner. «Così nessuno ha manipolato la scena» disse Bosch. «Le impronte sono legittime.» «Fottutamente legittime. La camera era stata sigillata dagli agenti di pattuglia. Nessuno è entrato fino al mio arrivo. Poi ho sorvegliato ogni cosa... c'era di mezzo la famiglia Kincaid, e tu sai che significa. Lo zar dell'auto, il generoso donatore alle casse dei politici locali... Sono stato rompiballe e pignolo con ogni particolare. Le impronte erano sopra un libro di scuola: il libro di geografia della piccola. La scientifica ha trovato quattro dita su un lato e un pollice sull'altro, come se avesse stretto il libro di costa. Erano impronte perfette. Quel bastardo doveva sudare come un inaiale quando le ha lasciate perché erano fottutamente perfette.» Scolò la sua birra e indicò il bicchiere al barista per averne un'altra. «Non riesco a credere che non si può più fumare in nessun merdoso bar di questa città» disse Sheehan. «Già.» «Insomma, facciamo tutte le ricerche possibili, ed ecco salta fuori Harris. Ex detenuto, era stato dentro per aggressione e furto con scasso, aveva tanti motivi legittimi di lasciare le sue impronte in quella camera quanti ne avevo io di vincere una lotteria... e io non gioco a nessuna fottuta lotteria. Così, bingo: abbiamo il nostro uomo, e andiamo a prelevarlo. Non dimenticare che a quell'epoca il corpo della bambina non era ancora saltato fuori. Noi lavoravamo pensando che potesse essere ancora viva da qualche parte. Ci sbagliavamo, ma non lo sapevamo ancora. Così lo preleviamo, lo portiamo al centro e cominciamo a interrogarlo. Solo che questo rottinculo non vuole neanche dirci che ora è. Tre giorni così e non ne caviamo niente. Neanche di notte lo riportavamo in cella. È rimasto in quella stanza degli interrogatori per settantadue ore filate. Lavoravamo in coppia e a turni, ma non siamo riusciti a piegarlo. Non ci ha mai detto un cazzo di niente. A dirla tutta, mi piacerebbe ammazzare quel rottinculo, ma devo rispettarlo per questo: è il più tosto con cui mi sia scontrato.» Sheehan bevve una doppia sorsata della sua seconda birra. Bosch era ancora a metà della prima. Gli andava benissimo che fosse Sheehan a parlare
e a raccontare la storia con il ritmo che voleva, senza doverlo interrompere con domande. «Alla fine qualcuno dei ragazzi ha perso un po' la testa. Hanno combinato qualcosa.» Bosch chiuse gli occhi. Dunque si era sbagliato sul conto di Sheehan. «E anch'io, Harry.» Lo disse senza fronzoli, come se gli facesse bene poterlo finalmente ammettere. Bevve altra birra, si girò sullo sgabello guardandosi intorno come se vedesse il bar per la prima volta. C'era un televisore montato in un angolo. Era sintonizzato su ESPN. «Qui stiamo parlando fra noi, vero, Harry?» «Certo.» Sheehan si girò in senso contrario e si chinò verso Bosch con aria un po' da cospiratore. «Quello che secondo Harris sarebbe successo... è successo. Ma questo non esclude quello che ha fatto lui. Lui ha stuprato e strangolato quella bambina, mentre noi gli abbiamo solo piantato una matita in un orecchio. Bella stronzata come scambio. Lui se la cava e io divento il nuovo Mark Fuhrman, uno sbirro razzista che ha falsificato le prove. Però: qualcuno mi sa spiegare come cazzo avrei fatto a piantare io su quel libro le sue impronte?» Stava alzando la voce. Fortunatamente, solo il barista lo stava notando. «Lo so» disse Bosch. «Mi dispiace, amico. Non dovevo chiedertelo.» Sheehan proseguì come se il suo vecchio partner non avesse nemmeno aperto bocca. «Magari mi portavo sempre dietro una serie di impronte trasferibili, con l'adesivo appresso, di qualche stronzo che volevo incastrare. E così le incollo sul libro - non chiedermi come - e voilà: abbiamo beccato il nostro uomo. Però, per quale motivo avrei scelto Harris? Non conoscevo quel bastardo, mai avuto a che fare con lui. E non c'è nessuno su questo pianeta che possa provare che l'ho fatto, perché non c'è niente da provare.» «Hai ragione.» Sheehan scrollò la testa e guardò dentro la sua birra. «Non me ne frega più un cazzo da quando quella giuria è rientrata e ha detto non colpevole. Da quando hanno detto che il colpevole ero io... da quando hanno creduto al tipo invece che a noi.» Bosch restò in silenzio lasciando che Sheehan si togliesse il peso dallo stomaco.
«Stiamo perdendo la battaglia, amico. Adesso lo capisco: è tutto un gioco. Quei fottuti avvocati, ma ti rendi conto di quello che possono fare a te e alle prove? Mi arrendo, Harry. Sul serio. Ho già deciso. Sono venticinque anni e mi bastano. Ho ancora otto mesi e ormai conto ogni singolo fottuto giorno alla pensione. Timbro il cartellino d'uscita, mi trasferisco su a Blue Heaven e che questo gran cesso se lo tengano tutti gli stronzi in circolazione.» «Credo che sia una buona idea, Frankie» disse a bassa voce Bosch. Non sapeva cos'altro dire. Era ferito e sbalordito dal sentimento di odio e cinismo in cui era sprofondato il suo amico. Ne capiva le ragioni, ma era a dir poco sorpreso dal prezzo che gli stavano costando. Era inoltre deluso da se stesso, intimamente imbarazzato per l'appassionata difesa di Sheehan che aveva fatto davanti a Carla Entrenkin. «Ricordo quell'ultimo giorno» disse Sheehan. «Ero là dentro con lui, nella stanza degli interrogatori. Mi ero talmente incazzato che avrei voluto prendere la pistola e fargli saltare quel suo cervello merdoso. Ma sapevo che non potevo, perché lui sapeva dov'era lei. Lui aveva la bambina!» Bosch annuì in silenzio. «Avevamo tentato di tutto senza ottenere niente. Lui ci aveva piegati prima che noi potessimo piegare lui. Sono arrivato al punto di implorarlo perché ci dicesse dov'era. È stato umiliante, Harry.» «E lui cos'ha fatto?» «Ha continuato a fissarmi come se non esistessi. Non ha detto niente. Non ha fatto un solo movimento. E allora... allora mi sono sentito pieno di una rabbia come... come non so cosa. Come se avessi un osso incastrato in gola. Non mi era mai capitato prima. C'era un cestino per i rifiuti in un angolo della stanza. Sono andato a togliere il sacchetto di plastica e gliel'ho ficcato su quella testa del cazzo. E gliel'ho stretto intorno al collo e ho continuato a stringere e stringere e...» Sheehan cominciò a piangere e si sforzò di terminare la frase. «... e gli altri... gli altri hanno dovuto togliermelo dalle mani.» Posò i gomiti sul banco e premette i palmi delle mani sugli occhi. Non si mosse per lunghi minuti. Bosch vide una goccia scivolargli lungo il mento e cadere nella birra. Sollevò un braccio e posò la mano sulla spalla del vecchio partner. «È tutto okay, Frankie.» Senza togliere le mani dal viso, Sheehan riprese. «Capisci, Harry, sono diventato la stessa cosa a cui ho dato la caccia per
tutti questi anni. Volevo ucciderlo là dov'era. E lo avrei fatto se i miei ragazzi non fossero intervenuti. Questo non potrò mai dimenticarlo.» «È tutto okay, amico.» Sheehan sorseggiò della birra e sembrò riprendersi un poco. «Dopo di che, la diga cedette. Gli altri fecero quella cosa con la matita... gli bucarono quel suo fottuto timpano, e diventammo tutti dei mostri. Come quelli in Vietnam, a massacrare nei villaggi. Probabilmente lo avremmo ammazzato, e invece sai cosa fu a salvarlo? La bambina. Stacey Kincaid lo salvò.» «E come?» «Avevano trovato il corpo. Non appena ci informarono corremmo sul posto, lasciando Harris in una cella. Vivo. Fu fortunato che la notizia arrivasse proprio allora.» Si fermò per bere un altro sorso di birra. «Andai là... a un solo isolato dall'appartamento di Harris. Lei era già molto decomposta, ai giovani succede in fretta. Ma ricordo l'aspetto che aveva. Sembrava un angioletto, con le braccia aperte come se stesse volando...» Bosch ricordava le foto sui giornali. Stacey Kincaid era una bambina davvero bella. «Harry, adesso lasciami solo» disse Sheehan in tono pacato. «Tornerò a piedi.» «No, lascia che ti dia un passaggio.» «No, grazie. Andrò a piedi.» «Sei sicuro di sentirti bene?» «Sto bene. Solo un po' su di giri. Tutto qui. Questo resterà fra di noi, giusto?» «Fino alla fine, amico.» Sheehan abbozzò un debole sorriso. Ma evitò ancora di guardare Bosch. «Fammi un favore, Hieronymus.» Bosch ricordava i tempi in cui facevano squadra: usavano solo i loro nomi di battesimo, Hieronymus e Francis, quando parlavano seriamente e in tutta sincerità. «Certo, Francis. Cosa?» «Quando prenderai il tipo che ha liquidato Elias, non importa se è uno sbirro o no, stringigli la mano per me. Digli che è il mio eroe. Ma digli che si è lasciato sfuggire una magnifica opportunità. Digli che avrebbe dovuto stendere anche Harris.»
Mezz'ora più tardi Bosch apriva la porta di casa. Entrato, trovò il letto vuoto, ma stavolta era troppo stanco per restare sveglio ad aspettare Eleanor. Cominciò a spogliarsi e a pensare ai piani per il giorno seguente. Alla fine sedette sul letto pronto a dormire e allungò una mano verso la luce. Nell'attimo in cui calò l'oscurità, squillò il telefono. Riaccese la luce e sollevò la cornetta. «Bastardo!» Una voce di donna... familiare, ma non riusciva a inquadrarla. «Chi parla?» «Carla Entrenkin, chi credeva che fosse? O pensava che non mi sarei accorta di quello che ha fatto?» «Non so di cosa sta parlando. Cos'è successo?» «Ho appena visto Channel Four. Il suo amico Harvey Button.» «Che cos'ha detto?» «Oh, aveva qualcosa di succoso. Vediamo se riesco a citarlo esattamente. "Nello studio di Elias è stato scoperto un collegamento fra l'avvocato e un giro di prostituzione su Internet, ci informa una fonte vicina alle indagini. Questa fonte ritiene che Elias possa aver avuto contatti con almeno una delle donne che pubblicizzano le proprie prestazioni di dominatrici sul sito web". Credo che sia un riassunto fedele. Spero che sarà soddisfatto.» «Io non ho...» «Non si disturbi.» Riappese. Bosch rimase seduto a lungo ripensando a quelli con cui aveva parlato di Madame Regina. «Chastain, pezzo di merda!» proruppe ad alta voce. Spense di nuovo la luce e si lasciò ricadere sul letto. Ben presto si addormentò, facendo ancora lo stesso sogno. Si trovava sulla funicolare di Angels Flight, stava salendo. Solo che stavolta c'era una bambina bionda seduta di fronte a lui. Lo fissava con occhi tristi e vuoti. 21 Bosch trovò una sorpresa ad attenderlo quando spinse il carrello con le scatole piene di pratiche attraverso la porta della sala riunioni del vicecapo Irving. Erano le otto meno un quarto di domenica mattina. C'erano già sei agenti dell'FBI stipati nella stanza in attesa. Ma la sorpresa fu il loro capo, che si avvicinò a Bosch con la mano tesa e un largo sorriso in volto.
«Harry Bosch» disse l'agente. «Roy Lindell» ribatté Bosch. Bosch spinse il carrello fino al tavolo e gli strinse la mano. «Te ne occupi tu? Cos'è successo al CO?» «Al Crimine Organizzato mi annoiavo. Specialmente dopo il caso di Tony Aliso.» Un paio d'anni prima avevano lavorato insieme all'omicidio Aliso... il cosiddetto "caso della musica da baule", stando ai media locali. Bosch e Lindell avevano cominciato da avversari, ma quando il caso si era finalmente concluso a Las Vegas, fra loro era nato un rispetto reciproco che certo non era condiviso dalle due agenzie per le quali lavoravano. Bosch giudicò subito un segno positivo l'assegnazione di Lindell al caso Elias. «Senti» disse Lindell, «credo che abbiamo qualche minuto. Che ne dici di una tazza di caffè e quattro chiacchiere?» «Mi sembra un'ottima idea.» Mentre percorrevano il corridoio verso l'ascensore, incontrarono Chastain, diretto alla sala riunioni. Bosch gli presentò Lindell. «Andate a prendere un caffè? Vengo con voi.» «Meglio di no» disse Bosch. «Dobbiamo parlare di alcune cose... e non voglio sentirle ripetute dalla bocca di Harvey Button nel prossimo notiziario. Capisci cosa intendo?» «Non so di cosa stai parlando, Bosch.» Bosch non disse niente. Chastain guardò Lindell, poi di nuovo Bosch. «Al diavolo il caffè» disse. «E comunque io non ho bisogno di stimolanti artificiali.» Quando furono soli davanti all'ascensore Bosch mise in guardia Lindell. «Chastain soffia» disse. «Hai visto Channel Four ieri sera?» «La storia della dominatrice su Internet?» «Sì. Eravamo in sei a saperlo. Io, i miei due partner, Chastain, Carla Entrenkin e il vicecapo Irving. Posso garantire per i miei partner e dubito che Carla Entrenkin rivelerebbe a un giornalista qualcosa di negativo su Elias. A parlare con Harvey Button possono essere stati solo Irving o Chastain. Personalmente scommetto su Chastain. Fin dall'inizio Irving ha cercato di tenere il coperchio ben chiuso sulle indagini.» «Be', quella storia è una cazzata, o no?» «Sembra di sì. Non riusciamo a stabilire nessun collegamento. Chiunque abbia passato la soffiata lo ha fatto per infangare Elias, per bilanciare un po' le cose sul piano dell'immagine pubblica.»
«Lo terrò d'occhio. Ma sai che a volte le fughe di notizie non vengono dalla fonte più ovvia.» L'ascensore si aprì e Lindell entrò, lasciando Bosch a riflettere su Irving e a chiedersi se la fonte poteva essere lui. «Vieni?» chiese Lindell. Bosch salì sull'ascensore e spinse il pulsante del terzo piano. «Hai sentito i notiziari stamattina?» chiese Lindell. «Come va là fuori?» «Finora abbastanza bene. Un paio di incendi la scorsa notte, ma non c'è stato altro. Niente saccheggi, e adesso sembra tutto piuttosto tranquillo. Domani dovrebbe piovere. Il cattivo tempo ci aiuta in questi casi.» Entrarono nel bar e portarono i loro caffè a un tavolo. Bosch guardò l'orologio e vide che mancavano cinque minuti alle otto. Guardò Lindell. «Allora?» Lindell scoppiò a ridere. «Allora un cazzo. Ci dividiamo questa storia o no?» «Sì. Ho una proposta per te, Roy. Un'ottima proposta.» «Sentiamola.» «Puoi avere il caso. Mi tirerò indietro e ti lascerò condurre lo spettacolo. Voglio soltanto una cosa. Voglio che lasci alla mia squadra il caso originale: Stacey Kincaid. Prenderemo gli incartamenti di quell'omicidio e controlleremo tutto quello che ha fatto la Rapine-Omicidi in quel caso. Poi verificheremo tutto quello che ha fatto Elias e partiremo da lì.» Lindell socchiuse gli occhi mentre si domandava quale fosse il significato di quella strategia. Bosch proseguì. «A quanto pare Elias voleva andare in tribunale questa settimana e dimostrare che non è stato Michael Harris a uccidere la ragazzina. Aveva intenzione di fare il nome del vero assassino e...» «Chi è?» «È la domanda da un milione di dollari. Non lo sappiamo. Il nome non risulta dalle pratiche. È per questo che voglio il caso: perché se la sua pista era buona, questo tipo è un sospetto maledettamente valido per il duplice omicidio di Angels Flight.» Lindell abbassò gli occhi sul suo caffè fumante e rimase silenzioso per diversi secondi. «A me sembra una stronzata da avvocati. Roba da circo. Come poteva trovare lui l'assassino se voi della polizia non ci siete riusciti? Pensi che veramente l'assassino non sia Michael Harris, come credono tutti i poliziotti e le persone bianche di questa città?»
Bosch alzò le spalle. «Anche se si sbagliava... anche se voleva solo fare un nome qualsiasi come cortina fumogena, questo potrebbe averlo reso comunque un bersaglio.» Volutamente non stava raccontando tutto a Lindell. In particolare, gli tenne nascosta la presenza delle lettere misteriose. Voleva far credere all'agente FBI che la squadra di Bosch avrebbe inseguito chimere mentre lui avrebbe avuto il comando della vera indagine. «Così tu ti occupi di quello e lasci a me la caccia ai poliziotti cattivi: è questa la proposta?» «Più o meno. Chastain dovrebbe esserti piuttosto utile. In primo luogo, è quello che ha più familiarità con il "caso Black Warrior". Ha diretto lui le indagini degli Affari Interni sulla faccenda. E...» «Già, ma ha scagionato tutti.» «Magari ha sbagliato. O magari gli è stato chiesto esplicitamente di scagionare tutti.» Lindell annuì per indicare che comprendeva il suggerimento. «Inoltre, ieri la sua squadra doveva esaminare le pratiche di Elias e preparare una lista. E io ho appena portato altre cinque scatole di carte dal suo studio. Da tutto questo materiale potete ricavare un elenco di persone con cui parlare. Credo che tu abbia ottime prospettive.» «Se le mie prospettive sono così splendide perché vuoi cedermi questa parte del lavoro?» «Perché sono gentile.» «Bosch, mi nascondi qualcosa.» «Ho solo un'intuizione, tutto qui.» «E quale sarebbe: che Harris è veramente un innocente incastrato?» «Non lo so. Ma c'è qualcosa che non quadra. Voglio scoprire che cos'è.» «E intanto io resto con Chastain e i suoi uomini fra i piedi.» «Già. La proposta è questa.» «Be', cosa diavolo me ne faccio di loro? Mi hai appena detto che Chastain fa soffiate ai giornalisti.» «Tu mandali a prendere il caffè e poi gioca a nascondino con loro.» Lindell scoppiò a ridere. «Io farei così» aggiunse poi Bosch in tono più serio. «Ne assegnerei due a Elias e due alla Perez. Li piazzi a sbrigare le carte, controllare gli indizi, raccogliere i referti delle autopsie... che probabilmente saranno pronti oggi. In questo modo li tieni occupati e li hai fuori dai piedi. Indipendentemente
da chi dovrà occuparsene, devi assegnare almeno un uomo alla Perez. Noi l'abbiamo considerata una vittima casuale, come ovviamente è. Ma devi dimostrare il dovuto interesse anche per lei, altrimenti potresti avere una fregatura in tribunale quando magari un avvocato ti chiederà perché Catalina Perez è stata discriminata non venendo considerata bersaglio primario.» «Lo so, lo so. Dobbiamo coprire tutte le basi.» «Esatto.» Lindell annuì ma non aggiunse altro. «Allora, decidi» lo incalzò Bosch. «La proposta ti interessa?» «Sì. Mi sembra un piano interessante. Ma voglio sapere quello che fate tu e i tuoi uomini. Dobbiamo tenerci in contatto.» «Contaci. Oh, a proposito, uno degli Affari Interni parla spagnolo. È Fuentes: assegna lui alla Perez.» Lindell annuì e spinse indietro la sedia per alzarsi. Lasciò la tazza di caffè sul tavolo senza averla neppure toccata. Bosch si portò dietro la sua. Attraversando l'anticamera della sala riunioni di Irving, Bosch notò che l'aiutante del vicecapo non era alla sua scrivania. Vide un blocchetto per messaggi telefonici sul ripiano e lo agguantò passando davanti alla scrivania. Lo infilò in tasca ed entrò nella sala riunioni. I partner di Bosch e gli uomini degli Affari Interni erano ormai tutti presenti. C'era anche Irving. La stanza era affollata. Dopo qualche rapida presentazione la parola passò a Bosch, che aggiornò i nuovi arrivati e Irving sugli ultimi sviluppi dell'indagine. Non entrò nei dettagli riferendo la visita all'appartamento di Madame Regina, e fece sembrare quella parte dell'indagine una pista senza sbocchi. Non fece naturalmente parola del suo incontro con Frankie Sheehan. Quando ebbe finito fece un cenno col capo a Irving, che subentrò. Bosch si spostò verso una parete, appoggiandosi accanto a un tabellone che il vicecapo sembrava aver fatto installare per i messaggi degli investigatori. Irving cominciò a parlare delle tensioni politiche che circondavano il caso come nubi temporalesche. Li informò che già in giornata erano previste marce di protesta davanti a tre stazioni di polizia del South End e al Parker Center. Disse che il consigliere municipale Royal Sparks e il reverendo Preston Tuggins sarebbero apparsi in mattinata come ospiti in una trasmissione televisiva locale dedicata ai problemi della città: Parliamo di L.A. Aggiunse inoltre che il capo della polizia si era incontrato la sera prima con Tuggins e altri pezzi grossi religiosi di South Central, per ricordare
loro i passati favori e per sollecitarli a calmare gli animi dai loro pulpiti nel corso delle funzioni mattutine. «Qui siamo seduti sopra una polveriera» affermò Irving. «E il modo per disinnescarla è risolvere questo caso in un modo o nell'altro... velocemente.» Mentre il vicecapo parlava, Bosch tirò fuori il blocchetto per messaggi e ci scribacchiò sopra qualcosa. Poi controllò che gli occhi di tutti fossero puntati su Irving e strappò rapido il primo foglietto. Allungò il braccio e fissò con una puntina il foglietto al tabellone, poi si allontanò con molta lentezza e altrettanta indifferenza dalla parete e dal tabellone. Il foglietto che aveva appuntato sul tabellone era indirizzato a Chastain. Il messaggio diceva: «Harvey Button ha chiamato, ringraziando per l'informazione. Richiamerà più tardi». Irving terminò il suo intervento con un riferimento alla vicenda di Channel four. «Ieri, qualcuno tra i presenti in questa stanza ha passato informazioni a un reporter televisivo. Avverto tutti quanti che non intendiamo tollerare comportamenti simili. Siete avvertiti. Una sola altra fuga di notizie e sarete voi a finire sotto inchiesta.» Si guardò intorno fissando tutti i membri del dipartimento, per assicurarsi che il messaggio fosse giunto forte e chiaro. «Okay, è tutto» disse infine. «Vi lascio al vostro lavoro. Detective Bosch, agente Lindell? Vorrei essere aggiornato a mezzogiorno sui progressi.» «Senz'altro, capo» disse Lindell prima che Bosch potesse rispondere. «Mi farò vivo a quell'ora.» Quindici minuti più tardi Bosch percorreva il corridoio diretto nuovamente agli ascensori. Edgar e Rider lo seguivano a ruota. «Harry, dove stiamo andando?» chiese Edgar. «Noi lavoreremo dalla stazione di Hollywood.» «Come? E cosa faremo? Chi dirigerà le operazioni?» «Lindell. Gli ho fatto una proposta. Lui dirigerà lo spettacolo. Noi ci occuperemo di qualcos'altro.» «A me sta bene» disse Edgar. «E poi, qui ci sono troppi agenti e troppi pezzi grossi.» Bosch arrivò davanti agli ascensori e premette il pulsante di chiamata. «Che cosa faremo esattamente, Harry?» chiese Rider. Lui si girò a guardarli.
«Ricominciamo da capo» disse. 22 La sala agenti era completamente deserta, cosa abbastanza insolita anche per una domenica. Con il piano di allerta dodici-dodici tutti i detective non assegnati a indagini urgenti dovevano indossare l'uniforme e pattugliare le strade. L'ultima volta che una simile misura era stata adottata era stato dopo il grosso terremoto che aveva colpito la città nel 1994. L'omicidio Elias era un cataclisma più sociale che geologico, ma la sua magnitudo non era certo inferiore. Bosch portò la scatola contenente le pratiche di Elias relative al "caso Black Warrior" verso quello che loro chiamavano il "tavolo della omicidi", una serie di scrivanie spinte le une contro le altre a formare una specie di enorme tavolo per riunioni. La sezione che apparteneva alla squadra uno, quella di Bosch, era a un'estremità, vicino a un angolo con schedari metallici. Bosch posò la scatola nel mezzo, là dove le tre scrivanie della sua squadra si congiungevano. «Scavate» disse. «Harry...» disse Rider, non molto soddisfatta di questa mancanza di ordini precisi. «Okay, sentite, ecco cosa voglio. Kiz, tu sarai il capitano della nave. Jerry e io lavoreremo sul campo.» Rider emise un gemito. "Capitano della nave" voleva dire che toccava a lei tenere il registro di bordo dei fatti. Doveva familiarizzarsi con tutte le sfaccettature dei rapporti, diventare un riassunto ambulante dei dettagli relativi all'indagine. Dal momento che partivano già con un'intera scatola di pratiche, era un bel po' di lavoro. Voleva dire inoltre che lei non avrebbe fatto molto, se non addirittura nulla, sul campo. E a nessun detective piace l'idea di restare inchiodato in un ufficio deserto e privo di finestre per tutto il giorno. «Capisco il tuo disappunto» disse Bosch. «Ma credo che tu sia la persona giusta. Qui abbiamo una tonnellata di materiale, e il tuo cervello insieme al tuo computer sono i più adatti a occuparsene.» «La prossima volta scelgo io chi lavora sul campo.» «Potrebbe non esserci una prossima volta se non ce la facciamo questa volta. Vediamo cos'abbiamo qui.» Passarono circa un'ora e mezzo a esaminare le pratiche di Elias sul caso
Harris, indicandosi a vicenda i vari punti che ritenevano degni di attenzione o ributtando nella scatola di cartone i documenti che non sembravano importanti. Bosch si concentrò sui rapporti investigativi che Elias aveva ottenuto dal dipartimento di polizia dietro ingiunzione del tribunale. Aveva una copia dell'intero rapporto Kincaid compilato dalla Divisione Rapine-Omicidi. Leggendo i riassunti giornalieri inoltrati da Sheehan e altri detective della DRO, Bosch notò che all'inizio il caso era sembrato privo di un punto focale. Stacey Kincaid era stata prelevata di notte dalla sua camera, strappata dal letto dopo che il rapitore aveva forzato la chiusura della finestra con un cacciavite. Sospettando per prima cosa un frequentatore della casa, gli investigatori avevano interrogato i giardinieri, l'addetto alla piscina, un uomo della manutenzione, un idraulico che era stato nella casa due settimane prima, oltre agli spazzini e al postino la cui attività si svolgeva nella zona di Brentwood in cui sorgeva la villa dei Kincaid. Erano stati interrogati anche insegnanti, bidelli e perfino compagni di classe di Stacey nella scuola privata di West Hollywood. Ma l'ampia rete gettata da Sheehan era stata ritirata dopo che la scientifica aveva identificato le impronte trovate sul libro di scuola della bambina come quelle di Michael Harris. A quel punto bisognava dunque individuare Harris, fermarlo e tentare di fargli confessare che ne era della bambina. La seconda parte dei rapporti era imperniata su analisi scientifiche della scena del crimine e sui tentativi di stabilire un collegamento fra Harris e il corpo ritrovato. Ma non emergevano grandi risultati. Il corpo della bambina era stato scoperto da due vagabondi in un'area di terreno edificabilc Dopo quattro giorni dalla scomparsa, il corpo, nudo, era in avanzato stato di decomposizione. Sembrava essere stato attentamente lavato dopo la morte, e quindi era privo di ogni indizio microscopico che potesse venire analizzato e collegato all'appartamento o all'auto di Harris. Benché la bambina sembrasse vittima di una violenza sessuale, non era stato recuperato liquido seminale dello stupratore. Gli indumenti della piccola non erano mai stati rinvenuti. Nemmeno il legaccio usato per strangolarla era stato mai ritrovato. Alla fine, l'unica prova che collegava Harris al delitto era costituita dalle sue impronte sul libro di Stacey, insieme al fatto che il corpo era stato scoperto a meno di due isolati dal suo appartamento. Bosch sapeva che di solito questo sarebbe bastato a ottenere una condanna. Si era occupato di casi nei quali i verdetti di colpevolezza erano fioccati con prove e indizi anche molto minori. Ma era successo prima del
famoso processo a O.J. Simpson, prima che le giurie cominciassero a guardare la polizia di Los Angeles con occhi sospettosi e diffidenti. Bosch stava compilando un elenco di cose da fare e di persone da ascoltare, quando Edgar lanciò un grido. «Yuhuu!» Bosch e Rider lo guardarono in attesa di una spiegazione. «Ricordate i messaggi misteriosi?» disse Edgar. «Il secondo o il terzo diceva che la targa avrebbe dimostrato la sua innocenza, non è vero?» «Aspetta un attimo» disse Bosch. Aprì la valigetta e recuperò la cartella con i suoi appunti. «Il terzo. La targa prova la sua innocenza. Arrivato il cinque di aprile. Innocenza è scritto sbagliato, con la s al posto della z.» «Okay, qui c'è la pratica di Elias sul materiale ricevuto con le ingiunzioni. C'è un documento datato quindici aprile per la Hollywood Wax and Shine. È dove Harris lavorava come lavamacchine prima che lo arrestassero. Dice - leggo testualmente - "Copie di tutte le registrazioni e di tutte le ricevute di ordini e fatture di clienti con i numeri di targa di tali clienti fra le date del 1° aprile e del 15 giugno dell'anno scorso". Elias stava indagando sulle targhe.» Bosch si appoggiò allo schienale della sedia per riflettere. «È roba che ha avuto sulla base dell'ingiunzione, giusto? Quindi era materiale autorizzato.» «Esatto.» «Be', dal 1° aprile al 15 giugno: sono settantacinque giorni. Ci sono...» «Settantasei giorni» lo corresse Rider. «Settantasei giorni. Dovrebbero essere un mucchio di ricevute. Qui non ne abbiamo nessuna e non ne ho viste neanche in ufficio. Dovrebbero esserci scatole piene di ricevute.» «Forse le ha rimandate indietro» disse Edgar. «Hai detto che erano copie autorizzate.» Edgar alzò le spalle. «E poi un'altra cosa, perché proprio quei giorni?» chiese Bosch. «L'omicidio della bambina è avvenuto il dodici luglio. Perché non ha richiesto le ricevute fino a quella data?» «Perché sapeva quello che stava cercando» disse Rider. «Sapeva cosa?» Piombarono nel silenzio. La mente di Bosch masticò l'enigma ma senza risultati. L'indizio della targa era misterioso almeno quanto la pista di
Madame Regina. Poi, mettendo insieme i due misteri, scorse un barlume di luce. «Ancora Pelfry» disse. «Dobbiamo parlare con lui.» Si alzò. «Jerry, attaccati al telefono. Vedi se riesci a rintracciare Pelfry e a organizzare un incontro prima possibile. Io esco un attimo.» Normalmente, quando Bosch diceva ai suoi partner che usciva sul retro dell'edificio era perché voleva fumarsi una sigaretta. Mentre si dirigeva verso la porta posteriore, Rider gli gridò: «Harry, non farlo». Lui agitò una mano senza voltarsi. «Non preoccuparti, non lo faccio.» Bosch uscì nel cortile sul retro e si guardò intorno. Sapeva di aver effettuato alcune delle sue migliori riflessioni analitiche là fuori, fumando una sigaretta. Sperava di riuscire a mettere insieme qualcosa anche adesso, pur senza l'aiuto della nicotina. Guardò nel vaso pieno di sabbia che usavano i fumatori e vide sporgere una sigaretta fumata a metà. Il filtro era sporco di rossetto. Decise che non era ancora disperato fino a quel punto. Ripensò ai messaggi anonimi. Dai timbri postali e dalle annotazioni di Elias sapeva che avevano i numeri due, tre e quattro, ma non avevano trovato il primo. Il significato del quarto messaggio - l'avvertimento che Elias portava ancora con sé al momento della sua morte - era scontato. Sul terzo adesso avevano un indizio, grazie alla scoperta di Edgar sulle ricevute con i numeri di targa. Ma il secondo biglietto - metti i punti sulle i humbert humbert — per Bosch era ancora privo di qualunque significato. Guardò di nuovo la sigaretta che sbucava dalla sabbia ma rinunciò allo stimolo. Pensò che comunque non aveva fiammiferi né un accendino con sé. Di colpo si ricordò anche che l'unico altro pezzo dell'enigma in apparenza privo di qualunque significato, almeno fino a quel momento, era il collegamento con Madame Regina. Bosch tornò velocemente dentro la stazione di polizia. Edgar e Rider erano sempre chini sulle pratiche. Bosch cominciò subito a frugare in mezzo ai mucchi di cartelle. «Dov'è la cartella di Madame Regina?» «Qui» disse Edgar. Gli allungò la cartella e Bosch l'aprì, tirandone fuori la foto della dominatrice. Posò la foto accanto a uno dei messaggi anonimi. Cercò di confrontare l'annotazione sul messaggio con quella sotto la foto... l'indirizzo
della pagina web scritto a mano. Trovò impossibile stabilire se la grafia fosse la stessa. Non era un esperto e non c'erano anomalie evidenti che potessero facilitare il confronto. Quando Bosch tolse la mano dalla foto, il bordo superiore e quello inferiore del foglio si arricciarono di un paio di centimetri sul tavolo, suggerendogli che in precedenza la pagina era stata piegata, come per infilarla in una busta. «Credo che il primo biglietto fosse la foto» esclamò Bosch. Bosch aveva notato spesso che quando imboccava una svolta logica nel corso di un'indagine, era un po' come sbloccare uno scarico otturato. Il condotto si apriva e tutto cominciava a defluire. Stava succedendo anche adesso, e Bosch vide ciò che avrebbe potuto e forse dovuto vedere da tempo. «Jerry, chiama la segretaria di Elias. Subito. Chiedile se avevano una stampante a colori in ufficio. Dovevamo accorgercene... io dovevo accorgermene.» «Accorgerci di cosa?» «Fai la chiamata e basta.» Edgar si mise a cercare il numero su un taccuino. Rider si alzò dalla sua sedia e andò a piazzarsi accanto a Bosch. Chinò gli occhi sulla stampata. Adesso era sulla lunghezza d'onda di Bosch. Intuiva a cosa stava mirando. «Questo era il primo dei messaggi» disse Bosch. «Solo che lui non ha tenuto la busta perché probabilmente ha pensato che fosse la lettera di uno svitato.» «E probabilmente lo è» disse Edgar, con il telefono premuto contro l'orecchio. «Siamo andati là, la donna non conosceva l'uomo e non sapeva cosa diavolo...» Si bloccò, sentendo rispondere all'altro capo del telefono. «La signora Quimby? Sono il detective Edgar di ieri, ricorda? Ho una domanda veloce per lei. Avevate una stampante a colori in ufficio? Una stampante per stampare roba da uno dei computer. A colori.» Ascoltò tenendo lo sguardo puntato su Bosch e Rider. «La ringrazio, signora Quimby.» Riattaccò. «Nessuna stampante a colori.» Bosch annuì e chinò gli occhi sulla stampata di Madame Regina. «Avremmo dovuto pensarci ieri» disse Rider. Bosch annuì di nuovo e stava chiedendo a Edgar se aveva contattato
Pelfry, l'investigatore privato, quando il suo cercapersone suonò. Lo spense e lo staccò dalla cintura. Era il suo numero di casa. Eleanor. «Ho sentito Pelfry» disse Edgar. «Ci aspetta a mezzogiorno nel suo ufficio. Non gli ho detto niente. Ho detto solo che dovevamo parlargli.» «Okay.» Bosch sollevò il telefono e fece il numero di casa. Eleanor rispose dopo tre squilli. Dalla voce sembrava assonnata, o triste. «Eleanor.» «Harry.» «Va tutto bene?» Bosch si appoggiò allo schienale della sedia e Rider tornò alla sua. «Sto bene... È solo...» «Quando sei tornata?» «Poco fa.» «Hai vinto?» «Non ho giocato molto. Dopo che ieri sera mi hai chiamato... me ne sono andata.» Bosch si piegò in avanti e posò un gomito sul tavolo, la fronte appoggiata alla mano. «Be'... dove sei andata?» «In un hotel... Harry, sono tornata solo a prendere qualche vestito e le mie cose. Io...» «Eleanor?» Ci fu un lungo silenzio al telefono. Bosch sentì Edgar dire che andava a prendersi una tazza di caffè nell'ufficio di guardia. Rider disse che l'avrebbe accompagnato, anche se Bosch sapeva che non beveva caffè e teneva un assortimento di tisane nel cassetto della scrivania. «Harry, non è giusto» disse Eleanor. «A cosa ti riferisci, Eleanor?» Passò un altro lungo momento di silenzio prima che lei rispondesse. «Stavo pensando a quel film che abbiamo visto l'anno scorso. Quello sul Titanic.» «Me lo ricordo.» «La ragazza... si innamorava di quel ragazzo conosciuto sulla nave. Ed era... voglio dire, lo amava tanto. Al punto che alla fine non vuole lasciarlo e non sale sulla scialuppa per restare con lui.» «Ricordo, Eleanor.» Ricordava che lei aveva pianto, nella poltroncina accanto, mentre lui le
sorrideva per consolarla, senza riuscire a comprendere come potesse un film emozionarla a quel modo. «Hai pianto al cinema.» «Sì. Perché tutti vogliono quel genere di amore. E tu, Harry, lo meriti. Ma io...» «No, Eleanor, quello che mi dai è più che...» «Lei salta dalla scialuppa per tornare sul Titanic, Harry.» Fece una risatina. Ma alle orecchie di Bosch suonò triste. «Immagino che nessuno possa competere con un amore così.» «Hai ragione. Nessuno può. E difatti era un film. Senti... sei tutto quello che ho sempre voluto, Eleanor. Non devi fare nulla di più per me.» «Sì, devo. Io... io ti amo, Harry. Ma non abbastanza. Tu meriti di più.» «Eleanor, no... ti prego. Non...» «Voglio andarmene per un po'. Per pensare.» «Vuoi aspettarmi? Sarò a casa fra un quarto d'ora. Possiamo parlarne...» «No, no. Per questo ti ho chiamato. Non potrei dirtelo di persona.» Ora lui sentiva che stava piangendo. «Be', io vengo a casa.» «Non ci sarò» disse lei frettolosamente. «Ho già caricato tutto in macchina prima di chiamarti. Sapevo che ti saresti precipitato qui.» Bosch si posò la mano sugli occhi. Avrebbe voluto trovarsi al buio. «Dove andrai?» «Non ne sono ancora sicura.» «Mi chiamerai?» «Sì, ti chiamerò.» «Ti senti bene?» «Sto... starò bene.» «Eleanor, io ti amo. So di non avertelo mai detto abbastanza, ma io...» Lei emise un suono simile a un singhiozzo e lui si interruppe. «Ti amo, Harry, ma devo farlo.» Dopo un lungo istante, durante il quale sentì una profonda lacerazione dentro, lui disse: «Va bene, Eleanor». Il silenzio che seguì fu cupo come l'interno di una bara. La sua bara. «Ciao, Harry» disse infine lei. «Ci vediamo.» Poi chiuse la comunicazione. Bosch allontanò la mano dal viso e il telefono dall'orecchio. Nella sua mente vide una piscina la cui superficie era liscia come una coperta su un letto appena rifatto. Ricordava quando, molto tempo prima, gli avevano detto che sua madre era morta e lui era ormai
solo al mondo. Era corso a quella piscina e si era tuffato sotto la superficie immobile, nell'acqua tiepida. Sul fondo, aveva urlato finché la sua aria era finita e il petto aveva cominciato a fargli male, Finché aveva dovuto scegliere se restare laggiù e morire, o risalire e continuare a vivere. Ora Bosch desiderava quella piscina e la sua acqua tiepida. Avrebbe voluto urlare fino a farsi scoppiare i polmoni. «Tutto okay?» Sollevò gli occhi. Erano Rider e Edgar. Edgar reggeva una tazza di caffè fumante. Rider mostrava chiaramente quanto fosse preoccupata o perfino spaventata dall'espressione del viso di Bosch. «Tutto a posto» disse Bosch. «Tutto bene.» 23 Avevano novanta minuti da ammazzare prima dell'incontro con Pelfry. Bosch disse a Edgar di dirigersi all'Hollywood Wax & Shine, sul Sunset, non lontano dalla stazione di polizia. Edgar accostò al marciapiede e rimasero seduti in macchina a guardare. Gli affari andavano a rilento. Quasi tutti gli uomini in tuta da lavoro arancione che lavavano e lucidavano le auto erano seduti intorno, con gli stracci per asciugare sulla spalla, in attesa di clienti. Quasi tutti fissavano accigliati la bicolore come se la colpa fosse della polizia. «Immagino che la gente non sia molto interessata a far lavare la macchina quando nelle prossime ore potrebbe finire rovesciata o incendiata» disse Edgar. Bosch non ribatté. «Scommetto che tutti vorrebbero essere nei panni di Michael Harris» continuò Edgar sempre fissando gli uomini in arancione. «Diavolo, anch'io mi sorbirei tre giorni in una stanza per gli interrogatori e qualche matita nelle orecchie se poi questo mi procurasse milioni di dollari.» «Quindi tu gli credi» disse Bosch. Bosch non gli aveva parlato della confessione di Frankie Sheehan al bar. Edgar rimase zitto per qualche istante, poi annuì. «Sì, Harry, più o meno gli credo.» Bosch si chiese come avesse potuto essere tanto cieco: non aveva nemmeno preso in considerazione l'ipotesi che Harris avesse ragione. Si domandò cosa fosse a spingere Edgar ad accettare la versione dell'indagato invece di quella degli agenti: era la sua esperienza come poliziotto, oppure
come uomo di colore? Bosch concluse che doveva essere quest'ultima, e la cosa lo depresse, perché forniva a Edgar un vantaggio che lui non avrebbe mai potuto avere. «Io entro a parlare con il padrone» disse Bosch. «Forse è meglio che tu resti qui in macchina...» «No. Non oseranno toccarla.» Scesero e chiusero a chiave le portiere. Mentre camminavano verso l'autolavaggio, Bosch pensò alle tute arancioni e si chiese se fosse una coincidenza. La maggior parte degli uomini che lavoravano là erano senz'altro ex carcerati appena usciti dalla prigione di contea: istituti nei quali dovevano aver indossato simili tute arancioni. Dentro il negozio annesso all'autolavaggio Bosch ordinò una tazza di caffè e chiese del direttore. Il cassiere gli indicò una porta aperta in fondo a un corridoio. Percorrendo il corridoio Edgar disse: «Mi andrebbe una Coca ma non credo che riuscirei a berla dopo quello che ho visto ieri sera nel ripostiglio di quella puttana». Il direttore sedeva dietro una scrivania in un angusto ufficio privo di finestre, con i piedi appoggiati a un cassetto aperto. Sollevò gli occhi verso Bosch e Edgar dicendo: «Salve, agenti, cosa posso fare per voi?». Bosch sorrise alla capacità di deduzione dell'uomo. Sapeva che doveva essere in parte un uomo d'affari e in parte un controllore della libertà su parola. Se i lavamacchine erano ex carcerati, quello era tra i pochi lavori che potevano trovare. E ciò significava anche che il direttore aveva visto sbirri in abbondanza e sapeva come riconoscerli. Oppure li aveva notati arrivare con la bicolore. «Stiamo lavorando a un caso» cominciò Bosch. «L'omicidio di Howard Elias.» Il direttore fece un fischio. «Poche settimane fa Elias ha chiesto con un'ingiunzione alcuni vostri documenti: ricevute con dei numeri di targa. Lei che ne sa?» Il direttore ci pensò sopra per qualche istante. «Quello che so è che sono stato io a dover trovare tutta la roba e farla fotocopiare per il suo uomo.» «Il suo uomo?» chiese Edgar. «Già. Cosa credete, che un tipo come Elias vada in giro di persona a raccogliere scartoffie? Ha mandato un altro. Ho qui il suo biglietto da visita.» Abbassò i piedi sul pavimento e aprì il cassetto delle matite. C'era un mazzo di biglietti da visita legati con un elastico. Lo prese, cominciò a
sfogliare i biglietti e ne scelse uno. Lo mostrò a Bosch. «Pelfry?» chiese Edgar. Bosch annuì. «Questo tipo le ha detto esattamente a che servivano le vostre ricevute?» chiese. «Non lo so. Dovreste chiederlo a loro. Cioè... a questo Pelfry.» «Pelfry è già tornato a restituirle le carte?» «È tornato, ma non per riportarmi le ricevute: erano solo fotocopie.» «Allora perché è tornato?» chiese Edgar. «Voleva vedere uno dei vecchi cartellini di presenza di Michael Harris. Gli interessava una data precisa.» «Quale?» chiese Edgar, con un tono di urgenza nella voce. «Non lo ricordo, amico. Gli ho fatto una copia anche di quello. Andate a parlare con lui e forse...» «Aveva un'ingiunzione del tribunale anche per il cartellino?» chiese Bosch. «No, me lo ha soltanto chiesto, ma io l'ho accontentato. Non ricordo quale data fosse. Comunque, sentite, se volete farmi altre domande su questa storia farete meglio a rivolgervi al nostro avvocato. Non mi va di parlare di roba che non...» «Lasciamo perdere questa faccenda» disse Bosch. «Mi parli di Michael Harris.» «Cosa c'è da dire? Non ho mai avuto nessun problema con lui. Era un tipo a posto, poi sono arrivati e hanno detto che aveva ammazzato quella ragazzina. E che le aveva fatto delle cose... Non mi sembrava il tipo. Ma non lavorava qui da molto: più o meno da cinque mesi.» «Sa dove stava prima di venire a lavorare qui?» chiese Edgar. «Certo. Su a Corcoran.» Corcoran era una prigione di stato nei dintorni di Bakersfield. Bosch ringraziò il direttore e se ne andò con Edgar. Bevve un paio di sorsi di caffè ma poi lo gettò in un bidone della spazzatura prima di ritornare all'auto. Mentre Bosch aspettava lo sblocco della portiera del passeggero, Edgar fece il giro della macchina verso il posto di guida. Si arrestò prima di aprire la portiera. «Dio li stramaledica!» «Cosa?» «Hanno scritto cazzate sulla portiera.» Bosch fece a sua volta il giro per andare a vedere. Qualcuno aveva uti-
lizzato un gesso azzurro - lo stesso usato per scrivere istruzioni sul parabrezza delle auto da lavare - tracciando sulla portiera una croce sopra le parole Per proteggere e servire. Poi, a grosse lettere, aveva aggiunto le parole Per uccidere e torturare. Bosch annuì come in segno di approvazione. «Abbastanza originale.» «Harry, andiamo a mollargli qualche calcio in culo...» «No, Jerry, lascia perdere. Non mi pare il caso.» Edgar sbloccò con aria imbronciata la macchina e poi aprì la portiera di Bosch. «Siamo vicini alla nostra stazione» disse Bosch una volta seduto. «Possiamo tornarci e lavare via la scritta. O possiamo usare la mia macchina.» «Mi piacerebbe usare la faccia di uno di quegli stronzi per pulirla.» Dopo aver fatto ripulire la macchina ebbero ancora il tempo di raggiungere il terreno in fabbricazione dove era stato ritrovato il corpo di Stacey Kincaid. Era dalle parti della Western, sulla strada per il centro. Edgar rimase in silenzio per tutto il tragitto. Aveva preso come un'offesa personale il gesto di vandalismo contro l'auto di pattuglia. Però a Bosch quel silenzio riuscì gradito. Ebbe il tempo di pensare a Eleanor. Si sentiva in colpa perché nel profondo, e malgrado il suo amore per lei, sapeva di provare un crescente sollievo all'idea che la loro relazione stesse raggiungendo un capolinea, in un modo o nell'altro. «Ci siamo» disse Edgar. Accostò al marciapiede ed entrambi osservarono l'area del ritrovamento del cadavere. Era un terreno spoglio che copriva quasi un acro, fiancheggiato da due palazzi con striscioni che annunciavano sconti e finanziamenti per i nuovi inquilini. Non avevano l'aria di un posto dove la gente ambisse a vivere, a meno di non avere altre scelte. L'intero quartiere trasudava un senso di abbandono e disperazione. Bosch notò un paio di neri anziani seduti sopra cassette di legno in un angolo del terreno, all'ombra di un eucalipto dalla chioma rigogliosa. Aprì la cartella che aveva portato con sé e studiò la mappa dell'area edificabilc Calcolò che era a meno di quindici metri da dove sedevano ora i due vecchi. Sfogliò le pagine dei rapporti fino a trovare quella dove comparivano i nomi dei due testimoni che avevano segnalato la presenza della ragazzina morta. «Io vado» disse. «Voglio parlare con quei due.» Scese dall'auto e Edgar lo seguì. Attraversarono con fare disinteressato
lo spiazzo e si diressero verso i due uomini. Mentre si avvicinavano, Bosch vide dei sacchi a pelo e una vecchia stufetta da campo Coleman. Parcheggiati contro il tronco dell'eucalipto c'erano due carrelli da supermercato carichi di indumenti, sacchetti pieni di lattine e cianfrusaglie assortite. «Siete voi Rufus Gundy e Andy Mercer?» «Dipende da chi vuole saperlo.» Bosch mostrò il distintivo. «Volevo farvi qualche domanda sul corpo che avete trovato qui l'anno scorso.» «Già, e perché ci avete messo tanto tempo?» «Lei è il signor Gundy o il signor Mercer?» «Sono Mercer.» Bosch annuì. «Perché dice che ci abbiamo messo tanto tempo? Non siete stati interrogati dagli agenti investigativi quando avete scoperto il corpo?» «Siamo stati interrogati, ma non da agenti investigativi. Un novellino di pattuglia ci ha chiesto cosa sapevamo.» Bosch annuì. Indicò i sacchi a pelo e la stufa da campo. «Vivete qui?» «Attraversiamo un brutto momento. Stiamo tirando il fiato finché non potremo rimetterci in piedi.» Bosch sapeva che il primo rapporto non accennava al fatto che i due uomini vivessero in quel terreno in corso di edificazione. Il rapporto diceva soltanto che stavano attraversando il terreno alla ricerca di lattine, quando si erano imbattuti nel corpo. Ci pensò su e si rese conto di cos'era successo. «Vivevate qui anche allora, non è vero?» Nessuno dei due rispose. «Questo non lo avete detto agli sbirri perché pensavate che vi avrebbero cacciati via.» Ancora nessuna risposta. «Così avete nascosto i vostri sacchi a pelo e la vostra stufa e solo dopo avete chiamato la polizia. All'agente di pattuglia avete detto che stavate casualmente passando di qui.» Finalmente Mercer parlò. «Se sei così furbo, com'è che non ti hanno ancora fatto capo della polizia?» Bosch scoppiò a ridere.
«Perché gli altri sono abbastanza furbi da non farlo. Allora, signor Mercer e signor Gundy, adesso ascoltatemi bene. Voi dormivate qui. Una mattina trovate il corpo della bambina.» «Esatto» disse Gundy. «Probabilmente qualcuno ha scaricato qui il corpo la notte prima che voi lo notaste. Prima non c'era.» «Già» disse Gundy. «Sì, direi che è andata così» aggiunse Mercer. «Mentre voi due dormivate a... dodici, quindici metri di distanza?» Questa volta non espressero verbalmente il loro consenso. Bosch si accostò, accucciandosi per poterli guardare negli occhi alla loro altezza. «Ditemi che cosa avete visto quella notte.» «Non abbiamo visto niente» disse Gundy in tono fermo. «Ma abbiamo sentito qualcosa» disse Mercer. «Abbiamo sentito delle cose.» «Che genere di cose?» «Si è fermata una macchina» disse Mercer. «Una portiera si è aperta, poi un bagagliaio. Abbiamo sentito qualcosa di pesante cadere a terra. Poi il bagagliaio è stato chiuso e anche la portiera, e la macchina è ripartita.» «Non avete neanche guardato?» chiese svelto Edgar, che si era avvicinato a sua volta e poi piegato in avanti, con le mani sulle ginocchia. «Un cadavere viene scaricato a una dozzina di metri da qui e voi non date nemmeno un'occhiata?» «No, non abbiamo guardato» ribatté Mercer. «Quasi ogni notte la gente viene qui a scaricare la sua immondizia e un bordello di altra roba. Non guardiamo mai. Teniamo giù la testa. Al mattino guardiamo. Ogni tanto troviamo anche qualcosa di simpatico nella roba che la gente butta via. Ma aspettiamo sempre il mattino per guardare cos'hanno buttato via.» Bosch annuì per dire che capiva e sperò che Edgar non insistesse. «E non avete mai parlato di questo con gli sbirri?» «No» dissero all'unisono Mercer e Gundy. «Con nessun altro?» I due uomini ci pensarono sopra. Mercer stava già scrollando il capo, quando Gundy intervenne. «L'unico a cui lo abbiamo detto è stato l'uomo dell'avvocato Elias.» Bosch lanciò un'occhiata a Edgar e poi tornò a guardare Gundy. «Chi era?» «Il suo uomo: il suo investigatore. Gli abbiamo detto quello che abbiamo
detto a voi. Ha detto che un giorno Elias ci avrebbe chiamati in tribunale. Ha detto che l'avvocato Elias si sarebbe ricordato di noi.» «Pelfry?» chiese Edgar. «Si chiamava così?» «Può darsi» disse Gundy. «Non lo so.» Mercer non disse una parola. «Oggi avete letto il giornale?» chiese Bosch. «Avete visto qualche notiziario in televisione?» «Su quale televisione?» chiese Mercer. Bosch annuì e si alzò. Non sapevano che Elias era morto. «Quanto tempo fa avete parlato con l'investigatore di Elias?» «Un mese fa» disse Mercer. «Più o meno.» Bosch guardò Edgar e gli fece un cenno col capo per dirgli che aveva finito. Edgar annuì a sua volta. «Vi ringrazio per il vostro aiuto» disse Bosch. «Posso offrirvi il pranzo?» Infilò una mano in tasca e tirò fuori i soldi. Diede un biglietto da dieci dollari a ognuno di loro. Loro lo ringraziarono educatamente e lui si allontanò con Edgar. Mentre procedevano in direzione nord sulla Western verso Wilshire, Bosch cominciò a riassumere ad alta voce il significato delle informazioni avute dai due vecchi vagabondi. «Harris è pulito» disse con voce concitata. «È così che Elias lo ha scoperto. Perché il corpo era stato spostato. Lo hanno scaricato là tre giorni dopo che la bambina era morta. E Harris era già in stato di fermo quando è stato spostato. Il miglior alibi del mondo. Elias avrebbe portato in aula quei due vecchi e avrebbe sbriciolato la tesi del dipartimento.» «Sì, ma non eccitarti troppo, Harry» disse Edgar. «Questo non scagiona completamente Harris. Potrebbe voler dire soltanto che aveva un complice, uno che ha spostato il corpo mentre lui era al fresco.» «D'accordo, e allora perché scaricarlo così vicino a casa sua? Per implicarlo ancora di più? Io non credo che esista un complice. Credo che sia stato il vero assassino a scaricare il corpo. Ha letto sui giornali o visto in televisione che avevano fermato Harris come sospetto e ha piazzato il cadavere nel suo quartiere, per piantare un altro chiodo sulla bara di Harris.» «E le impronte? Come hanno fatto le impronte di Harris a finire dentro la bella villa di Brentwood? Ti sei convinto che sono stati il tuo amico Sheehan e i suoi ragazzi a piazzarle là?»
«No. C'è una spiegazione. Ma non la conosciamo ancora. È ciò che chiederemo a Pelfry...» Ci fu una forte detonazione, e il lunotto posteriore dell'auto si sbriciolò in frammenti di vetro che schizzarono ovunque. Per un attimo Edgar perse il controllo e la macchina sbandò verso le corsie opposte. Si levò un coro di clacson infuriati mentre Bosch afferrava il volante e lo ruotava verso destra riportando l'auto in carreggiata. «Cosa cazzo...?» gridò Edgar quando finalmente riprese il controllo dell'auto e pigiò sui freni. «No!» urlò Bosch. «Accelera, accelera!» Bosch strappò la radio dallo slot di ricarica e premette il pulsante di trasmissione. «Colpi d'arma da fuoco, ci hanno sparato addosso! Fra la Western e Olympic.» Tenne premuto il pulsante mentre si girava e da sopra il sedile guardava all'indietro. I suoi occhi scandagliarono i tetti e le finestre dei palazzi dei due isolati appena superati, da cui erano probabilmente partiti i colpi. Non vide nulla. «Sospetto sconosciuto. Colpi di cecchino su unità di servizio investigativa contrassegnata. Chiedo rinforzi immediati. Chiedo sorveglianza aerea dei tetti sui lati est e ovest della Western. Usare estrema cautela.» Lasciò andare il pulsante di trasmissione. Mentre l'operatore della centrale ripeteva il suo messaggio ad altre unità, Bosch disse a Edgar che si erano allontanati abbastanza e che poteva fermarsi. «Credo che sia arrivato dall'East Side» disse Bosch. «Da quegli edifici con il tetto piatto. Ho l'impressione di averlo sentito prima con l'orecchio destro.» Edgar espirò sonoramente. Le sue mani erano talmente strette intorno al volante che le nocche sembravano quelle di un bianco. «Sai una cosa?» disse. «Credo che non riuscirò più a guidare uno di questi fottuti bersagli a quattro ruote.» 24 «Siete in ritardo, gente. Stavo pensando di andarmene a casa.» Jenkins Pelfry era un uomo grande e grosso, con il torace tozzo e una pelle talmente scura che rendeva difficile distinguere i lineamenti del viso. Se ne stava seduto sopra una piccola scrivania da segretaria nell'anticamera
del suo ufficio all'Union Law Center. C'era un piccolo televisore sopra un mobile alla sua sinistra. Era sintonizzato su un canale che trasmetteva un notiziario. La scena dello schermo era ripresa da un elicottero che girava in cerchio sopra una qualche zona della città. Bosch e Edgar erano arrivati con quaranta minuti di ritardo all'appuntamento fissato per mezzogiorno. «Spiacente, signor Pelfry» disse Bosch. «Venendo qui siamo incappati in un piccolo problema. Le sono grato di aver aspettato.» «Fortuna per voi che ho perso il conto del tempo. Stavo guardando la televisione. Le cose non sembrano mettersi molto bene. La situazione là fuori non promette niente di buono.» Indicò il televisore con una delle sue mani enormi. Bosch guardò di nuovo e si accorse che l'elicottero stava sorvolando la scena che lui ed Edgar avevano appena lasciato: era la ricerca del cecchino che aveva sparato contro la loro auto. Bosch vide che adesso i marciapiedi della Western erano affollati di persone che osservavano i poliziotti spostarsi da un palazzo all'altro. Altri agenti stavano arrivando sul posto e i nuovi indossavano elmetti antisommossa. «Quei tipi dovrebbero filarsela alla svelta. Servono solo da esca alla folla. Non è una cosa buona. Taglia la corda in fretta, amico. Vivi per lottare un altro giorno.» Tutti e tre rimasero a guardare in silenzio per qualche secondo, poi Pelfry allungò un braccio e spense il televisore. Guardò i suoi visitatori. «Cosa posso fare per voi?» Bosch fece le presentazioni per sé e il suo partner. «Immagino che lei sappia perché siamo qui. Lavoriamo all'omicidio di Howard Elias. E sappiamo che lei svolgeva alcuni lavori per lui riguardo alla faccenda "Black Warrior". Il suo aiuto ci sarebbe prezioso, signor Pelfry. Se troviamo il responsabile, forse avremo una possibilità di raffreddare gli spiriti più bollenti in città.» Bosch indicò con un cenno del capo il televisore per sottolineare il suo punto di vista. «Volete il mio aiuto» disse Pelfry. «Sì, ho lavorato per Eli... lo chiamavo Eli. Ma non so cosa posso fare per voi.» Bosch guardò Edgar, e il partner gli fece un cenno di assenso impercettibile. «Signor Pelfry, questa nostra conversazione deve essere considerata confidenziale. Il mio partner e io stiamo seguendo una pista secondo la quale,
chiunque sia l'assassino di Stacey Kincaid, potrebbe aver ucciso anche il suo principale. Pensiamo che Elias si sia avvicinato troppo alla verità, e se lei sa quello che lui sapeva, potrebbe essere a sua volta in pericolo.» Pelfry scoppiò a ridere: una specie di ringhio basso e sonoro. Bosch guardò Edgar e poi di nuovo Pelfry. «Non offendetevi, ma questa è la peggior battuta di abbordaggio che abbia mai sentito» disse Pelfry. «Cosa intende dire?» L'omaccione indicò di nuovo il televisore. Bosch notò quanto fosse chiaro il palmo della sua mano. «Stavo guardando i notiziari. Channel Four dice che state già preparando una cella per qualcuno. Uno dei vostri.» «Che cosa ha detto?» «Stanno già spremendo un sospetto al Parker Center.» «Hanno fatto il suo nome?» «Non l'hanno detto ma sanno di certo chi è. Dicono che è uno degli sbirri del "Black Warrior". Il detective che conduceva l'indagine, per l'esattezza.» Bosch rimase allibito: Frankie Sheehan aveva condotto quell'indagine. «Questo è impossibile... Posso usare il suo telefono?» «Faccia pure. A proposito, sapete che avete dei pezzi di vetro nei capelli?» Bosch si passò una mano fra i capelli mentre si avvicinava alla scrivania e sollevava il ricevitore. Compose il numero della sala riunioni di Irving sotto l'attento sguardo di Pelfry. Risposero subito. «Voglio parlare con Lindell.» «Sono io.» «Sono Bosch. Cos'è questa storia di Channel Four su un sospetto?» «Lo so. Sto controllando anch'io. Qualcuno ha fatto una soffiata. Posso soltanto dirti che ho aggiornato Irving e poi la cosa è saltata fuori in TV. Credo che sia lui la spia, non Chastain...» «Di questo me ne sbatto.» «Secondo me la soffiata è partita dal tuo fottuto vicecapo.» «Avete fermato Sheehan?» «Sì, lo abbiamo portato qui e ci stiamo parlando. A questo punto è una collaborazione volontaria. Lui sostiene di potersi cavare da solo dai guai. Abbiamo tutta la giornata a disposizione e anche di più. Vedremo se ci riuscirà.»
«Perché Sheehan? Perché avete fermato lui?» «Credevo che lo sapessi. Questa mattina era in cima alla lista di Chastain. Elias lo aveva già denunciato una volta, cinque anni fa. Aveva impiombato uno stronzo mentre cercava di operare un arresto per omicidio. Gli ha piantato cinque palle in corpo. La vedova gli ha fatto causa e alla fine ha vinto centomila bigliettoni... anche se a mio parere il piombo potrebbe essere più che giustificato, come ha sostenuto anche il tuo amico Chastain, che ha indagato sulla sparatoria e lo ha scagionato.» «Ricordo quel caso. Il piombo era giustificato. Ma questo non ha avuto importanza per la giuria, perché la faccenda è successa poco dopo la storia di Rodney King.» «D'accordo. Ma molto prima che la faccenda finisse in tribunale, Sheehan ha minacciato Elias. Durante una deposizione, davanti agli avvocati, alla vedova e, cosa ben più importante, davanti a una stenografa. Lei ha trascritto tutto, parola per parola, e la minaccia era nel testo della deposizione che Chastain e i suoi uomini si sono letti ieri. Sheehan ha detto a Elias che un giorno, quando meno se lo sarebbe aspettato, qualcuno gli sarebbe arrivato alle spalle e lo avrebbe ammazzato come un cane. Il succo della minaccia era questo. Un succo che descrive piuttosto bene ciò che è successo ad Angels Flight.» «Ma andiamo! È stato cinque anni fa. Stai scherzando, spero...» Bosch si accorse che sia Edgar che Pelfry lo osservavano attentamente. «Lo so, Bosch. Ma poi salta fuori questa nuova denuncia per il "caso Black Warrior", e chi è capo delle indagini? Il detective Frankie Sheehan. Inoltre, lui usa una Smith & Wesson nove millimetri. E poi, un'altra cosa: abbiamo controllato il suo fascicolo. Per undici anni di fila si è qualificato tiratore scelto al poligono della polizia. E tu sai che razza di tiratore scelto è quello che ha sparato ad Angels Flight. Metti tutto questo insieme e vedrai che in cima alla lista dei sospetti c'è lui. Così adesso lo stiamo interrogando.» «La questione del bravo tiratore è una cazzata. Al poligono distribuiscono quelle coccarde come caramelle. Scommetto che almeno sette o otto poliziotti su dieci ne hanno una. E su dieci poliziotti, almeno otto portano delle Smith calibro nove. Intanto Irving, o chiunque sia lo spione, lo sta buttando in pasto ai lupi. Lo sta sacrificando ai media perché in questo modo pensa di evitare che la città prenda fuoco di nuovo.» «Lui è un sacrificio solo se non lo ha fatto.» Nella voce di Lindell c'era una sfumatura di cinica indifferenza che
Bosch non trovò di suo gusto. «Farete meglio ad andarci piano» disse Bosch. «Perché vi garantisco che l'assassino non è Frankie.» «Frankie? Voi due siete amici, allora?» «Eravamo partner. Molto tempo fa.» «Be', è buffo. Adesso lui non sembra molto affezionato a te. Secondo i miei ragazzi, la prima cosa che ha detto quando hanno bussato alla sua porta è stata: "Quel fottuto di Harry Bosch". Crede che sia stato tu a incastrarlo, amico. Non sa che abbiamo la sua minaccia nella deposizione. Magari non se la ricorda nemmeno.» Bosch posò il ricevitore. Era inebetito. Frankie Sheehan credeva che lui avesse rivelato la loro conversazione confidenziale della sera prima. Credeva che fosse stato l'amico a consegnarlo al Bureau. Questo sospetto ingiusto fece soffrire Bosch molto più che l'immaginarsi il suo vecchio partner e amico seduto in una stanza degli interrogatori a lottare per la propria sopravvivenza. «Ho l'impressione che lei non sia molto d'accordo con Channel Four» disse Pelfry. «No, non lo sono.» «Vedete, se potessi azzardare un'ipotesi del cazzo direi che con quei vetri nei capelli voi siete i due tizi che, a sentire la televisione, si sono beccati una fucilata in macchina sulla Western.» «Sì, e allora?» chiese Edgar. «Be', è un posto a pochi isolati da dove hanno ritrovato quella bambina, Stacey Kincaid.» «Sì, e allora?» ripeté Edgar. «Allora, se stavate arrivando da quella zona, mi domandavo se magari avevate conosciuto i miei due amici, Rufus e Andy.» «Sì, li abbiamo conosciuti e sappiamo tutto del corpo che è stato scaricato là tre giorni dopo la morte della piccola.» «Allora state seguendo le mie stesse piste.» «In parte. Ieri sera abbiamo anche fatto visita a Madame Regina.» Finalmente Bosch si scosse dal suo torpore, ma preferì restare in silenzio e ascoltare Edgar, che faceva progressi nel colloquio con Pelfry. «Allora non dicevate solo cazzate quando parlavate di chi può avere ucciso Elias...» «Dicevamo sul serio.» «Be', cos'altro volete sapere? Eli era abituato a tenere strette le sue carte.
Molto strette. Io non capivo mai su quale particolare del suo quadro stavo lavorando... capite cosa voglio dire?» «Ci parli delle targhe» disse Bosch riprendendo finalmente la parola. «Sappiamo che avete chiesto le ricevute di settantasei giorni alla Hollywood Wax. Perché?» Pelfry li osservò per parecchi secondi, come se stesse prendendo una decisione. «Venite con me» disse infine. Fece loro strada nell'ufficio interno. «Prima non vi avrei mai fatto entrare qui dentro» disse. «Ma adesso...» Sollevò le mani indicando le scatole che coprivano ogni ripiano orizzontale nell'ufficio. Erano piccole scatole di cartone che solitamente contenevano confezioni da sei bottiglie di acqua tonica. Ammucchiati al loro interno c'erano pacchetti di ricevute con cartellini separatori che portavano delle date. «Queste sono le ricevute della Hollywood Wax?» chiese Bosch. «Esatto. Eli contava di portarle tutte in tribunale come prova. Dovevo conservarle io finché non ne avesse avuto bisogno.» «Che cosa voleva dimostrare esattamente con le ricevute?» «Pensavo che lo sapeste voi, ragazzi.» «Siamo ancora indietro rispetto a lei, signor Pelfry.» «Jenkins. O Jenks. Quasi tutti mi chiamano Jenks. Non so esattamente quale fosse il motivo - ricordate quando vi ho detto che Eli teneva molto strette le sue carte? - ma un'idea ce l'ho. Vedete, quando ha chiesto l'ingiunzione del tribunale per ottenere questa roba, mi ha dato anche un elenco di targhe su un pezzo di carta. Ha detto che dovevo controllare se qualche targa figurava sulle ricevute della Hollywood Wax.» «E lei lo ha fatto?» «Sì, ci ho messo quasi una settimana.» «Nessun riscontro?» «Uno solo.» Si avvicinò a una delle scatole. «Questo.» Pelfry estrasse una ricevuta con la data 12/6 e la porse a Bosch. Edgar si avvicinò per vedere. Era la ricevuta di un servizio giornaliero speciale. Identificava l'auto da lavare come una station wagon Volvo bianca. Includeva la sigla della targa e il prezzo del lavaggio speciale: 14.95 dollari più le tasse.
«Questa targa era sull'elenco che Elias le ha consegnato?» chiese Bosch. «Esatto.» «Ed è la sola che ha trovato fra le ricevute...» «L'ho già detto.» «Sa a chi appartiene l'auto con questa targa?» «Non esattamente. Eli non mi ha chiesto di fare un controllo. Ma ho un'idea in proposito.» «I Kincaid.» «Già.» Bosch guardò Edgar. Dall'espressione sul suo viso capì che il partner non aveva ancora mangiato la foglia. «Le impronte. Per dimostrare che Harris era innocente al di là di ogni possibile dubbio, doveva spiegare la presenza delle impronte del suo cliente sul libro di scuola della vittima. Se non esisteva alcuna ragione o spiegazione legittima per giustificare la presenza di Harris in casa Kincaid, allora esistevano due spiegazioni alternative. Uno: le impronte erano state messe dagli sbirri. Due: Harris aveva toccato il libro altrove, fuori dalla camera della bambina.» Edgar annuì, capendo finalmente. «I Kincaid hanno fatto lavare la loro macchina all'Hollywood Wax and Shine, dove lavorava Harris. La ricevuta con la targa lo prova.» «Esatto. L'unica cosa che restava da dimostrare a Elias era la presenza del libro sulla macchina.» Bosch indicò la data. «La ricevuta è del dodici giugno» disse. «Più o meno alla fine dell'anno scolastico. I bambini vuotano i loro armadietti a scuola e portano a casa tutti i libri. Non hanno per il momento compiti da fare e magari i libri rimangono abbandonati sul retro della macchina.» «La Volvo dunque viene portata all'autolavaggio» disse Edgar. «Scommetto che il giornaliero speciale comprende una passata con l'aspirapolvere, e magari una spruzzata di Armorall all'interno.» «E il lavamacchine tocca il libro mentre lavora dentro l'auto» aggiunse Bosch. «Da qui le impronte.» «Il lavamacchine era Harris» disse Edgar. Poi guardò Pelfry e aggiunse: «Il direttore dell'autolavaggio ha detto che lei è tornato a controllare i cartellini di presenza». Pelfry annuì. «È vero. Ho una fotocopia del cartellino che prova che Harris era lì al
lavoro quando quella Volvo bianca è arrivata per il trattamento giornaliero speciale. Eli mi ha chiesto di andare alla Hollywood Wax e usare le buone maniere per ottenere una copia del cartellino di presenza senza un'ingiunzione. Immagino che il cartellino fosse il tocco conclusivo e che lui non volesse farlo sapere a nessuno.» «Chissà se si fidava di qualcuno...» disse Bosch. «Sembra che avesse più di un motivo per diffidare» disse Pelfry. Mentre Edgar chiedeva a Pelfry di mostrargli il cartellino, Bosch si appartò in un angolo e cercò di riflettere su queste ultime informazioni. Ricordava quello che Sheehan aveva detto la sera prima sulle impronte, sul fatto che erano così perfette perché probabilmente la persona che le aveva lasciate stava sudando. Ora capiva che non era stato per il nervosismo di un crimine che veniva commesso, ma perché Harris stava lavorando all'autolavaggio, passando l'aspirapolvere in una macchina e lasciando di conseguenza delle chiare impronte sul libro della ragazzina. Michael Harris era innocente: del tutto innocente! Fino a quel momento Bosch non ne era stato convinto. E questo lo sorprendeva. Sapeva che i poliziotti facevano errori e che gente innocente finiva in prigione. Ma in questo caso l'errore era colossale. Un uomo innocente torturato da poliziotti che cercavano di fargli confessare un crimine che chiaramente non aveva commesso. Convinta di avere beccato il suo uomo, la polizia aveva mollato le indagini e permesso al vero assassino di sgusciare via indisturbato... finché le indagini di un furbone d'avvocato specializzato in diritti civili lo avevano individuato. Ma la scoperta gli era costata la vita. E ora, una reazione sociale a catena rischiava di spingere un'altra volta la città degli angeli sull'orlo dell'inferno. «In conclusione, signor Pelfry» disse Bosch, «chi ha ucciso Stacey Kincaid?» «Jenks, per favore, mi chiami Jenks... Non lo so. So che non è stato Michael Harris, e su questo non ci sono dubbi. Ma Eli non mi ha raccontato chi fosse... sempre che lo sapesse.» «Ci parli di Madame Regina» disse Edgar. «Cosa c'è da dire? Eli ha avuto una soffiata e l'ha passata a me. Ho fatto due chiacchiere con la pupa e non ho trovato nessun collegamento. Credo che Eli abbia mollato la pista dopo che gliene ho riferito.» Bosch ci pensò un attimo e scosse la testa. «Non ne sono convinto. C'è qualcosa sotto.» «Be', se c'è, lui non me ne ha parlato.»
In macchina, Bosch chiamò Rider per un aggiornamento. Lei gli disse che aveva completato l'esame delle pratiche senza che nulla di importante attirasse la sua attenzione. «Noi andiamo dai Kincaid» disse Bosch. «Come mai così presto?» «Sembra che uno di loro sia l'alibi di Harris.» «Cosa?!» Bosch le spiegò la scoperta della targa che Pelfry ed Elias avevano fatto. «Uno su quattro» disse lei. «Cosa stai dicendo?» «Adesso sappiamo cosa significa uno dei quattro biglietti misteriosi.» «Già, immagino di sì.» «Stavo pensando ai primi due. Credo che siano collegati e ho un'idea. Adesso voglio andare in rete e controllare. Sai cos'è un collegamento in ipertesto?» «Non parlo la lingua dei computer, Kiz. Io scrivo ancora a macchina con due dita.» «Lo so. Ti spiegherò quando torni. Forse per allora saprò se ho trovato qualcosa.» «Okay. Buona fortuna.» Bosch fece per interrompere la comunicazione. «Oh, Harry?» «Cosa...» «Ti ha chiamato Carla Entrenkin. Ha detto che ti deve parlare. Stavo per darle il numero del tuo cercapersone ma poi ho pensato che forse non ti avrebbe fatto piacere. Potrebbe cominciare a chiamarti tutte le volte che ha un capello storto.» «Hai fatto bene. Ti ha lasciato un numero?» Glielo diede e riattaccarono. «Andiamo dai Kincaid?» chiese Edgar. «Sì, l'ho appena deciso. Attaccati alla radio e controlla la targa di quella Volvo bianca. Senti a chi è intestata. Io devo fare un'altra chiamata.» Bosch chiamò il numero lasciato da Carla Entrenkin, la quale rispose dopo due squilli. «Sono Bosch.» «Detective...» «Mi aveva chiamato?»
«Sì, uh, volevo solo scusarmi per ieri sera. Ero sconvolta per quello che avevo visto in televisione e... e credo di aver parlato troppo presto. Ho fatto qualche controllo e penso di essermi sbagliata sul suo conto.» «Si era sbagliata.» «Be', mi dispiace.» «Okay, ispettrice, apprezzo la sua telefonata. Sarà meglio...» «Come procede l'indagine?» «Procede. Ha parlato con il vicecapo Irving?» «Sì. Mi ha detto che ora stanno interrogando il detective Sheehan.» «Non si aspetti niente di speciale.» «Infatti. Che pista sta seguendo? Mi hanno detto che lei sta indagando di nuovo sul caso originale: l'omicidio di Stacey Kincaid.» «Be', adesso possiamo provare che non è stato Harris. Su questo aveva ragione lei: Elias sarebbe andato in tribunale e lo avrebbe scagionato senza troppi problemi. Non è stato lui. Adesso però dobbiamo dimostrare che è stato qualcun altro. E io scommetto che questo qualcuno è lo stesso che ha ucciso anche Elias. Ora devo andare, ispettrice.» «Mi chiamerà se ci saranno sviluppi importanti?» Bosch ci pensò sopra un attimo. Trattare con Carla Entrenkin lo faceva in qualche modo sentire come se stesse lavorando in combutta con il nemico. «Sì» disse infine. «La chiamerò se ci sono sviluppi importanti.» «Grazie, detective.» «Non c'è di che.» 25 Lo zar dell'auto di Los Angeles e sua moglie ora vivevano in fondo a Mulholland Drive, in un quartiere esclusivo chiamato The Summit. Era una zona recintata e protetta da guardie private che ospitava miliardari le cui case spettacolari si affacciavano sugli orizzonti urbani delle Santa Monica Mountains e a nord spaziavano verso il bacino della San Fernando Valley. I Kincaid si erano trasferiti da Brentwood su quelle colline recintate dopo l'omicidio della figlia. Era una scelta di maggiore sicurezza ma giunta troppo tardi per la povera bambina. Bosch e Edgar avevano annunciato per telefono la loro visita e furono accolti ai cancelli dalle guardie. Qui ricevettero istruzioni per procedere lungo un viale curvo, fino a un'enorme costruzione in stile rurale francese
costruita su un appezzamento di terreno che doveva essere stato la cima di The Summit. Una domestica ispanica venne ad aprire la porta e li condusse in una stanza che era più grande dell'intera casa di Bosch. C'erano due camini e tre soggiorni separati. Bosch non capiva bene quale fosse lo scopo di quella suddivisione dello spazio. La lunga parete nord della sala era quasi interamente di vetro e mostrava un'ampia veduta della Valle. Anche Bosch aveva una casa in collina, ma la differenza fra le due vedute era sottolineata da seicento metri in più di altitudine e da almeno dieci milioni di dollari in più di valore immobiliare. La domestica li informò che i Kincaid li avrebbero raggiunti di lì a poco. Bosch e Edgar si avvicinarono alla vetrata, come ci si aspettava dovessero fare gli ospiti. I ricchi fanno sempre aspettare i visitatori per consentire loro di ammirare tutto quello che hanno. «Veduta aerea» commentò Edgar. «Come sarebbe?» «È così che la chiamano quando si è così in alto: veduta aerea.» Bosch annuì. Alcuni anni prima, come attività secondaria, Edgar aveva commerciato in case insieme alla moglie, finché questo lavoro non aveva minacciato di trasformare il suo impiego di poliziotto nella vera attività secondaria. Bosch poteva contemplare l'intera Valle fino alle Santa Susana Mountains. Individuò Oat Mountain sopra Chatsworth. Ricordava di esserci andato anni prima per un incarico del tribunale minorile. La vista, tuttavia, nel suo insieme non poteva essere definita bella. Una pesante cortina di smog - particolarmente densa per aprile - si stendeva sulla Valle. Nella casa dei Kincaid erano però abbastanza in alto per trovarsi al di sopra. Almeno così sembrava. «So cosa state pensando. È una veduta da un milione di dollari di una cappa di smog.» Bosch si girò. Un uomo sorridente e una donna dal viso spento erano entrati nel salotto. Dietro di loro c'era un secondo uomo in un completo scuro. Bosch riconobbe il primo per averlo visto in TV: Sam Kincaid, lo zar dell'auto. Era più basso di quanto Bosch si aspettasse. Più compatto. La forte abbronzatura era autentica, non frutto dei truccatori televisivi, e anche i capelli di un nero corvino avevano un'aria convincente. Alla TV sembrava sempre portare una parrucca. Indossava una maglietta da golf come quelle che esibiva sempre nei suoi spot pubblicitari. Maglietta uguale a quelle che portava suo padre quando, dieci anni prima, era lui ad appa-
rire in televisione. La donna doveva avere qualche anno in meno di Kincaid, intorno ai quaranta, ed era ben conservata grazie ai massaggi e alle sedute settimanali nei saloni di bellezza giù a Rodeo Drive. Fissava il panorama dietro Bosch e Edgar. Aveva un'espressione vuota sul viso, e Bosch si rese subito conto che probabilmente Katherine Kincaid non si era mai ripresa dalla perdita della figlia. «Ma sapete una cosa?» continuò Sam Kincaid, sempre sorridendo. «Non mi importa di vedere lo smog. La mia famiglia vende auto in questa città da tre generazioni. Dal mille-nove-cento-ventotto. Sono un mucchio di anni e un mucchio di auto. Quello smog là fuori è un modo per ricordarlo.» Il pistolotto sembrava imparato a memoria, come se lo usasse da dichiarazione di apertura con tutti i suoi ospiti. Si fece avanti con la mano tesa. «Sam Kincaid. E questa è mia moglie, Kate.» Bosch gli strinse la mano e presentò se stesso e il partner. Il modo in cui Kincaid studiò Edgar prima di stringergli la mano fece pensare a Bosch che forse il suo collega era il primo nero a mettere piede in quel salotto... se si escludevano quelli che erano lì a servire tartine e prendere ordinazioni di bevande. Bosch guardò alle spalle di Kincaid l'uomo ancora fermo sotto l'arco dell'ingresso. Kincaid se ne accorse e fece l'ultima presentazione. «Vi presento D.C. Richter, il mio capo della sicurezza» disse Kincaid. «Gli ho chiesto di raggiungerci, se a voi non dispiace.» Bosch era perplesso per la presenza del responsabile della sicurezza, ma non disse nulla. Fece un cenno col capo e Richter fece lo stesso. Aveva circa l'età di Bosch, alto e snello, con i capelli corti striati di grigio e irrigiditi dal gel. Richter portava un piccolo orecchino, un sottile cerchietto d'oro all'orecchio sinistro. «Cosa possiamo fare per voi, signori?» chiese Kincaid. «Devo ammettere che sono sorpreso da questa visita. Avrei immaginato che con tutto quello che sta succedendo voi due sareste stati di servizio in qualche strada, per tenere a bada quelle bestie.» Ci fu un silenzio imbarazzato. Kate Kincaid abbassò gli occhi sulla moquette. «Stiamo indagando sulla morte di Howard Elias» disse Edgar. «E su quella di vostra figlia.» «Nostra figlia? Non capisco cosa intende dire.» «Possiamo sedere un momento, signor Kincaid?» disse Bosch.
«Certo.» Kincaid li guidò verso uno dei tre soggiorni dell'enorme stanza. Due divani si fronteggiavano separati da un tavolino con il ripiano di cristallo. Su un lato c'era un camino nel quale Bosch avrebbe potuto entrare senza abbassare la testa, e sull'altro la vista panoramica. I Kincaid sedettero su un divano mentre Bosch e Edgar sedevano sull'altro. Richter rimase in piedi dietro il divano occupato dai Kincaid. «Lasci che ora le spieghi» disse Bosch. «Siamo qui per informarla che stiamo riaprendo l'indagine sulla morte di Stacey. Bisogna ripartire da capo.» Entrambi i Kincaid aprirono la bocca in un Oh di stupore. Bosch proseguì. «Nel corso delle indagini sull'omicidio di Howard Elias avvenuto venerdì sera abbiamo scoperto informazioni che potrebbero scagionare Michael Harris. Noi...» «Impossibile» abbaiò Sam Kincaid. «L'assassino è Harris. Le sue impronte sono state trovate in casa, nella vecchia casa. Vorrebbe dirmi che adesso il Dipartimento di Polizia di Los Angeles crede che i suoi stessi agenti abbiano falsificato quella prova?» «No, signore. Le sto dicendo che adesso abbiamo una spiegazione ragionevole di quella prova.» «Be', mi piacerebbe sentirla.» Bosch prese dalla tasca interna della giacca due fogli piegati e li aprì. Uno era la fotocopia della ricevuta dell'autolavaggio scoperta da Pelfry. L'altra era la fotocopia del cartellino orario di Harris, anche questa avuta da Pelfry. «Signora Kincaid, lei usa una station wagon Volvo bianca targata unobi-acca-sei-sei-otto, non è vero?» «No, è sbagliato» rispose Richter per lei. Bosch sollevò su di lui lo sguardo per un attimo, poi lo riportò sulla donna. «Lei usava questa macchina la scorsa estate?» «Usavo una station wagon Volvo bianca, sì» disse lei. «Ma non ricordo la targa.» «La mia famiglia possiede undici concessionarie e quote di altre sei in questa contea» disse suo marito. «Chevrolet, Cadillac, Mazda... dite voi una marca, e noi l'abbiamo. Perfino un autosalone Porsche. Ma niente licenza Volvo. E fra tutte le marche possibili, lei va a scegliere proprio quel-
la. Diceva che era più sicura per Stacey, e poi va a finire che... lasciamo perdere.» Sam Kincaid sollevò una mano a coprirsi le labbra e si costrinse a rimanere immobile. Bosch aspettò qualche istante prima di proseguire. «Mi creda sulla parola per la targa. L'auto era registrata a nome suo, signora Kincaid. Il dodici giugno dell'anno scorso quell'auto, la Volvo, è stata lavata all'Hollywood Wax and Shine sul Sunset Boulevard. La persona che l'ha portata là ha chiesto il servizio giornaliero speciale, che comprendeva anche la pulizia dell'interno e la lucidatura. Ecco qui la ricevuta con l'indicazione della targa.» Si chinò in avanti e la posò sul tavolino di fronte alla coppia. Entrambi si chinarono a guardarla. Anche Richter si sporse sopra lo schienale del divano per dare un'occhiata. «Uno di voi ricorda di averlo fatto?» «Noi non laviamo certo personalmente le nostre macchine» disse Sam Kincaid. «E non andiamo negli autolavaggi pubblici. Se ho bisogno di lavare una macchina lo faccio fare in uno dei nostri saloni. Non vedo perché dovrei pagare un servizio esterno che...» «Me lo ricordo» disse sua moglie interrompendolo. «Sono stata io. Avevo portato Stacey a vedere un film a El Capitan. Vicino al parcheggio del cinema c'erano dei lavori... stavano rifacendo il tetto di un palazzo accanto. Quando siamo uscite la macchina era sporca, c'erano finite sopra delle piccole macchie come di catrame. Era una macchina bianca e si notavano molto. Quando ho pagato il custode del parcheggio gli ho chiesto se c'era un autolavaggio vicino, e lui me lo ha indicato.» Kincaid stava guardando la moglie come se lei avesse appena ruttato nel bel mezzo di una cena ufficiale di beneficenza. «Così ha fatto lavare la macchina là» disse Bosch. «Sì. Adesso me lo ricordo.» Lei guardò il marito, poi di nuovo Bosch. «La ricevuta è del dodici giugno» disse Bosch. «Da quanto tempo sua figlia aveva finito la scuola?» «Il giorno prima. Era il nostro modo di cominciare l'estate: a pranzo fuori e poi al cinema. Era un film con due tipi che non riuscivano a trovare un topo nella loro casa. Divertente... Il topo riusciva ad avere la meglio.» I suoi occhi erano puntati sui ricordi, e su sua figlia. Poi misero di nuovo a fuoco Bosch. «L'anno scolastico era appena finito» disse Bosch. «Potreste aver dimen-
ticato sulla Volvo i libri di scuola di Stacey dopo l'ultimo giorno di lezione? Magari sui sedili posteriori?» Kate Kincaid annuì lentamente. «Sì. Ricordo che in quel periodo ho dovuto dirle più volte di togliere i suoi libri dalla macchina. Continuavano a scivolare dappertutto. Ma lei non l'ha fatto. Alla fine li ho presi io e li ho portati nella sua stanza.» Bosch si chinò di nuovo in avanti e posò l'altra fotocopia sul tavolino perché la guardassero. «Michael Harris lavorava all'Hollywood Wax and Shine l'estate scorsa. Questo è il suo cartellino di presenza per la settimana che comprende il dodici giugno. Il giorno che lei ha portato la Volvo all'autolavaggio lui ha lavorato là per l'intera giornata.» Sam Kincaid si piegò in avanti e osservò la fotocopia. «Intende dire che per tutto questo tempo noi abbiamo...» Kincaid si interruppe per un attimo. «Sta dicendo che lui - Harris - ha pulito l'interno della Volvo e intanto ha toccato il libro della mia figliastra, di Stacey? Lo ha raccolto o spostato, poi alla fine il libro è finito in camera sua... E dopo che è stata rapita...» «La polizia ci ha trovato sopra le sue impronte» terminò per lui Bosch. «Sì, ora pensiamo che sia andata così.» «Ma perché non è saltato fuori al processo? Perché...» «Perché c'erano altre prove che collegavano Harris all'omicidio» disse Edgar. «La vittima... scusate, Stacey, è stata trovata a meno di due isolati dal suo appartamento. Era un punto di contatto molto forte. E l'avvocato di Harris ha deciso che la strategia migliore fosse attaccare la polizia: sporcare la prova delle impronte sporcando di conseguenza i poliziotti. Non ha mai cercato la verità.» «E nemmeno la polizia» disse Bosch. «Avevano le impronte, e quando il corpo di Stacey è stato trovato nel quartiere di Harris hanno ritenuto chiuso il caso. Se ricordate, fin dall'inizio le indagini hanno dovuto subire forti pressioni emotive. La situazione è cambiata con il ritrovamento del corpo, quando tutto sembrava condurre a Harris. Dalle ricerche di una bambina si è passati all'incriminazione di un bersaglio specifico. In mezzo non c'è mai stata una attenta ricerca della verità.» Sam Kincaid sembrava inebetito. «Tutto questo tempo...» disse. «Riuscite a immaginare l'odio che ho accumulato dentro di me verso quell'uomo? Odio e disprezzo totale sono stati i miei sentimenti degli ultimi nove mesi...»
«La capisco, signore» disse Bosch. «Ma ora dobbiamo ricominciare da capo. Dobbiamo indagare di nuovo sul caso. Era questo che Howard Elias stava facendo. Abbiamo motivo di credere che lui sapesse ciò che le ho appena raccontato. Solo che lui sapeva anche, o credeva di sapere, chi è il vero assassino. E noi pensiamo che sia stato ucciso per questo.» Sam Kincaid sembrò sorpreso. «Ma poco fa la televisione ha detto che...» «La televisione sbaglia spesso, signor Kincaid. La TV sbaglia e noi abbiamo ragione.» Kincaid annuì. I suoi occhi vagarono oltre la vetrata, verso la distesa urbana di smog. «Che cosa volete da noi?» chiese Kate Kincaid. «Il vostro aiuto. La vostra collaborazione. So che per voi tutto questo è un fulmine a ciel sereno e non ci aspettiamo miracoli. Ma se guardate la TV, saprete che il tempo non è una cosa che abbiamo in abbondanza.» «Avete la nostra completa collaborazione» proclamò Sam Kincaid. «E il nostro D.C. può fare qualunque cosa gli chiediate.» Bosch spostò lo sguardo da Kincaid all'uomo della sicurezza e poi lo riabbassò su Kincaid. «Non credo che questo sarà necessario. Adesso vorremmo solo farvi qualche altra domanda, poi domani potremmo tornare e ricostruire la vicenda dall'inizio.» «Certo. Fuori le domande.» «Howard Elias ha scoperto ciò che vi ho appena detto grazie a un messaggio anonimo che gli è arrivato per posta. Qualcuno di voi sa chi potrebbe averglielo spedito? Chi può aver saputo della presenza della Volvo in quell'autolavaggio?» Per lunghi istanti nessuno rispose. «Solo io» disse Kate Kincaid. «Non so chi altri. Non ricordo di aver detto a nessuno che ero andata là.» «Ha spedito lei il biglietto a Howard Elias?» «No. No, naturalmente. Per quale motivo avrei dovuto aiutare Michael Harris? Credevo che fosse stato lui a... a rapire mia figlia. Ora lei mi dice che è innocente e io le credo. Ma prima, no, non avrei mosso un dito per aiutarlo.» Bosch la osservò mentre parlava. Gli occhi della donna andarono dal tavolino alla vetrata, poi tornarono sulle mani che teneva intrecciate in grembo. Non guardò mai la persona che l'interrogava. Bosch aveva impa-
rato a leggere dentro la gente durante anni di colloqui e interrogatori. E in quel momento capi che era stata lei a spedire a Elias il messaggio anonimo. Però non riusciva a capirne il motivo. Sollevò gli occhi su Richter e notò che anche il responsabile della sicurezza osservava attento la donna. Bosch si chiese se anche lui stesse traendone la stessa conclusione. Decise di procedere. «La casa dove è avvenuto il crimine, quella di Brentwood. A chi appartiene ora?» «È ancora nostra» disse Sam Kincaid. «Non siamo sicuri su cosa farne. Una parte di noi vorrebbe sbarazzarsene e cancellarla dai nostri ricordi. Ma l'altra parte... Stacey ci ha vissuto. Ha trascorso in quella casa metà della sua vita...» «Capisco. Quello che vorrei...» Il cercapersone di Bosch suonò. Lui lo spense e proseguì. «Vorrei poterci dare un'occhiata, soprattutto alla sua camera. Domani, se possibile. Per allora avremo un mandato di perquisizione. So che lei è un uomo molto occupato, signor Kincaid. Forse, signora Kincaid, potrebbe venire lei ad aiutarmi, per mostrarmi la camera di Stacey... Se non le risulta troppo doloroso.» Gli occhi di Kate Kincaid sembrarono terrorizzati dall'idea di tornare alla casa di Brentwood. Ma lei annuì ugualmente, con aria rassegnata. «La farò accompagnare in macchina da D.C.» annunciò Sam Kincaid. «E lei avrà via libera in tutta la casa. Non le serve un mandato: ha il nostro permesso. Non abbiamo nulla da nascondere.» «Signor Kincaid, non ho mai pensato il contrario. Il mandato di perquisizione è però necessario, per evitare qualunque problema successivo. È una protezione per noi. Se dovessimo trovare qualcosa di nuovo in casa e questo ci conducesse al vero assassino, non vogliamo che questa persona possa in seguito screditare le prove con qualche appiglio legale.» «Capisco.» «E apprezziamo l'offerta del signor Richter, ma non credo sia necessaria la sua presenza.» Bosch fissò Kate Kincaid. «Preferirei che venisse sola, signora Kincaid. A che ora le andrebbe bene?» Mentre lei ci rifletteva, Bosch abbassò lo sguardo sul suo cercapersone. Il numero era una linea della omicidi. Ma dopo il numero era stato aggiunto un 911. Era un messaggio in codice di Kiz Rider: chiamare immediatamente! «Uh, scusatemi» disse Bosch. «Sembra una chiamata importante. C'è un
telefono che possa usare? In macchina ho un cellulare ma su queste colline non so se riesco a...» «Ma certo» disse Sam Kincaid. «Usi il mio ufficio. Torni nell'atrio e vada a sinistra. La seconda porta a sinistra. Là potrà parlare tranquillamente. L'aspettiamo qui con il detective Edwards.» Bosch si alzò. «Mi chiamo Edgar» lo corresse Edgar. «Mi scusi. Il detective Edgar.» Mentre Bosch si dirigeva verso l'atrio, suonò un altro cercapersone. Stavolta era quello di Edgar. Bosch sapeva che Rider gli aveva inviato lo stesso messaggio. Edgar abbassò gli occhi sul suo cercapersone e poi li rialzò sui Kincaid. «Sarà meglio che vada con il detective Bosch.» «Sembra qualcosa di grosso» disse Sam Kincaid. «Speriamo che non sia una sommossa.» «Lo spero anch'io» disse Edgar. L'ufficio che Kincaid si era allestito in casa avrebbe potuto ospitare comodamente l'intera squadra omicidi di Hollywood. Era una stanza enorme con soffitti altissimi e due pareti rivestite di librerie che arrivavano fino al soffitto. Il fulcro della stanza era una scrivania che faceva sfigurare quella pur imponente di Howard Elias: dava l'impressione di poter accogliere al suo interno un altro ufficio. Bosch fece il giro della scrivania e sollevò il telefono. Edgar entrò a sua volta nello studio. «Hai ricevuto una chiamata da Kiz?» chiese Bosch. «Sì. Sta succedendo qualcosa.» Bosch compose il numero e aspettò. Sul ripiano della scrivania vide una foto con cornice dorata che mostrava Kincaid con la figliastra in braccio. La bambina era davvero bella. Ripensò a come l'aveva descritta Frankie Sheehan: un angelo anche da morta. Distolse lo sguardo e notò il computer sistemato sopra un tavolo da lavoro accanto alla scrivania. Il monitor mostrava un'immagine di attesa: una quantità di auto diverse che sfrecciavano avanti e indietro. Anche Edgar lo notò. «Lo zar dell'auto» sussurrò Edgar. «A me sembra più il re dello smog.» Rider rispose prima ancora che il primo squillo si fosse concluso. «Sono Bosch.» «Harry, hai già parlato con i Kincaid?» «Siamo qui adesso. Stavamo parlando. Cosa sta...»
«Li hai informati dei loro diritti?» Bosch rimase silenzioso per un attimo. Quando parlò di nuovo lo fece a voce molto bassa. «I loro diritti? No. Perché avrei dovuto farlo, Kiz?» «Harry, esci subito da quella casa e torna alla stazione.» Bosch non aveva mai sentito la voce di Rider con un tono così serio. Lanciò un'occhiata a Edgar, che inarcò le sopracciglia, interrogativo. «Okay, Kiz, ce ne andiamo subito. Vuoi dirmi perché?» «No. Devo fartelo vedere. Ho appena trovato Stacey Kincaid, ancora viva dopo la sua morte.» 26 Bosch non riuscì a interpretare esattamente l'espressione sul viso di Kizmin Rider quando lui ed Edgar rientrarono in sala agenti. Sedeva sola al tavolo della omicidi, con il suo portatile dinanzi e il viso scuro illuminato blandamente dal riflesso dello schermo. Sembrava insieme inorridita e carica di una nuova energia. Bosch conosceva quell'espressione ma non avrebbe saputo come definirla. «Kiz» disse semplicemente Bosch. «Siediti. Spero che tu non abbia lasciato un capello sulla torta con la visita ai Kincaid.» Bosch tirò fuori la sua sedia da sotto il tavolo e sedette. Edgar fece altrettanto. La frase usata da Rider si riferiva a un eventuale errore che poteva inquinare un caso con un difetto procedurale o costituzionale. Se un sospettato chiede un avvocato ma poi confessa un crimine prima dell'arrivo dell'avvocato, c'è un capello sulla torta. La confessione è inquinata. Nello stesso modo, se un indagato non viene informato dei suoi diritti costituzionali prima di essere interrogato, è alquanto improbabile che le cose dette in quella conversazione possano essere usate in seguito contro di lui in tribunale. «Senti, quando siamo entrati là, nessuno di loro era un indagato» disse Bosch. «Non c'era nessun motivo per informarli dei loro diritti. Abbiamo detto che il caso era di nuovo aperto e abbiamo fatto qualche domanda. Non ne è saltato fuori niente di importante. Abbiamo detto loro che Harris stava per essere scagionato e basta. Cos'hai trovato, Kiz? Forse farai meglio a mostrarcelo.» «Okay, sistematevi per bene. Vi terrò una lezioncina.»
Avvicinarono le loro sedie ai suoi lati. Bosch diede un'occhiata al computer e vide che sullo schermo c'era la pagina web di Madame Regina. «Prima di tutto, qualcuno di voi conosce Lisa oppure Stacey O'Connor giù alla Squadra Truffe in centro?» Bosch e Edgar scrollarono la testa. «Non sono sorelle. Hanno solo lo stesso cognome. Lavorano insieme a Sloane Inglert. Lei sapete chi è, vero?» Adesso annuirono entrambi. Sloane Inglert era membro di una nuova squadra che si occupava di truffe via computer al Parker Center. La squadra, e in particolare Inglert, aveva guadagnato una certa notorietà nei media agli inizi dell'anno per aver inchiodato Brian Fielder, un hacker di fama internazionale a capo di un gruppo di pirati informatici noti come gli "Allegri Burloni". Le imprese di Fielder e la caccia di Inglert alla sua preda su Internet avevano occupato diverse pagine sui giornali per settimane, e sembravano destinate a diventare presto un film a Hollywood. «Okay» disse Rider. «Allora, le due O'Connor sono mie amiche da quando lavoravo all'antitruffe. Le ho chiamate e sono state felici di mettersi a lavorare su questa storia, perché altrimenti avrebbero dovuto infilarsi l'uniforme e farsi il turno in strada di dodici ore stanotte.» «Sono venute qui?» chiese Bosch. «No, sono rimaste nel loro ufficio al Parker, dove ci sono i veri computer. Comunque, abbiamo parlato al telefono. Ho spiegato loro quello che avevamo... l'indirizzo web che sapevamo essere importante ma che però non aveva alcun significato per noi. Ho raccontato della nostra visita a Madame Regina. Hanno concluso che molto probabilmente ciò che noi cerchiamo non ha niente a che fare con Regina, ma solo con la sua pagina web. Hanno detto che qualcuno potrebbe aver dirottato la pagina e che avremmo dovuto cercare un collegamento in ipertesto da qualche parte nell'immagine.» Bosch sollevò le mani in segno di resa, ma prima che potesse dire qualcosa, Rider proseguì. «Lo so, lo so, devo spiegarmi più chiaramente. Lo farò. Volevo solo farvi procedere passo dopo passo. Sapete qualcosa sulle pagine web? Riuscite a seguirmi finora?» «No» disse Bosch. «No» disse Edgar. «Okay, allora cercherò di essere ancora più semplice. Cominciamo con Internet. Internet è la cosiddetta superautostrada delle informazioni, okay?
Migliaia e migliaia di computer tutti collegati attraverso un sistema Telnet che copre il mondo intero. Su questa autostrada ci sono migliaia di uscite, di posti a cui arrivare. Ci sono intere reti informatiche, siti web, e così via.» Indicò l'immagine di Madame Regina sullo schermo del suo computer. «Questa è una singola pagina web che si trova in un sito web dove esistono molte altre pagine. E quel sito web è ospitato su un computer che chiamiamo web server. Mi seguite?» Bosch e Edgar annuirono. «Fin qui» disse Bosch. «Almeno credo.» «Bene. Questo web server può contenere, gestire e controllare molti, moltissimi siti web. Supponiamo che tu voglia avere una pagina web dedicata a Harry Bosch. Andresti da un web server e gli diresti: metti la mia pagina su uno dei tuoi siti web. Ne hai già una che ospita dei detective scorbutici che si fanno sempre i fatti loro?» Strappò un sorriso a Bosch. «È così che funziona. Spesso settori o imprese commerciali dello stesso tipo si raggruppano nello stesso sito. Perciò, quando si guarda questo sito è come guardare Sodoma e Gomorra su Internet.» «Okay» disse Bosch. «La cosa principale che il web server dovrebbe fornire è la protezione. E con questo intendo protezione contro chiunque voglia inserirsi abusivamente nella tua pagina e comprometterne la finalità... modificandola o danneggiandola. Il problema è che è difficile garantire questa protezione. E se qualcuno riesce a infiltrarsi in un server, può assumere le funzioni di amministratore del sito e dirottare qualunque pagina.» «Cosa intendi per dirottare?» disse Edgar. «Significa andare a una pagina del sito e usarla come paravento per i loro scopi. Prova a pensarci guardando il mio schermo. Possono inserirsi dietro l'immagine che vedi qui e aggiungere ogni genere di porta o comando nascosto, qualunque cosa vogliano. Possono usare la pagina come una porta per qualunque posto vogliano.» «Ed è questo che hanno fatto con la pagina di Regina?» chiese Bosch. «Esattamente. Ho chiesto alle mie amiche di lanciare un localizzatore di risorse uniformi. In pratica hanno rintracciato il web server di questa pagina. Hanno fatto un controllo. In effetti ci sono alcuni firewall - blocchi di sicurezza - ma le password di default sono rimaste valide. E sono proprio queste a rendere invalido il sistema di protezione.»
«Mi sono perso» disse Bosch. «Quando viene installato un web server, ci sono alcune password di default necessarie per potervi accedere. In altre parole, nomi per allacciarsi e parole d'ordine. Ospite/ospite, per esempio. O amministratore/amministratore. Una volta che il server è in funzione, queste password dovrebbero essere eliminate per motivi di sicurezza, ma molto spesso vengono dimenticate e diventano backdoor, ingressi posteriori dai quali si può sgusciare dentro. In questo caso sono state dimenticate. Lisa è entrata usando amministratore/amministratore. E se lei è riuscita a entrare, qualunque hacker, anche l'ultimo pirata informatico degno di questo nome può aver fatto lo stesso, dirottando poi la pagina di Madame Regina... E qualcuno lo ha fatto.» «Ma per quale motivo?» chiese Bosch. «I pirati hanno inserito un collegamento nascosto in ipertesto. Un pulsante attivo. Una volta che viene localizzato e premuto, il pulsante collega l'utente a un sito web completamente diverso.» «Dimmelo in linguaggio umano, per favore» disse Edgar. Rider ci rifletté qualche istante. «Provate a vederlo come un palazzo molto alto... l'Empire State Building. Voi siete al primo piano, il piano di Madame Regina. E sulla parete scoprite un pulsante nascosto. Lo premete, e una porta d'ascensore che non avevate nemmeno notato si spalanca e voi salite. L'ascensore vi porta a un altro piano e si apre. Voi uscite. Siete in un posto completamente nuovo. Ma non potevate arrivarci senza passare prima per il piano di Madame Regina e scoprire il pulsante nascosto.» «O senza che qualcuno ci dicesse dov'era» disse Bosch. «Esatto» disse Rider. «Solo quelli che lo sanno possono salire.» Bosch fece un cenno verso il suo computer. «Facci vedere.» «Allora, se ricordate, il primo messaggio spedito a Elias conteneva la foto di Regina e l'indirizzo della pagina web. Il secondo messaggio diceva: metti il puntino sulla i humbert humbert. L'informatore anonimo stava semplicemente dicendo a Elias cosa fare con la pagina web. Gli stava rivelando dov'era il pulsante.» «Mettere il puntino sulla i in Regina?» chiese Edgar. «Cliccare con il mouse sul puntino?» «È quello che pensavo anch'io, ma le mie amiche hanno detto che un pulsante attivo può essere nascosto solo dietro un'immagine. Per una fac-
cenda di ridefinizione dei pixel che non è il caso di spiegarvi. E se pensate che la lettera "i" in inglese si pronuncia "ai" come "eye" che vuol dire "occhio"...» «Dunque bisogna cliccare sull'occhio!» esclamò Bosch. «Esatto.» Rider si girò verso il suo portatile. Guidò con la mano il mouse e Bosch osservò la freccetta del cursore sullo schermo spostarsi sull'occhio sinistro di Madame Regina. Rider fece un doppio clic con il pulsante del mouse e lo schermo improvvisamente si svuotò. «Okay, siamo sull'ascensore.» Dopo pochi secondi, sullo schermo apparve un cielo azzurro cosparso di nubi bianche. Poi apparvero minuscoli angeli con ali e aureole, seduti sulle nuvole. Infine apparve il riquadro con la richiesta delle password. «Prova con humbert humbert» disse Bosch. «Lo vedi, Harry, che di questa roba te ne intendi, anche se ti comporti come se fosse l'esatto opposto?» Rider inserì il nome humbert nelle caselle del nome utente e della password, e lo schermo si svuotò nuovamente. Pochi secondi dopo comparve un messaggio di benvenuto. BENVENUTI AL SITO WEB DI CHARLOTTE Sotto la scritta cominciò a formarsi l'immagine di un cartone animato. Un ragno strisciò lungo il lato inferiore della pagina e poi prese a tessere una ragnatela attraverso lo schermo, schizzando avanti e indietro finché la tela non fu formata. Poi minuscole foto di visi di bambine apparvero nella ragnatela, come se fossero mosche rimaste catturate tra i fili. Non appena l'immagine della ragnatela e delle sue prigioniere fu completa, il ragno andò ad appostarsi in cima alla tela. «È nauseante» disse Edgar. «Comincio ad avere una gran brutta sensazione.» «È un sito per pedofili» disse Rider. Con un'unghia batté sullo schermo sotto una delle foto nella ragnatela. «E questa è Stacey Kincaid! Cliccando su ogni foto in miniatura si ottiene un'ampia scelta di foto e di video. È roba veramente orribile. Quel povero angioletto, forse è meglio che sia morta.» Rider spostò il cursore sulla foto della bambina bionda. Era troppo piccola perché Bosch riuscisse a identificarla come Stacey Kincaid. E avrebbe
preferito accontentarsi della parola di Rider in proposito. «Siete pronti?» chiese Rider. «Non posso scaricare i video sul mio portatile, ma le foto vi forniranno il quadro generale.» Non si aspettava risposte e non ne ottenne nessuna. Fece un doppio clic e apparve una nuova schermata. Nella parte superiore dello schermo si allargò una foto. Mostrava una bambina nuda in piedi davanti a una siepe. Sorrideva in modo forzato, innaturale. Malgrado il sorriso aveva un'espressione da bambina-sperduta-nei-boschi. Teneva le mani sui fianchi. Bosch la riconobbe come Stacey Kincaid. Cercò di respirare ma sembrava che i suoi polmoni si fossero contratti, anch'essi inorriditi. Incrociò le braccia sul petto. Rider cominciò a fare scorrere in giù la schermata e spuntarono altre foto che mostravano la bambina in diverse pose da sola e infine con un uomo. Solo il torace nudo dell'uomo appariva nelle foto, mai il viso. Le ultime foto mostravano la bambina e l'uomo impegnati in vari atti sessuali. Poi arrivarono alla foto finale. Mostrava Stacey Kincaid in un vestitino bianco con bandierine segnaletiche stampate sul tessuto. Stava salutando la macchina fotografica. La foto era la più terribile, anche se sembrava la più innocente. «Okay, torna indietro o avanti o fai quello che ti pare per uscire da questa roba» disse Bosch. Osservò Rider spostare il cursore sopra un pulsante con la scritta HOME sotto la foto finale. Bosch giudicò tristemente ironico che cliccando su HOME si potesse uscire. Rider cliccò con il mouse e lo schermo tornò alla ragnatela. Bosch spinse la sedia al suo posto originale e ci si lasciò cadere sopra. La fatica e la depressione lo colpirono come un maglio, all'improvviso. Avrebbe voluto andarsene a casa e mettersi a dormire e dimenticare tutto quello che sapeva. «Gli esseri umani sono gli animali peggiori» disse Rider. «Sono disposti a fare qualunque cosa ai loro simili. Solo per soddisfare le loro fantasie.» Bosch si alzò e andò a una delle scrivanie vicine. Apparteneva a un detective dell'antirapine di nome McGrath. Aprì tutti i cassetti e cominciò a cercare qualcosa. «Harry» disse Rider. «Cosa stai cercando?» «Una sigaretta. Credevo che Paul tenesse le sue nella scrivania.» «Una volta. Gli ho detto che avrebbe fatto meglio a portarsele a casa.» Bosch girò la testa per fissarla, con la mano ancora stretta intorno alla maniglia di un cassetto. «Gli hai detto proprio così?»
«Non volevo che tu ci ricadessi, Harry.» Bosch richiuse il cassetto e tornò alla sua sedia. «Grazie mille, Kizmin. Sei la mia salvatrice.» Non c'era una goccia di gratitudine nel tono che usò. «Riuscirai a venirne fuori, Harry.» Bosch le lanciò un'occhiata. «Probabilmente tu non hai fumato una sola intera sigaretta in tutta la tua vita e adesso vieni a parlarmi di come smettere e di come riuscirò a venirne fuori?» «Scusa. Stavo solo cercando di aiutarti.» «E io te l'ho già detto: grazie.» Bosch guardò il computer e fece un cenno col capo. «Cos'altro c'è? Tu cosa ne pensi? Come si inquadra tutto questo con Sam e Kate Kincaid al punto che avremmo dovuto informarli dei loro diritti?» «Loro dovevano saperlo» disse Rider, stupita che Bosch non vedesse ciò che lei vedeva. «Quell'uomo nelle foto, dev'essere Kincaid.» «Ehi!» esclamò Edgar. «Come fai a dirlo? La faccia di quel tipo non si vedeva. Noi abbiamo appena parlato con lui e sua moglie, e tutti e due sembravano più che sconvolti per tutta la faccenda.» Fu allora che Bosch capì. Non appena aveva visto le foto sul computer aveva pensato che a scattarle fosse stato il rapitore della bambina. Invece... «Stai dicendo che quelle foto sono vecchie?» disse. «Che era già stata violentata prima di essere rapita.» «Sto dicendo che probabilmente non c'è stato nessun rapimento. Stacey Kincaid era una bambina molestata. Io penso che il suo patrigno l'abbia violentata e poi probabilmente uccisa. E queste cose non avvengono senza la tacita consapevolezza, se non l'approvazione, della madre.» Bosch rimase silenzioso. Rider aveva parlato con tanto fervore e addirittura dolore, che lui non poté fare a meno di chiedersi se la collega fosse motivata da qualche specie di esperienza personale. «Sentite» disse Rider, quasi avvertendo lo scetticismo dei suoi partner. «C'è stato un momento in cui ho pensato di volermi occupare di molestie sessuali infantili. È stato prima di fare domanda per la omicidi. Nella Pacific c'era un posto nella squadra Crimini contro l'infanzia e sarebbe stato mio se soltanto l'avessi voluto. Prima però mi hanno mandata a Quantico, per un programma di addestramento di due settimane che il Bureau tiene ogni anno sui crimini sessuali contro l'infanzia. Ho resistito otto giorni. Mi sono resa conto che non potevo reggerli. Sono tornata qui e ho fatto do-
manda per la omicidi.» Si fermò, ma né Bosch né Edgar aprirono bocca. Sapevano che c'era dell'altro. «Ma prima di andarmene» continuò Rider, «ho imparato quel tanto che basta per capire che quasi tutte le molestie sessuali ai bambini vengono dall'interno della famiglia, da parenti o amici intimi. I mostri estranei che si arrampicano fino a una finestra per rapire le loro piccole vittime sono in realtà pochissimi.» «Tuttavia, nel nostro caso specifico queste immagini non sciolgono ancora il mistero» disse gentilmente Bosch. «Potrebbe essere una di quelle eccezioni in cui la famiglia non c'entra. Non è stato Harris a entrare dalla finestra, ma quest'altro tizio.» E indicò il portatile, anche se per fortuna le immagini dell'abuso sessuale dell'uomo senza testa a Stacey Kincaid non erano più sullo schermo. «Nessuno è entrato dalla finestra» insistette Rider. Si avvicinò una cartella e l'aprì. Bosch vide che conteneva una copia del protocollo dell'autopsia di Stacey Kincaid. Rider sfogliò il rapporto fino ad arrivare alle foto. Prese quella che cercava e l'allungò a Bosch. Mentre lui la guardava, riprese a sfogliare le pagine del protocollo. La foto che Bosch aveva in mano era un'istantanea del corpo di Stacey Kincaid in situ... nella posizione e nel luogo in cui era stata ritrovata. Le braccia erano spalancate. Sheehan aveva ragione. Il corpo si stava scurendo per la decomposizione interna e il viso era scavato, ma in quella posa abbandonata c'era in lei una qualità angelica. Sentì una fitta al cuore guardando quella bambina prima seviziata e poi uccisa. «Guarda il ginocchio sinistro» ordinò Rider. Lui obbedì. Vide una macchia rotonda e scura che sembrava una crosta. «Una crosta per una piccola lacerazione?» «Esatto. Il protocollo la identifica come premortem, cinque o sei giorni prima che morisse. Quindi lei avrebbe avuto quella crosta sul ginocchio per tutto il tempo che è rimasta con il suo rapitore... Nelle foto sul sito web lei invece non ce l'ha. Posso tornare indietro e fartelo vedere, se vuoi.» «Mi fido della tua parola» disse Bosch. «Sì, anch'io» aggiunse in fretta Edgar. «Quindi queste foto sul sito web sono state scattate molto prima del suo ipotetico rapimento, molto prima di quando è stata uccisa.» Bosch annuì, poi scosse la testa. «Cosa c'è?» chiese Rider.
«È solo... non lo so. Ventiquattr'ore fa stavamo lavorando al caso Elias e pensavamo che forse dovevamo cercare un poliziotto. E adesso...» «Cambia tutto» disse Edgar. «Un momento, se quello nelle foto con lei è Sam Kincaid, perché diavolo sono ancora sul sito web? Per lui sarebbe assurdo correre un rischio simile» intervenne Bosch. «Ci ho pensato anch'io» disse Rider. «Esistono due spiegazioni possibili. La prima è che lui non possieda un accesso primario al sito, con la possibilità di modificarlo. In altre parole, non può togliere quelle foto senza rivolgersi all'amministratore del sito, sollevando sospetti e rischiando di esporsi. La seconda possibilità, ma potrebbe anche essere una combinazione di entrambe, è che lui si sentiva al sicuro. A Harris era stata appioppata l'etichetta di assassino e il fatto che venisse condannato o meno, poneva comunque fine alla storia.» «Però è sempre un bel rischio lasciare quelle foto sotto gli occhi di tutti» disse Edgar. «E chi le avrebbe viste?» chiese Rider. «Chi avrebbe denunciato la cosa?» La sua voce era troppo sulla difensiva. Lei se ne accorse e continuò in un tono più calmo. «Ma non capite? Le persone che hanno accesso a questo sito sono pedofili. Anche se qualcuno di loro riconoscesse Stacey, evento piuttosto improbabile, cosa potrebbe fare? Chiamare la polizia e dire: "Sì, mi piace fottere bambini ma non sopporto l'idea di ammazzarli. Potreste togliere queste foto dal nostro sito web?" Ma neanche tra un milione di anni succederebbe una cosa così. Diavolo, forse tenere le foto sul sito era una specie di bravata, un modo per fare gli spacconi. Non sappiamo nemmeno che cosa abbiamo qui dentro. Forse ogni bambina di quel sito è morta.» La sua voce si faceva sempre più tagliente nel tentativo di convincerli. «Okay, okay» disse Bosch. «Hai esposto delle ottime ragioni, Kiz. Ma adesso cerchiamo di concentrarci sul nostro caso. Qual è la tua teoria? Credi che Elias avesse capito tutto e che per questo lo abbiano ucciso?» «Certo. Ormai è chiaro che è andata così. Il quarto messaggio: Lui sa che tu sai. Elias è arrivato al sito web segreto ed è stato scoperto.» «Come sapevano che lui era entrato?» chiese Edgar. «Ottima domanda» ribatté Rider. «Ho chiesto alle mie amiche la stessa cosa. Loro hanno trovato un cookie jar sul sito web. Cookie significa biscotto, ma non è un biscotto. Significa che c'è un programma che cattura
dati sul conto di ogni utente che entra nel sito. Poi analizza i dati per stabilire se l'utente aveva diritto all'accesso. Anche se i visitatori hanno le password, il loro ingresso viene registrato e lascia dietro di sé una pista di dati chiamata Internet Protocol Address o IP, o cookie. È un po' come con le impronte digitali. Il programma di controllo analizza poi l'Internet Protocol Address con l'elenco degli utenti accreditati. Se non corrisponde, scatta un allarme. Il responsabile del sito vede l'allarme e può rintracciare l'intruso. Oppure può predisporre un programma tripwire che rimane in attesa di un'altra visita dell'intruso. Quando l'intruso ritorna, il programma gli attacca un tracciante che fornirà al responsabile del sito l'indirizzo email dell'intruso. E quando hai questo, l'intruso è inchiodato: puoi identificarlo. Se ti sembra uno sbirro, puoi chiudere l'ascensore - la pagina che hai dirottato e che usavi come ingresso segreto - e vai a cercare una nuova pagina web da dirottare. Ma in questo caso non era uno sbirro: era un avvocato. Era Howard Elias» «E non hanno chiuso l'ascensore» concluse Bosch, «ma hanno mandato qualcuno a liquidare l'avvocato.» «Esatto.» «Quindi credi che Elias abbia fatto così» disse Bosch. «Ha ricevuto i messaggi per posta e ha seguito gli indizi. È inciampato in questo sito web e ha fatto scattare un allarme. E loro lo hanno fatto fuori.» «Sì, questa è la mia interpretazione di ciò che sappiamo fino a questo momento, soprattutto tenendo conto del quarto messaggio: Lui sa che tu sai.» Bosch scosse il capo, confuso dagli sviluppi inaspettati della storia. «Non riesco ancora ad arrivarci. Chi sono questi "loro" di cui stiamo parlando? Quelli che ho appena accusato di omicidio?» «Sono il gruppo, gli utenti del sito. L'amministratore del sito - che potrebbe benissimo essere Kincaid - ha individuato l'intruso, si è reso conto che era Elias e ha incaricato qualcuno di occuparsi del problema per evitare di essere smascherato. Può avere informato o meno gli altri membri del gruppo, ma questo non ha molta importanza: sono comunque tutti colpevoli perché il loro sito web è un'iniziativa criminale.» Bosch sollevò una mano per farla rallentare. «Aspetta, aspetta... Possiamo lasciare il gruppo alle attenzioni della procura. Tu, cerca di concentrarti su Kincaid. Stiamo ipotizzando che sia coinvolto in tutta questa storia e che qualcuno ne è venuto a conoscenza. Poi, questo qualcuno ha deciso di informare Elias invece della polizia. Per
te questo ha un senso?» «Certo che lo ha. Non conosciamo ancora tutti i dettagli. Ma i messaggi anonimi parlano da soli. Indicano chiaramente che qualcuno ha suggerito a Elias l'esistenza del sito e il suo indirizzo, e in seguito lo ha pure avvertito che era stato scoperto.» Bosch annuì e ci rifletté sopra per qualche istante. «Un momento. Se lui ha fatto scattare un allarme, allora tu non hai appena fatto lo stesso?» «No. Grazie alle mie amiche. Quando si sono inserite nel server hanno aggiunto anche il mio IP all'elenco degli utenti. Per questo non è scattato nessun allarme. Gli operatori e gli utenti di quel sito non si accorgeranno che siamo stati là, a meno che non vadano a controllare la lista dei clienti regolari e si accorgano che è stata modificata. Abbiamo a disposizione il tempo necessario per fare le nostre mosse.» Bosch annuì. Avrebbe voluto chiedere se ciò che le O'Connor avevano fatto era legale, ma preferì non saperlo. «Allora, chi ha spedito quei messaggi a Elias?» chiese invece. «La moglie» disse Edgar. «Credo che abbia avuto un attacco di rimorso e che volesse a quel punto mettergliela in culo a Sam, lo zar dell'auto. I biglietti li ha spediti lei.» «Così quadrerebbe» disse Rider. «Chiunque abbia spedito i messaggi doveva essere al corrente di due fatti distinti: il Sito Web di Charlotte e le ricevute dell'autolavaggio. Anzi, doveva sapere anche una terza cosa: che Elias aveva fatto scattare l'allarme nel sito. Quindi anch'io voto per la moglie. Come vi è sembrata oggi?» Bosch spese i dieci minuti seguenti aggiornandola sulle loro attività del giorno. «E questo è niente» aggiunse Edgar. «Harry non ti ha ancora detto che hanno fatto saltare il lunotto posteriore della mia macchina con una fucilata...» «Cosa?!» Edgar le raccontò l'episodio e Rider ne sembrò ipnotizzata. «Hanno preso il tipo che ha sparato?» «Non ne abbiamo notizia. Non siamo rimasti là ad aspettare.» «Sapete, a me non hanno mai sparato addosso» disse lei. «Dev'essere stato un bel colpo.» «Non credo che ti sarebbe piaciuto» disse Bosch. «Senti, ho ancora alcune domande su tutta questa faccenda di Internet.»
«Quali sarebbero?» disse Rider. «Se non posso rispondere io, può farlo una delle due O'Connor.» «No, non sono domande tecniche. Sono domande logiche. Non riesco ancora a capire come e perché quella roba sia ancora disponibile in rete. Capisco ciò che hai detto sugli utenti che sono tutti pedofili e sul fatto che credono di essere al sicuro, ma adesso Elias è morto. Se lo hanno ammazzato loro, perché diavolo non si sono almeno trasferiti su un nuovo ingresso?» «Forse stanno cercando di farlo proprio in questo momento. Elias è morto meno di quarantotto ore fa.» «E Kincaid? Gli abbiamo appena detto che stiamo riaprendo il caso. Mi sembra che, per lui, sia stato logico attaccarsi al computer subito dopo che siamo usciti per mettersi in contatto con l'amministratore del sito o per cercare di bloccare di persona l'accesso a quelle foto.» «Lo ripeto, forse sta cercando di farlo. Ma anche se è così, è troppo tardi. Le O'Connor hanno travasato tutto quanto su una cartuccia Zip. Loro possono bloccare il sito, ma noi intanto ne abbiamo una copia. Riusciremo a rintracciare ogni indirizzo IP e a inchiodare ognuna di quelle persone... se vogliamo chiamarle persone.» Di nuovo, il fervore e la rabbia nella sua voce spinsero Bosch a chiedersi se qualcosa di ciò che aveva visto su quel sito web non avesse toccato delle corde personali di Rider. «Allora, adesso cosa facciamo?» chiese. «Mandati di perquisizione?» «Sì» disse Rider. «E portiamo qui i Kincaid. La loro grande casa in collina vada a farsi fottere. Ne sappiamo già abbastanza per fermarli e interrogarli sulle molestie alla bambina. Li teniamo separati e li spremiamo. Puntiamo sulla moglie e cerchiamo di tirarle fuori una confessione. La facciamo rinunciare al privilegio matrimoniale, che le consente di non testimoniare contro il marito e ci facciamo consegnare Kincaid, quel porco bastardo.» «Stai parlando di una famiglia molto potente, con forti agganci politici.» «Non venirmi a dire che hai paura dello zar dell'auto...» Bosch la osservò attentamente per accertarsi che stesse scherzando. «Ho solo paura di muovermi troppo in fretta e di mandare tutto a puttane. Non abbiamo in mano niente che colleghi direttamente qualcuno a Stacey Kincaid o a Howard Elias. Se portiamo qui la mamma e lei non confessa, vedremo lo zar dell'auto allontanarsi tranquillo sopra una delle sue auto. È di questo che ho paura.»
Rider annuì. «Quella muore dalla voglia di confessare» disse Edgar. «Altrimenti, perché avrebbe mandato i messaggi a Elias?» Bosch appoggiò i gomiti sul tavolo e si passò le mani sul viso, riflettendo. Doveva prendere una decisione. «E il sito web di Charlotte?» chiese, con il viso ancora coperto dalle mani. «Cosa ne facciamo?» «Lo affidiamo a Inglert e alle O'Connor» disse Rider. «Saranno felicissime di occuparsene. Come ho detto, riusciranno a identificare gli utenti dall'elenco dei clienti. E una volta identificati li inchioderanno. Stiamo parlando di arresti multipli per un giro di pedofilia su Internet. E questo è solo l'antipasto. Forse la procura cercherà di collegarli tutti quanti agli omicidi.» «Probabilmente sono sparsi per tutto il paese» disse Edgar, «non solo a Los Angeles.» «Potrebbero anche essere sparsi in tutto il mondo ma non avrebbe importanza. La nostra gente lavorerà insieme al Bureau per raggiungerli.» Ci fu un'altra pausa di silenzio e finalmente Bosch abbassò le mani sulla scrivania. Aveva preso la sua decisione. «D'accordo» disse. «Voi due restate qui a lavorare sui mandati di perquisizione. Li voglio pronti prima di stasera, nel caso che decidiamo di muoverci. Voglio che siano comprese tutte le attrezzature di computer... Voglio mandati per la vecchia casa, che è ancora di loro proprietà, e anche per quella nuova, per tutte le auto e per l'ufficio di Kincaid. E poi, Jerry, vedi cosa riesci a sapere su quel loro responsabile della sicurezza.» «D.C. Richter, intesi. Cosa...» «Anzi, aggiungi un mandato anche per la sua auto.» «Con quale REP?» chiese Rider. Bosch ci pensò un attimo. Sapeva cosa voleva ma gli serviva un mezzo legale per arrivarci. «Diciamo solo che come responsabile della sicurezza di Kincaid si ritiene che il suo veicolo possa essere stato usato nell'esecuzione di attività delittuose perpetrate ai danni di Stacey Kincaid.» «Questo non è un motivo ragionevole, Harry.» «Infiliamo il mandato insieme agli altri» disse lui. «Forse il giudice non farà molta attenzione a quello che ci legge sopra.» «Adesso cosa intendi fare, Harry?» chiese Edgar. «Vado in centro a parlare con Irving e Lindell, a informarli di quello che
abbiamo e a vedere come vogliono giocare la partita.» Bosch guardò Rider e nei suoi occhi vide delusione. «Harry, non è da te» disse lei. «Lo sai che se vai da Irving lui farà la solita mossa da politico: non ci permetterà di muoverci finché non avremo escluso ogni altra possibilità.» Bosch annuì e disse: «Normalmente va così. Ma questi non sono tempi normali. Lui vuole impedire che la città prenda fuoco. Muoversi in fretta nella nostra direzione potrebbe essere il modo di evitarlo, e Irving è abbastanza furbo da capirlo». «Sei troppo fiducioso» intervenne lei. «Cosa vuoi dire?» «Il modo migliore per raffreddare questa città è arrestare un poliziotto. Irving ha già imboccato questa strada con Sheehan. Non vorrà nemmeno starti a sentire, Harry.» «Tu credi che arrestando lo zar dell'auto e dicendo che ha fatto uccidere lui Elias, tutti ti crederanno e la situazione si calmerà?» aggiunse Edgar. «Non capisci. Là fuori c'è gente che ha bisogno di credere che è stato un poliziotto, e quindi non ascolterà nessun'altra spiegazione. Irving è furbo abbastanza da capire anche questo.» Bosch pensò a Sheehan chiuso in una stanza degli interrogatori al Parker Center. Gli stavano prendendo le misure come all'agnello sacrificale del dipartimento. «Voi pensate ai mandati» disse. «Io penso al resto.» 27 Bosch guardò dalla finestra verso i dimostranti che sfilavano in corteo davanti al Parker Center e lungo tutta Los Angeles Street. Marciavano ordinati reggendo cartelli che dicevano GIUSTIZIA SUBITO su un lato e GIUSTIZIA PER HOWARD ELIAS sull'altro. I cartelli erano prodotti in serie, e questo testimoniava l'accurata orchestrazione della protesta a beneficio dei media. Bosch vide che c'era anche il reverendo Tuggins tra i dimostranti. Mentre marciava, i reporter gli camminavano al fianco spingendogli i microfoni davanti al viso e riprendendolo con le videocamere. Bosch non notò alcun cartello che parlasse di Catalina Perez. «Detective Bosch» disse la voce del vicecapo Irving alle sue spalle. «Ci riassuma la situazione. Ci ha illustrato le informazioni che ha raccolto, adesso ci fornisca un quadro d'insieme.»
Bosch, giratosi, guardò Irving, poi Lindell. Erano nell'ufficio di Irving, che sedeva al sicuro dietro la sua scrivania, con la schiena eretta e in alta uniforme: un indizio che annunciava una prossima conferenza stampa. Lindell sedeva su una delle sedie davanti alla scrivania. Bosch aveva appena raccontato loro ciò che Rider aveva scoperto e i passi che la squadra aveva intrapreso in quella direzione. Adesso Irving voleva la sua interpretazione personale. Bosch riordinò i pensieri tornando verso la scrivania, dove occupò la sedia accanto a Lindell. «Credo che Sam Kincaid abbia ucciso la sua figliastra o che abbia incaricato qualcuno di farlo. Non c'è mai stato un rapimento: quello è la storia che ci ha rifilato. Poi ha avuto un colpo di fortuna. Ha avuto un gran colpo di culo quando quelle impronte hanno fatto credere che il responsabile fosse Harris. E dopo quella scoperta si è sentito libero come l'aria.» «Cominci dall'inizio.» «Okay. Cominciamo da Kincaid: è un pedofilo. Sei anni fa ha sposato Kate, probabilmente come copertura, e magari per mettere le mani su sua figlia. Il corpo della bambina era troppo decomposto perché il patologo potesse stabilire se fosse vittima di violenze sessuali da molto tempo. Ma io sostengo che lo era. E...» «La madre lo sapeva?» «Non lo so. Di certo lo ha scoperto, ma quando è ancora da stabilire.» «Proceda. Scusi l'interruzione.» «L'estate scorsa è successo qualcosa. Forse la bambina ha minacciato di dirlo a qualcuno - a sua madre, se ancora non lo sapeva - oppure alle autorità. O forse Kincaid si è semplicemente stancato di lei. I pedofili prendono di mira bambini di una età specifica. Non sono interessati a bambini più grandi. Stacey Kincaid stava per compiere dodici anni. Forse diventava troppo vecchia per... i gusti del patrigno. E se non poteva più essergli utile in quel modo, diventava solo un pericolo per lui.» «Questa esposizione mi sta rivoltando lo stomaco, detective. Stiamo parlando di una bambina...» «E io che ci posso fare, capo? Sta rivoltandosi anche il mio, e ho anche visto le foto.» «Va bene... proceda, prego.» «A questo punto lui l'ha uccisa. Ha nascosto il corpo e manipolato la finestra per simulare l'intrusione in camera. Poi ha lasciato che le cose seguissero il loro corso. La mattina dopo la moglie scopre la scomparsa e
chiama la polizia. La storia del rapimento comincia a dipanarsi.» «E qui arriva il suo colpo di fortuna» disse Lindell. «Esatto. Un gran colpo di fortuna. Fra tutte le impronte raccolte nella camera della bambina e nel resto della casa, il computer sputa un solo riscontro: Michael Harris, ex carcerato e farabutto patentato. La Divisione Rapine-Omicidi non aspettava altro. Come se avessero i paraocchi, hanno mollato tutto il resto e Harris è diventato il loro unico bersaglio. Lo hanno prelevato e hanno cominciato a spremerlo. Però è successa una cosa strana lungo il percorso verso l'incriminazione. Harris non ha confessato e non c'era nessun'altra prova a suo carico oltre a quelle impronte. Intanto, il nome di Harris era arrivato ai media. Si è saputo che la polizia aveva fermato un sospetto. Kincaid ha scoperto dove viveva Harris... Magari l'ha saputo da un poliziotto comprensivo che voleva solo tenere informata la famiglia della vittima. Comunque sia andata, ha saputo dove viveva Harris. È andato nel posto dove aveva nascosto il corpo e lo ha spostato. Io credo che il cadavere sia sempre rimasto nel bagagliaio di una macchina, probabilmente in uno dei parcheggi dei suoi autosaloni. Insomma, ha portato il corpo nel quartiere di Harris e lo ha scaricato in un lotto deserto a un paio di isolati dal suo appartamento. Quando la mattina dopo il corpo è stato scoperto, finalmente i poliziotti hanno avuto in mano un'altra prova - per quanto indiziaria - da collegare alle impronte. Ma serviva comunque a incastrare ancora di più Harris.» «Allora le sue impronte erano state lasciate mentre lavava la macchina della signora Kincaid» disse Irving. «Esatto.» «Ma Elias?» chiese Lindell. «Perché è stato ucciso?» «Credo che la colpa sia della signora Kincaid. Un suo errore. A un certo punto, dopo aver sepolto la figlia, penso che abbia cominciato a vedere fantasmi. Si sentiva colpevole per la figlia e forse ha cercato di riscattarsi. Sapeva di cosa era capace suo marito, forse lui l'aveva minacciata direttamente, e così ha cercato di muoversi con astuzia. Ha cominciato a mandare lettere anonime a Elias, per aiutarlo in un'indagine parallela. E ha funzionato. Elias ha raggiunto il sito web segreto, il sito di Charlotte. Non appena ha visto quelle foto, ha capito chi era probabilmente il vero assassino. Ma voleva procedere senza smuovere le acque. Probabilmente voleva convocare Kincaid in tribunale e scaricargli addosso tutto quanto in quella sede. Però ha commesso un errore. Ha lasciato una traccia nel sito web. Kincaid o l'operatore del sito hanno scoperto che lui li aveva individuati.»
«E hanno mandato un sicario» disse Lindell. «Dubito che a farlo sia stato Kincaid in persona. Ma probabilmente si tratta di qualcuno che lavora per lui. Ha un capo della sicurezza. Lo stiamo controllando.» Rimasero silenziosi a lungo. Irving incrociò le mani davanti a sé sulla scrivania. Il ripiano era completamente sgombro: solo legno ben lucidato. «Dovete lasciare andare Sheehan» disse Bosch. «Lui non c'entra.» «Non si preoccupi di Sheehan» disse Irving. «Se è pulito potrà tornarsene a casa. Quello che voglio sapere è come procedere con Kincaid. Mi sembra tutto così...» Bosch ignorò il suo tono esitante. «Stiamo facendo il possibile» disse. «Abbiamo mandati di perquisizione firmati e pronti per essere eseguiti. Domani mattina devo incontrarmi con la signora Kincaid alla loro vecchia residenza di Brentwood. Cercherò di assecondarla, di farla parlare, di ottenere una confessione. Credo che sia fragile, forse già pronta a vuotare il sacco. Ad ogni modo, useremo i mandati e tutti gli uomini disponibili per intervenire su tutti i posti contemporaneamente: le case, le auto, gli uffici. Vedremo cosa troviamo. Dobbiamo anche informarci sugli autosaloni, scoprire quali auto Kincaid usava in quel mese di luglio. E poi c'è Richter...» «Richter?» «È il capo della sicurezza.» Questa volta fu Irving ad alzarsi e ad andare alla finestra. «Sta parlando di un membro di una famiglia che ha collaborato a costruire questa città» disse. «Il figlio di Jackson Kincaid.» «Questo lo so» ribatté Bosch. «Quel tipo appartiene a una famiglia potente. È il proprietario dello smog: lo guarda dall'alto come se fosse il blasone di famiglia. Ma questo non conta, capo: non conterà più dopo che lo avremo inchiodato.» Gli occhi di Irving si abbassarono e Bosch capì che stava osservando la marcia di protesta. «Questa città è tenuta insieme...» Non completò la frase. Bosch capì cosa stava pensando: che la gente là sotto, sui marciapiedi, aspettava la notizia di una incriminazione... contro un poliziotto. «A che punto siamo con il detective Sheehan?» chiese Irving. Lindell guardò il suo orologio. «Ormai lo stiamo interrogando da sei ore. Quando sono uscito non aveva
ancora detto una sola parola che potesse comprometterlo nell'omicidio di Howard Elias.» «In passato aveva però minacciato la vittima descrivendo addirittura le modalità dell'uccisione.» «È stato molto tempo fa. Inoltre, la minaccia è stata proferita in pubblico, davanti a testimoni. Stando alla mia esperienza, le persone che fanno simili minacce di solito non le portano a termine. Quasi sempre è solo un modo per scaricare la tensione.» Irving annuì, il viso sempre rivolto alla finestra. «E i referti balistici?» chiese. «Ancora niente. L'autopsia di Elias doveva iniziare questo pomeriggio. Ho mandato il detective Chastain a occuparsene. Estratte le pallottole, le porterà al vostro laboratorio. Ci vorrebbe troppo tempo per farle arrivare ai miei colleghi di Washington. Ma non dimentichi, capo, che Sheehan ha offerto spontaneamente la sua pistola. Ha detto: "Fate gli esami balistici". Sì, usa una calibro nove, ma non credo che ce l'avrebbe offerta se non fosse certo che gli esami avrebbero escluso la provenienza dei proiettili dalla sua pistola.» «E in casa sua?» «L'abbiamo perquisita da capo a fondo... ancora, con il suo permesso. Niente. Nessun'altra arma, nessuna lettera di minacce a Elias, niente.» «L'alibi?» «L'unico particolare privo di riscontri: venerdì sera era in casa da solo.» «E sua moglie?» chiese Bosch. «La moglie e le figlie erano a Bakersfield» disse Lindell. «Sembra che siano là da parecchio tempo.» Per Bosch fu un'altra sorpresa sul conto di Sheehan. Si chiese perché non gli avesse detto nulla quando gli aveva chiesto della famiglia. Irving rimase silenzioso e Lindell proseguì. «In pratica, la mia conclusione è che possiamo trattenerlo e aspettare fino a domani, quando il rapporto balistico lo scagionerà. Oppure possiamo accettare l'ipotesi di Bosch e lasciarlo libero anche subito. Ma se lo tratteniamo per la notte e le aspettative per le strade si scaldano troppo...» «Già, se lo rilasciamo senza una chiara spiegazione potremmo innescare una sommossa...» disse Irving. Irving continuò a guardare dalla finestra con aria corrucciata. Questa volta fu Lindell a restare in attesa. «Buttatelo fuori alle sei» disse infine Irving. «Alla conferenza delle cin-
que dirò soltanto che lo abbiamo rilasciato in attesa di ulteriori indagini. Mi sembra già di sentire gli ululati di Preston Tuggins e della sua gente.» «Così non basta, capo» disse Bosch. «Deve dire che è pulito. "In attesa di ulteriori indagini"? Sarebbe come dire che secondo noi è stato lui ma non abbiamo ancora le prove per incriminarlo.» Irving si distolse dalla finestra e fissò Bosch. «Non osi mai più dirmi cosa basta o no, detective. Lei faccia il suo lavoro e io faccio il mio. E a questo proposito, le ricordo che la conferenza stampa è fra un'ora. Voglio che i suoi due partner neri siano presenti. Non ho intenzione di starmene piantato là con un branco di facce bianche alle mie spalle a spiegare che stiamo rilasciando un poliziotto bianco in attesa di ulteriori indagini. Voglio che stavolta i suoi uomini siano presenti. E non accetterò nessuna scusa.» «Ci saranno.» «Bene. Adesso parliamo di ciò che diremo ai media sulla direzione che stanno prendendo le indagini.» La conferenza stampa fu breve. Questa volta il capo della polizia non si fece vedere. Toccò a Irving spiegare che le indagini proseguivano e ampliavano il loro campo d'azione. Disse anche che l'agente di polizia interrogato per diverse ore era stato rilasciato. Questo causò una raffica di domande urlate dai reporter. Irving sollevò le mani come se quel gesto potesse placare la folla dei giornalisti. Si sbagliava. «Non vogliamo che questo incontro si trasformi in una gara a chi urla più forte» abbaiò. «Risponderò ad alcune legittime domande e basta. Abbiamo un'indagine a cui pensare. Non...» «Cosa intende dire con quel "rilasciato"» chiese Harvey Button. «Sta dicendo che è stato scagionato o che non avete abbastanza prove per trattenerlo?» Irving fissò Button per un istante prima di rispondere. «Sto dicendo che adesso l'indagine si sta spostando verso altre piste.» «Allora il detective Sheehan è stato scagionato, esatto?» «Non intendo fare nomi in questa sede.» «Capo, sappiamo tutti il nome. Perché non può rispondere a questa domanda?» Bosch trovò divertente, sia pure in modo un po' cinico, assistere a quello scambio di battute in quanto Lindell lo aveva convinto che era stato pro-
prio Irving a rivelare per primo il nome di Sheehan ai media. Adesso il vicecapo stava invece cercando di mostrarsi indignato perché quel nome era trapelato. «Sto solo dicendo che l'agente di polizia con il quale abbiamo parlato ha fornito risposte soddisfacenti fino a questo momento. Ora se ne tornerà a casa e io...» «In quali altre direzioni si sta muovendo l'indagine?» chiese un altro reporter. «Non posso entrare nei dettagli» disse Irving. «Vi basti sapere che non ci fermeremo davanti a nulla.» «Possiamo fare domande all'agente dell'FBI?» Irving lanciò un'occhiata a Lindell, che se ne stava sul fondo del palco accanto a Bosch, Edgar e Rider. Poi tornò a guardare la folla di reporter, telecamere e luci. «L'FBI e il Dipartimento di Polizia di Los Angeles hanno stabilito che la diffusione delle notizie avvenga attraverso il dipartimento. Se avete delle domande, fatele a me.» «State interrogando altri poliziotti?» chiese a gran voce Button. Irving dovette riflettere un attimo per disporre le parole nel giusto ordine. «Sì, ma al momento non ci sono agenti di polizia che si possano classificare come sospetti.» «Allora sta dicendo che Sheehan non è un sospetto.» Button lo aveva stretto all'angolo. Irving lo capì. Si era ficcato da solo in un vicolo logico cieco. Ma scelse la via più facile, anche se la meno onesta, per uscirne. «No comment.» «Capo» proseguì Button, sovrastando le voci degli altri reporter, «gli omicidi risalgono ormai a quasi quarantotto ore fa. Vuole dire che al momento non ci sono ancora sospetti precisi?» «Al momento non vogliamo entrare nei dettagli circa i possibili sospetti. Il prossimo...» Irving indicò rapidamente un altro reporter per distogliere l'attenzione da Button. Le domande proseguirono per altri dieci minuti. A un certo punto Bosch guardò Rider e la vide lanciargli un'occhiata che diceva: Cosa ci facciamo noi qui? Bosch le rispose con un'occhiata che significava: Stiamo sprecando tempo. Quando finalmente lo spettacolo finì, Bosch si avvicinò a Edgar e Rider
sul palco. Erano arrivati dalla stazione di Hollywood appena prima che la conferenza stampa iniziasse e non avevano avuto il tempo di parlare con lui. «A che punto siamo con i mandati?» chiese Bosch. «Quasi completati» rispose Edgar. «Mi scoccia però star qui a perdere tempo, solo perché servono comparse di razza nera da esibire ai media.» «Harry, anch'io speravo che ci avresti tenuti alla larga da questa roba» disse Rider. «Lo so. È stata una mossa egoistica. Frankie Sheehan è un amico. Quello che gli hanno fatto, spifferare il suo nome ai media, è stata una grossa stronzata. Speravo che avervi qui potesse aggiungere un po' di credibilità all'annuncio che veniva rilasciato.» «Allora ci hai usati come voleva fare Irving ieri» disse lei. «A lui non lo hai permesso ma per te era okay.» Bosch la fissò per qualche istante. Dalla sua espressione capiva che era sinceramente arrabbiata per essere stata usata a quel modo. Bosch sapeva che era stato un tradimento. Non grave, forse, ma pur sempre un tradimento. «Ascolta, Kiz, possiamo parlarne più tardi? Come ho detto, Frankie è un amico. Adesso è anche amico vostro, e un giorno potrebbe rivelarsi utile.» Aspettò continuando a fissarla, e finalmente lei fece un lieve cenno di assenso. Per il momento la faccenda era chiusa. «Quanto altro tempo vi serve?» chiese. «Forse un'ora» disse Edgar. «Poi dovremo cercare un giudice.» «Perché?» chiese Rider. «Cos'ha detto Irving?» «Irving non ha voluto compromettersi. Quindi devo avere tutto a posto dal punto di vista legale, per potermi muovere... domani mattina.» «Per domani mattina non è un problema» disse Edgar. «Bene. Allora voi due andate a finire il lavoro. Beccate un giudice stasera. Domani andremo...» «Detective Bosch?» Bosch si girò. Harvey Button e il suo inviato, Tom Chainey, lo avevano raggiunto alle spalle. «Non posso parlare con voi» disse Bosch. «Abbiamo saputo che lei ha riaperto il caso di Stacey Kincaid» disse Chainey. «Vorremmo parlare con lei di...» «Chi ve lo ha detto?» scattò Bosch, mostrando chiaramente la sua ira in volto.
«Abbiamo una fonte che...» «Be', dite alla vostra fonte che è un sacco pieno di merda... No comment.» Un operatore televisivo si avvicinò e puntò il suo obiettivo sopra la spalla di Button. Button sollevò un microfono. «Avete scagionato Michael Harris?» chiese di punto in bianco Button. «Ho detto no comment» disse Bosch. «Portate via quella roba.» Bosch sollevò un braccio e mise la mano sopra l'obiettivo. L'operatore strillò. «Non tocchi la videocamera! Questa è proprietà privata.» «Anche la mia faccia. Toglietevi di torno, la conferenza stampa è finita.» Bosch spostò la mano sulla spalla di Button e lo spinse con forza giù dal palco. L'operatore li seguì. Lo stesso fece Chainey, ma più lentamente, quasi per sfidare Bosch a spintonare anche lui. I loro occhi si incrociarono. «Guardi il notiziario di stasera, detective» disse Chainey. «Potrebbe trovarlo interessante.» «Ne dubito» disse Bosch. Venti minuti dopo Bosch sedeva dietro una scrivania vuota all'imbocco del corridoio che portava alle stanze degli interrogatori della RapineOmicidi, al terzo piano. Stava ancora pensando allo scambio di battute con Button e Chainey, chiedendosi cosa potessero sapere. Sentì una delle porte aprirsi e poi chiudersi. Frankie Sheehan cominciò a scendere lungo il corridoio insieme a Lindell. Il vecchio partner di Bosch aveva l'aria distrutta, il viso molle e pallido, i capelli scompigliati e gli abiti - gli stessi che indossava la sera prima al bar - in disordine. Bosch sgusciò da dietro la scrivania e gli si piazzò davanti, pronto a schivare ogni eventuale aggressione fisica. Ma Sheehan mostrò subito che non aveva intenzioni aggressive alzando le mani e facendo un sorriso storto. «Tutto okay, Harry» disse Sheehan, con voce roca e molto stanca. «L'agente Lindell mi ha riferito le novità. In parte, almeno. Non sei stato tu a... Sono stato io: avevo dimenticato le mie minacce a quello stronzo.» Bosch annuì, rinfrancato. «Andiamo, Frankie» disse. «Ti dò un passaggio.» Bosch lo precedette fino agli ascensori e scesero insieme nell'atrio, restando fianco a fianco a guardare insieme i numeri dei piani che via via si illuminavano sopra la porta. «Scusa se ho dubitato di te, amico» disse a bassa voce Frankie.
«Non pensarci, amico. Così siamo pari.» «Sì? E perché?» «Ieri sera ho messo in dubbio le impronte di Harris.» «E che cosa hai concluso?» «Ne parliamo dopo.» Nell'atrio si diressero verso una porta laterale che portava al parcheggio dei dipendenti. Erano a metà strada dall'auto, quando Bosch sentì un movimento alle spalle e, girandosi, vide parecchi reporter e operatori televisivi che si stavano avvicinando. «Non dire niente» sussurrò rapido Bosch. «Neanche una parola.» La prima ondata di reporter li avviluppò. Bosch ne vide altri che stavano arrivando. «No comment» disse Bosch. «No comment.» Ma non erano interessati a Bosch. Piazzarono i loro microfoni e le loro videocamere davanti al viso di Sheehan. I suoi occhi, già stanchi prima, ora sembravano confusi, perfino spaventati. Bosch cercò di trascinare con sé l'amico attraverso la folla, verso l'auto. I reporter continuavano a sbraitare le loro domande. «Detective Sheehan, ha ucciso lei Howard Elias?» chiese una donna, urlando più forte degli altri. «No» disse Sheehan. «Non ho... non ho fatto niente.» «In passato ha mai minacciato la vittima?» «Sentite, vi ho detto che non abbiamo commenti da fare» disse Bosch prima che Sheehan potesse reagire alla domanda. «Mi avete sentito? No comment. Lasciateci in...» «Perché questo interrogatorio?» «Ci dica perché è stato interrogato, detective.» Erano quasi arrivati. Alcuni reporter si erano arresi, capendo che non avrebbero ottenuto nulla. Ma quasi tutte le videocamere erano rimaste puntate su di loro. Le registrazioni video potevano sempre tornare utili. Di colpo, Sheehan si liberò dalla stretta di Bosch per girarsi verso i reporter. «Volete sapere perché mi hanno interrogato? Sono stato interrogato perché il dipartimento ha bisogno di sacrificare qualcuno. Per mantenere la pace sociale. Non importa chi sia, purché possa servire a pagare il conto. Per questo hanno scelto me. Io servo solo a...» Bosch strattonò Sheehan lontano dai microfoni. «Andiamo, Frankie, lasciali perdere.» Infilandosi nella strettoia tra due auto parcheggiate riuscirono a lasciarsi
dietro il nugolo di giornalisti e operatori. Bosch spinse velocemente Sheehan verso la sua bicolore e aprì la portiera. Quando i reporter li raggiunsero procedendo in fila indiana, Sheehan era già in macchina e al sicuro dai microfoni. Bosch fece il giro dell'auto e salì a sua volta. Procedettero in silenzio finché non furono sulla 101 Freeway diretta a nord. Solo allora Bosch guardò Sheehan. L'amico aveva gli occhi fissi davanti a sé. «Non avresti dovuto dirlo, Frankie. Così soffi sul fuoco.» «Non me ne importa un cazzo del fuoco. Non più.» Il silenzio li avvolse di nuovo. Stavano attraversando Hollywood sulla freeway e il traffico era leggero. Bosch vide del fumo alzarsi da un punto lontano, verso sudovest. Pensò di sintonizzare la radio sulla KFWB, ma poi decise che non voleva sapere cosa significasse quel fumo. «Là dentro ti hanno permesso di chiamare Margaret?» chiese dopo un po'. «No. Non mi permettevano di fare niente altro che confessare. Sono davvero contento che tu sia arrivato al galoppo in città a salvarmi, Harry. Non so cosa diavolo gli hai detto, ma qualunque cosa fosse, di sicuro mi ha salvato il culo.» Bosch capì che Sheehan gli stava facendo una domanda, ma non si sentiva pronto a rispondergli. «Probabilmente i reporter stanno assediando casa tua» disse invece. «Per Margaret dev'essere stata una brutta sorpresa.» «Ho una novità per te, Harry. Margaret mi ha lasciato... otto mesi fa. Si è presa le bambine ed è andata a Bakersfield. Per stare vicina ai suoi. Non c'è nessuno a casa.» «Mi dispiace, Frankie, non sapevo...» «Avrei dovuto dirtelo ieri sera quando mi hai chiesto di loro.» Bosch guidò per qualche altro minuto in silenzio, riflettendo. «Perché non metti un po' di roba in una borsa e vieni a stare da me? I reporter non ti troveranno. Finché questa faccenda non si sgonfierà.» «Non lo so, Harry. La tua casa è grande come una scatola di biscotti delle Girl Scout. Soffro già di claustrofobia per essere rimasto chiuso in quella stanza tutto il giorno. E poi, non ho mai conosciuto tua moglie, lo sai. Non le andrà di avere un estraneo che dorme sul vostro divano.» Bosch guardò il palazzo della Capitol Records mentre lo costeggiavano sulla freeway. Avrebbe dovuto somigliare a una pila di dischi con la puntina di un fonografo in cima. Ma come era successo per quasi tutta Hol-
lywood, ormai era superato: non si facevano più dischi, la musica usciva in compact disc, e i vecchi dischi di vinile venivano venduti nei negozi di roba usata. A volte Bosch pensava che l'intera Hollywood fosse come un magazzino di roba usata. «La mia casa è rimasta danneggiata dal terremoto» disse Bosch. «Ed è stata ricostruita. Ho perfino una stanza per gli ospiti, Frankie... E poi, anche mia moglie mi ha lasciato.» Gli sembrò strano, detto così, a voce alta. Gli sembrò la conferma che il suo matrimonio era finito. «Oh, merda, Harry! Eravate sposati solo da un anno o poco più. Quando è successo?» Bosch gli lanciò un'occhiata e poi tornò a guardare la strada. «Di recente.» Non c'erano reporter in attesa fuori dalla casa di Sheehan quando vi arrivarono, una ventina di minuti dopo. Bosch disse che avrebbe aspettato in macchina e fatto qualche telefonata mentre Sheehan preparava le sue cose. Non appena fu solo chiamò casa sua per controllare se c'erano messaggi, così non avrebbe dovuto ascoltarli in presenza di Sheehan una volta arrivati. Ma non ce n'erano. Mise via il telefono e rimase seduto, immobile. Si chiese se il suo invito a Sheehan non fosse un tentativo inconscio di evitare il peso del vuoto nella sua casa. Dopo un po' decise che non lo era. Aveva vissuto solo per quasi tutta la vita. Era abituato a vivere in case vuote. Sapeva che la vera protezione non stava in una casa ma dentro di lui. Una luce riflessa nel retrovisore colpì gli occhi di Bosch. Controllò con lo specchietto laterale e vide i fari di un'auto che si fermava lungo il marciapiede, circa un isolato alle sue spalle. Non doveva essere un reporter. Un reporter si sarebbe infilato tranquillamente nel vialetto di Sheehan senza fare nessun tentativo di nascondersi. Cominciò a pensare alle cose che voleva chiedere a Sheehan. Pochi minuti dopo il suo ex partner uscì di casa reggendo una borsa di plastica da supermercato. Aprì la portiera dietro e la scaricò sul sedile, poi salì davanti. Sorrideva stancamente. «Margie si è presa tutte le valigie» disse. «Fino a stasera non me n'ero accorto.» Salirono lungo il Beverly Glen fino alla collina e allo sbocco in Mulholland Drive, poi piegarono a est verso il Woodrow Wilson. Di solito Bosch amava guidare di sera lungo Mulholland Drive. La strada serpeggiante, le luci della città che apparivano e scomparivano. Ma lungo il percorso pas-
sarono accanto a The Summit, e Bosch guardò i cancelli pensando ai Kincaid rinchiusi là dentro nella sicurezza della loro casa con veduta aerea. «Frankie, devo chiederti una cosa» disse. «Spara.» «Tornando al caso Kincaid: durante le indagini, hai parlato spesso con la famiglia? Con Sam Kincaid, voglio dire.» «Sì, certo. Un tipo come quello va trattato con i guanti di velluto. Lui e il vecchio. Con gente così conviene essere prudenti, altrimenti ti staccano la testa a morsi.» «Già. Quindi lo tenevi sempre aggiornato su quello che succedeva...» «Sì, sempre. Perché? Sembri uno di quei tipi del Bureau che mi sono stati addosso tutto il giorno, Harry.» «Scusa, era solo per sapere. Ti chiamava lui o lo chiamavi tu?» «Tutt'e due le cose. Aveva anche un capoccia della sicurezza che parlava con noi, che teneva i contatti.» «D.C. Richter?» «Sì, proprio lui. Harry, vuoi dirmi cosa bolle in pentola o no?» «Fra un momento. Prima devo chiederti qualche altra cosa. Quanto hai detto a Kincaid o Richter sul conto di Michael Harris? Te lo ricordi?» «Cosa vuoi dire?» «Senti, non sto dicendo che hai fatto qualcosa di sbagliato. In un caso del genere è logico tenere coinvolti e informati i membri della famiglia. Quindi tu sei andato da loro e gli hai detto che avevate individuato Harris dalle impronte e che ve lo stavate lavorando alla centrale?» «Certo. È la procedura operativa standard.» «Giusto. E hai anche detto loro che tipo era Harris, da dove veniva e quel genere di cose?» «Immagino di sì.» Per il momento Bosch lasciò perdere. Imboccò Woodrow Wilson e scese la strada tutta curve fino a casa. Si fermò nel garage. «Ehi, ha un'aria carina» disse Sheehan. Bosch spense il motore ma aspettò prima di scendere. «Hai detto ai Kincaid o a Richter dove viveva esattamente Harris?» chiese. Sheehan si girò a guardarlo. «Cosa mi stai dicendo?» «Te lo sto chiedendo. Hai detto a qualcuno di loro dove viveva Harris?» «Può darsi. Non lo ricordo.»
Bosch scese e si diresse verso la porta che introduceva in cucina. Sheehan raccolse la sua roba dal sedile posteriore e lo seguì. «Dimmi, Hieronymus.» Bosch aprì la porta chiusa a chiave. «Francis, penso che tu abbia commesso un errore.» Entrò. «Dimmi, Hieronymus.» Bosch condusse Sheehan nella stanza degli ospiti e Sheehan gettò la sua borsa sul letto. Tornato in corridoio, Bosch indicò con un dito dov'era il bagno e tornò nel soggiorno. Sheehan rimase silenzioso, in attesa. «La maniglia del water in quel bagno è difettosa» disse Bosch, senza guardarlo. «Devi tenerla premuta fino in fondo quando usi lo sciacquone.» Finalmente guardò il suo vecchio partner. «Possiamo spiegare la presenza delle impronte di Harris. Non è stato lui a rapire o a uccidere Stacey Kincaid. Anzi, crediamo che non ci sia stato nessun rapimento. È Kincaid che ha ucciso la bambina, la sua figliastra. La molestava sessualmente da tempo e l'ha uccisa, poi ha messo in scena il rapimento. Ha avuto un colpo di fortuna quando le impronte sul libro di scuola hanno tirato in ballo Harris. Allora lo ha usato. Pensiamo che sia stato lui - o il suo uomo, Richter - a scaricarne il corpo vicino alla casa di Harris, perché sapeva dove abitava. Quindi adesso rifletti, Francis. Non voglio dei forse: ho bisogno di sapere se tu hai rivelato a Kincaid o al suo uomo della sicurezza dove viveva Harris.» Sheehan aveva un'aria sbalordita e i suoi occhi si abbassarono confusi sul pavimento. «Stai dicendo che ci siamo sbagliati su Harris...» «Avevate i paraocchi, amico. Non appena sono arrivate quelle impronte, siete riusciti a vedere soltanto Harris.» Sheehan tenne gli occhi sul pavimento e annuì lentamente. «Facciamo tutti degli errori, Francis. Ora, siediti e rifletti su quello che ti ho chiesto. Cos'hai detto a Kincaid e a quale punto dell'indagine glielo hai detto? Torno subito.» Lasciando Sheehan a riflettere su quelle novità per lui sconvolgenti, Bosch tornò nel corridoio e si diresse verso la sua camera da letto. Entrò e si guardò intorno. Sembrava la stessa di sempre. Aprì la porta del guardaroba e accese la luce interna. I vestiti di Eleanor erano scomparsi. Chinò lo sguardo sul pavimento. Anche le sue scarpe non c'erano più. Sulla moquette vide un piccolo sacchetto legato con un nastro azzurro. Si chinò e lo rac-
colse. Conteneva un pugno di riso. Ricordò che la cappella di Las Vegas forniva quei sacchettini come parte della cerimonia nuziale... per lanciare il riso alla coppia felice. Eleanor ne aveva conservato uno per ricordo. Ora Bosch si chiese se lo avesse lasciato lì per errore o se lo avesse abbandonato deliberatamente. Bosch si infilò in tasca il sacchetto e spense la luce. 28 Edgar e Rider stavano guardando il notiziario. Lasciato Sheehan a casa sua, Bosch entrò in sala agenti: i due partner staccarono a malapena gli occhi dallo schermo. «Che succede?» chiese Bosch. «Pare che la gente non abbia digerito che abbiamo scagionato Sheehan» disse Edgar. «Qualche incendio e saccheggio sporadico» disse Rider. «Nulla, in confronto all'altra volta. Credo che ce la faremo, se riusciamo a superare questa notte. Là fuori abbiamo plotoni di ronda che saltano addosso a qualunque cosa si muova.» «Niente stronzate come l'ultima volta» disse Edgar. Bosch annuì e guardò il televisore per qualche secondo. Lo schermo mostrava vigili del fuoco che dirigevano manicotti da tre pollici verso le fiamme che scaturivano dal tetto di un altro centro commerciale. Era troppo tardi per salvarlo. Sembrava una scena preparata appositamente per i media. «Per un nuovo piano di sviluppo urbano» commentò Edgar, «sbarazziamoci di tutti i centri commerciali.» «Il guaio è che al loro posto costruirebbero altri centri commerciali» disse Rider. «Almeno li rifarebbero più belli» disse Edgar. «Il vero problema sono i negozi di liquori. Queste storie iniziano sempre là dentro. Mettiamo una squadra davanti a ogni negozio di liquori e non avremo più sommosse.» «A che punto siamo con i mandati?» chiese Bosch. «Sono pronti» disse Rider. «Dobbiamo solo portarli dal giudice.» «A chi avete pensato?» «Terry Baker. Le ho già telefonato e ha detto di essere disponibile.» «Bene. Diamo un'occhiata.» Rider si alzò per andare al tavolo della omicidi mentre Edgar restava a
guardare la televisione. Raccolti ordinatamente sul tavolo di Rider c'erano le richieste dei mandati di perquisizione. Li consegnò a Bosch. «Abbiamo le due case, tutte le auto, tutti gli uffici, e per Richter la sua auto dell'epoca dell'omicidio e il suo appartamento...» disse lei. «Credo che siamo pronti.» Ogni petizione era composta da diverse pagine pinzate insieme. Bosch sapeva che le prime due contenevano sempre le solite formule legali. Le saltò e lesse rapidamente le dichiarazioni con i ragionevoli elementi di prova di ogni richiesta. Rider e Edgar avevano lavorato bene, anche se Bosch sapeva che in massima parte era opera di Rider. Era lei la migliore mente legale della squadra. Anche i REP per l'appartamento e l'auto di Richter avrebbero retto. Usando un linguaggio calibrato con cura, la dichiarazione dei REP sosteneva che gli indizi emersi nel caso indicavano la presenza di due sospetti coinvolti nell'eliminazione del corpo di Stacey Kincaid. E in virtù dello stretto rapporto datore di lavoro/dipendente che esisteva all'epoca dei fatti fra Sam Kincaid e D.C. Richter, quest'ultimo poteva essere considerato un secondo sospetto. La petizione chiedeva il permesso di perquisire tutti i veicoli usati o accessibili ai due uomini all'epoca del delitto. Era un magistrale balletto di parole in punta di piedi ma avrebbe funzionato, a parere di Bosch. La richiesta di perquisire tutte le auto "accessibili" ai due uomini era stato un colpo di genio da parte di Rider. Se fosse stata approvata, in pratica ciò avrebbe consentito di perquisire qualunque auto in ognuno dei depositi posseduti da Kincaid, in quanto certamente lui aveva accesso a queste vetture. «Mi sembra un buon lavoro» disse Bosch quando ebbe finito di leggere. Riconsegnò il plico dei fogli a Rider. «Facciamoli firmare stasera così domani potremo muoverci quando vogliamo.» Un mandato di perquisizione era valido per le ventiquattr'ore successive alla firma di un giudice. Nella maggior parte dei casi potevano essere prolungati per altre ventiquattr'ore con una telefonata al giudice che li aveva firmati. «E sul conto di questo Richter?» chiese poi Bosch. «Non sappiamo ancora niente?» «Qualcosina» disse Edgar. Finalmente si alzò, abbassò l'audio del televisore e si avvicinò al tavolo. «Ha cannato all'accademia di polizia. Molto tempo fa, nell'autunno dell'81. Allora è andato a una di quelle merdose scuole per investigatori privati nella Valle. Ha ottenuto la sua licenza di stato nell'84. In seguito sembra
aver subito cominciato a lavorare per la famiglia Kincaid. Immagino che abbia fatto la gavetta e sia arrivato in cima.» «Perché gli è andata storta all'accademia?» «Non lo sappiamo ancora. È domenica sera, Harry. All'accademia non c'è nessuno. Domani avremo il suo fascicolo.» Bosch annuì. «Avete controllato al computer se ha una licenza per portare armi coperte?» «Oh, certo. Ha il suo bel porto d'armi. Sotto la giacca è ferrato.» «Con che cosa? Ditemi che è una nove.» «Spiacente, Harry. Questa sera l'ATF è chiuso. Sapremo anche questo domani. Per adesso sappiamo solo che può andarsene in giro con un'arma coperta.» «Okay, questo tenetelo sempre presente, voi due. Ricordate che genere di tiratore ha lavorato ad Angels Flight.» Rider ed Edgar annuirono. «Allora pensi che Richter sia il braccio armato di Kincaid?» chiese Rider. «Probabilmente. I ricchi non si sporcano le mani direttamente. Loro ordinano il tiro al bersaglio, non premono il grilletto. In questo momento Richter mi sembra l'uomo giusto.» Osservò per un attimo i due partner. Sentiva che erano molto vicini a sbrogliare il caso. Forse lo avrebbero risolto già nelle prossime ventiquattr'ore. Sperava che la città potesse aspettare altrettanto. «Cos'altro c'è?» chiese. «Hai messo al sicuro Sheehan?» chiese Rider. Bosch notò il tono preoccupato della sua voce. «Sì, è al sicuro. E, uh, sentite, vi chiedo ancora scusa per la conferenza stampa. Irving vi voleva là ad ogni costo. Probabilmente io avrei potuto tenervene fuori, ma non l'ho fatto. So che non è stata una buona mossa. Scusatemi.» «Okay, Harry» disse Rider. Edgar annuì. «Nient'altro prima di andarcene?» Edgar cominciò a scuotere il capo, poi disse: «Oh, sì. Ha chiamato la balistica. Questa mattina hanno dato un'occhiata alla pistola di Michael Harris e sembra pulita. Dicono che probabilmente non ha sparato un colpo e non è stata pulita da mesi, a giudicare dalla polvere che si è accumulata
nella canna. Quindi lui è a posto». «Faranno lo stesso un esame completo?» «Chiamavano per questo. Hanno ricevuto da Irving l'ordine urgente di controllare la pistola di Sheehan domani mattina, non appena arriveranno le pallottole dall'autopsia. Volevano sapere se vuoi che procedano con il ferro di Harris. Ho detto che potevano anche farlo.» «Bene. Nient'altro?» Edgar e Rider scossero la testa. «Okay, allora» disse Bosch. «Andiamo dal giudice Baker e poi chiudiamo la giornata. Ho la sensazione che quella di domani sarà molto lunga.» 29 Si era messo a piovere. Bosch infilò la macchina in garage e spense il motore. Non vedeva l'ora di bersi un paio di birre per sciacquare via la caffeina dai suoi nervi. Il giudice Baker aveva offerto loro del caffè mentre verificava le richieste. Aveva letto lentamente e scrupolosamente tutti i mandati di perquisizione e intanto Bosch aveva bevuto due tazze piene. Alla fine, però, il giudice aveva firmato tutti i mandati e Bosch non ebbe bisogno della caffeina per sentirsi eccitato. La mattina dopo sarebbero partiti per una missione di "caccia ai riscontri", come l'aveva descritta Kiz Rider: la fase vuota-il-sacco o chiudi-il-becco dell'indagine, il punto in cui teorie e intuizioni devono convogliare in prove concrete e accuse, oppure si disintegrano. Bosch entrò in casa dalla porta della cucina. Oltre alla birra, stava già pensando a Kate Kincaid e a come affrontarla il giorno dopo. La sua era l'attesa di un giocatore fiducioso che si è digerito tutti i filmati e le strategie dell'avversario e adesso attende la partita del giorno seguente. In cucina la luce era accesa. Bosch posò la valigetta sul ripiano e aprì il frigorifero. Non c'era birra. «Merda» esclamò. Sapeva che c'erano almeno cinque bottiglie di Anchor Steam nel frigo. Si guardò intorno e vide cinque tappi di bottiglie sul ripiano. Si inoltrò nella casa. «Ehi, Frankie...» gridò. «Non dirmi che ti sei scolato tutto!» Non ci fu risposta. Bosch attraversò la sala da pranzo e poi il soggiorno. Sembrava che Sheehan non avesse toccato o mosso niente per mettersi a suo agio. Controllò la veranda sul retro attraverso le porte a vetri. Fuori la
luce era spenta e non vide traccia dell'ex partner. Imboccò il corridoio e accostò l'orecchio alla porta chiusa della stanza degli ospiti. Non sentì nulla. Guardò l'orologio. Non erano ancora le undici. «Frankie...» sussurrò. Nessuna risposta, solo il suono della pioggia sul tetto. Bussò leggermente. «Frankie?» disse a voce più alta. Ancora nulla. Bosch strinse la maniglia e aprì lentamente la porta. Nella stanza le luci erano spente ma quella del corridoio illuminò di sbieco il letto e Bosch vide che era vuoto. Premette l'interruttore sulla parete e sul comodino si accese una lampada. La borsa in cui Sheehan aveva infilato le sue cose era sul pavimento, vuota. Gli indumenti erano stati scaricati sul letto, ancora ammucchiati. La curiosità di Bosch si tramutò in una leggera preoccupazione. Tornò svelto in corridoio e controllò rapidamente la sua camera da letto e i bagni. Non c'era traccia di Sheehan. Tornato in soggiorno, Bosch camminò inquieto per qualche secondo chiedendosi cosa poteva aver fatto Sheehan. Era senza macchina. Improbabile che avesse cercato di scendere a piedi dalle colline fino in città, e in ogni caso per andare dove? Bosch sollevò il telefono e premette il pulsante di ripetizione per controllare se per caso Sheehan avesse chiamato un taxi. A Bosch sembrò più un numero di sette cifre, ma la ripetizione fu talmente veloce che non ne ebbe la certezza. Dopo un solo squillo rispose una voce femminile assonnata. «Sì?» «Chi parla, per favore?» «Lei chi è?» «Mi scusi. Sono il detective Harry Bosch del Dipartimento di Polizia di Los Angeles. Sto cercando di rintracciare una chiamata che è stata fatta dal...» «Harry, sono Margie Sheehan.» «Oh... Margie...» Si rese conto che avrebbe dovuto immaginare a chi aveva telefonato Sheehan. «Cosa succede, Harry?» «Niente, Margie, niente. Sto cercando di trovare Frankie e ho pensato che forse aveva chiamato un taxi o qualcosa del genere. Mi dispiace averti...»
«Cosa vuoi dire, trovare Frankie?» Sentì la tensione crescere nella sua voce. «Non c'è nulla di cui preoccuparsi, Margie. Stanotte doveva fermarsi qui da me e io son dovuto uscire. Sono appena tornato a casa e lui non c'è. Sto solo cercando di capire dov'è andato. Stasera ti ha parlato?» «Sì.» «Come ti è sembrato, a posto?» «Mi ha detto cosa gli hanno fatto e come mai stanno cercando di dare la colpa a lui.» «No, adesso non più. Per questo doveva fermarsi da me. Lo abbiamo tirato fuori e ora deve restare nascosto qui per qualche giorno, finché la storia si sgonfia. Mi dispiace veramente averti svegliata...» «Ha detto che sarebbero tornati a prenderlo.» «Cosa?» «Lui non crede che vogliano lasciarlo andare. Non si fida di nessuno nel dipartimento. All'infuori di te. Sa che sei suo amico.» Bosch rimase in silenzio. Non sapeva esattamente cosa dire. «Harry, trovalo, ti prego. Poi richiamami. Non importa a che ora.» Bosch guardò la veranda attraverso le porte a vetri e intravide qualcosa sulla ringhiera della veranda. Si avvicinò alla parete e accese la luce esterna. Vide cinque bottiglie ambrate di birra allineate sulla ringhiera. «Va bene, Margie. Dammi il tuo numero.» Annotò il numero e stava ormai per riattaccare quando lei parlò di nuovo. «Francis mi ha detto che ti sei sposato ma hai già divorziato.» «Be', non sono ancora divorziato ma... lo sai...» «Sì, lo so. Abbi cura di te, Harry. Trova Francis e poi uno di voi due mi telefoni.» «Okay.» Posò il telefono, aprì la porta scorrevole e uscì sulla veranda. Le bottiglie erano vuote. Si girò verso destra e là, disteso sulla sdraio, c'era il corpo di Francis Sheehan. Capelli e sangue imbrattavano il cuscino sopra la sua testa e il muro accanto alla porta scorrevole. «Gesù!» sussurrò Bosch, sconvolto. Si avvicinò. Sheehan aveva la bocca aperta. Il sangue si era raccolto al suo interno e riversato sopra il labbro inferiore. C'era un foro d'uscita grande come un piattino sulla parte superiore del cranio. La pioggia aveva incollato i capelli alla testa, rendendo ancora più visibile l'orribile ferita.
Bosch fece un passo indietro e osservò l'assito di legno della veranda. Vide una pistola proprio di fronte alla gamba anteriore sinistra della sdraio. Bosch abbassò gli occhi sul cadavere dell'amico. Espulse tutto il fiato che aveva in corpo con un violento soffio animalesco. «Frankie» sussurrò. Una domanda gli attraversò la mente ma lui non ebbe il coraggio di pronunciarla chiaramente a se stesso: sono stato io? Bosch osservò uno degli uomini del coroner richiudere la sacca di plastica nera sul volto di Frankie Sheehan, mentre gli altri due reggevano gli ombrelli. Poi riposero via gli ombrelli e sollevarono il corpo sopra una lettiga, gli stesero sopra una coperta verde e cominciarono a spingerla per portarla all'interno della casa. Dovettero chiedere a Bosch di farsi da parte. Mentre lui li guardava dirigersi verso la porta d'ingresso, il peso opprimente del senso di colpa lo assalì di nuovo. Sollevò gli occhi verso il cielo e vide che non c'erano elicotteri, fortunatamente. Le chiamate per il coroner erano state fatte tutte con linee di terra. Senza rapporti via radio i media dovevano ancora scoprire il suicidio di Frankie Sheehan. Bosch sapeva che l'oltraggio finale al suo vecchio amico sarebbe stato un elicottero di qualche notiziario sospeso sopra la casa a filmare il corpo disteso sulla veranda. «Detective Bosch?» Bosch si girò. Il vicecapo Irving gli fece un cenno dalla porta scorrevole aperta. Bosch entrò e seguì Irving al tavolo della sala da pranzo. L'agente Roy Lindell era già accanto al tavolo, in piedi. «Vediamo di fare il punto» disse Irving. «Qui fuori c'è un agente di pattuglia con una donna che dice di essere una sua vicina: Adrienne Tegreeny.» «Sì.» «Sì cosa?» «Adrienne vive qui accanto.» «Ha detto di aver sentito tre o quattro spari esplosi da questa casa stasera. Ha creduto che fosse lei a sparare, quindi non ha chiamato la polizia.» Bosch annuì in silenzio. «In precedenza lei ha sparato, in casa o sulla veranda?» Bosch esitò prima di rispondere. «Capo, qui non si tratta di me.» «D'accordo. Il punto che mi interessa è che a quanto pare il detective
Sheehan stava bevendo - bevendo parecchio - e sparando con la sua pistola. Qual è la sua interpretazione di quanto è avvenuto?» «Interpretazione?» disse Bosch, fissando con occhi vuoti il tavolo. «Accidentale o intenzionale?» «Oh.» Bosch fu quasi sul punto di scoppiare a ridere ma si trattenne. «Non credo che possano esserci molti dubbi in proposito» disse. «Si è ucciso. Suicidio.» «Ma non c'è nessun biglietto.» «Nessun biglietto, solo un mucchio di birre e dei colpi sparati in aria all'impazzata. È questo il suo biglietto. Dice tutto quello che voleva dire. I poliziotti se ne vanno di continuo in questo modo.» «Era stato scagionato. Perché farlo?» «Be'... a me sembra piuttosto chiaro...» «Allora lo renda chiaro anche a noi, se non le spiace.» «Stasera ha chiamato sua moglie. Dopo le ho parlato anch'io. Le ha detto che adesso era tornato libero, ma che secondo lui non sarebbe durata, che sarebbe stato arrestato di nuovo.» «Dopo l'esame balistico di domattina?» chiese Irving. «No, non credo che si riferisse a quello. Credo che alludesse alla necessità di incolpare qualcuno per questa storia: un poliziotto come capro espiatorio.» «E per questo si sarebbe ucciso? Non mi sembra plausibile, detective.» «Non ha ucciso lui Elias e quella donna.» «Finora questa è soltanto una sua opinione. L'unico fatto che abbiamo è che apparentemente quest'uomo si è ucciso la notte prima del giorno in cui avremmo avuto l'esame balistico. E lei, detective, mi ha convinto a liberarlo in modo che potesse farlo.» Bosch distolse lo sguardo da Irving e cercò di tenere sotto controllo l'ira che gli stava montando dentro. «L'arma» disse Irving. «Una vecchia Beretta calibro venticinque. Numero di matricola cancellato con l'acido. Non rintracciabile, illegale: è sua la pistola, detective Bosch?» Bosch scosse il capo. «Ne è certo, detective? Vorrei risolvere la questione ora, senza dover ricorrere a un'indagine interna.» Bosch tornò a guardarlo. «Ma cosa sta dicendo? Gli avrei dato io la pistola perché si uccidesse?
Ero suo amico... l'unico amico che ormai gli restava. Non è la mia pistola, okay? Ci siamo fermati a casa sua e lui ha radunato un po' di roba da portare via. Deve averla presa allora. Forse ho detto qualche parola di troppo, di sicuro non gli ho offerto la pistola.» Bosch e Irving si squadrarono. «Stai dimenticando una cosa, Bosch» disse Lindell interrompendo il duello di sguardi. «Oggi abbiamo perquisito la casa di Sheehan e non era stata trovata nessun'arma là dentro.» Bosch staccò gli occhi da Irving e fissò Lindell. «Allora è sfuggita alla tua gente» disse. «È venuto qui con quella pistola nella sua borsa, perché la Beretta non è mia.» Bosch si allontanò da loro prima che la rabbia e la frustrazione lo spingessero a dire qualcosa che avrebbe potuto costargli caro al dipartimento. Si lasciò cadere su una delle poltrone del soggiorno. Era inzuppato di pioggia ma se ne fregava dei mobili. Fissò con occhi spenti fuori dalle porte a vetri. Irving si avvicinò ma senza sedersi. «Cosa intendeva dire con "qualche parola di troppo"?» Bosch sollevò lo sguardo verso di lui. «Ieri sera ho bevuto una birra con lui. Mi ha raccontato alcune cose. Mi ha detto come si era lasciato prendere la mano con Harris, ammettendo che le cose denunciate da Harris - le cose che gli avevano fatto i poliziotti - erano vere. Tutto quanto era vero. Vede, lui era sicuro che Harris avesse ucciso la bambina, non aveva il minimo dubbio in proposito. Ma era angosciato per quello che aveva fatto. Mi disse che nella stanza degli interrogatori con Harris aveva perso la testa. Disse che era diventato uguale a quelli cui aveva dato la caccia in tutti questi anni: un mostro. Questo lo faceva star male. Vedevo che lo divorava. Poi stasera lo carico in macchina e lo porto a casa...» Bosch sentì il senso di colpa alzarsi in gola come una marea. Non aveva riflettuto sulla possibile reazione di Sheehan: non aveva immaginato la cosa più scontata. Era troppo assorbito dal caso, da Eleanor e dalla sua casa vuota, da cose che non avevano a che fare con Frankie Sheehan. «E allora?» lo sollecitò Irving. «E allora, stupidamente, io gli ho distrutto l'unica cosa in cui lui aveva creduto per tutti questi mesi, l'unica cosa che lo faceva sentire almeno un po' in pace con se stesso. Gli ho detto che avevamo scagionato Michael Harris. Gli ho detto che si era sbagliato su Harris e che potevamo provarlo.
Non ho pensato a cosa poteva fargli questo. Stavo pensando solo al mio caso.» «E lei crede che questa rivelazione lo abbia spinto al suicidio» disse Irving. «In quella stanza con Harris gli è successo qualcosa, qualcosa di brutto. In seguito ha perso la sua famiglia, ha perso il caso... credo che l'unico filo a cui restava ancora attaccato fosse la sua convinzione di avere se non altro catturato il colpevole. Quando ha scoperto di essersi sbagliato, quando ho fatto irruzione nel suo mondo e gli ho detto che quell'indagine era stata una stronzata, mal fatta... l'ultimo filo si è spezzato.» «Senti, questa che dici è una stronzata, Bosch» disse Lindell. «Insomma, io rispetto te e la tua amicizia per questo tipo, ma tu non riesci a vedere quello che abbiamo sotto gli occhi, la spiegazione ovvia. Lui si è ucciso perché era il nostro uomo e sapeva che saremmo tornati da lui. Questo suicidio è una confessione.» Irving fissò Bosch, in attesa che ribattesse a Lindell. Ma Bosch non disse nulla. Era stanco di lottare. «Su questo punto mi trovo d'accordo con l'agente Lindell» disse infine il vicecapo. Bosch annuì. Se lo aspettava. Non conoscevano Sheehan come lo conosceva lui. Negli ultimi anni non erano stati molto vicini, ma un tempo lo erano stati in un modo tale da consentire a Bosch di capire che Lindell e Irving si sbagliavano. Anche lui avrebbe preferito potersi dire d'accordo, perché ciò gli avrebbe alleggerito il senso di colpa. Ma non poteva farlo: sapeva che i due si sbagliavano. «Concedetemi la mattina» disse invece. «Come?» chiese Irving. «Tenete tutto coperto e lontano dai media per mezza giornata. Domani mattina procederemo con i mandati e con il nostro piano. Lasciatemi il tempo di vedere cosa salta fuori e cosa ci dice la signora Kincaid.» «Se parlerà.» «Parlerà. Muore dalla voglia di parlare. Datemi la mattina con lei, per vedere come si mettono le cose. Se non scopro un collegamento fra Kincaid ed Elias, allora potrete fare quello che volete di Frankie Sheehan. Divulgherete la vostra versione.» Irving ci pensò sopra a lungo, poi assentì. «Penso che sia la strada più prudente» disse. «Per allora dovremmo avere anche il rapporto balistico.»
Bosch ringraziò con un cenno del capo. Guardò di nuovo fuori dalle porte a vetri. Pioveva più forte. Guardò l'orologio e si accorse che si stava facendo piuttosto tardi, e sapeva di dover fare ancora una cosa prima di poter andare a dormire. 30 Bosch sentiva l'obbligo di andare da Margaret Sheehan di persona per dirle di Frankie. Che la coppia si fosse separata non aveva alcuna importanza. Lei e Frankie avevano vissuto insieme per molti anni. La donna e le due bambine meritavano la cortesia della visita di un amico, invece dell'atroce telefonata di un estraneo nel cuore della notte. Irving aveva suggerito di incaricare il Dipartimento di Polizia di Bakersfield di inviare un agente alla loro casa, ma Bosch sapeva che sarebbe stata una soluzione goffa e crudele almeno quanto una telefonata. Si offrì di andarci di persona. Bosch si rivolse alla polizia di Bakersfield, ma solo per rintracciare l'indirizzo di Margaret Sheehan. Avrebbe potuto chiamare lei stessa per le indicazioni, ma sarebbe stato come dirglielo senza ammetterlo: un vecchio trucco da sbirri per rendersi il lavoro più facile. Sarebbe stato un gesto da vigliacchi. La Golden State Freeway in direzione nord era quasi deserta, la pioggia e l'ora tarda avevano eliminato tutti gli automobilisti all'infuori di quelli che non avevano scelta. Per la maggior parte erano camionisti che si dirigevano verso San Francisco e anche oltre con il loro carico, oppure che tornavano vuoti verso le zone agricole al centro dello stato per prendere un altro carico. La Grapevine - il tratto ripido e serpeggiante della freeway che si inerpica sulle montagne a nord di Los Angeles - era cosparsa di semiarticolati i cui conducenti avevano preferito accostare piuttosto che proseguire sotto la pioggia scrosciante su quel tracciato già pericoloso di per sé. Una volta superato quel percorso a ostacoli e il crinale dei monti, gli fu possibile accelerare l'andatura e riguadagnare parte del tempo perso. Guidando osservava le ramificazioni dei lampi squarciare l'orizzonte violaceo a est. E pensava al suo vecchio partner. Cercò di ricordare vecchi casi e le barzellette irlandesi che Sheehan aveva l'abitudine di raccontare. Qualunque cosa, pur di non pensare a ciò che l'amico aveva fatto e al senso di colpa che gli gravava in petto. Si era portato dietro un nastro che lui stesso aveva compilato e lo ascoltò sullo stereo. Conteneva registrazioni di pezzi per sassofono che Bosch a-
mava in modo particolare. Fece avanzare velocemente il nastro fino a trovare quello che cercava: Lullaby, di Frank Morgan. Per Bosch era come un dolce e accorato lamento funebre, un addio e una domanda di perdono a Frankie Sheehan. Si intonava bene alla pioggia, e Bosch lo ascoltò più volte durante il viaggio. Arrivò alla casa di Margaret Sheehan e delle figlie prima delle due. Sotto il portico c'era una lampada accesa, e attraverso le tende alle finestre anteriori filtrava luce. Bosch immaginò che Margie fosse là dentro in attesa di una sua telefonata, o magari di una sua visita. Alla porta esitò, ricordando quante altre volte aveva compiuto quel genere di visita, e infine si decise a bussare. Quando Margie aprì la porta, Bosch ebbe la conferma che in quei casi non si potevano mai pianificare le cose. Lei lo fissò per un lungo momento, e lui pensò che non l'avesse riconosciuto. Erano passati molti anni. «Margie, sono...» «Harry? Harry Bosch?» Lei si interruppe e mise insieme i pezzi. Era così che succedeva. «Oh, Harry, no. Oh no. Non Francis!» Sollevò le mani al viso. La sua bocca era aperta e lei somigliava a quel famoso quadro in cui una figura urla sopra un ponte. «Mi dispiace, Margie. Veramente... Forse è meglio che entriamo.» Fu stoica dall'inizio alla fine. Bosch le fornì tutti i particolari, poi Margie Sheehan decise di preparargli del caffè per evitare colpi di sonno nel viaggio di ritorno. Si comportava proprio come la moglie di uno sbirro. In cucina Bosch si appoggiò a un mobiletto mentre lei preparava il caffè. «Stasera Frankie ti ha telefonato» disse lui. «Sì.» «Dimmi come ti è sembrato.» «Molto abbattuto. Mi ha detto cosa gli avevano fatto. Si sentiva... tradito? È questa la parola giusta? Voglio dire, la sua gente, altri poliziotti come lui, lo avevano portato dentro. Era molto triste, Harry.» Bosch annuì. «Ha dato la sua vita al dipartimento... e loro gli hanno fatto questo.» Bosch annuì di nuovo. «Ha detto qualcosa su...» Non terminò la frase. «Sull'idea di uccidersi? No, questo non lo ha detto... Una volta mi sono informata sui suicidi nella polizia. Molto tempo fa. Anzi, fu quando Elias
lo aveva denunciato la prima volta per quel tipo che aveva ucciso. Frankie era molto depresso e mi sono spaventata. Così ho cercato di informarmi. E ho letto che quando le persone te ne parlano o dicono di volerlo fare, in realtà ti chiedono di fermarle.» Bosch confermò con un cenno della testa. «Immagino che Frankie non volesse essere fermato» continuò lei. «E difatti non me ne ha parlato.» Estrasse la brocca di vetro dalla macchina per il caffè e versò un po' di caffè caldo in una tazza. Poi aprì un armadietto e ne tirò giù un thermos argentato. Cominciò a riempirlo. «Questo è per il ritorno a casa. Non voglio che ti addormenti sulla Grapevine.» Bosch le andò vicino e le posò una mano sulla spalla. Lei appoggiò la brocca e si girò verso di lui per farsi stringere. «Quest'ultimo anno» disse lei. «Le cose... le cose sono andate molto male.» «Lo so. Me lo ha detto.» Si staccò da lui e tornò a riempire il thermos. «Margie, devo chiederti una cosa prima di lasciarti» disse Bosch. «Gli avevano preso la pistola per un esame balistico. Ma lui ne ha usata un'altra. Tu ne sai qualcosa?» «No. Aveva solo quella che usava sul lavoro. Non avevamo altre pistole. Non con due bambine per casa. Quando Frankie tornava a casa la chiudeva in una piccola cassaforte sul fondo dell'armadio. E solo lui aveva la chiave. In casa non avrei sopportato altre pistole oltre a quella di servizio.» Se lei gli aveva imposto che non ci fossero in casa altre pistole all'infuori di quella che Sheehan aveva in dotazione, allora restavano punti oscuri. Lui poteva aver portato in casa un'altra pistola e avergliela tenuta nascosta... in un nascondiglio talmente sicuro che nemmeno l'FBI l'aveva scoperto nella perquisizione. Forse era avvolta in un pezzo di plastica e sepolta in cortile. Però Sheehan poteva anche essersi procurato quell'arma dopo il trasferimento della moglie e delle bambine a Bakersfield. E in tal caso lei non ne poteva sapere niente. «Okay» disse, decidendo di non insistere. «Perché, Harry? Dicono che la pistola è tua? Sei nei guai?» Bosch rifletté un attimo prima di rispondere. «No, Margie, va tutto bene. Non preoccuparti per me.»
31 La pioggia continuò anche il lunedì mattina, rendendo la trasferta di Bosch a Brentwood di un'esasperante lentezza. Non era una pioggia fitta, ma a Los Angeles qualunque tipo di pioggia basta a paralizzare la città. Era uno di quei misteri che Bosch non era mai riuscito a comprendere. Una città fortemente pensata a misura d'automobile e tuttavia piena di conducenti incapaci di affrontare il minimo maltempo. Guidando ascoltò la KFWB. C'erano più segnalazioni di ingorghi che di esplosioni di violenza avvenute durante la notte. La pioggia frenava anche le sommosse. Sfortunatamente, il cielo si sarebbe dovuto schiarire per mezzogiorno. Arrivò in ritardo di venti minuti all'appuntamento con Kate Kincaid. La casa dov'era avvenuto il presunto rapimento di Stacey Kincaid era un'enorme villa bianca in stile ranch, con imposte nere e tetti di ardesia grigia. Aveva un ampio prato verde che partiva dalla strada e un viale d'accesso che lo tagliava fino alla casa, per girare poi intorno all'edificio collegandolo con i garage oltre uno spiazzo laterale. Quando Bosch parcheggiò a ridosso dei garage, vide una Mercedes argento vicino all'ingresso coperto. La porta anteriore della casa era aperta. Appena giunto sulla soglia Bosch si annunciò a voce alta e sentì la voce di Kate Kincaid che gli diceva di entrare. La trovò in salotto, seduta su un divano ricoperto da un lenzuolo bianco. Tutto il mobilio era coperto nello stesso modo. La stanza sembrava un raduno di grandi fantasmi imponenti. Lei notò che Bosch stava squadrando la stanza attentamente. «Quando ci siamo trasferiti non abbiamo portato nessun mobile con noi» disse. «Avevamo deciso di ricominciare da capo, senza ricordi.» Bosch annuì e poi la osservò. Era vestita completamente di bianco, con una camicetta di seta infilata in pantaloni di lino perfetti, certamente di alta sartoria. Lei stessa sembrava un fantasma. La grande borsa di pelle nera, appoggiata sul divano al suo fianco, sembrava stridere con il suo abbigliamento e con le lenzuola che coprivano i mobili. «Come sta, signora Kincaid?» «La prego, mi chiami Kate.» «Va bene, Kate.» «Sto molto bene, grazie. Meglio di quanto stessi da molto, molto tempo. E lei come sta?» «Ho avuto una nottataccia. E non mi piace quando piove.» «Mi spiace. Sembra che lei non abbia dormito.»
«Potrei dare un'occhiata alla casa prima che cominciamo a parlare?» Aveva un mandato di perquisizione per la casa firmato nella sua valigetta, ma non gli sembrava garbato tirarlo fuori in quel momento. «Prego, faccia pure» disse lei. «La stanza di Stacey è in fondo al corridoio alla sua sinistra. La prima porta a sinistra.» Bosch lasciò la valigetta sul pavimento piastrellato dell'ingresso e si mosse seguendo le indicazioni. I mobili nella stanza della bambina non erano coperti. Le lenzuola bianche che vi avevano ricoperto tutto erano ammucchiate sul pavimento. Era come se qualcuno - probabilmente la madre - avesse visitato da poco la stanza. Il letto era in disordine. Il copriletto rosa e le lenzuola in tinta erano raccolte in un nodo... non da qualcuno che ci avesse dormito, ma forse da una persona che si era sdraiata sul letto stringendosi le lenzuola al petto. Quella scena fece sentire Bosch a disagio. Arrivò al centro della stanza tenendo le mani nelle tasche dell'impermeabile. Studiò gli oggetti della bambina. C'erano animali di peluche, bambole, uno scaffale di libri illustrati. Non c'erano poster di film, nessuna foto di star dello schermo o cantanti famosi. Era come se la stanza fosse appartenuta a una bambina molto più giovane di Stacey Kincaid. Bosch si chiese se lo stile della camera fosse stato scelto dai genitori o dalla bambina. In questo secondo caso, era come se lei avesse pensato che restando vicina agli oggetti del suo passato di bambina piccola potesse in qualche modo sfuggire agli orrori del presente. Questo pensiero lo fece sentire anche peggio di quando aveva notato le lenzuola appallottolate. Vide una spazzola sulla scrivania e notò fili di capelli biondi. Questo lo fece sentire più tranquillo. Sapeva che i capelli sulla spazzola potevano essere usati, se si fosse giunti al punto di collegare delle prove - per esempio frammenti recuperati dal baule di un'auto - alla bambina morta. Si spostò alla finestra. Era a scivolamento, e sugli infissi vide i segni neri della polvere per il rilevamento delle impronte. Sbloccò la finestra e l'aprì. C'erano scheggiature dove la chiusura era stata forzata con un cacciavite o un attrezzo simile. Bosch guardò il giardino posteriore della casa. Continuava a piovere. Si vedeva una piscina a forma di fagiolo. Era anch'essa coperta, da un telo di plastica. L'acqua piovana si stava accumulando sul telo. Si chiese se la bambina si fosse mai tuffata in piscina per fuggire dagli orrori, nuotando fin sul fondo, per urlare. Oltre la piscina vide la siepe che chiudeva il giardino sul retro. Era alta tre metri, a protezione della privacy. Bosch riconobbe quella siepe: era la
stessa che aveva visto nel sito web di Charlotte. Bosch chiuse la finestra. La pioggia lo intristiva sempre. E quel giorno non ne aveva bisogno. Aveva già lo spettro di Frankie Sheehan che lo ossessionava, aveva un matrimonio fallito a cui non aveva tempo di pensare, e aveva pensieri angoscianti sulla bella bambina con il viso da sperdutanei-boschi. Tolse le mani di tasca e aprì l'armadio. I vestiti della bambina erano ancora lì. Vestiti colorati su appendiabiti bianchi di plastica. Li passò in rassegna finché trovò il vestito bianco con le bandierine segnaletiche. Ricordava di aver visto anche quello sul sito web. Uscì in corridoio e controllò le altre stanze. C'era quella che sembrava la camera degli ospiti, che Bosch riconobbe come la stanza delle foto pornografiche sulla pagina web. Era lì che Stacey Kincaid era stata stuprata e filmata. Bosch non vi si fermò a lungo. Più in fondo nel corridoio c'era il bagno, la camera da letto matrimoniale e un'altra camera, trasformata in biblioteca e ufficio. Ritornò in soggiorno. Sembrava che Kate Kincaid non si fosse mossa di un millimetro. Raccolse la sua valigetta e le si avvicinò. «Sono un po' bagnato, signora Kincaid. Posso sedermi?» «Certo. E mi chiami Kate.» «Pensavo che sarebbe meglio mantenere tutto su un piano formale per il momento, se non le dispiace.» «Come preferisce, detective.» Era furibondo con lei, furibondo per quello che era successo in quella casa e per come il segreto era stato tenuto sotto chiave per tanto tempo. Durante la sua visita aveva visto quanto bastava per confermare nella sua mente ciò di cui Kizmin Rider era già fermamente convinta fin dalla sera prima. Sedette su una delle poltrone coperte di fronte al divano e appoggiò la valigetta sulle ginocchia. L'aprì e incominciò a sfogliarne il contenuto, contenuto che dal suo posto Kate Kincaid non poteva però distinguere. «Ha trovato qualcosa di interessante nella stanza di Stacey?» Bosch interruppe la sua ricerca tra i documenti e la guardò da sopra il bordo della valigetta. «Non proprio» disse. «Volevo solo farmi un'impressione del posto. Immagino che sia stato accuratamente perquisito in precedenza e che non ci sia più nulla da trovare. A Stacey piaceva la piscina?» Ritornò ad armeggiare con il contenuto della valigetta mentre lei gli rac-
contava che brava nuotatrice fosse stata sua figlia. Bosch in realtà non stava facendo nulla. Semplicemente, seguiva un copione che si era preparato lungo il viaggio. «Riusciva a nuotare avanti e indietro per due vasche senza riaffiorare a prendere fiato» disse Kate Kincaid. Bosch chiuse la valigetta e la guardò. Lei stava sorridendo al ricordo di sua figlia. Bosch sorrise ma senza calore. «Signora Kincaid, come si scrive innocenza?» «Mi scusi?» «La parola. Innocenza: come si scrive?» «Riguarda Stacey? Non capisco. Perché mi sta...» «Mi assecondi per un attimo, la prego. Mi dica come scriverebbe questa parola.» «Non sono molto brava a compitare. Quando ero con Stacey tenevo sempre un dizionario nella mia borsa nel caso mi facesse domande di questo tipo. Sa, uno di quelli tascabili che...» «Vada avanti. Ci provi.» Fece una pausa per pensare. La confusione si leggeva chiaramente sul suo volto. «I - due enne, so che ce ne sono due. I - doppia enne - o - c - e - n - s a.» Lo fissò sollevando le sopracciglia con aria interrogativa. Bosch scosse il capo e riaprì la valigetta. «Quasi» disse. «Ma c'è la zeta, non la esse.» «Accidenti. Lo sapevo!» Gli sorrise. Lui estrasse qualcosa dalla valigetta, poi la chiuse e l'appoggiò sul pavimento. Si alzò e si avvicinò alla poltrona. Le porse una busta in plastica per documenti. All'interno c'era una delle lettere anonime inviate a Howard Elias. «La guardi» disse. «Ha sbagliato a scriverlo anche qui.» Lei fissò la lettera a lungo, poi sospirò. Parlò senza guardare Bosch. «Penso che avrei fatto meglio a usare il mio dizionarietto. Ma ero di fretta quando l'ho scritta.» Bosch si sentì sollevato. Sapeva che non ci sarebbe stato da discutere, nessuna difficoltà a farla confessare. La donna era in attesa di questo momento da tempo, da molto tempo. Per questo poco prima gli aveva detto di sentirsi meglio di quanto si fosse sentita da molto, molto tempo. «Capisco» disse Bosch. «Vuole parlarmene, signora Kincaid? Dirmi tut-
to?» «Sì, voglio farlo» disse lei. Bosch inserì le pile nuove nel registratore, poi lo accese e lo appoggiò sul tavolino, con il microfono puntato verso l'alto in modo da registrare sia la sua voce che quella di Kate Kincaid. «È pronta?» le chiese. «Sì» disse lei. A questo punto Bosch si identificò al registratore, poi specificò di chi era l'altra voce, quindi la data, l'ora e il luogo della registrazione. Lesse i diritti costituzionali da un modulo stampato che aveva estratto dalla valigetta. «Comprende i diritti che le ho appena elencato?» «Sì.» «Vuole parlare con me, signora Kincaid, o vuole contattare un avvocato?» «No.» «No cosa?» «Niente avvocato. Un avvocato non può aiutarmi. Voglio parlare.» Questo suggerì a Bosch di fare una pausa. Stava pensando a come evitare ogni capello su quella torta. «Be', io non posso fornirle consulenza legale. Ma quando lei dice "Un avvocato non può aiutarmi"... non sono certo che basti come rifiuto. Capisce cosa intendo? È sempre possibile che un avvocato possa...» «Detective Bosch, io non voglio un avvocato. Conosco benissimo i miei diritti e ripeto che non voglio nessun avvocato.» «Bene, allora devo chiederle di firmare in calce questo foglio e poi di firmare nuovamente dove si dice che lei non richiede la presenza di un avvocato.» Appoggiò i moduli necessari sul tavolino e rimase a guardare mentre lei firmava. Poi li ritirò e si assicurò che avesse firmato col suo nome. Allora li firmò a sua volta in qualità di testimone e li infilò nella custodia a soffietto della valigetta. Per un istante pensò di parlarle della rinuncia al diritto di non testimoniare contro il coniuge, ma decise che questo poteva attendere. Avrebbe lasciato che fosse l'ufficio del procuratore distrettuale ad occuparsene... quando e se fosse arrivato il momento. «Allora, credo che sia tutto» disse. «Vuole cominciare, signora Kincaid, o preferisce che le faccia delle domande?»
Usava di frequente il nome di lei con uno scopo ben preciso... nel caso che il nastro venisse in seguito ascoltato davanti a una giuria, per mettere in chiaro a chi appartenevano le voci. «Mio marito ha ucciso mia figlia. Penso che voglia sapere questo per prima cosa. È per questo che lei si trova qui.» Bosch rimase di ghiaccio per un attimo e poi annuì lentamente. «Come fa a saperlo?» «Per molto tempo è stato un sospetto... poi è diventata una certezza, basata su delle cose che ho potuto sentire. Alla fine, lui me lo ha detto direttamente. Quando l'ho affrontato, lui lo ha ammesso.» «Cosa le ha detto esattamente?» «Ha detto che è stato un incidente... ma non si strangolano persone per caso. Ha detto che lei lo aveva minacciato, ha detto che avrebbe raccontato alle sue amiche quello che lui... quello che lui e i suoi amici le facevano. Lui ha detto che stava cercando di fermarla, di convincerla a non farlo. Ha detto che la situazione gli è sfuggita di mano.» «Dov'è successo?» «Proprio qui. In questa casa.» «Quando?» Gli fornì la data della denuncia del rapimento di Stacey. Sembrava comprendere la necessità di Bosch di porre delle domande dalla risposta chiara. Bosch stava raccogliendo dati. «Suo marito aveva molestato sessualmente Stacey?» «Sì.» «Ha ammesso anche questo con lei?» «Sì.» Iniziò a piangere, e aprì la borsa per prendere un fazzoletto. Bosch la lasciò fare per qualche minuto. Si chiese se stesse piangendo per il dolore, il senso di colpa o il sollievo di raccontare finalmente la storia. Ritenne che probabilmente era una combinazione di tutte e tre le cose. «Per quanto tempo è stata molestata sua figlia?» chiese infine. Kate Kincaid lasciò cadere il fazzoletto in grembo. «Non lo so. Eravamo sposati da cinque anni prima che... prima che morisse. Non so quando abbia avuto inizio.» «Quando se n'è resa conto?» «Preferisco non rispondere a questa domanda, se non le spiace.» Bosch la osservò. Gli occhi di lei erano abbassati. Quella domanda faceva riaffiorare i suoi rimorsi.
«È importante, signora Kincaid.» «Un giorno è venuta da me.» Prese un fazzoletto pulito dalla borsa per contenere il nuovo torrente di lacrime. «Circa un anno prima... Mi ha detto che lui le faceva delle cose che secondo lei non erano giuste... All'inizio non le ho creduto. Ma ne parlai con lui, comunque. Lui negò, naturalmente. E io gli ho creduto. Pensavo che fosse un problema di adattamento... Sa, con un patrigno... Pensavo che forse era un suo modo di reagire, o qualcosa del genere.» «E dopo?» Lei non rispondeva. Si guardava fissamente le mani. Tirò la borsa in grembo e la strinse. «Signora Kincaid?» «Dopo ci sono state delle cose. Piccolezze. Lei non voleva mai che io uscissi lasciandola sola con lui... ma non voleva dirmi il motivo. Ripensandoci, è ovvio il perché. Ma a quell'epoca non lo era. Una volta lui rimase molto tempo nella stanza di lei per darle la buona notte. Andai a vedere se c'era qualcosa che non andava, e trovai la porta chiusa a chiave.» «Bussò alla porta?» Lei rimase immobile per un lungo istante prima di scuotere il capo in segno di diniego. «Significa no il suo cenno?» Bosch doveva chiederlo, per non lasciare buchi nella registrazione. «Significa no. Non ho bussato.» Bosch decise d'insistere. Sapeva che le madri delle vittime di incesto o molestie sessuali spesso non si rendevano conto di situazioni ovvie e non adottavano i comportamenti necessari per salvare le loro figlie dal pericolo. Adesso Kate Kincaid viveva in un inferno personale, perché la sua decisione di consegnare suo marito - e se stessa - alla pubblica riprovazione e a un processo penale, sarebbe comunque stata una riparazione inadeguata, giunta troppo tardi. Aveva ragione. Un avvocato non l'avrebbe certo potuta aiutare, adesso. Né un avvocato, né nessun altro. «Signora Kincaid, quando ha iniziato a sospettare che suo marito fosse implicato nella morte di sua figlia?» «Durante il processo a Michael Harris. Vede, io credevo che fosse stato lui... Harris. Voglio dire, non riuscivo a credere che la polizia avesse messo delle impronte false su quel libro di scuola. Anche l'avvocato dell'accusa mi aveva rassicurato dicendomi che riuscire in un'impresa simile era alquanto improbabile. Quindi ho creduto alle vostre indagini. Volevo crede-
re. Ma poi, durante il processo, uno dei detective, credo fosse Frank Sheehan, mentre deponeva disse di aver arrestato Michael Harris sul posto di lavoro.» «L'autolavaggio?» «Esatto. Ha detto l'indirizzo e il nome del posto. E in quel momento, mi sono ricordata di essere andata in quello stesso autolavaggio insieme a Stacey. Mi sono ricordata che i suoi libri erano nell'auto. L'ho detto a mio marito, insistendo che avremmo dovuto dirlo a Jim Camp. Era lui la pubblica accusa. Ma Sam mi ha convinto a non farlo. Ha detto che la polizia era certa e che anche lui era certo che fosse Michael Harris l'assassino. Ha detto che se avessi sollevato il problema, la difesa avrebbe usato l'informazione per stravolgere il processo e noi avremmo perso la causa. Mi ha ricordato che Stacey era stata trovata proprio vicino all'appartamento di Harris... Ha detto che probabilmente quel giorno l'aveva notata con me all'autolavaggio e aveva iniziato a seguirci... e a seguire anche la bambina. Mi ha convinto... e io ho lasciato perdere. Non ero ancora sicura che non fosse stato Harris. Così ho fatto quello che mi ha detto mio marito.» «E Harris è stato infine prosciolto.» «Sì.» Bosch fece una pausa di qualche istante, ritenendola necessaria prima della domanda successiva. «Che cosa è cambiato in seguito, signora Kincaid?» domandò infine. «Cosa l'ha spinta a inviare quei messaggi a Howard Elias?» «I miei sospetti non si erano mai dissipati. Poi, un giorno, qualche mese fa, ho sentito parte di una conversazione di mio marito con il suo... il suo amico.» Pronunciò l'ultima parola come se fosse la cosa peggiore che si potesse dire di qualcuno. «D.C. Richter?» «Sì. Pensavano che non fossi in casa, e infatti non avrei dovuto esserci. Dovevo trovarmi a pranzo con alcune amiche al club, al Mountaingate. Solo che ho smesso di uscire a pranzo con le mie amiche dopo che Stacey... be', sa com'è, pranzi e cose simili non m'interessavano più. Così dicevo a mio marito che uscivo a pranzo, mentre in realtà andavo a trovare Stacey. Al cimitero...» «Va bene. Capisco.» «No, non credo che possa capire, detective Bosch.» Bosch annuì.
«Mi scusi. Ha ragione, signora... Continui, signora Kincaid.» «Quel giorno pioveva. Proprio come oggi, una pioggia fitta e triste. Perciò sono rimasta con lei solo pochi minuti e sono tornata a casa in anticipo. Credo che non mi abbiano sentita entrare a causa della pioggia. Ma io li ho sentiti. Erano nel suo ufficio... Nutrivo dei sospetti, e quindi mi sono avvicinata alla porta. Non ho fatto rumore. Sono rimasta fuori dalla porta ad ascoltare.» Bosch si sporse in avanti. Questo era il momento della verità. Tra un istante avrebbe capito quanto fosse affidabile. Dubitava che due uomini coinvolti nell'uccisione di una bambina dodicenne se ne stessero seduti in uno studio a rievocare a chiare lettere l'omicidio compiuto. Se Kate Kincaid avesse dichiarato qualcosa di simile, allora Bosch avrebbe dovuto concludere che mentiva. «Cosa dicevano?» «Non parlavano per frasi chiare. Capisce? Facevano solo dei brevi commenti, delle allusioni. Ma capii che stavano parlando di bambine, di diverse bambine... Era orribile quello che dicevano. Io non avevo idea di quanto fosse organizzato il loro gruppo. Avevo cercato di illudermi che se era successo qualcosa a Stacey, era stata una debolezza personale di mio marito, un istinto contro cui lui lottava. Ma mi sbagliavo. Quegli uomini erano degli stupratori organizzati.» «Quindi lei stava in ascolto alla porta...» disse Bosch cercando di ricondurla sull'argomento. «Non stavano conversando. Era come se stessero... commentando. Da come parlavano capivo che stavano guardando qualcosa. E riuscivo a sentire il computer... la tastiera e altri rumori. In seguito ho acceso il computer, e ho scoperto cosa stavano guardando: erano bambine, di dieci, undici anni...» «Va bene, ci occuperemo del computer tra qualche minuto. Ma ritorniamo a quello che ha sentito. Come mai questi... questi che lei chiama "commenti" l'hanno portata a capire o a scoprire qualcosa su Stacey?» «Perché l'hanno chiamata per nome. Ho sentito Richter dire: "Eccola qui". E poi mio marito ha pronunciato il suo nome. Il modo in cui lo ha detto... quasi con rimpianto e desiderio... non era il modo in cui avrebbe potuto parlare un padre o un patrigno addolorato. Poi sono rimasti in silenzio. Capii che la stavano guardando. Lo sentivo, lo sapevo.» Bosch pensò a quello che aveva visto sullo schermo del computer di Rider la sera prima. Gli riusciva difficile immaginarsi Kincaid e Richter se-
duti insieme nell'ufficio di casa a guardare quelle stesse scene... sebbene con reazioni del tutto diverse dalle sue. «Poi Richter ha chiesto a mio marito se aveva avuto notizie dal detective Sheehan. Mio marito ha chiesto: "Per cosa?" e Richter ha detto "per il compenso che si è guadagnato mettendo le impronte di Harris sul libro di Stacey". Mio marito si è messo a ridere. Ha detto che non c'era da pagare nessun compenso. Poi ha raccontato a Richter quello che gli avevo detto durante il processo, cioè che mi ero ricordata di essere passata all'autolavaggio. Quando ha finito di parlare, entrambi sono scoppiati a ridere e mio marito ha detto, questo lo ricordo chiaramente, ha detto: "È da una vita che ho una fortuna sfacciata"... È stato allora che ho capito: era stato lui.» «E ha deciso di aiutare Howard Elias.» «Sì.» «Perché lui? Perché non è andata alla polizia?» «Perché sapevo che non l'avrebbero mai accusato. I Kincaid sono una famiglia potente. Credono di essere al di sopra della legge, e lo sono. Il padre di mio marito ha infilato bustarelle nelle tasche di tutti i politici di questa città: democratici, repubblicani, non ha importanza. Gli sono tutti debitori. Chiamai Jim Camp e gli chiesi cosa sarebbe successo se avessero trovato un altro sospetto, oltre a Harris, per il rapimento di Stacey. Mi disse che non l'avrebbero mai potuto processare per lo stesso caso. La difesa avrebbe fatto notare che se l'anno prima si era creduto che il colpevole era qualcun altro, non si sarebbe mai potuto procedere con il caso.» Bosch annuì. Sapeva che Kate aveva ragione. Iniziando un processo a carico di Harris si era messo un capello sulla torta per sempre. «Forse è il momento per una pausa di qualche minuto» disse. «Devo fare una telefonata.» Bosch spense il registratore. Tirò fuori il cellulare dalla valigetta e disse a Kate Kincaid che sarebbe andato a controllare l'altra parte della casa mentre telefonava. Attraversando la lussuosa sala da pranzo e poi la cucina, Bosch chiamò il cellulare di Lindell. L'agente FBI rispose immediatamente. Bosch parlò sottovoce, sperando che la sua voce non si sentisse in soggiorno. «Sono Bosch. Si può iniziare. Abbiamo una testimone pronta a collaborare.» «Su nastro?» «Su nastro. Dice che è suo marito ad aver assassinato la figlia.» «E riguardo a Elias?»
«Non ci sono ancora arrivato. Volevo solo dirvi di cominciare.» «Farò girare la notizia.» «Non si è visto nessuno?» «Kincaid non è ancora arrivato.» «E Richter? È coinvolto. Lei sta vuotando il sacco anche su di lui.» «Non siamo certi di dove si trovi. Ma lo troveremo.» «Buona caccia.» Dopo aver chiuso la comunicazione, Bosch rimase sulla soglia della cucina e guardò Kate Kincaid. Gli voltava le spalle e sembrava continuare a fissare il punto dove lui stava seduto davanti a lei. Non si muoveva. «Bene» disse Bosch, rientrando nella stanza. «Posso portarle qualcosa? Un bicchiere d'acqua?» «No, grazie. Sto bene.» Riaccese il registratore e si fece riconoscere nuovamente, enunciando l'argomento dell'interrogatorio. Fornì anche l'ora e la data esatte. «Le sono stati letti i suoi diritti, non è vero, signora Kincaid?» «Sì, lo confermo.» «Vuole continuare a parlare?» «Sì.» «Ha accennato in precedenza che aveva deciso di aiutare Howard Elias. Come mai?» «Aveva presentato un esposto per conto di Michael Harris. Volevo che Michael Harris venisse completamente scagionato. E volevo smascherare mio marito e i suoi amici. Sapevo che probabilmente le autorità non l'avrebbero fatto. Ma sapevo che Howard Elias non faceva parte di quel gruppo. Non si sarebbe fatto comprare dal denaro o dal potere, ma solo dalla verità.» «Ha mai parlato direttamente con l'avvocato Elias?» «No. Temevo che mio marito mi facesse sorvegliare. Dopo quel giorno in cui li ho sentiti, quando ho avuto la certezza che era stato lui, mi sono sentita completamente inorridita. Ho pensato che avesse capito che io avevo tratto delle conclusioni e per questo mi è venuto il sospetto che avesse messo Richter a sorvegliarmi. Richter o altre persone che lavoravano per lui.» Bosch si rese conto che Richter poteva trovarsi nelle vicinanze, poiché non era da escludere che l'avesse pedinata. Lindell aveva inoltre detto che non sapevano dove fosse il capo della sicurezza. Guardò la porta d'ingresso e ricordò di non averla chiusa a chiave.
«Quindi ha mandato a Elias quei messaggi.» «Sì, messaggi anonimi. Volevo smascherare queste persone ma rimanendone fuori... So di essere stata egoista. Mi sono rivelata una madre orribile. E, non so perché, speravo di smascherare dinanzi al mondo questi uomini malvagi ma senza che ciò mi qualificasse a mia volta come una donna cattiva.» Bosch lesse molto dolore nei suoi occhi. Rimase in attesa di veder scorrere di nuovo le lacrime. Ma non arrivarono. «A questo punto mi restano solo poche altre domande» le disse. «Come ha scoperto l'indirizzo della pagina web e il metodo per accedere al sito segreto?» «Sta parlando del sito web di Charlotte? Mio marito non è un uomo molto intelligente, detective Bosch. È ricco, e i soldi conferiscono sempre un'aura di intelligenza. Ma lui aveva scritto la procedura per non doversela ricordare a memoria, e l'ha nascosta dentro la scrivania. Io l'ho trovata, e so come usare un computer. Mi sono collegata a quel... posto orrendo... e là ho visto Stacey.» Niente lacrime. Bosch era stupito. Kate Kincaid aveva fatto scivolare la sua voce in un mormorio piatto e monocorde. Sembrava che stesse leggendo una parte solo per dovere. Ma qualunque impatto la cosa avesse avuto personalmente su di lei, le sue emozioni ora erano segregate altrove, tenute lontane dalla superficie del suo racconto. «Crede che sia suo marito l'adulto che si intravede con Stacey nelle immagini?» «Non so chi possa essere, ma non è mio marito.» «Come può esserne certa?» «Mio marito ha una voglia, una chiazza più chiara sulla schiena. Ho detto che non è molto intelligente, ma lo è abbastanza per non comparire su quel sito web.» Bosch ci rifletté brevemente. Anche se non metteva in dubbio la storia di Kate Kincaid, sapeva anche di aver bisogno di prove tangibili per poter accusare Kincaid. Per lo stesso motivo che aveva impedito a Kate Kincaid di portare la storia davanti alle autorità. Bosch doveva essere in grado di entrare nell'ufficio del procuratore distrettuale con Sam Kincaid rinchiuso solidamente in una gabbia di prove. Al momento aveva soltanto sua moglie che diceva cose terribili sul marito. Il fatto che Kincaid non fosse la persona adulta ripresa insieme alla figliastra nelle immagini del sito web, era un grave colpo all'impalcatura delle prove tangibili. Pensò alle perquisizioni.
In quell'istante alcune squadre stavano sciamando verso l'ufficio e la casa di Kincaid. Bosch sperò che trovassero qualcosa per suffragare la storia della moglie. «Il suo ultimo messaggio a Howard Elias» disse, «l'ha avvertito. Vi è scritto che suo marito sapeva. Voleva dire che suo marito sapeva che qualcuno aveva scoperto il sito web segreto?» «Sì.» «Perché?» «Da come si comportava... Era teso, sospettoso. Mi ha chiesto se avevo usato il suo computer. Per questo mi è venuto in mente che dovevano aver intercettato qualcuno che stava curiosando nel loro sito. Quindi spedii quel messaggio. Ma adesso non sono più così sicura che mio marito avesse scoperto l'identità di Elias.» «Come mai? Eppure Howard Elias è morto assassinato.» «Non sono sicura che l'abbia ucciso mio marito. Me l'avrebbe detto...» «Cosa?» Bosch rimase completamente confuso dalla sua risposta. «Me l'avrebbe detto. Mi ha detto di Stacey, perché non avrebbe dovuto parlarmi anche di Elias? Inoltre il sito è ancora aperto: se avessero sospettato di Elias, l'avrebbero chiuso.» «Forse pensavano che bastasse uccidere l'intruso.» Kate scosse il capo. Ovviamente non la pensava come Bosch. «Continuo a credere che me l'avrebbe detto.» Ancora confuso, Bosch disse: «Aspetti un momento. Sta parlando di quando lo ha affrontato, della discussione che ha menzionato all'inizio di questa deposizione?». Il cercapersone di Bosch suonò, e lui lo fece tacere senza distogliere lo sguardo da Kate Kincaid. «Sì.» «Be', quando è avvenuta quella discussione?» «La notte scorsa.» «La notte scorsa?!» Bosch rimase allibito. Lui pensava che la discussione di cui lei aveva parlato fosse avvenuta settimane o addirittura mesi prima. «Sì. Dopo che ve ne siete andati. Dalle vostre domande ho capito che probabilmente avevate trovato i miei messaggi inviati a Howard Elias. Ho capito dunque che avreste trovato il sito di Charlotte: era solo questione di tempo.»
Bosch guardò il suo cercapersone. Il numero era quello del cellulare di Lindell. Il codice d'emergenza 911 era visibile sul piccolo lettore. Alzò nuovamente lo sguardo verso Kate Kincaid. «Così, finalmente ho trovato il coraggio che cercavo da mesi, da anni. Ho deciso di parlargli. E lui mi ha riso in faccia. Mi ha chiesto perché mi preoccupassi tanto, visto che non mi ero preoccupata di Stacey da viva...» In quel momento il cellulare di Bosch iniziò a squillare dentro la valigetta. Kate Kincaid si alzò lentamente. «La lascio parlare in privato.» Bosch la guardò mentre raccoglieva la borsa per poi attraversare il corridoio che portava alla camera da letto della figlia morta. Bosch armeggiò con la chiusura della valigetta, e con affanno riuscì ad aprirla per prendere il telefono. Era Lindell. «Sono nella casa» disse l'agente FBI, con la voce tesa dall'adrenalina e dall'agitazione. «Kincaid e Richter sono qui. Non è un bello spettacolo.» «Racconta.» «Sono morti. E non sembra che se ne siano andati in modo tranquillo. Impiombati alle ginocchia, e hanno sparato a entrambi alle palle... Sei ancora con la moglie?» Bosch guardò verso il corridoio. «Sì.» Proprio mentre lo diceva sentì un singolo scoppio soffocato provenire dal corridoio. Sapeva di cosa si trattava. «Faresti meglio a portarla qui» disse Lindell. «D'accordo.» Bosch chiuse il cellulare e lo rimise nella valigetta, gli occhi sempre fissi verso il corridoio. «Signora Kincaid?» Non ebbe risposta. Si sentiva solo lo scrosciare della pioggia. 32 Quando a Brentwood la scena venne sgombrata e lui poté risalire la collina fino a The Summit, Bosch si accorse che erano quasi le due. Per la strada, mentre guidava sotto la pioggia, riuscì a pensare solo al volto di Kate Kincaid. Era arrivato nella stanza di Stacey meno di dieci secondi dopo aver sentito il colpo, ma era già morta. Aveva usato una calibro ventidue. Si era messa la canna in bocca, sparando il proiettile dritto nel cer-
vello. Morte istantanea. Il rinculo della pistola aveva scalzato l'arma dalla sua bocca facendola cadere sul pavimento. Come spesso accadeva con le calibro ventidue, non c'era foro d'uscita. Lei sembrava stesse dormendo. Si era avvolta nei lenzuolo rosa di sua figlia. Kate Kincaid pareva essere tranquilla nella morte. Nessun impresario di pompe funebri avrebbe potuto migliorarne la serena espressione del volto. C'erano molti furgoni e automobili fermi davanti alla residenza Kincaid. Bosch fu costretto a parcheggiare talmente lontano che quando raggiunse l'ingresso il suo impermeabile era completamente fradicio. Lindell lo aspettava. «È andato a finire tutto in merda» disse l'agente FBI come saluto. «Già.» «Ce lo saremmo dovuto aspettare?» «Non lo so. Non si può mai dire quello che la gente è capace di fare.» «Come procedeva a Brentwood quando te ne sei andato?» «Il coroner e la scientifica sono ancora là. Con un paio di duri della Rapine-Omicidi... se ne stanno occupando loro.» Lindell annuì. «Io ho visto quello che dovevo vedere. Mostrami che cosa avete qui» disse Bosch. Entrarono in casa e Lindell lo condusse fino all'enorme soggiorno dove Bosch aveva incontrato i Kincaid il pomeriggio prima. Vide i corpi. Sam Kincaid occupava lo stesso posto sul divano dove Bosch l'aveva visto l'ultima volta. D.C. Richter era steso sul pavimento sotto la vetrata che affacciava sulla Valle. Adesso non c'era più la veduta aerea. Fuori era tutto grigio. Il corpo di Richter era immerso in una pozza di sangue, mentre il sangue di Kincaid aveva impregnato la stoffa che ricopriva il divano. C'erano parecchi tecnici della scientifica nella stanza e stavano preparando delle luci. Bosch vide che targhette di plastica numerate erano distribuite nei punti dove avevano ritrovato i bossoli calibro 22, sparsi sul pavimento o sui mobili. «Hai lasciato la ventidue a Brentwood, vero?» «Sì, è l'arma che ha usato la signora Kincaid.» «Non hai pensato di perquisirla prima di incominciare a parlare?» Bosch guardò l'agente FBI e scosse il capo, leggermente infastidito. «Stai scherzando? Era un colloquio spontaneo. Forse non ne avete mai fatti al Bureau, ma la regola numero uno è di non far sentire il soggetto come un sospetto ancora prima di cominciare. Non l'ho perquisita e sareb-
be stato un errore se...» «Lo so, lo so. Scusa per quello che ho detto. È solo che...» Non completò la frase ma Bosch sapeva cosa voleva dire. Decise di cambiare argomento. «Il vecchio si è fatto vedere?» «Jack Kincaid? No, qualcuno dei nostri è andato ad avvisarlo. Ho sentito dire che non l'ha presa bene per niente. Sta chiamando tutti i politici a cui ha passato bustarelle. Forse pretende che il consiglio municipale o il sindaco gli riportino in vita il figlio.» «Sapeva che razza di figlio aveva?! Probabilmente l'ha sempre saputo, ed è per questo che sta chiamando i grossi calibri: non vuole che salti fuori.» «Sì, be', questo lo vedremo. Abbiamo già trovato videocamere digitali e attrezzature per il montaggio. Riusciremo a collegarlo alla rete di Charlotte. Ne sono sicuro.» «Non ha importanza. Dov'è il capo, Irving?» «Sta arrivando.» Bosch annuì. Si avvicinò al divano e si piegò, con le mani sulle ginocchia, per osservare da vicino lo zar dell'auto da morto. Gli occhi erano aperti e la mandibola bloccata in un'ultima smorfia. Lindell aveva ragione nel dire che non era stata una morte facile. Pensò all'espressione di Kincaid paragonata a quella di sua moglie: non c'era paragone. «Come pensi che sia andata?» chiese a Lindell. «Come ha fatto a beccarli tutti e due?» Continuò a fissare il corpo mentre Lindell rispondeva. «Be', se spari a un uomo nelle palle diventa abbastanza docile. Dal sangue che hanno addosso, direi che prima li ha colpiti lì. Una volta superato quel punto, credo che lei avesse la situazione sotto controllo.» Bosch annuì. «Richter non era armato?» chiese a Lindell. «No.» «Nessuno ha trovato una nove millimetri qui intorno?» «No, non ancora.» Lindell lanciò a Bosch un'altra occhiata del tipo abbiamo cannato. «Quella nove ci serve» aggiunse in tono fermo Bosch. «La signora Kincaid è riuscita a fargli confessare quello che avevano fatto con la bambina, ma non hanno parlato di Elias. Dobbiamo trovare quella nove millimetri per collegarli al duplice delitto e chiudere il caso.»
«Be', stiamo cercando. Se qualcuno trova quella nove millimetri, saremo i primi a saperlo.» «Hai degli agenti che si occupano della casa di Richter, dell'ufficio e dell'auto? Sono sempre persuaso che sia lui il nostro tiratore scelto della funicolare.» «Sì, ci stiamo lavorando, ma non farti illusioni.» Bosch cercò di decodificare l'espressione dell'agente FBI ma non ci riuscì. Capiva che non gli stava dicendo tutto. «Cosa c'è?» «Edgar ha ricevuto la sua scheda dall'accademia di polizia questa mattina.» «Già. All'epoca gli era andata storta. Come mai?» «È saltato fuori che il tipo era cieco da un occhio. L'occhio sinistro. Stava cercando di andare avanti senza che nessuno lo notasse. È andato tutto bene fino al corso di tiro. Sparava di merda al poligono. L'hanno scoperto per questo. Poi l'hanno scaricato.» Bosch annuì. Ripensò all'abilità di colui che aveva sparato ad Angels Flight e comprese che questa nuova informazione su Richter cambiava la situazione. Era improbabile che Richter fosse l'assassino. I suoi pensieri vennero interrotti dal ruggito sordo di un elicottero. Alzò lo sguardo verso le finestre e vide un elicottero di Channel Four che si stava abbassando per librarsi a poca distanza dalla casa, a circa cinquanta metri di distanza. Bosch, osservandolo sotto la pioggia, riuscì a distinguere a malapena l'operatore televisivo affacciato al portello aperto dell'elicottero. «Fottuti avvoltoi» disse Lindell. «Neanche la pioggia li tiene a terra.» Lindell si avviò verso la porta dove svettava un pannello con interruttori della luce e altri comandi elettronici. Spinse un pulsante rotondo e continuò a tenerlo premuto. Bosch udì il ronzio di un motore elettrico e rimase a osservare mentre serrande automatiche scendevano a oscurare le finestre. «Non possono avvicinarsi via terra» disse Bosch. «A causa dei cancelli. Quindi la via aerea è la loro unica possibilità.» «Vediamo cosa riescono a fare adesso.» Bosch guardò nuovamente i cadaveri. A giudicare dal colore e dall'odore che già cominciava a impregnare l'ambiente, calcolò che i due fossero morti da un bel po' di ore. Si chiese se ciò significasse che Kate Kincaid era rimasta in casa per tutto quel tempo con i cadaveri oppure se era andata a Brentwood per passarvi la notte nel letto di sua figlia. Scelse la seconda ipotesi.
«Qualcuno ha già stabilito un'ora per il decesso?» chiese a Lindell. «Sì. Il coroner fissa l'ora della morte nella tarda serata di ieri, fra le nove e mezzanotte. Ha detto che a giudicare dalla perdita di sangue potrebbero essere rimasti in vita per un paio d'ore fra il primo proiettile e l'ultimo. Si direbbe che lei volesse delle informazioni da loro, ma loro non volevano dirgliele... all'inizio.» «Suo marito ha parlato. Richter non so... probabilmente a lei non interessava granché. Ma suo marito le ha detto tutto di Stacey. Solo allora, credo, gli ha dato il colpo di grazia. Li ha finiti entrambi. Ma non era suo marito quello con la bambina nelle immagini sul sito web. Dovresti dire al coroner di scattare delle foto alla schiena di Richter e di fare un controllo. Forse era lui quello delle immagini porno.» Lindell indicò i corpi. «D'accordo. E allora, cosa ne pensi? Ha fatto tutto questo la notte scorsa e poi cosa, è andata a letto?» «Probabilmente no. Credo che lei abbia passato la notte nella casa di Brentwood. Nel sopralluogo mi è sembrato che qualcuno avesse dormito nel letto della bambina. Lei doveva vedermi e raccontarmi la storia prima di poter completare il suo piano.» «Con il suo suicidio come finale.» «Esatto.» «Roba pesante.» «Vivere con il fantasma di sua figlia, era troppo pesante. Il suicidio è stata la scelta più facile.» «Continuo a pensare a Sheehan, amico, e ho un'idea fissa... Voglio dire, quanto doveva essere pesante per lui, per fare una cosa simile?» «Tu spera solo di non arrivarci mai. Dove sono i miei partner?» «In fondo al corridoio, nell'ufficio. Se ne stanno occupando loro.» «Mi trovi lì.» Bosch lasciò Lindell e si avviò lungo il corridoio verso l'ufficio. Edgar e Rider stavano perquisendo in silenzio. Gli oggetti che volevano portare via erano accatastati sulla scrivania. Bosch fece un cenno di saluto e loro risposero nello stesso modo. Adesso una calma irreale aleggiava su tutta l'indagine. Non ci sarebbe stata nessuna accusa, nessun processo. Sarebbe toccato a loro spiegare cos'era accaduto. E tutti sapevano che i media si sarebbero mostrati scettici, e che il pubblico poteva perfino rifiutarsi di credere loro. Bosch si avvicinò alla scrivania. C'era un mucchio di attrezzature infor-
matiche collegabili con cavi. C'erano scatole di CD utilizzati per immagazzinare i dati. C'erano una piccola videocamera e una consolle di montaggio. «Abbiamo molta roba, Harry» disse Rider. «L'avremmo potuto inchiodare per la rete di pedofilia. Ha un lettore Zip con tutte le immagini del sito web segreto. Ha questa videocamera... pensiamo che sia quella usata per registrare i video con Stacey.» Rider, con le mani protette da guanti, sollevò la videocamera per mostrargliela. «È digitale. Registri il film, colleghi la telecamera a questo spinotto e scarichi quello che vuoi. Poi lo trasferisci su computer e lo immetti in rete, sulla rete dei pedofili. Tutto dall'intimità della tua casa. È letteralmente facile come...» Non completò la frase. Bosch si girò per vedere cosa l'avesse interrotta, e vide il vicecapo Irving in piedi sulla soglia dell'ufficio. Alle sue spalle c'erano Lindell e l'aiutante di Irving, il tenente Tulin. Irving entrò e passò il suo impermeabile bagnato a Tulin. Gli disse di prenderlo e di andare ad aspettare in un'altra stanza. «Quale stanza, capo?» «Una qualunque.» Irving chiuse la porta non appena Tulin l'ebbe oltrepassata. Nell'ufficio rimanevano Irving, Lindell e la squadra di Bosch. Bosch aveva già una mezza idea di quello che stava per succedere. Era il momento del compromesso. L'indagine stava per essere rimescolata, i comunicati pubblici sarebbero stati elaborati sulla base di ciò che risultava più utile al dipartimento, non alla verità. Bosch incrociò le braccia e rimase in attesa. «Voglio che finiate adesso» disse Irving. «Prendete quello che avete trovato e andatevene.» «Capo» disse Rider, «dobbiamo occuparci ancora di quasi tutta la casa.» «Non m'interessa. Voglio che i corpi vengano rimossi e poi voglio che anche la polizia sloggi.» «Signore» insistette Rider, «non abbiamo ancora trovato l'arma. Ci serve l'arma per...» «Non la troverete.» Irving fece qualche altro passo nella stanza. Si guardò intorno e il suo sguardo si fermò solo quando trovò il viso di Bosch. «Ho commesso un errore ad ascoltarla. Spero che la città non debba pagarne le conseguenze.»
Bosch attese un istante prima di rispondere. Irving non gli tolse mai gli occhi di dosso. «Capo, so che lei sta pensando in... termini politici a questa faccenda. Ma dobbiamo continuare a perquisire la casa e gli altri luoghi collegati ai Kincaid. Dobbiamo trovare l'arma per poter dimostrare che...» «Le ho appena detto che non troverete l'arma. Non qui e in nessun altro posto collegato ai Kincaid. Tutto questo, detective, è stato un diversivo. Un diversivo che ha provocato tre morti.» Bosch non capiva cosa stesse succedendo e si mise sulla difensiva. Indicò il materiale sulla scrivania. «Non lo definirei un diversivo. Kincaid era coinvolto in un importante giro di pedofilia e noi...» «Il suo compito era Angels Flight. Ovviamente le ho concesso troppa libertà, ed ecco dove siamo arrivati.» «Questo è Angels Flight. Per questo ci serve l'arma. Collegherà tutto quanto a...» «Maledizione, abbiamo già l'arma! L'abbiamo già da ventiquattr'ore! Avevamo anche il killer. L'avevamo! L'abbiamo lasciato andare e non lo avremo mai più.» Bosch poté soltanto restare a fissarlo. Il volto di Irving si era imporporato per l'ira. «L'analisi balistica è stata completata meno di un'ora fa» disse Irving. «I tre proiettili estratti dal corpo di Howard Elias sono risultati identici senza ombra di dubbio ai proiettili esplosi nel laboratorio di balistica dalla pistola nove millimetri Smith and Wesson del detective Francis Sheehan. È stato il detective Sheehan a uccidere quelle persone sulla vettura della funicolare. Fine della storia. Alcuni di noi credevano in questa possibilità, ma sono stati convinti altrimenti. Quella possibilità adesso si è dimostrata un fatto, ma il detective Sheehan è ormai uscito di scena.» Bosch rimase senza parole e dovette faticare per impedirsi di restare a bocca aperta. «Lei» riuscì a dire «sta facendo questo per il vecchio: per Kincaid. Lei sta...» Rider prese Bosch per un braccio nel tentativo d'impedirgli di seppellire sul posto la propria carriera. Bosch si liberò dalla stretta e indicò in direzione del salotto, dove si trovavano i corpi. «...Lei sta vendendo uno dei suoi uomini per proteggere quella merda. Come può farlo? Come può stringere un accordo simile con loro? E con se
stesso?» «Lei si SBAGLIA!» gli urlò contro Irving. Poi, più pacato, aggiunse: «Si sbaglia, e potrei distruggerla per quello che ha appena detto». Bosch non replicò. Continuò a sostenere lo sguardo del vicecapo. «Questa città si aspetta che venga fatta giustizia per Howard Elias» disse Irving. «E per la donna uccisa insieme a lui. E lei ce lo ha impedito, detective Bosch. Lei ha concesso a Sheehan la via di fuga dei codardi. Lei ha privato la popolazione della sua giustizia e la città non ne sarà felice. Che il cielo ci aiuti.» 33 Il piano consisteva nel convocare subito la conferenza stampa, mentre la pioggia continuava a cadere, in modo da usarla come strumento per tenere la gente - la gente infuriata - lontana dalle strade. Tutta la squadra investigativa venne radunata e allineata lungo la parete dietro il palco. Il capo della polizia e Gilbert Spencer dell'FBI si sarebbero occupati delle spiegazioni e avrebbero risposto alle domande dei giornalisti. Questa era una procedura operativa standard in situazioni estremamente delicate. Il capo e Spencer sapevano poco più di quello che era stampato sul comunicato stampa. Quindi, le domande sui dettagli dell'indagine avrebbero potuto essere schivate facilmente con risposte tipo Non ne siamo a conoscenza o Non ci risulta. O'Rourke, dell'ufficio preposto ai rapporti con la stampa, si occupò della fase di riscaldamento, ricordando alla folla di reporter di comportarsi civilmente e che la conferenza sarebbe stata breve, con ulteriori informazioni nei giorni a seguire. Poi annunciò il capo della polizia, che prese posto dietro i microfoni per leggere un comunicato preparato con la massima cura. «Durante il mio breve mandato di capo della polizia ho avuto la responsabilità di presiedere ai funerali di agenti di polizia caduti nell'adempimento del loro dovere. Ho confortato madri che hanno perso i loro figli a causa della violenza insensata che talvolta percorre questa nostra città. Ma il mio cuore non è mai stato più addolorato di oggi. Devo annunciare alla popolazione di questa grande città che sappiamo chi ha ucciso Howard Elias e Catalina Perez. Ed è con grande, profondo dolore che devo informarvi che si tratta di un membro di questo dipartimento. Oggi stesso, i test e le analisi balistiche hanno identificato i proiettili che hanno ucciso Howard Elias e Catalina Perez come provenienti dall'arma di servizio utilizzata dal detec-
tive Francis Sheehan della Divisione Rapine-Omicidi.» Bosch osservò il mare di volti dei reporter e vide meraviglia su molti di essi. La notizia li costrinse a una pausa, perché anche loro erano consapevoli delle conseguenze sociali di quella dichiarazione. La notizia era il fiammifero, loro erano la benzina. Probabilmente la pioggia non sarebbe bastata a spegnere l'incendio che covava sotto la superficie. Un paio di reporter, probabilmente di qualche agenzia stampa, si fecero strada fra la folla in piedi nella sala e uscirono dalla porta per essere i primi ad annunciare la notizia. Il capo della polizia continuò. «Come molti di voi sanno, Sheehan era uno dei molti agenti citati in giudizio da Howard Elias nella causa intentata da Michael Harris. Gli investigatori incaricati dell'indagine ritengono che Sheehan possa essere stato sopraffatto dal risentimento relativo al caso e dalla delusione per il recente fallimento del suo matrimonio. È possibile che fosse diventato mentalmente instabile. Ma questo non lo sapremo mai, poiché il detective Sheehan si è tolto la vita la scorsa notte, avendo ormai capito che era solo una questione di ore prima che fosse scoperto. Quando si è a capo della polizia, la prima speranza è di non dover mai fare un annuncio simile. Ma questo dipartimento non vuole nascondere nulla ai cittadini. Ciò che è marcio deve essere espulso perché si possa celebrare a ragione ciò che è buono. So che le ottomila valide persone di questo dipartimento sono unite a me nel chiedere perdono alle famiglie delle due vittime, come pure a ogni cittadino di questa città. E chiediamo che i buoni cittadini a loro volta reagiscano in modo responsabile e calmo a questo improvviso e terribile colpo di scena. Ora, ho altri annunci da fare, ma se ci sono domande relative a questa indagine vedrò di rispondere nel modo più esauriente possibile.» Immediatamente si levò un coro di urla incomprensibili e il capo si limitò a indicare uno dei reporter in prima fila. Bosch non riuscì a riconoscerlo. «Come e quando si è ucciso Sheehan?» «Era a casa di un amico la notte scorsa. Si è sparato. La sua arma di servizio era stata confiscata per l'esame balistico. Ha usato un'altra arma, la cui provenienza è ancora oggetto di accertamenti. Gli investigatori erano convinti che non avesse a sua disposizione un'arma. Ovviamente si sono sbagliati.» Il coro cacofonico ricominciò nuovamente ma fece da sottofondo alla voce tonante di Harvey Button. La sua domanda fu chiara e richiedeva una risposta altrettanto esplicita.
«Perché quest'uomo era libero? Ieri era un sospetto. Perché è stato rilasciato?» Il capo guardò Button per un lungo istante prima di rispondere. «Ha appena risposto lei stesso. Era un indagato, ma non era in stato di arresto. Eravamo in attesa dei risultati dell'esame balistico, e al momento non c'erano motivi di trattenerlo. Allora non avevamo prove da esibire per imputarlo dell'omicidio. Abbiamo ottenuto le prove con il rapporto balistico. Certo, le abbiamo ottenute troppo tardi.» «Capo, sappiamo tutti che la polizia può trattenere i sospetti per quarantotto ore prima di formalizzare l'accusa. Perché il detective Sheehan non è stato trattenuto in custodia cautelare?» «Francamente, perché ci stavamo occupando anche di altre piste d'indagine. Non era il principale sospetto. Era uno dei molti che stavamo controllando. Non abbiamo ritenuto che ci fosse necessità di trattenerlo. Aveva risposto in modo soddisfacente alle nostre domande, era un membro di questo dipartimento e credevamo che non si sarebbe sottratto al nostro controllo. Non pensavamo certo che avesse tendenze suicide.» «Un chiarimento» urlò Button sopra il frastuono. «Sta dicendo che il suo stato di agente di polizia gli conferiva il privilegio di essere rilasciato per poter andare a casa e uccidersi?» «No, signor Button, non è quello che ho detto. Sto dicendo che non abbiamo saputo con certezza che l'omicida era lui, finché non è stato troppo tardi. L'abbiamo scoperto oggi. Lui è stato rilasciato e si è ucciso ieri sera.» «Se fosse stato un normale cittadino - diciamo una persona di colore come Michael Harris - avrebbe potuto tornarsene a casa?» «Non è mia abitudine rispondere a domande tendenziose.» Il capo sollevò le mani per interrompere le urla degli altri reporter. «Ho altri comunicati.» I reporter continuarono a urlare domande e O'Rourke si fece avanti urlando più forte di loro e minacciando di porre fine alla conferenza stampa e di sgomberare la stanza se non fosse ritornata la calma. Fu sufficiente. Il capo continuò. «Questo comunicato è indirettamente collegato agli eventi che ho appena citato. Ho il triste compito di annunciare anche il decesso di Sam Kincaid, Kate Kincaid e Donald Charles Richter, un addetto alla sicurezza che lavorava per i Kincaid.» Continuò a leggere da un altro foglio la descrizione del doppio omicidio
e suicidio, dipingendo gli avvenimenti come frutto di una disperata Kate Kincaid, che si era lasciata sopraffare dall'angoscia crescente per aver perso la figlia. Non vennero menzionati gli abusi sessuali compiuti dal patrigno sulla bambina, né la sua pedofilia, né il suo coinvolgimento in un sito web segreto dedicato a tale perversione. Non si parlò nemmeno dell'indagine in corso su quel sito da parte dell'FBI e della squadra del dipartimento addetta alle truffe informatiche. Bosch sapeva che era già calata la censura del vecchio. Il primo zar dell'auto tornava all'opera, tirava i suoi fili per salvare il nome della famiglia. Bosch pensò che in tutta la città si stavano mettendo sul tappeto i molti debiti contratti con il vecchio Kincaid. Jackson Kincaid non avrebbe lasciato che la reputazione di suo figlio venisse distrutta... insieme alla sua. Gli sarebbe costato troppo negli affari. Quando il capo ebbe finito di leggere il comunicato, toccò alle domande. «Se era sconvolta, perché uccidere proprio suo marito?» chiese Keisha Russell del L.A Times. «Questo non lo sapremo mai.» «E l'uomo della sicurezza, Richter? Perché avrebbe dovuto uccidere anche lui se era qualcosa che riguardava sua figlia?» «Anche a questo proposito non siamo sicuri. Stiamo indagando sulla possibilità che si trovasse in casa o vi stesse passando quando la signora Kincaid ha estratto la pistola. Ci sono molte probabilità che entrambi gli uomini siano stati uccisi nel tentativo di fermare la signora Kincaid, risoluta a suicidarsi. Poi ha lasciato la casa e si è recata alla loro abitazione precedente, dove la coppia aveva vissuto con la figlia. Si è uccisa nel letto della figlia. È una situazione molto triste, e i nostri cuori sono accanto alla famiglia e agli amici dei Kincaid.» Bosch era disgustato. Si trattenne a stento dallo scrollare apertamente il capo. Si ricordò che si trovava contro la parete dietro al capo, dove un simile gesto sarebbe stato visto e immortalato dalle telecamere e dai reporter. «Bene, se non c'è altro, vorrei chiedervi di...» «Capo» l'interruppe Button. «L'ispettrice generale Carla Entrenkin ha convocato una conferenza stampa nell'ufficio di Howard Elias tra un'ora. Può anticiparci qualcosa e ha qualche commento al riguardo?» «No. L'ispettrice Entrenkin opera indipendentemente dal nostro dipartimento. Non deve rispondere a me e quindi non ho idea di quello che dirà.» Dal tono di voce del capo era chiaro che secondo lui Carla Entrenkin
non avrebbe detto qualcosa di positivo sul dipartimento. «Ora vorrei concludere» disse il capo. «Ma prima, voglio ringraziare l'FBI e in particolare l'agente speciale Spencer per l'aiuto fornito. Se è possibile trovare conforto in tale triste situazione, è che i cittadini di questa comunità possono essere certi che il dipartimento è deciso a eliminare le mele marce, ovunque si trovino. Questo dipartimento è pronto a riconoscere e accettare la responsabilità per le azioni dei suoi membri senza falsità, qualunque sia il costo per il nostro orgoglio e la nostra reputazione. Spero che i cittadini di Los Angeles si ricordino di questo e che accettino le mie più sincere scuse. Spero che i cittadini di Los Angeles si comportino con calma e responsabilità di fronte a questi eventi.» Le sue ultime parole vennero sovrastate dal rumore di sedie e attrezzature, poiché i reporter cominciavano ad alzarsi in massa per dirigersi verso l'uscita. C'era una storia da scrivere e un'altra conferenza stampa da seguire. «Detective Bosch.» Bosch si voltò. Irving gli si era avvicinato. «Problemi sui nostri comunicati? Qualche problema per lei, o per la sua squadra?» Bosch studiò il volto del vicecapo. Le implicazioni erano chiare. Fai delle dichiarazioni e la tua barca farà acqua e affonderà... e potresti trascinare degli altri insieme a te. Tacere e sopravvivere: il motto della compagnia. Avrebbero dovuto scrivere quello sulla fiancata delle auto della polizia, altro che Per proteggere e servire. Bosch scosse lentamente la testa, anche se ciò che voleva fare era stringere le mani attorno al collo di Irving. «No, nessun problema» disse con la mascella irrigidita. Irving annuì e comprese che era il momento di allontanarsi. Bosch vide che l'uscita era sgombra e si diresse in quella direzione, con il capo chino. Si sentiva lontano. Sua moglie, il suo vecchio amico, la sua città: tutto e tutti gli erano estranei. E con quella sensazione di solitudine iniziò a comprendere cosa avevano pensato Kate Kincaid e Frankie Sheehan alla fine della loro vita. 34 Bosch era tornato a casa per vedersi tutto lo spettacolo in televisione. Dopo aver appoggiato la macchina da scrivere portatile sul tavolino, co-
minciò a battere - usando due sole dita come d'abitudine - gli ultimi rapporti sull'indagine. Sapeva che avrebbe potuto darli a Rider, la quale li avrebbe completati in un decimo del tempo sul suo portatile, ma Bosch voleva scrivere il riepilogo del caso da solo. Aveva deciso di scrivere esattamente quello che era successo... tutto quanto, senza proteggere nessuno, né la famiglia Kincaid né se stesso. Avrebbe consegnato il rapporto finale a Irving, e se il vicecapo voleva riscriverlo, modificarlo o stracciarlo, allora gli sarebbe toccato farlo di persona. Bosch sentiva che, raccontando esattamente cos'era successo e mettendolo per iscritto, difendeva un'ultima postazione di onestà in quella brutta storia. Smise di battere e guardò il televisore: il notiziario aveva finito i servizi sugli sporadici tumulti e atti di violenza delle ultime ore, e cominciava a riassumere gli eventi del giorno. Vennero trasmessi ampi frammenti della conferenza stampa... Bosch si vide sullo schermo, ripreso in piedi contro la parete, alle spalle del capo della polizia, con un'espressione sul volto che smentiva già da sé tutto quanto veniva proclamato dal podio. Poi il notiziario si spostò sulla conferenza stampa di Carla Entrenkin nell'atrio del Bradbury. Carla Entrenkin annunciava le sue immediate dimissioni dalla carica di ispettore generale, poiché, dopo essersi accordata con la vedova di Howard Elias, sarebbe stata lei stessa a rilevare l'ufficio legale dell'avvocato ucciso. «Credo che questo nuovo ruolo mi permetterà di ottenere i massimi risultati nella battaglia di riforma del dipartimento di polizia di questa città e nella lotta per sradicarne le piante malate» disse. «Proseguire l'opera di Howard Elias sarà un onore, oltre che una sfida.» Quando venne interrogata dai reporter sul "caso Black Warrior", Carla Entrenkin disse che aveva intenzione di riprendere il caso con il minor ritardo possibile. Quella stessa mattina avrebbe chiesto al giudice di fissare l'inizio del processo per il lunedì seguente. Per quel giorno contava di essersi preparata a sufficienza sugli aspetti intricati del caso e sulla strategia che Howard Elias aveva intenzione di seguire nel dibattimento. Quando un reporter suggerì che alla luce degli ultimi sviluppi le parti avrebbero probabilmente cercato di accordarsi al più presto sul caso, Carla Entrenkin scrollò il capo. «Come Howard, non ho intenzione di raggiungere alcun compromesso su questa causa» disse, fissando le telecamere. «Questa causa merita la massima trasparenza pubblica. Andremo avanti fino al processo.» Splendido, pensò Bosch mentre il notiziario finiva. Non poteva piovere
per sempre. Se pure adesso si riusciva a evitare una sommossa generale, Carla I'mthinkin' di certo ne avrebbe fatta scoppiare una la settimana dopo. La trasmissione passò a un servizio sulle reazioni dei capi della comunità di colore alle novità della giornata. Quando Bosch vide il reverendo Preston Tuggins comparire sullo schermo, prese il telecomando e cambiò canale. Vide alcuni servizi su una pacifica veglia con candele su altri due canali, e il consigliere Royal Sparks su un terzo canale. Infine trovò un notiziario che mostrava immagini da un elicottero all'incrocio tra Florence e Normandie. Lo stesso posto in cui i tumulti del 1992 erano esplosi era affollato da una massa di manifestanti. La dimostrazione - se si poteva definirla in questo modo - era pacifica, ma Bosch sapeva che ormai era solo questione di tempo. La pioggia e il calare della sera non avrebbero trattenuto la rabbia. Pensò a quello che gli aveva detto Carla Entrenkin sulla rabbia e la violenza che colmavano il vuoto quando veniva tolta la speranza. Pensò al vuoto dentro di sé e si chiese con che cosa l'avrebbe riempito. Abbassò il volume della televisione e tornò alla battitura del rapporto. Quando ebbe finito, lo estrasse dalla macchina da scrivere e lo mise in una cartella. L'avrebbe consegnato alla prima occasione, il mattino dopo. Con la fine dell'indagine, lui e i suoi partner erano stati assegnati al servizio dodici-dodici come chiunque altro nel dipartimento. Il giorno dopo dovevano presentarsi in uniforme alle sei di mattina al centro di comando del South Bureau. Avrebbero probabilmente passato i prossimi giorni sulle strade, controllando la zona di guerra in pattuglie di otto uomini distribuiti su due auto. Bosch decise di andare a controllare le condizioni della sua uniforme nell'armadio. Non l'indossava da cinque anni... dai tempi del terremoto e dell'ultimo piano di emergenza del dipartimento. Mentre l'estraeva dall'involucro in plastica il telefono squillò e Bosch si affrettò a rispondere, sperando che fosse Eleanor che lo chiamava da un luogo sicuro per dire che stava bene e tutto era a posto. Prese il telefono dal comodino e si sedette sul letto. Ma non era Eleanor: era Carla Entrenkin. «Lei ha le mie pratiche» disse. «Cosa?» «Le pratiche. Sul "caso Black Warrior". Mi occupo io ora del caso. Mi servono le pratiche.» «Ah, giusto. Sì, l'ho appena sentito in TV.» Ci fu un silenzio che mise Bosch a disagio. C'era qualcosa in quella donna che a Bosch piaceva, anche se non gli sembrava interessante la sua
nuova missione. «Credo che sia stata una buona mossa» disse infine lui. «Rilevare i suoi casi. Ha deciso così insieme alla vedova?» «Sì. E... no, non le ho detto di Howard e me, ma era già tutto abbastanza difficile per lei.» «Molto nobile da parte sua.» «Detective...» «Cosa?» «Niente. È che certe volte non la capisco.» «Si unisca al club.» Ancora silenzio. «Ho qui le pratiche. Tutto il pacco. Stavo battendo il rapporto finale. Metterò tutto insieme e cercherò di portarle giù domani. Ma non posso prometterlo... sono di pattuglia finché la situazione non si calmerà nel South Side.» «Veda lei, appena può...» «Rileverà anche il suo studio? Devo portare lì tutto il materiale?» «Sì, è così che abbiamo deciso. Qui andrebbe benissimo.» Bosch annuì, ma sapeva che lei non poteva vederlo. «Be'» disse Bosch. «Grazie per il suo aiuto. Non so se Irving le ha già detto qualcosa, ma la pista di Sheehan è emersa dalle pratiche, da uno dei vecchi casi. Credo che ne abbia già sentito parlare.» «A dire il vero... no. Ma la ringrazio, detective Bosch. Però sono curiosa riguardo a Sheehan: era il suo vecchio partner...» «Sì. Lo era.» «Tutto questo le sembra plausibile? Prima uccidere Howard e poi se stesso? Anche quella donna sul treno?» «Se me l'avesse chiesto ieri avrei risposto di no, nemmeno come una possibilità su un milione. Ma oggi non credo di riuscire a capire nemmeno me stesso, figuriamoci gli altri. Noi abbiamo un modo di dire quando non riusciamo a spiegare qualcosa: le prove sono quello che sono? Accontentiamoci.» Bosch si allungò sul letto e fissò il soffitto. Tenne il telefono accostato all'orecchio. Dopo una lunga pausa parlò Carla. «Ma ci potrebbe essere un'altra interpretazione delle prove.» Lo disse lentamente, in tono chiaro. Era un avvocato, sapeva scegliere con cura le parole. «Cosa vuole dire, ispettrice?»
«Soltanto Carla, adesso.» «Cosa vuole dire, Carla? Cosa mi sta chiedendo?» «Deve capire: ora il mio compito è diverso. Sono vincolata dall'etica del rapporto avvocato-cliente. Michael Harris adesso è mio cliente in una causa contro il suo datore di lavoro e vari suoi colleghi. Devo essere molto prudente... «C'è qualcosa che scagiona Sheehan? Qualcosa che non mi ha detto prima?» Bosch raddrizzò la schiena e si piegò in avanti. Fissava il vuoto con gli occhi sbarrati. Era tutto concentrato su se stesso, stava cercando di ricordare qualcosa che poteva aver ignorato. Sapeva che Carla Entrenkin non gli aveva consegnato la pratica sulla strategia dibattimentale del processo. Doveva esserci qualcosa lì dentro. «Non posso rispondere alla sua...» «La pratica sulla strategia» l'interruppe concitato Bosch. «C'è qualcosa lì dentro che smentisce tutto questo. È...» Si bloccò. Quello che lei stava suggerendo - o il suggerimento che trapelava dalle sue parole - non aveva senso. L'arma di servizio di Sheehan era stata collegata agli omicidi di Angels Flight. C'era un riscontro balistico. Tre proiettili estratti dal corpo di Howard Elias, tre riscontri. Fine della discussione, fine del caso. Le prove sono quello che sono. Queste erano le prove tangibili che doveva affrontare, tuttavia il suo istinto continuava a ripetergli che Sheehan era la persona sbagliata, che non l'aveva fatto lui. Sì, il vecchio partner sarebbe stato felice di danzare sulla tomba di Elias, ma non avrebbe spinto di persona l'avvocato nella tomba. C'era una grossa differenza. E l'istinto di Bosch - anche se umiliato dagli ultimi fatti - era che Frankie Sheehan, qualunque cosa avesse fatto a Michael Harris, era un uomo troppo onesto per aver compiuto un duplice omicidio: aveva già ucciso in passato, ma in ben diverse circostanze. Non era un assassino: non di quel tipo. «Senta» disse Bosch. «Non so cosa sa o cosa pensa di sapere, ma deve aiutarmi. Io non posso...» «È là dentro» disse lei. «Se lei ha le pratiche, è là dentro. Ho trattenuto qualcosa che ero costretta a trattenere. Ma qualcosa era nelle pratiche pubbliche. Se controlla, lo troverà. Non sto dicendo che il suo partner sia pulito. Sto solo dicendo che c'era qualcos'altro che avrebbe dovuto essere preso in considerazione, ma non è stato fatto.» «È tutto quello che vuole dirmi?»
«È tutto quello che posso dirle... e non avrei dovuto fare nemmeno questo.» Bosch rimase in silenzio per un attimo. Non sapeva se sentirsi arrabbiato con lei perché non gli aveva detto tutto quello che sapeva, oppure se era semplicemente felice per aver ottenuto un suggerimento per seguire un'altra direzione investigativa. Guardò le pratiche. «Va bene» disse infine. «Se è qui dentro lo troverò.» 35 A Bosch, per farsi strada nelle pratiche del "caso Black Warrior", occorsero quasi due ore. Già in precedenza aveva consultato molte cartelle, ma alcune erano state lette da Edgar e Rider, oppure consegnate ad altri della squadra che Irving aveva messo insieme per lavorare su Angels Flight meno di settantadue ore prima. Lesse ogni documento come se fosse la prima volta che lo vedeva, alla ricerca di quella cosa che aveva ignorato... il dettaglio chiarificatore, il particolare che avrebbe cambiato l'interpretazione di tutto aprendo una nuova pista. Quando si era in troppi ad affrontare un caso, l'indagine multipla poteva risultare anche controproducente. Non era possibile che gli stessi occhi potessero vedere tutte le prove, tutti gli indizi o anche tutte le scartoffie. Il lavoro veniva dunque suddiviso, e anche se un detective era nominalmente a capo di un'indagine, era raro che tutto attraversasse la sua zona radar. Adesso Bosch doveva essere sicuro di vedere tutto con i suoi soli occhi. Trovò quello che stava cercando - ciò a cui Carla Entrenkin aveva accennato - nella pratica delle ingiunzioni, la cartella dove venivano raccolte le ricevute dell'ufficiale giudiziario. L'ufficio di Howard Elias otteneva queste ricevute dopo che al soggetto dell'ingiunzione era stata consegnata la convocazione a comparire per una deposizione o come testimone in tribunale. La pratica era piena di sottili moduli bianchi, raccolti in ordine cronologico di servizio. La prima metà della cartella consisteva in citazioni per deposizioni che risalivano a molti mesi addietro. La seconda metà conteneva le citazioni in giudizio per i testimoni della causa che avrebbe dovuto iniziare quel giorno stesso. C'erano le convocazioni dei poliziotti accusati e di altri testimoni. Bosch ricordò che Edgar aveva già controllato quella pratica... e vi aveva trovato l'ingiunzione per ottenere le ricevute dell'autolavaggio. Ma quella scoperta doveva averlo distratto dal resto dei documenti. Mentre Bosch
controllava le ingiunzioni, un'altra ricevuta catturò la sua attenzione richiedendo un attento controllo. Era una citazione per il detective John Chastain della Divisione Affari Interni. Strano, perché Chastain non aveva mai detto di essere coinvolto nella causa. Chastain aveva condotto l'indagine interna che aveva prosciolto i detective della Rapine-Omicidi. Perciò era logico che venisse chiamato come testimone a difesa dai detective accusati da Michael Harris. Ma il fatto che Chastain non avesse detto a nessuno di essere un testimone citato dall'accusa era strano. Se un fatto simile fosse stato risaputo, ciò avrebbe potuto escluderlo dalla squadra che indagava sugli omicidi, per lo stesso motivo per cui ne erano stati esclusi i duri della Rapine-Omicidi. Esisteva un flagrante conflitto di interessi. Quella citazione richiedeva una spiegazione. E l'interesse di Bosch aumentò ulteriormente quando vide che la data della ricevuta era giovedì, il giorno prima dell'omicidio di Elias. Ma la curiosità divenne sospetto quando Bosch vide l'appunto scritto a mano dall'ufficiale giudiziario in calce alla ricevuta della citazione. Il detective Chastain ha rifiutato di accettarla in auto. Citazione infilata sotto tergicristallo. L'appunto rendeva assolutamente chiaro che Chastain non voleva essere coinvolto nel caso. E questo acuì l'attenzione di Bosch. La città avrebbe potuto bruciare dallo Stadio Dodger fino alla spiaggia, ma in quel momento lui probabilmente non avrebbe nemmeno acceso la televisione. Mentre fissava la citazione si rese conto che al soggetto - Chastain - era stata fornita una data e un'ora precisa per comparire in tribunale in veste di testimone. Frugò fra le citazioni del tribunale e si accorse che erano state archiviate nella cartella in ordine di consegna, non secondo l'ordine di comparizione durante il processo. Allora capì che ordinandole secondo la data e l'ora di comparizione, si poteva ricostruire l'ordine cronologico del caso di Elias e comprendere meglio come l'avvocato intendesse gestire il dibattimento processuale. Gli ci vollero alcuni minuti per riordinare le citazioni. Quando ebbe finito, guardò i documenti uno ad uno, immaginandosi lo sviluppo consequenziale del processo. Prima avrebbe deposto Michael Harris e avrebbe raccontato la sua storia. Poi sarebbe toccato al capitano John Garwood, capo della Rapine-Omicidi. Garwood avrebbe deposto sull'indagine, fornendo la versione ripulita. La citazione seguente era per Chastain. Sarebbe venuto
dopo Garwood. Con riluttanza - visto che aveva addirittura tentato di rifiutare la citazione - Chastain sarebbe dunque venuto dopo il capitano della omicidi. Perché? Bosch accantonò per il momento la domanda e iniziò a sfogliare le altre citazioni. Divenne ben presto chiaro che Elias stava seguendo l'antica strategia di alternare testimoni a favore e contrari. Aveva intenzione di alternare le testimonianze degli uomini della Rapine-Omicidi, ossia gli imputati, con testimoni che naturalmente avrebbero appoggiato Michael Harris. C'erano lo stesso Harris, poi il medico che si era occupato del suo orecchio, Jenkins Pelfry, il datore di lavoro all'autolavaggio, i due senzatetto che avevano trovato il corpo di Stacey Kincaid, e infine Kate Kincaid e Sam Kincaid. A Bosch divenne chiaro che Elias aveva intenzione di attaccare la versione della Rapine-Omicidi, rivelare le torture inflitte a Michael Harris, e accreditare la sua sostanziale innocenza. Poi avrebbe fatto esplodere una mina sotto la Rapine-Omicidi portando Kate Kincaid a deporre per stabilire il collegamento dell'autolavaggio con le impronte di Harris. Poi, con tutta probabilità sarebbe stato il turno di Sam Kincaid. Elias lo avrebbe usato per smascherare il sito web di Charlotte e gli orrori inflitti alla giovane vittima, Stacey Kincaid. Era chiaro che il caso che Elias aveva intenzione di presentare alla giuria seguiva la stessa linea investigativa che Bosch e la sua squadra avevano seguito... Harris era innocente, c'era una spiegazione per le sue impronte, e Sam Kincaid o qualcuno collegato a lui e alla rete di pedofili aveva ucciso la sua figliastra. Bosch sapeva che si trattava di una buona strategia. A suo giudizio Elias avrebbe vinto davvero la causa. Riconsiderò l'ordine delle citazioni. Chastain era il terzo, il che lo metteva sul versante positivo della strategia alternata... dopo Garwood e prima di uno degli imputati della Rapine-Omicidi. Chastain era dunque un testimone a favore per Elias e Harris, e forse proprio per questo aveva tentato di sottrarsi alla consegna della citazione. Bosch lesse il nome della compagnia di consegna delle citazioni sul modulo e chiamò. Era tardi, ma consegnare citazioni era un lavoro con strani orari. La gente non veniva raggiunta solo nel solito orario, dalle nove alle cinque. Al telefono rispose una voce maschile e Bosch, leggendo dalla ricevuta della citazione di Chastain, chiese di Steve Vascik. «Non è qui stasera. È a casa.» Bosch si identificò, spiegando che stava conducendo un'indagine su un
omicidio e doveva parlare a Vascik immediatamente. L'uomo al telefono era restio a fornire il numero privato di Vascik, ma accettò di prendere il numero di Bosch e di contattare Vascik con il messaggio. Dopo aver chiuso la comunicazione, Bosch si alzò e passeggiò per casa. Non era ancora sicuro di quello che aveva trovato. Ma provava quel senso di tensione allo stomaco che spesso compariva quando era sul punto di fare una scoperta inattesa. Stava volando a istinto e l'istinto gli diceva che era vicino a qualcosa, e che presto avrebbe potuto metterci le mani sopra. Il telefono squillò. Lui lo afferrò dal divano e premette il pulsante di ascolto. «Signor Vascik?» «Harry, sono io.» «Eleanor! Ehi, come stai? Tutto bene?» «Sto bene. Anche perché non mi trovo in una città che sta per bruciare. Ho visto i notiziari.» «Già. Brutta situazione.» «Mi spiace che sia finita così, Harry. Mi avevi parlato di Sheehan una volta, e so che eravate amici.» Bosch si rese conto che lei non sapeva che la casa dove Sheehan si era ucciso era la loro. Decise di non dirglielo. Si pentì anche di non aver richiesto il servizio di avviso di chiamata al telefono. «Eleanor, dove sei?» «Sono di nuovo a Las Vegas» rise senza felicità. «L'auto ce l'ha fatta a malapena.» «Al Flamingo?» «No... Da un'altra parte.» Non voleva dirgli dove si trovava e questo lo ferì. «A quale numero posso trovarti?» «Non so quanto mi fermerò qui. Volevo soltanto telefonarti per sapere se stavi bene.» «Io? Non preoccuparti per me. Tu stai bene, Eleanor?» «Sto bene.» A Bosch non interessava più Vascik. «Ti serve qualcosa? E la tua auto?» «No. Sto bene. Adesso che sono qui non sono preoccupata per l'auto.» Ci fu un lungo momento di silenzio. «Be'» disse Bosch, «possiamo parlarne?» «Non credo che sia il momento migliore. Pensiamoci per un paio di
giorni e poi ne parleremo. Ti chiamerò io, Harry. E tu stai attento.» «Lo prometti? Di chiamarmi?» «Lo prometto.» «Okay, Eleanor. Aspetterò.» «Arrivederci, Harry.» Riagganciò prima che lui riuscisse a salutarla. Bosch rimase vicino alla poltrona per molto tempo, ripensando a lei e a quello che era successo al loro rapporto. Il telefono squillò mentre ancora lo stringeva in mano. «Sì?» «Detective Bosch? Ho ricevuto un messaggio che mi chiedeva di richiamarla.» «Il signor Vascik?» «Sì. Della agenzia Triple A Process. Il mio capo Shelly ha detto che lei...» «Sì, ho chiamato io.» Bosch sedette sul divano e posò un taccuino sulla coscia. Prese una penna e scrisse il nome di Vascik in cima a una pagina. A orecchio Vascik gli sembrava giovane e bianco. Aveva un vago accento del Midwest. «Quanti anni hai, Steve?» «Venticinque.» «E da molto che lavori con la Triple A?» «Qualche mese.» «Okay. La settimana scorsa, giovedì, hai consegnato una citazione a un detective del dipartimento di polizia di nome John Chastain, te lo ricordi?» «Certo. Non voleva accettarla. La maggior parte dei poliziotti che ho contattato non ci fa molto caso: ci sono abituati.» «Esatto. È proprio quello di cui volevo parlarti. Quando dici che non voleva accettarla, cosa intendi esattamente?» «Be', la prima volta che ho cercato di consegnarla, lui si è rifiutato di prendere l'ingiunzione e se n'è andato. Poi, quando...» «Aspetta un attimo, torna indietro. Quando è successo la prima volta?» «Giovedì mattina. Sono andato nell'atrio del Parker Center e l'ho fatto chiamare dal poliziotto all'ingresso per dirgli di venire giù. Non ho detto il motivo. Ho detto semplicemente di essere uno con qualcosa che gli serviva. È sceso, ma quando gli ho detto chi ero, lui si è girato ed è tornato all'ascensore.» «Stai dicendo che era come se sapesse già che avevi una citazione e per-
fino quale caso riguardasse?» «Giusto. Proprio così.» Bosch pensò a quello che aveva letto sull'ultimo taccuino di Elias. I suoi contrasti con una fonte chiamata "Parker". «Okay, e poi?» «Be', allora sono andato a sbrigare altre consegne e sono tornato circa alle tre e mezzo, tenendo d'occhio il parcheggio dei dipendenti del Parker Center. L'ho visto uscire per andare a casa, credo, e mi sono avvicinato stando chinato fra alcune macchine, e sono arrivato mentre apriva la portiera. Avevo il mio discorsetto pronto e gli ho detto che aveva ricevuto una citazione, il numero del caso e tutto il resto. Ha rifiutato nuovamente di prendere il foglio ma non aveva importanza, perché secondo la legge della California è sufficiente che...» «Giusto, lo so. Non è possibile rifiutare una citazione dopo essere stati avvertiti che è un'ingiunzione legale ordinata dal tribunale. E allora lui cos'ha fatto?» «Be', prima mi ha fatto quasi cacare sotto. Ha messo la mano sotto la giacca, come se stesse per prendere la pistola o qualcosa di simile.» «E poi cosa?» «Poi si è come bloccato. Credo che abbia pensato a quello che stava per fare. Si è rilassato un po' ma non ha voluto prendere il foglio. Mi ha detto di dire a Elias di andare a farsi fottere. È salito in macchina e ha fatto per andarsene. Io ho messo il foglio sotto il tergicristallo. Lui se ne è andato. Non ho idea di cosa sia successo dopo. Può darsi che il vento l'abbia strappato, ma non importa. Legalmente lui aveva ricevuto la citazione.» Bosch rifletté per un attimo, mentre Vascik continuava a enumerare le difficoltà che si incontrano nella consegna delle citazioni. Infine lo interruppe. «Sai che Elias è stato ucciso venerdì sera?» «Sì, signore. Certo. Era un nostro cliente. Ci occupavamo di tutte le sue cause.» «Be', non hai mai pensato di chiamare il dipartimento dopo la sua morte per dire a qualcuno di questa faccenda con Chastain?» «L'ho fatto» rispose sulla difensiva Vascik. «Ho chiamato.» «Hai chiamato? Chi hai chiamato?» «Ho chiamato il Parker Center e ho detto che avevo delle informazioni. Mi hanno passato un altro ufficio e ho detto alla persona che mi ha risposto chi ero e che avevo delle informazioni. Ha preso il mio nome e il mio nu-
mero, e ha detto che qualcuno mi avrebbe richiamato.» «Nessuno ti ha più richiamato?» «Un tipo ha chiamato dopo circa cinque minuti. Subito dopo, insomma. Ho parlato con lui.» «Quando è successo?» «Domenica mattina. Ho passato tutto il sabato a fare roccia, su alle Vasquez Rocks. Non ho sentito del signor Elias finché non ho letto il L.A. Times domenica mattina.» «Ti ricordi il nome del poliziotto con cui hai parlato?» «Credo che si chiamasse Edgar, ma non so se era il nome o il cognome.» «E la persona che ha risposto per prima alla tua chiamata? Ti ha detto il suo nome?» «Credo che abbia detto il suo nome, ma l'ho dimenticato. Comunque ha detto che era un agente. Quindi forse era uno dell'FBI.» «Steve, pensaci un attimo. A che ora hai chiamato e a che ora ti ha richiamato Edgar? Te lo ricordi?» Vascik rimase in silenzio mentre ci pensava. «Be', non mi sono alzato prima delle dieci perché avevo le gambe a pezzi dopo aver scalato. Poi mi sono riposato e ho letto il giornale. Era su tutta la prima pagina, quindi probabilmente l'ho letto subito dopo lo sport. E poi ho chiamato. Quindi, circa alle undici. Più o meno. E poi quel tizio di nome Edgar mi ha richiamato quasi subito.» «Grazie, Steve.» Bosch riappese il telefono. Sapeva che era impossibile che Edgar avesse risposto a una chiamata al Parker Center quella domenica mattina alle undici. Edgar era rimasto con Bosch tutta la domenica mattina e buona parte del resto della giornata. Ed erano in strada, non operavano dal Parker. Qualcuno aveva usato il nome del suo partner. Un poliziotto, qualcuno all'interno dell'indagine aveva usato il nome di Edgar. Cercò il numero del cellulare di Lindell e lo chiamò. Lindell lo aveva ancora acceso e rispose. «Sono Bosch. Ti ricordi domenica mattina, dopo che tu e i tuoi vi siete uniti al caso? Avete passato buona parte della mattinata nella sala riunioni con le pratiche, esatto?» «Sì, esatto.» «Chi rispondeva al telefono?» «Quasi sempre io. E altri due.» «Hai ricevuto una chiamata da un tizio che ha detto di essere un ufficiale
giudiziario?» «Mi sembra di ricordare qualcosa di simile. Ma quella mattina avevamo moltissime chiamate. Reporter e vari tizi che pensavano di fornirci informazioni utili, e altra gente che minacciava i poliziotti...» «Un ufficiale giudiziario di nome Vascik. Steve Vascik. Aveva detto di avere delle informazioni che potevano essere importanti.» «Come ho detto, mi suona familiare. Cosa c'entra, Bosch? Pensavo che questo caso fosse chiuso.» «Lo è. Sto solo controllando alcuni fili sciolti. A chi pensi di avere passato quella chiamata?» «Passavo quel genere di telefonate a quelli degli Affari Interni. Per tenerli occupati.» «Ma a chi hai passato quella dell'ufficiale giudiziario?» «Non so, probabilmente a Chastain. Era lui il capo di quel gruppo. Potrebbe averla presa lui, o potrebbe aver detto a uno dei suoi di richiamare. Sai, Irving aveva installato dei telefoni di merda. Non potevamo trasferire le chiamate da un telefono all'altro e volevo tenere la linea principale libera. Quindi scrivevamo i numeri e li passavamo in giro.» «Okay, grazie. Ti auguro una buona notte.» «Ehi, che cosa...» Bosch riagganciò prima di essere costretto a dargli spiegazioni. Pensò alle informazioni di Lindell. A suo parere c'erano molte probabilità che la chiamata di Vascik fosse stata dirottata a Chastain stesso, che poi aveva richiamato - probabilmente da solo nel suo ufficio - facendosi passare per Edgar. Bosch doveva fare ancora un chiamata. Aprì l'agenda telefonica e trovò il numero: non lo usava da molti anni. Chiamò il capitano John Garwood, capo della Divisione Rapine-Omicidi, a casa sua. Sapeva che era tardi, ma sapeva che ben pochi a Los Angeles stavano dormendo quella notte. Ripensò a quello che Kiz Rider aveva detto riguardo a Garwood, il fatto che le ricordava Boris Karloff e che probabilmente usciva solo di notte. Garwood rispose dopo solo due squilli. «Sono Harry Bosch. Dobbiamo parlare. Subito.» «Di cosa?» «John Chastain e il "caso Black Warrior."» «Non voglio parlare al telefono.» «Bene. Scelga lei il posto.» «Frank Sinatra?»
«Tra quanto?» «Dammi mezz'ora.» «Ci sarò.» 36 Alla lunga, Frank Sinatra era rimasto fregato. Decenni prima, quando alla Camera di Commercio di Hollywood si decise di aggiungere la sua stella nel marciapiede delle celebrità, l'avevano messa in Vine Street invece che sull'Hollywood Boulevard. Probabilmente avevano pensato che la stella di Sinatra sarebbe stata un'attrazione, che la gente sarebbe venuta dal Boulevard per vederla, per fotografarla. Ma se quelle erano state le intenzioni, non vennero esaudite. Frank era solo, il suo simbolo languiva in un posto che probabilmente vedeva passare più tossici che turisti. La sua stella era davanti a un passaggio pedonale tra due parcheggi e accanto a un residence dove bisognava convincere la guardia di sicurezza a sbloccare la porta dell'atrio se si voleva entrare. Quando Bosch era alla Rapine-Omicidi, molti anni prima, la stella di Sinatra fungeva da punto d'incontro per detective e informatori. Bosch non era rimasto sorpreso dalla scelta di Garwood di incontrarsi in quel luogo. Era un modo per incontrarsi in terreno neutrale. Quando Bosch arrivò accanto alla stella, Garwood era già lì. Bosch riconobbe la sua Ford LTD senza contrassegni nel parcheggio. Garwood lampeggiò con i fari. Bosch accostò lungo il marciapiede davanti al residence e scese. Attraversò la Vine fino al parcheggio e salì dalla parte del passeggero. Garwood era in giacca, pur venendo da casa. Bosch si rese conto di non aver mai visto Garwood senza giacca, senza la cravatta ben annodata, o con il bottone superiore della camicia slacciato. Bosch pensò di nuovo al commento su Boris Karloff di Rider. «Quelle fottutissime macchine» disse Garwood, osservando dall'altra parte della strada la bicolore di Bosch. «Ho sentito che ti hanno usato per il tiro al bersaglio.» «Sì. Non è stato divertente.» «Allora, cosa ti porta fuori di notte, Harry? Come mai continui a indagare su un caso che il capo della polizia e tutti gli altri hanno già chiuso?» «Perché ho una gran brutta sensazione, capo. Ci sono dei fili sciolti che non tornano. E i casi si possono disfare, se ci sono dei fili sciolti.» «Non sei mai riuscito a lasciare in pace le cose. Me lo ricordo sin da
quando lavoravi per me. Tu e i tuoi fottutissimi fili sciolti.» «Allora: mi parli di Chastain.» Garwood non disse nulla, rimase a fissare fuori dal parabrezza, e Bosch capì che il suo capitano di un tempo era indeciso. «Questa è una conversazione privata, capitano. Come ha detto, il caso è chiuso. Ma c'è qualcosa riguardo a Chastain e Frankie Sheehan che non mi è chiaro. Due notti fa Frankie mi ha detto tutto, su come lui e qualcuno dei ragazzi hanno perso la testa conciando per le feste Harris. Mi ha detto che tutta la faccenda Black Warrior era vera. Ma poi io ho commesso un errore. Gli ho detto che avevo scagionato Harris, che potevo dimostrare che non era stato lui a rapire la bambina. E questo l'ha travolto. Dopo, ha fatto quello che ha fatto. Così, quando oggi hanno esaminato gli esami balistici e hanno detto che era stato Frankie a combinare il casino, anche ad Angels Flight, io me ne sono rimasto zitto. Per sopravvivere. Adesso però ho dei dubbi. Adesso voglio annodare tutti i fili sciolti, e Chastain ne fa parte. Lui ha ricevuto una citazione per il processo. Niente di strano in questo... si era occupato dell'indagine interna per le accuse di Harris. Ma lui è stato convocato come teste da Elias, e questo non ce l'ha mai detto. Ha persino cercato di evitare la consegna della citazione, e il fatto rende ancora più sospetta la faccenda: lui non voleva ritrovarsi in quell'aula, non voleva trovarsi sul banco dei testimoni con Elias che lo interrogava. Voglio sapere il perché. Non c'è niente nelle pratiche di Elias - almeno nelle pratiche a cui ho avuto accesso - che ne spieghi il motivo. Non posso chiederlo a Elias, e non voglio parlarne con Chastain. Per questo lo chiedo a lei.» Garwood infilò la mano in tasca e tirò fuori un pacchetto di sigarette. Ne prese una e l'accese, poi offrì il pacchetto a Bosch. «No, grazie, sto ancora tenendo duro.» «Io ho deciso che sono un fumatore, punto e basta. Un tipo, molto tempo fa, mi ha detto che è come il destino o il fato. O sei un fumatore, o non lo sei, non puoi farci niente. Sai chi me lo ha detto?» «Io.» Garwood sbuffò e sorrise. Fece due tiri profondi e l'auto si riempì di fumo, scatenando la solita voglia di nicotina in Bosch. Gli tornò in mente di aver tenuto il sermone del fumo a Garwood anni prima, quando qualcuno nella squadra si era lamentato per la nube di fumo che aleggiava sempre in sala agenti. Abbassò il finestrino di qualche centimentro. «Mi dispiace» disse Garwood. «So come ti senti. Tutti che fumano e tu non puoi.»
«Non è un problema. Vuole parlare di Chastain oppure no?» Un altro tiro. «Chastain ha indagato sulle accuse, lo sai. In un primo tempo, lui ha dato ragione a Harris confermandone le accuse. Quello stronzo di Rooker aveva una matita nella sua scrivania... con la punta spezzata e sporca di sangue. L'aveva tenuta come un souvenir o roba simile. Chastain l'ha ottenuta con un mandato di perquisizione e stava per far controllare se il sangue era quello di Harris.» Bosch scosse il capo, sia per la stupidità che per l'arroganza, sia di Rooker, sia di tutto il dipartimento. «Già» disse Garwood, che sembrò leggere nel pensiero di Bosch. «Così, Chastain stava per iniziare un'azione interna contro Sheehan, Rooker e un paio d'altri, per poi andare dal procuratore distrettuale per le imputazioni penali. Voleva arrivare fino in fondo perché quella matita e il sangue erano prove fisiche. Almeno Rooker, era già fottuto.» «Okay, e allora cos'è successo?» «Improvvisamente, siamo venuti a sapere che tutti erano stati scagionati. Chastain aveva archiviato il caso come infondato.» Bosch annuì. «Qualcuno si è fatto sentire dall'alto.» «Esatto.» «Chi?» «Credo Irving. Ma forse qualcuno ancora più su. Il caso era troppo infiammabile. Se le accuse venivano provate e si cominciava con le sospensioni, i licenziamenti, le accuse del procuratore distrettuale e tutto il resto, si sarebbe arrivati a un nuovo round di "calci in culo al Dipartimento di Polizia di Los Angeles", con gran piacere della stampa, del South End, di Tuggins e Sparks. Ricorda, è successo un anno fa. Il nuovo capo era appena arrivato. Non sarebbe stato un buon inizio. Allora qualcuno si è fatto sentire. Irving è sempre stato il tappabuchi del dipartimento. Probabilmente è stato lui. Ma per una cosa simile, è possibile che abbia chiesto appoggio al capo in persona. È così che sopravvive Irving: mette in mezzo il capo.» Bosch annuì. «Cosa crede che sia successo alla matita con le tracce di sangue?» chiese. «E chi lo sa? Probabilmente Irving la usa per scrivere le valutazioni del personale. Anche se sono sicuro che nel frattempo l'avrà ripulita dal san-
gue.» Rimasero in silenzio per un attimo osservando un gruppo di una dozzina di uomini camminare verso nord lungo la Vine, diretti al boulevard. Erano quasi tutti bianchi. Sotto la luce dei lampioni, Bosch riusciva a scorgere i tatuaggi che ne ricoprivano le braccia. Metallari, probabilmente diretti verso i negozi del boulevard per ripetere le gesta del '92. Un rapido ricordo del Frederick's di Hollywood saccheggiato balenò nella mente di Bosch. Passando vicino all'auto di Bosch, il gruppo rallentò. Sembrava volessero fare qualcosa all'auto, poi cambiarono idea e proseguirono. «Siamo stati fortunati a non incontrarci sulla tua auto bicolore» disse Garwood. Bosch rimase in silenzio. «Stanotte questo posto salta per aria» continuò Garwood. «Me lo sento. Peccato che abbia smesso di piovere.» «Chastain» disse Bosch ritornando all'argomento. «Qualcuno gli ha tappato la bocca. Esposto infondato. Poi Elias intenta la causa e alla fine manda una citazione a Chastain. Chastain non vuole testimoniare, perché?» «Forse perché è un tipo che prende sul serio il suo giuramento. Non voleva mentire.» «Ci deve essere dell'altro.» «Chiediglielo.» «Elias aveva una fonte all'interno del Parker Center. Un informatore. Credo che fosse Chastain. Non voglio dire che riguarda solo questo caso: parlo di un informatore di lunga data... un collegamento diretto con gli archivi, con tutto quanto. Credo che fosse Chastain.» «Divertente: un poliziotto che odia i poliziotti.» «Già.» «Me se lui era un informatore così importante per Elias, perché avrebbe dovuto chiamarlo sul banco dei testimoni e smascherarlo?» Era questa la domanda a cui Bosch non sapeva dare risposta. Rimase zitto per un po', riflettendo. Riuscì infine a imbastire un inizio di teoria, che espresse a voce più alta. «Portare Chastain sul banco dei testimoni e interrogarlo riguardo all'indagine insabbiata di Harris sarebbe stato come rivelare che Chastain era la sua fonte.» Garwood annuì. «Sì, fin qui ci arrivo» disse Garwood. «Già.»
«Anche se Chastain si fosse limitato a starsene seduto e a negare ogni cosa, Elias avrebbe potuto formulare le domande in modo tale da far capire la verità alla giuria.» «Chastain sarebbe stato smascherato. La domanda è: perché Elias voleva sputtanare la sua fonte? Lo aveva aiutato un casino di volte in tutti questi anni: perché abbandonarlo, scaricarlo?» «Perché questo era il caso definitivo per Elias, il colpo grosso che lo avrebbe lanciato su scala nazionale. L'avrebbe mandato a Court TV, Sixty Minutes, al Larry King e tutto il resto. Avrebbe fatto di lui un uomo di successo. Io credo che qualunque avvocato sarebbe stato disposto a bruciare il suo informatore per questo.» «Capisco. Già.» La conclusione la tenne per sé. Riguardava quello che avrebbe potuto fare Chastain per impedire di essere bruciato pubblicamente sul banco dei testimoni. Per Bosch la risposta era chiara. Se si scopriva che era non solo l'informatore di Elias ma anche l'investigatore che aveva insabbiato l'indagine interna su Michael Harris, sarebbe stato disprezzato sia dentro che fuori il dipartimento. Non avrebbe più potuto mostrare la faccia in nessun posto, e questo sarebbe risultato insopportabile per un tipo come Chastain, come per chiunque. Bosch riteneva Chastain capace di uccidere per impedire una cosa simile. «Grazie, capitano» disse. «Devo andare.» «Non importa più, lo sai.» Bosch lo guardò. «Cosa?» «Non importa più. I comunicati stampa sono stati diramati, la conferenza stampa è stata tenuta, la storia è in giro e la città è pronta a incendiarsi come un tizzone. Credi che alla gente del South End importi quale poliziotto abbia ucciso Elias? Non gliene frega un cazzo. Hanno già quello che vogliono. Chastain, Sheehan, non importa. Quello che importa è che è stato uno sbirro. E se ti metti a fare casino aggiungerai altra benzina al fuoco. Se smascheri Chastain e l'insabbiatura, molta gente potrebbe farsi male, perdere il lavoro, e tutto perché tu volevi la sua testa ad ogni costo. Faresti meglio a pensarci, Harry. Non gliene frega niente a nessuno.» Bosch annuì. Capiva il messaggio. Taci e sopravvivi. «A me interessa» disse Bosch. «È una ragione sufficiente?» «E per Chastain, allora?»
Garwood aveva un leggero sorriso sul volto. Bosch riusciva a intravederlo dietro la punta luminosa della sigaretta. «Credo che Chastain meriti qualunque cosa possa succedergli. E un giorno gli succederà.» Ecco un nuovo messaggio che Bosch credeva di capire abbastanza bene. «E Frankie Sheehan? La sua reputazione?» «Questo è vero» disse Garwood annuendo. «Frankie Sheehan era uno dei miei ragazzi... ma è morto, e la sua famiglia non vive più qui.» Bosch rimase in silenzio, ma quella risposta non era accettabile. Sheehan era stato un amico e un partner. Infangarlo era come sporcare lo stesso Bosch. «Lo sai cos'è che mi dà fastidio?» chiese Garwood. «E forse in questo puoi darmi una mano, visto che tu e Sheehan una volta eravate partner.» «Che cosa? Che cosa le dà fastidio?» «La pistola usata da Sheehan. Non era tua, vero? So che te l'hanno già chiesto.» «No, non era mia. Ci siamo fermati da lui prima di andare a casa mia. Per prendere vestiti e altra roba. Deve averla presa allora: dev'essere sfuggita all'FBI quando hanno perquisito il posto.» Garwood annuì. «Ho sentito che hai avvertito tu sua moglie. Le hai parlato di questo? Cioè, della pistola?» «Gliel'ho chiesto. Ha detto che non sapeva niente ma questo non vuol dire che...» «Niente numero di serie» disse Garwood interrompendolo. «Una pistola da lasciarsi alle spalle in qualunque occasione, con cui fare il lavoro sporco.» «Già.» «Ed è questo che mi rode. Conoscevo Sheehan da molti anni. Ha lavorato a lungo per me, e io credo di conoscere i miei ragazzi. Non mi è mai sembrato il tipo da conservare un'arma del genere... L'ho chiesto anche ad altri ragazzi... specialmente a quelli che hanno fatto coppia con lui da quando tu sei andato a Hollywood. Non hanno mai saputo niente al riguardo. E tu, Harry? Hai lavorato con lui più a lungo di tutti. Ha mai portato un ferro in più?» Fu allora che Bosch capì, e fu come un pugno allo stomaco. Quel tipo di colpo dopo il quale devi rimanere perfettamente immobile e in silenzio, ad aspettare che ti ritorni il fiato. Non aveva mai saputo che Sheehan portasse
una pistola di quel tipo sul lavoro: era troppo onesto. E se eri troppo onesto per portarla sul lavoro, perché tenerla nascosta a casa? Quella domanda e l'ovvia risposta erano rimaste in attesa davanti a lui per tutto quel tempo, ma Bosch non le aveva mai notate. Bosch si ricordò di quando era rimasto seduto in auto davanti alla casa di Sheehan. Si ricordò dei fari che aveva visto nello specchietto, dell'auto che aveva accostato in fondo all'isolato: Chastain! Li aveva seguiti. Per Chastain, Sheehan vivo era l'unico filo sciolto che poteva far dipanare la storia. Ripensò alla testimonianza della sua vicina che parlava di tre o quattro colpi sparati nella sua casa. Nella sua mente, il suicidio di un poliziotto sbronzo si trasformò in un omicidio premeditato. «Rottinculo» sussurrò Bosch. Garwood annuì. Era riuscito a far imboccare a Bosch la sua stessa strada. «Adesso, capisci come può essere successo?» gli chiese Garwood. Bosch cercò di rallentare i suoi pensieri per giungere alla conclusione. Infine, annuì. «Sì, adesso capisco.» «Bene. Faccio una chiamata. Dico a chiunque sia di servizio nello scantinato di farti dare un'occhiata al registro. Tu sai di cosa sto parlando. Senza domande. Così potrai esserne certo.» Bosch annuì. Si girò per aprire la portiera. Scese senza dire nulla e si avviò verso la sua auto. Prima di arrivarci si era già messo a correre. Non ne capiva il motivo, ma doveva fare in fretta, anche se non pioveva più. Sapeva di dover continuare a muoversi per non mettersi a urlare. 37 Fuori dal Parker Center c'era una manifestazione, organizzata come una veglia con candele e processione funebre. Due bare di cartone - una con la scritta GIUSTIZIA, l'altra con la scritta SPERANZA - venivano portate in corteo dalla folla che marciava avanti e indietro nella piazza. Altre persone portavano cartelli con la scritta GIUSTIZIA PER LA GENTE DI OGNI COLORE e GIUSTIZIA PER POCHI GIUSTIZIA PER NESSUNO. In alto volteggiavano gli elicotteri dei notiziari, e nella piazza Bosch riuscì a identificare almeno sei gruppi di reporter televisivi. Erano quasi le undici e si stavano preparando tutti a trasmettere in diretta le notizie dal fronte della
protesta. All'ingresso principale una squadra di poliziotti in tenuta antisommossa era pronta a difendere il quartier generale della polizia se la folla fosse passata dalla manifestazione pacifica allo scontro fisico. Nel '92 una simile dimostrazione pacifica era diventata d'improvviso violenta, e la folla era poi sciamata per il centro cittadino devastando ogni cosa. Bosch si affrettò verso l'ingresso tagliando dietro la processione dei manifestanti e sgusciò attraverso un varco della difesa sventolando il distintivo sopra la testa. All'interno, passò oltre il bancone dell'ingresso, dove c'erano quattro poliziotti anch'essi con gli elmetti, attraversò l'atrio con gli ascensori e imboccò le scale. Scese nello scantinato e seguì il corridoio fino al deposito dei reperti indiziari. Mentre entrava nel deposito si rese conto di non aver incontrato anima viva dopo il bancone dell'entrata. Il posto sembrava deserto. Con il piano d'intervento di emergenza, tutti gli uomini in servizio del turno A erano fuori. Bosch guardò attraverso la rete metallica dello sportello ma non riuscì a riconoscere chi fosse in servizio. Era un vecchio veterano con un pizzo bianco su un volto arrossato a chiazze. Nello scantinato trasferivano molti agenti ormai malridotti, stanchi. Questi si alzò dallo sgabello e si avvicinò allo sportello. «Com'è il tempo fuori? Non ci sono finestre qui.» «Il tempo? Parzialmente nuvoloso con possibilità di sommosse.» «Come immaginavo. Tuggins ha ancora i suoi ragazzi schierati là fuori?» «Sì, ci sono.» «Quei bastardi. Mi chiedo se preferirebbero una città senza poliziotti. Vorrei vedere come se la caverebbero a vivere nella giungla.» «Non è questo che vogliono: loro vogliono la polizia, ma non vogliono dei poliziotti assassini. Puoi fargliene una colpa?» «Già, be', ma certe persone devono pur essere ammazzate.» Bosch non trovò nulla con cui ribattere. Non sapeva nemmeno perché stesse discutendo con quel vecchio mastino malandato. Guardò il suo nome sulla targhetta. Il tipo si chiamava HOWDY, cioè COME VA? Bosch scoppiò quasi a ridere. Qualcosa nel leggere quel nome buffo fece breccia nella tensione e nella rabbia che lo rodevano da molte ore. L'altro si offese. «Sì, mi chiamo HOWDY, e allora?» «Scusa. Non sto ridendo per quello... c'è un altro motivo.»
«Certo.» Howdy indicò sopra la spalla di Bosch verso un piccolo ripiano con moduli e matite legate a cordicelle. «Se vuoi qualcosa devi compilare il modulo con il numero del caso.» «Non conosco il numero del caso.» «Be', qui dentro dobbiamo avere milioni di casi. Perché non tiri a indovinare?» «Voglio vedere il registro.» Il tipo lo guardò come se lo riconoscesse di colpo. «Sei quello che ha mandato Garwood?» «Esatto.» «Perché non l'hai detto subito?» Bosch non rispose. Howdy allungò un braccio sotto il bancone dove Bosch non poteva vedere, poi tirò fuori un blocco chiuso da una molla che fece passare per la feritoia sotto la rete metallica. «Fino a quando vuoi risalire nel controllo?» chiese a Bosch. «Non saprei» disse Bosch. «Credo che un paio di giorni siano sufficienti.» «Ecco la lista degli oggetti consegnati. Vuoi quelli consegnati, non i depositati, vero?» «Esatto.» Bosch portò il blocco sul ripiano con i moduli in modo da poterlo leggere senza che Howdy lo vedesse. Scoprì quello che stava cercando sulla prima pagina. C'era scritto che quella mattina Chastain aveva ritirato una scatola con dei reperti. Bosch prese un modulo di ritiro e cominciò a compilarlo. Mentre scriveva si rese conto che la matita era una Black Warrior n.2, la preferita dal dipartimento di polizia. Riportò il blocco e il modulo allo sportello e li fece scivolare nell'apertura. «Quella scatola potrebbe trovarsi ancora sul carrello della roba da sistemare» disse. «È stata ritirata solo questa mattina.» «No, di sicuro è stata rimessa al suo posto. Qui siamo ordinati...» Abbassò lo sguardo per leggere il modulo e il nome che Bosch aveva usato: "detective Friendly". Bosch annuì e sorrise. Howdy si allontanò, montò su un golf cart e si perse nei meandri dell'enorme magazzino. Si era allontanato da meno di tre minuti quando il piccolo veicolo elettrico fu di ritorno. Howdy portò allo sportello una scatola
rosa chiusa con nastro adesivo, aprì la grata metallica e passò la scatola a Bosch. Strizzò l'occhio a Bosch e chiuse la grata. Bosch portò la scatola in una delle cabine isolate per poterne controllare il contenuto lontano da occhi indiscreti. La scatola conteneva prove di un caso ormai chiuso, l'indagine sull'uccisione di Wilbert Dobbs, avvenuta cinque anni prima per mano del detective Francis Sheehan. Era chiusa con nastro fresco, essendo stata aperta quella stessa mattina. Per tagliare il nastro e aprire la scatola, Bosch usò un temperino che teneva attaccato al portachiavi. Gli ci volle più tempo per aprire la scatola di quanto gli servì per trovare al suo interno quello che cercava. Bosch si fece strada fra la folla dei dimostranti come se non esistessero neppure. Non li vide e non li udì urlare i loro slogan: Niente giustizia, niente pace... Alcuni insultarono direttamente Bosch, ma lui non prestò attenzione nemmeno a quelli. Sapeva che non si poteva ottenere giustizia portando a spasso un cartello o una bara di cartone: la si guadagnava facendo parte dei giusti, non allontanandosi dal sentiero. E sapeva che la giustizia era cieca di fronte a ogni colore tranne uno: il colore del sangue. Raggiunta l'automobile, Bosch aprì la valigetta e frugò fra le carte fino a trovare il foglio con i numeri di telefono che aveva compilato sabato mattina. Chiamò il cercapersone di Chastain e fece anche il numero del suo cellulare. Poi rimase seduto in auto per cinque minuti, in attesa della telefonata, intento a guardare la manifestazione di protesta. Mentre osservava, diverse delle squadre televisive abbandonarono le loro postazioni e si affrettarono con tutto l'equipaggiamento verso i loro furgoni. Bosch si rese conto che gli elicotteri erano già spariti. Si raddrizzò di scatto sul sedile. Il suo orologio segnava le undici meno dieci. Sapeva che se i media si allontanavano di gran carriera all'improvviso, e prima di trasmettere, doveva essere successo qualcosa... qualcosa di grosso. Accese la radio, che era già sintonizzata sulla KFWB, e si trovò a metà di un notiziario letto con voce allarmata, concitata. «... fuori dall'autopompa, poi il pestaggio ha avuto inizio. Numerosi passanti hanno cercato di fermare l'attacco, ma la banda minacciosa di giovani ha avuto la meglio. I vigili del fuoco sono stati circondati e malmenati da diversi gruppi di aggressori finché un plotone di agenti della polizia è intervenuto con decisione all'incrocio per salvare le vittime, che sono state caricate sulle auto di pattuglia e trasportate... per ricevere soccorso medico,
crediamo, al vicino ospedale Daniel Freeman. L'autopompa dei vigili del fuoco, abbandonata sul posto, è stata incendiata dalla folla dopo ripetuti e inutili tentativi di rovesciarla. Le forze di polizia hanno circondato rapidamente la zona e ristabilito la calma. Alcuni aggressori sono stati arrestati, molti altri sono fuggiti nelle aree residenziali adiacenti al Normandie Boul...» Il telefono di Bosch si era messo a squillare. Lui spense la radio e aprì il telefono. «Bosch.» «Sono Chastain, cosa vuoi?» Bosch riusciva a sentire numerose voci e la radio che gracchiava in sottofondo. Chastain non era a casa. «Dove sei? Dobbiamo parlare.» «Non questa notte. Sono di servizio. Dodici-dodici, ricordi?» «Dove sei?» «Nella stupenda zona sud di Los Angeles.» «Sei nel turno A? Pensavo che tutti i detective fossero nel turno B.» «Tutti tranne la Divisione Affari Interni. Ci hanno inculati... turno di notte. Senti, Bosch, vorrei stare qui a parlare dei turni ma...» «Dove sei? Vengo io da te.» Bosch mise in moto e iniziò a uscire in retromarcia dal suo posto di parcheggio. «Sono alla Settantasettesima.» «Sto arrivando. Aspettami davanti alla stazione tra quindici minuti.» «Scordatelo, Bosch. Ho troppo da fare. Devo registrare gli arresti e ho sentito che stanno per portare una decina di cazzoni che hanno assaltato un camion dei pompieri, Cristo santo. Stavano cercando di spegnere un incendio nel loro quartiere e questi animali li aggrediscono. Te lo dico io, è fottutamente assurdo.» «Non è mai assurdo. Fatti trovare lì tra quindici minuti, Chastain.» «Tu non mi ascolti, Bosch. Qui le cose stanno andando a puttane. Non ho tempo per parlare. Devo prepararmi a chiudere in cella i cazzoni. Vuoi che stia fermo qui fuori come un bersaglio per un coglione armato? Di cosa si tratta, Bosch?» «Frankie Sheehan.» «Lui cosa c'entra?» «Quindici minuti. Fatti trovare lì fuori, Chastain, o sarò io a venirti a prendere. E non ne saresti felice.»
Chastain abbozzò un'altra protesta ma Bosch chiuse il telefono. 38 A Bosch ci vollero venticinque minuti per raggiungere la stazione di polizia della Settantasettesima. Era in ritardo perché la 110 Freeway era stata chiusa in tutte le direzioni dalla Pattuglia Autostradale della California. La freeway era un comodo passaggio dal centro all'area di South Bay, attraversando South Los Angeles. Durante l'ultima sommossa, alcuni cecchini avevano fatto fuoco sulle auto che transitavano e dai passaggi pedonali sopraelevati erano stati lanciati sulle auto blocchi di cemento. La Pattuglia Autostradale non voleva correre rischi. Agli automobilisti era stato consigliato di prendere il percorso più lungo della Santa Monica Freeway e poi la San Diego Freeway, poi infine tagliare a sud. Ci sarebbe voluto il doppio del tempo, ma era più sicuro che attraversare quella che ormai era considerata una zona di guerra. Per tutto il tragitto Bosch prese strade ben esposte, all'aperto, non interne a insediamenti abitati. Quasi tutte erano deserte e non si fermò mai né a un semaforo né a uno stop. Era come attraversare una città fantasma. Sapeva che c'erano delle zone calde con incendi e saccheggi, ma non ne attraversò nemmeno una. Ripensò alle immagini che i media proponevano nei notiziari e le confrontò con quanto vedeva. In realtà, la maggior parte della gente era in casa, chiusa a chiave e in attesa che tutto finisse. Erano brave persone che aspettavano la fine della tempesta, guardando la televisione e chiedendosi se la città mostrata in preda alle fiamme fosse veramente la loro. Proprio davanti alla stazione della Settantasettesima un autobus dell'accademia di polizia era stato parcheggiato come protezione contro spari da auto in corsa e altri tipi di attacco. Ma non si vedevano né manifestanti né poliziotti. Mentre Bosch accostava al marciapiede con il divieto di sosta, Chastain si staccò dal retro dell'autobus e si avvicinò. Era in uniforme, con la pistola al fianco. Arrivò al finestrino di Bosch e Bosch lo abbassò. «Dove sei stato, Bosch, avevi detto quin...» «So quello che ho detto. Sali.» «No, Bosch. Non verrò da nessuna parte con te finché non mi dirai cosa cazzo ci fai qui. Sono in servizio, te lo ricordi?» «Voglio parlare di Sheehan e del referto balistico. E del caso di Wilbert Dobbs.»
Chastain indietreggiò leggermente dall'auto. Accennare a Dobbs fu come colpirlo in volto. Per la prima volta Bosch notò il nastrino di tiratore scelto sull'uniforme di Chastain sotto il distintivo. «Non so di cosa stai parlando, ma il caso di Sheehan è chiuso. È morto. Elias è morto. Sono tutti morti. Basta così. Adesso c'è altro... tutta la città sta per scoppiare di nuovo.» «E di chi è la colpa?» Chastain rimase a fissarlo. «Dici cose senza senso, Bosch. Devi dormire un po'. Servirebbe a tutti.» Bosch aprì la portiera e scese. Chastain indietreggiò di un altro passo e sollevò la mano destra di poco, fino a posare il pollice sulla cintura vicino alla pistola. C'erano dei segnali di sfida non dichiarati, e questo era uno. Bosch si trovava in una situazione pericolosa. Lo sapeva. Era pronto. Bosch si girò e chiuse la portiera. Mentre gli occhi di Chastain seguivano meccanicamente quel movimento, Bosch infilò rapido una mano sotto la giacca ed estrasse la pistola dalla fondina. La puntò contro Chastain prima che il detective della Divisione Affari Interni riuscisse a fare un solo movimento. «Va bene, facciamo a modo tuo. Metti le mani sul tetto della macchina» disse Bosch. «Cosa diavolo...» «METTI LE MANI SULL'AUTO!» Chastain alzò le mani. «Okay, okay... calmo, Bosch, stai calmo.» Si avvicinò e mise le mani sul tetto dell'auto. Bosch gli si avvicinò da dietro e gli tolse la pistola dalla fondina. Indietreggiò e la infilò nella propria fondina. «Scommetto che non dovrò perquisirti per un'arma illegale. Hai già usato la tua con Frankie Sheehan, vero?» «Cosa? Non capisco di cosa stai parlando.» «Non è un problema.» Tenendo con la destra la pistola premuta contro la schiena di Chastain, Bosch allungò la mano sinistra per sfilargli le manette dalla cintura. Gli piegò un braccio dietro la schiena e gli ammanettò un polso. Poi piegò l'altro braccio e finì di ammanettarlo. Bosch lo fece girare intorno all'auto e lo spinse sul sedile posteriore, dal lato opposto del guidatore. Poi si rimise al volante. Si tolse l'arma di Chastain dalla fondina, la mise nella valigetta e infilò la propria pistola nella
fondina. Bosch mosse lo specchietto in modo da poter inquadrare rapidamente con lo sguardo Chastain, e fece scattare la sicura delle portiere, rendendo impossibile aprire dall'interno quelle posteriori. «Resta dove posso vederti. Sempre.» «Vai a farti fottere! Cosa cazzo pensi di fare? Dove vuoi portarmi?» Bosch ripartì con la macchina e si allontanò dalla stazione di polizia. Si diresse a ovest fino a poter svoltare a nord su Normandie. Passarono quasi cinque minuti prima che rispondesse alla domanda di Chastain. «Stiamo andando al Parker Center» disse. «Quando arriveremo mi parlerai dell'uccisione di Howard Elias, Catalina Perez... e Frankie Sheehan.» Bosch sentì il sapore della rabbia e della bile in gola. Ripensò a uno dei messaggi non espliciti che aveva ricevuto da Garwood. Il capitano voleva giustizia sommaria, e in quel momento Bosch era tentato di dargli retta. «Bene, torniamoci» disse Chastain. «Ma non sai di cosa stai parlando. Sei pieno di merda! Il caso è chiuso, Bosch. Vedi di fartene delle ragioni.» Bosch incominciò a recitargli i suoi diritti costituzionali contro l'autoincriminazione e poi chiese a Chastain se li capiva. «Fottiti.» Bosch continuò, lanciando spesso occhiate allo specchietto. «Va bene così, sei un poliziotto. Nessun giudice al mondo potrebbe dire che non capivi i tuoi diritti.» Aspettò un istante e poi controllò il suo prigioniero dallo specchietto prima di continuare. «Eri tu l'informatore di Elias. In tutti questi anni, eri tu che gli fornivi quello di cui aveva bisogno, per qualunque causa. Tu...» «Ti sbagli.» «...hai venduto il dipartimento. È quanto di più schifoso si possa fare, Chastain. Non è quello che dicevi prima? È quanto di più schifoso si possa fare? Eri tu, verme, pezzo di merda... rottinculo.» Bosch vide gli sbarramenti della polizia sulla strada di fronte a sé. Duecento metri dopo scorse luci blu lampeggianti e un incendio. Si rese conto che si stavano dirigendo verso il punto caldo dove i pompieri erano stati assaliti e la loro autopompa bruciata. Allo sbarramento voltò a destra e iniziò a cercare un'uscita verso nord a ogni incrocio che oltrepassava. Era lontano dalle sue zone. Non era mai andato in missione in una delle divisioni di South Central e non conosceva bene quei quartieri. Sapeva che avrebbe potuto perdersi se si fosse allontanato troppo da Normandie. Ma non lo fece capire quando controllò nuo-
vamente Chastain nello specchietto. «Vuoi parlarmi, Chastain? O preferisci reggere la tua parte fino in fondo?» «Non c'è niente da dire. Ti stai godendo le tue ultime ore con un distintivo. Quello che stai facendo è puro suicidio. Come il tuo compagno, Sheehan. Ti vuoi suicidare, Bosch?» Bosch inchiodò coi freni e l'auto si arrestò sbandando. Estrasse l'arma e si sporse sul sedile, puntandola verso la faccia di Chastain. «Cos'hai detto?» Chastain sembrò visibilmente spaventato. Temeva davvero che Bosch fosse sul punto d'impazzire. «Niente, Bosch, niente... Guida. Andiamo al Parker e metteremo tutto a posto.» Bosch scivolò lentamente sul sedile del guidatore e fece ripartire la macchina. Dopo quattro isolati svoltò a nord, nella speranza di procedere parallelo e al largo dalla zona dei tumulti e di poter poi ritornare su Normandie una volta al sicuro. «Sono appena stato nello scantinato del Parker Center» disse. Guardò nello specchietto per vedere la reazione sul volto di Chastain. Nulla. «Ho controllato il registro dei ritiri e preso il pacco di Wilbert Dobbs. Tu hai ritirato il pacco questa mattina e ne hai tolto i proiettili. Hai preso i proiettili della nove millimetri di servizio di Sheehan, i proiettili che aveva sparato a Dobbs cinque anni fa, e li hai consegnati alla balistica dicendo che erano i proiettili dell'autopsia di Elias. L'hai incastrato. Non è così?» Controllò lo specchietto. Il volto di Chastain era mutato. Le cose appena sentite l'avevano colpito come un colpo di vanga in pieno viso. «Hai ucciso tu Elias» riprese Bosch con calma, trovando sempre più difficile distogliere gli occhi dallo specchietto per controllare la strada. «Voleva portarti sul banco dei testimoni e smascherarti. Ti avrebbe chiesto il vero risultato della tua indagine su Harris. Solo che il caso era troppo grosso. Lui sapeva quanto avrebbe potuto guadagnarci e tu sei diventato sacrificabile. Ti voleva bruciare per vincere il caso... E tu sei uscito di testa, immagino. O forse hai sempre mantenuto il sangue freddo. Ma venerdì notte l'hai seguito verso casa, e quando stava per salire ad Angels Flight hai fatto la tua mossa. L'hai steso. Poi però hai visto che c'era una donna seduta. Merda! Deve averti scocciato non poco. Voglio dire, la vettura della funicolare era ferma, era tardi, e ti aspettavi che fosse vuota. Ma ecco
Catalina Perez seduta sulla panca. Hai dovuto far fuori anche lei... Come vado, Chastain? La racconto giusta?» Chastain non rispose. Bosch aveva raggiunto un incrocio, rallentò e guardò a sinistra. Riuscì a scorgere in fondo Normandie. Non vedeva barricate o luci lampeggianti. Svoltò a sinistra e accelerò. «Hai avuto fortuna» continuò. «Il caso Dobbs: era perfetto. Hai trovato la minaccia di Sheehan negli incartamenti e sei partito da lì. Avevi il tuo capro espiatorio. Un po' di ricerche sul caso, qualche manovra qua e là e ti sei fatto consegnare l'autopsia. Questa ti ha fornito i proiettili e ti è bastato scambiarli. Certo, il marchio d'identificazione del coroner sui proiettili sarebbe risultato diverso, ma una simile discrepanza sarebbe emersa solo con un processo, cioè se aprivano un processo contro Sheehan.» «Bosch, taci! Non voglio sentire altro. Io non...» «Non m'interessa quello che vuoi sentire! Adesso sentirai tutto, pezzo di merda. Questo è Frankie Sheehan che ti parla dalla tomba. Lo capisci? Dovevi incolpare Sheehan ma non avrebbe funzionato se Sheehan fosse finito sotto processo. Perché il coroner avrebbe testimoniato e avrebbe detto: "Un attimo, gente, sui proiettili non ci sono i miei contrassegni. Sono stati scambiati". Quindi non avevi scelta. Dovevi ammazzare anche Sheehan. Ieri sera ci hai seguiti. Ho visto i tuoi fari. Ci hai seguiti e hai ammazzato Frankie Sheehan. Hai inscenato tutto perché sembrasse il suicidio di un depresso ubriaco, molta birra, molti colpi. Ma io so quello che hai fatto. Prima l'hai ammazzato, e poi hai sparato un paio di colpi con la sua mano stretta alla pistola. Hai fatto combaciare tutto, Chastain. Ma adesso il tuo piano sta per cadere a pezzi.» Bosch sentì che la rabbia stava per sopraffarlo. Scostò con un colpo lo specchietto, per non dover guardare il volto di Chastain. Stava raggiungendo Normandie. L'incrocio era sgombro. «Io ho capito la storia» disse Bosch. «Adesso la so. Ho solo una domanda: perché hai passato le soffiate a Elias per tutti questi anni? Ti pagava? Oppure odi gli sbirri a tal punto da volerli inchiodare in qualunque modo?» Dal sedile posteriore, nessuna risposta. Al cartello dello stop Bosch guardò a sinistra e vide nuovamente le luci blu lampeggianti e le fiamme. Avevano circumnavigato il perimetro della polizia. Riusciva a vedere una fila di auto della polizia dietro lo sbarramento. All'angolo notò un piccolo negozio di liquori con le vetrine infrante. Davanti all'ingresso, il marciapiede era cosparso di bottiglie rotte e altri rifiuti rimasti dal saccheggio. «Lo vedi quello, Chastain? Tutto quanto? Tu...»
«Bosch...» «...l'hai fatto. Tutto questo...» «...sei andato troppo avanti!» «...è colpa tua.» Percependo il tono di paura nella voce di Chastain, Bosch fece per voltarsi, ma in quell'istante il parabrezza esplose, sfondato da un pezzo di cemento. Attraverso la pioggia dei vetri, Bosch vide una calca di persone avanzare verso l'auto: giovani con i volti accecati dalla rabbia. Vide una bottiglia a mezz'aria che stava per cadere sull'auto. Vide tutto con tale chiarezza e con una sensazione del tempo tanto rallentata da riuscire a leggere l'etichetta: Southern Comfort. Il suo cervello iniziò a registrare la situazione con una sorta di bizzarra ironia. La bottiglia penetrò dal parabrezza esploso e si frantumò sul volante, spargendo una nube di vetri e liquido sul volto di Bosch e nei suoi occhi. Aveva tolto di riflesso le mani dal volante per coprirsi, ma troppo tardi. Gli occhi cominciarono a bruciare per l'alcol. Sentì Chastain urlare dal sedile posteriore. «VAI! VAI! VAI!» Poi ci furono altre due esplosioni: i finestrini dell'automobile erano stati fatti saltare da qualche altro oggetto. Con gli occhi chiusi, udì un tonfo contro il finestrino al suo fianco e l'auto incominciò a ondeggiare con violenza a destra e sinistra. Sentì qualcuno tirare la maniglia mentre altri vetri esplodevano tutt'intorno a lui. Udiva le urla provenienti dall'esterno dell'auto, i rumori furibondi e insensati della folla, e insieme le urla di Chastain dal sedile posteriore. Delle mani si protesero verso Bosch attraverso i finestrini in frantumi, tirandolo per i vestiti, per i capelli. Bosch schiacciò il piede sull'acceleratore e l'auto balzò in avanti. Lottando contro l'istinto di tenere gli occhi chiusi, riuscì ad aprirli abbastanza per ottenere una piccola fascia di visuale sfocata, e dolorosa. L'auto si lanciò per le viuzze secondarie intorno a Normandie e Bosch si diresse verso lo sbarramento di polizia. Sapeva che allo sbarramento avrebbe raggiunto la salvezza. Tenne premuta la mano sul clacson per tutto il tragitto, e solo quando raggiunse lo sbarramento sfondandolo, il suo piede pigiò sul freno. L'auto fece un testacoda e si fermò. Bosch chiuse gli occhi e non si mosse. Udì dei passi e delle urla ma sapeva che questa volta erano dei poliziotti che arrivavano per soccorrerlo. Era al sicuro. Allungò una mano e tolse la marcia. Aprì la portiera e subito trovò braccia che lo sostennero e le voci rassicuranti della razza blu.
«Stai bene? Serve un'ambulanza?» «I miei occhi.» «Okay, stai fermo. Faremo arrivare qualcuno. Appoggiati all'auto.» Bosch rimase ad ascoltare mentre un agente urlava ordini in una radio portatile, dicendo di avere un agente ferito e di mandare cure mediche. Pretendeva quelle cure subito. Bosch non si era mai sentito tanto al sicuro quanto in quel momento. Voleva ringraziare i suoi salvatori. Per qualche misterioso motivo si sentì tranquillo e anche euforico, come quando era uscito incolume dai tunnel nel Vietnam. Portò di nuovo le mani al volto e cercò di aprire un occhio. Riusciva a sentire il sangue che gli colava lungo il naso. Capiva di essere vivo. «Faresti meglio a non toccarti, non mi sembri in buone condizioni» disse una voce. «Cosa ci facevi là da solo?» chiese un altro. Bosch aprì l'occhio sinistro e vide un giovane poliziotto di colore davanti a sé, con un poliziotto bianco alla sua destra. «Non ero solo.» Si abbassò e guardò il sedile posteriore dell'auto. Vuoto. Controllò davanti, anche quello vuoto. Chastain era sparito. Anche la valigetta di Bosch. Si raddrizzò e guardò la folla in fondo alla strada. Si ripulì gli occhi dal sangue e dall'alcol con una mano per vedere meglio. C'erano una ventina di persone, tutte radunate in un folto gruppo, e tutte rivolte verso l'interno, verso un centro nascosto del loro assembramento ondeggiante. Bosch riusciva a distinguere dei movimenti rapidi, violenti, gambe che calciavano, pugni alzati al cielo e poi vibrati verso il basso, verso il centro, ma fuori dalla sua vista. «Cristo santo!» urlò il poliziotto accanto a lui. «È uno dei nostri? Hanno preso uno dei nostri?» Non attese la risposta di Bosch. Estrasse nuovamente la radio e chiamò tutte le unità a disposizione per un'emergenza agente-necessita-diassistenza. La voce era frenetica, sferzata dall'orrore per quello che intuiva stava succedendo a meno di un isolato di distanza. I due poliziotti corsero alle auto di pattuglia e i veicoli si lanciarono lungo la strada, verso la folla. Bosch rimase a guardare. Presto l'assembramento cambiò formazione. L'oggetto della loro attenzione non era più a terra ma si stava alzando, sollevato. Bosch vide che i rivoltosi avevano issato il corpo di Chastain sopra le loro teste, come fosse il trofeo dei vincitori. La camicia era aperta e senza distintivo, le braccia ancora ammanettate. Una scarpa e il suo calzino
erano sparite, e un piede bianco come avorio spiccava come l'osso bianco di una frattura esposta. Era difficile capirlo da dove stava Bosch, ma gli occhi di Chastain sembravano aperti. Riusciva a vederne la bocca spalancata. Bosch udì l'inizio di un acuto ululato, che all'inizio si confuse con il rumore della sirena di una delle auto di pattuglia che si dirigevano al salvataggio. Poi comprese che Chastain stava urlando, poco prima di ricadere al centro della folla del pestaggio, fuori dal campo visivo. 39 Bosch rimase a guardare dallo sbarramento il plotone di agenti di pattuglia che irrompeva all'incrocio per disperdere l'assembramento. Il corpo di John Chastain era rimasto accasciato a terra come un sacco di biancheria caduto da un camion. Alcuni agenti erano corsi a controllarlo, ma avevano subito lasciato stare il corpo, accorgendosi che non c'era più nulla da fare. In breve gli elicotteri dei media comparvero in cielo, e i paramedici si affrettarono a curare Bosch. Aveva delle lacerazioni al setto nasale e al sopracciglio sinistro che dovevano essere pulite, disinfettate, suturate. Ma Bosch si rifiutò di andare in ospedale. Gli levarono i frammenti di vetro e tamponarono le ferite con dei cerotti. Poi lo lasciarono solo. Bosch passò un po' di tempo - non sapeva quanto - a camminare dietro lo sbarramento, finché un tenente di pattuglia venne a dirgli che doveva tornare alla stazione della Settantasettesima, dove avrebbe poi parlato con i detective incaricati dell'indagine. Il tenente aggiunse che l'avrebbe fatto accompagnare da due agenti. Bosch annuì intontito e il tenente richiese per radio un'auto. Bosch notò il negozio saccheggiato dall'altra parte della strada, alle spalle del tenente. L'insegna verde al neon diceva FORTUNE LIQUORS - LIQUORI DELLA FORTUNA. Dicendo che sarebbe tornato subito, Bosch si allontanò dal tenente e attraversò la strada in direzione del negozio. Era un negozio stretto e lungo, con tre scansie per l'esposizione della merce. Ma gli scaffali erano stati in gran parte svuotati e poi rovesciati dai saccheggiatori. I detriti sul pavimento raggiungevano anche i trenta centimetri di altezza in quasi tutto il negozio, e l'odore della birra e del vino versati aleggiava pesante nel locale. Bosch si avvicinò con cautela al bancone, su cui rimanevano soltanto dei rimasugli in plastica di qualche confezione di lattine di birra. Si piegò in avanti per guardare dietro il bancone e per poco non lanciò un urlo quando vide un minuto ometto asiatico sedu-
to sul pavimento, con le ginocchia piegate contro il petto e strette fra le braccia. Rimasero a guardarsi per un lungo istante. Su un lato, il volto dell'ometto era gonfio, tumefatto. Bosch azzardò l'ipotesi che fosse stato colpito da una bottigliata. Fece un cenno all'asiatico ma non ricevette risposta. «Sta bene?» Il tipo annuì ma non guardò Bosch. «Vuole che chiami qualcuno per le cure?» L'ometto fece cenno di no col capo. «Hanno preso tutte le sigarette?» L'ometto non rispose. Bosch si sporse maggiormente e guardò sotto il bancone. Vide il registratore di cassa, con il cassetto aperto, rovesciato a terra su un lato. Notò delle bustine di fiammiferi sparse ovunque, e anche delle stecche di sigarette, ma vuote. Sporgendo il corpo oltre il bancone riuscì a frugare tra i resti sul pavimento. Ma la sua ricerca di una sigaretta risultò inutile. «Tenga.» Bosch volse lo sguardò verso l'ometto seduto sul pavimento. Stava estraendo un pacchetto di Camel dalla tasca. Scosse il pacchetto e glielo porse. Dalla stagnola svettava l'ultima sigaretta. «No, amico, è l'ultima che le rimane. Va bene così.» «No, tu prendi.» Bosch esitò. «È sicuro?» «Prego.» Bosch prese la sigaretta e annuì. Si chinò sul pavimento e prese una bustina di fiammiferi. «Grazie.» Fece un cenno di saluto al tipo e uscì dal negozio. Fuori, Bosch si mise in bocca la sigaretta e aspirò per sentirne il profumo di tabacco. Staccò un fiammifero dalla bustina e accese la sigaretta. Aspirò completamente il fumo nei polmoni e lo trattenne a lungo. «Fanculo!» esclamò finalmente. Esalò a pieni polmoni guardando il fumo svanire nell'aria. Richiuse la bustina di fiammiferi e la guardò. Da un lato c'era scritto LIQUORI DELLA FORTUNA e dall'altro FIAMMIFERI DELLA FORTUNA. Aprì nuovamente la bustina e lesse il proverbio scritto all'interno, sopra le capocchie rosse dei fiammiferi.
FELICE L'UOMO CHE TROVA RIFUGIO IN SE STESSO Bosch chiuse la bustina e la ripose in tasca. Con la mano avvertì un oggetto strano e lo tirò fuori. Era il sacchetto di riso del suo matrimonio. Lo lanciò in aria circa di un metro e poi lo riprese al volo. Lo strinse nel pugno e infine se lo rimise in tasca. Guardò oltre lo sbarramento, verso l'incrocio, dove il corpo di Chastain giaceva coperto da una cerata gialla impermeabile presa dal baule di un'auto della polizia. Era stato isolato un perimetro intorno al cadavere: quella era la scena del delitto per l'indagine sulla morte di Chastain. Bosch pensò a Chastain e al terrore che doveva aver provato negli ultimi istanti, quando lo avevano afferrato le mani dell'odio. Capiva quel terrore ma non provò compassione. Quelle mani si erano allungate su di lui da molto tempo. Un elicottero scese dal cielo buio e atterrò su Normandie. I portelli su entrambi i lati si aprirono e ne scesero il vicecapo Irvin Irving e il capitano John Garwood, pronti ad assumere il controllo e la gestione dell'indagine. Si avvicinarono rapidamente al gruppo di agenti accanto al cadavere. Lo spostamento d'aria prodotto dall'elicottero nell'atterraggio aveva fatto sollevare un angolo della cerata che copriva il corpo a terra. Bosch poté vedere il volto di Chastain: fisso al cielo. Un agente si avvicinò e lo coprì di nuovo. Irving e Garwood erano almeno a cinquanta metri da Bosch, ma sembrarono avvertire la sua presenza e si voltarono contemporaneamente a guardarlo. Lui li fissò senza abbassare lo sguardo. Garwood, sempre con la sua giacca perfetta, fece un cenno a Bosch con una sigaretta in mano. C'era un sorriso soddisfatto sul suo volto. Finalmente Irving distolse lo sguardo e concentrò la sua attenzione sulla cerata gialla verso cui si stava dirigendo. Bosch conosceva già la procedura: era arrivato il tappabuchi del dipartimento. Sapeva come avrebbe affrontato la situazione e quale sarebbe stata la versione ufficiale. Chastain sarebbe diventato un martire del dipartimento: strappato dall'auto di pattuglia dalla folla, legato con le sue stesse manette e picchiato a morte. Quella notte, il suo omicidio sarebbe diventata la giustificazione per qualunque azione della polizia. Si annunciava un tacito scambio: Chastain in cambio di Elias. La sua morte - ripresa dagli avvoltoi meccanici in cielo - sarebbe stata usata per porre fine alle sommosse anco-
ra prima che cominciassero. E nessuno avrebbe dovuto sapere che era stato lo stesso Chastain a metterle in moto. Bosch sapeva che sarebbe stato costretto a tacere. Irving sapeva come riuscirci, perché aveva in pugno l'unica cosa che rimaneva a Bosch, l'unica a cui egli ancora tenesse: il suo lavoro. Bosch sapeva che Irving avrebbe barattato il suo distintivo per il suo silenzio, e sapeva che avrebbe accettato lo scambio. 40 I pensieri di Bosch continuavano a ritornare a quegli istanti in auto, quando, rimasto momentaneamente accecato, aveva sentito le mani allungarsi per afferrarlo. Attraverso il terrore lo aveva pervaso una calma lucida, e ora ricordava quasi con piacere quel drammatico momento cruciale. In quegli istanti si era sentito stranamente in pace, in quell'attimo decisivo aveva scoperto una verità essenziale. In qualche modo aveva sentito che sarebbe stato risparmiato, che il giusto non poteva soccombere al male. Pensò a Chastain e al suo urlo finale, tanto acuto e orribile da sembrare quasi inumano: era l'urlo degli angeli caduti, quando precipitano all'inferno. Impossibile dimenticarlo. FINE